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Teoria di Lebesgue Elenchiamo sotto alcune notazioni meno standard usate nel testo Dato un insieme E R N , E c indica il complementare di E, cio` e E c = R N \ E; Dato E R N , indichiamo con int E, E parte interna e chisura di E, rispet- tivamente; Dato E R N , x R N x + E = {x + y | y E} ` e il traslato di E tramite x. Dati due scalari a, b, a b, a b indicano rispettivamente il minimo e il massimo tra a e b. 1 Euristica 1.1 Preambolo L’incipit della teoria ` e l’osservazione che quando il diametro di un insieme, inteso come l’estremo superiore della distanza tra due suoi qualsiasi punti, va a zero, non necessariamente la corrispondente oscillazione di una funzione limitata in esso definita, intesa come la differenza del suo estremo superiore e quello inferiore sull’insieme stesso, va anch’essa a zero, a meno che la funzione in questione non sia continua o quasi continua. Nella costruzione dell’integrale di Riemann unidimensionale precisamente questo gap determina la mancata contiguit`a della classe delle somme inferiori e superiori e quindi la non integrabilit` a di una funzione. Per ribadire il concetto: anche se l’ampiezza dei sottointervalli di una decom- posizione dell’intervallo di integrazione diviene infinitesima, l’oscillazione della funzione da integrare pu` o restare positiva non consentendo di approssimare effi- cientemente, nel senso di Riemann, l’area della regione curvilinea sotto il grafico. Questa situazione ` e perfettamente illustrata dalla funzione di Dirichlet, che vale 1 su Q [0, 1] e 0 su [0, 1] \ Q, in cui la classe delle somme superiori di Riemann si riduce al singleton {1}, e quella delle somme inferiori a {0}. Quindi, il massimo di non integrabilit`a secondo Riemann, anche se la funzione di Dirichlet ha carattere fondamentale in quanto si basa sulla primigenia ripartizione dei numeri reali tra razionali e irrazionali. La differenza di cardinalit` a tra razionali 1

Teoria di Lebesgue - Sapienza Università di Roma · come nella teoria di Riemann che questi due insiemi sono separati. Ammettiamo 3. ... e de nita come la somma delle misure dei

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Teoria di Lebesgue

Elenchiamo sotto alcune notazioni meno standard usate nel testo

• Dato un insieme E ⊂ RN , Ec indica il complementare di E, cioe Ec =RN \ E;

• Dato E ⊂ RN , indichiamo con intE, E parte interna e chisura di E, rispet-tivamente;

• Dato E ⊂ RN , x ∈ RN

x+ E = {x+ y | y ∈ E}

e il traslato di E tramite x.

• Dati due scalari a, b, a ∧ b, a ∨ b indicano rispettivamente il minimo e ilmassimo tra a e b.

1 Euristica

1.1 Preambolo

L’incipit della teoria e l’osservazione che quando il diametro di un insieme, intesocome l’estremo superiore della distanza tra due suoi qualsiasi punti, va a zero,non necessariamente la corrispondente oscillazione di una funzione limitata inesso definita, intesa come la differenza del suo estremo superiore e quello inferioresull’insieme stesso, va anch’essa a zero, a meno che la funzione in questione nonsia continua o quasi continua.

Nella costruzione dell’integrale di Riemann unidimensionale precisamente questogap determina la mancata contiguita della classe delle somme inferiori e superiorie quindi la non integrabilita di una funzione.

Per ribadire il concetto: anche se l’ampiezza dei sottointervalli di una decom-posizione dell’intervallo di integrazione diviene infinitesima, l’oscillazione dellafunzione da integrare puo restare positiva non consentendo di approssimare effi-cientemente, nel senso di Riemann, l’area della regione curvilinea sotto il grafico.

Questa situazione e perfettamente illustrata dalla funzione di Dirichlet, chevale 1 su Q ∩ [0, 1] e 0 su [0, 1] \ Q, in cui la classe delle somme superiori diRiemann si riduce al singleton {1}, e quella delle somme inferiori a {0}. Quindi,il massimo di non integrabilita secondo Riemann, anche se la funzione di Dirichletha carattere fondamentale in quanto si basa sulla primigenia ripartizione deinumeri reali tra razionali e irrazionali. La differenza di cardinalita tra razionali

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e irrazionali di [0, 1], i primi hanno la potenza del numerabile e i secondi quelladel continuo, suggerisce che il contributo dato dalle ascisse razionali debba esseretrascurabile e quindi l’integrale, da intendere in senso opportuno, debba esistereed essere nullo. Senso d’incompiutezza.

L’idea di Lebesgue e quella di partire in un certo senso proprio dalle oscil-lazioni, cioe di decomporre non il dominio della funzione da integrare bensi’ ilcodominio, che tra l’altro ha il vantaggio di essere unidimensionale anche perfunzioni definite in domini N–dimensionali. Data una funzione limitata f , ilcodominio e contenuto nell’intervallo [inf f, sup f ],

Se si considera un insieme limitato E ⊂ RN , una funzione limitata f cheponiamo per comodita definita su tutto RN e assumiamo non negativa, e unadecomposizione

s0 = infEf, s1, · · · , sk = sup

Ef

di [infE f, supE f ] con norma, cioe ampiezza massima degli intervalli, infinitesimaallora si induce una decomposizione di E mediante gli insiemi f−1((si, si+1]) ∩E( alcuni possibilmente vuoti) in cui, per costruzione, l’oscillazione di f e infinites-ima. L’oscillazione di f su f−1((si, si+1]) ∩ E e infatti evidentemente data dasi+1 − si.

Insomma, invece di considerare decomposizioni infinitesime del dominio, acui in generale non corrispondono oscillazioni infinitesime della funzione, qui siprescrive che le oscillazioni siano infinitesime decomponendo opportunamente ilcodominio e si determinano, tramite controimmagine, le regioni del dominio dovetali oscillazioni vengono realizzate.

Seguendo la nuova impostazione, si puo pensare di approssimare per eccessoe per difetto la misura della figura curvilinea determinata dal grafico di f (chericordiamo e non negativa) su E con la somma rispettivamente delle misure deicilindroidi

(f−1((si, si+1]) ∩ E)× [0, si+1] e (f−1((si, si+1]) ∩ E)× [0, si]. (1)

Da qui si vede che questa rivoluzione Copernicana comporta l’urgente problemadi definire una misura, che generalizzi quella naturale degli insiemi elementari,per le controimmagini f−1((si, si+1]) ∩ E, che possono avere a priori una formaassai complessa. Una volta fatto questo, si puo accettare, almeno intuitivamente,che le misure dei cilindroidi si ottengano rispettivamente come

si+1 ·misura di f−1((si, si+1]) ∩ E e si ·misura di f−1((si, si+1]) ∩ E, (2)

a questo punto si sfrutta il carattere infinitesimo di si+1 − si per provare lacontiguita delle approssimazioni per eccesso e difetto e quindi definire l’integralecome elemento separatore.

Il problema d’integrazione si trasforma cosi’ in quello di definire una misuracon opportune proprieta su una classe ampia di insiemi che saranno chiamatimisurabili.

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Supponiamo di aver definito questa misura, denotiamo con |E| la misura di uninsieme misurabile E. Consideriamo i sottoinsiemi di RN costituiti dal prodottocartesiano di intervalli (aperti chiusi o semiaperti), li chiameremo N–rettangolio semplicemente rettangoli se non ci sono ambiguita di dimensione. Stabiliamoche i rettangoli sono misurabili con misura data dal prodotto delle ampiezze degliintervalli costituenti. Diamo la seguente

Definition 1.1. Una funzione f : RN → R si dice misurabile se la controimmag-ine di ogni tipo di intervallo (aperto, chiuso, semiaperto) e misurabie.

Richiediamo inoltre le seguenti proprieta minimali sulla misura da costruire

M1 Se F1, F2 sono misurabili allora F1 ∩ F2 e misurabile;

M2 Se Fi, i = 1, · · · k e una famiglia finita di insiemi misurabili disgiunti allora∪k

i=1Fi e misurabile e ∪ki=1|Fi| =∑

i |Fi|;

M3 la misura e monotona rispetto all’inclusione, e quindi la misura di ogniinsieme misurabile limitato e finita in quanto ogni insieme limitato e con-tenuto in un opportuno rettangolo.

Ricordiamo che per una funzione continua le controimmagini di insiemi apertie chiusi sono aperti e chiusi rispettivamente. Per funzioni misurabili le con-troimmagini di intervalli e chiusi devono essere misurabili. Siccome vogliamo chefunzioni continue siano misurabili, richiediamo anche

M4 Tutti gli insiemi aperti e chiusi sono misurabili.

Theorem 1.2. Ogni funzione misurabile limitata e integrabile su ogni insiememisurabile limitato.

Proof. Denotiamo con E il supporto d’integrazione, che si suppone misurabile elimitato. Data una qualsiasi decomposizione {s0, s1, · · · , sk} dell’intervallo delleimmagini di estremi infE f = s0, supE f = sk definiamo, come anticipato, lecorrispondenti approssimazioni per eccesso date rispettivamente da

s0 |f−1(s0) ∩ E|+∑k−1

i=0 si |f−1((si, si+1]) ∩ E| (3)

s0 |f−1(s0) ∩ E|+∑k−1

i=0 si−1 |f−1((si, si+1] ∩ E)|. (4)

Si noti che tutti gli insiemi nelle formule precedenti sono misurabili dato che f , Esono misurabili e grazie a M1. Denotiamo con S+, S− le classi numeriche formateda (3), (4) al variare di tutte le possibili decomposizioni di [inf f, sup f ]. Si vedecome nella teoria di Riemann che questi due insiemi sono separati. Ammettiamo

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ora che la decomposizione descritta precedentemente abbia norma ε, per un certoε positivo, allora la differenza tra (3) e (4) si stima, sfruttando M2, M3, con

k−1∑i=0

(si+1 − si) |f−1((si, si+1]) ∩ E| ≤ ε

k−1∑i=0

|f−1((si, si+1]) ∩ E|

≤ ε |E|.

