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Focus Scavo rifiuti tossici a Borgo Montello (Foto: associazione “I Cittadini”) A ll’inizio di novembre, la Camera ha desecretato i verbali degli in- terrogatori del 1997 in cui Car- mine Schiavone, imprenditore del clan dei TERRA, ARIA ACQUA E RIFIUTI TOSSICI Tra ecomafie, industrie pesanti e am- ministrazioni assenti, alcune zone del basso Lazio hanno raggiunto livelli di inquinamento allarmanti. E il volontariato che denuncia e sen- sibilizza si trova ad affrontare un lavoro improbo di Claudia Farallo e Paola Springhetti Casalesi, aveva raccontato il traffico dei ri- fiuti industriali e tossici e come venivano fatti sparire. Tonnellate di questi materiali sono stati interrati nel casertano - in quella che ormai viene chiamata Terra dei fuochi, dalla quantità di incendi che vengono ap- piccati ai cumuli di rifiuti abbandonati lungo le strade e nelle campagne - ma anche nel basso Lazio e nel Molise. Questi rifiuti hanno inquinato la terra, l’acqua e l’aria e continuano a fare danni anche oggi. Nel 2008, la Commissione Bicamerale sui

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FocusScavo rifiuti tossici a Borgo Montello (Foto: associazione “I Cittadini”)

All’inizio di novembre, la Cameraha desecretato i verbali degli in-terrogatori del 1997 in cui Car-

mine Schiavone, imprenditore del clan dei

TTEERRRRAA,, AARRIIAA AACCQQUUAA EE RRIIFFIIUUTTII TTOOSSSSIICCIITTrraa eeccoommaaffiiee,, iinndduussttrriiee ppeessaannttii ee aamm--mmiinniissttrraazziioonnii aasssseennttii,, aallccuunnee zzoonnee ddeellbbaassssoo LLaazziioo hhaannnnoo rraaggggiiuunnttoo lliivveellllii ddiiiinnqquuiinnaammeennttoo aallllaarrmmaannttii.. EE iill vvoolloonnttaarriiaattoo cchhee ddeennuunncciiaa ee sseenn--ssiibbiilliizzzzaa ssii ttrroovvaa aadd aaffffrroonnttaarree uunn llaavvoorroo iimmpprroobboo

di CCllaauuddiiaa FFaarraalllloo e PPaaoollaa SSpprriinngghheettttii

Casalesi, aveva raccontato il traffico dei ri-fiuti industriali e tossici e come venivanofatti sparire. Tonnellate di questi materialisono stati interrati nel casertano - in quellache ormai viene chiamata Terra dei fuochi,dalla quantità di incendi che vengono ap-piccati ai cumuli di rifiuti abbandonati lungole strade e nelle campagne - ma anche nelbasso Lazio e nel Molise. Questi rifiutihanno inquinato la terra, l’acqua e l’aria econtinuano a fare danni anche oggi.

Nel 2008, la Commissione Bicamerale sui

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rifiuti ha scritto nella propria relazione che«le province meridionali del Lazio sono oggifortemente esposte a fenomeni di illecitosmaltimento». La magistratura aveva infatticonfermato «la presenza della criminalità or-ganizzata anche in località vicinissime aRoma. Un allarme confermato dalle autoritàgiudiziarie di Frosinone e di Cassino.» Inol-tre, in quell’area «sono state individuate so-cietà appositamente costituite per laspecifica funzione di certificazione di smal-timenti come legali, ma in realtà avvenuti ir-regolarmente». In sostanza, varie societàcertificavano di avere raccolto rifiuti diffe-renziati e invece «centinaia di tonnellate dirifiuti venivano in realtà abbandonate in ca-pannoni industriali dismessi».

Da parte sua, la direzione distrettuale an-timafia aveva segnalato le aree di Cassino,Latina, Formia, Pomezia, Anzio, Nettuno edArdea come «territori nei quali, dalla finedegli anni settanta, si sono insediati ed in-granditi molti gruppi appartenenti alle orga-nizzazioni più pericolose della criminalitàorganizzata calabrese, siciliana ed, in parti-colare, campana».

Nel Lazio, inoltre, ci sono pesanti situa-zioni di inquinamento anche in altre zone,legati a comportamenti scorretti delle indu-strie. Il riferimento è in particolare a Colle-ferro e alla Valle del Sacco: nel 2006 è statodecretato lo stato di emergenza socio-eco-nomico ambientale dei comuni di Colle-ferro, Segni e Gavignano nella provincia diRoma, e dei comuni di Paliano, Anagni, Fe-rentino, Sgurgola, Morolo e Supino nellaprovincia di Frosinone. Dal 2010 è statoesteso alle aree agricole-ripariali dei comunidi Frosinone, Patrica, Ceccano, Pofi, Castro

