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1 TESI PER IL DIPLOMA DI OSTEOPATIA (D.O.) “DISCECTOMIA CERVICALE” & "CEFALEA VASOMOTORIA" Candidato: ZAGHI PAOLO ANNO ACCADEMICO 2015 / 2016

TESI PER IL DIPLOMA DI OSTEOPATIA (D.O.) “DISCECTOMIA ... · 6 generare dolore nelle zone più sollecitate, ed il rachide cervicale è quasi sempre tra queste. 2.1 Cause che aumentano

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TESI PER IL DIPLOMA DI OSTEOPATIA (D.O.)

“DISCECTOMIA CERVICALE” &

"CEFALEA VASOMOTORIA"

Candidato:

ZAGHI PAOLO

ANNO ACCADEMICO 2015 / 2016

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INDICE DISCECTOMIA CERVICALE

0 Introduzione............................................................... 3 1.0 Sintomi....................................................................... 4 2.0 Cause......................................................................... 5 2.1 Cause che aumentano la tensione muscolare........... 6 2.2 Cause che indeboliscono la tensione muscolare...... 7 2.3 Approfondimento colpo di frusta.............................. 8 3.0 Anatomia................................................................... 9 3.1 Particolarità delle vertebre cervicali....................... 10 4.0 Muscolatura cervicale.............................................. 12 5.0 Nervi spiali............................................................... 15 6.0 Tests di valutazione del tratto cervicale................... 17 7.0 Caso clinico.............................................................. 19 8.0 Protocollo riabilitativo............................................. 20 8.1 Massoterapia di sfioramento.................................... 20 8.2 Mobilizzazioni passive.............................................. 20 8.3 Pompage................................................................... 21 8.4 Massaggio miofasciale............................................. 22 8.5 Esercizi a casa.......................................................... 23

9.0 Conclusioni............................................................... 24 CEFALEA VASOMOTORIA 25

10.0 Introduzione.............................................................. 26 11.0 Definizioni di cefalea................................................ 27 11.1 Classificazione.......................................................... 27 12.0 Dolore cranico.......................................................... 28 13.0 Drenaggio venoso del cranio.................................... 32 13.1 Il sistema superficiale............................................... 32 13.2 Il sistema profondo................................................... 33 14.0 Drenaggio linfatico manuale..................................... 35 15.0 Concetto di base........................................................ 37 16.0 Parametri di valutazione........................................... 37 17.0 Metodo di trattamento............................................... 38 17.1 Tecnica compressione 4° ventricolo.......................... 38 17.2 Tecnica del drenaggio dei seni.................................. 39 17.3 Tecnica V Spread....................................................... 41 18.0 Tecnica drenaggio linfatico manuale Vodder........... 44 19.0 Caso clinico............................................................... 46 19.1 Protocollo sedute 46 20.0 Conclusioni 48

21.0 Bibliografia 49

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0 - Introduzione La cosiddetta “cervicale” , meglio definibile con “disturbo cervicale“, è il problema posturale più diffuso: è causa di numerosi sintomi che possono a volte limitare seriamente la qualità della vita, come dolore al collo, cefalea muscolo tensiva, vertigini e numerosi altri. Il disturbo cervicale è una manifestazione di sovraccarico muscolo scheletrico, causato da fattori diversi per tutti. Fattori che possono essere ricercati nel tipo di attività svolta, nelle abitudini, e anche nell’alimentazione. Dato che questi fattori agiscono per anni, o addirittura decenni, spesso si arriva a notevoli degenerazioni, comunemente chiamate artrosi. Come molti sapranno, dire “ho la cervicale” non significa nulla, equivale a dire “ho il collo”: “cervicale” è infatti il nome del primo tratto della colonna vertebrale, quello comprendente le prime 7 vertebre, definite per questo C1,C2,C3,C4... Anche in medicina si è comunque oramai accettato che qualsiasi problema legato alla parte alta della colonna vertebrale venga definito “cervicale”. Il disturbo cervicale colpisce una larga fetta della popolazione: per ognuno ci sono cause e fattori scatenanti diversi, ma esiste una costante: la forte tensione della muscolatura. E’ la tensione dei muscoli a causare, per vari motivi , il corredo dei ben conosciuti sintomi: mal di testa, dolore al collo, vertigini...

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1.0 Sintomi Il disturbo cervicale, come abbiamo visto nell’introduzione, ha come caratteristica costante un forte stato di tensione dei muscoli. Come conseguenza, si manifesta una serie di sintomi: alcuni di essi sono direttamente imputabili alla contrattura dei muscoli ed alla sofferenza delle articolazioni vertebrali, altri sintomi invece sono spesso concomitanti, ma non possono essere messi in correlazione diretta. Ad esempio, chi ha frequenti disturbi intestinali ha spesso anche disturbo cervicale. Una connessione diretta non c’è, ma è evidente che un corpo sotto stress che manifesta disagio all’apparato digerente, lo può manifestare contemporaneamente anche al livello cervicale. Dolore al collo: la muscolatura in tensione costante è ovviamente dolorosa. I muscoli cervicali si presentano contratti, rigidi e dolenti alla palpazione. Spesso sono talmente rigidi da rendere difficili i movimenti del capo, come la rotazione o l’inclinazione. Più la situazione dura nel tempo, e più i muscoli perdono le loro proprietà elastiche. Un muscolo che ha fortemente perso le sue proprietà elastiche (perché soffre troppo oppure da troppo tempo) può non riuscire a recuperarle neanche con appositi esercizi di allungamento, ma solo con l’aiuto di una energia esterna, come un massaggio profondo. Mal di testa/ cefalea / emicrania: il cranio è avvolto da numerose fasce e

muscoli, i quali non sono altro che la continuazione di quelli cervicali (tra loro esiste una vera e propria continuità anatomica). Di conseguenza, è evidente che lo stato di tensione costante dei muscoli cervicali coinvolga anche le fasce e muscoli del cranio, generando la tipica cefalea muscolo tensiva. Quando sussistono importanti asimmetrie nella postura, questo aumento di tensione può essere prevalente da un lato: in questo caso si può avere una irritazione selettiva dei vasi che vanno alla testa, e la conseguente comparsa di emicrania. L’ emicrania solitamente ha un lato dove compare più di frequente, ed è il lato dove la tensione muscolare è

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maggiore. Nel tentativo di sviluppare compensi e di distribuire meglio la tensione, la persona può notare una certa alternanza tra i due lati. La cascata di eventi vascolari ben descritta dalla letteratura medica non avviene quando lo stato della muscolatura cervicale è buono, ed è per questo che migliorare lo stato di salute del collo riduce drasticamente le crisi di emicrania. Vertigini / senso di sbandamento: chi ha problemi cervicali conosce il senso di sbandamento, di offuscamento generale, di camminare sulle nuvole. Talvolta compaiono vertigini e giramenti di testa, anche quando dal punto di vista del labirinto sembrano non esserci patologie. Questi sintomi compaiono per due motivi: innanzitutto, la tensione muscolare costante del tratto cervicale rende più faticoso l’afflusso di sangue al cervello. Molto spesso infatti, chi ha questo problema lo nota in situazioni dove l’afflusso di sangue rallenterebbe comunque, come guardare in alto o rialzare lo sguardo dopo aver guardato in basso: la presenza di forte tensione muscolare rallenta ulteriormente l’afflusso,arrivando così alla soglia necessaria per scatenare la vertigine. In secondo luogo, sono spesso coesistenti problematiche funzionali del labirinto come la VPPB (vertigine posizionale parossistica benigna): è per provato che se la tensione muscolare viene normalizzata anche le problematiche del labirinto si riducono fino a sparire completamente. Nausea e vomito: nella muscolatura cervicale passa un importante nervo, responsabile dell’innervazione dei visceri, vale a dire il nervo vago. Lo stato di contrattura costante della muscolatura può in alcune occasioni irritarlo, generando senso di nausea. Da tenere presente che con il problema cervicale spesso coesistono veri e propri disturbi funzionali dello stomaco 2.0 Cause Il disturbo cervicale, come abbiamo detto, ha come caratteristica essenziale uno stato di forte tensione muscolare. Questo stato di tensione muscolare ha delle cause ben precise, diverse per ognuno: conoscerle è il passo fondamentale per risolvere il problema. Le cause possono essere di due tipi : cause che aumentano la tensione dei muscoli del collo, e cause che indeboliscono tutta la muscolatura andando a

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generare dolore nelle zone più sollecitate, ed il rachide cervicale è quasi sempre tra queste. 2.1 Cause che aumentano la tensione muscolare Errata respirazione, blocco del diaframma : è la componente causativa fondamentale in chi non ha avuto particolari traumi o incidenti. Il diaframma è il muscolo respiratorio principale, ma è anche un muscolo che tende a riflettere e ad immagazzinare gli stati emotivi, sopratutto quelli di ansia. Stati di ansia cronica o di forte stress lo

irrigidiscono,rendendolo contratto. Se il diaframma è contratto e poco utilizzato, per respirare si utilizzano i muscoli accessori, tra i quali i muscoli cervicali. Di conseguenza si può avere un utilizzo cronico (gli atti respiratori sono più di diecimila al giorno) di muscoli che per respirare

dovrebbero essere usati solo in determinate circostanze. Ecco perchè chi ha ansia cronica ha sempre i muscoli del collo rigidi: li utilizza per respirare. Malocclusione / problemi di denti: l’altra causa più comune, dopo quella respiratoria. La muscolatura cervicale e quella masticatoria sono in intima connessione, in quanto il collo gioca un ruolo fondamentale nel permettere alla mandibola di chiudersi correttamente, e quindi di masticare adeguatamente il cibo. Più o meno il 90% della popolazione, per motivi vari (otturazioni, ponti, apparecchi ecc…) , ha una masticazione non perfetta, ma questo non rappresenta necessariamente un problema, perché il sistema “compensa” in maniera efficace. Quando per il problema occlusale è particolarmente accentuato (es. mancano 3-4 denti da una parte sola), questo compenso viene mantenuto grazie a grosse tensioni muscolari del collo, che per possono presto diventare dolorose. Traumi: il motivo più semplice ma tutto sommato uno dei meno comuni. Se da un lato è evidente che un grosso trauma può danneggiare le strutture e creare rigidità che si mantengono nel tempo, dall’altro la maggior parte dei traumi minori (ad esempio colpi di frusta di lieve o