Tale differenza diventa infinitesima per ε→ 0. Quindi le due classi S+, S− sonocontigue, e l’integrale e definito come l’elemento separatore.

2 Definizione di misura

Procediamo ora a definire in maniera formale la misura di Lebesgue in RN .Ricordiamo che abbiamo gia definito nel paragrafo precedente la misura dei

rettangoli (N–dimensionali). Chiamiamo ora multirettangolo una qualsiasi unionefinita di rettangoli con parte interna disgiunta. La misura di un multirettangoloe definita come la somma delle misure dei rettangoli costituenti.

E importante notare che la misura non cambia, per rettangoli o multirettan-goli, se si include o si elimina il bordo, in altri termini, conformemente all’intuizione,il bordo di un rettangolo o multirettangolo ha misura nulla. Vedremo che invececi sono insiemi misurabili secondo Lebesgue il cui bordo ha misura positiva.

2.1 Misura di Peano–Jordan

Una prima idea e quella di di approssimare un insieme limitato, diciamo E, pereccesso e per difetto con multirettangoli e di definirlo misurabile se tali approssi-mazioni costituiscono due classi contigue, cioe

sup{|R| | R multirett. R ⊂ E} = inf{|R| | R multirett. R ⊃ E} (5)

Definition 2.1. Un insieme limitato E si dice misurabile elementarmente o sec-ondo Peano–Jordan (PJ–misurabile per abbreviare) se verifica (5). La misura,denotata con |E|, e l’elemento separatore.

Tuttavia la definizione di misura secondo P–J e troppo restrittiva per i nostriscopi e va opportunamente estesa.

Osserviamo innanzitutto che che tutti gli insiemi con parte interna vuota,avendo la classe delle approssimazioni per difetto vuota, se sono PJ–misurabili,devono avere misura nulla, il che gia di per se sembra una limitazione. Ma vi euna ragione piu profonda che rende inadeguata la misura di Peano–Jordan, perillustrarla partiamo dal seguente

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Lemma 2.2. Sia E un insieme limitato, allora

sup{|R| | R multirett. R ⊂ E} = sup{|R| | R multirett. R ⊂ intE} (6)

inf{|R| | R multirett. R ⊃ E} = inf{|R| | R multirett. R ⊃ E} (7)

Proof. Denotiamo con I, J le quantita a membro sinistro e destro, rispettiva-mente, di (6). Dato che intE ⊂ E, allora I ≥ J . Sia ora R ⊂ E un multiret-tangolo, allora intR ⊂ intE e | intR| = |R|, cosicche |R| ≤ J . Questo implicache J ≥ I e conclude la dimostrazione di (6). La relazione (7) si prova con unragionamento simile.

Il precedente risultato mostra che le approssimazioni per difetto in (5) nontengono conto di ∂E, mentre quelle per eccesso si, e questo rende automatica-mente non PJ–misurabili insiemi, anche aperti o chiusi, con bordo, per cosi’ dire,importante. Il prossimo esempio illustra due situazioni di questo tipo.

Example 2.3. Qui si prova che [0, 1] \ Q non e PJ–misurabile, e si costruisceun insieme aperto contenuto in [0, 1] non PJ–misurabile. Il primo fatto mostrache la funzione di Dirichlet non sarebbe integrabile nella teoria di Peano Jordan,mentre il secondo inficia (M4).

Avendo [0, 1] \ Q parte interna vuota. se fosse PJ–misurabile, come gia os-servato, dovrebbe avere misura nulla. D’altro canto, per Lemma 2.2, le approssi-mazioni per eccesso sono date da multirettangoli R con R ⊃ [0, 1] \Q = [0, 1] peri quali |R| ≥ 1. Questo mostra l’asserita non PJ–misurabilita.

Ordiniamo ora i razionali di [0, 1] sotto forma di successione denotata con xn.Questo e possibile perche i razionali hanno cardinalita numerabile. Per ribadire:la successione xn assume come valori tutti i numeri razionali di [0, 1] al variare din in N. Per ogni prefissato ε consideriamo una successione εn con∑

n

εn = ε, (8)

quindi definiamo una successione di intervalli aperti

In = (xn − εn, xn + εn),

chiaramente non disgiunti, e poniamo

I = ∪nIn.

L’insieme I e aperto in quanto unione di intervalli aperti, e risulta intuitivoche tutti i multirettangoli che approssimano per difetto I devono avere misurainferiore alla sommatoria dell’ampiezza degli In. Tenuto conto di (8) si ha

R ⊂ I, R multirettangolo ⇒ |R| ≤∑n

|In| = 2 ε. (9)

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D’altro canto, per il Lemma 2.2, possiamo prendere, come approssimazioni pereccesso, i multirettangoli che contengono la chiusura di I. Siccome I ⊃ [0, 1]∩Qallora

I ⊃ [0, 1] ∩Q = [0, 1]

a causa della densita dei razionali, quindi

R ⊃ I, R multirettangolo ⇒ |R| ≥ 1. (10)

Dato che ε e arbitrario, (9), (10) provano la non PJ–misurabilita di I.

2.2 Misura di insiemi aperti e compatti

Per definire la misura di Lebesgue, o misura tout court, che estende la misura diPeano–Jordan a una classe piu ampia di insiemi , iniziamo a definire una misuraper tutti gli insiemi aperti e compatti, vedi (M4).

Dichiariamo ogni aperto e ogni compatto misurabile e usiamo solo le approssi-mazioni per difetto con multirettangoli per definire la misura degli aperti, soloquelle per eccesso per la misura dei compatti. In formule

A aperto ⇒ |A| := sup{|R| | R multirettagolo R ⊂ A}K compatto ⇒ |K| := inf{|R| | R multirettagolo R ⊃ K}

E chiaro che tutti i compatti hanno misura finita mentre ci sono degli aperti conmisura infinita, banalmente |RN | = +∞. E anche chiaro che la definizione dimisura per aperti e compatti e monotona per inclusione.

Lemma 2.4. Siano A, K un aperto e un compatto rispettivamente, allora

|A| = sup{|R| | R multirett. comp. R ⊂ E}|K| = inf{|R| | R multirett. aperto R ⊃ E}

Proof. Per definizione di misura di un aperto, deve esserci per ogni prefissatoδ > 0

R =k⋃

j=1

Rj con Rj = ×i(aji , b

ji )

un multirettangolo tale che

|R| =∑j

|Rj| =∑j

∏i

(bji − aji ) ≥ |A| − δ.

Consideriamo per ε piccolo

Rε =k⋃

j=1

Rjε con Rj

ε = ×i[aji + ε, bji − ε],

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con ε tale che tutti gli intervalli nella formula precedente sono non degeneri. GliRε ⊂ R sono compatti contenuti in A e

|Rε| =∑j

∏i

(bji − aji − 2 ε)

cosicchelimε→0|Rε| = |R|

e per un ε opportunamente piccolo

|Rε| ≥ |E| − 2 δ.

Questo prova la formula nell’enunciato relativa ad |A|. Quella su |K| si prova conpiccole modifiche al precedente argomento.

Diamo delle proprieta di additivita e subadditivita per la misura di aperti ecompatti. Ammettiamo come intuitiva le seguente proprieta dei multirettangoli.

(R1) Dato qualsiasi multirettangolo, decomponendo eventualmente i rettangoliche lo costituiscono in rettangoli piu piccoli, possiamo supporre, senzaperdere di generalita, che sia l’unione di rettangoli di diametro inferiorea δ, per ogni prefissato δ > 0.

(R2) La misura dell’unione di una famiglia finita di multirettangoli disgiunti edata dalla somma delle misure deimultirettangoli costituemti.

Nelle dimostrazioni che seguono ε indichera una quantita infinitesima.

Proposition 2.5. Sia Ki una famiglia finita di compatti disgiunti, sia K :=⋃iKi, allora

|K| =∑i

|Ki|.

Proof. Siano Ri dei plurirettangoli le cui misure approssimano quelle dei Ki ameno di εi, dove

∑i εi = ε. Dato che i Ki sono a distanza positiva l’uno

dall’altro, possiamo supporre che gli Ri siano disgiunti. Deduciamo dall’additivitadella misura per plurirettangoli disgiunti, vedi (R2), e dal fatto che ∪iRi e unplurirettangolo che contiene K∑

i

|Ki| ≥∑|Ri| − ε = | ∪i Ri| − ε ≥ |K| − ε. (11)

Sia ora R ⊃ K un plurirettangolo la cui misura approssima quella di K a menodi ε. Siano Ri ⊃ Ki dei plurirettangoli disgiunti e poniamo R′i = Ri ∩ R. Gli R′isono plurirettangoli disgiunti con R′i ⊃ Ki, ∪iR

′i ⊂ R. Si ha di conseguenza

|K| ≥ |R| − ε ≥ | ∪i R′i| − ε =∑i

|R′i| − ε ≥∑|Ki| − ε. (12)

Combinando (11), (12) si ottiene la tesi.

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Proposition 2.6. Sia Ai una famiglia finita di aperti, e A :=⋃

iAi, allora

|A| ≤∑i

|Ai|.

