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Testimoni 10/2016 1 10 Ottobre 2016 TARIFFA R.O.C.: “POSTE ITALIANE S.P.A. SPED. IN A.P. - D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/2004 N. 46) ART. 1, COMMA 1, DCB BOLOGNA” VIA SCIPIONE DAL FERRO, 4 - 40138 BOLOGNA alimentato le numerose esperienze dell’anno della vita consacrata (con- vegni ecumenici, dei formatori, dei giovani, di tutte le forme della vita consacrata). Testi e dinamiche Le lettere precedenti, a partire dal 2014, portano i titoli: Rallegratevi (Testimoni 6/2014 p. 16), Scrutate (Testimoni 11/2014 p. 5), Contempla- te (Testimoni 1/2016 p. 13). Si può ac- cennare così alla prima lettera: «Questa è la bellezza della consacra- zione: è la gioia, la gioia»: sono le pa- A nnunciate. Ai consacrati e alla consacrate, testimoni del Vangelo tra le genti (Lev, Città del Vaticano – Roma, 2016): è il titolo della quarta e ultima lettera circolare che la Congregazione per gli istituti di vita consacrata e le so- cietà di vita apostolica ha pubblicato in settembre. Programmata per l’an- no della vita consacrata (30 novem- bre 2014 – 2 febbraio 2016) è uscita in settembre. Bisogna risalire alla stagione del card. Edoardo Franci- sco Pironio (1976-1984) per trovare una stagione così attiva e propulsiva da parte della Congregazione roma- na che, nei suoi elementi migliori, ha Quarta lettera circolare ai consacrati/e “ANNUNCIATE” La Congregazione dei religiosi, in coda all’anno della vita consacrata, invia ai religiosi e alla religiose una quarta lettera. Il tema è quello dell’annuncio del Vangelo che l’identità profetica dei consacrati è chiamata a rinnovare senza rinchiudersi nei problemi e nei limiti del momento. Testi moni In questo numero VITA DELLA CHIESA L’Eucaristia sorgente della missione 5 ECUMENISMO Convegno ecumenico a Bose: “Martirio e comunione” 10 LA CHIESA NEL MONDO XI Assemblea delle Chiese in Medio Oriente 7 VITA DELLA CHIESA 90° Giornata missionaria: la missione oggi 13 LA CHIESA NEL MONDO La Chiesa cattolica in Turchia: intervista a mons. Bizzeti 15 LA CHIESA NEL MONDO Nel nordest dell’India, missione in piena fioritura 19 NOVITÀ LIBRARIA Varcare la porta della misericordia 46 VITA DEGLI ISTITUTI CMIS: nel cuore del mondo con il cuore di Dio 22 VITA CONSACRATA LCWR ad Atlanta: il nuovo orizzonte delle religiose 24 PROFILI E TESTIMONI Annalena Tonelli a 13 anni dalla sua uccisione 26 PASTORALE La misericordia nelle relazioni sociali 29 PROFILI E TESTIMONI Olga, Lucia, Bernardetta: missionarie per sempre 32 VOCE DELLO SPIRITO Evangelo ed ecumenismo 38 SPECIALE Per una vita consacrata “senza mura” 39 MENSILE DI INFORMAZIONE SPIRITUALITÀ E VITA CONSACRATA MENSILE DI INFORMAZIONE SPIRITUALITÀ E VITA CONSACRATA

Testimoni 10 Ottobre 2016 - Dehoniane · 2 Testimoni 10/2016 role di papa Francesco ai novizi e se-minaristi nel luglio del 2013. Non c’è santità nella tristezza. La gioia non

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Testimoni 10/2016 1

10Ottobre 2016TARIFFA R.O.C.: “POSTE ITALIANE S.P.A.SPED. IN A.P. - D.L. 353/2003 (CONV. IN L.27/02/2004 N. 46) ART. 1, COMMA 1, DCB BOLOGNA”VIA SCIPIONE DAL FERRO, 4 - 40138 BOLOGNA

alimentato le numerose esperienzedell’anno della vita consacrata (con-vegni ecumenici, dei formatori, deigiovani, di tutte le forme della vitaconsacrata).

—Testie dinamiche

Le lettere precedenti, a partire dal2014, portano i titoli: Rallegratevi(Testimoni 6/2014 p. 16), Scrutate(Testimoni 11/2014 p. 5), Contempla-te (Testimoni 1/2016 p. 13). Si può ac-cennare così alla prima lettera:«Questa è la bellezza della consacra-zione: è la gioia, la gioia»: sono le pa-

Annunciate. Ai consacrati ealla consacrate, testimonidel Vangelo tra le genti (Lev,

Città del Vaticano – Roma, 2016): èil titolo della quarta e ultima letteracircolare che la Congregazione pergli istituti di vita consacrata e le so-cietà di vita apostolica ha pubblicatoin settembre. Programmata per l’an-no della vita consacrata (30 novem-bre 2014 – 2 febbraio 2016) è uscitain settembre. Bisogna risalire allastagione del card. Edoardo Franci-sco Pironio (1976-1984) per trovareuna stagione così attiva e propulsivada parte della Congregazione roma-na che, nei suoi elementi migliori, ha

Quarta lettera circolare ai consacrati/e

“ANNUNCIATE”La Congregazione dei religiosi, in coda all’anno della vita

consacrata, invia ai religiosi e alla religiose una quartalettera. Il tema è quello dell’annuncio del Vangelo che

l’identità profetica dei consacrati è chiamata a rinnovaresenza rinchiudersi nei problemi e nei limiti del momento.

TestimoniIn questo numero

VITA DELLA CHIESAL’Eucaristiasorgente della missione5

ECUMENISMOConvegno ecumenico a Bose:“Martirio e comunione”10

LA CHIESA NEL MONDOXI Assemblea delle Chiesein Medio Oriente7

VITA DELLA CHIESA90° Giornata missionaria:la missione oggi13LA CHIESA NEL MONDOLa Chiesa cattolica in Turchia:intervista a mons. Bizzeti15LA CHIESA NEL MONDONel nordest dell’India,missione in piena fioritura19

NOVITÀ LIBRARIAVarcare la portadella misericordia46

VITA DEGLI ISTITUTICMIS: nel cuore del mondocon il cuore di Dio22VITA CONSACRATALCWR ad Atlanta: il nuovoorizzonte delle religiose24PROFILI E TESTIMONIAnnalena Tonellia 13 anni dalla sua uccisione26PASTORALELa misericordianelle relazioni sociali29PROFILI E TESTIMONIOlga, Lucia, Bernardetta:missionarie per sempre32VOCE DELLO SPIRITO

Evangelo ed ecumenismo38SPECIALE

Per una vita consacrata“senza mura”

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MENSILE DI INFORMAZIONE SPIRITUALITÀ E VITA CONSACRATAMENSILE DI INFORMAZIONE SPIRITUALITÀ E VITA CONSACRATA

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ATTUALITÀ

2 Testimoni 10/2016

role di papa Francesco ai novizi e se-minaristi nel luglio del 2013. Non c’èsantità nella tristezza. La gioia non èinutile ornamento, ma è esigenza efondamento della vita umana. Nel-l’affanno di ogni giorno, ogni uomoe ogni donna tende a giungere e a di-morare nella gioia con la totalità del-l’essere. La seconda è l’invito a scru-tare l’orizzonte, ad entrare in un di-verso ordine di valori, cogliendo unsenso nuovo e differente della realtà.Non c’è maggiore libertà di quella dilasciarsi portare dallo Spirito, rinun-ciando a calcolare e controllare tut-to. La terza, accompagnata dal Can-tico dei Cantici e dagli scritti misticidi Teresa d’Avila e Giovanni della

Croce introduce alla contemplazio-ne, non come territorio finale edesclusivo di percorsi riservati a po-chi, ma come compito di ogni seque-la che trova particolare urgenza e ri-conoscibilità nella vita religiosa.Ad una considerazione di sintesi lequattro lettere partecipano di unatriplice dinamica. La prima è la cre-scita di qualità delle stesse: dalla re-censione di citazioni nel magistero diFrancesco (Rallegratevi) fino a for-me più strutturate di comunicazione,tanto da diventare testi di formazio-ne. La seconda è di tipo circolare:dalla gioiosa riscoperta della chia-mata alla sequela consacrata all’im-pegno per capire i segni dei tempi,dalla dimensione spirituale e misticaal compito evangelizzante. La terzalega i testi con altri interventi comequello della Congregazione per ladottrina della fede sui movimenti(Iuvenescit Ecclesia) in cui il rappor-to fra carismi e istituzione viene de-clinato a partire dal deposito dellatradizione religiosa. Il mondo dellavita consacrata è uscito dal conod’ombra di questi decenni per diven-tare, nonostante le sue evidenti diffi-coltà, marginalità e fatiche, un riferi-mento importante per la riflessionee la pratica ecclesiale.La struttura del testo è scandita daun prologo e da tre capitoli: fino aiconfini della terra; Chiesa in uscita;fuori dalla porta. Con alcune provo-cazioni finali. A sua volta, ogni capi-tolo ha alcune pagine di ascolto ecommento di un testo biblico, segui-te da elementi di riflessione e di pro-getto per ordini e congregazioni.Agli 800mila religiosi e religiose didiritto pontificio e ai 700mila consa-crati di diritto diocesano (raccolti in3.700 famiglie carismatiche) arrivauna alimentazione spirituale e teolo-gica che nasce dentro la vita consa-crata e si propone con l’equilibrio ela complessità di un servizio univer-sale.

—L’imperativoe lo stile

Il prologo colloca la vita consacratanel contesto della contemporaneità.La frantumazione del principio diuniversalità e la moltiplicazione del-le visioni di vita modificano il rap-

porto con la dimensione trascenden-te e l’esperienza religiosa. Enfatizza-no la domanda di una razionalità de-gli affetti e di una direzione di sensoe richiedono occhi limpidi e disponi-bilità di cuore da parte dei consacra-ti per individuare cammini, recuperie aperture per le nuove generazioni.La prima parte va sotto il titolo: Fi-no ai confini della terra. «La missio-ne, prolungamento di quella delMaestro, è il fondamento della no-stra vocazione di consacrati e consa-crate. Fondatori e fondatrici hannoascoltato, riconosciuto e accolto, co-me direttamente rivolto a loro l’im-perativo di Gesù: Andate ed annun-ciate (Mc 16,15). La vita consacratain tutte le sue forme, nelle sue variestagioni e nei differenti contesti, si èmessa in cammino per riempire laterra del Vangelo di Cristo, ponen-dosi alle avanguardie della missione,perseverando con cuore risoluto (cf.At 11,23), fervente e creativo» (n.13). È un compito da svolgere nellostile di Cristo (entrare nella dinami-ca del vedere, commuoversi e agire),nella connessione fra azione e con-templazione, illuminati dalla Parola,messaggeri di lieti annunci. «La ca-ratteristica di ogni vita missionaria èla gioia interiore che viene dalla fe-de. In un mondo angosciato e op-presso da tanti problemi, che tendeal pessimismo, l’annunciatore dellabuona novella deve essere un uomoche ha trovato in Cristo la vera spe-ranza» (Redemptoris missio, 91).«Nella vita religiosa la vita fraternain comunità, vissuta nella semplicitàe nella gioia, è la prima e fondamen-tale struttura di evangelizzazione»(n. 29). Solo l’unità rende perseve-ranti, favorisce la preghiera e il di-stacco dai beni materiali. Apre alvento dello Spirito.La seconda parte, dal titolo Chiesa inuscita, sviluppa il racconto di At 13,5– 14,28, là dove si narra il distacco diPaolo da Barnaba e l’apertura versoTroade, la Macedonia e il mondogreco-romano. «L’avventura somi-glia per molti versi alle situazioni de-gli ultimi decenni. La riforma e il rin-novamento promossi e ispirati dalconcilio Vaticano II hanno dato spa-zio a esperienze di grande valore erealizzato, per quasi tutte le famigliereligiose, nuove modalità di presen-

Ottobre 2016 – anno XXXIX (70)

DIRETTORE RESPONSABILE:p. Lorenzo Prezzi

CO-DIRETTORE:p. Antonio Dall’Osto

REDAZIONE:p. Enzo Brena, sr. Anna Maria Gellini,sr. Francesca Balocco, Mario Chiaro,p. Marcello Matté

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Reg. Trib. Bologna n. 3379 del 19-12-68Tariffa R.O.C.: “Poste Italiane s.p.a. - Sped. in A.P.D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46)art. 1, comma 1, DCB Bologna”Con approvazione ecclesiastica

associatoall’unione stampa periodica italiana

L’editore è a disposizione degli aventi diritto che nonè stato possibile contattare, nonché per eventuali einvolontarie inesattezze e/o omissioni nella citazionedelle fonti iconografiche riprodotte nella rivista.

Questo numero è stato consegnato alle poste il 6-10-2016

moniTestiMensile di informazione spiritualità e vita consacrata

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ATTUALITÀ

3Testimoni 10/2016

za, incontri con culture e geografieprima sconosciute» (n. 34). L’entu-siasmo e lo stupore iniziali hanno la-sciato il passo al disagio e al proble-ma delle differenze e della verificasul campo. È diventato chiaro a tut-ti che protagonista della missionenon sono i nostri progetti o le nostretradizioni, ma lo Spirito che illuminale menti e infonde amore nei cuori.Ogni gesto di evangelizzazione è le-gato alla Chiesa ed è testimonianzadella sua fecondità. «Più della diaco-nia e delle opere apostoliche, la mis-sione attraversa tutte le dimensionidella nostra vita di speciale consa-crazione, chiamata a diventare mis-sione, annuncio della novità del Re-gno di Dio, riconoscimento e profe-zia della sua silenziosa presenza franoi» (n. 41).

—Pastorale ordinariae oltre

Al contributo per il rinnovamentodella pastorale ordinaria si aggiun-gono le «nuove proposte e iniziativemissionarie da mettere in atto concreatività e audacia» (n. 47). Guida-ti in questo dai quattro principi del-l’Evangelii gaudium che vengono ri-presi e adattati alla vita consacrata.«Il tempo è superiore allo spazio»perché i processi di annuncio richie-dono una paziente attesa, senzapreoccuparsi di garantirsi spazi dipotere. «L’unità prevale sul conflit-to» perché i conflitti vanno accettatisenza esserne intrappolati, sapendodi essere chiamati «a curare le feriteprodotte da una mentalità globaliz-zata che mette al centro il consumo,

dimenticando Dio e i valori essen-ziali dell’esistenza» (n. 50). «Larealtà è più importante dell’idea»perché l’idea cade spesso nel sofismae nel distacco rispetto ai vissuti. «Cilasciamo affascinare dalla novità deiprogetti, dalle iniziative e dimenti-chiamo che il cambiamento più im-portante dipende da noi e dalla no-stra volontà e capacità di realizzar-lo» (n. 51). «Il tutto è superiore allaparte» perché siamo chiamati ad al-largare lo sguardo e riconoscere ilbene più grande.«La nostra missione è spazio di crea-tività prodotto dall’incontro del cari-sma con la storia. Un carisma che siautoesclude dal confronto ecclesialee dalla storia, limitandosi a un circui-to chiuso, rischia di trasformare lacomunità in uno spazio per soli ini-ziati di presunta forte identità. Inrealtà si autocondanna ad una iden-tità debole che guarda a se stessasenza orizzonte» (n. 53). Non vi èidentità senza creatività, senza il rin-novamento della motivazione, senzache la comunità o la congregazionenon avverta il tempo dell’indecisio-ne come superabile con la disponibi-lità di tutti.

—Periferiee audacia

La terza parte, Fuori della porta, pro-segue nella meditazione del libro de-gli Atti (16,1-40) nell’avvio della pri-ma comunità di Filippi: la predica-zione alle donne, l’ospitalità di Lidia,l’esperienza della prigione, il battesi-mo del carceriere e della sua fami-glia. «Le difficoltà, i rischi, le ferite

sono diventati simboli e mediazionidi novità, solo in seguito compresi;una sfida ad uscire dagli schemi, unesercizio di fede e di comunione sen-za garanzia né risorse definite. È sta-to un passaggio alla maturità con sa-pienza umana, ma anche con parre-sia e audacia, che hanno permesso diaprire strade nuove al Vangelo in al-tra cultura e con altri protagonisti»(n. 61). Per questo è necessario capire ciòche la condizione di secolarità e didisincanto del mondo ci sta chieden-do. «La secolarità, fenomeno com-plesso e contraddittorio, è estranea econtrapposta alla fede cristiana, o, alcontrario, conseguente alla sua es-senza? La Chiesa riconosce l’entitàsecolare del mondo affidato da Dioalla responsabilità dell’uomo. Nelcontempo vive in aperta solidarietàcon esso non per sacralizzarlo: peressere seme di santificazione. Vivereil mondo, pertanto, è un archetipo sucui coniugare la missione profeticadella Chiesa» (n. 64). Nella rinnovata responsabilità del-l’annuncio la vita consacrata devefare i conti con le nuove generazionie la loro cultura digitale, alla ricercadelle domande vere e non supposteo inventate della realtà umana d’og-gi, valorizzando la realtà intercultu-rale che abita spesso le nostre comu-nità. L’occhio è chiamato a vedere leperiferie e il cuore a immergersi inesse: «Accettare il rischio di nuovidestinatari (del Vangelo), non sceltia proprio comodo, ma esplorando,con audacia e compassione, con ge-nialità sempre rinnovata le nuoveperiferie» (n. 76). Il cammino coi po-veri garantisce un umanesimo inte-grale e solidale, è vincolato a un agi-re non violento, al contesto della fa-miglia oggi e ai rinnovati compitieducativi. Le nuove frontiere sonogeografiche, culturali, sociali, esi-stenziali, richiedono capacità di ac-coglienza e cordiale apertura al dia-logo ecumenico e interreligioso. Sa-pendo che non ci verrà risparmiatala tribolazione e che la lotta col ma-le si rinnova ogni giorno. Ma la spe-ranza è più forte. Essa è generativa eaderisce con letizia a ciò che lo Spi-rito sta compiendo oggi.

Lorenzo Prezzi

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4 Testimoni 10/2016

Una preghiera ruspanteCol trascorrere del tempo, si tende a ripassare mentalmente il tempopassato, specie in quei giorni in cui il tempo sembra non passare mai. Il tempo futuro si accorcia e i progetti diminuiscono. Il tempo passato siallunga e aumentano i ricordi, dai più diversi colori e risonanze.È allora che dovresti prendere in mano la tua corona del rosario, per ridarevita nuova ai tuoi ricordi, connettendoli con una rete che da virtuali li riportialla realtà.Ecco emergere dal limbo del tempo quella persona che è stata tantoimportante nella tua vita, ma che tu non hai saputo ringraziareadeguatamente. Quell’Ave che stai dicendo andrà a dire grazie, quasi unariparazione tardiva, ma tanto più gradita perché quel “grazie” è affidato aColei che lo saprà dire assai meglio di te. Poi si affaccia quella situazione che tu non vorresti ricordare, per la tristezzache ha prodotto e che non cessa di amareggiarti. In compagnia di Maria turipensi serenamente alle tue responsabilità e alle sofferenze provate eprovocate, chiedendole di pregare “per noi peccatori”, perchésappiamo perdonare e chiedere perdono.E così per tutte le altre persone e fatti che passano davanti a te come unfilmato registrato o in corso.E tu puoi fare, quasi inavvertitamente, una lectio a partire dai tuoi ricordi edalla tua vita passata e presente.Quel fatto, che si presenta improvvisamente alla memoria, mentre tu preghi,lungi dall’essere necessariamente una distrazione, può provocare unariflessione amara e una valutazione severa di fronte al tuo Creatore,ma venendo pregato con Maria, viene avvolto quasi spontaneamente in unclima di speranza, di fiducia e di abbandono filiale.Questa potrebbe essere considerata da alcuni una preghiera “ruspante”,terra terra. La tua corona è tuttavia in grado di connettere il passato con ilpresente, per purificarlo, ravvivarlo e pacificarlo.Consuma la tua corona per non lasciarti consumare dal tuo passato.Scorri i suoi grani, per riscattare i tuoi giorni opachi!Proietta il tuo presente in quel futuro dove Lei regna sovranamentemisericordiosa!E troverai pace.

Piergiordano Cabra

E S E R C I Z I S P I R I T U A L I

PER RELIGIOSE E CONSACRATE

� 13-18 nov: mons. Carlo Ghidelli“Gesù Cristo è il volto dellamisericordia del Padre”SEDE: Eremo SS. Pietro e Paolo –25040 Bienno (BS); tel. 036.440081fax 036.4406616;www.eremodibienno.it

� 13-19 nov: p. Giuseppe Paderni,scj “Esercizi spirituali”SEDE: Casa Incontri cristiani, ViaFaleggia, 6 – 22070 CapiagoIntimiano (CO); tel.031.460484 –fax 031.561163; e-mail:[email protected][email protected] –www.dehonianicapiago.it

� 13-20 nov: fr. Luca Fallica osb“La tenerezza di Dio ci crea e cirigenera come segno della suamisericordia” (Sal 145,9) SEDE: Centro Mater DivinaeGratiae, Via S.Emiliano, 30 –25127 Brescia (BS); tel.030.3847210/212; e-mail:[email protected] –www.materdivinaegratiae.it

� 14-18 nov: mons. GiuseppeBusani “Nella tua misericordia atutti sei venuto incontro” SEDE: Eremo di Lecceto Casa diSpiritualità “Card. Elia DallaCosta”, Via S.Salvadore, 54 –50055 Malmantile (FI); tel.055.878053 – fax 055.8729930;e-mail: [email protected]

� 20-26 nov: p. MassimilianoPreseglio, C.P. “Ritorna, Signore,libera la mia vita, salvami per latua misericordia” (Sal 6) SEDE: Casa Esercizi Spirituali “Ss.Giovanni e Paolo” Passionisti,Piazza SS. Giovanni e Paolo, 13 –00184 ROMA; tel. 06.772711– fax06.77271367; e-mail:[email protected] –www.esercizidelcelio.org

� 27 nov-3 dic: p. GabrieleCingolani, C.P. “La VergineMaria riflesso della misericordiadel Padre”SEDE: Casa Esercizi Spirituali “Ss.Giovanni e Paolo” Passionisti,Piazza SS. Giovanni e Paolo, 13 –00184 ROMA; tel. 06.772711 – fax06.77271367; e-mail:[email protected] –www.esercizidelcelio.org.