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media entità) non è sufficiente a giustificare un disturbo che si prolunga per anni. Nella stragrande maggioranza di questi casi, il tratto cervicale era già sovraccaricato, ma ancora riusciva a mantenere il compenso. Il trauma va quindi ad accelerare un processo che era già in atto, e che magari si sarebbe manifestato molto tempo dopo. Sono davvero tante le persone convinte che un piccolo trauma le abbia “rovinate”, ma in realtà non è quasi mai così. Sovraccarico fisico: talmente banale che non merita di essere approfondito. Paradossalmente, il sovraccarico peggiore per il collo è quello della sedentarietà (es lavoro d’ufficio): questo accade perchè chi fa lavori manuali ha anche una muscolatura più allenata a sostenere le sollecitazioni. Sovraccarico posturale generale: il tratto cervicale soffre anche quando ci sono problemi posturali lontano da esso, a causa del suo fondamentale compito di tenere lo sguardo dritto. Immaginiamo di avere dolore all’addome: ci pieghiamo in avanti per “scaricare” la zona interessata. Se vogliamo che lo sguardo rimanga dritto, il tratto cervicale deve sforzarsi il doppio per mantenere il capo esteso quando il resto della colonna è piegato in avanti. Ecco perchè non si può mai prescindere dal valutare tutta la colonna (la quale può avere problemi per i più svariati motivi), quando si analizza un disturbo cervicale. Altre cause: problemi agli occhi, all’orecchio, ai linfonodi della gola, esiti di operazioni chirurgiche maxillo-facciali, esiti di fratture vertebrali o sternali, esiti di operazioni cardiache. 2.2 Cause che indeboliscono la tensione muscolare La muscolatura nel suo complesso può essere indebolita e ridotta da una notevole quantità di fattori, generalmente indicati come fattori stressor. Una muscolatura debole fatica a sostenere la struttura corporea: in punti particolarmente delicati anche per altri motivi, come il tratto cervicale, questa fatica può diventare dolore. E’ il tipico caso di dolore cervicale che insorge verso fine giornata, quando i muscoli sono stanchi. Tra i principali fattori stressor che possono rendere la muscolatura pian piano più debole ricordiamo: Stressor nutrizionali: alimentazione ricca di sodio, carico calorico mal distribuito durante la giornata, alimentazione troppo povera o troppo abbondante, oppure ricca di cibi acidificanti (cereali, carni,formaggi). Stressor emotivi: situazioni lavorative o familiari, traumi o condizionamenti acquisiti in passato ma che persistono.

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Stressor fisici: eccesso di allenamento senza adeguato recupero, allenamenti non adeguati, totale mancanza di attività fisica 2.3 Approfondimento colpo di frusta La distorsione del rachide cervicale, chiamata anche colpo di frusta, è un evento traumatico molto comune. Si ha un colpo di frusta propriamente detto quando la testa subisce una brusca accelerazione in avanti, seguita da un ritorno indietro altrettanto brusco: questo è quanto succede comunemente nei tamponamenti stradali. Il trauma cervicale si caratterizza essenzialmente per un danno ai legamenti, esattamente come avviene con la distorsione alla caviglia. I legamenti traumatizzati portano dolore, ed immediatamente le strutture muscolari si irrigidiscono per bloccare la situazione. Il tratto cervicale assume un atteggiamento antalgico: la rettilineizzazione della fisiologica lordosi. Dopo circa tre mesi dall’evento traumatizzante, possono per essere ancora presenti numerosi sintomi. Alcune persone riferiscono addirittura di portarsi dietro problemi da anni, a seguito dell’incidente.

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3.0 Anatomia La colonna vertebrale è un complesso osseo composto da segmenti, le vertebre, sovrapposti ed articolati fa loro. La colonna può essere suddivisa in quattro segmenti, ognuno con un determinato numero di vertebre, corrispondenti alle quattro parti del corpo che formano il tronco: una zona cervicale, formata da 7 vertebre cervicali, una zona toracica, formata dalle 12 vertebre toraciche, una zona lombare o addominale, formata da 5 vertebre lombari, ed infine una zona pelvica, formata da due particolari ossa, il sacro ed il coccige, che risultano formati dalla fusione di primitive vertebre, 5 per il sacro e 4 o 5 per il coccige. In tutto la colonna risulta così formata da 33 o 34 vertebre. Le vertebre, benché spesso siano caratterizzate da particolari aspetti che le distinguono l’una dall’altra, o perlomeno distinguono le vertebre di diversi settori, hanno caratteristiche strutturali comuni a tutte, e sono il corpo e l’arco, che comprende i peduncoli, le masse apofisarie, le lamine ed il processo spinoso. Il corpo è la parte ventrale della vertebra, cioè è quelle situata più in profondità guardando posteriormente l’individuo, ha forma pressoché cilindrica e presenta una faccia superiore, una inferiore ed una circonferenza; il corpo risulta leggermente più incavato al centro, e più sollevato alla periferia; i corpi di vertebre contigue si articolano fra loro attraverso il contatto fra le loro facce superiore e inferiore, fra cui si interpone il disco intervertebrale. I peduncoli sono piccole lamine che si dipartono dal corpo in direzione posteriore e delimitano la parte anteriore del foro vertebrale, unendo il corpo alle masse apofisarie. Nelle loro facce superiore ed inferiore presentano delle concavità, dette incisure vertebrali, le quali, quando le

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vertebre sono sovrapposte, determinano la formazione di fori, i fori intervertebrali, che lasciano passare i nervi spinali. Le masse apofisarie si collocano posteriormente ai peduncoli e sono delle piccole masserelle di forma estremamente variabile ma che in genere è pressoché cilindrica, le quali presentano due tipi di processi: un processo articolare superiore ed uno inferiore, con le rispettive faccette articolari, i quali hanno la funzione di mettere in contatto le masse di vertebre contigue, e due processi trasversi, sinistro e destro, il quale si diparte lateralmente alle masse e funzione come sito di aggancio per legamenti e muscoli. Le lamine sono i corrispettivi posteriori alle masse dei peduncoli, sono appiattite, quadrilatere e si dirigono posteriormente in basso, fino ad unirsi a formare il processo spinoso; le lamine di vertebre contigue si embricano fra di loro. Il processo spinoso, diretto posteriormente, prende origine dall’unione delle due lamine, ed ha dimensioni, forma e direzione variabili da vertebra a vertebra, o comunque da zona a zona della colonna. 3.1 Particolarità delle vertebre cervicali Le vertebre cervicali hanno caratteristiche che le distinguono nettamente dalle altre vertebre, e, all’interno delle stesse cervicali, si presentano vertebre, come la prima, o atlante, la seconda, o epistrofeo, assai differenziate. Le vertebre cervicali aumentano di dimensione in direzione craniocaudale. Il corpo ha forma quadrangolare, più sviluppato in larghezza, e che presenta delle creste sagittali sui lati superiori, detti uncini, e delle depressioni, laterali e inferiori, che servono per accogliere gli uncini della vertebra sottostante. I peduncoli sono diretti indietro ed in fuori, obliquamente. Il processo trasverso si presenta duplice: un processo trasverso anteriore, che prende origine dal corpo, ed un processo trasverso posteriore, che prende origine dalla massa apofisaria; i due processi si uniscono attraverso un ponte e formano così un foro, il foro traversario, che dà passaggio alla vena ed all’arteria vertebrale. Il processo spinoso si presenta bifido. Il foro vertebrale ha forma triangolare, ed è più ampio rispetto a quello delle vertebre dei tratti successivi. L’Atlante è la prima vertebra cervicale e risulta estremamente differenziata rispetto alle altre vertebre (cervicali e non). Manca del

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corpo, che si è fuso con quello della vertebra sottostante, l’epistrofeo, e risulta quindi formato da un arco anteriore, piccolo, che presenta sulla faccia posteriore una fossetta del dente dell’epistrofeo, ed un Arco posteriore, che corrisponde alle lamine delle normali vertebre e che presenta all’apice esterno un tubercolo posteriore, abbozzo di un rudimentale processo spinoso. Le masse apofisarie risultano schiacciate e presentano sei facce: sulla faccia superiore si trova la cavità glenoidea che accoglie il condilo dell’osso occipitale, sulla faccia inferiore una faccetta articolare per l’epistrofeo, sulla faccia esterna i due processi trasversi (anteriore e posteriore) , sulla faccia interna due tubercoli sporgenti nel foro vartebrario che danno aggancio al legamento trasverso dell’atlante, sulla faccia anteriore e su quella posteriore prendono origine i due archi. Il foro vertebrale dell’atlante ha forma quadrilatera ed è diviso in due parti, una anteriore dove si trova il dente ed una posteriore dove si trova il midollo spinale, dal legamento trasverso dell’atlante.