Occorre premettere un risultato alla dimostrazione della Proposizione 2.6.

Lemma 2.7. Sia Ai una famiglia finita di aperti e K ⊂ ∪iAi un compatto, allorasi puo determinare r > 0 tale che per ogni x ∈ K esiste j (in generale non unico)con B(x, r) ⊂ Aj.

Proof. Basta provare il risultato per due aperti A1, A2. Si considera

f(x) = d(x,Ac1) + d(x,Ac

2).

per la condizione K ⊂ A1 ∪ A2, la f risulta positiva su K ed essendo continuaha per il Teorema di Weierstrass minimo positivo su K, denotato con 3 r. Datox ∈ K si ha

f(x) = d(x,Ac1) + d(x,Ac

2) ≥ 3 r

e quindi uno dei due addendi d(x,Ac1), d(x,Ac

2) deve essere strettamente maggioredi r. Se ad esempio d(x,Ac

1) > r allora B(x, r) ⊂ A1.

Proof. (Proposizione 2.6) Supponiamo dapprima |A| < +∞. Sia R ⊂ A unplurirettangolo compatto la cui misura approssima per difetto quella di A a menodi ε. Non e restrittivo supporre, vedi (R1), che i diametri di tutti i rettangoli checostituiscono R abbiano raggio minore di r, dove r e quantita data dal lemmaprecedente in corrispondenza degli Ai e del compatto R. Possiamo allora associarein base al lemma precedente ad ogni rettangolo costituente R uno degli Ai che locontiene. Tenendo conto di questo, definiamo per ogni i

Ri = {unione rett. di R associati ad Ai}. (13)

Si ha|A| ≤ |R|+ ε =

∑i

|Ri|+ ε ≤∑i

|Ai|+ ε.

Questo prova la tesi per l’arbitrarieta di ε. Se invece |A| = +∞, allora per ogniprefissato M > 0, esiste un plurirettangolo R con R ⊂ A, |R| > M . DefinendoRi come in (13), si ha

M < |R| =∑i

|Ri| ≤∑i

|Ai|.

Quindi, per l’arbitrarieta di M∑i

|Ai| = +∞ = |A|

che conclude la dimostrazione.

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Lemma 2.8. Sia A un insieme aperto e K un compatto and K ⊂ A, allora

|A \K| = |A| − |K|.

Proof. Dato ε > 0, sia R un multirettangolo compatto con

R ⊂ A \K |R| ≥ |A \K| − ε

per l’additivita delle misure dei compatti

|A| ≥ |R ∪K| = |R|+ |K| ≥ |A \K| − ε+ |K|

da cui per l’arbitrarieta di ε

|A \K| ≤ |A| − |K|. (14)

Sia R′ un multirettangolo aperto con

R′ ⊃ K |R′| ≤ |K|+ ε

per la subadditivita della misura degli aperti

|A| ≤ |R′|+ |A \K| ≤ |K|+ |A \K|+ ε

e per l’arbitrarieta di ε|A \K| ≥ |A| − |K| (15)

Le disuguaglianze (14), (15) danno la tesi

2.3 Misura in generale

Per determinare in generale gli insiemi misurabili e la loro misura, l’idea e quelladi usare approssimazioni con compatti e aperti. Se approssimassimo per difettocon aperti allora ci troveremmo nella stessa difficolta segnalata prima con i mul-tirettangoli, cioe staremmo in effetti approssimando la parte interna dell’insiemein questione. Un problema dello stesso tipo, mutatis mutandis, ci sarebbe perl’approssimazione per eccesso con compatti, tra l’altro in questo caso l’insiemedovrebbe essere limitato.

Allora, dato un insieme E, consideriamo approssimazioni per difetto con in-siemi compatti e per eccesso con insiemi aperti, e chiediamo che le misure diqueste famiglie di insiemi costuiscano due classi contigue. Esse sono separate perla proprieta di monotonia rispetto all’inclusione delle misure di aperti e compatti.In formule

inf{|A| | A aperto, A ⊃ E} = sup{|K| | K compatto, K ⊂ E}. (16)

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Se l’elemento separatore delle due classi di approssimazioni e finito, la condizione(16) viene assunta come definizione di misurabilita, e l’elemento separatore e lamisura (di Lebesgue) di E, denotata con |E|.

Se invece l’elemento separatore e +∞, cioe equivalentemente se

sup{|K| | K compatto, K ⊂ E} = +∞ (17)

allora bisogna fare un ulteriore passo poiche, come mostreremo nell’Esempio 3.11,vi sono degli insiemi che verificano (17), quindi la continguita a +∞ delle ap-prossimazioni per eccesso e difetto, ma la cui eventuale misurabilita inficerebbealcune proprieta fondamentali e irrinuciabili della misura che stiamo costruendo,segnatamente la σ–additivita e il fatto che se due insiemi sono misurabili anchela loro differenza lo deve essere.

Se quindi vale (17), per affermare che un insieme e misurabile, richiederemoulteriormente che per ogni n

E ∩B(0, n) sia misurabile nel senso di (16). (18)

In questa situazione la misura di E e chiaramente infinita.

La condizione di misurabilita (16) per un insieme E di misura finita puo essereequivalentemente espressa richiedendo

∀ε > 0 ∃A ⊃ E ap., K ⊂ E comp. | |A| − |K| = |A \K| < ε. (19)

Si noti che l’uguaglianza |A| − |K| = |A \K| viene dal Lemma 2.8.

Lemma 2.9. Se E, F sono misurabili con misura finita, allora E \ F e E ∩ Fsono anch’essi misurabili.

Proof. Dato ε > 0, troviamo, facendo uso del criterio (19), A, A′ aperti e K, K ′

compatti con

A ⊃ E ⊃ K e A′ ⊃ F ⊃ K ′

|A| − |K| < ε e |A′| − |K ′| < ε.

DefiniamoB = A \K ′ C = K \ A′,

essendo la differenza di una aperto ed un compatto, B e un insieme aperto,essendo la differenza di una compatto ed un aperto, C e un insieme compatto,inoltre

B ⊃ E \ F ⊃ C.

Si haB \ C ⊂ (A \K) ∪ (A′ \K ′)

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che implica|B \ C| ≤ |A \K|+ |A′ \K ′| ≤ 2 ε

e quindi,in base a(19), la misurabilitadi E\F . Quella di E∩F viene dalla formula

E ∩ F = E \ (E \ F ).

Riguardo alla consistenza delle varie nozioni di misura introdotte, osserviamo:

• Il Lemma 2.4 mostra che le misure di aperti e compatti pssono essere ot-tenute tramite (16);

• ogni insieme chiuso e misurabile. Difatti se C e un chiuso (non limitato)allora

C ∩B(0, n) = (C ∩B(0, n+ 1)) ∩B(0, n)

e quindi, essendo l’intersezione di un compatto con un aperto di misurafinita, e misurabile ai sensi del Lemma 2.9.

• ogni misurabile di misura finita soddisfa (18) sempre per il Lemma 2.9.

Inoltre mettiamo in luce tre proprieta rilevanti che vengono dalla stessa definizionedella misura di Lebesgue

• la misura di Lebesgue e monotona per inclusione, cioe se E, F sono mis-urabili con E ⊂ F allora |E| ≤ |F |

• la misura di Lebesgue e invariante per traslazioni, cioe se un insieme E emisurabile allora x+ E e misurabile per ogni x e

|E| = |x+ E|

• Ogni sottoinsieme di un insieme di misura nulla e misurabile ed ha misuranulla. Si dice che una proprieta vale quasi ovunque, q.o. per abbreviare, sevale a meno di insiemi di misura nulla.

Concludiamo la sezione con un risultato che cartterizza bei termini dellamisura di Lebesgue insiemi misurabili secondo Peano–Jordan

Theorem 2.10. Un insieme limitato e misurabile secondo Peano–Jordan se esolo se la misura di Lebesgue del suo bordo e nulla.

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Proof. Sia E un insieme limitato PJ–misurabile, allora per il Lemma 2.2

| intE| = |E| (20)

e di conseguenza|∂E| = |E| − | intE| = 0.

Viceversa, sia E un insieme limitato con |∂E| = 0 allora vale (20) e tenuto contodella definizione di misura per aperti e compatti e del Lemma 2.2

|E| = inf{R | R multirett. R ⊃ E} = inf{R | R multirett. R ⊃ E}| intE| = sup{R | R multirett. R ⊂ intE} = sup{R | R multirett. R ⊂ E}.

Questo prova l’assunto.

3 Proprieta della misura

3.1 σ–additivita della misura

In questa sezione mostriamo l’additivita numerabile o σ–additivita della misurasu insiemi misurabili disgiunti. In tutte le dimostrazioni indicheremo con ε unaquantita infinitesima.

Theorem 3.1. Sia Ei una successione (finita o infinita) di insiemi misurabiliallora E :=

⋃iEi e misurabile e

|E| =∑i

|Ei|.

Il Teorema 3.1 si basa sulla Proposizione 2.5 e sulla seguente generalizzazionedella proposizione 2.6

Lemma 3.2. Sia Ai una famiglia numerabile di aperti, sia A :=⋃

iAi, allora

|A| ≤∑i

|Ai|.

Proof. Supponiamo dapprima |A| < +∞. Sia R ⊂ A un multirettangolo com-patto la cui misura approssima quella di A a meno di ε, vedi il Lemma 2.4. Perla definizione di compattezza si possono estrarre dagli Ai, un numero finito diinsiemi, diciamo A1, · · · , Am, per un certo indice m, tale che R ⊂ ∪m

i=1Ai. Si haper la Proposizione 2.6

|A| ≤ |R|+ ε ≤ | ∪mi=1 Ai|+ ε ≤m∑i=1

|Ai|+ ε ≤∞∑i=1

|Ai|+ ε.