Il nostro cuore può racchiudere in queste decinedel Rosario tutti i fatti che compongono la vitadell’individuo, della famiglia, della nazione, dellaChiesa e dell’umanità. Vicende personali e vicendedel prossimo e, in modo particolare, di coloro checi sono più vicini, che ci stanno più a cuore. Cosìla semplice preghiera del Rosario batte il ritmodella vita umana.

Giovanni Paolo II

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5Testimoni 10/2016

Dal 15 al 18 settembre 2016 siè celebrato a Genova il 26°Congresso Eucaristico Na-

zionale che ha avuto come tema:“L’Eucaristia sorgente della missio-ne. Nella tua misericordia a tutti seivenuto incontro”. Il tema, che eragià di per sé di grande significatoteologico e di fede, si è aperto anchealla bellezza dell’Anno Giubilaredella Misericordia che stiamo cele-brando. Vivere questo Congresso è stato co-me lasciarsi afferrare dal mistero af-fascinante dell’Eucaristia, che è “in-sieme contemplativo e operoso, vis-suto nel raccoglimento della celebra-zione ed espresso nell’apertura ver-so il mondo” (Doc. Teologico prepa-ratorio, Introduzione). In esso si èvoluto far vivere a tutto il popolo diDio l’esperienza di una “Chiesa inuscita”. Infatti la stessa misericordia,

che è la sorgente e la ragione teolo-gica della Chiesa, assemblea di colo-ro che sono stati perdonati e riconci-liati nel mistero pasquale di Cristo,ed è la fonte del nostro radunarci co-me assemblea eucaristica, ci spingead uscire, a prendere l’iniziativa diinvitare tutti al banchetto dell’A-gnello. Abbiamo vissuto, come si legge nelDoc. preparatorio, l’esperienza di unDio che “esce da se stesso per salva-re l’uomo e nell’Eucaristia fa di noiChiesa in uscita”, che guarda in altosenza mai perdere di vista i proble-mi dell’oggi, anzi da questo sguardoin alto attinge forza e speranza peraffrontarli e viverli. È stato un gran-de confluire di tutto il popolo di Dio(Vescovi, presbiteri, religiosi, diaconie laici), che ha manifestato la propriafede e la propria comunione con Dioe con i fratelli.

VITA DELLA CHIESA

XXVI Congresso eucaristico nazionale

L’EUCARISTIA SORGENTEDELLA MISSIONE

Abbiamo colto l’eco di un Dio che nella sua misericordiaincontra ogni uomo e tutto l’uomo, che dal suo esempioè spinto ad uscire per realizzare nella storia la chiamata

degli uomini, nonostante il peccato, a vivere la comunionee l’alleanza divina nel coraggio della missione.

—La bellezzadi essere Chiesa

Dunque, il Congresso eucaristico na-zionale a Genova è stato un grandeed intenso evento, durante il quale èstato possibile gustare la bellezza diessere Chiesa attraverso una molte-plicità di avvenimenti, liturgici, cul-turali, ludici e artistici. Ma il Cardi-nale di Genova nella lettera di acco-glienza rivolta ai delegati ha ricorda-to: “I giorni del Congresso non sianoun programma da svolgere, ma unevento da vivere: l’incontro con Ge-sù Risorto, presente nel sacramentodel suo Corpo e del suo Sangue. Vor-remmo che fosse la testimonianza diun corale atto di fede che ci porta alcuore della vita cristiana e dellaChiesa, sorgente della missione e diogni misericordia”. È stato possibilevivere nella comunione, al di là del-le diverse età e condizioni sociali, lagioia della memoria di quell’UltimaCena, sorgente della nostra salvezzae mistero e sacramento pasquale inatto, che conduce nella fede all’in-contro con il Signore della vita nelloSpirito dell’Amore. Il Congresso eucaristico è stato an-che una grande celebrazione pubbli-ca davanti alla città, davanti all’Italiaintera, che ha condotto tutti ad inter-rogarsi sulla propria testimonianza esul proprio coraggio di annunciare lafede in Cristo morto e risorto, nonsolo con le parole ma anche con leopere di carità. Ma quest’evento èstato anche un annuncio verso colo-ro che hanno abbandonato la prati-ca della fede, verso coloro che pro-fessano il proprio agnosticismo e in-differenza verso ogni forma di reli-gione e di fede per riaffermare che icristiani trovano nell’alleanza e nel-la compagnia del Signore risorto,presente per la fede nel sacramentodel pane e del vino e nella carne deifratelli, la forza per cambiare la sto-ria, per lottare nel dialogo e nellacollaborazione con tutti gli uomini dibuona volontà contro il male e co-struire una società fondata sul bene,sulla verità e sulla bellezza.

—Genova, iconadella Chiesa in uscita

Anche per queste ragioni è stata si-

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Testimoni 10/20166

gnificativa la scelta di Genova comesede del Congresso eucaristico. Lasua storia, il suo porto, che la proiet-ta sul mare e lungo le grandi rottedella navigazione nel Mediterraneoe verso i nuovi mondi, ne hanno fat-to una vera e propria icona della“Chiesa in uscita”. Queste parole so-no state sottolineate dal cardinaleBagnasco nella S. Messa di aperturadel Congresso in Piazza Matteotti.L’Eucaristia è stata la forza generan-te, nella storia della Chiesa che è inGenova, per essere “città accoglien-te”, “cantiere operoso”, “porta aper-ta” proprio come l’Eucaristia, in cuiDio “ci accoglie con il suo mistero,ci ospita al suo banchetto, ci nu-tre con il pane di vita, ma an-che ci invia con il fuoco del-lo Spirito a lavorare nellafucina del mondo, ci aprea nuovi cammini del Van-gelo, ci spinge al largo”(Doc. Preparatorio). Ab-biamo veramente coltoin questi giorni l’eco diun Dio che nella sua mi-sericordia incontra ogniuomo e tutto l’uomo, chedal suo esempio è spinto aduscire per realizzare nellastoria la chiamata degli uomi-ni, nonostante il peccato, a vive-re la comunione e l’alleanza divinanel coraggio della missione. In que-sta navigazione verso i mari aperti laChiesa che è in Genova si è affidataalla Madonna della Guardia, tantoamata dai genovesi, perché da Leitutta la Chiesa sia protetta e stimo-lata.

—Alcune novitàrispetto al passato

Il Congresso eucaristico nazionaleche si è svolto quest’anno a Genovaha presentato alcune novità rispettoai Congressi precedenti. Anzitutto ladurata. Non più una settimana maquattro giorni, dal giovedì alla do-menica, di cui i primi due sono stativissuti contemporaneamente in tuttele altre diocesi italiane: la celebrazio-ne dell’apertura e la giornata peni-tenziale sotto il segno della miseri-cordia, sia quella nel Sacramento delperdono sia quella donata attraversole Opere di Misericordia corporale e

VITA DELLA CHIESA

spirituale. I delegati delle tante dio-cesi italiane hanno vissuto e celebra-to venerdì 16 settembre la misericor-dia e il perdono di Dio nella visita enella preghiera vissuta da circa 400delegati in luoghi dove quotidiana-mente si fa il bene nella diocesi diGenova il servizio silenzioso e ope-roso della carità. Sabato 17 settembre è stato il giornodella riflessione sull’Eucaristia attra-verso le Catechesi che si sono svoltein varie chiese della città, guidate daalcuni vescovi su alcuni temi legati ai

cinque verbi che hanno caratterizza-to il Convegno pastorale della Chie-sa in Italia e che si svolto a Firenze ametà del decennio, come verifica delpiano pastorale 2010-2020: “L’Euca-ristia e la via dell’uscire” (Mons.Borghetti e Mons. Brambilla);“L’Eucaristia e la via del trasfigura-re” (Mons. Tanasini e Mons. Suetta);“L’Eucaristia e la via dell’annuncia-re” ( Mons. Viola e Mons. Galanti-no); “L’Eucaristia e la via dell’abita-re”(Mons. Palletti e Mons. Lupi).Alla fede conosciuta ha fatto eco lafede contemplata e pregata nell’ado-razione solenne sempre sabato 17settembre alle ore 16.45 che si è te-nuta nell’ambiente affascinante delPorto Antico con il SS. Sacramentoposto su una motovedetta dellaGuardia Costiera che a Lampedusaha compiuto numerosi salvataggi dimigranti, salutato dalle sirene delle

navi alla fonda e da giochi d’acqua.Molto solenne è stata anche la pro-cessione che si è snodata, al terminedell’adorazione, dal Porto Antico al-la Cattedrale. Tutti i partecipanti al-la processione nell’Anno giubilaredella Misericordia hanno potuto al-la fine della processione passare at-traverso la Porta Santa per sottoli-neare la relazione stretta tra l’even-to giubilare e il XXVI° Congressoeucaristico.Infine, il momento più solenne è sta-ta la Celebrazione Eucaristica delladomenica 18 settembre mattina, pre-sieduta dal cardinal Bagnasco, invia-to speciale del Papa e Presidente

della CEI nonché arcivescovo diGenova, concelebrata dai ve-

scovi e dai sacerdoti presenti,in comunione con migliaia emigliaia di fedeli, tra cui ibambini che hanno rice-vuto la Prima Comunio-ne in questo anno. I Cro-cifissi delle moltissimeConfraternite liguri han-no fatto da corona, da-vanti al mare, a questa

suggestiva celebrazioneeucaristica conclusiva. La

raccolta è stata offerta per lenecessità e i bisogni di coloro

che hanno vissuto l’ultimo terre-moto di agosto. Le parole dell’ome-lia del cardinale sono state attente asottolineare come il mistero eucari-stico parla a tutte le categorie e a tut-te le persone che vivono nel tempoe, soprattutto, ai cristiani sono un’in-dicazione sul come stare in modonuovo nel mondo plasmati da Cristo.Infatti l’eucaristia è per tutti.

—Molti gli eventicollaterali

Moltissimi sono stati anche gli even-ti collaterali che hanno arricchitoquesto Congresso: ogni giornata èstata aperta dalla celebrazione del-l’eucaristia e si è conclusa con l’ado-razione notturna presso la storicachiesa di S. Matteo. Un concerto perle delegazioni è stato offerto dal Tea-tro Carlo Felice , la cui orchestra hasuonato anche durante l’adorazioneeucaristica, per accompagnare i can-ti della Schola Cantorum con diret-tore il Maestro Marco Frisina. Que-

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7Testimoni 10/2016

sta orchestra ha anche accompagna-to, nella celebrazione della S. Messa,i settecento cantori della diocesi diGenova e i Cantori Gregoriani diCremona.La Serata Giovani di sabato 17 haanimato con una grande veglia unapiazza Matteotti gremitissima nonsolo di giovani ma di fedeli di ognietà; anche la storia e l’arte hannoavuto la loro parte attraverso l’orga-nizzazione di “Percorsi Storico-Reli-giosi” offerti ai delegati accompa-gnati da guide turistiche e da volon-tari; è stata l’occasione per far gusta-re anche le bellezze della città e ilsuo grande patrimonio di fede con-servato nelle chiese e nelle strade.

—Una lungapreparazione

Per organizzare tutto questo gran-dioso evento è stata necessaria unalunga preparazione sotto la guida diun Comitato nazionale e di un Co-mitato Diocesano Preparatorio, pre-sieduto dal Vicario generale di Ge-nova, mons. Marco Doldi. Sono sta-te coinvolte parrocchie, vicariati,congregazioni religiose, aggregazio-ni laicali e fedeli laici: questa colla-borazione operosa è già un grossorisultato del Congresso stesso. Sonostati preparati anche sussidi pastora-li che hanno avuto grande successoperfino fuori diocesi per il loro con-tenuto.500 sono stati i volontari coinvoltiper lo svolgimento ordinato e pun-tuale di tutte le iniziative, 700 i can-tori diocesani, 400 i delegati per iluoghi della misericordia, più di 900i delegati delle diocesi italiane. An-che le istituzioni locali hanno fattiva-mente collaborato. Sono solo nume-ri, ma danno la misura della bellezzae della grandezza di quanto si è svol-to. Il resto che è nei cuori non puòessere misurato, ma sicuramenteporterà frutti nella Chiesa italiana.Le parole finali del cardinale di Ge-nova alla fine dell’omelia della S.Messa conclusiva riassumono in mo-do incisivo e sintetico l’esperienzadel Congresso eucaristico nazionale:“La nostra gioia è grande e si chiamaGesù”.

don Gianfranco Calabrese

Nel prossimo futuro vi saràancora una presenza cristia-na significativa in Medio

Oriente, oppure, a causa delle guer-re incombenti e delle violenze (del-l’Isis/Daesh, ma non solo), la culladel Cristianesimo sarà praticamentesvuotata di una comunità bimillena-ria? Questa, nella sua crudezza, ladomanda inquietante che da qualcheanno si fanno i leader delle Chiese, eche serpeggiava anche tra i parteci-panti alla XI Assemblea del Consi-glio delle Chiese del Medio Orienteriunitosi ad Amman, in Giordania,dal 6 all’8 settembre.

—Emorragiadi cristiani

Che vi sia un’emorragia dei cristianiautoctoni in quella cruciale regione

è un dato di fatto. Per capire il pre-sente, occorre tuttavia paragonarel’attualità con il recente passato.L’Oeuvre de l’Orient e l’Internatio-nal Religious Freedom Report ripor-tavano, per il 2011, le seguenti per-centuali di presenza cristiana, rispet-to alla popolazione, in vari paesi me-diorientali: Libano 36%, Egitto 7-10%, Siria 4%, Iraq 2%, Israele 2%,Territori palestinesi 1,2%, Iran0,2%, Turchia 0,1% [cf. Irénikon1/2016]. Sono cifre, ovviamente, davariare oggi al ribasso, e comunqueda non assolutizzare; d’altronde, pri-ma del 2011 (nel marzo di quell’an-no iniziò la guerra civile in Siria, conle conseguenze spaventose che tutticonosciamo), a Damasco vari re-sponsabili valutavano i cristiani nelpaese tra l’8 e il 10%. Aggiungo – al-tro quadro – che fonti cristiane da

LA CHIESA NEL MONDO

XI Assemblea del Consiglio delle Chiese del M. O.

CRISTIANIIN ESTINZIONE?

Al Summit di Amman hanno preso parte tra gli altri ilPatriarca greco ortodosso di Antiochia, Yohanna X; ilPatriarca caldeo, Louis Raphael I; il Patriarca latino

emerito di Gerusalemme, Fouad Twal: il Patriarca sirocattolico, Ignace Youssif III; il Patriarca greco melkita,

Gregoire III, e il Patriarca copto ortodosso, Tawadros II.

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Testimoni 10/20168

LA CHIESA NEL MONDO

me interpellate in aprile a Teheran,mi hanno detto che, in Iran, gli arme-ni – la seconda religione della Re-pubblica islamica, a invalicabile di-stanza dalla prima, la soverchiantemusulmana – erano sui 150mila, e icattolici alcune poche migliaia; sa-rebbero poi in crescita gruppi prote-stanti, soprattutto evangelical (diffi-cili da quantificare, non essendo for-malmente riconosciuti).

—Un aumentograzie ai lavoratori

Si deve però notare che, in questi ul-timissimi anni, in alcuni paesi medio-rientali la presenza cristiana è moltoaumentata. Non però per un’ondatadi conversioni di musulmani al Cri-stianesimo – scelta proibitissima,dalla legge e/o dal costume sociale, eche può essere punita perfino con lamorte – ma per l’arrivo di molti la-voratori cristiani, donne e uomini, leune impegnate nel lavoro domesticoo come badanti, e gli altri nell’agri-coltura e nell’edilizia. Sono presenzecorpose, ma stagionali, e quasi delle“isole”, perché non possono fare

sotto un cielo blu-cobalto, e con ildeserto poco lontano, ci rendemmoconto di una stridente contro-testi-monianza cristiana in terra islamica.

—La tragica conseguenzadelle guerre

Se le presenze “straniere” non fannorealmente crescere, e in modo dura-turo, la presenza dei cristiani, a farladiminuire irreparabilmente, negli ul-timissimi anni, sono state e sono leguerre in atto e le violenze efferate,in particolare quelle compiute dalcosiddetto “Califfato” legato all’I-sis/Daesh nei territori da lui control-lati, il nord della Siria e dell’Iraq: levittime più numerose sono musul-mani sciiti, o sunniti “non allineati”;ma sono state tante, e in percentualepiù devastanti rispetto all’esiguo nu-mero delle loro comunità, le vittimecristiane e yazide. Inoltre, la guerracivile in Siria, e i sanguinosi scontritra sciiti e sunniti in Iraq, diretta-mente o indirettamente hanno dis-solto molte comunità. Quanti hannosalvato la vita, rifugiandosi in alcunepoche zone (relativamente) sicure,nella piana di Ninive in Iraq, o tro-vando scampo in Turchia e in Liba-no, o anche in Europa occidentale,forse non torneranno più a casa.Comunità millenarie sono state sfa-sciate, villaggi cristiani (ma ancheyazidi) rasi al suolo, templi antichis-simi demoliti. Si calcola che in Iraqfino a quattro-cinque anni fa vi fos-sero, nell’insieme, 1,6 milioni di cri-stiani; ora, ne sono rimasti tre oquattrocentomila. E – altro quadro –nei territori palestinesi, la pur giàpiccola presenza cristiana si riducesempre più (si veda a Betlemme!)perché l’irrisolto conflitto israelo-palestinese rende aspra la vita, e dif-ficile trovare lavoro: perciò molte fa-miglie cristiane palestinesi, se posso-no, emigrano, cercando fortuna inQatar, nel Kuwait e in Occidente.Nella Striscia di Gaza vivono 1,7 mi-lioni di palestinesi, massicciamentemusulmani sunniti; vi è però ancheuna piccola comunità cristiana, for-mata in prevalenza da ortodossi le-gati al patriarcato di Gerusalemme.I cattolici sono duecento; ma, mi di-ceva ancora quattro anni fa il loroparroco, “ogni settimana va via una

opera di evangelizzazione. Anche illoro status è assai differente, a secon-da del paese in cui vivono; prendia-mo, ad esempio, Arabia saudita eOman. Nel primo paese oggi lavorano circadue milioni e mezzo di donne e uo-mini cristiani, provenienti soprattut-to da Medio Oriente, Pakistan, In-dia, Vietnam, Indonesia, Etiopia.Non hanno però diritto ad avere, uf-ficialmente, nemmeno una chiesa(una flagrante violazione della li-bertà religiosa che l’Occidente, biso-gnoso del petrolio saudita, ipocrita-mente tollera): il regime di Riyadh,da parte sua, sostiene che nella terradel profeta Muhammad non possa-no essere ammessi culti non musul-mani. Varie testimonianze attestanoperò che nel paese vi è un certo nu-mero (60.000?) di sauditi convertiti-si al Cristianesimo; ma è una presen-za-ombra, perché quelle personenon possono proclamare la loro nuo-va fede: essendo considerate “apo-state”, rischierebbero moltissimo.

—Situazione diversanell’Oman

Ben diversa la situazione in Oman.Qui gli autoctoni sono 2,3 milioni diabitanti, formalmente tutti musul-mani, e i lavoratori stranieri, uominie donne, 1,7 milioni. Anche nel sulta-nato è vietatissimo a un musulmanofarsi cristiano; tuttavia, agli straniericristiani – beninteso: sempre che nonfacciano proselitismo – è concessa li-bertà di culto. Per favorirla, il sulta-no Sayed Qabus ibn Said ha regala-to un’ampia collina, al centro dellacapitale, Masqat, ove, anche con ilcontributo dello Stato, tutte le mag-giori Chiese cristiane – la cattolica,l’ortodossa, la copta, l’anglicana, unacomunità indiana – hanno potuto co-struire, l’uno vicino all’altro, il lorotempio. La notte di Pasqua del 2014settemila cristiani convennero inquella “cittadella cristiana”: ben ri-cordo l’impressione che fece a me, eal gruppo che era con me, vederequella folla variopinta, e sentire can-tare, in varie lingue, “Cristo è risor-to”. Purtroppo, però, in ciascunachiesa ogni Chiesa celebrò per con-to suo la Risurrezione di Cristo, sen-za riuscire a farlo con le altre. Là,

La Chiesaè donna

PAPA FRANCESCO

Scritti, discorsi, omelie

Il rapporto di papa Francesco con ledonne appare del tutto alieno da an-

tichi pregiudizi e da moderni conformi-smi, ma fondato su una forte attitudineempatica. I doni e le peculiarità propriedel femminile sono un elemento essen-ziale del ministero della misericordia, cheper Francesco è il compito più urgente.