L’Epistrofeo risulta molto modificato soprattutto nella parte del corpo, in cui è inserito il dente, il corpo dell’atlante. L’inserzione vede una base larga seguita da un collo ristretto, che termina con un nuovo allargamento nel corpo del dente, il quale presenta due faccette articolari, una anteriore (che si articola con la

fossetta del dente dell’atlante) ed una posteriore (che scorre sul legamento trasverso dell’atlante). Ai lati del dente si trovano le due masse apofisarie con le faccette articolari superiori inclinate lateralmente in basso. La 7° Cervicale presenta un processo trasverso anteriore molto più piccolo rispetto a quello posteriore, ed un foro traversario più piccolo di quello delle altre vertebre, che dà passaggio solo alla vena vertebrale, e non all’arteria. Il processo spinoso è ben pronunciato e non si presenta più bifido.

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4.0Muscolatura cervicale I muscoli del collo possono essere distinti in posteriori, anteriori e laterali: quelli posteriori sono appartenenti ai muscoli delle docce vertebrali e muscoli suboccipitali, quelli anteriori comprendono i muscoli sopraioidei, i muscoli sottoioidei e i muscoli prevertebrali; infine, i muscoli laterali sono il platisma, lo sternocleidomastoideo e i muscoli scaleni. I Muscoli sopraioidei sono il muscolo digastrico, teso tra il processo mastoideo del temporale e la fossetta digastrica della mandibola, che risulta costituito da due ventri, uno posteriore ed uno anteriore, uniti da un tendine fissato al corpo dell’osso ioide, e che contraendosi innalza lo stesso osso, abbassa la mandibola ed estende la testa; il muscolo miloioideo il quale si presenta sotto forma di una lamina quadrilatera che prende origine dalla mandibola e i cui fasci, che vanno a partecipare alla composizione del pavimento della cavità buccale, si inseriscono nella parte anteriore del corpo dell’osso ioide e che con la sua azione sposta in alto ed in avanti l’osso ioide e solleva la lingua, partecipando così alla deglutizione; il muscolo stiloioideo ed il muscolo genioioideo. I muscoli sototioidei sono il muscolo sternoioideo, un muscolo nastriforme che prende origine dalla faccia posteriore del manubrio dello sterno, dalla capsula dell’articolazione sternoclavicolare e dall’estremità sternale della clavicola e i cui fasci si portano in alto medialmente per inserirsi nella parte inferiore dell’osso ioide, ed il cui compito è quello di abbassare l’osso ioide; il muscolo omoioideo, un muscolo

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digastrico formato da un ventre inferiore, che prende origine dall’incisura scapolare per portarsi in alto in avanti e medialmente per continuare, attraverso il tendine intermedio, nel ventre superiore che si fissa all’estremità inferiore dell’osso ioide, e la cui azione è quella di abbassare l’osso ioide e tendere la fascia cervicale media; il muscolo sternotiroideo ed il muscolo tiroioideo. I muscoli laterali del collo sono il muscolo pellicciaio platisma, i cui fasci hanno inizio a livello della 2° costa e della superficie anteriore della spalla e si dirigono in alto medialmente per inserirsi a livello della cute masseterina, delle commessure labiali e della faccia esterna del corpo mandibolare, che tende la cute del collo ed abbassa la mandibola, il muscolo sternocleidomastoideo, il quale è composto da due ventri, uno che origina dalla parte alte della faccia anteriore del manubrio sternale e l’altro dal quarto mediale della faccia superiore della clavicola, che si fondono insieme per trovare un unico sito di aggancio a livello del processo mastoideo e del terzo laterale della linea nucale superiore e che con la loro azione flettono la testa e la ruotano dal lato opposto e, se trovano punto fisso sulla nuca, elevano il torace, i muscoli scaleni, che con la loro azione elevano le prime coste (muscoli inspiratori) ed inclinano lateralmente la colonna cervicale, e che si distinguono in anteriore (prende origine dai processi trasversi delle vertebre cervicali e termina sulla 1° costa, sulla sua faccia ventrale discende il nervo frenico e, assieme al medio delimita inferiormente, con la 1° costa, un triangolo in cui passano l’arteria succlavia e i rami del plesso brachiale), medio (si distacca dai tubercoli posteriori dei processi trasversi delle vertebre cervicali e si lega alla 2° costa) e posteriore (si distacca dai tubercoli posteriori dei processi trasversi delle vertebre cervicali e termina sulla 2° costa); Le fasce del collo sono la fascia cervicale superficiale, la quale dalla linea alba, dove si presenta inspessita, si porta lateralmente sdoppiandosi per avvolgere i muscoli sternocleidomastoidei e poi dietro si sdoppia

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nuovamente per avvolgere il muscolo trapezio e, inferiormente si connette all’incisura giugulare (in corrispondenza della quale si sdoppia ancora per fissarsi sia ai labbri anteriore che a quello posteriore della stessa incisura) al margine anteriore della clavicola, al margine laterale dell’acromion e al margine posteriore della spina della scapola , la fascia cervicale media, che delimita posteriormente la loggia interfasciale anteriore, il cui margine inferiore va dal manubrio dello sterno fino alle origini dei ventri inferiori del muscolo omoioidei, e questo margine invia prolungamenti nel mediastino anteriore che terminano sui tronchi venosi brachiocefalici e sul pericardio e, più lateralmente, dove la fascia si fissa al margine posteriore della clavicola, sulle pareti della vena succlavia e giugulare interna, la fascia cervicale profonda, che si pone sui muscoli prevertebrali e sui corpi delle vertebre cervicali e prime toraciche, ed il cui margine superiore prende origine dalla parte basilare dell’osso occipitale mentre il margine inferiore si perde nel mediastino posteriore e quelli laterali si fissano ai tubercoli anteriori dei processi trasversi delle vertebre cervicali, dove la fascia continua con le aponeurosi che avvolgono i muscoli scaleni. Tra le fasce si trovano due logge interfasciali, una anteriore, delimitata posteriormente dalla fascia cervicale media, ed una posteriore.

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5.0 NERVI SPINALI Dal midollo spinale originano 31 paia di nervi spinali. Essi non hanno un nome proprio ma sono semplicemente numerati secondo il livello della colonna spinale corrispondente al punto dal quale essi fuoriescono dalla cavità spinale.

Ci sono così:8 paia di nervi spinali cervicali, 12 toracici, 5 lombari, 5 sacrali, 1 coccigeo. Ciascun nervo spinale dopo la sua emergenza dalla cavità spinale si divide in due rami: uno anteriore e uno posteriore, inoltre in altri piccoli rami bianchi. I rami anteriore e posteriori contengono fibre appartenenti al sistema nervoso volontario, i rami bianchi contengono fibre del sistema nervoso involontario o vegetativo. I rami posteriori si suddividono in nervi più piccoli che giungono ai muscoli e alla pelle della regione posteriore, rispettivamente della testa, del collo e del tronco. I rami anteriori si suddividono e forniscono fibre alla muscolatura scheletrica, alla pelle delle estremità e alla superficie laterale e anteriore del tronco.

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Le suddivisioni dei rami anteriori formano complesse reti o plessi.

Plesso cervicale:fibre che nascono dai primi quattro nervi cervicali. Innerva la zona occipitale e temporale della testa, la cute e i muscoli del collo, nonché la zona sopraclavicolare e scapolare.

Da rilevare i nervi frenici destro e sinistro, le cui fibre originano dal III°, IV°, V° nervo spinale cervicale prima della formazione del plesso brachiale. Hanno un notevole interesse clinico, poiché provvedono all’innervazione del muscolo diaframmatico.

Plesso brachiale:fibre che nascono dagli ultimi quattro nervi cervicali e dal primo toracico.

Da questo plesso emergono poi nervi più piccoli che prendono il nome dalla loro rispettiva posizione, come nervo mediano, nervo muscolo-cutaneo, nervo ulnare, ecc.. A loro volta questi nervi si suddividono in rami sempre più piccoli fornendo tutta l’innervazione dell’arto superiore e della mano. Il plesso brachiale è localizzato nella regione della spalla, fra il collo e l’ascella.

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6.0 Tests di valutazione del tratto cervicale Prima di iniziare un protocollo è bene eseguire dei test sulla zona da trattare Valutazione mobilità attiva del tratto cervicale Terapista valuta la mobilità attiva del pz in tutte le direzioni e valuta eventuali restrizioni di movimento e/o dolore

Test per l'arteria vertebrale Esecuzione della tecnica: si induce il paziente ad una rotazione ed estensione del capo da un lato per 30 secondi, il test è positivo se il paziente lamenta fastidio (nausea, vertigini, disturbi alla vista ecc.) , in questo caso non sono consigliate manovre manipolative.