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Questo mostra la tesi. Se invece |A| = +∞, fissiamo M e denotiamo con Run multirettangolo compatto con R ⊂ A, |R| > M . Supponiamo ancora cheA1, · · · , Am costituisca un ricoprimento di R, allora

M < |R| ≤ | ∪mi=1 Ai| ≤m∑i=1

|Ai| ≤∞∑i=1

|Ai|,

il che prova∞∑i=1

|Ai| = +∞ = |A|

e conclude la dimostrazione.

Proof. (Teorema 3.1) Supponiamo che la famiglia Ei sia infinita e che∑i

|Ei| < +∞. (21)

Questo implica che le code della serie∑∞

i=1 |Ei| sono infinitesime, per cui esisteun indice m0 tale che

∞∑i=1

|Ei| ≤m0∑i=1

|Ei|+ε

2.

Siano Ki ⊂ Ei dei compatti le cui misurano approssimano per difetto quelle diEi, per i = 1, · · · ,m0 a meno di εi, con

∑εi = ε

2, essi sono disgiunti dato che gli

Ei lo sono. Si ha per la Proposizione 2.5

m0∑i=1

|Ki| = | ∪m0i=1 Ki| ≥

m0∑i=1

|Ei| −ε

2≥

∞∑i=1

|Ei| − ε. (22)

Siano Ai ⊃ Ei degli aperti le cui misure approssimano per eccesso quelle di Ei,per i = 1, · · · ,∞, a meno di ρi, con

∑∞i=1 ρi = ε. Si ha per la σ–subadditivita

degli aperti, provata nel Lemma 3.2

∞∑i=1

|Ei|+ ε ≥∑|Ai| ≥ | ∪∞i=1 Ai|. (23)

Combinando (22), (23) otteniamo

∞∑i=1

|Ei| − ε ≤ sup{K compatto | K ⊂ E}

≤ inf{A aperto | A ⊃ E} ≤∞∑i=1

|Ei|+ ε.

13

Questo implica che E e misurabile e che la sua misura eguaglia∑|Ei|, lo stesso

argomento, con ovvie modifiche, permette di raggiungere la stessa conclusione segli Ei sono finiti. Se viceversa la famiglia Ei e infinita e∑

i

|Ei| = +∞.

allora si tratta allora solo di provare la misurabilita di E, cioe (18), dato che inquesto caso esso avrebbe automaticamente misura infinita per la monotonia dellamisura. Fissiamo n ∈ N, si ha

E ∩B(0, n) =⋃i

Ei ∩B(0, n) (24)

per la proprieta di additivita provata nella prima parte del teorema e per lamonotonia della misura

m∑i=1

|Ei ∩B(0, n)| =

∣∣∣∣∣m⋃i=1

Ei ∩B(0, n)

∣∣∣∣∣ ≤ |B(0, n)|,

che implica∞∑i=1

|Ei ∩B(0, n)| < +∞.

Tenendo conto di (24) e sfruttando la prima parte della dimostrazione si deduceche E ∩ B(0, n) e misurabile. Per la genericita di n questo a sua volta implicache E e misurabile in base a (18), come si voleva provare.

Dato che ogni punto, essendo un rettangolo totalmente degenere, ha misuranulla, il teorema precedente implica

• ogni insieme di cardinalita numerabile e misurabile con misura nulla.

In particolari i razionali sono misurabili in R con misura nulla, gli irrazionali,essendo i complementari degli irrazionali, sono misurabili con misura infinita. Gliinsiemi Q ∩ [0, 1], [0, 1] \Q sono misurabili con Q ∩ [0, 1] = 0, [0, 1]. \Q = 1

3.2 σ–algebre

Ricordiamo, senza dimostrazione, altre proprieta degli insiemi misurabili

• Se Ei e una successione di insiemi misurabili (non necessariamente disgiunti)allora E := ∪iEi e misurabili;

14

• se E, F sono misurabili, allora E \ F e misurabile e

|E| ≤∑i

|Ei|;

• se E, F sono misurabili, con E ⊂ F , allora |E \ F | = |E| − |F |;

• l’intersezione numerabile di insiemi misurabili e misurabile;

Si osservi che le proprieta da M1 a M4 che avevamo indicato come irrinuciabiliper la misura nella sezione introduttiva sono effettivamente tutte verificate.

Le proprieta elencate sopra danno alla famiglia degli insiemi misurabili unastruttura peculiare.

Definition 3.3. Una famiglia di sottoinsiemi F di RN e una σ–algebra se

• contiene RN

• e chiusa per unioni numerabili, cioe l’unione di una successione di insiemidi F appartiene a F

• e chiusa per complementazione.

Questo implica immediatamente che contiene l’insieme vuoto e che e anche chiusaper intersezioni numerabili.

E immediato verificare che l’intersezione di σ–algebre e ancora una σ–algebra,per cui ha senso considerare la piu piccola σ–algebra che contiene una datafamiglia di sottoinsiemi di RN , diciamo G, questa si indica con 〈G〉, e si diceche G e una famiglia di generatori di 〈G〉.

Theorem 3.4. Gli insiemi misurabili costituiscono una σ–algebra, detta di Lebesguee denotata con L. Inoltre, data una successione di insiemi misurabili Ei

limi|Ei| = | ∪ Ei| se Ei e crescente rispetto all’inclusione (25)

limi|Ei| = | ∩ Ei| se Ei e decrescente rispetto all’inclusione. (26)

Conviene introdurre la σ–algebra generata dagli aperti, e/o dai chiusi, di RN .Questa si indica con B e si chiama σ–algebra di Borel o dei Boreliani di RN . Datoche tutti gli aperti sono misurabili e quindi sono contenuti in L, si ha

B ⊂ L.

L’inclusione in effetti e stretta. Si puo piu precisamente provare che la σ–algebradi Lebesgue e generata dai Boreliani e dalla famiglia degli insiemi di misura nulla,denotata con N . In formule

L = 〈B ∪ N〉.

15

Aggiungendo a B, per ottenere L, gli insiemi di misura nulla, dobbiamo ovvia-mente aggiungere unioni di elementi di B eN , intersezioni e complementi. Questoaumenta significativamente la taglia di L rispetto a quella di B. Si puo provareaddirittura che vi e un aumento di cardinalita.

Facendo uso delle σ–algebre e ricordando le proprieta della misura di Lebesgue,possiamo dare una nozione di misura astratta in RN .

Definition 3.5. sia F una σ–algebra di RN , una funzione

µ : F → [0,+∞]

si chiama misura se

• µ(∅) = 0

• (σ–additivita) se Ei e una successione di insiemi di F allora

µ (∪iEi) =∑i

µ(Ei).

Una misura si dice localmente finita se e finita sui compatti.

E chiaro che la misura di Lebesgue soddisfa la definizione di sopra ed e local-mente finita. Anche se puo sembrare intuitivamente vero, e invece falso che duemisure definite sulla stessa σ–algebra coincidono se sono uguali su una qualsiasifamiglia di generatori. E facile costruire dei controesempi, che comunque esulanodagli scopi di questa trattazione. Per particolari famiglie di generatori, tuttavia,la coincidenza vale. Registriamo un risultato di questo tipo di cui faremo usonella Sezione 7.

Lemma 3.6. Siano µ1, µ2 due misure localmente finite definite sulla σ–algebradei Boreliani di RN . Se

µ1(A) = µ2(A) per ogni aperto A

allora µ1 = µ2.

3.3 Misura prodotto

Abbiamo sinora definito non una singola misura, bensi’ una famiglia di misuredi Lebesgue N–dimensionali in RN al variare della dimensione N dello spazioambiente. La nozione di misura prodotto, che tratteremo in questa sezione serve,tra l’altro, a mettere tali misure in relazione tra di loro.

16

Denotiamo con | · |N , | · |M le misure di Lebesgue in RN e RM rispettivamente,e con LN , LM le corrispondenti σ–algebre di Lebesgue. Nel seguito indicheremoil generico punto di RN+M con (x, y) dove x varia in RN e y in RM .

Definiamo la σ–algebra prodotto LN × LM in RN+M mediante la formula

LN × LM = 〈E × F | E ∈ LN , F ∈ LM〉

E opportuno sottolineare che gli insiemi del tipo E×F con E ∈ LN , F ∈ LM noncostituiscono di per se una σ–algebra. Per un insieme B ∈ LN × LM definiamo

Bx = {y ∈ RM | (x, y) ∈ B} per ogni x fissato in RN

By = {x ∈ RN | (x, y) ∈ B} per ogni y fissato in RM

le Bx si chiamano sezioni verticali di B e le By sezioni orizzontali. La connessionedella σ–algebra prodotto con LN ed LM e data dalla seguente

Proposition 3.7. Sia B ∈ LN × LM , ogni sezione Bx appartiene a LM , ognisezione By appartiene a LN .

Precisiamo per completezza che il viceversa non e vero, le conseguenze diquesto fatto sono rilevanti nello studio delle σ–algebre prodotto, ma non riguardanola nostra trattazione.

Definiamo su ogni insieme E × F con E ∈ LN , F ∈ LM

µ(E × F ) = |E|N |F |M . (27)

Un primo risultato importante, vedi la discussione prima del Lemma 7.2, e

Proposition 3.8. La µ definita in (27) puo essere estesa in maniera unica aduna misura, sempre denotata con µ, definita sulla σ–algebra prodotto LN × LM .