de’ Volsci, Ceprano e Falvaterra.Le conseguenze sull’ambiente e sulla salute

delle persone sono pesantissime e – anche seper documentarli ci sarebbe bisogno di ulte-riori più ampi accertamenti – gli studi epide-miologici lo dimostrano. Tra gli altri quellodel Dep (Dipartimento di epidemiologia eprevenzione) sulla contaminazione da beta-esaclorocicloesano (B-hch) nella Valle delSacco, pubblicata nel giugno 2013. Nella re-lazione si legge: «I dati emersi dalla sorve-glianza sanitaria della popolazione presa inconsiderazione hanno permesso di metterein luce alcuni effetti biologici […]In partico-lare sono state osservate perturbazioni delpattern lipidico, della funzionalità renale e dellasterodogenesi, interessando anche gli ormoni

sessuali nel sesso femminile. È stata osservatainfine una chiara associazione con alterazionicognitive». Della questione dei tumori a La-tina parleremo più avanti.

Sulla società civile pesa una domanda: comeè possibile che sia successo tutto questo?

Una risposta parziale sta nella debolezzadella pubblica amministrazione, che nel Lazionon ha saputo regolare e attuare una raccoltadifferenziata dei rifiuti tempestiva ed efficiente,né intervenire man mano che emergevano iproblemi. Nelle maglie di questa carenza èstato più facile inserirsi per le attività illecite.

Secondo L’Ispra (Istituto superiore per laprotezione e la ricerca ambientale) nel 2011

1199Focus

Secondo i dati di Legambiente il Lazio occupa il 5° posto nella classifica nazionale sugli illeciti legati ai rifiuti dopola Campania, Puglia, Calabria e Sicilia

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il Lazio era la regione italiana che smaltiva lamaggiore quantità di rifiuti in discarica(l’80% di quelli prodotti). E nei Rapporti diLegambiente si legge che il Lazio si collocaal 5° posto nella classifica nazionale sugli il-leciti legati ai rifiuti, con 376 infrazioni ac-certate, 341 persone denunciate o arrestate,169 sequestri effettuati nel 2012. È superatosolo da Campania, Puglia, Calabria e Sicilia.E, all’interno del Lazio, al primo posto in

questa inquietante classifica c’è Roma, ma alsecondo c’è Latina seguita da Frosinone.

La domanda “come è stato possibile”,però, non riguarda solo le amministrazioni,ma anche la società civile che sicuramente èstata tenuta all’oscuro di molte cose, maforse altre non ha saputo vederle. Per for-tuna in questi anni c’è stato anche chi davisto, denunciato, sensibilizzato le popola-zioni. A costo di essere querelato. ■

di CChhiiaarraa CCaassttrrii

AA ccoollllooqquuiioo ccoonn MMaarrccoo OOmmiizzzzoolloo ddii LLeeggaammbbiieennttee ee CCoorrrraaddoo CCaarrrruubbaa ddii AArrppaa LLaazziioo,, ppeerr ffaarree iill ppuunnttoo ssuu uunnoo ddeeii lluuoogghhii ppiiùù iinnqquuiinnaattii ddaaii rriiffiiuuttii ttoossssiiccii

II VVEELLEENNII DDII BBOORRGGOO MMOONNTTEELLLLOO

Legambiente ha presentato a No-vembre un dossier sulla situazionedella discarica di Borgo Montello

– tra Latina, Pomezia ed Anzio-Nettuno – esulle illegalità e le infiltrazioni mafiose nellagestione del ciclo dei rifiuti. A Borgo Mon-tello, zona con un’alta concentrazione di in-dustrie chimico-farmaceutiche, fin dagli anni70 sono stati creati numerosi invasi, con ca-ratteristiche molto diverse. Secondo le di-chiarazioni di Schiavone, si legge nel dossier,«dopo il 1993 l’Enea avrebbe verificato la suatestimonianza sui traffici illeciti verso la di-scarica, confermando la presenza di sostanzepericolose». Dagli anni 90 nell’S0, l’invaso piùantico di Borgo Montello, sono emerse ano-malie magnetiche. Altre analisi si susseguononel 2007 e nel 2009, quando l’Istituto nazio-nale di Geofisica e Vulcanologia e Arpa Lazioconfermano le anomalie dovute alla presenza

di oggetti ferromagnetici. Dal 2005 analisivengono condotte da Arpa Lazio sulle faldeacquifere, inquinate da una serie di sostanzechimiche. Secondo le dichiarazioni del sosti-tuto procuratore della Repubblica riportatenel dossier, sulla discarica operano la Indecoe la Ecoambiente, la quale ha rilevato i siti S1,S2, S3, esauriti negli anni ’90. Proprio la Eco-ambiente «ebbe l’autorizzazione dalla Re-gione Lazio a effettuare i lavori di bonifica diquesti tre siti», oltre ai lavori di abbancamentoulteriore, per cui «anziché aprire altri invasi,sono stati innalzati i siti esistenti. Nel corsodi un controllo, la polizia provinciale avrebberinvenuto dei fusti nel sito S3, e non nel fa-moso sito S0.» Si definisce quindi un quadrodiverso: «ad essere probabilmente interessatidai rifiuti tossici sarebbero in parte il sito S0,ma soprattutto quello S3».