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test di compressione Pz seduto, terapista comprime il capo del paziente, se il dolore compare o aumenta il test è positivo, siamo in presenza di una compressione alla radice nervosa. Test di distrazione Di solito usato per ri-conferma al test di compressione Pz seduto (oppure supino), terapista traziona il capo del paziente, se il dolore si riduce o scompare siamo in presenza decompressione alla radice nervosa. Test stretto toracico Test classico di diagnosi è la manovra di ADSON, nella quale viene palpato il polso del paziente mantenendo la testa ruotata ed estesa omolateralmente al braccio abdotto in esame, mentre viene fatta una profonda inspirazione. In presenza di una compressione dell’Egresso Toracico, Sindrome dello Scaleno, il polso radiale scompare.

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7.0 Caso clinico Marco C. Maschio di anni 38, mandato dal medico per un massaggio decontratturante al tratto cervicale, I paziente lamentava scosse su tutto il braccio sx , oltre a dolore cervicale e mal di testa costanti di origine mio-tensivo, necessità di ricorrere a farmaci antidolorifici ed a farmaci con azione sul sistema nervoso. Sportivo, giocatore di ping pong a livello semiprofessionistico. Un anno prima dei sintomi aveva subito un tamponamento con conseguente colpo di frusta. Dopo un paio di sedute e non vedendo un significativo miglioramento interrompo le sedute ( anche se il medico di base mi diceva di finire il ciclo ) e consiglio visita specialistica e relativi accertamenti. M.C. fu operato al Fatebenefratelli per ernia cervicale, dopo 2 mesi ritornò nel mio studio per la relativa ripresa.

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8.0 Protocollo di riabilitazione

Massoterapia di sfioramento (2 sedute) Massoterapia di sfioramento + mobilizzazioni passive (2 sedute) Massoterapia di sfioramento e frizione + mobilizzazioni +

pompage (2 sedute) Compiti a casa "mobilizzazioni attive" Massaggio fasciale tratto cervicale, tratto dorsale, spalle e petto,

esercizi di stretching su muscolatura cervicale, (2 sedute), Rinforzo muscolare e esercizi propriocettivi

8.1 Massoterapia di sfioramento La massoterapia può favorire il rilasciamento muscolare ed essere un complemento della rieducazione funzionale. Esplica i suoi effetti terapeutici mediante due meccanismi principali: azione diretta (o meccanica) e azione indiretta(o riflessa). Il primo interessa le strutture sottostanti alle zone trattate e cioè i vasi sanguigni, i muscoli, le terminazioni nervose e, naturalmente, la cute e i relativi annessi. Il secondo stimola ed è mediato dal sistema nervoso centrale e periferico ed è verosimilmente il più importante. Non si può trascurare inoltre l'effetto psicologico che il massaggio ha ed ha sempre avuto sui pazienti, e che fa di questa tecnica la più piacevole e conosciuta fra tutte quelle di cui la fisiokinesiterapia si avvale. Possiede un'importante azione sul ricambio tessutale. Cosi facendo si riduce la rigidità del tratto cervicale il paziente ha meno dolore si sente più leggero 8.2 Mobilizzazioni passive Una mobilizzazione passiva è un’utile tecnica per favorire una migliore attivazione dei muscoli profondi del collo, soprattutto quando il dolore limita l’esecuzione del

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movimento. Tuttavia, l’uso di una mobilizzazione passiva, determina un miglioramento del dolore, ma solo nel breve termine. Di conseguenza, il suo effetto può essere migliorato combinando queste tecnica con esercizi mirati al reclutamento della muscolatura profonda cervicale, come raccomandato dalle linee guida internazionali per il trattamento del dolore nocicettivo e meccanico del collo. pz supino, eseguo flessioni/ estensioni, rotazioni dx/sx, movimento di traslazione del capo 8.3 Pompage I Pompages sono una tecnica che ha lo scopo di ristabilire una buona circolazione dei liquidi che mantengono in vita e nutrono il tessuto connettivale. Viene eseguito in tre tempi: - messa in tensione delle fasce, al limite dell’elasticità tissutale; - mantenimento protratto della tensione, durante la quale i filamenti di actina si rilasciano permettendo di “vincere” la retrazione muscolare; - rilasciamento della tensione, che deve avvenire in modo lento e graduale; La messa in tensione della fascia (tessuto connettivo) non equivale ad una trazione: la tecnica viene eseguita dal fisioterapista con molta pazienza, facendo attenzione a non esercitare una tensione troppo forte ne a rilasciare troppo in fretta tale tensione. Pz supino, eseguo pompage : globale Soggetto: decubito supino, arti inferiori e superiori distesi e rilassati in posizione naturale Operatore: - seduto alla testa del soggetto - avambracci sul letto - mani sotto la nuca del paziente - punta delle dita sulla linea occipitale con anulari il più vicino possibile ai condili occipitali Tensione: - trazione delle mani + - leggera trazione delle dita in direzione cefalica

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cervicale Soggetto: decubito supino, arti inferiori e superiori distesi e rilassati in posizione naturale Operatore: - seduto alla testa del soggetto - avambracci sul letto - una mano in corrispondenza dell’occipite - l’indice dell’altra mano prende contatto con la spinosa di T1 Tensione: - trazione della mano occipitale in direzione craniale fasce cervicali Soggetto: decubito supino, ginocchia flesse (con cuscini) Operatore: - una mano sotto l’occipite - l’altra sullo sterno del paziente Tensione: - la mano sullo sterno spinge un direzione caudale - l’altra mano esercita una trazione in direzione cefalica Trapezio Soggetto: decubito supino, con lateroflessione della testa (secondo le possibilità), arti inferiori e superiori distesi e rilassati in posizione naturale Operatore: - seduto alla testa del soggetto - la mano del lato esterno del paziente prende appoggio sulla linea occipitale - la mano opposta appoggia sulla spalla omolaterale, incrociando gli avambracci Tensione: - si esercita una trazione divaricando le due mani 8.4 Massaggio miofasciale il massaggio miofasciale prende il nome dal suffisso “mio” che deriva da muscolo e “fasciale” da fascia. Si tratta di una tecnica di terapia manuale che non lavora sui muscoli, ma tra i muscoli (cioè sulla fascia che li riveste); essa trae le sue origini dall’osteopatia di Andrew Taylor Still, la terapia che si basa sul contatto manuale per la diagnosi ed il trattamento, la prima che ha messo in risalto l’importanza della fascia intesa come tessuto connettivo che riveste l'organismo a livello sottocutaneo. Pur richiedendo da parte dell’operatore grande precisione e buona conoscenza dell’anatomia, il massaggio miofasciale è di facile esecuzione e può essere modulato in base alle necessità del destinatario. I muscoli del corpo sono disposti in fasce ordinate avvolte da guaine di tessuto connettivale che formano una rete estesa chiamata sistema miofasciale. Il metodo utilizzato per questo massaggio neuromuscolare lavora proprio su questo ampio tessuto elastico agendo al contempo sul fronte muscolare e nervoso. La pressione esercitata dal massaggiatore è

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forte ed energica, indirizzata alle fasce muscolari interessate, rendendo i muscoli più elastici e vivaci e riattivandone le funzioni. Il massaggio svolge quindi una azione mirata sul liquido interstiziale, il lubrificante dei muscoli e per questo incrementa la fluidità del movimento. Agisce quindi liberando da tensioni, ristagni e stasi la parte di tessuto connettivo (fascia) che riveste il muscolo facendo sì che il muscolo scorra liberamente nella sua guaina di contenzione. L’utilità di questa azione è magnificata soprattutto nel gesto sportivo; il “motore” muscolare, essendo ben oliato. 8.5 esercizi a casa stretching Rinforzo muscolare Per mantenere in allenamento la colonna cervicale, quindi da evitare nella fase acuta del problema, segnaliamo questo esercizio da fare almeno una volta al giorno: consiste nel conflitto tra mano e testa. La testa spinge verso la mano e viceversa. Posizionare la mano come si vede nella foto, lasciando vincere una volta la testa, inclinadola verso la mano, una volta la mano. Mantenere la posizione alcuni secondi.

9.0

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9.0 Conclusioni Lo scopo di questo lavoro, è stato quello di dimostrare come impiego del massofisioterapista con approccio osteopatico, sia di importanza rilevante nei processi di recupero ella funzionalità dopo intervento di discectomia cervicale che, per la sua natura stessa della sua eziopatogenesi, è di grande impatto dal punto di vista traumatologico e sottopone i pazienti ad un notevole stress emotivo e funzionale. Il massaggio offre anche l'opportunità di instaurare un contatto personalizzato tra paziente e terapista, il quale non può tenere conto dello stato emozionale del paziente e deve necessariamente modulare il suo intervento, solo dopo un attento esame obbiettivo che comprenda anche l'ascolto delle percezioni avvertite dalla persona che sta trattando. Nel caso trattato, sono stati raggiunti gli obbiettivi prefissati, cioè il totale recupero della articolarità, del tono trofismo muscolare e la ripresa dell'attività sportiva.

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TESI PER IL DIPLOMA DI OSTEOPATIA (D.O.)