«CAMMINI DI CHIESA» pp. 128 - € 9,50

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Testimoni 10/2016 9

famiglia, e nessuno lasostituirà”. Anche il Libano, il pae-se più “cristiano” delMedio Oriente, rischiadi essere travolto dalleconseguenza dellaguerra civile in Siria.Infatti, grande poco piùdell’Umbria, e con 4,2milioni di abitanti, essosi è visto arrivare 1,2milioni di profughi si-riani: un aumento chealtera le componentipolitico-religiose dellasua società, innescandopericolose conseguenze. Il Paese –nato nel contesto della secondaguerra mondiale – è infatti retto daun “patto nazionale” che prevedeuna spartizione del potere su basereligiosa: il presidente della repub-blica deve essere maronita (cattolicidi rito antiocheno), il premier un mu-sulmano sunnita, il presidente delparlamento uno sciita. Ma il mondopolitico maronita è diviso, al suo in-terno, sulla candidatura da proporre,e divisi sono i musulmani. Conse-guenza: da trenta mesi la repubblicaè senza il suo capo; sono caduti nelvuoto anche gli appelli del patriarcamaronita, cardinale Boutros Bécha-ra Rai, a trovare un accordo, primache il Libano precipiti nel caos.E in Siria? A Maalula, vicino al con-fine con il Libano, la gente parlavaancora l’aramaico: ed ascoltare là, inun’antichissima chiesa, ragazzi reci-tare il “Padre Nostro” nella lingua diGesù era un’emozione indicibile.Ora la guerra fratricida (ma conmandanti “esterni”) che sta deva-stando la Siria ha scardinato le co-munità cristiane della cittadina e di-strutto molti loro edifici. A Dama-sco, poi, risiedono il patriarca orto-dosso di Antiochia, Johannes X, e ilpatriarca melkita (greco-cattolico),Gregorios III. Più volte ho visitato leloro residenze che, sembra, stianoancora in piedi: ma che ne è delle lo-ro comunità sparse in villaggi cancel-lati dalla guerra? E il problema siimpone anche per le città: così, se nel2011 vi erano 270 famiglie melkitead Homs, oggi sono 70.

Il 10 settembre scorso il Segretario di

LA CHIESA NEL MONDO

Stato, John Kerry, e il ministro degliesteri russo, Serghei Lavrov, hannoraggiunto un accordo per favorire inSiria una tregua almeno tra le con-trapposte parti combattenti legate aWashington o al Cremlino: andata invigore due giorni dopo, reggerà?Molte sono le speranze, ma tanti an-che i dubbi, data l’estrema comples-sità dei problemi da dipanare, e le di-vergenti prospettive strategiche diBarack Obama e di Vladimir Putinsul futuro del regime degli Assad.

—Gli interrogativiaperti

Il summit cristiano di Amman eraben consapevole di un dato: il gior-no che sia debellato l’Isis/Daesh,tacciano le armi e si avvii una risiste-mazione di Siria ed Iraq (mutatismutandis, la questione riguarda tuttii paesi mediorientali!), l’avvenire deicristiani dipenderà, infine, da gover-ni sostanzialmente in mano – Israelea parte – a musulmani. Perciò, nelcomunicato finale dei lavori ha af-fermato: le Chiese e le comunità cri-stiane del Medio Oriente apprezza-no e seguono con ottimismo le ini-ziative di istituzioni e leader musul-mani della regione “che si sono im-pegnati nel rifiuto dell’estremismo edella violenza, hanno affermato il ri-spetto della diversità e riconosciutoil ruolo della componente cristianacome fattore originale e fondamen-tale della civiltà araba e dell’interaregione, invocando che tale fattoresia preservato”. La sorte tragica dei cristiani in Me-dio Oriente, e le persecuzioni da es-

si subite, sono state più volte gridatedalle Chiese al mondo. Si è distinto,nell’alzare vigorosa la voce, il pa-triarcato di Mosca; lo ha fatto, in giu-gno, a Creta, anche il “Santo e Gran-de Concilio ortodosso”. Lo ha fattopiù volte la Santa Sede. BenedettoXVI nel 2010 convocò un Sinodo de-dicato alla Chiesa in Medio Orientee, nel settembre di due anni dopo,andò a Beirut per firmare, là, l’esor-tazione apostolica post-sinodale sul-l’argomento. Da parte sua, papaFrancesco nell’ottobre (2-4) del 2014ha convocato tutti i nunzi apostolicidei Paesi mediorientali per riflettere,con i capi della Curia romana re-sponsabili, a vario titolo, di quella re-gione, su “La situazione dei cristianiin Medio Oriente”. L’esito dell’incontro era così riassun-to: “Grave preoccupazione desta l’o-perato di alcuni gruppi estremisti, inparticolare del cosiddetto ‘Stato isla-mico’, le cui violenze e abusi nonpossono lasciare indifferenti. Non sipuò tacere, né la comunità interna-zionale può rimanere inerte, di fron-te al massacro di persone soltanto acausa della loro appartenenza reli-giosa ed etnica, di fronte alla decapi-tazione e crocifissione di esseri uma-ni nelle piazze pubbliche, di fronteall’esodo di migliaia di persone, alladistruzione dei luoghi di culto. I par-tecipanti all’incontro hanno ribaditoche è lecito fermare l’aggressore in-giusto, sempre nel rispetto del dirit-to internazionale. Tuttavia… il pro-blema va affrontato a partire dallecause che ne sono all’origine e ven-gono sfruttate dall’ideologia fonda-mentalista”.

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10 Testimoni 10/201610

“L’ora che tu vivi, il com-pito che adempi, l’uo-mo che incontri in

questo momento sono i più impor-tanti della tua vita”, scriveva PaulEvdokimov nelle Età della vita spiri-tuale. Il desiderio di offrire un tem-po opportuno per l’incontro, unospazio di ascolto reciproco, è l’intui-zione che sta all’origine dei Conve-gni ecumenici internazionali di spiri-tualità ortodossa, che la Comunitàmonastica di Bose organizza dal1993 in collaborazione con le Chieseortodosse.Tre beatitudini evangeliche hannoscandito il tema degli ultimi conve-gni: “Beati gli operatori di pace”(2014), “Beati i misericordiosi”(2015); e infine “Beati voi, quando viperseguiteranno per causa mia” è laparola risuonata quest’anno durantela ventiquattresima edizione del con-

vegno di spiritualità ortodossa, Mar-tirio e comunione (Bose 7-10 settem-bre 2016). In un tempo segnato dasanguinosi conflitti, in cui la via dellapace è contraddetta e la dignità uma-na annullata, in cui i cristiani sono an-cora emarginati e perseguitati per laloro fede in molti paesi, i rappresen-tanti di tutte le Chiese ortodosse, del-le Chiese della Riforma, della Chiesacattolica, cristiani d’Oriente e d’Occi-dente, hanno voluto raccogliersi in-sieme, nella condivisione della pre-ghiera e dello studio, per riflettere sulsignificato del martirio cristiano, qua-le via che apre alla comunione e in-terrompe la catena dell’odio.

—Intima connessionetra martirio e comunione

I messaggi inviati al convegno daicapi delle Chiese hanno messo in lu-

ECUMENISMO

Convegno di spiritualità ortodossa a Bose

MARTIRIOE COMUNIONE

I rappresentanti di tutte le Chiese ortodosse, di quelledella Riforma, della Chiesa cattolica, cristiani d’Oriente ed’Occidente, si sono raccolti insieme, nella condivisione

della preghiera e dello studio, per riflettere sul significatodel martirio cristiano, quale via che apre alla comunione e

interrompe la catena dell’odio.

—Non ci si puòrassegnare

E, sull’esodo forzato dei cristiani:“Non ci si può rassegnare a pensareil Medio Oriente senza i cristiani,che da duemila anni vi confessano ilnome di Gesù. Essi vogliono conti-nuare a contribuire al bene della so-cietà, inseriti quali cittadini a pienotitolo nella vita sociale, culturale ereligiosa delle nazioni a cui appar-tengono. In esse svolgono un ruolofondamentale come artefici di pace,di riconciliazione e di sviluppo”. Poi, il 20 dello stesso mese di otto-bre, Bergoglio convocava un conci-storo ordinario pubblico per ap-profondire lo stesso tema. Il cardina-le segretario di Stato, Pietro Parolin,allora, ribadendo le conclusioni delvertice di inizio ottobre, si dicevaestremamente preoccupato “per leatrocità inaudite perpetrate da piùparti nella Regione, ma in particola-re dai fondamentalisti del gruppodenominatosi ‘Stato Islamico’”. Co-me superare questa situazione, e al-tre ancora? “La pace in MedioOriente – proseguiva il porporato –va cercata non con scelte unilateraliimposte con la forza, ma tramite ildialogo che porti ad una soluzione‘regionale’ e comprensiva, la qualenon deve trascurare gli interessi dinessuna delle parti. In particolare, èstata rilevata la necessità e l’urgenzadi favorire una soluzione politica,giusta e duratura, al conflitto israelo-palestinese come un contributo deci-sivo per la pace nella Regione e perla stabilizzazione dell’area intera”.Infine, “per quanto riguarda la situa-zione in generale nei Paesi a maggio-ranza musulmana, c’è un problemadi fondo che è il rapporto e il nessoinscindibile tra religione e politica,cioè la mancanza di separazione trareligione e Stato, tra l’ambito religio-so e quello civile, legame che rendedifficile la vita delle minoranze nonmusulmane e in particolare quellacristiana. Sarebbe importante perciòcontribuire a far maturare l’idea del-la distinzione tra questi due ambitinel mondo musulmano”.E torna la domanda: nel prossimofuturo vi sarà una significativa pre-senza cristiana in Medio Oriente?

Luigi Sandri

LA CHIESA NEL MONDO

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Testimoni 10/2016 11

ce l’intima connessione tra martirioe comunione, nel suo fondamentocristologico: solo l’amore fino all’e-stremo vissuto da Gesù sulla croce èla ragione del dono della vita da par-te del martire. Il patriarca Bartolo-meo di Costantinopoli ha ricordatoche “la chiesa ortodossa è stataprofondamente segnata dal sensodel martirio e della sofferenza, parti-colarmente in Asia Minore, in Rus-sia e più recentemente in MedioOriente e in Nord Africa”, ma cheda questa prova nasce un’umile vo-lontà di comunione, perché “la co-munione è la giustificazione e la ra-gione del martirio”. Il metropolita Ilarion di Volokolam-sk, presidente del dipartimento perle relazioni esterne delpatriarcato di Mosca,nel suo messaggio in-viato a nome del pa-triarca Kirill di Mosca,ha notato come la per-secuzione e il martiriostiano nell’orizzontedella sequela cristiana(cf. Gv 15, 18.20; 16,2.3; 15,27). Ma questasofferenza è anche unpressante appello allariconciliazione e all’u-nità dei cristiani: “…questi martiri del no-stro tempo, apparte-nenti a varie Chiese,ma uniti da una comu-ne sofferenza, sono un pegno dell’u-nità dei cristiani” (Dichiarazione co-mune di Papa Francesco e del Pa-triarca Kirill di Mosca e di tutta laRussia n. 12). A queste voci si è uni-ta quella di papa Francesco, che nelsuo messaggio pervenuto per il tra-mite del cardinale Pietro Parolin, Se-gretario di Stato di Sua Santità, au-spica che “la riflessione sul martirio,quale preziosa eredità evangelicache accomuna tutte le Chiese, ci di-sponga a considerare la via privile-giata dell’ecumenismo del sangueche precede ogni contrasto e raffor-za il cammino verso l’unità”.

—Chi è il martire?

A una parola abusata, preda dellapropaganda e della retorica, diventa-ta paradossalmente sinonimo di

morte e terrore, il “martire”, il con-vegno di Bose ha voluto accostare iltermine di “comunione”: il martirioè una testimonianza di amore in vi-sta della comunione, anche a prezzodel dono della vita.Certo, la storia del secondo millen-nio del cristianesimo è anche unastoria d’incoerenza, di contraddizio-ne all’unità voluta dal Signore per icredenti in Lui: i cristiani, infatti, sisono divisi, si sono anche combattu-ti, sono arrivati a farsi delle guerre.L’ecumenismo è il cammino inverso,che cerca di ritrovare quell’unità chevuole il Signore. C’è un ecumenismodella teologia, ma c’è un ecumeni-smo più diretto: è quello dei martiri.Il sangue da loro versato per causa

di Cristo si è mischiato: hanno giàdato una testimonianza unita nellafede. È avvenuto molte volte nel se-colo scorso, nella Russia del Gulag,nei campi di sterminio nazisti, maanche nei nostri giorni, come i ven-tuno martiri copti, sgozzati dallo Sta-to Islamico, quali agnelli afoni sullerive del mare, insieme con altri lavo-ratori, anch’essi uccisi perché cristia-ni. Su questo misterioso legame tramartirio e il desiderio dello Spiritosanto che spinge le chiese verso lacomunione visibile, hanno voluto ri-flettere i relatori riuniti a Bose, tra iquali erano presenti l’arcivescovoJob (Getcha) di Telmessos, rappre-sentante del Patriarcato di Costanti-nopoli presso il Consiglio ecumenicodelle chiese (“La testimonianza e ilservizio di comunione del Patriarca-

to ecumenico”), e il cardinale KurtKoch, Presidente del Pontificio con-siglio per la promozione dell’unitàdei cristiani (“Testimonianza comu-ne, speranza di unità”).Chi è il martire? La parola grecamartys indica il testimone che depo-ne dinanzi al giudice. “Il Nuovo Te-stamento – ha ricordato Enzo Bian-chi nel discorso introduttivo – chia-ma Gesù martys, il ‘testimone’ di Dioper eccellenza, fedele fino alla mor-te”. Egli testimonia l’amore del Pa-dre, e la sua testimonianza definitivaè quella resa sulla croce, quando per-dona i suoi torturatori. Il martirio diGesù, il Cristo, il suo sangue versatoper tutti sulla croce (cf. Ef. 2,13-14),più eloquente di quello di Abele (cf.

Eb 12,24), testimonedel suo amore infinita-mente misericordioso(cf. Gv 13,1), sigillatodal dono dello Spiritosanto (cf. Gv 14,15-17.26), dona la pace ela comunione del Re-gno dei cieli. È stata soprattutto laprolusione di SuaBeatitudine Youhan-na X, patriarca di An-tiochia e di tutto l’O-riente, a far risuonarela voce delle comunitàcristiane perseguitateoggi in Medio Orien-te: “Insultati, benedi-

ciamo; perseguitati, sopportiamo; ca-lunniati, confortiamo… (1Cor 4,9-13). Forse in queste parole dell’Apo-stolo Paolo si trova l’espressione mi-gliore dell’attuale situazione dellaChiesa di Antiochia e la sua conti-nua lotta per rendere testimonianzaal suo Signore”. Dopo il dialogo del-la carità, che ha contraddistinto ledue grandi stagioni del cammino diritrovata fraternità tra Chiesa catto-lica e Chiesa ortodossa, dal VaticanoII all’inizio del dialogo teologico bi-laterale, il patriarca Youhanna ha in-vitato a “un ecumenismo della con-versione”, quello indicato dai marti-ri, tra i quali ha ricordato anche “pa-dre Jacques Hamel morto in Francia,ucciso tra l’altare e il santuario (Mt35,23) come dice la Scrittura”. Il pa-triarca ha concluso con un vibranteappello: “Sì, fratelli. Noi ad Antio-

ECUMENISMO

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Testimoni 10/201612

chia, nonostante l’insopportabiledolore che viviamo, nonostantele grandi persecuzioni, nonostan-te i rapimenti, lo sradicamento, laprivazione degli elementi basila-ri per una vita decente, amiamoancora i fratelli e quando li in-contriamo … scorgiamo un voltodi speranza e la testimonianza re-sa a Colui che ha vinto la soffe-renza e la morte e che ci ha dona-to la luce della sua risurrezione”.

—Testimoniarela verità

“Beati voi, quando mentendo, di-ranno ogni male di voi a causamia” (Mt 5,11).Nella storia il martirio è stato unaforza contro la menzogna e l’oblio:menzogna nei regimi totalitari (Kon-stantin Sigov, Lidija Golovkova, Ki-rill Kaleda hanno esaminato il deli-cato lavoro di recuperare la memo-ria dei martiri nello spazio post-so-vietico); menzogna oggi sulle verecause della guerra che devasta il Me-dio Oriente.Ciò che si oppone all’oblio e alla di-

ECUMENISMO

menticanza è il far memoria e il ren-dere grazie: l’offerta della vita delmartire ha una dimensione eucaristi-ca. “Sono frumento di Dio, macinatodai denti delle fiere, per diventarepane puro di Cristo”, scriveva ai Ro-mani Ignazio di Antiochia. “Non c’èvita cristiana senza amore sacrifica-le”, commenta nel suo intervento ilteologo greco Athanasios Papatha-nasiou: “Come l’evangelista Giovan-ni, per descrivere la relazione di Cri-sto con i credenti, ha utilizzato l’im-magine della vite e dei tralci (cf. Gv15,1-5), Ignazio utilizza l’immaginedei rami che spuntano dalla croce”.Il martire testimonia la verità dell’a-more di Dio, perché è Dio stesso cheha dato testimonianza di sé nella sto-ria: e questa auto-testimonianza di-vina nella storia “trova il suo culmi-ne insuperabile nell’incarnazione diGesù Cristo”. Della dimensione tri-nitaria e pneumatica, nello Spirito,del martirio cristiano, ha parlato l’ar-chimandrita Panteleimon Manous-sakis (College of the Holy Cross diWorcester). “L’auto-testimonianzadi Cristo non si riduce a una vuotatautologia auto-referenziale (cf. Gv5,31), ma segue una struttura ‘peri-coretica’: egli rivela se stesso solonella misura in cui rivela il Padre:Padre ho rivelato il tuo nome a colo-ro che mi hai dato (Gv 17,6). Da par-te sua, il Padre rende testimonianzaal Figlio (Gv 5,37), e chi crede nel Fi-glio di Dio, ha in sé questa testimo-nianza [martyría] (1Gv 5,10). È infi-ne lo Spirito santo che rende testi-monianza alla testimonianza di Cri-

sto: lo Spirito della verità … daràtestimonianza [martyrései] di me(Gv 15,26). La testimonianza diCristo alla verità è la testimo-nianza … sul Dio che esiste comecomunione di Persone”.Se questo è il fondamento teolo-gico del martirio, il teologo orto-dosso americano Aristotle Papa-nikolaou, del Fordham’s Ortho-dox Christian Studies Center, hainsistito sulla dimensione politicadel martirio cristiano, mettendoin guardia dalle mistificazioni:“L’autoaffermazione non è mar-tirio, soprattutto quando portaavanti una politica di divisione.La politica del ‘noi’ contro di ‘lo-ro’, la politica che crea frontiere

e muri, la politica della demonizza-zione … non è la politica del marti-rio; è la politica dell’anti-comunio-ne”. C’è un grande dono che i marti-ri fanno al mondo, ha concluso Papa-nikolaou, ed è “che non ci può esse-re alcuna comunione senza martirio.Gli attentati suicidi provocano soloulteriori divisioni e conflitti, perchéun attentato suicida in nome dellafede è autoaffermazione e, quindi,non è martirio”; il mondo ha invecebisogno “di una politica del martirio;di una morte (si spera più spiritualeche fisica) che sia il risultato di un di-re la verità di fronte all’altro”, per-ché “solo attraverso il martirio l’a-more vincerà la paura”.Il convegno ha così fatto emergere lepotenzialità di comunione e gli oriz-zonti ecumenici del martirio cristia-no, sollevando anche domande im-portanti: che cosa dicono oggi i mar-tiri alle chiese e al mondo? Quandosarà possibile un martirologio comu-ne? Il martirio dei discepoli di Cri-sto, dai tempi apostolici fino ai nostrigiorni, non testimonia forse che loSpirito santo, nonostante le divisionidella Chiesa, non abbandona coloroche confessano Gesù come il Signo-re della storia, del mondo e della lo-ro vita? Il grido dei martiri si fa an-cora sentire (Ap 6,10), e si unisce aquello dello Spirito e della Sposa:“Vieni, Signore Gesù” (Ap 22,20). Ilsangue dei martiri testimonia giàdell’Una Sancta.

Adalberto Mainardimonaco di Bose

TaizéCLAUDIO MONGE

La speranza condivisa

«F rère Roger è stato ucciso mentrepregava: l’ultima ed estrema

testimonianza di un uomo di Dio cheha segnato la mia vita come quella di migliaia di giovani e meno giovaniin tutto il mondo». L’autore, domeni-cano, racconta la propria esperienzadi due anni accanto al fondatore della comunità ecumenica di Taizé.

«LAPISLAZZULI» pp. 136 - € 14,50

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La Giornata missionaria mon-diale cade quest’anno nel cor-so del Giubileo della miseri-

cordia e il Papa ricorda a tutti noi chela missione ad gentes è un modo mol-to concreto di vivere quella miseri-cordia che abbiamo ricevuto da Dio.Si tratta di un impegno importantedella nostra vita cristiana ancor piùnecessario in un tempo, come il no-stro, di insicurezza, crisi e guerre.

—Uscireall’incontro

Nel suo messaggio per la Giornatamissionaria mondiale del prossimo23 ottobre 2016, il Papa afferma che«il Giubileo Straordinario della Mi-sericordia, che la Chiesa sta vivendo,offre una luce particolare anche allaGiornata Missionaria Mondiale del2016: ci invita a guardare alla missio-ne `ad gentes come una grande, im-mensa opera di misericordia sia spi-rituale che materiale».