Cosa c’è sotto Borgo Montello? Un bai-

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lamme di numeri e dichiarazioni, una storiadi decenni: cerchiamo di fare chiarezza conMarco Omizzolo, dell’ Ufficio Ambiente eLegalità Legambiente e coordinatore pro-vinciale Legambiente Latina.

Marco, di che tipo sono gli illeciti le-gati ai rifiuti e la provincia di Latina?

«Rispetto alle ecomafie, si tratta in pre-valenza di tre tipi di reati: ciclo illegale deirifiuti, discariche abusive , traffico illecito dirifiuti tossici. E poi abusivismo edilizio,agromafie… Insomma queste sono le fatti-specie in generale, che poi, nei territori, sipongono in maniera specifica: può essere lagestione della discarica da parte di un certoclan o una diffusa illegalità ambientale le-gata a discariche abusive che nascono inmodo “spontaneo”».

Qual è la situazione nella provincia diLatina e nel basso Lazio?

«Negli anni sono stati prodotti livelli di in-quinamento, soprattutto delle falde acqui-fere superiori anche di 30, 40, 50 volte iltetto massimo stabilito per legge. Sostanzecancerogene, tra cui cadmio, piombo, arse-nico, hanno contaminato il territorio diBorgo Montello e Latina. Le dichiarazioni diCarmine Schiavone hanno ulteriormentesquarciato il velo su una situazione che ri-guarda non più solo zone specifiche comeBorgo Montello, Pontinia, dove sono statirinvenuti 12mila fusti tossici, o Penitro, For-mia, ma l’intera provincia e il basso Lazio,anche se a macchia di leopardo. Ciò non si-gnifica che l’intero territorio sia contami-nato, ci sono aree protette e un’agricolturadi straordinaria qualità, ma una qualità messa

in pericolo da un sistema che, negli anni, èstato possibile solo con la “complicità”/la-titanza delle amministrazioni. Chi sapevanon è intervenuto, anzi, spesso, il problemaè stato sminuito: ci sono dichiarazioni uffi-ciali di esponenti politici anche di livello na-zionale, secondo cui in provincia di Latina ilproblema delle mafie non esiste. Invece ilproblema c’è, tanto che non parliamo più diinfiltrazione, ma di radicamento delle mafie.Lo dicono le sentenze del Tribunale di La-tina, gli interventi della Dda di Napoli, dellaDia di Roma, i processi aperti. Ricordiamoche, tre giorni prima dell’inizio del processocontro Ecoambiente, al Pm che ha avviatol’indagine è arrivato un biglietto anonimoche recitava “In questa provincia un proiet-tile costa 50 centesimi”. Proiettili sono statiinviati anche all’ex Questore di Latina e al-

Don Cesare Boschin, parroco di Borgo Montellouna delle prime vittime delle ecomafie in Italia

(foto Ansa)

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l’ex Capo della Squadra mobile, tanto chesono stati spostati. Lo stesso vale per fun-zionari pubblici a cui hanno bruciato la mac-china, amministratori aggrediti, imprenditoria cui hanno dato fuoco alle aziende agricole,rappresentanti delle associazioni esposte,Legambiente e Libera in particolare. Questoè anche il territorio del primo caso in Italiadi mancato scioglimento di un Comune,quello di Fondi, per infiltrazioni mafiose. Larelazione dell’allora prefetto Frattasi, conse-gnata al Viminale nel 2008, dimostrava tuttii passaggi amministrativi che collegavano lemafie con l’amministrazione di quel Co-mune. Se ne chiese lo scioglimento, si arrivòfino alla Presidenza del Consiglio dei Mini-

stri e l’allora Ministro dell’interno Maroni,per due volte, affermò pubblicamente che ilComune di Fondi andava sciolto, ma il prov-vedimento non venne preso per interventodel Presidente del Consiglio Berlusconi, cheaddusse ragioni di equilibrio interno al Con-siglio dei Ministri.»

È possibile rimuovere i rifiuti tossici? «Ci sono difficoltà tecnico-scientifiche:

scavare per trovare rifiuti interrati nei primianni 90 è un’operazione molto delicata, cherichiede personale competente per non peg-giorare il danno. Non bisogna pensare a fustidi acciaio inox: è verosimile che l’eventualescavo non produca il ritrovamento del fusto,

Una veduta aerea della discarica di Borgo Montello, a Latina

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ma di un materiale organico non più inte-gro. È, poi, difficile individuare il luogoesatto dove scavare, perché spostandosianche solo di un paio di metri, si rischia dinon trovare nulla. Che i rifiuti tossici siano lìnon lo dice solo Schiavone, ma anche leforze dell’ordine, i rilievi scientifici e le per-sone che abitano a Borgo Montello e ricor-dano il continuo transito notturno deicamion. Tra quei rifiuti c’è un po’ di tutto,servono stanziamenti per effettuare rilieviscientificamente fondati e poi procedere conla bonifica. Anche perché l’esposizione deicittadini agli inquinanti continua. C’è poi unaspetto politico: si deve costruire un si-stema-rifiuti legale e virtuoso, impenetrabilealle mafie, che superi la centralità della di-scarica e investa nella raccolta differenziata enel porta a porta, che costituisce una filieracorta più facilmente controllabile».