“DISCECTOMIA CERVICALE” &

"CEFALEA VASOMOTORIA"

Candidato:

ZAGHI PAOLO

ANNO ACCADEMICO 2015 / 2016

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10 - Introduzione Una sensazione dolorosa alla testa, in particolare alla volta cranica, insorge all'improvviso. È arrivato il mal di testa! Ognuno di noi ha certamente avuto occasione di sperimentare, almeno una volta nella vita, una crisi dovuta a ragioni diverse. È uno dei disturbi più frequenti e fastidiosi e colpisce soprattutto le donne. A scatenarlo possono essere un semplice affaticamento o una tensione, lo stress o una cattiva alimentazione, l'insonnia, il fumo o l'aria "viziata". Si possono distinguere vari tipi di cefalee tra cui l'emicrania e la cefalea muscolo-tensiva o a grappolo. Il mal di testa può compromettere in molti modi la qualità della vita sociale e professionale, soprattutto quando diventa malattia. L'EMICRANIA è la forma più comune della cefalea vasomotoria, spesso scaturita da trauma. Le terapie farmacologiche spesso usate in fase acuta per eliminare il dolore, hanno poca influenza sulla prevenzione e guarigione totale degli attacchi. Il mio approccio osteopatico verso il "mal di testa" cioè l'emicrania da cui spesso si associa anche la cefalea mio-tensiva, vuole essere un modo alternativo senza l'uso di farmaci ("pharmakon", dal greco che vuol dire veleno), che possa dare una attenuazione degli attacchi, riducendone anche l'intensità e magari una risoluzione della malattia.

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11 - Definizioni di Cefalea La cefalea, o mal di testa, è un sintomo comune che può essere dovuto a molte cause, dall'emozione ai traumi, dall'emicrania alla febbre, dalle malattie vascolari intracraniche, alle malattie dentarie, articolari nasali, oculari, disturbi di provenienza viscerale e alterazioni meccaniche della cerniera cervico-dorsale e occipito-atlantoidea, cioè tutto ciò che impedisce un apporto corretto di sangue al cranio. 11.1 - Classificazione Cefalee vascolari di tipo emicranico : sono variabili in intensità durata e frequenza. Di solito unilaterale associate di solito a nausea e vomito, alcune precedute da disturbi sensitivi, motori e dell'umore. La distensione e dilatazione arteriosa rappresentato componente importante nella fase dolorosa. Le cefalee vascolari possono essere così suddivise :

EMICRANIA COMUNE detta anche EMICRANIA ATIPICA senza chiari segni premonitori, variazioni ambientali, professionali, mestruali, e altre ancora si sono attribuiti alcuni termini come la "cefalea estiva", " cefalea del lunedì", " cefalea del week end"," cefalea del riposo"," cefalea premestruale" e " cefalea postmestruale".

CEFALEA A GRAPPOLO considerata cefalea vasomotoria con

caratteristiche distinte dell'emicrania. Maggiore nel maschio, è caratterizzata da attacchi intensi di dolore in sede temporale o periorbitaria con lacrimazione, rinorrea e occlusione nasale la durata breve (2-3 ore) cadenza plurisettimanale per un periodo di alcune settimane, la fase del grappolo è seguita da un intervallo di mesi o anni.

CEFALEA MIOTENSIVA anche se non si può considerare

Cefalea vasomotoria, il blocco meccanico a livello dello stretto toracico superiore (clavicola - 1 costa) o a livello di c1-c2 può creare una variazione di apporto arterioso al cranio.

La classificazione sopra riportata tiene conto solo di un piccolo paragrafo di innumerevoli disturbi cefalici. Questo studio vuole dimostrare come l'azione osteopatica possa migliorare o risolvere i problemi legati alle cefalee vasomotorie.

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12.0 Dolore cranico Il dolore, lo possiamo definire come un’esperienza. Questa esperienza deve avere tre caratteristiche per essere considerata dolorifica:

1. Deve essere cosciente: senza coscienza non si prova dolore. 2. Deve possedere connotati spiacevoli: il dolore, lo vedremo, influenza anche l’emotività di un individuo e, non è un caso, gli individui che soffrono di dolore cronico sono spesso depressi. 3. Deve originare dalla stimolazione di particolari recettori sensoriali chiamati nocicettori.

Qual è il significato del dolore? In molti casi, il dolore è nostro alleato: è un meccanismo di difesa che l’evoluzione ci ha fornito per avvertirci di un danno che sta avvenendo a livello di un determinato tessuto.

Prima di parlare del mal di testa, è necessario chiarire l’anatomia del cranio e comprendere quali sono le strutture che provocano dolore. Quando si parla di mal di testa, alcuni pensano che il cervello, o l’encefalo in generale, stia soffrendo. Non c’è nulla di più sbagliato.

Il cervello è cosciente? Sì.

Il cervello può generare emozioni? Sì.

Il cervello dispone di nocicettori? No. Dunque, il cervello non può avere un’esperienza dolorifica: “lui” integra il dolore che viene dalla periferia, ma non sente il dolore che lo attraversa. Per esempio, se trapanate il cervello a qualcuno, ovviamente la struttura si danneggia; però la persona non avverte dolore, perché il cervello, non avendo sensori dolorifici, non sente nulla.

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Quali sono dunque le strutture che provocano dolore? Per capirlo dobbiamo prendere in considerazione un cranio, come questo:

L’osso marrone si chiama frontale, le due ossa azzurre, poste sotto il frontale, sono le ossa nasali. Tra l’osso frontale e le ossa nasali c’è un punto che si chiama glabella. Nel posteriore, compreso tra il verde scuro (parietale) e il verde chiaro

(temporale): c'è l'osso occipitale. Sull’osso occipitale ci sono due margini che si chiamano protuberanze occipitali esterne. La base cranica è la zona dove poggia la parte ventrale del cervello e la si divide in tre fosse:

Una fossa cranica anteriore, nell’immagine, a destra, e in rosa.

Una fossa cranica media, nell’immagine, al centro, in rosso e verde.

Una fossa cranica posteriore, nell’immagine, a sinistra, in giallo. Queste tre fosse sono le zone da cui originano i dolori tipici del mal di testa.

A livello di queste tre fosse troviamo strutture che contengono nocicettori, cioè che possono sentire dolore. Infatti, in queste fosse ci sono: vasi sanguigni, nervi e meningi.

Le meningi sono tre membrane (dura madre, aracnoide, pia madre) che rivestono il cervello e, a livello del cranio, si trovano appiccicate alla parete interna del cranio stesso. Queste tre meningi sono innervate e, se s’infiammano – come in una meningite – provocano dolore perché vengono innervate da nervi che trasportano il dolore.

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Per quanto riguarda la sensibilità, sono: il trigemino, il facciale, il glossofaringeo e il nervo vago” – i "peggiori" nel causare dolore, sono il trigemino e il glossofaringeo. Questi nervi originano dal tronco encefalico, continuazione intracranica, del midollo spinale. Non solo questi i nervi che causano dolore, a livello della testa ci sono altri nervi che, anziché originare dal tronco encefalico, derivano dal midollo spinale. Esiste il ramo posteriore di un nervo, appartenente al plesso cervicale, che si chiama nervo grande occipitale e quando s’infiamma provoca una nevralgia, chiamata nevralgia di Arnold. Le meningi che costituiscono la fossa cranica anteriore e media sono innervate dal trigemino, mentre quelle della fossa cranica posteriore sono innervate dal glossofaringeo, dal vago e dai primi tre nervi del plesso cervicale.

Trigemino percussore del dolore Il trigemino è un nervo cranico molto grosso, costituito da due porzioni: una più piccola, motoria, che ci fa masticare, e l’altra più

grande, sensitiva, che fa arrivare al tronco encefalico tutti gli stimoli sensitivi e dolorifici. In questa immagine si vedono tre zone colorate: si chiamano dermatomeri e rappresentano l’innervazione dei vari nervi in determinati distretti corporei. In questo caso vediamo che il trigemino, con le sue tre branche – oftalmica, mascellare, mandibolare – innerva praticamente tutta la parte anteriore del viso, escluso l’angolo della mandibola. Dunque, è un nervo con un’area di innervazione vastissima; inoltre, il suo nucleo sensitivo occupa quasi tutta la lunghezza del tronco cerebrale.

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Per questi motivi il trigemino è così coinvolto nei dolori cranici come il mal di denti, il mal di testa, il dolore in zona oftalmica ecc. Tutto il resto viene innervato dai nervi del plesso cervicale, angolo della mandibola compreso. Quindi, se avete un dolore nella parte posteriore della testa non dovete pensare al trigemino. Il dolore nella parte posteriore della testa ve lo può dare o una meningite della fossa cranica posteriore – spero per voi di no – oppure i nervi del plesso cervicale: in particolare il nervo grande occipitale. Dunque, abbiamo parlato di nervi e di meningi, ma i vasi sanguigni, cosa c’entrano?

Beh, voi capite bene: la scatola cranica è una struttura chiusa, rigida, inestensibile e, siccome il cervello e i nervi non possono modificare le loro dimensioni, le uniche strutture che possono farlo sono i vasi sanguigni. Quindi, dato che tutto deve stare al suo posto, se un vaso sanguigno inizia a dilatarsi, questo va a comprimere e a schiacciare i nervi adiacenti, provocando dolore. Per questo quando si bevono alcolici (l’alcol è un vasodilatatore), il giorno dopo viene il mal di testa: perché la pressione si abbassa, i vasi si dilatano e i nervi vicini vengono compressi.

Sempre per lo stesso motivo, come vedremo nel prossimo articolo, alcune cefalee sono trattate attraverso antidepressivi, come amitrilipina che hanno il compito di aumentare la concentrazione di serotonina, la quale è vasocostrittrice. Poi, chiaramente ci sono delle condizioni patologiche ben più gravi, come i tumori, gli ematomi, gli aneurismi del poligono di Willis, l’idrocefalo ecc.

a prescindere dalla gravità, un vaso che si dilata o un tumore che si espande, dal punto di vista meccanico, hanno lo stesso effetto:

comprimono i nervi, causando dolore. Da qui si evince che qualsiasi cosa che si espande premendo le pareti circostanti, provoca dolore. Obbiettivo primario sarà quello di cercare di riequilibrare questa ipertensione, principalmente liberando eventuali strutture "bloccate" che impediscono il drenaggio e la circolazione naturale : venosa, arteriosa, linfatica e meningea.