Lo scopo della Giornata missionariamondiale anche quest’anno è di ri-cordare a tutti un dovere spesso di-menticato o disatteso, che dovrebbeinvece essere sentito come un biso-gno del cuore e un’urgenza della fe-de: quello di `uscire dalle nostre co-munità, come discepoli missionari,all’incontro dei nostri fratelli e sorel-le che attendono un segno dell’amo-re di Dio, della sua misericordia. Perquesto ciascuno è chiamato a mette-re a disposizione della missione ipropri doni, i carismi, la creatività, lasaggezza e l’esperienza accumulataper portare «il messaggio della tene-rezza e della compassione di Dio al-l’intera famiglia umana». Sono anco-ra troppi quelli che, vicino o lontanoda noi, non l’hanno ancora ricevuto!Accogliendo il comando di Gesù, laChiesa si preoccupa e si prende curadi quanti non conoscono il Vangelo.Sente in sé il desiderio di Dio chetutti siano salvi e giungano a fareesperienza dell’amore del Signore e

VITA DELLA CHIESA

Giornata mondiale missionaria e la missione oggi

«UN’IMMENSAOPERA DI MISERICORDIA»

Il Papa afferma che il Giubileo straordinario dellaMisericordia offre una luce particolare anche alla Giornatamissionaria mondiale del 2016, e ci invita a guardare allamissione ad gentes come a una grande, immensa opera di

misericordia sia spirituale che materiale.

quindi si sente spinta interiormente«ad ‘annunciare la misericordia diDio, cuore pulsante del Vangelo’(Misericordiae vultus, 12) e di pro-clamarla in ogni angolo della terra,fino a raggiungere ogni donna, uo-mo, anziano, giovane e bambino».Questo è ciò che la Giornata missio-naria mondiale si prefigge e che do-vrebbe diventare un po’ alla voltaimpegno non occasionale di ognibattezzato. Infatti, nel presentare lamissione ad gentes il Papa affermache tutti i battezzati, ministri ordina-ti e laici, religiosi e religiose, di ognitipo di vita consacrata, devono sen-tirsene investiti, ma fa un accennonon convenzionale alla presenzafemminile nella missione dicendoche «le donne, laiche o consacrate, eoggi anche non poche famiglie, rea-lizzano la loro vocazione missionariain svariate forme: dall’annuncio di-retto del Vangelo al servizio caritati-vo». La presenza della donna e dellefamiglie completando l’azione evan-gelizzatrice e sacramentale dei mis-sionari, può comprendere con più fa-cilità i problemi della gente e affron-tarli «in modo opportuno e talvoltainedito … con una spiccata attenzio-ne alle persone più che alle strutturee mettendo in gioco ogni risorsaumana e spirituale nel costruire ar-monia, relazioni, pace, solidarietà,dialogo, collaborazione e fraternità».

—Per una culturadella misericordia

Nel Messaggio il Papa mette inoltrel’accento sull’importanza dell’educa-zione in vista di far nascere e cresce-re una «cultura della misericordia»di cui il mondo attuale ha estremobisogno. La missione ha sempre cu-rato l’attività educativa con l’impe-gno del vignaiolo misericordioso delVangelo (cfr Lc 13,7-9; Gv 15,1), chesa attendere con pazienza i frutti do-po anni di lenta formazione. Oggipiù che mai quest’opera formativa èdiventata urgente. «Auspico - prosegue il Papa - che ilpopolo santo di Dio eserciti il servi-zio materno della misericordia, chetanto aiuta a incontrare e amare ilSignore i popoli che ancora non loconoscono», ricordando che la fedeè dono di Dio e non frutto di prose-

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ne e della missione con il ritmo sa-nante della prossimità. C’è proprio ilfuoco dello Spirito Santo che ci por-ta a farci ‘prossimi’ degli altri: dellepersone che soffrono, dei bisognosi;di tante miserie umane, di tanti pro-blemi; dei rifugiati, dei profughi, diquelli che soffrono. Quel fuoco cheviene dal cuore». Questo fuoco che viene dal cuore èla passione di cui c’è bisogno e noimissionari sappiamo per esperienzache solo grazie ad esso «il Vangelodel perdono e della misericordia puòportare gioia e riconciliazione, giu-stizia e pace. La Parola di Gesù «An-date dunque e fate discepoli tutti i po-poli» (Mt 28,19-20) non ha perdutonulla della sua attualità, anzi! Ma de-ve essere accolta da cuori che sianoappassionati per Gesù e per il Van-gelo, pronti ad abbandonare le spon-de della vita facile e comoda per ad-dentraci nel mare del mondo ad an-nunciare la misericordia e la tene-rezza di Dio per ogni persona uma-na. Non c’è modo migliore di viverela consacrazione religiosa.

Gabriele Ferrari s.x.

14 Testimoni 10/2016

litismo, [che] cresce però grazie allafede e alla carità degli evangelizzato-ri che sono testimoni di Cristo». Nel-l’andare per le vie del mondo, ai di-scepoli di Gesù si chiede «quell’a-more che non misura, ma che piutto-sto tende ad avere verso tutti la stes-sa misura del Signore». Questo è il messaggio della Giorna-ta missionaria mondiale che la Chie-sa non si stanca di proclamare, per-ché «ogni popolo e cultura ha dirittodi ricevere il messaggio di salvezzache è dono di Dio per tutti». Ciò ètanto più necessario, dice Papa Fran-cesco «se consideriamo quante in-giustizie, guerre, crisi umanitarie og-gi attendono una soluzione». Equanto bisogno c’è di far entrare nelmondo attuale la logica della miseri-cordia e di seminarla nei cuori di co-loro che incontriamo.

—I consacrati/ee il fervore apostolico

All’arrivo della Giornata missiona-ria, le persone consacrate sentono ri-suonare il proprio carisma che si sin-tonizza immediatamente sulla mis-sione. Molti religiosi e religiose vivo-no nella missione ad gentes e tuttisentono che si tratta di impegno cheli riguarda da vicino. Tuttavia nonbasta entrare nella missione e impe-gnarvisi con creatività e con solleci-tudine, neppure basta mettere in pie-di delle opere belle e ben fatte a fa-vore dei poveri. C’è bisogno di ali-mentare in noi il fervore apostolicoche attragga coloro ai quali ci rivol-

giamo perché nesiano contagiati.Abbiamo bisognodi quella «passioneper Dio e per ilmondo» di cui ilPapa ha parlato aireligiosi nella suaLettera ai religiosidel 2014, in cuichiedeva di «vivereil presente con pas-sione». Francescochiede ai religiosidi lasciarsi prende-re dall’amore perCristo e per l’uo-mo d’oggi sull’e-sempio di Paolo:

«L’amore di Cristo ci avvolge, cicoinvolge e travolge», secondo unabella traduzione del «Caritas Christiurget nos» (2Cor 5,14). In un recente Angelus (14 agosto2016) il Papa ha detto: «La Chiesanon ha bisogno di burocrati e di dili-genti funzionari, ma di missionariappassionati, divorati dall’ardore diportare a tutti la consolante paroladi Gesù e la sua grazia. Questo è ilfuoco dello Spirito Santo». E ancora:«Nell’adempimento della sua mis-sione nel mondo la Chiesa – cioè tut-ti noi Chiesa – ha bisogno dell’aiutodello Spirito Santo per non lasciarsifrenare dalla paura e dal calcolo, pernon abituarsi a camminare entro iconfini sicuri». Sono atteggiamentiche porterebbero la Chiesa a essereuna «Chiesa funzionale, che non ri-schia mai». C’è bisogno invece del«coraggio apostolico che lo SpiritoSanto accende in noi come un fuoco[che] ci aiuta a superare i muri e lebarriere, ci rende creativi e ci spronaa metterci in movimento per cammi-nare anche su strade inesplorate oscomode, offrendo speranza a quan-ti incontriamo».

—Con il fuocodello Spirito

Secondo il Papa oggi più che mai c’èbisogno «di sacerdoti, di consacrati edi fedeli laici, con lo sguardo attentodell’apostolo, per commuoversi e so-stare dinanzi ai disagi e alle povertàmateriali e spirituali, caratterizzandocosì il cammino dell’evangelizzazio-

VITA DELLA CHIESA

Il mistero di Dio

GIANFRANCO RAVASI

Èarduo parlare di Dio. Sempre e, inparticolare, nelle Scritture. Ed è an-

cora più arduo se questo parlare riguar-da ciò che Dio ha rivelato di sé: il suo es-sere Trinità. Il tema si snoda nell’AnticoTestamento attraverso le categorie di Pa-rola, Sapienza e Spirito, e trova la suarealizzazione nel Nuovo tramite i van-geli e la teologia di san Paolo.

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15Testimoni 10/2016

La Chiesa cattolica di rito lati-no in Turchia è composta ditre circoscrizioni ecclesiasti-

che: l’Arcidiocesi di Smirne con oltre1.300 fedeli, il Vicariato apostolico diIstanbul con 15mila fedeli e il Vica-riato apostolico dell’Anatolia con cir-ca 1.500 fedeli. Quest’ultimo, dal no-vembre scorso, è retto dal gesuitafiorentino mons. Paolo Bizzeti Nelsuo ambito operano nove sacerdoti,due religiosi, tre religiose, una consa-crata laica e una coppia di sposi Fi-dei donum.

Mons. Paolo Bizzeti, lei è conosciutoper la speciale passione che mette nelguidare credenti e non sui passi diPietro e Paolo nella terra dove è fio-rita la Chiesa degli Atti degli Aposto-li: potrebbe descriverci in breve cosacaratterizza il compito del Vicariatoapostolico dell’Anatolia?Vorrei dire per cominciare che le sta-

tistiche ufficiali circa i cristiani inTurchia sono molto lacunose, per va-ri motivi. Anzitutto si basano per lopiù sul numero dei battezzati regi-strati e su chi frequenta le Messe. Insecondo luogo, qui i cristiani pratica-no un ecumenismo di fatto avanzato:frequentano con facilità anche lechiese e le liturgie delle altre confes-sioni cristiane, perché per loro l’es-senziale è essere cristiani, le specifi-che e le differenze vengono dopo.Terzo fattore, ci sono molti cristianidivenuti musulmani per motivi diconvenienza, ma che in casa o nel se-greto continuano a professare la fe-de cristiana. Se fosse garantita unavera libertà religiosa, cioè se fosseconsentito, ad esempio, costruirechiese; aprire stazioni radio e caseeditrici; circolare liberamente (sacer-doti e religiosi stranieri devono otte-nere un permesso di soggiorno; il vi-sto annuale è il medesimo di quello

LA CHIESA NEL MONDO

I cristiani in Turchia

DAI SEGNI DI EFFICIENZAAI SEGNI DI VITA

Dobbiamo comprendere che la qualità delle nostrerelazioni dipende essenzialmente dalla qualità delle nostre

comunicazioni. Siamo abituati a comunicare a livellisuperficiali e mascherati, guidati spesso dalla paura del

giudizio altrui, da immagini di perfezione.

rilasciato ai lavoratori) e non ci fos-se una discriminazione di fatto, sa-rebbe interessante vedere quanti cri-stiani uscirebbero allo scoperto. Lasituazione della chiesa quindi è mol-to stimolante, perché è quella di unaminoranza insignificante che deveogni giorno giustificare – prima ditutto a se stessa – il senso della suapresenza. Il mio compito, come quel-lo di ogni vescovo, consiste nell’esse-re punto di riferimento del gregge eparticolarmente degli operatori pa-storali. Sei anni senza vescovo hannodeterminato una chiesa impoveritanello slancio pastorale e nel coordi-namento. Inoltre rappresento la chie-sa cattolica e quindi il Papa: tocca ame aiutare la chiesa locale a metter-si in piena sintonia con la chiesa ma-dre di Roma. Anche dal punto di vi-sta ecumenico, poi, ci sono momentisignificativi da vivere con gli altri pa-stori delle chiese sorelle.

Come è stato accolto dalle autoritàpolitiche e religiose? E dai semplicicredenti?Francamente non avrei potuto desi-derare di meglio! Devo dire che leautorità locali sono molto gentili eanche preoccupate della incolumitàdel vescovo, per cui abbiamo un ser-vizio di vigilanza inviato dal Comu-ne. Adesso intendo affrontare alcunequestioni di fondo circa le proprietàecclesiali e verificherò la reale dispo-nibilità a riconoscere i nostri diritti.Bisogna anche dire che qui nel sudda sempre c’è tolleranza e conviven-za tra credenze diverse; un po’ diver-so è sulla costa del mar Nero, dove,non a caso, fu ucciso don Santoro. Lecomunità cristiane mi hanno accoltoin modo assai caloroso e comprensi-vo: davvero mi sono sentito amato.Mi dispiace di non potermi ancoraesprimere nella loro lingua, ma il lin-guaggio dei gesti, delle attenzioni,dei segni è stato molto affettuoso daambo le parti. Qui si ha ancora ilsenso e il valore della trasmissioneapostolica. Sono chiese che hannoun forte senso della tradizione: sen-tono il legame che attraversa i seco-li e congiunge direttamente allachiesa apostolica e a Gesù. Bisognacomprendere che qui il cristianesimovive ininterrottamente da venti seco-li, anche attraversando persecuzioni

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Testimoni 10/201616

e difficoltà, così come splendori esuccessi inimmaginabili. Tutto que-sto dà una grande forza interiore. Èper questo che sarebbe un errore im-perdonabile perdere i contatti conqueste comunità, sebbene così mo-deste dal punto di vista numerico.

Quale importanza ha questa terra perl’occidente impegnato in una nuovaevangelizzazione? Quali doni delloSpirito possono venire dallo scambiotra le chiese di antica data e le nuove?Per i motivi già detti, la chiesa diAnatolia vive in una situazione chepone domande radicali, che del restostanno ormai ponendosi in molteparti del mondo cattolico: finito iltempo in cui il cristianesimo eramaggioranza diffusa e culturalmenteimportante, almeno in Occidente,come ritornare alle sfide che le pri-me generazioni vinsero, ovvero alla“prima evangelizzazione”, all’an-nuncio kerygmatico a persone di al-tre religioni? Inoltre, il confrontocon l’islam, nelle sue molteplici for-me, è ormai necessario dovunque: inEuropa si fanno i convegni e i dibat-titi, spesso piuttosto astratti e con

musulmani a volte poco rappresen-tativi della base, mentre qui c’è ildialogo interreligioso reale, sur leterrain – come direbbero i francesi.Meno idilliaco ma molto utile: daquando sono qui sono costretto adandare più a fondo nella mia fede.Credo farebbe bene a molti fedeli,religiosi e non, che spesso vivono di“rendita”, accontentandosi di slo-gan. L’islam è l’altro con cui necessa-riamente confrontarsi: che posto oc-cupa nella nostra concezione dellastoria della salvezza? Quali sono iveri punti di divergenza nella conce-zione della fede e nell’esercizio quo-tidiano del vivere? Credere in Dio,essere attenti ai poveri, pregare, fre-quentare un luogo di culto, essereconvinti di essere nella fede più au-tentica … sono tutte cose che nonbastano per comprendere la vita cri-stiana e nemmeno quella di un buonmusulmano. Qui ci sono musulmaniche pregano la Madonna più di noi erispettano Gesù Cristo più di tanti“cristiani anagrafici” in Italia. Eppu-re c’è un abisso tra noi e loro: maquale è reale, quale è culturale, qua-le è convenzionale? Qui nel Vicaria-to, per quanto comprendo, a nessuncristiano salta in mente di lasciare lasua fede a favore dell’islam: potrà ta-cere la sua fede per motivi di neces-sità, ma non si sognerà mai di pensa-re che, siccome sono fedi monoteistee riconoscono Abramo come pa-triarca, appartengono alla stessa ca-tegoria.

Lei è autore di studi biblici e di ap-profondimenti sulla presenza cristia-na in Turchia: come pensa di amplia-re questa spiritualità e questa coscien-za nel mondo cristiano occidentale?Per me è una certezza che la Parolanon può essere separata da una ter-ra specifica e da un popolo preciso. Iterritori della Turchia hanno un po-sto di rilievo già nell’Antico Testa-mento, tanto più nel Nuovo: gli Attidegli Apostoli si svolgono per lo piùnel territorio dell’attuale Turchia,così come sono qui le città dell’Apo-calisse. Qui si sono svolti i primi set-te fondamentali concili ecumeniciche hanno determinato il nostroCredo. In Cappadocia si è sviluppa-to quel monachesimo da cui ha attin-to s. Benedetto e che è dilagato poi

LA CHIESA NEL MONDO

R ivendicando il primato dell’espe-rienza del proprio peccato, papa

Francesco chiama in causa la figura delprete penitente e quella del prete con-fessore. Su questi terreni si gioca oggiil senso profondo dell’identità dei sa-cerdoti e la stessa riforma del clero cheprefigura quella dell’intera Chiesa.

AMEDEO CENCINI

LadronegraziatoDal prete penitenteal prete confessore

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www.dehoniane.it

in Occidente. E così via. Soltanto re-cuperando una reale conoscenza diquesti luoghi, del loro contesto, pos-siamo maturare un cristianesimo chesia davvero cattolico, altrimenti saràromano, russo, armeno, ecc. Certo, laTurchia è un paese al 99% musulma-no e quanto ho affermato sembra so-lo una storia finita: eppure, è solo ri-flettendo sulla complessa storia delcristianesimo in questa regione chepossiamo evitare i suoi errori e pre-vedere le nostre sfide future. Il cri-stianesimo si è troppo occidentaliz-zato, così come un tempo divennetroppo bizantino. Bisogna ripartireda Antiochia, e non fermarsi solo aGerusalemme.

La Turchia moderna è una zona stra-tegica per le relazioni politico-socialitra Europa e Medio Oriente: annun-ciare in questo contesto significa ri-schiare di impantanare il vangelonella diplomazia?Per i veri cristiani di ogni epoca cisono due tentazioni fondamentali:chiudersi nella propria cittadella ofare alleanze con il Cesare di turno;chiudersi nello “spirituale” o appog-giare una parte politica perdendo lapropria vocazione profetica. Io cre-do che i cristiani possono svolgereun ruolo importante anche a livellointernazionale in un luogo strategicocome questo, da sempre spazio di in-trecci culturali, religiosi, politici. Lasfida è la formazione di un laicatoche non sia solo fedele fino al marti-rio, ma anche preparato cultural-mente, abituato a leggere la Bibbiaaccanto ai quotidiani, per così dire.Mi sembra insomma che si debbamettere in pratica il Concilio Vatica-no II che mi pare arrivato più nellecose esterne che nell’assetto e nellepriorità ecclesiali. Anche i sacerdoti,essendo tutti stranieri, devono averecome priorità l’edificazione di unachiesa locale, diocesana, turca, piùche curare l’interesse del proprio or-dine religioso. Vescovi provenientida ordini religiosi e che hanno comecollaboratori solo presbiteri religio-si non mi sembra sia nello spirito delConcilio e risponda alle urgenze deltempo odierno.

Come può la Chiesa parlare a favoredei diritti umani, della situazione dei

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Testimoni 10/2016 17

profughi, delle minoranze religiose…senza apparire schierata? Si sa, peresempio, che nel suo territorio, aIskenderun, esistono campi profughisiriani.La Chiesa ha il dovere di ricordare ase stessa prima, e poi a tutti, che ogniuomo, donna, bambino, anziano instato di necessità è un dono per chilo riceve. Una società incapace dicompassione, di accoglienza del de-bole, di valorizzazione dello stranie-ro non ha futuro. Sono discorsi sco-modi, anche in Italia, ma la storia in-segna indiscutibilmente che solo ilmeticciato e la gestione sapiente del-la complessità generano la pace e ilbenessere.

Quali sono i suoi rapporti con i lea-ders islamici e in generale come pen-sa di gettare ponti di dialogo e di fra-ternità in un momento di radicalizza-zione di una parte dell’islam stesso?La radicalizzazione di una parte del-l’islam, sostenuta per scopi di poteree appoggiata dai grandi mercanti diarmi e da governi di tipo imperiali-sta, è un problema serio che riguar-da tutti. Non si vince con i proclamipopulisti di certi partiti o innalzandomuri. Proprio il Medio Oriente inse-gna che per secoli si è potuto viverein pace, pur ciascuno nel proprio am-bito, sotto una autorità centrale a cuipremeva la convivenza dei popoli,anche per motivi economici ed ege-monici. Oggi ci sono leaders islamiciche accettano il pluralismo e altriche sognano ancora una qualche for-ma di califfato, magari camuffato. Ildialogo e il rispetto reale (non quel-lo scritto su qualche “costituzione”

che pochi applicano) è l’unica stradapossibile. Ma il dialogo e la non vio-lenza, il rispetto e il pluralismo, han-no un prezzo alto da pagare: i cristia-ni, seguendo le orme del loro Mae-stro e Signore, devono essere prontia morire per non rinnegare la libertàe la verità. Io credo che per questo lereligiose e i religiosi debbano esserein prima linea in questo paese, peressere davvero testimoni di Coluiche ha vinto la morte grazie a unamore libero e rivolto a tutti. Pensoinoltre che sia urgente una presenzamonastica, perché anche questa ter-ra necessita di persone che testimo-nino il primato di Dio in una vitasemplice e laboriosa. In MedioOriente monaci e monache sono ri-spettate perché la gente del popoloha il senso di Dio, più che in Italia,per certi aspetti. Io non credo si deb-ba fare proselitismo: si deve invecetestimoniare il modo nuovo di vive-re che ha portato il Vangelo e che su-scita sempre interrogativi presso chiè disponibile. Allora potremo ri-spondere a chi ci chiede ragione del-la nostra speranza, come dice l’apo-stolo Pietro. I ponti si costruisconoanzitutto all’interno della comunitàcristiana, ancor prima che con i lea-ders islamici. Le chiese cristiane quisi sono divise, combattute o ignorateper secoli: questa è la prima causadel tracollo del cristianesimo. Per-tanto, si deve ricominciare dalle no-stre comunità, se vogliamo sperareche siano lievito, sale, luce del mon-do, come ci insegna il Vangelo.