La misura µ definita tramite (27) e la Proposizione 3.8 e chiamata misuraprodotto di | · |N e | · |M . Il risultato clou della sezione e

Theorem 3.9. La σ–algebra prodotto LN × LM coincide con LN+M . La misuraprodotto µ, definita tramite (27) e la Proposizione 3.8, coincide con | · |N+M .

Una formula piu precisa che riduce il calcolo delle misura prodotto LN+M aopportuni integrali rispetto a LN e LM verra data nel Teorema 5.7.

17

3.4 Insiemi di Vitali

Lo scopo della sezione e provare il seguente

Theorem 3.10. Ogni insieme misurabile di misura positiva di R ha un sottoin-sieme non misurabile.

Mostreremo anche con un esempio che la contiguita delle misure delle ap-prossimazioni per eccesso con aperti e per difetto con compatti non garantisce lamisurabilita di un insieme quando l’elemento separatore e infinito.

Partiamo dalla costruzione dell’insieme di Vitali classico. Consideriamo in Rla relazione d’equivalenza

x v y se x− y ∈ Q.

Siccome ogni x e in relazione con la sua parte frazionaria che appartiene a [0, 1)possiamo, facendo uso dell’assioma della scelta, selezionare un rappresentante diogni classe d’equivalenza in [0, 1). Chiamiamo V l’insieme cosi’ ottenuto. Loscopo e di provare

• V non e misurabile.

Dato x ∈ [0, 1], denotato con x l’elemento di V in relazione con x, si ha

x = q + x per qualche q ∈ Q

eq = x− x ∈ [−1, 1].

Questo prova ⋃q∈[−1,1]∩Q

q + V ⊃ [0, 1] (28)

e d’altro canto banalmente ⋃q∈[−1,1]∩Q

q + V ⊂ [−1, 2]. (29)

Ora osserviamo che

(q + V ) ∩ (q′ + V ) = ∅ se q, q in Q con q 6= q′

difatti se ci fosse un elemento in comune, diciamo se esistesse

y = q + v = q′ + v′ con v, v′ in V

allorav − v′ = q′ − q 6= 0 ∈ Q⇒ v v v′

18

che non puo essere per il modo in cui e stato costruito V . In definitiva⋃q∈[−1,1]∩Q

q + V

e un’unione numerabile di insiemi disgiunti ottenuti l’uno dall’altro per traslazione.Se fossero misurabili avrebbero tutti quanti la stessa misura, data l’invarianza pertraslazioni della misura di Lebesque.

Se tale comune misura fosse positiva allora la misura dell’unione sarebbe in-finita per la σ–additivita, in contrasto con (29), se invece fosse nulla allora lamisura dell’unione sarebbe nulla, in contrasto con (28). Questa impasse prova lanon misurabilita di V .

Lo stesso argomento, con una postilla, mostra anche:

• Ogni sottoinsieme misurabile di V , e quindi di q + V per q ∈ Q, ha misuranulla.

Difatti se per assurdo, esistesse W ⊂ V misurabile con |W | > 0 allora∣∣∣∣∣∣⋃

q∈[−1,1]∩Q

q +W

∣∣∣∣∣∣ = +∞

in contrasto con ⋃q∈[−1,1]∩Q

q +W ⊂⋃

q∈[−1,1]∩Q

q + V ⊂ [−1, 2].

Sia ora E un insieme di misura positiva in R. Dato che

R =⋃q∈Q

q + V

alloraE =

⋃q∈Q

[(q + V ) ∩ E]

Se (q + V ) ∩E fosse misurabile per ogni q ∈ Q, allora per quanto provato prece-dentemente, dovrebbe avere misura nulla, ma se fosse cosi’

|E| =∑q∈Q

|(q + V ) ∩ E| = 0

che non e possibile per l’assunta positivita della misura di E. Quindi esiste q ∈ Qper cui

(q + V ) ∩ E ⊂ E non e misurabile.

Questo prova il Teorema 3.10.

19

Example 3.11. Questo esempio mostra come esistano insiemi non misurabiliper cui vale (17), quindi la continguita a +∞ delle approssimazioni per eccesso edifetto. Questo spiega la ragione della condizione aggiuntiva (18).

Sia E = (−∞, 0) ∪ V . Questo insieme non e misurabile, altrimenti ancheV = E \ (−∞, 0) lo sarebbe. D’altro canto

sup{|K| | K comp., K ⊂ E} ≥ sup{|K| | K comp., K ⊂ (0,+∞)} = +∞

per cui la condizione (17) e verificata senza che ci sia misurabilita.

4 Funzioni misurabili

Come gia anticipato nella Sezione 1.1, la definizione di misurabilita per una fun-zione viene data in termini di controimmagini.

Definition 4.1. Una funzione f definita su un insieme misurabile B ⊂ RN e avalori in R si dice misurabile (secondo Lebesgue) se

f−1(E) ∈ LN per ogni E ∈ B1,

dove LN e la σ–algebra di Lebesgue in RN e B1 la σ–algebra di Borel in R.

Nel seguito della sezione porremo, per semplicita notazionale, B = B1, L =LN . La funzione di Dirichlet da [0, 1] a R e misurabile in quanto l’immagineinversa di ogni Boreliano non contenente ne 0 ne 1 e l’insieme vuoto, la controim-magine di quelli contenenti 0 ma non 1 e [0, 1] \Q, di quelli contenenti 1 ma non0 e [0, 1] ∩ Q, di quelli contenenti sia 0 sia 1 e [0, 1]. E quindi tutte le possibilicontroimmagini sono misurabili.

L’asimmetria nella definizione, cioe il fatto che si considerino σ–algebre diLebesgue nel dominio e di Borel nel codominio, e rilevante. Se si richiedesse,come uno potrebbe essere tentato di fare, che tutte le controimmagini di insiemimisurabili secondo Lebesgue in R fossero insiemi misurabili secondo Lebesgue inRN , si otterrebbe una nozione nettamente piu restrittiva, e come tale non utile,che escluderebbe anche alcune funzioni continue.

Per ribadire: esistono funzioni continue per cui controimmagini di alcuniinsiemi misurabili secondo Lebesgue in R non sono insiemi misurabili secondoLebesgue in RN . Un esempio si costruisce a partire dalla Scala di Cantor.

Dato che le controimmagini commutano con unione, intersezione e comple-mentazione, e immediato che l’ immagine inversa di una σ–algebra tramite qual-sisi funzione e ancora una σ–algebra.

Inoltre e equivalente, per le prorieta di commutativita ricordate sopra, datauna qualsiasi famiglia F di sottoinsiemi del codominio, partire dalla σ–algebra

20

generata da F nel codominio e poi farne la controimmagine, oppure fare prima lacontroimmagine di F e poi generare da f−1(F) la σ–algebra nel dominio. Questedue operazioni portano a costruire la stessa σ–algebra.

Sintetizziamo questa discussione nel seguente enunciato:

Proposition 4.2. Sia g : RN → R una qualsiasi funzione, F una qualsiasifamiglia di sottoinsiemi di R, allora

g−1(〈F〉) = 〈g−1(F)〉.

La definizione di misurabilita per una funzione f si puo riformulare richiedendoche la σ–algebra immagine inversa dei Boreliani di R sia contenuta in L. Informule

f−1(B) ⊂ L. (30)

La prossima proposizione permette di verificare la misurabilita di una funzionecontrollando la controimmagine non di tutti i Boreliani di R, ma di una qualsiasifamiglia che li genera.

Proposition 4.3. Sia F una famiglia di generatori di B in R. Se f−1(F) ⊂ Lallora f e misurabile.

Proof. Per ipotesiL ⊃ 〈f−1(F)〉

e quindi per la Proposizione 4.2 e il fatto che 〈F〉 = B

L ⊃ 〈f−1(F)〉 = f−1(B).

Questo conclude la dimostrazione tenendo conto di (30).

E facile provare che ogni tipo di intervallo non degenere genera la σ–algebradei Boreliani in R. Ad esempio intervalli aperti e illimitati a destra, chiusi eillimitati a sinistra, compatti, aperti e limitati e cosi’ via.

In base al risultato precedente, quindi, per provare che una funzione e mis-urabile basta controllare le controimmagini di una qualsiasi di queste famiglie diintervalli. Come applicazione di questo principio proviamo

Proposition 4.4. Tutte le funzioni continue, semicontinue superiormente e in-feriormente da RN a R sono misurabili.

Ricordiamo che una funzione f di dice semicontinua superiormente se

lim supy→x

f(y) ≤ f(x) per ogni x

si dice invece semicontinua inferiormente se

lim infy→x

f(y) ≥ f(x)

21

Proof. (della Proposizione 4.4) Se f e continua la controimmagine di ogni apertodi R e un aperto di RN . Gli aperti di R generano la σ–algebra dei Boreliani, quellidi RN appartengono a L. Segue la misurabilita di f per la Proposizione 4.3.

Sia ora f semicontinua superiormente, consideriamo

C := f−1([a,+∞)) per un certo a ∈ R.

Sia xn una successione di elementi di C, cioe tale che f(xn) ≥ a, e supponiamoche ammetta limite x, allora

f(x) ≥ lim supy→x

f(y) ≥ lim supn

f(xn) ≥ a,

in altri termini x ∈ C. Per la caratterizzazione dei chiusi di RN tramite successionideduciamo che C e chiuso. Dato che gli intervalli della forma [a,+∞) generanoB e gli insiemi chiusi appartengono a L concludiamo, sfruttando la Proposizione4.3, che f e misurabile.