Ma perché sono state scelte proprioqueste zone?

«Per più ragioni. La prima geografica: laprovincia di Latina è la più prossima a quelladi Caserta. Poi il fatto che fosse una provin-cia giovane, con un sistema politico-ammini-strativo non del tutto maturo e radicato. Poila forza economica delle mafie: l’acquisto deiterreni da parte della camorra non avviene,pistola alla mano, dicendo “il tuo terreno vale100, me lo devi vendere a 50”, ma “se questoterreno vale 100 io te lo pago 300”. Il conta-dino, l’imprenditore finiscono per cedere ecosì si lava anche il denaro sporco. A ciò siaggiunge un’arretratezza anche culturale dellapolitica e non solo, per cui questo è stato con-siderato solo un territorio libero da infiltra-zioni perché, per anni, le mafie hanno

investito nel riciclaggio del denaro sporco, manon c’era violenza, non si parlava. Questo èvero tranne nel caso di don Cesare Boschin,parroco di più di 80 anni di Borgo Montello,che apprende dai suoi fedeli due problemi dicui la comunità non era mai stata investita:droga e rifiuti. Don Cesare, la cui canonicaguarda sulla discarica, si accorge che di nottearrivano i camion che sversano rifiuti tossicie che si diffonde anche la droga. Ne parlaanche ai suoi referenti a Roma e nel marzodel 1995 viene trovato freddato nella sua ca-nonica, segnale fortemente mafioso. Don Ce-sare è una delle prime vittime delle ecomafiein Italia. Non c’è ancora un processo apertoe, insieme ai proiettili, si è attivata la macchinadel fango».

Qual è la situazione sanitaria?«Non sono mai state fatte indagini epide-

miologiche, ma che ci sia un’incidenza di tu-mori superiore alla media è sicuro. Tutte lefamiglie che abitano intorno alla discaricahanno almeno una o due persone morte pertumore. Da un punto di vista giudiziario,però, è difficile dimostrare il nesso di causa-lità tra le patologie e la discarica. Lì c’è ancheuna centrale nucleare: come si fa a dimo-strare che il tumore dipende dalla discarica,dalla centrale o dal fatto che il tuo capan-none è coperto di amianto? Tuttavia questaincidenza di morti è anomala. E se si dimo-stra la relazione tra l’inquinamento dellefalde acquifere e la gestione illegale della di-scarica, si potrà affermare la concausalitànell’incidenza dei tumori».

Voi come vi muoverete?«La prima cosa per noi è portare fino alla

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fine il processo dove ci siamo costituiti partecivile. L’auspicio è che all’accertamento delleresponsabilità segua una condanna. Ab-biamo fatto anche proposte concrete: chie-diamo al governo che si apra la Dda a Latinaperché l’antimafia si fa con fatti concreti chedeve mettere in campo la politica. Abbiamopoi progetti di educazione all’ambiente e allalegalità: o facciamo passare tra le nuove ge-nerazioni che ci si deve comportare in un

certo modo o le esporremo alle speculazionidelle mafie». Legambiente chiede anche, neldossier, che «a partire dalla situazioneemersa dai dati di Arpa Lazio, si avvii unacampagna di controllo» con l’installazione dicentraline di monitoraggio sul territorio diBorgo Montello da parte di Arpa Lazio, condati resi periodicamente pubblici ai cittadinied alle associazioni. ■

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LL’’IINNQQUUIINNAAMMEENNTTOO CC’’ÈÈ,, MMAA ÈÈ DDIIFFFFIICCIILLEESSTTAABBIILLIIRRNNEE LLEE CCAAUUSSEE

Riguardo l’inquinamento dellefalde acquifere, il dossier di Le-gambiente riporta i dati forniti da

Arpa Lazio, sezione di Latina, per il trienniodal 2005 al 2008, ma i dati successivi nonsono pubblici. Ne parliamo con CorradoCarruba, commissario straordinario diArpa Lazio.

A quando risalgono i primi controllifatti a Borgo Montello?

«Il primo triennio di monitoraggio diArpa Lazio risale al triennio 2005-2008. Piùdi 10 anni fa il Comune di Latina commis-sionò all’Enea una prima indagine magne-tometrica sull’S0, perché già intorno al 2000girava la voce dei bidoni tossici interrati egià all’epoca furono rilevate anomalie ma-gnetiche: sotto terra c’era qualcosa di me-tallico che dava segnali anomali. Di questostudio si persero le tracce. Intorno al 2008Regione e Comune di Latina commissiona-rono una nuova verifica magnetometrica: la

facemmo tramite l’Istituto nazionale di Vul-canologia e riscontrammo anche noi delleanomalie. Nel 2010 o 2011 il Comune diLatina, con l’assistenza della nostra agenziae insieme al gestore della discarica, effettuòscavi dove si erano evidenziate queste ano-malie. Abbiamo trovato calcestruzzo, retimetalliche, ruote di biciclette: le anomalienon erano riconducibili a bidoni interrati.Ad oggi nell’S0 i bidoni nessuno li ha tro-vati».