Quali sono i gesti di incoraggiamen-to che possiamo esprimere oggi ver-

LA CHIESA NEL MONDO

so le sue comunità?Intuisco questo: i cristiani del MedioOriente hanno bisogno di essere vi-sitati, valorizzati e che la loro vita siacondivisa dalle chiese occidentali.Non bastano gli aiuti materiali, purnecessari. La cosa più dolorosa per irifugiati cristiani dell’Iraq e della Si-ria è sentirsi dimenticati da tutti; èconstatare che i fratelli e le sorelled’Occidente stanno alla finestra aguardare quello che succede nei lo-ro paesi. Si fanno tante dichiarazionidi principio in Europa, ma non ci simobilita per la pace, non si smette divendere armi, si continua a sostene-re regimi iniqui, si fanno affari conchi finanzia il terrorismo, si chiudo-no le porte a chi scappa dal terrore.Io posso fare pochissimo, per milleragioni – l’età, l’ignoranza del turco,ecc. – ma ho deciso di venire e stare.Credo sia questo che nella storia delcristianesimo è stato fecondo: anda-re e stare. I grandi Padri del mona-chesimo orientale, i grandi santi del-le chiese semitiche, andavano e sta-vano: un anno, due, cinque. Chi inEgitto, chi in Palestina, chi in Siria,chi in Cappadocia. Poi tornavano ar-ricchiti e portavano ventate di novitànelle loro comunità. Oggi, con la fa-cilità di muoversi e tenendo contoche la Turchia è un paese in forte svi-luppo – pur con grandi differenze re-gionali – dove si trova tutto, perchénon venire e stare per un periodo?Perché i cristiani di qui devono veni-re in Italia o in Europa per forma-zione, studio, fare esperienza e nondeve avvenire anche viceversa? In-vece di stare tanto tempo in novizia-ti o juniorati asfittici o frequentarecorsi di formazione o di aggiorna-mento che spesso lasciano il tempoche trovano, perché non venire qual-che mese in una di queste chiese, vi-sitare i luoghi, conoscere la vita del-le comunità, aiutare nel quotidianoqueste realtà ecclesiali? Credo chemolti farebbero più progressi spiri-tuali e culturali misurandosi sul cam-po in contesti dinamici come questi,una volta terminata la formazione dibase, piuttosto che restare chiusi nelloro mondo latino, in cui spesso ci siferma ai particolari e alla forma, per-dendo però di vista l’essenziale.

a cura di Mario Chiaro

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18 Testimoni 10/2016

LA CHIESA NEL MONDO

Sugli sviluppi dell’attuale situazione in Turchia, ri-prendiamo da Radio Vaticana la breve intervista ri-

lasciata il 21 luglio scorso a Fabio Colagrande da Pa-dre Claudio Monge, piemontese, domenicano e teologodelle religioni, che vive da 14 anni in Turchia. A Istan-bul è parroco nella Chiesa dei Santi Pietro e Paolo. A suo avviso, quanto sta accadendo nel Paese è una evo-luzione di ciò che si era visto negli ultimi tempi.

A me sembra una semplice impennata, in termini diproporzioni, rispetto ad una politica che il potere tur-co sta applicando sistematicamente da oltre due anni.Basta avere un minimo di memoria storica. La svoltaè stata il famoso scandalo per corruzione che falciòuno degli esecutivi del governo, nel dicembre del 2013,e che interessò palesemente i membri della famigliadel presidente stesso e di molti ministri. All’epoca -qualcuno deve averlo dimenticato – furono rimossi piùdi 500 funzionari di polizia – tra cui il capo delle forzedell’ordine di Istanbul – accusati di aver partecipato adun’inchiesta della magistratura su presunte corruzionie concessioni di permessi, anche per costruzioni suaree tutelate, che riguardava fra l’altro l’operato dellostesso ministro di allora. È iniziato allora un processodi distruzione sistematica dello stato di diritto in Tur-chia, quindi la fine dell’indipendenza della magistratu-ra e poi anche dell’informazione e della stampa che so-no due pilastri della democrazia. Chi si dice particolar-mente preoccupato oggi è perché o ha dormito finorao ha fatto finta di non vedere.

Come considera le reazioni che si sono avute dall’Unio-ne Europea e dagli Stati Uniti a questa nuova svolta au-toritaria di Erdogan?Mi paiono ancora una volta l’esempio plastico delladrammatica crisi di una politica internazionale che haperso non solo credibilità, ma anche qualsiasi fonda-mento etico oltre che visione di futuro. Quello che, amio modo di vedere, erroneamente si definisce ancoraUnione Europea, ma che è un’accozzaglia di Stati im-prigionati nei loro egoismi nazionali, ha – penso – datempo perso la bussola dell’ideale di un’Europa dellenazioni dalle politiche inclusive, che quindi aveva lospessore morale per fare un discorso credibile rispettoanche a certe derive che – ripeto – non ci sono da og-gi in Paesi come la Turchia. Quando sento dire in que-sti giorni “se la Turchia dovesse votare la reintroduzio-ne della pena di morte, saremmo costretti a riconside-rare la sua candidatura all’Unione Europea”, mi vienequasi da ridere. Bisogna considerare un lungo proces-so – gli ultimi due decenni, soprattutto gli ultimi 15 an-ni del potere dell’Akp e del governo dell’attuale pre-sidente Erdogan – e tenere presente una parabola mol-to complessa, che nei primi anni è stata caratterizzata,a mio modo di vedere, da un processo sincero di avvi-cinamento all’Unione Europea. La Turchia ha fatto di

tutto per rientrare inquelle condizioni chesono diventate semprepiù incomprensibili eimpalpabili anche percerti versi, con un rin-carare la dose anche dirichieste in nome deidiritti umani, della li-bertà e così via. QuestaUnione Europea, dopoche per 15 anni ha te-

nuto in scacco la Turchia, se si vanno a vedere le rispo-ste, e di fatto implicitamente ha orientato questa pro-gressiva deriva del potere, qualche mese fa cosa fa? Innome della tutela dei diritti umani, letteralmente ap-palta la gestione del dramma dell’immigrazione allaTurchia stessa, con questa enorme promessa in termi-ni finanziari, in un accordo che, a mio modo di vedere,non solo è contraddittorio rispetto a quello che si èdetto per anni, ma è semplicemente “sconcio” e che, tral’altro, per me avrà un effetto boomerang anche neiprossimi mesi e nei prossimi anni per la stessa UnioneEuropea. Io direi che in Turchia anche i moderati –chiamiamoli ancora europeisti – sempre meno nume-rosi, da tempo credo abbiano smesso di guardare alNord del Mediterraneo con una qualche speranza. Og-gi direi che la frustrazione e la delusione sono cresciu-te a dismisura, pronte purtroppo anche eventualmen-te ad essere trasformate in rancore esplosivo dall’at-tuale leadership populista del Paese.

È uno scenario, quello turco, secondo lei, che potrebbepeggiorare la situazione delle minoranze nel Paese, co-me quella cristiana?Io non credo che questa sia una chiave di lettura per-tinente in questo momento. Cosa voglio dire? Il pro-blema non è tanto la posizione delle minoranze religio-se in questo momento in Turchia, ma la possibilità diesprimere un’opinione che sia anche eventualmentedissenziente rispetto al potere forte. In altre parole, iocredo che il problema maggiore della Turchia attualenon sia tanto l’appartenere eventualmente, ad esem-pio, a una minoranza cristiana, in un Paese dove effet-tivamente attualmente si gioca in modo anche perico-loso con la manipolazione religiosa del politico, in sen-so islamico, ma credo che il problema più grosso siaquello di essere genericamente associati a quel mondo“straniero” fatto in questo momento di nemici dellanazione turca tout court. Quindi – lo sappiamo bene –quando si gioca la polarizzazione delle posizioni, se tunon sei con me, sei necessariamente contro di me, manon tanto per il fatto che sei cristiano ma per il fattoche la pensi diversamente.

La Turchia e gli interrogativi aperti

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19Testimoni 10/2016

Quando si parla della Chiesacattolica in India, in generesi pensa alle comunità del

Kerala, le cui lontane origini risalgo-no all’Apostolo s. Tommaso, o allealtre evangelizzate da san FrancescoSaverio. È meno conosciuta invecela missione che si è sviluppata più direcente nel Nordest dell’India, nellaregione dell’Assam ai confini con ilBhutan, il Tibet e il Myanmar e cheha, a dir poco, del prodigioso e meri-ta di essere raccontata. È interessan-te rilevare il dinamismo con cui ècresciuta e che ricorda il fervore del-la comunità degli Atti degli Aposto-li. È una missione infatti che si è evo-luta con la partecipazione attiva ditanta gente, non solo dei missionari,ma dei laici in particolare, delle don-ne, degli studenti, dei catechisti e deivolontari. Come racconta l’arc.mons. Thomas Menamparampil, sa-lesiano, nominato dal papa France-

sco nel febbraio 2014 amministrato-re apostolico della diocesi di Jowai –al cui centro sorge la cattedrale diSanta Teresa del Bambino Gesù –dopo essere stato vescovo di Dibru-garh per 11 anni e arcivescovo diGuwahati per 20 anni, fino al suo ri-tiro avvenuto il 18 gennaio 2102.1

—Alcunicenni storici

I primi a portare il messaggio delVangelo in questa regione furonodue coraggiosi missionari gesuiti,Cabral e Cancella, che attraversaro-no l’Assam nel 1626, mentre eranoin viaggio verso il Tibet e il Nepal.Ma di essi rimasero poche tracce.La vera storia della missione nelnordest inizia molto più tardi con ipadri Salvatoriani tedeschi, i quali,guidati dal p. Otto Hoppenmuller,intrapresero la loro opera nel 1890 a

LA CHIESA NEL MONDO

Nel Nordest dell’India

UNA MISSIONEIN PIENA FIORITURA

Nel Nordest dell’India, in soli 150 anni si è sviluppata unamissione fiorente, grazie al contributo dei laici, catechisti,

volontari e in particolare delle donne. Dove non c’eraniente, oggi sorgono 15 diocesi e tutta una serie di

istituzioni, tra cui anche una università cattolica.

Shillong, nel distretto orientale deimonti Khasi, subito dopo che gli in-glesi avevano scelto questo centrocome capitale della nuova provinciadell’Assam. In questa regione, i pre-sbiteriani anglicani avevano già sta-bilito una forte comunità cristiana, enon fu facile per i padri Salvatorianiporre le basi della futura chiesa cat-tolica nel Nordest. Ma, scrive mons.Thomas, vi si dedicarono con gene-roso impegno e con immensa sa-pienza pastorale. Crearono delleparrocchie, eressero delle strutturepastorali e diffusero anche variepubblicazioni. Oltre ai progressi registrati nei mon-ti Khasi, la loro opera conobbe ungrande incremento anche tra gli Adi-vasi delle pianure dell’Assam, emi-grati da queste parti dalle regionidello Jharkhand, Chhattisgarh eOrissa, e venuti per la coltivazionedel tè nella valle del Brahmaputra.Tra questi arrivati c’erano anche deicattolici evangelizzati dal p. Con-stant Lievens sj e dai suoi colleghi. Ilsalvatoriano p. Rudolf Fontaine al-lacciò con loro dei contatti ed essi aloro volta divennero preziosi stru-menti per la diffusione della fede trala loro gente sparsa nella vallata.

—La primaguerra mondiale

L’opera dei Salvatoriani, scrivemons. Thomas, conobbe un progres-so impressionante e tutto sembravafavorevole, quando scoppiò la primaguerra mondiale che interruppe tut-te le loro iniziative. L’India, essendouna colonia inglese, chiese ai missio-nari salvatoriani tedeschi di lasciareil paese e di tornare a casa loro. Ro-ma non ebbe allora altra alternativache chiedere ai gesuiti belgi che la-voravano nella vicina provincia delBengala di farsi carico per un certotempo di quella missione. E nono-stante fossero del tutto insufficienti,compirono un grande lavoro e la co-munità cristiana continuò a crescere. Nel 1922 le missioni dell’Assam, Ma-nipur e Bhutan furono affidate ai sa-lesiani di don Bosco, sotto la guida dimons. Louis Mathias. La comunitàcattolica, che allora contava circa5.000 fedeli, conobbe un altro perio-do di espansione con la creazione di

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20 Testimoni 10/2016

crescita iniziale della Chiesa in que-ste zone è quindi dovuta agli sforzidei laici, mentre il clero cooperavasolo da lontano.Esemplare è nei tempi più recenti lastoria di Arunachal, una zona confi-nante col Bhutan e il Tibet. Mentrenegli anni 1970 c’erano a mala pen-na alcune dozzine di cattolici, oggisono sorte due diocesi con circa 300mila fedeli. Il miracolo, come lo de-finisce mons. Thomas, è opera di gio-vani studenti che si erano formatinelle istituzioni cattoliche dove ave-vano esperimentato prima in se stes-si la forza del vangelo. Le prime me-morie di questa giovane Chiesa furo-no tuttavia dolorose. Negli anni1970/80 si verificarono delle violen-ze: Bibbie bruciate, chiese distrutte,fedeli percossi. Poi poco alla volta lasituazione cambiò e avvenne che deipersecutori si convertirono divenen-do essi stessi promotori della fede.

—Il ruolodelle donne

Non possiamo inoltre dimenticare,scrive mons. Thomas, l’importanteruolo delle donne nella diffusionedel vangelo. Una delle comunità delNordest dell’India, la tribù Khasi, hauna tradizione matriarcale. Secondole loro usanze, la parte maggiore del-l’eredità della famiglia spetta alla fi-glia più giovane e non al figlio mag-giore come in altre comunità. Ledonne di questa comunità sono noteper la loro intraprendenza nel cam-po amministrativo e la loro versati-lità anche in altri campi: in questocaso, nell’annuncio missionario. Lo

parrocchie a Dibrugarh, Tezpur, Tu-ra e nella zona di Shillong, divenutepoi diocesi. Nel 1934 il vescovoMathias fu trasferito a Madras, e alsuo posto fu designato come vesco-vo di Shillong p. Stephen Ferrando.Sotto la sua guida si moltiplicaronole istituzioni educative, furono aper-te case di formazione e l’attività co-nobbe un altro grande progresso fi-no a quando lo scoppio della secon-da guerra mondiale provocò un ral-lentamento delle iniziative apostoli-che.

—Un nuovo periododi espansione

La crescita della Chiesa dopo la finedella seconda guerra mondiale e laproclamazione dell’indipendenzadell’India, scrive mons. Thomas, fufenomenale. L’aspetto più interes-sante fu l’aumento dei soggetti pa-storali attivi, compreso il clero venu-to da altre parti dell’India, o dalla re-gione stessa, e l’arrivo di membri divarie congregazioni religiose ma-schili e femminili. Col passare deglianni non solo i cristiani aumentaro-

no, ma fiorirono anche numerose vo-cazioni, mentre invece diminuivanoin altre parti del paese. Giunsero an-che nuove congregazioni alla ricercadi vocazioni, accrescendo così la for-za del contingente missionario.Molto presto furono create nuovediocesi. Oggi ne esistono 15 nel nord -est dell’India con una popolazionecattolica che raggiunge quasi i duemilioni di fedeli. Oltre all’universitàcattolica, furono aperti numerosicolleges, seminari, case di formazio-ne, centri professionali e di consu-lenza, case per disabili, e si sviluppa-rono varie attività sociali per venirein aiuto alle persone socialmente di-seredate, alle donne analfabete, aibambini di strada ecc.Mons. Thomas commenta: «Una re-gione considerata in altri tempi mar-ginale rispetto alle altre comunitàcristiane dell’India, oggi emerge co-me un centro di formazione, di qua-lificazione, di studi, di pubblicazioni,di ricerca e riflessione teologica. E cisono già giovani missionari del nord -est dell’India che operano in terrelontane come il Perù, lo Swaziland,la Tunisia e la Mongolia.

—Il grandeimpegno dei laici

Ma l’aspetto più impressionante fu ilgrande impegno dei laici. Per esem-pio, fino al 1933 il distretto dei mon-ti Garo era precluso alla Chiesa cat-tolica. In ognuna di queste aree lacomunità poté crescere dall’esternoattraverso studenti che la evangeliz-zarono e l’impegno di alcuni leaderlaici pieni di creatività apostolica. La

L a fede in Gesù risorto è origine sto-rica e fondamento del cristianesimo.

Ciò nondimeno, la risurrezione è rimastaun po’ marginale in ambito teologico esolo grazie agli studi storico-biblici del’900 ha ritrovato centralità. Il tema si ècosì liberato di alcune ipoteche del pas-sato che poggiavano tutto il peso salvi-fico sulla morte di Gesù.

GÉRARD ROSSÉ

La risurrezionedi Gesù

«NUOVI SAGGI TEOLOGICI» pp. 88 - € 10,00

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LA CHIESA NEL MONDO

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zelo si diffuse così da una comunitàall’altra e, in breve tempo, le donneanche di altre tribù divennero delleevangelizzatrici come insegnanti nel-le scuole, animatrici in parrocchia eeducatrici di fede in famiglia.

Le missioni del Nordest dell’India,sottolinea mons. Thomas, hanno avu-to la fortuna di avere dei missionaridi alto profilo e delle guide di ecce-zionale competenza. Tra questi il ve-scovo Oreste Marengo, missionariosalesiano italiano, scomparso a 94anni, fondatore di tre diocesi: Dibru-gar, Tezpur e Tura. Parlava corrente-mente 16 lingue e sapeva come inse-rirsi con grande facilità in tutte le co-munità indigene. Un’altra figura eminente fu l’arc.Hubert D’Rosario. Come vescovo diDibrugarh lavorò con grande impe-gno alla erezione delle due diocesi diImphal e Kohima, e come arcivesco-vo di Shillong lanciò le diocesi di Tu-ra, Diphu e Guwahati. Sotto la suaguida le missioni del Nordest si ar-ricchirono di teologi, colleges, centripastorali e sociali di diversa natura edi pubblicazioni di vario genere.

—Visite ai villaggie alle famiglie

Una forma di apostolato molto effi-cace è anche oggi la visita alle fami-glie. Oltre ai preti e catechisti che de-dicano molto loro tempo a recarsinei villaggi, c’è anche un gruppo disuore dedite in forma permanente aquesto tipo di apostolato. Si può di-re, sottolinea mons. Thomas, chegran parte del successo missionarionella regione è dovuto a questo ge-nere di ministero. Ma anche i catechisti e i volontarihanno avuto un ruolo centrale. «Nonmi riferisco solamente, sottolineamons. Thomas, a coloro che sonosponsorizzati dalla Chiesa, ma ancheagli innumerevoli volontari che de-dicano parte del loro tempo all’an-nuncio del Vangelo e al rafforzamen-to della fede. Sono persone che nonchiedono alcuna ricompensa, con-tenti solo di poter lavorare per il Re-gno di Dio. Esercitano il loro aposto-lato nelle case, nei mercati, nellestrade dei villaggi, negli uffici posta-li, viaggiando attraverso i monti. E se

LA CHIESA NEL MONDO

queste iniziative sono promosse dapersone in possesso di un’adeguataformazione e hanno frequentato del-le scuole cattoliche, allora l’impattoè ancora maggiore. E avvengono deiveri miracoli».L’inculturazione tra i diversi gruppietnici del nordest promossa dai mis-sionari ha cooperato notevolmente arendere intelligibile e accettabile lafede alle varie comunità. Prima an-cora che il concetto di “inculturazio-ne” fosse ampiamente accettato, imissionari attribuirono ad essa unagrande importanza. Ed essa non si-gnificò solamente un adattamento dialcuni elementi esteriori della cultu-ra locale alla vita della Chiesa e allaliturgia, ma anche accettare e pro-muovere vedute, atteggiamenti, si-stemi di valori, stili di relazioni e mo-delli di organizzazione, fatta eccezio-ne degli elementi chiaramente incontrasto con il Vangelo. La gentecominciò così a vedere nel messag-gio di Gesù una fonte di progresso,di miglioramento personale e collet-tivo, anziché un sistema dottrinaleestraneo e una fredda struttura lega-listica.«Il Gesù che annunciamo nellaevangelizzazione, afferma mons.Thomas, non è venuto a demolire ea distruggere il bene che c’è in unapersona o nella sua cultura e nellesue tradizioni. Gesù è venuto a per-fezionare tutto ciò che c’è di buonoin ciascuna persona o comunità e aportare a compimento ogni aspira-zione presente in una cultura o ci-viltà».

L—a situazione ogginell’Assam

Rispondendo a una domanda, mons.Thomas ha affermato che la situazio-ne in Assam è sostanzialmente tran-quilla. Non esiste un clima di perse-cuzione salvo qualche tensione isola-ta. Ciò non significa che non ci sianodelle forze anticristiane, che hannola loro base il più delle volte in altreregioni, e che cercano di diffondereil malcontento contro la crescita cri-stiana.... Ma – ha precisato – mi sen-to a disagio nel parlare di allarmi-smo nelle nostre comunità cristiane,e creare un clima di tensione e met-tendole sulla difensiva. Sarebbe solo

controproducente. I nostri opposito-ri cercano proprio questo: polarizza-re le comunità in modo che ad ognipiccola provocazione i più forti pos-sano impartire una memorabile le-zione ai più deboli. È più saggio in-vece tessere delle relazioni con lagente che la pensa diversamente.Recentemente alcuni radicali di de-stra hanno criticato Madre Teresausando un linguaggio pesante, e so-no stati proprio i nostri amici indù adifenderla in maniera più decisa diquanto avrebbe fatto ogni suo am-miratore cristiano. Cose del generesono avvenute più volte in India. Noidobbiamo accogliere la buona vo-lontà che esiste nella comunità dimaggioranza, e non compiere coseche potrebbero solo infastidire le au-torità con forme esagerate di lamen-tele... ma cercare di coltivare un at-teggiamento di simpatia verso tutti edi gettare dei ponti.