Se f e semicontinua inferiormente si prova, come nel punto precedente che

f−1((−∞, a]) e chiuso per ogni a ∈ R

e si deduce la misurabilita di f di nuovo mediante la Proposizione 4.3.

Le principali proprieta delle funzioni misurabili sono

• se f , g sono misurabili allora lo sono anche f + g e f g;

• se fn e un successione di funzioni misurabili allora

x 7→ supnfn(x) x 7→ inf

nfn(x)

sono entrambe misurabili;

• f(x) := lim supn fn(x) e g(x) := lim infn fn(x) sono misurabili. In par-ticolare se la successione fn converge puntualmente allora il suo limite emisurabile.

5 Integrale

5.1 Funzioni limitate

Data una funzione f da un sottoinsieme di RN a R, definiamo per ogni x nel suodominio

f+(x) = f(x) ∨ 0 f−(x) = −f(x) ∨ 0

22

f+ e chiamata parte positiva di f , f− parte negativa. Sia f+ che f− sono nonnegative e si ha

f = f+ − f− |f | = f+ + f−.

Se f e misurabile allora sia f+ che f− sono misurabili in quanto ottenute comemassimo di funzioni misurabili.

Data una funzione limitata non negativa definita su un insieme E, consider-eremo il sottografico e il grafico di f su E definiti rispettivamente da

ΓEf = {(x, y) ∈ E × [0,+∞) | 0 ≤ y ≤ f(x)}graph E f = {(x, f(x)) | x ∈ E}

La definizione di integrale si da a partire da funzioni misurabili limitate nonnegative su insiemi misurabili limitati. La seguente proposizione e una riformu-lazione del Teorema 1.2 nei termini della misura di Lebesgue (N+1)–dimensionalecome prodotto della misura di Lebesgue N–dimensionale e quella 1–dimensionale.

Proposition 5.1. Sia f una funzione misurabile limitata non negativa definita inun insieme misurabile limitato E, allora il sottografico ΓEf ed il grafico graph E fsono misurabili in RN+1, con

| graph E f | = 0.

Proof. Consideriamo una succesione di decomposizioni dell’intervallo [infE f, supE f ],al variare di n ∈ N

sn0 = infEf, sn1 , · · · , snkn = sup

Ef

ottenute per infittimento e di norma infinitesima per n → +∞. Tenendo contodei risultati della sezione sulla misura prodotto, le unioni dei cilindroidi

En = (f−1(sn0 ) ∩ E)× [0, sn0 )kn−1⋃i=0

(f−1((sni , sni+1]) ∩ E)× [0, sni )

Fn = (f−1(sn0 ) ∩ E)× [0, sn0 ]kn−1⋃i=0

(f−1((sni , sni+1]) ∩ E)× [0, sni+1]

sono misurabili in RN+1 con

|En| = |f−1(sn0 ) ∩ E| sn0 +kn−1∑i=0

|f−1((sni , sni+1] ∩ E| sni

|Fn| = |f−1(sn0 ) ∩ E| sn0 +kn−1∑i=0

|f−1((sni , sni+1]) ∩ E| sni+1,

23

inoltreEn ⊂ ΓEf ⊂ Fn graph E f ⊂ Fn \ En.

DefiniamoE =

⋃n

En F =⋂n

Fn,

per quanto dimostrato nel Teorema 1.2 e per (25), (26)

|E| = limn|En| = lim

n|Fn| = |F |

e quindi|F \ E| = |F | − |E| = 0.

Di conseguenzaΓnf ⊂ E ∪ (F \ E)

e l’unione di F \E, che e misurabile, e di un insieme di misura nulla e, come tale,e misurabile, inoltre

graph E f ⊂ F \ E

e misurabile ed ha misura nulla.

Definiamo l’integrale di una funzione misurabile limitata non negativa f suun supporto d’integrazione E misurabile e limitato tramite∫

E

f dx = |ΓEf |. (31)

Tenuto conto che, in base alla Proposizione 5.1, la misura del grafico di f e nulla,si ha che

{(x, y) ∈ E × [0,+∞) | y < f(x)} e misurabile

e ∫E

f dx = |{(x, y) ∈ E × [0,+∞) | y < f(x)}| (32)

Se f e la funzione di Dirichlet allora

Γ[0,1]f = [(Q ∩ [0, 1])× [0, 1]] ∪ [(Q \ [0, 1])× {0}]

e di conseguenza ∫ 1

0

f dx = |[Γ[0,1]f | = 0

come era stato annunciato nella sezione introduttiva.

Si puo dare una formulazione piu funzionale della definizione di integrale perfunzioni limitate non negative facendo uso delle funzioni semplici.

24

Definition 5.2. Una funzione g si dice semplice se il suo codominio e finito, ognivalore e finito e ha come supporto un insieme misurabile. Si usa la notazione

g(x) =∞∑i=1

ai χ(Ei)(x) (33)

dove gli ai sono i valori assunti da a, Ei = g−1(ai), per ogni i, e χ(Ei), che vale 1in Ei, 0 in Ec

i , e detta funzione caratteristica o indicatrice di Ei.

Si definisce l’integrale di una funzione semplice g, data da (33), su un insiememisurabile limitato E tramite∫

E

g dx =∑i

ai |Ei ∩ E|.

Il seguente risultato e una riformulazione del Teorema 1.2, della Proposizione5.1 e di (31), (34) con le funzioni semplici.

Proposition 5.3. Data una funzione misurabile limitata non negativa f su uninsieme misurabile limitato E, gli insiemi numerici{∫

E

g dx | g sempl., g ≤ f in E

}{∫

E

g dx | g sempl., g ≥ f in E

}sono contingui e

∫Ef dx e il loro elemento separatore.

Se f e misurabile limitata senza ipotesi di segno poniamo∫E

f dx =

∫E

f+ dx−∫E

f− dx. (34)

5.2 Funzioni qualsiasi

La nozione di integrale si estende a funzioni misurabili f non negative, possibil-mente illimitate, su insiemi misurabili E, possibilmente illimitati, ponendo∫

E

f dx = limn

∫E∩B(0,n)

(f ∧ n) dx

si noti che il limite, essendo monotono, esiste sempre, possibilmente uguale a +∞.La successione

ΓE∩B(0,n)(f ∧ n)

25

e crescente per inclusione e

ΓEf =⋃n

ΓE∩B(0,n)(f ∧ n)

inoltregraph E f =

⋃n

graph E∩B(0,n)(f ∧ n)

Questo consente di generalizzare, facendo uso di (25) e della subadditivita dellamisura per unioni non digiunte, la Proposizione 5.1 e le formule (31), (34) al casoillimitato

Proposition 5.4. Sia f una funzione misurabile non negativa definita in uninsieme misurabile E, allora il sottografico ΓEf ed il grafico graph E f sono mis-urabili in RN+1, con

| graph E f | = 0. (35)

Inoltre, tenuto conto di (35)

{(x, y) ∈ E × [0,+∞) | y < f(x)} e misurabile

e ∫E

f dx = |ΓEf | = |{(x, y) ∈ E × [0,+∞) | y < f(x)}|

Per una qualsiasi funzione misurabile f , senza ipotesi di segno, si calcolanocon la regola precedente ∫

E

f+ dx

∫E

f− dx (36)

Definition 5.5. Una funzione misurabile f si dice integrabile su un insieme mis-urabile E se almeno uno dei due integrali in (36) e finito, in questo caso∫

E

f dx =

∫E

f+ dx−∫E

f− dx.

Si pone, com’e ovvio,

+∞+ quantita finita = +∞

−∞+ quantita finita = −∞.

Se una funzione misurabile non cambia segno in E e ivi integrabile. Si usa ladizione sommabile per dire che una funzione e integrabile con integrale finito. Echiaro, da quanto detto sinora, che ogni funzione misurabile limitata e sommabilesu un insieme misurabile limitato.

Date due funzione misurabili f , g integrabili su un insieme misurabile E, leprincipali proprieta dell’integrale sono:

26

•∫Eλ f dx = λ

∫Ef dx per λ ∈ R

• f ≥ g in E implica∫Ef dx ≥

∫Eg dx

• se f ≥ 0, F ⊂ E misurabile allora∫

: Ef dx ≥∫Ff dx.

•∣∣∫

Ef dx

∣∣ ≤ ∫E|f | dx

Valgono anche proprieta di linearita e additivita a patto che si eviti la formaindeterminata +∞−∞, in questo caso si ha

•∫E

(f + g) dx =∫Ef +

∫Eg dx

• se E, F sono misurabili disgiunti ed f e integrabile anche su F∫E∪F

f dx =

∫E

f dx+

∫E

f dx.

Registriamo per uso futuro

Lemma 5.6. Si g una funzione misurabile non negativa, E ⊂ RN un insiememisurabile. Se ∫

E

g(x) dx = 0

allora g = 0 q.o. in E.

Proof. Definiamo per ogni n

F = {x ∈ E | g(x) > 0}Fn = {x ∈ E | g(x) > 1/n},

la tesi equivale a mostrare che |F | = 0. Gli Fn sono una successione di insiemidecrescenti per inclusione e

F =⋂

Fn,

conseguentemente per (26)|F | = lim

nFn.

Se, per assurdo, |F | > 0 allora esiste un indice m con |Fm| > 0, e per le proprietadell’integrale ∫

E

g dx ≥ infFm

g dx >1

m|Fm| > 0

in contraddizione con l’ipotesi.

27

5.3 Spazi prodotto

Diamo due teoremi su misura e integrazione in spazi prodotto. Facciamo usodelle notazioni introdotte nella Sezione 3.3.