Riguardo, invece, le falde acquifere?Nel triennio 2005-2008 sono stati rinve-nuti alti livelli di inquinanti pericolosi.Esistono controlli dopo il 2008?

«Questo è un problema reale, mentrequello dei bidoni era un timore che ad ogginon ha avuto riscontro. Attualmente aBorgo Montello sono attive due discariche,al servizio una della provincia e una del co-mune di Latina. Arpa Lazio, ormai datempo, ha il controllo ordinario come si fa

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per tutte le discariche, ma, data la partico-lare delicatezza ambientale, per Borgo Mon-tello fu fatto un monitoraggio delle acquepiù approfondito. Abbiamo chiuso il trien-nio con una relazione, accertando che quelleacque sono inquinate da metalli pesanti ealtri inquinanti riconducibili all’abbanca-mento di rifiuti. Quando c’è un supera-mento delle concentrazioni di soglia, la leggeimpone ai gestori degli scavi l’avvio di unprocedimento di bonifica del sito, bonificae messa in sicurezza di cui oggi il sito è og-getto. La bonifica, poi, è un procedimentocomplesso, che dura molti anni. Sugli studidal 2008 ad oggi ci accusano di volere tenereil segreto, ma non è vero. I dati sono agli attidelle conferenze dei servizi e li mettiamo adisposizione del pubblico quando termi-niamo un iter: termineremo il secondo trien-

nio di analisi a Borgo Montello alla fine diquest’anno e ci sarà una relazione di chiu-sura che renderemo pubblica. Ad ognimodo i nuovi dati confermano l’inquina-mento delle falde: per fortuna non ci sonodifferenze sostanziali, ma dobbiamo capirecome il fiume Astura interferisce con le faldecioè se la discarica inquina il fiume o vice-versa».

Secondo il dossier Legambiente, in ungrande appezzamento, dove è stato rea-lizzato il nuovo invaso Indeco, che do-vrebbe essere maggiormente interessatodall’inquinamento della falda, non esi-stono pozzi di rilevazione. L’invaso,come spiega il dossier, insiste su terreniintestati a Michele Coppola, cognato diWalter Schiavone, fratello di Francesco

Sostanze cancerogene tra cui il cadmio, il piombo, l’arsenico hanno contaminato le falde acquifere nel territorio di Borgo Montello

(Foto: associazione “I Cittadini”)

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detto “Sandokan”. Come mai lì non cisono i pozzi?

«Le aziende legate a Schiavone e dintorni,da quanto mi risulta, sono fuori dal sito delladiscarica di Borgo Montello. Non ce nestiamo occupando perché lì non ci sonoprocedimenti di bonifica in corso, né nes-suno ha mai comunicato all’agenzia qualchetipo di rischio. All’Arpa compete controllarela discarica di Borgo Montello, il sito “fami-glia Schiavone” è un’altra cosa. La rete deipozzi è stata realizzata per monitorare la di-scarica attuale e i lotti esauriti. Tra l’altro nelsecondo triennio l’abbiamo anche ampliata,ma resta legata all’oggetto del procedi-mento.»

L’inquinamento delle falde acquiferepuò essere ricondotto alla presenza dei

rifiuti tossici?«È quello che stiamo cercando di capire:

prima del decreto Ronchi nelle discarichedei Comuni andava di tutto, anche al nettodelle attività criminali, anche le batterie esau-ste dell’elettrauto e altri rifiuti pericolosi.Quindi non possiamo dire se gli inquinantinella falda siano frutto dei traffici illeciti delclan Schiavone e Bardellino, perché po-trebbe anche essere una partita di batterieesauste degli elettrauto di Latina e dintorni.L’unica certezza è che le falde sono inqui-nate, la causa, da un punto di vista scienti-fico e analitico, è difficile da individuare:l’unica sarebbe trovare i bidoni, ma se il ri-fiuto dopo anni è stato sversato o i bidoni sisono ossidati, si può solo l’effetto dell’in-quinamento.» ■

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Era il 1993, quando il tribunale diVelletri ha emesso la sentenza dicondanna per i responsabili di

una discarica abusiva di rifiuti tossici nel-l’area dell’insediamento della BPD, aziendafondata nel 1912 per produrre sostanze chi-miche ed esplosivi. Che ci fossero gravi pro-blemi di inquinamento già si sospettava datempo, ma in quegli anni vengono scopertiquintali di rifiuti tossici. La Snia, che nel frat-

tempo aveva comperato la BPD, viene rico-nosciuta colpevole e obbligata a bonificare ilsito. La bonifica, però, è iniziata solo nel2005 e il danno ormai era fatto: dai rifiutitossici il B-hch, una sostanza derivata da unpesticida e particolarmente persistente, si eradiffuso e aveva raggiunto le acque del Sacco.La BPD, che nel frattempo ha avuto varipassaggi societari, nel 2010 è stata sottopo-sta ad amministrazione straordinaria.