A.D.

1. The flourishing missions, in World Mission,giugno 2016.

Q uale futuro è riservato alla tradi-zione cristiana nei Paesi dell’Occi-

dente europeo? Attento ai movimentisotterranei che stanno producendo unamutazione radicale, il teologo azzardauna difficile scommessa: occorre incorag-giare il processo di ricezione del VaticanoII spingendosi verso una configurazionediversa e «testimoniale».

CHRISTOPH THEOBALD

Il compitodel testimone

«LAMPI» pp. 48 - € 5,50

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Dispersione e futurodel cristianesimo

Testimoni 10/2016 21

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22 Testimoni 10/2016

—Accanto agli altriin mezzo agli altri

I temi che hanno accompagnato ilavori assembleari ruotavano intor-no al binomio identità e consacra-zione. La nostra identità è la piena secola-rità, intesa come piena consapevo-lezza di stare, nella ordinarietà del-la vita, nel mondo, luogo specificodi responsabilità cristiana. Si tratta di una secolarità vissuta ac-canto agli altri uomini, in mezzo agliuomini del proprio tempo, nella ri-cerca continua della sintesi tra ade-sione totale a Dio nella intimità conLui, nella radicalità della consacra-zione, e la completa partecipazionealle ansie, alle angosce e ai doloridel mondo.Proprio in questa ricerca di sintesi,i consacrati degli Istituti Secolari,con la propria esistenza, aprono, epossono aprire varchi di speranza edi fiducia, per gli uomini di questotempo.Realizzano così quella profezia diuna presenza significativa, proietta-ta verso un ottimismo universale, diuna presenza che rimanda a Cristo,Salvatore dell’umanità.Considerata la “secolarità” come lacaratteristica peculiare, emerge, poi,di conseguenza, l’urgenza, quella disempre, di un forte impegno nellaformazione, che deve essere orien-tata a educare i propri membri, a vi-vere in mezzo agli altri come il semeo il lievito che fa fermentare la mas-sa, in un divenire continuo, semprenuovo e sempre sorprendente. Per questo i responsabili e i forma-tori, convenuti da tutto il mondo, ri-tengono importante porre partico-larmente attenzione a questo aspet-to della formazione dei membri,proprio in questo momento anchedi profondo e radicale cambiamen-to epocale.L’incalzare degli avvenimenti stori-ci, le mutate condizioni economi-che, la varietà dei contesti culturali,la tipologia diversa delle persone, inrealtà figli di questo nostro tempo,richiedono infatti, un rinnovato im-pegno metodologico e contenutisti-co, sempre in “ala avanzata”, da “al-pinisti dello spirito”, come dicevaPaolo VI.

Lo slogan che ha accompagna-to l’Assemblea della Confe-renza Mondiale degli Istituti

Secolari riuniti a Roma nei giorni21-25 agosto scorso, estratto da unaespressione di papa Francesco, hatracciato il filo conduttore dei lavo-ri. Significativamente e sintetica-mente racchiude anche il segreto diquesta consacrazione nuova nellaChiesa: “Siete nel cuore del mondocol cuore di Dio”.Si sono riuniti, secondo una periodi-cità quadriennale oltre 140 respon-sabili o delegati provenienti da tuttoil mondo, per vivere un momentonon solo aggregativo, ma anche pro-grammatico, in seno alla fase eletti-va per il rinnovo del Consiglio ese-cutivo e il Consiglio di presidenzadella CMIS (Conferenza Mondialedegli Istituti Secolari).Come sempre, si è trattato di un for-

te momento di comunione e di scam-bio in un clima di gioiosa condivisio-ne.I lavori sono stati aperti dal Prefettodella Congregazione per la vita con-sacrata, il card. João Braz de Aviz e,in qualche modo conclusi, con la par-tecipazione all’udienza papale inpiazza San Pietro mercoledì 24 ago-sto.È stata una Assemblea molto parte-cipata, vivace, segno di una vitalitàforte che ha sempre contraddistintogli Istituti Secolari.Si tratta, infatti, di una realtà di vitaconsacrata abbastanza giovane, la cuiapprovazione risale al 1947 con la co-stituzione Provida Mater di Pio XII. Attualmente sono oltre 240 gli Isti-tuti diffusi nei cinque continenti, conun numero che si aggira intorno ai40 mila membri, uomini e donne,compresi anche diversi sacerdoti.

VITA DEGLI ISTITUTI

Assemblea CMIS 2016

NEL CUORE DEL MONDOCON IL CUORE DI DIO

Sono stati 140 i responsabili o delegati provenienti datutto il mondo per vivere un momento non solo

aggregativo, ma anche programmatico, in seno alla faseelettiva per il rinnovo del Consiglio esecutivo e il

Consiglio di presidenza della CMIS. Si è trattato di unforte momento di comunione e di scambio.

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Testimoni 10/2016 23

VITA DEGLI ISTITUTI

l’equilibrio, un atteggiamento cheaiuti a trovare Dio in tutte le cose»,a “saldare” il cielo alla terra.La “frammentarietà e la precarietàdel nostro tempo” ci spingono ad es-sere creativi nel cercare “nuove solu-zioni, inventare risposte inedite e piùadeguate alle nuove situazioni che sipresentano”, “a mettersi in gioconella realtà del mondo di oggi”.Tante le riflessioni e i contributi; im-pegnativa la ricerca “su vasti oriz-zonti”, pressante l’impegno a “im-mettere nel mondo la logica di Dio”.

—Stimoliper un nuovo slancio

Sono questi gli stimoli affidati ai re-sponsabili e ai formatori: occorre im-primere uno slancio nuovo, per ritro-vare incisività e audacia di presenzae di operatività.E sono gli stessi che vengono affida-ti al nuovo Consiglio della CMIS conla sua nuova Presidente, la polaccaJolanta Szpilarewicz. Il Consiglio, con i membri rappre-sentativi di vari continenti, è chiama-to ad individuare e a proporre per-corsi nuovi e condivisibili in ognirealtà geografica per rispondere allesfide del nostro tempo e alle richie-ste essenziali degli uomini e delledonne, dovunque vivano, in Europacome in Asia, in Africa come inAmerica del Nord e del Sud, in Nuo-va Zelanda come nelle Filippine. Vale la regola evangelica del piccoloseme che poi cresce, diventa albero efa ombra e dà ristoro a quanti sonoin ricerca di un po’ di frescura. Sono così oggi gli istituti secolari, fa-centi parte di quella Chiesa in uscitache tanto piace a papa Francesco, co-sì come ebbe a dire agli Istituti italia-ni il 10 maggio 2014:«Poveri tra i poveri, ma con il cuoreardente. Mai fermi, sempre in cammino. Insieme ed inviati, anche quando sie-te soli, perché la consacrazione fa di voi unascintilla viva di Chiesa. Sempre in cammino con quella virtùche è una virtù pellegrina: la gioia! …. E non dimenticate: siate rivolu-zionari!».

Marisa Parato

E S E R C I Z I S P I R I T U A L I

PER SACERDOTI, RELIGIOSIE DIACONI

� 7-11 nov: p. LucianoManicardi, monaco di Bose“Seguire Gesù nella suaumanità”SEDE: Monastero di Bose, frazioneBose, 6 – 13887 Magnano (BI); perprenotarsi: tel. 015.679185

� 13-20 nov: fr. Luca Fallica osb“La tenerezza di Dio ci crea e cirigenera come segno della suamisericordia” (Sal 145,9) SEDE: Centro Mater DivinaeGratiae, Via S.Emiliano, 30 –25127 Brescia (BS); tel.030.3847210/212 – e-mail:[email protected] –www.materdivinaegratiae.it

� 14-18 nov: p. Guglielmo Spirito,OFM conv “I Misteri della vitanuova. Esercizi ignaziani allaluce del Vangelo di Giovanni”SEDE: Casa Esercizi Spirituali“Domus Laetitiae”, Viale GiovanniXXIII, 2 – 06081 Assisi (PG); tel.075.812792 fax 075.815184; e-mail:[email protected] –www.domuslaetitiaeassisi.it

� 20-25 nov: mons. DanteLafranconi “Il sacerdote: uomodella misericordia”SEDE: Casa Incontri cristiani, ViaFaleggia, 6 – 22070 CapiagoIntimiano (CO); tel.031.460484 –fax 031.561163; e-mail:[email protected][email protected] –www.dehonianicapiago.it

� 21-25 nov: mons. Antonio DiDonna “Esercizi spirituali” SEDE: Getsemani di Paestum Oblatidi S. Giuseppe, Via Getsemani,6 –84047 Capaccio (SA); tel0828.725019 fax 0828.723546;e-mail: [email protected]– www.getsemanidipaestum.org

� 11-19 dic: p. Bernardino Prella,op “Vita consacrata: vitanascosta con Cristo in Dio”SEDE: Comunità di Preghiera“Mater Ecclesiae”, Via della PinetaSacchetti, 502, – 00168 ROMA; tele fax 06.3017936; e-mail:[email protected] –www.centromaterecclesiae.it

—Il messaggioinviato dal Papa

Nel messaggio inviato ai partecipan-ti, il santo Padre, papa Francesco, at-traverso il Segretario di Stato, ilcard. Pietro Parolin, ribadendo checonsacrazione e laicità sono sullostesso piano, ha invitato a realizzarequesta “sintesi rinnovata”: «Non si èprima laici e poi consacrati, ma nem-meno prima consacrati e poi laici, siè contemporaneamente laici consa-crati».Da ciò deriva una cosa importantis-sima: la necessità di «un discerni-mento continuo, che aiuti a operare

L a generazione di Facebook cerca nel-la fede un’esperienza diretta di rela-

zione capace di coinvolgere ed emozio-nare. Si passa dal credere in Dio al cre-dere nel mistero di Dio, dalla dogmaticaalla mistica, dalla teologia alla poesia.Segno e conseguenza di quella valoriz-zazione delle emozioni e dei sentimentiche si intravede nella vita di tutti.

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qualcosa di nuovo». Il problema,però, è sempre il medesimo: qual è ilcambiamento che può essere effica-ce oggi?

—Bando alle preoccupazioniparalizzanti

Una pista l’ha indicata sr. Allen fa-cendo riferimento ai saggi di Annem. Butler, «Attraverso le frontiere diDio. Suore cattoliche in America1850-1920» (2012) e di Tilley W. Ter-rence, «Reinventare la tradizione cat-tolica» (2011). La loro tesi era: la tra-dizione può essere reinventata neltempo a seconda delle diverse circo-stanze e questo è esattamente ciòche ha fatto, per così dire, la fortunadelle religiose americane. Si è dimo-strato efficace l’aver condiviso la vi-ta della gente, dalle miniere alle fer-rovie, nelle praterie desolate, sullemontagne o nel deserto. I carismi deifondatori, inizialmente solo europei,sono sopravvissuti, ma completa-mente modificati: si sono lasciati al-le spalle tutto quanto era ormai lon-tano, e passato, proprio perché “in-carnati” nel presente della nuova vi-ta di frontiera.Si avverte qui l’eco di quanto scriveanche il teologo Jurgen Moltmannsulla speranza del popolo d’Israele:quando tutto sembra perduto, è Diostesso che offre strade nuove, quelloche lui definisce «l’orizzonte di atte-sa». Non si tratta di un ottimismo dimaniera o di utopia, ma di esserepronti a riconoscere le nuove pro-spettive che si schiudono, perchéaver fede significa sapere che sem-pre si apriranno.

Come si può leggere la profon-da trasformazione della vitaconsacrata in atto in questi

anni e come aiutare i religiosi/e adaffrontare le sfide del contesto mu-tato? Quali opportunità e prospetti-ve per il futuro? Sono le questioniche attraversano ordini e congrega-zioni in ogni continente, anche se lasituazione dei paesi occidentali ma-nifesta ogni giorno di più la diffi-coltà, soprattutto dei numeri, che poisignifica persone e possibilità o me-no di continuare la missione loro af-fidata dai fondatori. Ma, forse, po-trebbe anche non essere un proble-ma, bensì un’opportunità.Ne hanno parlato ad Atlanta, inGeorgia, le circa 800 superiore mag-giori degli Stati Uniti aderenti allaLeadership Conference of WomenReligious (LCWR) in occasione del-l’Assemblea annuale dal 9 al 13 ago-

sto scorso sul tema «Abbracciando ilMistero: vivere il cambiamento».Nel 1971, al momento della sua co-stituzione nella forma attuale, laLCWR comprendeva le superiore inrappresentanza di oltre 150 milasuore degli Stati Uniti. In quegli an-ni nel Paese il numero totale dellereligiose ammontava a 181 mila, nel1995 erano calate a 107 mila, diecianni più tardi, nel 2005 erano 72 mi-la e lo scorso anno, 2015, 49 mila (diqueste 39 mila afferiscono allaLCWR).Nell’arco di 20 anni (1995-2015) lereligiose sono passate da 107 a 49mila e le proiezioni per il prossimodecennio parlano che scenderanno a29 mila. «Stiamo letteralmente eva-porando!», ha scherzato la presiden-te, suor Marcia Allen che aggiunge-va: «I carismi indubbiamente sonoancora validi, ma sono chiamati a

VITA CONSACRATA

Assemblea annuale della LCWR ad Atlanta

NUOVO ORIZZONTEDELLE RELIGIOSE

Basta impantanarsi in strategie locali a corto raggio. Forsenel giro di una o due generazioni anche regole e

regolamenti potrebbero sembrare obsoleti ai nostrisuccessori, e magari una nuova trasformazione sarà

necessaria, ma intanto noi dobbiamo agire oggi e inventareuna nuova tradizione.

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Le religiose pensano di essere anco-ra di una qualche utilità per i lorofratelli di oggi? Se la risposta è posi-tiva le suore non restino paralizzatese i conventi non sono zeppi di nuo-vi membri giovani.C’è una questione che ormai deveessere superata: in questi ultimi annisono state compiute analisi e son-daggi, fusioni e riconversioni, chiusu-re e partenze, sono stati chiamatiesperti per un aiuto che, in fin deiconti, significava far sì che il carismafosse in grado di “passare” alla pros-sima generazione. Si cercava una ga-ranzia di sopravvivenza: un lavorosnervante che ha preso troppe ener-gie. Forse è arrivato il tempo di vol-tar pagina e guardare a un nuovoorizzonte. Era esattamente questol’augurio di suor Sharon Holland –la presidente che aveva “traghetta-to” la LCWR oltre la palude dellacontroversia con il Vaticano – nelcorso dell’assemblea dell’anno scor-so: «Andiamo avanti!».«Basta impantanarsi in strategie lo-cali a corto raggio, spostando perso-ne col solo obiettivo di garantirequalcosa che una volta c’era, ma cheevidentemente oggi non serve più.Forse nel giro di una o due genera-zioni anche regole e regolamenti po-trebbero sembrare obsoleti ai nostrisuccessori, e magari una nuova tra-sformazione si renderà ancora ne-cessaria, ma intanto noi dobbiamoagire oggi e inventare una nuova tra-dizione».

—Tornare alle originidella vita religiosa

Non sono arrivate ricette risolutivenel corso dell’Assemblea, ma unorientamento chiaro sì: accantonatele questioni pratiche, l’orizzonte chesi apre è quello di un ritorno all’es-senziale della scelta di una vita con-sacrata, in altre parole innanzituttola preghiera e la condivisione conl’umanità vicina e lontana. Suor PatFarrel, presidente emerita e già mis-sionaria in America Latina, l’ha indi-cato con l’entusiasmo del momentodella professione. «Approfondire ladimensione contemplativa della vitareligiosa ci condurrà alle origini delmovimento delle religiose avviatoancora negli anni ’50 e poi sviluppa-

VITA CONSACRATA

to dopo il Concilio. Cristo ci ha pro-posto una strada irresistibile da se-guire, una strada basata sull’amore ela misericordia che conduce alla co-struzione di un mondo più giusto einclusivo. Poniamoci in ascolto diquanto ci chiede qui oggi: il Regno diDio è già sulla terra. Svegliamoci emettiamo a disposizione le nostremani e i nostri cuori per renderlo vi-sibile ai nostri fratelli!».Bandite, per così dire, le preoccupa-zioni pratiche che hanno paralizzatocapitoli e incontri negli scorsi anni (ela LCWR ha avuto anche la sua“questione romana”) le suore torni-no alla loro missione di preghiera eazione, a seconda del carisma deifondatori. Pregare per le tante soli-tudini e le miserie degli uomini d’og-gi, pregare per la risoluzione dei con-flitti e la fine di tante violenze è unseme gettato che porterà frutto.«L’atteggiamento contemplativoquotidiano significa sintonizzarsiconsapevolmente fornendo l’ener-gia per la trasformazione del mondo,come il lievito che si espande nel si-lenzio e trasforma la pasta».Le religiose americane sembranoquindi avviate verso nuovi orizzonti:lontane dalle preoccupazioni dichiusure o vendite di strutture, sonopronte a tornare alle origini dei lorocarismi per interrogarsi nella pre-ghiera su quali cambiamenti sianonecessari nel mondo contempora-neo per abbracciare la sofferenza e ildolore, per accogliere ogni personain particolare i poveri e gli emargi-nati della società. «Il regno di Dio hala precedenza su tutto ciò che sia-mo» concludeva suor Farrel chie-dendo una sorta di «purificazione»interiore per aprirsi con umiltà almistero della vita, delle persone edel creato.Le persone consacrate sono lievitoper l’avvento del Regno all’internodei propri ordini e congregazioni epoi lievito anche per la Chiesa e ilmondo intero. La testimonianza, seautentica, parla da sola e i frutti ar-riveranno, anche se nessuno sa im-maginare quali.Come dire il campo che si apre è va-stissimo: dalla preoccupante campa-gna per le prossime elezioni presi-denziali agli interrogativi che nasco-no dalle uccisioni dei ragazzi di colo-

re da parte della polizia, dal degradoambientale all’escalation planetariadel terrorismo. Il futuro è incerto, co-me un «sentiero nascosto dalla neb-bia», un cammino irto di difficoltà,ma la vita religiosa è un camminareinsieme, giovani e anziani, condivi-dendo gioie e dolori, confidandoquotidianamente nell’aiuto di Diocui si è offerta la propria vita.

—Coscienza criticaper il mondo

In questo contesto le religiose posso-no assumere anche il ruolo fonda-mentale di coscienza critica per glieventi del mondo (già ai primi d’a-gosto 5.671 suore avevano firmatoun appello per i candidati alla Presi-denza degli Stati Uniti perché nondimentichino i valori fondamentalisanciti dalla Costituzione). Sullastessa lunghezza d’onda, suor LizSweeney ha sottolineato il contribu-to determinante per la formazionedelle coscienze nella direzione diuna maggior inclusività e misericor-dia nel sociale e sr. Margaret Whea-tley, condividendo la sua esperienza

U na ricostruzione biografica che faampio ricorso a brani originali di don

Mazzolari, spesso inediti: corrispondenza,appunti, manoscritti, tracce di discorsi eomelie, articoli a stampa. I testi dannospazio al Mazzolari parroco, conferenzie-re, amico e consigliere spirituale, osser-vatore attento delle più varie realtà con-temporanee.

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personale di religiosa in mezzo aisofferenti, richiamava il valore dellaprossimità con quanti sono nel dolo-re e nella disperazione: la fondamen-tale testimonianza di una presenzad’amore quando tutto sembra per-duto. Nel corso dell’Assemblea lepartecipanti sono state invitate poiall’impegno di ritagliarsi quotidiana-mente spazi di silenzio nella preghie-ra personale e comunitaria, nono-stante gli orari e i ritmi imposti dal-la missione (in un paese come gliStati Uniti dove le distanze da per-correre spesso sono massacranti).Diverse anche le risoluzioni appro-vate, tra le quali spicca l’impegnoper contrastare ogni forma di discri-minazione, a partire da quella del co-lore della pelle; per abolire la schia-vitù moderna che lacera il tessutosociale; per garantire il diritto di cit-tadinanza agli immigrati; per pro-muovere la giustizia economica, lacustodia del creato e la protezionedella biosfera. Significativo dell’at-tuale contesto si è rivelato il conferi-mento dell’Outstanding LeadershipAward, il tradizionale premio attri-buito dal direttivo della LCWR: l’e-dizione 2016 è stata assegnata a Jani-ce Bader delle Suore del Preziosissi-mo Sangue per il suo lavoro comedirettore esecutivo dell’Ufficio na-zionale per i religiosi in pensione.Suor Maria Pellegrino delle Suore diSan Giuseppe di Baden, in Pennsyl-vania, ha assunto la carica di presi-dente LCWR per 2016-2017, mentrela Conferenza ha votato suor TeresaMaya, leader della Congregazionedelle suore della carità del Verbo aSant’Antonio in Texas, come suopresidente eletto. «Che le vostre giornate insieme pos-sano rivelarsi cariche di frutti» ave-va scritto loro mons. Josè Carballo,segretario della Congregazione vati-cana. Chissà se ne immaginava leconclusioni: le suore degli Stati Uni-ti hanno deciso di vivere la loro vitadi consacrate, costi quello che costi,senza restare impantanate nellepreoccupazioni del calo delle voca-zioni o della chiusura dei conventi.Con la stessa fede di Chiara d’Assi-si, Caterina da Siena e tante altre chele hanno precedute.