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13.0 Drenaggio venoso del cranio Il 95% del drenaggio del cranio avviene attraverso la giugulare interna, il restante avviene attraverso la vena facciale, la vena mascellare interna, la vena giugulare esterna la vena vertebrale e la vena cervicale profonda. Tutte queste vene percorrono il cuoio capelluto e il massiccio facciale. A livello del cranio il dispositivo venoso preferisce la superficie (al contrario di quello arterioso che é in profondità) questo ci permette di dire che il drenaggio venoso é solidale con il meccanismo cranio-sacrale poiché non esistono valvole, le pareti sono molto sottili e i seni venosi sono costituiti da dura madre che é inestensibile. Malgrado le qualità plastiche del tessuto osseo, la scatola cranica forma un insieme rigido che agisce sull’encefalo e sui vasi creando una pressione che é controbilanciata sino ad una certa soglia da questa plasticità del cranio e delle meningi, ma se questo contenitore é perturbato nella sua meccanica (esempio: per tensioni aponevrotiche, muscolari, ecc.) eserciterà una contropressione che altererà l'emodinamica corretta. I1 dispositivo di drenaggio venoso del cranio é suddiviso, a seconda della localizzazione, in tre piani:

SISTEMA SUPERFICIALE - SISTEMA PROFONDO SITEMA ANASTOMICO

13.1 Il sistema superficiale Questo sistema si assicura i1 drenaggio dell’involucro osteo-meningeo dell’encefalo attraverso i sistemi delle vene tegumentali, diploiche e meningee. Le vene tegumentali, assicurano lo scarico venoso del cuoio capelluto, dell’aponeurosi epicraniale e dei muscoli pellicciai, drenando il sangue venoso sia nella giugulare interna che esterna. Le vene diploiche interessano la vita propria dell’osso: sono, più che altro, delle lacune, dei laghi sanguigni, cavità circoscritte al tessuto osseo. La particolarità di questo dispositivo è che aumenta la sua funzione con

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l’età, mentre la plasticità craniale tende a diminuire col passare degli anni. Per ipotesi si può pensare che, essendo il meccanismo cranio-sacrale il principale fautore del drenaggio venoso craniale attraverso la buona plasticità ossea, se con la vecchiaia questa plasticità viene meno, potrebbe essere compensata dal maggior volume della circolazione diploica che si scarica verso 1’esterno nel sistema superficiale tegumentale situato in particolare a livello dell’arcata orbitaria, della fossa temporale e nella squama occipitale. Non a caso i1 dolore più comune nelle cefalee vasomotorie é proprio localizzato a questi tre livelli. Siccome i sistemi di drenaggio comunicano tra di loro, se c’é un “ingorgo”, potrà sorgere il dolore. Le vene meningee restano impresse nel periostio lasciando dei solchi; sono comprese tra i due foglietti della dura madre. A livello della volta i laghi meningei comunicano con i primi due sistemi superficiali. Le vene meningee più sviluppate sono quelle medie; insieme a quelle anteriori e posteriori rappresentano una via di derivazione molto importante per la parte anteriore del cranio. Le vene meningee medie fuoriescono dal cranio attraverso il foro spinoso della grande ala dello sfenoide e si gettano nel seno pterigoideo. 13.2 Il sistema profondo Il sistema profondo riguarda tutto ciò che concerne la rete cerebrale con due vie specifiche: la via di drenaggio propriamente detta e i seni venosi. Le vie di drenaggio sono situate nella massa nervosa stessa e negli spazi subaracnoidei. La particolarità di questo sistema sta nel fatto che il sistema nervoso è molto ricco di vasi e dove c'è un capillare c’è sempre uno spazio riempito di liquido cefalo-rachidiano: il tessuto nervoso, quindi, risulta inibito di questo liquor, come una spugna. Questo sistema si occupa principalmente degli strati sotto e sovratentoriale. Ci sono due particolarità nel sistema superficiale del livello sovratentoriale (più importante del sottotentoriale per quanto riguarda la massa cerebrale interessata), le vie di sbocco delle vene frontali e parietali nel seno longitudinale superiore sono “imbrigliate” da un sistema di bretelle a livello dello sbocco nel seno; questo fatto può forse spiegare che, siccome i seni modificano la forma nella loro attività,

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queste briglie possono creare un pompaggio venoso. La seconda particolarità é che lo sbocco di queste vene avviene in controcorrente, aumentando l'angolazione d’uscita a mano a mano che si va indietro: questa angolazione é contraria alla direzione di svuotamento. A questo sistema profondo appartengono anche le vene della base del cranio che sono principalmente la vena cerebrale interna e la vena basilare. Queste quattro grandi vene si riuniscono posteriormente a livello del seno retto per formare le grandi vene di Galeno o Ampolla di Galeno. Anche a questo livello c'è una briglia che solidarizza le membrane di tensione reciproca con le vene centrali. In flessione craniale la tenda avanza, la briglia si rilascia, la forma del sifone aumenta frenando il drenaggio delle vene profonde a livello del seno retto, mentre nello stesso tempo aumenta il drenaggio delle vene emisferiche nel seno longitudinale superiore. Tutto questo crea una ritmicità venosa alternata tra volta e base.

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14.0 Drenaggio linfatico manuale DML Esistono fattori biochimici che partecipano in modo prioritario al processo di regolazione del tono vascolare. Una funzione chiave spetta evidentemente alla serotonina che, durante l’attacco emicranico, viene liberata in grande quantità. Questo aumento improvviso della serotonina plasmatica da origine a una vasocostrizione locale delle arteriole del parenchima cerebrale, con anossia e acidosi localizzate. Quando la serotonina invade lo spazio extravascolare libera fattori umorali che, in combinazione con l’istamina, le prostaglandine, la bradichinina e

la plasmachinina determinano una mancata regolazione della permeabilità e la formazione di edemi delle pareti arteriose. In seguito alla rapida diminuzione dei livelli di serotonina plasmatica si instaura una perdita di tono dei grossi rami del sistema carotideo. La sovra distensione delle pareti vascolari e la stimolazione dei recettori dolorifici perivascolari da parte delle sostanze vasoattive e dei mediatori chimici precedentemente citati sono i fattori responsabili della genesi della sintomatologia dolorosa. Il trasudato perivascolare che si produce durante lo stadio edematoso dell’emicrania, conduce a una linfostasi cervicale. All’interno del cranio l’attacco doloroso è dovuto all’edema delle pareti vascolari. Quest’ultimo è causa del rigonfiamento edematoso delle membrane basali e dell’accumulo di liquido edematoso negli interstizi fra le lamine della membrana basale dei vasi cerebrali (emangiopatia linfostatica descritta da Foldi). Nel sistema nervoso centrale, non esistono veri e propri vasi linfatici. Le zone vuote dell’interstizio all’interno della parete dei vasi sanguigni cerebrali (spazi di Virchow-Robinson) rappresentano, secondo gli studi di Foldi, vie di trasporto prelinfatiche che si legano ai grandi tronchi linfatici cervicali attraverso i vasi linfatici perivasali (vasa vasorum).

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Circa il 40% della prelinfa cerebrale scorre anche lungo gli spazi aracnoidei dei nervi olfattivi all’interno dei capillari linfatici, presenti in abbondanza nelle mucose del naso e del palato. La stessa situazione si verifica a livello del rivestimento aracnoideo del nervo ottico. Anche in tale sede la prelinfa può venire drenata dai capillari linfatici del tessuto connettivo e del tessuto adiposo retro-bulbare. La prelinfa lascia la parte ossea del cranio in quantità uguale nello spessore della parete carotidea e della vena giugulare e nei meandri dei plessi venosi emissari della calotta cranica. Un deficit di queste vie oli drenaggio si traduce clinicamente in un edema del viso, con un aumento delle dimensioni dello spazio retrorbitale, palpebrale, buccofaringeo e facciale. La prelinfa del cervello è drenata fisiologicamente: > per il 25% dai vasa vasorum dell’arteria carotide e della vena giugulare; > per il 25% dal plesso venoso emissario della calotta cranica con anastomosi dei vasa vasorum dell’arteria vertebrale; > per il 50% attraverso la lamina cribrosa dell’etmoide nei capillari abbondantemente rappresentati nella mucosa del naso e del palato. Nel trattamento dell’emicrania con il DLM si interviene praticamente sull’intera parte cefalica, compresa la cute del capo, del viso, della nuca e la regione del collo. Si inizia sempre dal trattamento del collo, lavorando sui grandi collettori dei vasi linfatici cervicali (catene gangliari cervicali) caso specifico, si drena sempre in direzione del punto di raccolta, ovvero la confluenza giugulo-succlavia retroclavicolare di Pyrogoff— che Vodder ha denominato terminus per ragioni didattiche realizzando cosi un drenaggio della linfostasi cervicale. Si procede quindi al trattamento delle parti del viso, della cute del cranio e della nuca. E' particolarmente importante il drenaggio della cavità orale, poiché, grazie ad esso, si può trattare il linfedema buccofaringeo dello spazio buccale posteriore, favorendo la fuoriuscita della linfa che si è venuta ad accumulare nel cranio. Lavorando con attenzione e con l’aiuto di manovre specifiche, si arriva in genere ad eliminare il riflesso del vomito o la sensazione di soffocamento.