Theorem 5.7. Sia B ∈ LN+M , allora le funzioni

x 7→ |Bx|M e y 7→ |By|N

sono misurabili da RN a R e da RM a R, rispettivamente e

|B|N+M =

∫RN

|Bx|M dx =

∫RM

|By|N dy.

Ricordiamo, per completezza, la formula di riduzione degli integrali.

Theorem 5.8. (Fubini) Sia f una funzione sommabile da RN+M a R allora

y 7→ f(x, y) e sommabile in RM , q.o. in x ∈ RN

x 7→ f(x, y) e sommabile in Rn, q.o. in y ∈ RM

x 7→∫RM

f(x, y) dy e sommabile in RN

y 7→∫RN

f(x, y) dx e sommabile in RM

e ∫RN+M

f dxdy

=

∫RN

(∫RM

f(x, y) dy

)dx =

∫RM

(∫RN

f(x, y) dx

)dy.

dove dxdy indica l’integrazione rispetto alla misura di Lebesgue in RN+M .

5.4 Integrabilita secondo Riemann e Lebesgue

Lo scopo della sezione e provare il Teorema di Lebesgue–Vitali, ne daremo unaformulazione unidimensionale perche non abbiamo mai esplicitamente definito lanozione di integrale di Riemann in RN , inoltre assumeremo un ipotesi di segnosulla funzione integranda.

Il teorema nella sua generalita vale in qualsiasi dimensione e senza ipotesi disegno.

28

Theorem 5.9. (Lebesgue–Vitali) Una funzione misurabile limitata non negativaf definita in un intervallo compatto [a, b] e integrabile secondo Riemann se e solose i suoi punti di discontinuita costituiscono un insieme di misura di Lebesguenulla.

Avremo bisogno di una serie di risultati preliminari.

Proposition 5.10. Una funzione f , che soddisfa le ipotesi del Teorema 5.9, eintegrabile secondo Riemann se e solo se il sottografico Γ[a,b]f e misurabile secondoPeano–Jordan.

Proof. Mostreremo solo il verso facile dell’equivalenza nell’enunciato, cioe

f integrabile secondo Riemann⇒ Γ[a,b]f PJ–misurabile

Se f e integrabile secondo Riemann allora le somme superiori ed inferiori di Rie-mann costituiscono due classi contigue. Tali somme sono le misure di multiret-tangoli bidimensionali che approssimano per eccesso e per difetto Γ[a,b]f . Questoprova appunto che Γ[a,b]f e PJ–misurabile.

Sia f una funzione limitata in R, si definisce

f ∗(x) = lim supy→x

f(y)

f∗(x) = lim infy→x

f(y)

Si prova (non e difficile) che f ∗ e semicontinua superiormente (scs), f∗ e semicon-tinua inferiormente (sci). Inoltre f ∗ e la piu piccola funzione scs che domina f ,f∗ la piu grande funzione sci dominata da f .

Lemma 5.11. La funzione f e continua in x se e solo se f ∗(x) = f∗(x).

Proof. Se f e continua in x allora

f ∗(x) = lim supy→x

f(y) = limy→x

f(y) = f(x)

e un’uguaglianza simile vale per f∗. Viceversa se f∗ = f ∗ in x allora, dato chef ∗ ≥ f ≥ f∗, si deve avere f ∗(x) = f(x) = f∗(x) e

f(x) = lim supy→x

f(y) = lim infy→x

f(y) = limy→x

f(y)

che equivale all’asserita continuita.

29

Si definisce

epi f = {(x, y) | y ≥ f(x)}hypo f = {(x, y) | y ≤ f(x)}

epi f e detto epigrafico, hypo f ipografico di f . Si osservi che

Γ[a,b]f = hypo f ∩ ([a, b]× [0,+∞)). (37)

Ragionando come nella Proposizione 4.4 si prova

Lemma 5.12. Se f e scs allora hypo f e un insieme chiuso di R2. Se f e sciallora epi f e chiuso.

Proposition 5.13. l’ipografico di f ∗ e la chiusura di quello di f .

Proof. Sia (x, y) ∈ hypo f ∗, allora, per definizione di f ∗

(xn, f(xn))→ (x, f ∗(x))

per un’opportuna successione xn, conseguentemente

(xn, f(xn)− f ∗(x) + y)→ (x, y). (38)

Per definizione di ipografico, f ∗(x)− y ≥ 0 cosicche

(xn, f(xn)− (f ∗(x)− y)) ∈ hypo f. (39)

Ricaviamo da (38), (39) che (x, y) ∈ hypo f e conseguentemente hypo f ∗ ⊂hypo f . L’inclusione opposta viene dal fatto che hypo f ∗ ⊃ hypo f , per la re-lazione f ∗ ≥ f , e epi f ∗ e chiuso per il Lemma 5.12.

Lo stesso argomento di sopra, con ovvi adattamenti, da

Proposition 5.14. l’epigrafico di f∗ e la chiusura di quello di f .

Da questo discende:

Proposition 5.15.

hypo f∗ = graph f∗ ∪ int (hypo f) .

30

Proof. Dato che

(epi f∗)c = {(x, y) | y < f∗(x)}

(epi f)c = int (hypo f)

viene dall’ uguaglianza epi f∗ = epi f nell’enunciato della Proposizione 5.14

{(x, y) | y < f∗(x)} = int (hypo f) .

Quindi se (x, y) ∈ hypo f∗ \ int (hypo f) allora y = f∗(x), cioe in altri termini(x, y) ∈ graph f∗. Questo prova l’assunto.

Proof. (del Teorema 5.9) In base alla Proposizione 5.10, la funzione f e inte-grabile secondo Riemann in [a, b] se e solo se Γ := Γ[a,b]f e PJ–misurabile il chesuccede, in base al Teorema 2.10, se e solo se il suo bordo ha misura di Lebesguebidimensionale nulla. Si ha, tenendo conto di (37)

∂Γ = (∂ hypo f) ∩ ([a, b]× [0,+∞)) ∪ ({a} × [0, f(a)]) ∪ ({b} × [0, f(b)]).

Dato che palesemente

{a} × [0, f(a)] e {b} × [0, f(b)]

hanno misura bidimensionale nulla, si deduce che l’integrabilita secondo Riemanne equivalente a

|(∂ hypo f) ∩ ([a, b]× [0,+∞))| = 0. (40)

Sappiamo che sia f ∗ che f∗ sono misurabili, in base alla proposizione 4.4, e quindisommabili in [a, b] essendo limitate. Per (31) e (37) si ha∫

f ∗ dx = | hypo f ∗ ∩ ([a, b]× [0,+∞))|∫f∗ dx = | hypo f∗ ∩ ([a, b]× [0,+∞))|

tenendo conto dei Lemmi 5.13, 5.15 e del fatto che | graph f∗ = 0| per la Propo-sizione 5.1, si deduce∫

f ∗ dx = |hypo f ∩ ([a, b]× [0,+∞))|∫f∗ dx = | int hypo f ∩ ([a, b]× [0,+∞))|

31

Si ha ∫(f ∗ − f∗) dx

= |(hypo f ∩ ([a, b]× [0,+∞))) \ (int hypo f ∩ ([a, b]× [0,+∞)))|= |(hypo f \ int hypo f) ∩ ([a, b]× [0,+∞))|= |∂ hypo f ∩ ([a, b]× [0,+∞))|.

Per cui in definitiva, tenuto conto di (40), l’integrabilita secondo Riemann eequivalente a ∫

(f ∗ − f∗) dx = 0.

In base al fatto che f ∗ ≥ f∗ e al Lemma 5.6 quest’ultima relazione equivale a suavolta a

f ∗ = f∗ q.o. in E,

cioe, per il Lemma 5.11, f deve essere continuo q.o. come volevasi dimostrare.

6 Teoremi di passaggio al limite sotto il segno

di integrale

In questa sezione diamo i tre teoremi fondamentali che legano convergenza pun-tuale di una successione di funzioni a convergenza dei rispettivi integrali. Sappi-amo che la sola convergenza puntuale non e sufficiente per questo, in ogni teoremaquindi essa viene complementata con altre specifiche condizioni che consentonodi provare la convergenza degli integrali.

Nel primo risultato vi e una ipotesi di segno e di monotonia sulla successionidi funzioni approssimanti fn.

Theorem 6.1. (della convergenza monotona o di Beppo Levi) Sia E un insiememisurabile, fn una successione non decrescente di funzioni misurabili non negativee

f(x) := limnfn(x) = sup

nfn(x).

Allora

limn

∫E

fn dx =

∫E

f dx.

Proof. Poniamo

Γn = {(x, y) ∈ E × [0,+∞) | y < fn(x)}Γ = {(x, y) ∈ E × [0,+∞) | y < f(x)},

32

per la monotonia delle fn e per la Proposizione 5.4 Γn e una successione crescentedi insiemi misurabili di RN+1 e

Γn ⊂ Γ per ogni n. (41)

Proviamo che ⋃n

Γn = Γ, (42)

difatti, discende da (41) che l’unione di sopra e contenuta in Γ, viceversa se(x, y) ∈ Γ allora, per definizione di estremo superiore, (x, y) ∈ Γn per qualche n,il che prova (42). Deduciamo allora da (25) che

|Γ| = limn|Γn|

e quindi per la Proposizione 5.1∫E

f dx = limn

∫E

f dx,

come si voleva dimostrare.

Nel prossimo risultato vi e solo un’ ipotesi di segno sulla successioni di funzioniapprossimanti fn.