Maria Teresa Pontara Pederiva

VITA CONSACRATA

Il 5 ottobre 2003 morivaAnnalena Tonelli, uccisa asangue freddo nella sua

«amata Somalia»: due colpi dipistola sulla porta di casa, atti-gua all’ospedale da lei fonda-to, e due giovani sicari chescappano nella notte, perden-dosi come ombre nella cittadi-na di Borama, nell’estremonord-ovest del Somaliland, in-cuneato tra Etiopia e Gibuti. Quegli occhi di un azzurroprofondo in un volto incorni-ciato dal suo scialle insepara-bile, portato – diceva lei – «perrispetto delle donne di lag-giù», si chiudevano sotto gliocchi dei suoi poveri, «sua ere-dità per sempre».1

—Coraggiosa nella veritàe audace nell’amore

A distanza di 13 anni dalla sua ucci-sione, le EDB pubblicano la raccol-ta delle sue lettere,2 curata da EnzaLaporta e Maria Teresa Battistini, dacui traspare la straordinaria gran-dezza di questa donna consacrata:spinta da un amore incoercibile, haaffrontato ogni genere di pericoli eminacce pur di servire i poveri in ter-re lontane e venire in loro soccor-so. E di minacce, come si può coglie-re dalle sue lettere, Annalena ne haricevute tante in 33 anni di attivitàumanitaria in terra d’Africa. Tenacee coraggiosa, per di più donna e oc-cidentale, in un Paese musulmanodalle tradizioni forti e radicate, An-

nalena era spesso mal sopportata da“religiosi” e autorità locali per la sua«carità cristiana» al servizio dei mu-sulmani ed era pure additata nei ser-moni alla moschea, come un perico-lo di conversione. E là, a Borama, giànell’ottobre del 2002 qualcuno at-taccò a sassate l’ospedale, per prote-sta contro la sua campagna contro lemutilazioni genitali femminili. Maera stata anche tante volte legata epicchiata dai banditi, quando ancorasi occupava del dispensario per la tu-bercolosi a Marka, in Somalia, a suddi Mogadiscio, da dove se ne era do-vuta andare «perché erano troppe lepressioni dei signori della guerra».

PROFILI E TESTIMONI

Annalena Tonelli: a 13 anni dalla sua uccisione

I POVERI SUA EREDITÀPER SEMPRE

I poveri sono stati parte essenziale della sua vita. Per i«brandelli di umanità» ha dato tutto, fino al martirio. Insilenzio ha vissuto intensamente con determinazione e

mitezza, comprensione e tolleranza, coraggiosa neimomenti difficili e audace nell’amore.

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Testimoni 10/2016 27

1969 parte per l’Africa grazie alle at-tività del Comitato per la lotta controla fame del mondo. Inizialmente la-vora come insegnante in una scuola aWajir, nell’estremo nord-est delKenya, e approfondisce le sue cono-scenze mediche per curare la tuber-colosi e la lebbra. Già nel 1976 Anna-lena è responsabile di un progetto pi-lota dell’Organizzazione Mondialedella Sanità per la cura della tuberco-losi, ma accoglie anche ciechi, sordo-muti, disabili fisici e mentali. A WajirAnnalena è raggiunta da altre seidonne, tutte, sia pure in maniera e inmisura diverse, appassionate di Dio edei poveri. «Quando perdevamo ostavamo per perdere il senso del no-stro servizio e la capacità di amare,potevamo ritrovare i beni perduti so-lo ai piedi del Signore. Per questo,avevamo costruito un eremo e là an-davamo per un giorno, o più giorni oper periodi anche lunghi di silen-zio… Là ritrovavamo equilibrio,quiete, lungimiranza, saggezza, spe-ranza, forza per combattere la batta-glia di ogni giorno». Nel 1984, a se-guito di lotte politico-tribali, l’eserci-to del Kenya compie azioni repressi-

Nonostante tutto, Annalena ha sem-pre avuto il coraggio di denunciareatrocità, ingiustizie, soprusi: «la du-rezza di questa gente che ha perdu-to ogni valore, che pensa solo a ruba-re, che è assolutamente indifferentedavanti alla vita e alla morte, che pa-re senza sentimenti…, per cui non èpossibile uno scambio vero, amico,pulito, puro, diritto con nessuno diloro, nessuno! Terribile!...3 «Qui vigeil sopruso, il ricatto, l’abuso di pote-re sempre. Persone come me chenon si piegano mai a nessun tipo disopruso né di ricatto, non possonoassolutamente sopravvivere a costodi dover pagare con la vita. Sì, anco-ra una volta, due volte, dieci forse dipiù volte, sono viva solo perché Diol’ha permesso. Ma per quanto tempoancora?... Sono stanca di queste si-tuazioni, di queste persecuzioni, diquesta gente che parla della miamorte come se fosse naturale, “nor-male” come dicono loro, perché so-no persona troppo scomoda. Sonostanca di questa strana cosa che è lacreatura umana, di questa barrieradi incomunicabilità in cui viviamotutti e in cui tutti moriamo, di questomistero di invidia, gelosia, rivalità,incapacità di perdono che è l’uomo...ma mai mai stanca degli ammalati,del servizio che rimane e credo saràsempre per me il privilegio della miavita. Quante volte mi sono ritrovataimprovvisamente come traumatizza-ta, stupefatta, incantata per questavita straordinaria che il Signore miha donato da vivere, certo non vitafacile, in molti sensi dura, durissima,eppure così bella, così dono».4

—Passione per il Vangeloe per l’umanità ferita

Nata a Forlì il 2 aprile 1943, secondo-genita di cinque figli, Annalena fre-quenta la scuola elementare «Meloz-zo degli Ambrogi», poi le medie«Giovanni Pascoli» e infine il liceoclassico «G.B. Morgagni». Si iscrivealla facoltà di legge a Bologna poiparte con l’American Field Serviceper Boston. L’incontro coi poveri delghetto di Harlem a New York, faemergere in lei una particolare sen-sibilità per quelli che poi chiamerà «ibrandelli di umanità». Sono gli annidel Concilio: un grande fermento

scuote la Chiesa. Nel 1962 Annalenaritorna a Forlì e per sei anni si pren-de a cuore situazioni di povertà loca-li. Coinvolge le sorelle e diversi gio-vani del Movimento laureati cattoli-ci e della FUCI di cui lei diventa pre-sidente e con loro si dedica agli ulti-mi della città, poveri, sofferenti, ab-bandonati, non amati. Aiuta mammaBettina nella creazione dell’operaDon Pippo che si occupa di «ragaz-ze svantaggiate e rifiutate dalle lorofamiglie». S’interessa dell’assistenzaalle famiglie che abitano nel «Caser-mone›› di Via Romanello, «la bidon-ville della mia città», “luogo malfa-mato” di emarginazione, violenza,miseria… un ambiente in cui è beneandare almeno due per volta. Anna-lena spesso va da sola, anche di se-ra… e conquista a sé prima il rispet-to poi l’affetto di quelle persone. Peraiutarle economicamente organizzain città perfino un concerto conGianni Morandi. Coordina una pre-senza di mamme volontarie per ibambini del brefotrofio, «una istitu-zione per bambini non voluti, natifuori dal matrimonio». S’interessa aiproblemi del Terzo Mondo promuo-vendone la conoscenza anche attra-verso film, cineforum e conferenze.Nelle parrocchie della Diocesi unodei film più proiettati era “Maria delvillaggio delle formiche”. Prepara laconferenza di Raoul Follerau, suimalati di lebbra, per sensibilizzare lacittadinanza. Organizza il primocampo di Chiffonniers al quale par-tecipa anche l’Abbé Pierre. Nel 1963fonda il «Comitato per la lotta con-tro la fame nel mondo», ancora oggiattivo. S’interessa anche del carcereminorile. Frequenta il gruppo di pre-ghiera di don Arturo Femicelli pres-so la chiesa del Miracolo.5 Nel ‘67,nella sua ricerca di radicalità evan-gelica, pone con mamma Chiara aLagrimone (PR) la prima pietra perla costruzione del monastero delleclarisse francescane «Regina Mun-di».

—Da Forlìall’Africa

Durante il servizio ai poveri della suacittà, Annalena matura un forte desi-derio di partire per l’India, ma la fa-miglia non glielo permette. Così nel

PROFILI E TESTIMONI

I n diverse occasioni Seneca forniscedettagli sulle proprie abitudini ali-

mentari. Se i suoi contemporanei predi-ligono tavole ricche, il filosofo opta perla frugalità, ritenendo il cibo occasioneper esercitare la virtù. Il che presenta va-ri punti di contatto con i precetti dellatradizione ascetica e monastica cristiana.

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ve sulle tribù somale intorno a Wajir.Il 10 febbraio inizia il massacro diWagalla. Annalena è coinvolta nelrecupero dei corpi e nella cura dei fe-riti. Viene più volte richiamata dallapolizia e fatta bersaglio di diversi at-tentati. Riesce comunque a mandarea Nairobi, alle ambasciate straniere,fotografie di morti e feriti e con l’aiu-to di amici a fermare l’eccidio chemirava allo sterminio della tribù deiDegodia. Il 5 agosto 1985 viene espulsa dalKenya come «persona non gradita».Lascia in silenzio il Paese; non solle-va proteste per le calunnie e le de-nunce a suo carico nel timore di ri-percussioni negative sui «figli» (isuoi poveri e ammalati) lasciati aWajir. Quel deserto, quella frater-nità, quell’eremo, quei somali dallafede luminosa, quali mai più ritro-verà altrove, saranno la struggentenostalgia per il resto dei suoi giorni.Per alcuni mesi rientra in Italia e siritira in varie comunità monastiche:Monteveglio (BO), Cerbaiolo (AR),Montevecchio di Romagna, S.Barna-ba di Gamogna sull’Appennino ro-magnolo. Alla fine dell’86 Annalenava in Somalia, prima a Mogadiscio,poi a Marka e infine a Borama, nelSomaliland. Nelle lettere dalla So-malia, Annalena condivide con fami-liari e amici le drammatiche vicendedi un popolo dilaniato dalla guerracivile. Nel marzo del 1994 a Mogadi-scio vengono uccisi la giornalista Ila-ria Alpi e il suo operatore MiranHrovatin. In luglio Annalena conse-gna la gestione dell’ospedale allaCaritas italiana che invia la dott.ssaGraziella Fumagalli che verrà uccisanell’ottobre del ’95.

—Dall’eremo di Castagnoloa Wajir per sempre

«Bisogna fare silenzio se si vuole di-ventare operatori di pace, non vio-lenti, miti, mansueti, capaci di mise-ricordia, di compassione, di infinitabenevolenza6…»Tornando in Italia nel luglio ’95, An-nalena si ritira nei diversi eremi chele offrono un’ospitalità anonima, di-screta e di radicale isolamento: Cer-baiolo, Campello sul Clitunno, Ca-stagnolo di Civitella. «Se Dio vorrà,rimarrò in eremo almeno un anno.

Intanto la Somalia è là come là sonoi poveri del mondo, mia eredità persempre. A loro tornerò se Dio vorràanche fisicamente. Perché loro sonoparte essenziale del mio essere. An-che ora sono tutti con me ed io lichiamo per nome ad uno ad uno edinsieme abitiamo la stessa casa e lacosa meravigliosa dell’eremo è chele pareti si dilatano all’infinito equello che era impossibile a Marka,diventa possibile qui perché tutti,proprio tutti, possono entrare e c’èsempre posto per altri e per altri an-cora…».7

Dopo l’uccisione della dott.ssa Fu-magalli, Annalena interrompe la vi-ta eremitica per partire di nuovo.Dopo brevi viaggi in India, Etiopia eSudan per verificare una nuova pos-sibilità di missione, decide di stabilir-si a Borama, nel Somaliland, doveavvia un programma di cura per laTbc e per gli ammalati di AIDS. Lasua intensa attività è appesantita danumerose minacce, polemiche e ti-mori di contagio per la popolazione.Nel marzo del 2003, in una solennemanifestazione pubblica, le tradizio-nali «circumcisers» (le donne chepraticano l’infibulazione e la circon-cisione) rinunciano pubblicamenteal loro lavoro con una dichiarazionedi «rinuncia per amore di Allah» eAnnalena dà loro un impiego o unasomma in denaro per iniziare un’al-tra attività.Il 25 giugno a Ginevra, l`UNHCR8 leconsegna il prestigioso premio Nan-

sen (istituito nel 1954) per la sua de-dizione alle comunità somale. Anna-lena utilizzerà i 100mila dollari delpremio per la sua gente e per la suaéquipe: «… 75 persone che lavoranocon me, tutti somali e loro, come i pa-zienti, hanno tanto bisogno di aiuto.È una vita dura, ma bellissima, vera-mente bellissima». In luglio si verifi-cano nuove manifestazioni di ostilità,minacce, persecuzioni e calunniecontro Annalena che definirà come«un movimento folle di rifiuto dellaverità, della giustizia, della compas-sione». Alla fine di settembre 2003accoglie con gratitudine Ahmed eDahaba Noor da Wajir, ultimo incon-tro con i volti amati del suo deserto. Ma là Annalena tornerà pochi gior-ni dopo, quando le sue ceneri ver-ranno sparse, come lei aveva espres-samente chiesto,9 nell’eremo diWajir «sulla sabbia del deserto piùamato del mondo».

—Eredità umanae spirituale

Quello che colpiva in Annalena eral’apparente semplicità con cui af-frontava i problemi e il suo affidarsialla Provvidenza per risolvere situa-zioni quasi sempre disperate: la sere-nità di chi ha la consapevolezza dellesue scarse risorse, ma la sicurezza dipoter contare su quel Dio amico cheper primo ha pagato il prezzo più al-to per amore degli uomini. Annalenatraeva la forza per le sue iniziative da

PROFILI E TESTIMONI

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Testimoni 10/2016 29

un lungo sostare davanti al Signore.Già negli anni della sua giovinezza, aForlì, trovava il tempo per la medita-zione e la contemplazione presso al-cuni monasteri di clausura della città.Il bisogno di silenzio e di preghierasarà sempre una nota ricorrente nel-la sua vita. Così come una nota parti-colare della sua figura sarà spessouno sguardo triste di chi ha visto tan-te sofferenze, ma anche quell’indi-menticabile sorriso dolce che purenei momenti difficili dava sicurezza ecoraggio a chi le era vicino.Annalena ha operato libera da con-dizionamenti di enti e organizzazio-ni, facendosi carico anche della sof-ferenza di non potere rispondere atutti i bisogni dei suoi poveri. Ha vis-suto libera dalla schiavitù dei diffusimodelli sociali. Libera da pregiudizi,ha rifiutato ogni forma di violenza ericercato costantemente il dialogoanche con l’Islam.Quando qualcuno la chiamava ‘mis-sionaria laica’, disapprovava: «io nonsono né missionaria né laica, io sonosemplicemente una cristiana, intera-mente consacrata a Dio e ai poveri».«Io impazzisco per i brandelli diumanità ferita, più sono feriti, più so-no maltrattati, più di nessun contoagli occhi del mondo, più io li amo.Questo non è un merito, è una esi-genza della mia natura»… «Speroche questo mio seme una volta mor-to, marcirà e darà frutto, il solo frut-to che conta: amore, tenerezza, com-prensione, tolleranza, assenza dipaura, audacia nell’amore».10

Anna Maria Gellini

1. Lettera ai benefattori da Campello, giugno1995

2. Annalena Tonelli Lettere dalla Somalia1985-1995 EDB, 2016

3. Lettera alla mamma da Marka, dicembre1992

4. Lettera all’amica Linda da Marka, settem-bre 1993

5. Durante un incendio nel 1428, rimase inte-gra una xilografia della Madonna con Bam-bino, poi denominata “Madonna del Fuo-co”, tuttora patrona della città di Forlì.

6. Lettera a un’amica da Campello, luglio1995

7. Lettera ai benefattori da Campello, giugno1995

8. L’Alto commissariato delle Nazioni Uniteper i rifugiati

9. Lettera a Maria Teresa da Campello, mag-gio 1995

10. Lettera a p. Giorgio da Mogadiscio, novem-bre 1991

Il papa Francesco ha spesso riflet-tuto sulla grande importanza del-la misericordia nelle relazioni so-

ciali, invitando tutti a fare altrettanto.Quella che viene più spesso intesacome una specie di commozione tipi-ca degli animi sensibili, è, in verità, unfondamentale criterio per tutte le re-lazioni sociali. «Usiamo l’espressio-ne: Opere di misericordia perchéconsapevoli del fatto che, se fosseracchiusa solo nella sfera del pensie-ro o del puro sentimento, la miseri-cordia sarebbe vana», dice, in un suomagnifico libretto, Piero Stefani.1

Sì, basti semplicemente pensare alleopere di misericordia cosiddette“corporali” per avere il primo e prin-cipale impatto con la sostanza dellamisericordia: si tratta di visioni chediventano azioni, di volontà che sitrasformano in interventi reali e con-creti. Per questo non c’è misericor-dia senza relazione, senza il vederel’altro e il suo bisogno, la sua impo-

tenza, la sua debolezza e senza assu-mere il carico del soccorso prima an-cora di occuparsi delle responsabi-lità. La misericordia anima il pattosociale. Del resto il kèrigma stesso: «possie-de un contenuto ineludibilmente so-ciale: nel cuore stesso del Vangelo visono la vita comunitaria e l’impegnocon gli altri» dice Papa Francesco.2

La più antica Confraternita dellaMisericordia nacque a Firenze nel1244 per curare il trasporto e l’assi-stenza dei malati, quanto basta perdire che: «la misericordia ha più vol-ti (…) un conto è essere di fronte al-la colpa, altro è essere di fronte al-l’impotenza (…)». Nelle opere dimisericordia corporali «l’urgenza stanel soccorrere», appunto.3 Dar damangiare agli affamati, da bere agliassetati, vestire gli ignudi e alloggiarei pellegrini; curarsi degli ammalati,occuparsi dei carcerati, seppellire imorti, sono opere di assoluto impat-

PASTORALE

Secondo lo stile di Dio nella Bibbia

LA MISERICORDIA NELLERELAZIONI SOCIALI

Non c’è misericordia senza relazione, senza il vederel’altro e il suo bisogno, la sua impotenza, la sua debolezzae senza assumere il carico del soccorso prima ancora dioccuparsi delle responsabilità. La misericordia anima il

patto sociale.

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gioia di Gerusalemme (Ger 30/31). E avvenne che quando i cadaveri de-gli ebrei venivano lasciati insepolti egettati sulla superficie della terra,esposti al ludibrio delle iene e degliuccelli, nella valle descritta da Eze-chiele, venne la mano di Dio a ordi-nare al profeta non più di dare se-poltura a quelle ossa aride, piuttostol’energia spirituale della rinascita:“Ecco, io faccio entrare in voi lo Spi-rito e rivivrete” (Ez 37,5). Per tutte queste opere di misericor-dia, Dio è riconosciuto e adorato co-me: “Giusto” e fedele al suo popolo,nel Primo Testamento. Sarà soloquando avrà a che fare col peccato

di Israele che, allora: “egli si alzadal trono della giustizia per seder-si su quello della misericordia”.5

A imitazione del Padre, anche ilFiglio di Dio, dà da mangiare agliaffamati, prima di chiedere a suavolta da mangiare; dà da bere agliassetati, prima di chiedere a suavolta da bere. Nel grande affrescodella moltiplicazione dei pani, sicelebra il grande banchetto dellafame umana che trova soddisfazio-ne nella condivisione di Gesù e de-gli Apostoli. A questi ultimi, chegli dicono di congedare la folla perla cena, Gesù risponde: “Voi stessi

date loro da mangiare” (Mc 6,37).Quelli restarono sorpresi non soloperché avevano solo cinque pani equella folla era di cinquemila perso-ne, ma perché non si ritenevano indovere di dar da mangiare agli affa-mati. Non capivano come la fame diquegli sconosciuti fosse una cosa cheli riguardasse. Gesù annuncia loroche dinanzi a una folla affamata c’èun’unica contingenza: offrire ciò chesi può! Domani, poi, si procederà adaltre cose, a organizzare, a protesta-re, a denunciare le eventuali ragionidi quella mancanza di bene prima-rio. La misericordia è un “prontosoccorso”; viene prima e dopo la“giustizia”. Questi comportamenti “divini”istruiscono i cristiani sulle loro piùelementari responsabilità: che ognicreatura al mondo abbia da mangia-re e da bere, da vestire e una terra euna casa dove abitare. Nei paesi po-veri del mondo significa ancora lotta-re e impegnarsi in ogni modo per tro-vare acqua e cibo; in quelli ricchi

to sociale. Un elenco di azioni chesono alla base non solo delle politi-che del welfare, ma, prima ancora,delle carte dei diritti umani e civili,delle cure primarie che tutte le isti-tuzioni, i governi nazionali, ma an-che gli organismi internazionali,hanno – o dovrebbero avere – inogni ordine del giorno e in ogni Con-ferenza, nei Meeting, G8, G20, ecc. Della fame nel mondo si occupa ungigante come la FAO, solo per citarela sigla più nota; della sete e dell’ac-qua si parla in ogni dove: dalle cro-nache di guerra alle stime della sic-cità dovuta ai disastri che i Paesi ric-chi portano sull’equilibrio ecologicoterrestre. Dei carcerati si occupaanche l’ONU e sulla sepoltura ditutti i morti – dei giusti e degli em-pi! – veglia, tra l’altro e tra gli al-tri, Amnesty International. Poteripubblici e privati servizi di volon-tariato non fanno altro che “mise-ricordia”! Per non parlare dell’“al-loggiare i pellegrini”, che oggi sitraduce in: accoglienza agli immi-grati, ospitalità ai profughi, ponticontro i muri, destra vs sinistra,egoismo sociale e spirito di condi-visione, temi che costituiscono ilnodo più aspro e intricato delle at-tuali politiche mondiali. Di tutto questo sommovimento Ge-sù, nel Vangelo di Matteo, parla nelsuo ultimo discorso e dice: su questeazioni sarete tutti voi giudicati! (cfMt 25,31-46). Altro che sentimenti, oforme facoltative di generosità: leopere di misericordia sono il metrosu cui ogni cristiano verrà a parago-ne, cioè posto dinanzi alla sua inelu-dibile responsabilità davanti a Dio!Come se non bastasse, la tradizionecattolica aggiunge un secondo elencodi tali opere che chiama “di miseri-cordia spirituale”: “Consigliare i dub-biosi, insegnare agli ignoranti, ammo-nire i peccatori, consolare gli afflitti,perdonare le offese, sopportare pa-zientemente le persone moleste, pre-gare Dio per i vivi e per i morti”. Sitratta di opere che coinvolgono la vi-ta dell’anima, ma in un orizzonte incui questa è un tutt’uno col corpo.4

Per fare un esempio: l’“insegnare agliignoranti” chiede un doppio impe-gno sociale: quello intra-ecclesialedella conoscenza della fede e quellocivile della scuola e di ogni altro tipo

di impegno educativo, perché i ragaz-zi e i giovani possano emendarsi daogni forma di deleteria “ignoranza”.