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15.0 Concetto di base Considerare la cefalea vasomotoria come un fatto isolato, da “inquadrare” in uno schema, non fa certamente parte di un ragionamento osteopatico, mirato a considerare la globalità come primaria. L’approccio osteopatico in un soggetto con una disfunzione vasomotoria a livello craniale deve tenere conto di alcune particolarità anatomiche e fisiologiche su cui indagare. A questo proposito é bene fare un breve richiamo anatomico sulle principali strutture anatomiche direttamente interessate alla circolazione dei liquidi a livello craniale. Daremo particolare rilievo a due strutture: la cerniera cervico-dorsale con l’orifizio toracico superiore e il passaggio tra l’occipite e Cl/C2. 16.0 - Parametri valutazione Nel campo delle Cefalee vasomotorie , é molto difficile trovare un criterio di valutazione dei risultati ottenuti, soprattutto per il fatto che é difficilmente quantificabile la variazione dei valori, per esempio, di apporto arterioso o di scarico venoso: nonostante i risultati siano apprezzati dal paziente, all’esame radiologico (come l’Ecodoppler carotideo) non risulta praticamente nessun cambiamento significativo a riguardo. L’Osteopatia sicuramente lavora rispettando profondamente le risposte dei tessuti e, proprio a livello craniale, l'appoggio delle mani é quanto mai delicato (per non interferire appunto nelle risposte o addirittura alterare la meccanica cranio-sacrale). Data la difficoltà di trovare un parametro di valutazione obiettivo, si è pensato di chiedere agli stessi pazienti di quantificare il disturbo tra un trattamento e l’altro; il miglior giudice dei risultati ottenuti è sicuramente la persona trattata, per cui definendo in cinque situazioni tipo le possibilità di valutare il proprio stato di salute giornaliero, ogni paziente ha tenuto un proprio diario personale, con un punteggio da 0 a 5 a seconda dell'intensità del dolore : 0 - Non ho mal di testa 1 - Il mal di testa é molto lieve e non mi da fastidio 2 - La cefalea é presente, ma é durata poco. Scompare da sola 3 - La cefalea é presente e permane,non prendo farmaci perché non forte 4 - Il dolore diventa forte e devo prendere farmaci 5 - La cefalea é forte che non passa anche con i farmaci. Stato di crisi

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17.0 - Metodo di trattamento Un metodo il drenaggio dei seni venosi del cranio può essere eseguito con varie tecniche : 17.1 Compressione del 4° ventricolo (tecnica passiva) Paziente in posizione supina, osteopata posteriormente al paziente. L’osteopata incrocia le mani pollici vicini,l’eminenza tenar si appoggiano a livello delle bozze occipitali i polpastrelli sono vicini,le dita possono essere anche incrociate, e l’eminenza tenar è leggermente divaricata. Facciamo sollevare il capo al paziente andiamo a reperire le bozze,incrociamo le mani,facciamo adagiare le testa del paziente sulle mani dell’Osteopata,i gomiti sono appoggiati sul lettino,ci si sincronizza con l’MRP,a questo punto facciamo una tensione con le dita,opponendomi alla fase di ritorno in flessione dell’occipite,e lo induco sempre di più in estensione(con un leggero grado di tensione a livello dei flessori comuni delle dita),provocando una compressione a livello del 4°ventricolo favorendo la circolazione del LCR verso il basso. Questa tecnica serve come drenaggio del 4°ventricolo,regolare gli scambi tessutali,stimolazione della vitalità generale dell’organismo,regolarizzare le barriere emato-meningee,emato-encefaliche,meningo-cefaliche. Viola Fraiman una dei massimi esponenti della terapia Cranio-Sacrale non pone controindicazioni per quanto riguarda la tecnica di compressione sul 4°ventricolo. L’indicazione per eseguire tale tecnica viene data dal paziente dal suo meccanismo cranio-sacrale,non si possono costruire protocolli,è il soggetto che ci da il protocollo. E’molto importante alla fine del trattamento far sollevare il paziente in due tempi:

seduto con i piedi a penzoloni stazione eretta

Posizione delle mani: variante, le dita possono essere anche incrociate (tecnica di esecuzione della compressione sul 4° ventricolo)

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17.2 Tecnica di drenaggio dei seni Questa serve per migliorare il drenaggio venoso del cranio, ed è utile quando : -troviamo dei crani molto duri; -troviamo delle tensioni a livello delle membrane; -emicranie di tipo oftalmico; -compressioni della SSB (sincondrosi sfeno basilare); -cefalee da stasi venosa; -ipertensione intracranica Questa tecnica è formata da diverse fasi ed è molto importante prima di eseguire tale tecnica,rilassare il tratto cervicale,soprattutto la cerniera occipito-atlantoidea,eseguire manovre articolatorie per lo sblocco dello stretto toracico superiore tutte manovre che mi permettono di preparare a valle, quello che sarà poi il ritorno intracranico del sangue. Il soggetto è in posizione supina con la testa in posizione neutra,l’Osteopata è seduto alla testa del soggetto,con i gomiti in appoggio sul lettino: a) Drenaggio dal punto Inion al foro occipitale:

Posizionare i medi vicini,appoggiati a livello di Inion,si rimane in questa posizione inducendo con i polpastrelli del dito medio delle due mani,sino a quando sentiamo un detensionamento dei tessuti ed anche un leggero stato di sudorazione. Successivamente ci si sposta da Inion si scende verso il basso in prossimità del foro occipitale e si esegue la stessa tecnica;,rimaniamo in tale posizione sino a quando il tessuto migliora,una volta migliorato passiamo al punto successivo;

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b)Drenaggio dei seni laterali Ripetiamo il tragitto fatto prima,usando tute le dita di tutte e due le mani: - mignoli sotto ad Inion; - polpastrelli delle altre dita a lato della cresta occipitale superiore. - polpastrello dell’indice a livello del grande forame occipitale; indurre una tensione molto leggera con i polpastrelli delle dita e attendere che sopraggiungano i parametri di rilasciamento tessutale. d) Drenaggio seno sagittale superiore 1) Da Inion a Lambda - indici appoggiati su inion; - medi-anulatri e mignoli (appoggiano su lambda) lungo il seno sagittale sino a lambda; esercitare una tensione molto leggera con il polpastrello delle dita con i flessori comuni delle dita e attendere che i tessuti si rilascino. 2) Da Lambda a Bregma - pollici incrociati a lato della sutura sagittale come se volessi allargare la sutura; - altre dita impugnano il cranio;

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avanziamo inducendo un leggero stiramento della sutura sagittale,incrociando i pollici in maniera alternata,fermandomi su ogni punto e aspettando il rilasciamento dei tessuti. 3)Da Bregma a Nasion questa tecnica la dividiamo in due fasi: 1°Fase: - indici su bregma medio-anulare-mignoli,faccia a faccia fra loro a lato della sutura metopica; messa in tensione e rilassamento tessutale; 2°Fase: arrivo con i mignoli a livello di Nasion

Questa tecnica va sempre iniziata da valle a monte al fine di ottenere una liberazione progressiva che eviti l’insorgenza di stasi venosa. Quindi la tecnica deve essere sempre eseguita in maniera tassativa con l’ordine descritto durante la spiegazione sopra.

17.3 Tecnica V Spread Nell’applicare questa tecnica bisogna avere una buona conoscenza suturale a livello cranico e una buona conoscenza dei vari tavolati all’interno del cranio. Tecnica V Spread vuol dire diffondere,nel senso di dispiegamento,inteso come uno srotolamento tessutale delle suture. Questa tecnica è stata scoperta da Sutherland,ed è una tecnica molto efficace quando ci troviamo di fronte a delle suture ristrette a livello motorio,oppure quando ci troviamo di fronte a suture compresse. Suttherland ha scoperto tale tecnica ma non l'ha mai spiegata, chi ha cercato di dare una spiegazione è stato Magoun. L’esecuzione di tale tecnica è la seguente:

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Posizionamento a V dell’indice e del medio (polpastrello) sulla sutura da trattare,le dita si posizionano in modo tale che la sutura passa tra le dita;

Dal lato diametralmente opposto alla sutura da trattare, posiziono il palmo della mano nel caso stia eseguendo una diagnosi cranica, mentre se eseguo la tecnica applicherò il polpastrello di due,tre,dita l’altra mano(es. se applico la tecnica sulla sutura fronto-zigomatica, l’altra mano verrà posizionata nella zona Asterica.