di PPaaoollaa SSpprriinngghheettttii

IImmppeeggnnaattaa aa ddeennuunncciiaarree ll’’iinnqquuiinnaammeennttoo ee llee ssuuee ccaauussee,, ll’’oorrggaanniizzzzaazziioonnee ddii vvoolloonnttaarriiaattooRReettuuvvaassaa oorraa gguuaarrddaa aall ffuuttuurroo ee aa ccoommee rriiddaarree ssaalluuttee ee vvaalloorree aallll’’aammbbiieennttee

LLAA VVAALLLLEE DDEELL SSAACCCCOO PPRREENNDDEE CCOOMMEEEESSEEMMPPIIOO LLAA RRUUHHRR

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La BDP non è l’unica causa di inquina-mento della zona. Nel 2009 è scoppiato ilproblema dell’inceneritore di Colleferro, cheavrebbe dovuto trattare solo combustibilederivato da rifiuti, invece bruciava anche ri-fiuti tossici, provenienti da vari luoghi, com-prese alcune discariche della Campania.Sono state rinviate a processo 26 persone,accusate, oltre che di smaltimento illecito dirifiuti, di avere falsificato i certificati di con-ferimento, modificato i valori limite dellaemissioni nell’aria, intimato i dipendenti per-ché non collaborassero con i Noe (Nucleioperativi ecologici) che svolgevano le inda-gini. Tra i soggetti ammessi come parte civilec’è Retuvasa (Rete per la tutela della Valledel Sacco), un’organizzazione di volonta-riato nata nel 2008 da un gruppo di cittadinidi Colleferro, Anagni e Ferentino.

La bonifica della discarica abusiva dellaBPD è partita nel 2005, quando «sonomorte 25 mucche nella zona di Anagni, chesi abbeveravano in un affluente del fiumeSacco», racconta Alberto Valeriani, presi-dente di Retuvasa. «Fatte le analisi, si è sco-perto che la causa della morte era il cianuro,ma che nelle loro carni c’era una dose ec-cessiva di B-hch. Di conseguenza sono statiabbattuti circa 6.600 capi di bestiame appar-tenenti a diverse aziende lungo il fiumeSacco. E sono partire le pratiche per definirela zona Sin, cioè sito di interesse nazionale».

I danni non solo per l’ambiente, ma per lasalute sono evidenti. «Nell’ottobre del 2008il dipartimento di epidemiologia della AslRoma E, in collaborazione con le altre Asl,ha condotto un’indagine su un campione vo-lontario: è risultato che il 55% della popo-

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Le acque del fiume Sacco sono inquinate dal B-HcH, un derivato dei presticidi riconosciuto come tossico-nocivo

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lazione esaminata era contaminata dal B-hch. Da allora chiediamo un’indagine epide-miologica allargata, ma non è stata fatta. Ilrapporto di sorveglianza pubblicato nel2013 ha comunque confermato quelle per-centuali, anche se il campione era più ampio.Il problema, in questi casi, è di dimostrarescientificamente la correlazione tra causa edeffetto, cioè stabilire quali patologie possonosono provocate da questo tipo di inquina-mento. Il B-hch è una sostanza non ancoraclassificata come cancerogena, ma solocome tossico-nociva e l’Italia non ha ancoraratificato la Convenzione di Stoccolma, cheha appunto l’obiettivo di ridurre o eliminarel’uso di alcune sostanze nocive per la sa-lute umana e per l’ambiente, definite inqui-nanti organici persistenti».

Vogliamo conoscere i datiRetuvasa in questi anni si è impegnata per

denunciare la situazione e sensibilizzare am-

ministrazioni e popola-zione. «Vorremmo riuscirea ristabilire un rapporto di-retto tra le istituzioni e i cit-tadini, che si trovano adover fare i conti con que-sti disastri, quando ormaitutto è successo. È assurdoche i rapporti vengano se-cretati e che i dati nonsiano a disposizione dei cit-tadini. Ad esempio, a Col-leferro ogni 15 giorni sifanno le analisi dell’acqua,ma i risultati non sonopubblici».

Non è un obiettivo fa-cile. «Ci accusano di procurare allarme, mavogliamo semplicemente informare ed es-sere informati. Vero è che abbiamo lavoratomoltissimo sulla comunicazione. All’inizionon è stato facile: i giornali non ci davanoascolto. Ma siamo riusciti a dare continuità alnostro lavoro e alla fine hanno capito chenon eravamo politicizzati e che, se attacca-vamo un’amministrazione, era perché c’eraun motivo preciso, non per motivi ideolo-gici. Così adesso sono i giornalisti a chia-marci. Da parte nostra, cerchiamo di essereimparziali, tanto è vero che lavoriamo in ac-cordo con alcune amministrazioni».