Theorem 6.2. (Lemma di Fatou) Si fn una successione di funzioni misurabilinon negative, E un insieme misurabile, definiamo

f(x) = lim infn

fn(x).

Allora ∫E

f dx ≤ lim infn

∫E

fn1, dx.

Proof. Definiamogn = inf

k≥nfk,

si ha chegn ≤ fn per ogni n, (43)

e inoltrelimngn(x) = lim inf

nfn(x). (44)

Dato che gn e successione di funzioni misurabili non decrescenti allora si ottieneapplicando il Teorema della convergenza monotona e tenendo conto di (43), (44)

lim infn

∫E

fn dx ≥ limn

∫E

gn dx =

∫E

f dx,

come volevasi dimostrare.

33

Nel prossimo risultato non vi sono ipotesi di segno o di monotonia sulla suc-cessioni di funzioni approssimanti fn.

Theorem 6.3. (Teorema di Lebesgue o della convergenza dominata) Si fn unasuccessione di funzioni misurabili, E un insieme misurabile, supponiamo che es-ista una funzione g sommabile in E per cui

fn(x) → f(x) q.o. in E (45)

|fn(x)| ≤ g(x) q.o. in E. (46)

Allora

limn

∫E

|fn − f | dx = 0,

il che implica

limn

∫E

fn dx =

∫E

f dx.

Proof. Tenendo conto di (45), (46), viene dal Lemma di Fatou

lim inf

∫E

(2 g − |f − fn|) dx ≥∫E

lim inf(2 g − |f − fn|) dx =

∫E

2 g dx, (47)

e d’altro canto ∫E

(2 g − |f − fn|) dx ≤∫E

2 g dx. (48)

Da (47), (48) si deduce

limn

∫E

(2 g − |f − fn|) dx =

∫E

2 g dx

e sottraendo ai due membri della relazione di sopra∫E

2 g dx

limn

∫E

|f − fn| dx = 0

come volevasi provare.

7 Invarianza

Il risultato rilevante della sezione e il Teorema 7.6 che e propedeutico alla formuladi cambio di variabile nell’integrale, non trattata in queste note. Tuttavia sonoanche significative le proprieta di invarianza della misura di Lebesgue che vengonoricavate.

Partiamo da una definizione e un lemma.

34

Definition 7.1. Si chiama (N–)rettangolo chiuso a sinistra un insieme del tipo

×Ni=1[ai, bi) per certi bi > ai in R.

Lemma 7.2. Ogni insieme aperto di RN e l’unione di una famiglia numerabiledi rettangoli chiusi a sinistra disgiunti.

Proposition 7.3. Sia µ una misura localmente finita definita sulla σ–algebra Bdei Boreliani di RN e invariante per traslazioni. Allora esiste α ≥ 0 per cui

µ(E) = α |E| per ogni E ∈ B.

Proof. Ambientiamo la dimostrazione per semplicita in R2. Sia R0 = [0, 1)2 ilrettangolo unitario chiuso a sinistra con vertice in basso a sinistra nell’origine.Definiamo

α = µ(R0),

per la locale finitezza di µ, α e una quantita finita. A causa dell’invarianza pertraslazioni di µ, tutti i rettangoli unitari chiusi a sinistra avranno misura α. Oradecomponiamo R nell’unione disgiunta di quattro rettangoli chiusi a sinistra dilato 1

2, chiamiamoli Ri, i = 1, · · · , 4. Data l’invarianza per traslazioni, i quattro

rettangoli avranno la stessa µ–misura , e per l’additivita avremo

µ(Ri) =1

4µ(R) =

1

4α = α|Ri| i = 1, · · · 4.

Iterando questa costruzione, si vede che

µ(R) = α |R| per ogni rettangolo R chiuso a sinistra,

da cui, sfruttando il Lemma 7.2 e la σ–additivita di µ e della misura di Lebesgue,si deduce

µ(A) = α |A| per ogni aperto A.

Si conclude applicando il Lemma 7.2 alle misure µ e α | · |.

Il risultato precedente dice in particolare che la misura di Lebesgue in RN eunivocamente determinata dalle proprieta di essere definita in B, essere invarianteper traslazioni e soddisfare

|[0, 1)N | = 1.

Una mappa ψ : RN → RN si dice un’ isometria se

|ψ(x)| = |x| per ogni x ∈ RN .

35

Ricordiamo che ogni isometria di RN e della forma

ψ(x) = y + Tx

dove y e un vettore fissato e T e una matrice ortogonale, cioe i cui vettori colonnaformano una base ortonormale di RN . In termini piu geometrici, ogni isometriadi RN e data dalla composizione di una traslazione e di una rotazione.

Proposition 7.4. Sia T una matrice ortogonale, allora

|T (E)| = |E| per ogni E ∈ B.

Proof. Definiamoµ(E) = |T (E)| per ogni E ∈ B,

essendo x 7→ Tx continua con inversa continua, T (E) ∈ B se E ∈ B, inoltre seE e F sono due Boreliani disgiunti, anche T (E) e T (F ) sono Boreliani disgiuntipoiche x 7→ Tx e iniettiva. Di conseguenza

µ(E ∪ F ) = |T (E ∪ F )| = |T (E) ∪ T (F )| = |T (E)|+ |T (F )| = µ(E) + µ(F )

il che mostra l’additivita di µ e, ragionando nello stesso modo, la σ–additivita. Laµ e localmente finita in quanto l’immagine attraverso T di un compatto e ancoraun compatto, inoltre sfruttando la linearita di T e l’invarianza per traslazionidella misura di Lebesgue, si ha

µ(x+ E) = |T (x+ E)| = |T (x) + T (E)| = |T (E)| = µ(E).

Per riassumere, la µ e una misura definita in B, localmente finita e invariante pertraslazioni, per cui applicando la Proposizione 7.3 troviamo che per un opportunoα > 0

µ(E) = α |E| per ogni E ∈ B.

La trasformazione x 7→ Tx, essendo un’isometria, lascia fissa la palla unitaria B,per cui

µ(B) = |T (B)| = |B|

e di conseguenza

α =µ(B)

|B|= 1,

che mostra la tesi.

Il risultato precedente si puo enunciare dicendo che la misura di Lebesguee invariante per rotazioni. Tenuto conto della sua invarianza per traslazioni edella caratterizzazioni delle isometrie di RN ricordata sopra, abbiamo il seguentecorollario che illustra il carattere metrico della misura di Lebesgue:

36

Corollary 7.5. La misura di Lebesgue e invariante per isometrie di RN . In altritermini, se ψ : RN → RN e un’isometria, allora

|ψ(E)| = |E| per ogni E ∈ B.

Data una matrice T di dimensione N ×N invertibile, ricordiamo cosa e la suadecomposizione polare.

Consideriamo T ∗ T , dove T ∗ indica la trasposta, si tratta per definizione diuna matrice simmetrica con

(T ∗ Tx) · x = |Tx|2 > 0

per l’invertibilita di T , quindi di una matrice simmetrica definita positiva. Defini-amo

T =√T ∗ T ,

come la matrice univocamente determinata dal fatto di essere simmetrica, e dallacondizione

• vi autovettore di T ∗ T con autovalore λi ⇔ vi autovettore di T conautovalore

√λi.

Si prova che S := T T−1 e ortogonale, per cui T si scrive, tra l’altro in manieraunica, come

T = T T−1 T = S T (49)

con, per ripetere, S ortogonale e T simmetrica definita positiva, questa e appuntola decomposizione polare di T .

Theorem 7.6. Sia T una qualsiasi matrice N ×N , allora

|T (E)| = | detT | |E| per ogni E ∈ B.

Proof. Se T non e invertibile, allora la sua immagine ha dimensione strettamenteminore di N , per cui la misura N–dimensionale di T (E) e nulla per ogni E, quindila formula e valida tenendo conto che il determinante di T in questo caso e nullo.

Supponiamo ora che T sia invertibile, allora ragionando come nella Propo-sizione 7.4, si vede che

µ(E) = |T (E)|e una misura localmete finita sui Boreliani e invariante per traslazioni. Di con-seguenza per la Proposizione 7.3 esiste α > 0 per cui

µ(E) = α |E| per ogni E ∈ B.

Possiamo decomporre polarmente T , vedi (49), scrivendo

T = S T

37

con S ortogonale e T definita positiva; di conseguenza, dato che il determinantedi S e ±1 e quello di T deve essere positivo

| detT | = det T , (50)

inoltre, tenuto conto della Proposizione 7.4, si ha

µ(E) = |S T (E)| = |T (E)| per ogni E ∈ B. (51)

Sia v1, · · · , vN una base ortonormale di autovettori di T e λ1, · · · , λN i corrispon-denti autovalori. Per determinare il coefficiente di proporzionalita α consideriamol’inviluppo convesso dei vi, cioe

F ={∑

ρi vi | ρi ≥ 0,∑

ρi = 1},

dato che gli vi costituiscono una base ortonormale, F non e altro che un rettangolounitario ruotato, cosicche

|F | = 1. (52)

Si haT (F ) =

{∑ρi λivi | ρi ≥ 0,

∑ρi = 1

},

quindi T (f) e un rettangolo ruotato con lunghezze dei lati dati dagli autovaloriλi cosicche, ricordando che il determinante e il prodotto degli autovalori

|T (F )| =N∏i=1

λi = det T .

Tenuto conto di (50), (51), si ha

µ(F ) = |F | = det T = | detT |

e per (52)

α =µ(F )

|F |= µ(F ) = | detT |,

che mostra l’assunto.

Antonio Siconolfi, Dipartimento di Matematica, Universita di Roma “La Sapienza”[email protected]

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