Nel suo principio questa tecnica sfrutta la pulsatilità cerebrale (che comprende i 5 elementi dell’MRP), l’azione di questa tecnica è in relazione con la fluttuazione del LCR,fluttuazione che è diretta dalla zona diametralmente opposta (Pterion in questo caso) verso la sutura in restrizione di mobilità (sutura fronto-zigomatica nel nostro es.), come se noi volessimo convogliare il LCR nella zona in restrizione di mobilità. Nel caso di una restrizione noi sentiremo come se avvenisse un rimbalzo è il LCR viene rimandato in dietro verso la zona Asterica, perché la sutura non si espande. Noi dobbiamo capire come avviene un blocco a livello suturale,il blocco suturale è causato dalla membrana suturale che mantiene la sutura in blocco non la lascia espandere,e non dobbiamo mai dimenticare che tale blocco è intelligente,ciò ci fa pensare che il LCR non è l’unico elemento di correzione. Queste tecniche di V spread possono essere utilizzate a livello di tutto il corpo,in quanto per i concetti osteopatici il LCR circola in tutto il corpo. All’interno del cranio i meccanismi che possono amplificare questo meccanismo dei fluidi è rappresentata dall’utilizzo della respirazione toraco-addominale. L’Osteopata deve porre la sua attenzione sulle dita perché si viene a creare

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un’asse,quindi un fulcro che sarà induttore di nuovi parametri di tensione meccanica. Le MTR e le fasce integreranno poi successivamente questi parametri meccanici. Come abbiamo detto questa tecnica può essere utilizzata ai fini diagnostici e procediamo in tale senso: Nella correzione andiamo a posizionare un dito oppure due dita nella zona diametralmente opposta ove era localizzato questo battito (es.sutura fronto-sfenoidale sutura a tavolato interno per lo sfenoide),utilizzeremo i tavolati ,infatti le dita dovranno disimpegnare la sutura, mettendo pressione sul frontale (tavolato esterno). Poi andiamo a valutare l’MRP per vedere se la sutura ha ripreso a funzionare. La durata della tecnica è soggettiva e varia da soggetto a soggetto. Le tecniche V spread sono indicate per le suture che sono a semplice contatto. Esempi di posizionamento delle mani: - parieto-mastoidea-mani diametralmente opposte zona Pterica. - occipito-mastoidea-mani diametralmente opposte a livello della bozza frontale. - sutura metopica-mani diametralmente opposto Inion. - sutura fronto-mascellare diametralmente opposte bozza occipitale opposta.

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18.0 Tecnica di drenaggio linfatico manuale Vodder Nel trattamento deI|’emicrania con il DLM si interviene praticamente sull’intera parte cefalica, compresa la cute del capo, il viso, la nuca e la regione del collo. Si inizia sempre dal trattamento del collo, lavorando sui grandi collettori dei vasi linfatici cervicali (catene gangliari cervicali) Nel caso specifico, si drena sempre in direzione del punto di raccolta, ovvero la confluenza giugulo-succlavia retroclavicolare di Pyrogoff—che Vodder ha denominato terminus per ragioni didattiche, realizzando cosi un drenaggio della linfostasi cervicale. Si procede quindi al trattamento delle parti del viso, della cute del cranio (figura 11.5 e 11.6) e della nuca. E' particolarmente importante il drenaggio della cavità orale, poiché, grazie ad esso, si può trattare il linfedema buccofaringeo dello spazio buccale posteriore, favorendo la fuoriuscita della linfa che si é venuta ad accumulare nel cranio. Lavorando con attenzione e con l’aiuto di manovre specifiche si arriva in genere a eliminare il riflesso del vomito o la sensazione di soffocamento. METODO : Come prima fase del trattamento le catene linfonoidali laterocervicali, i movimenti sono svolti con le dita in direzione dell'angolo succlavio giugulare

Drenaggio delle pareti posteriori del collo percorso occipite-trapezio a lato dei processi spinosi, sulle catene paravertebrali. La direzione del drenaggio è orientata verso i muscoli trapezi Drenaggi della catena sottomandibolare, i movimenti sono indirizzati ai linfonodi

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giugulodigastrici rispettivamente destri e sinistri. Drenaggio del punto di raccolta rappresentato dalla confluenza giugulo-succlavia retroclavicolare di Pyrogoff. I movimenti delle mani sono diretti verso l'interno della fossa sopraclavicolare Trattamento della cute di cranio nella regione del vertice. la spinta è diretta verso la fronte del paziente. Trattamento della cute di cranio nella regione del cranio in sede temporo-parietale. la spinta è diretta verso i linfonodi temporali situati cranialmente rispetto al processo zigomatico.

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19.0 Caso clinico Marco C. dopo la guarigione da intervento di discectomia cervicale, lamentava continui e ripetuti mal di testa. L'emicrania vasomotoria di Marco, 4-5 episodi settimanali (classe 4), spesso associata a cefalea di origine mio-tensiva. Presentava segni e sintomi ben distinti: 1) Dolore intenso continuo (a volte pulsante) di tipo oftalmico 2) Fastidio alla luce (fotofobia) 3) Fastidio ai rumori (fonofobia) 4) Disturbi all’equilibrio associato a nausea e vomito Spesso ricorreva a terapia farmacologica con farmaci detti “abortivi” che agiscono costringendo i vasi sanguigni. Per un’azione preventiva il medico aveva proposto una terapia Farmacologica con antidepressivi che inibiscono l’azione della serotonina. All'esame RX netta riduzione di tipo antalgico della lordosi cervicale in relazione alle contratture della muscolatura paravertebrale. 19.1 Protocollo delle sedute Esame osteopatico

come da RX si evidenzia la netta riduzione della lordosi C2 in posteriorità DX 1° costa in espirazione, fegato risalito ( congestionato ) stomaco ipertonico

1° seduta

al fine di offrire un immediato sollievo al tratto cervicale eseguo un massaggio decontratturante sulla muscolatura paravertebrale.

Detensionamento sul piccolo e grande omento, in particolare sui legamenti del fegato.

Apertura diaframma Ascolto e tecnica cranio sacrale compressione del 4° ventricolo

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2° seduta (dopo 7 giorni) La prima settimana è stata caratterizzata da solo n°1 episodio di forte mal di testa (classe 4) e n° 2 cefalee (classe 2)

Liberazione prima costa in energia muscolare Liberazione di C2 con piccole mobilizzazioni e in mio-tensiva Apertura diaframma Rilascio legamenti fegato Ascolto cranio sacrale e "Tecnica di drenaggio dei seni" compressione del 4° ventricolo Drenaggio linfatico manuale

3° seduta (dopo 14 giorni) Il paziente riferisce solo un episodio di cefalea (classe 2)

Ripeto liberazione prima costa in energia muscolare Ripeto liberazione di C2 con tecnica in mio-tensiva Realese diaframmatico Ascolto cranio sacrale e "Tecnica di drenaggio dei seni" (i movimenti iniziano ad essere armoniosi) compressione del 4° ventricolo Drenaggio linfatico manuale

4° seduta (dopo 21 giorni) Il paziente riferisce solo un breve episodio di cefalea (classe 1)

Realese diaframmatico Controllo le tensioni viscerali con leggera correzione Ascolto cranio sacrale e "Tecnica di drenaggio dei seni" (i movimenti sono sempre più armoniosi) compressione del 4° ventricolo Drenaggio linfatico manuale

5° seduta (dopo 28 giorni) Il paziente non ha avuto episodi di cefalea

Ascolto cranio sacrale i movimenti risultano armoniosi Controllo tensioni viscerali Realese diaframmatico Drenaggio linfatico manuale

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20.0 Conclusioni Il caso clinico esaminato, rappresenta la più classica delle cefalee vasomotorie, dovute alle componenti miotensive e viscerali. Il paziente è stato esaminato nella sua globalità, alla ricerca delle zone di maggior resistenza alla palpazione, per poi correggerle con le tecniche conosciute. Le tecniche e l'approccio osteopatico possono dare una risposta soddisfacente e duratura al problema delle cefalee vasomotorie. Considerare l'aspetto funzionale globale del corpo, significa rispettare profondamente le diversità di ogni individuo e quindi con l'Osteopatia non si corre il rischio di condurre le "patologie" a ricette preconfezionate. E' necessario un approccio umile e attento, che tenga conto di tutti gli aspetti della persona, cercando di avvicinarsi il più possibile al modo di essere dell'individuo e non tanto alle sue manifestazioni dolorose. L'Osteopatia attraverso le sue metodiche può dare un valido contributo alla risoluzione o al miglioramento delle cefalee vasomotorie, laddove la modifica della struttura non sia il punto dominante. La partecipazione del paziente in questo caso, è stata fondamentale. Per mantenere i risultati ottenuti , spesso bisogna cambiare il proprio stile di vita, apportando delle modifiche alimentari, svagarsi nel tempo libero e affrontando i propri problemi con maggiore serenità. I pazienti che hanno "mantenuto" il vecchio stile di vita, trascurando un'alimentazione corretta, ad esempio, non hanno potuto constatare il permanere dei risultati ottenuti. Considero l'Osteopatia, così come la medicina Omeopatica, una metodologia completa, poiché parte da una visione dell'individuo nella sua globalità: materia e spirito, elementi indissolubili. Guardando al futuro, quest'esperienza risulta totalmente stimolante per approfondire le conoscenze sulla patologia trattata. Un ringraziamento doveroso a Rudy e Alessandro docenti del terzo anno che hanno saputo coinvolgermi indicandomi una nuova strada, alla quale non smetterò mai di dire grazie.

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21.0 Bibliografia - Netter - "Atlante di Anatomia" - Brotzman- "Manuale di riabilitazione ortopedica" - Mancini Morlacchi - "Clinica ortopedica" - Flow Chart "la terapia delle cefalee e delle algie facciali" - J Gay - "Anatomia e fisiologia dei seni venosi del cranio" - A. Gillet - "tecniche di drenaggio venoso del cranio" - Denisa Giardini - "Drenaggio linfatico manuale" - Appunti corso Osteopatia FISIOMEDIC