Bonificare si puòNel 2012, insieme al Gruppo Logos, Re-

tuvasa ha anche organizzato un convegno aColleferro, col titolo “Quando la volontàcollettiva diventa un progetto: come rico-struire un territorio”, cui ha partecipatoHanns-Dietrich Schmidt, responsabile dei

Focus

A Colleferro ogni 15 giorni si fanno le analisi dell’acqua, ma i risultati non sono pubblici(Foto di Riccardo Lancia )

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rapporti internazionali del distretto dellaRuhr. «L’area industriale di Colleferroadesso ha un sito di stoccaggio definitivo»,spiega Valeriani. I terreni possono essere bo-nificati con tecniche apposite, scientifica-mente sperimentate. Il bacino della Ruhr eraforse uno dei posti più inquinati al mondo,a causa dell’industria pesante che vi avevasede, ma è stato bonificato e valorizzato finoa diventare nel 2010 capitale europea dellacultura, con milioni di visitatori. Dunque èla prova che si può fare». Per questo, unadelle strade che Retuvasa vuole battere èquella dell’Europrogettazione: «ci vogliamomettere in campo per cercare di ricostruire.Continuiamo ad inseguire le emergenze, conle denunce, ma vogliamo fare un passoavanti, per rimettere in sesto il nostro terri-torio. Abbiamo le informazioni, abbiamo

costruito un archivio anche storico moltoampio. Adesso è ora di passare alla fase B, laricostruzione».

Ora c’è una nuova preoccupazione: i sitidella Valle del Sacco e di Frosinone sonostati declassati da interesse nazionale a inte-resse regionale. «Significa che le competenzepassano alla Regione Lazio, con alcuni rischi:non essere più luogo di studio o verifica epi-demiologica, avere più difficoltà per la pro-gettazione europea, perdere competenze nelcaso venga abolito l’ufficio commissariale.E avere più difficoltà a coinvolgere soggetti– come l’Ispra, le università, il Cnr – chepossono dare importanti supporti per la bo-nifica. Sia la Regione Lazio che Legambientehanno fatto ricorso, e anche noi vogliamoscendere in campo, probabilmente soste-nendo quello della Regione». ■

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Una veduta della valle del Sacco. Da un’indagine del 2008 della Asl Rme è emerso che il 55% della popolazione esaminata era contaminata dal B-HcH

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Lassociazione Postribù si occupadi rifiuti nel reatino: recupero,riuso, riciclo e riduzione. Oltre a

fare informazione e formazione tra i citta-dini, è sempre impegnata nel segnalare econtrastare i possibili illeciti connessi al ciclodei rifiuti, ma anche all’edilizia in aree am-bientali tutelate o d’interesse artistico e cul-turale. Questo impegno è costato lotte,intimidazioni e anche una querela alla presi-dente, Giulia Brugnerotto. Proprio con leiabbiamo parlato di ecomafie e illeciti, pro-blemi in cui a volte è la stessa amministra-zione pubblica ad avere delle responsabilità.

Quando il problema dei rifiuti diventaecomafia?

«Il termine “ecomafia” viene utilizzatoprettamente per lo smaltimento illecito deirifiuti. A me invece piacerebbe parlarne insenso allargato. Nella provincia di Rieti nonabbiamo le classiche infiltrazioni mafiose, oalmeno dalla cronaca non è mai apparsoniente del genere. Ma se poi andiamo a sca-vare in fondo al problema, esistono unaserie di siti contaminati, che non sono maistati bonificati. Le stesse istituzioni si ado-perano ben poco perché i rifiuti di ex areeindustriali vengano realmente bonificati. Noiabbiamo un parco giochi per bambini che si

trova a ridosso di un’ex area industriale, cheda 20 anni contiene ceneri deperite. Non sipuò parlare prettamente di ecomafie, ma c’èun problema di collusione o interessi parti-colari, che crea un danno ambientale e allasalute delle persone».

Questi rifiuti da dove provengono?«Molto spesso parliamo di situazioni mal-

gestite dal mondo dell’impresa, ma anche disituazioni in cui gli enti pubblici non si sonoadoperati per agire in danno e quindi accele-rare i tempi delle bonifiche. Qualora l’impresanon bonifichi rifiuti pericolosi o speciali,l’ente pubblico può espropriare il terreno equindi operare in danno. Noi nel reatino ab-biamo diverse situazioni di questo tipo cherestano in sospeso e lo contestiamo».

Che cosa intende per “malgestione”da parte delle imprese?

«Smaltire rifiuti di tipo speciale, tossici oin altro verso dannosi, è estremamente co-stoso. Quindi allungano i tempi o cercano disvicolare il problema. Noi, da associazione,cerchiamo di effettuare una pressione poli-tica forte, perché la cittadinanza deve esserecosciente ed essere messa al corrente anchedi eventuali rischi alla salute. E poi facciamopressione costante sugli enti pubblici affin-

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ché adottino strategie specifiche, non solonel caso dell’azione in danno ma anche inquella di controllo».

Ci fa un esempio?«Tempo fa ipotizzammo una situazione a

rischio, su segnalazione di alcuni cittadini,che vedevano al depuratore di Rieti unostrano via vai di camion che scaricavano ri-fiuti liquidi provenienti da fuori. Ci furonoanche delle indagini dei NAS sulle presunteirregolarità, di cui però la cittadinanza nonha saputo molto. Resta anche il dubbio chepossano esserci eventuali confluenze di traf-fici illeciti. Sia chiaro: laddove non abbiamole prove usiamo sempre il condizionale, per-ché facendo anche azioni forti di segnala-zioni in procura, proteste e informazione aicittadini rischiamo di essere bersaglio di que-

rele e intimidazioni di vario genere».

Vi esponete su un argomento intornoa cui ruotano forti interessi.

«Tutto quello che riguarda il mondo deirifiuti è un business gigantesco, perché at-tualmente chi smaltisce, lecitamente o illeci-tamente, è un imprenditore oculato: coirifiuti si fanno veramente tanti soldi. Chiperò ci rimette a lungo termine è sempre ilcittadino. Tutto quello che viene versatonelle acque, messo sotto terra o inceneritonoi lo andiamo a bere, a respirare, a man-giare e lo scopriamo magari a distanza di 20-30 anni».

Quali difficoltà incontrate principal-mente?

«Sul tema dei rifiuti gli scogli sono tanti,

Un’immagine di Borgo Montello. Questa situazione riguarda l’intera provincia di Latinae il basso Lazio, anche se a macchia di leopardo. (Foto: associazione “I Cittatini”)

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perché si vanno a toccare interessi moltogrossi: ditte che fanno trasporto, smalti-mento, raccolta. E poi è un business stretta-mente legato alla politica. Quindi spesso sisente di lottare contro i mulini a vento. ARieti è particolarmente difficile perché c’època coscienza collettiva. Non c’è una di-scarica, né un inceneritore, per cui cittadinoè abbastanza tranquillo che qualcun altro sioccuperà dei rifiuti, senza pensare che inveceun domani potrebbero tranquillamenteaprire una discarica alle porte di Rieti, comeè stato tra l’altro paventato da esponenti po-litici di varie fazioni. Quindi ci troviamospesso a fare informazione partendo dazero, come spiegare i rischi concreti e l’illo-gicità connessi all’apertura di una discarica.Più si è esposti, più è difficile in un contestopiccolo come il nostro lavorare: querele, in-timidazioni…»

Quando avete ricevuto querele?«Quando abbiamo organizzato, insieme a

un cartello di associazioni e comitati di cit-tadini, un’assemblea pubblica sul Polo dellaLogistica di Passo Corese. Eravamo una de-cina di associazioni, tra cui Slow Food, Le-gambiente e WWF: ci definivamo comitatoNo Asi. Il gioco di parole “AsiNo”, che eralo slogan di noi cittadini che non volevamoquesto “Asi”, ossia il Polo Logistico, mi èvalso una querela, perché la parola “AsiNo”è stata ritenuta offensiva nei confronti delrappresentante del consorzio che volevaquesto Polo».

Cosa contestavate?«Ettari ed ettari di parco archeologico,

con resti addirittura pre-etruschi, completa-

mente cementificati da un ente pubblico.Siamo sempre scesi in campo in prima per-sona sul consumo di suolo, ovvero sulla ce-mentificazione quasi selvaggia e oltremisurache il territorio sta subendo. Qui parliamosoprattutto di territori votati all’agricoltura,di paesaggi montani e collinari dove spessovengono fatte grandi infrastrutture appa-rentemente inutili. In provincia di Rieti ab-biamo due casi del genere: il Polo dellaLogistica di Passo Corese e lo svincolo au-tostradale di Micigliano».

Come si è evoluta la faccenda dellaquerela?

«È tuttora in corso, attenderemo i tempigiurassici della giustizia. Per tutta questa sto-ria è stato querelato anche Report, i giorna-listi, la Rai... Ma siamo abbastanza tranquilli,perché nel momento in cui si riportano dati,e non opinioni, non si sta facendo assoluta-mente disinformazione: si stanno espo-nendo i fatti. Azioni legali di questo tipodanno più l’idea di essere più intimidatorieche altro».

Quali vittorie ricorda con più intensità?«Alcuni Comuni, tra cui Rieti, hanno

adottato dei regolamenti che disciplinanol’apertura di impianti di combustione, bio-masse o incenerimento rifiuti. E un comi-tato di un quartiere di Rieti, che si trova inuna zona fortemente abitata ma anche for-temente inquinata, è riuscito a portare avantiun’azione molto forte, per far adottare deicriteri di sicurezza dall’amministrazione. Lapiù grande vittoria è sicuramente quando icittadini diventano sensibili al problema e simobilitano». ■

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