—L’impatto sociale dellamisericordia nella Bibbia

Lo stile di Dio nella Bibbia è quellodi chiedere all’uomo quanto Egli perprimo ha fatto e fa. Quando, adesempio, il Dio di Mosè invita Israe-le ad ascoltare la sua voce, nello She-ma’, (“Ascolta Israele”, cf Dt 6,4ss),Egli stesso ha già ascoltato per pri-mo la voce del suo popolo nellaschiavitù dell’Egitto. Essi “gridaro-

no” ed Egli “ascoltò” il loro grido, èscritto nel libro dell’Esodo (cf Es2,23-24). In seguito, una volta uscitidal grembo dei Faraoni, avvenne chegli Israeliti fossero assetati e affama-ti nel deserto e anche qui Dio ebbecura di loro e diede loro l’acqua dal-la roccia e fece scendere dal cielo ilpane della manna (cf Es 15/16). Nellibro di Genesi si racconta che Ada-mo ed Eva uscissero nudi dall’Eden,quando Dio li vide e se ne diedepensiero, confezionando, per vestirli,delle “tuniche di pelle” (cf Gn 3,21);e quando gli Ebrei furono forestierinella terra di Canaan, o in quellad’Egitto, Dio gli fece avere una buo-na accoglienza da parte di quei po-poli, al punto che essi vi restarono inpace per molti anni. Quando, poi, gliIsraeliti si ammalarono di lebbra, ilSignore li guarì (cf Nm 12,15); quan-do furono tenuti prigionieri nell’esi-lio babilonese, Dio li liberò facendo-li ritornare nella terra promessa “ainostri padri”, e gustare di nuovo la

PASTORALE

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vuol dire promuovere e realizzarel’accoglienza, agire con creatività escienza per il lavoro, l’istruzione el’integrazione, la salute e i diritti pertutti. “Opere” in cui il cristiano èdoppiamente chiamato in causa: co-me cittadino e come credente. Que-ste opere sono, infatti, atti di umanitàe doveri sociali e civili; inoltre, per ilcristiano, una carezza attesa dal Si-gnore stesso, un bicchiere di “acquafresca” per le sue labbra assetate:“Tutto quello che avete fatto a unosolo di questi miei fratelli più picco-li, l’avete fatto a me” (Mt 25,40).

—Misericordiae libertà

Una delle emergenze sociali più im-plicate con la misericordia – dopoquelle della fame e alla sete – è lalotta per la libertà di ogni persona, acominciare dai più deboli, dagliesclusi, dai reietti. La misericordiatrova, in questo ambito, un vastissi-mo campo di “battaglia”. Si pensi al-la schiavitù che ancor oggi affliggetantissime creature. Si pensi alla“tratta” che Papa Francesco nonsmette mai di denunciare, special-mente quando è fatta sulla carne deibambini, o delle giovani donne; deimigranti, o delle creature delle fave-las, dei cui organi si fa illecito e libe-ro commercio, facilitato dal fattoche i loro nomi non appaiano in nes-sun ufficio anagrafico. Anche su questo fronte, la Parolamette dinanzi a noi l’esempio di Ge-sù. Anch’Egli un giorno si trovò da-vanti a un uomo che i suoi concitta-dini avevano isolato fuori le muradella sua città, l’avevano denudato elegato, costringendolo ad abitarenelle tombe, urlando di notte e digiorno come un essere bruto (cf Lc8,26-39). Quest’uomo era schiavopersino di se stesso e nella sua pove-ra mente avevano fatto casa una le-gione di demoni. Neppure la parolasapeva usare più, visto che era solo eselvaggio in luoghi deserti da ognipiede umano. Gesù lo vede e lo libe-ra dalla sua schiavitù, semplicemen-te reintroducendolo nella società dacui era stato escluso. L’esclusione dalconsesso sociale è, infatti, la madredi ogni schiavitù.La libertà per l’uomo di Gerasa si-

PASTORALE

gnificò l’essere riaccolto nella sua fa-miglia, il ritrovare un nome, la linguae le parole per dialogare con tutti; ladignità di un vestito e di una casa, alposto delle catene con cui era statocondannato alle dimore dei morti.La libertà è tornare in vita!

—Le viscere di misericordiadi Paolo

Un grande discepolo di Gesù in que-st’opera di misericordia fu Paolo.C’è una lettera che è la più breve ditutte (appena 25 versetti!); qualcunola chiama “biglietto”, tanto è piccolae confidenziale. Si tratta della Lette-ra a Filemone che Paolo scrive di suopugno quando si trova prigionieroad Efeso. L’esperienza del carcere glifa comprendere l’impotenza in cuivive lo schiavo. Forse per questoscrive al suo amico Filemone questestupende righe, supplicandolo diriaccogliere il suo “schiavo” Onèsi-mo, fuggito da casa sua, tempo pri-ma. Ma: “non più come schiavo, mamolto più che schiavo, come fratellocarissimo” (Fm 16). Nella comunità cristiana: “non c’èpiù Giudeo, né greco, schiavo né libe-ro” (Gal 3,28) e ogni creatura ha lapiena dignità dinanzi e dentro il Cor-po di Cristo. “Accogli Onesimo comeme stesso” – chiede Paolo a Filèmo-ne – e “se ti ha offeso in qualcosa e tideve qualcosa, mettilo sul mio conto(…) pagherò io” (Fm 17-18). Nella comunione di carne e spirito incui vive la Chiesa, Corpo mistico diCristo, tutti acquistano una sacra li-bertà: quella di essere membra gliuni degli altri. E Onèsimo, lo schia-vo, tra tanti membri metaforici cheformano le Chiese di Paolo, lui, dicel’Apostolo, è: “le mie viscere” (Fm12): il mio grembo di vita, la mia spe-ranza, la mia stessa libertà, la “mise-ricordia” di Dio che in me ha presocarne.

Rosanna Virgili

1. P. STEFANI, Le donnole del Rabbi. Com-passione e misericordia nell’ebraismo, EDB,Bologna 2016, 5.

2. EG 177. 3. P. STEFANI, I volti della misericordia, Ca-

rocci, Roma 2015,14-15. 4. Cf. B.UBERTI,R.VIRGILI, Amare anima e

corpo, Centro Ambrosiano, Milano 2015. 5. Talmud babilonese, ‘Avodah Zarah 3b.

E S E R C I Z I S P I R I T U A L I

PER TUTTI

� 28-30 ott: p. Elia Citterio “Vitaspirituale cristiana: una sostaper capire”SEDE: Casa Incontri cristiani, ViaFaleggia, 6 – 22070 CapiagoIntimiano (CO); tel. 031.460484 –fax 031.561163; e-mail:[email protected][email protected] –www.dehonianicapiago.it

� 31 ott-6 nov: don Pierrick Rio“In Cristo tutti riceveranno lavita” (1 Cor 15,22) SEDE: Foyer de Charité “MartheRobin”, Via Padre Mariano daTorino, 3 – 01037 Ronciglione (VT);tel. 0761.625057 – fax 0761.625057;e-mail:[email protected] –www.foyer-ronciglione.it

� 6-12 nov: Sara Staffuzza edequipe del Centro Aletti “1°Settimana ignaziana” SEDE: Casa Esercizi Spirituali“Domus Laetitiae”, Viale GiovanniXXIII, 2 – 06081 Assisi (PG); tel.075.812792 – fax 075.815184;e-mail:[email protected] –www.domuslaetitiaeassisi.it

� 7-14 nov: don LeonardoBiancalani “La spiritualità dellaLettera di Giacomo” SEDE: Comunità di Preghiera“Mater Ecclesiae”, Via della PinetaSacchetti, 502, – 00168 ROMA; tele fax 06.3017936; e-mail:[email protected] –www.centromaterecclesiae.it

� 13-20 nov: fr. Luca Fallica osb“La tenerezza di Dio ci crea e cirigenera come segno della suamisericordia” (Sal 145,9) SEDE: Centro Mater DivinaeGratiae, Via S.Emiliano, 30 –25127 Brescia (BS); tel.030.3847210/212; e-mail:[email protected] –www.materdivinaegratiae.it

� 18-20 nov: p. Paolo Calabrese,OCD “Testimoni dellamisericordia del Padre: S.TeresaBenedetta della Croce”SEDE: Monastero S.Croce, ViaS.Croce, 30 – 19030 Bocca diMagra (SP); tel. 0187.60911 – fax0187.6091333; e-mail:[email protected] –www.monasterosantacroce.it

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doti, religiosi e fedeli laici che, in tut-to il mondo, si dedicano all’annunciodel Vangelo con grande amore e fe-deltà, non di rado anche a costo del-la vita. La loro esemplare testimo-nianza ci ricorda che la Chiesa nonha bisogno di burocrati e di diligen-ti funzionari, ma di missionari appas-sionati, divorati dall’ardore di porta-re a tutti la consolante parola di Ge-sù e la sua grazia. Questo è il fuocodello Spirito Santo».Le tre suore saveriane non eranocerto delle burocrati, ma persone ap-passionate e divorate dall’ardoremissionario. Portavano nel cuore unfuoco d’amore, la cui scintilla erascoccata quando ancora erano mol-to giovani, in famiglia. Per racconta-re le loro vicende bisogna ripartireproprio da qui. Sia Olga, sia Lucia eBernardetta sono cresciute in fami-glie numerose, laboriose, profonda-mente cristiane. Erano ragazze serie,allegre e impegnate. Un giorno è sta-to chiesto a Olga: “Che cosa ti ha fat-to felice nella vita?”. «La mia fami-glia», ha risposto. La sua era compo-sta di dodici fratelli, otto maschi equattro femmine. In casa c’era sem-pre posto per la carità. Non c’era po-vero che passasse senza ricevere unpo’ di farina o di patate, di latte o al-tro cibo. Anche Lucia proveniva da una fami-glia numerosa. Trascorse, dicono letestimonianze, una giovinezza alle-gra. Frequentava l’oratorio e parte-cipava alla iniziative della parroc-chia. Lo stesso si può dire di Bernardet-ta. Già da bambina era buona e fa-ceva la carità a tutti, a tutti dava unacarezza, testimonia di lei una suacompaesana diventata poi anche leisuora.In un clima così sereno e laboriososbocciò presto in ciascuna di esse ildesiderio di diventare missionarie.Olga si sentì attratta dall’istituto del-le saveriane. Fu accolta e il 2 luglio1960. Sei anni dopo, nel 1966, nelladomanda di essere ammessa allaprofessione perpetua, scrisse così al-la Madre Celestina Bottego, fonda-trice, nel 1945, delle Missionarie sa-veriane: «Spero di essere accolta, af-finché tutta la mia vita sia a disposi-zione di Dio e delle missioni nellemani dei superiori».

Il 7 settembre scorso si sonocompiuti due anni dalla tragicauccisione delle tre suore save-

riane in Burundi: Olga Raschetti,Lucia Pulici, Bernardetta Boggian.Era domenica, una giornata che do-veva essere doppiamente gioiosa:perché giorno del Signore e perchéera presente in comunità sr. Merce-des Murgia, responsabile delle Mis-sionarie saveriane del Congo e delBurundi, venuta ad accogliere nelpomeriggio due suore, Marie Duku-ze e Anna Oppo, con una giovaneitaliana che veniva per continuarela sua formazione missionaria inCongo. Invece è stato un giorno tra-gico, di lutto, di dolore e costerna-zione. La casa editrice EMI ha pubblicatoora, un libro a cura della saverianaTeresina Caffi, intitolato Va’, dona lavita! che raccoglie le vicende di que-

ste tre missionarie, innamorate del-l’Africa, e racconta sulla base di nu-merose testimonianze e soprattuttodei loro appunti, trovati dopo l’as-sassinio, il sorgere della loro voca-zione missionaria in età giovanile, leloro attività in terra di missione, laloro vita spirituale, il desiderio di do-nare tutta la loro esistenza a Dio.Descrive, inoltre, i tratti della loropersonalità, diverse l’una dall’altra,ma cementate dallo stesso ardoremissionario, vissuto fiduciosamentenella quotidianità, in mezzo spesso atanti pericoli.Leggendo queste pagine è venutospontaneo pensare a ciò che il Papaaveva detto all’Angelus il 14 agostoscorso, memoria liturgica di p. Mas-similano Kolbe, morto nel lager na-zista di Auschwitz nel 1941: «In que-sto momento, penso e con ammira-zione soprattutto ai numerosi sacer-

PROFILI E TESTIMONI

Le tre suore saveriane uccise in Burundi

MISSIONARIEPER SEMPRE

Erano innamorate di Gesù e avevano nel cuore lapassione per l’Africa. Hanno saputo armonizzare insieme iloro impegni missionari con una profonda vita spirituale,

fatta di preghiera e di fedeltà alla loro consacrazione.Diverse per provenienza e temperamento, il Signore le ha

unite nel medesimo martirio.

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Testimoni 10/2016 33

La stessa gioia fu quella di Lucia.Entrò anche lei tra le saverianenello stesso anno. Ripensando aquel momento, più tardi, nell’ot-tobre 2013, ultimo della sua vita,scriverà: «Fin dall’inizio della miavocazione, il mio “sì” è stato aDio, a Gesù. Dopo aver sentito ilsuo amore personale per me,giunto fino alla croce, mi è sem-brato che la risposta più adattafosse la consacrazione e che illuogo per viverla fosse la vitamissionaria». Anche Bernardetta si sentì ani-mata dallo stesso desiderio di di-ventare missionaria. In una lette-ra al suo parroco, don Camillo Za-ramella, confidava: «Il pensiero chenel mondo due miliardi e mezzo dimiei fratelli non potevano amareGesù perché non lo conoscevano equindi erano in pericolo di perder-si, ritornava nella mia mente, dando-mi un’inquietudine, un tormento».Nel 1961 entrò tra le saveriane.Quando nel 1965 emise i primi voti,nell’immaginetta ricordo scrisse:«Gesù, mi hai chiamato, ecco, vengo.Sono tua», e sul retro: «Nella sempli-cità del mio cuore ho offerto lieta-mente tutto». Diverse come carattere e tempera-mento, una volta giunte in Africa, leloro vite si intrecciano pur vivendoa volte in comunità separate ed eser-citando un apostolato anch’esso di-verso: Olga avrà come campo apo-stolico soprattutto la catechesi; Lu-cia opererà come ostetrica, mentreBernardetta sarà chiamata ad assu-mere vari incarichi a nome dell’Isti-tuto e aveva a cuore soprattutto i po-veri e i sofferenti. Si ritroveranno poiinsieme in Burundi dove la comunepassione per le missioni e l’amoreper l’Africa si compiranno con ilversamento del loro sangue.

—Olga

Il sogno che Olga aveva fin da bam-bina di partire un giorno per l’Afri-ca si realizzò nel 1968. Il Congo fu ilsuo primo amore. «L’impatto conquesto paese – scrisse – fu per meemozionante... Provai una grandissi-ma gioia nell’incontro con tantissimibambini, radiosi, con donne dal por-tamento signorile, con uomini ri-

spettosi. Mi dissi: sono arrivata nelpiù bel paese del mondo». Erano an-ni difficili. Il paese era in preda aconvulsioni politiche, sfociate poi inuna guerra. Olga vive la sua missio-ne passando da una comunità all’al-tra, ma dovrà anche fare i conti conproblemi di salute che ogni tantol’obbligheranno a tornare in Italiaper curarsi. Ma il suo cuore era sem-pre laggiù, tanto che la gente diceva:“Olga ha il mal d’Africa”.Nel 1992 la troviamo a Uvira, sullesponde del lago Tanganika, dovesvolge attività catechistica. «A Uvira– si legge in una testimonianza – Ol-ga era la mamma di tutti i bambinidella catechesi, seguiva tutti i percor-si di preparazione ai sacramenti. Lasi vedeva sempre in motorino, anchesotto il sole cocente, sempre sorri-dente. Si fermava spesso per stradaper chiedere: “come va”? Al suo ri-torno in comunità, raccontava degliinnumerevoli incontri e del suo lavo-ro con i catechisti». «La ricordo, diceun’altra testimonianza, che andavacol suo motorino dai catechisti neiluoghi di catechesi: al pomeriggioandava a trovare le famiglie deibambini che avevano abbandonato ilcatechismo». Era una vera catechista. Ma avevauna grande cura anche della sua for-mazione spirituale. Si era tracciataun programma di vita che fosseconforme al disegno di Dio e al suoamore: fedeltà a questo amore, im-parare ad ascoltare, rispetto per tut-ti soprattutto per i poveri e i vecchi,dominio di me stessa, non giudicare,saper tacere; povera per farmi libe-ra, distacco, libera dentro, non la-

sciarmi condizionare dagli altri,accettarmi così come sono... vigi-lare, pregare...L’obbedienza la condurrà poi inBurundi. Tra i suoi numerosi pen-sieri spirituali troviamo scritto:«O Signore, Dio di bontà, ricevi imiei limiti e trasformali in umiltà.Ricevi le mie paure e trasforma-le in fiducia. Ricevi la mia soffe-renza e trasformala in crescita ».Aveva anche trascritto alcunistralci del testamento di MadreTeresa di Calcutta: «Tutto quelloche ti chiedo è che ti abbandoni ame completamente. Io farò il re-sto...». Le piacevano tanto anche

le parole del canto “Ecce venio ad teche dice: “Ecco, vengo a te, dolcissi-mo Signore, che ho amato, che hocercato, che ho sempre scelto, dolcis-simo Signore”.Tutte le testimonianze concordanonell’affermare che Olga era una per-sona di profonda vita di preghiera.C’era una canzone che amava canta-re spesso negli ultimi tempi, perchésentiva che corrispondeva ai suoisentimenti più profondi: “Ho uditoil Signore che diceva: “Chi man-

PROFILI E TESTIMONI

MiserereGIANFRANCO RAVASI

Il più celebre salmo penitenziale

Il Salmo 51 è uno dei principali com-ponimenti del Salterio, di cui costi-

tuisce il più celebre testo penitenziale.Amato visceralmente da Lutero, che glidedicherà pagine altissime e indimen-ticabili, è stato lo specchio della coscien-za di Dostoevskij e il testo ispiratore per artisti come Rouault e compositori come Donizetti e Bach.«LAPISLAZZULI» pp. 144 - € 11,50

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derò?”. Ho detto al Signore congioia: “ Se vuoi, manda me”. “Va’,parla al mio popolo; va’, pasci il miogregge; va’, dona la vita». E Olga hadonato veramente fino in fondo lasua vita..

—Lucia

Lucia entra tra le saveriane nel 1964.È infermiera professionale. La suaprima destinazione è il Brasile doveesercita l’attività in un ospedale-ma-ternità. Madre Celestina Bottego lescrive per dirle: «Godo nel sentireche ti sei innamorata delle mamme edei neonati». Verso la fine del 1982 la troviamo inAfrica, a Uvira, nella provincia con-golese del Kivu e quindi nella comu-nità di Nakaliza, dove vive un mo-mento di particolare sofferenza. Al-cune persone l’accusarono presso leautorità di lasciar morire i bambinidella loro tribù. Subisce anche un in-terrogatorio ingiustificato.In un appunto scrive: «Ho sempreesercitato il lavoro di ostetrica contanta passione. La nascita di un bim-bo mi ha sempre riempito di grande

ammirazione e di stupore di frontealla vita».Intanto il Signore la sta perfezionan-do interiormente. Durante un corsodi esercizi spirituali a Bukavu, medi-ta sulla triplice domanda di Gesù aPietro, “mi ami tu?”, la sente comerivolta a sé e scrive in uno delle suenote: «Mi viene voglia di dire a Ge-sù: “Ma Gesù, sono già 32 anni chesono nella vita religiosa (...). A te misono donata con tutta me stessa. (...)Vorrei che tu mi spiegassi un poco dipiù, e invece non aggiungi altro econtinui a dirmi: “Lucia, voglio en-trare nella tua vita”. Vorrei dirti contutto il cuore, con tutta la mia animae con tutte le mie forze: Vieni,vieni,vieni Signore...».Lucia ebbe a soffrire anche per lasua salute, per problemi cardiaci, chel’obbligarono a rientrare in Italiaper curarsi, così da poter tornare dinuovo in Africa. In un appunto scri-ve: «Io vivo nella fede del Figlio diDio, che mi ha amato e ha dato sestesso per me». E in un altro: «Toc-chiamo con mano che veramente lanostra vita è nelle Sue mani».Nel 2007 è destinata alla comunità diKamenge, in Burundi. La salute èsempre più precaria. «Non ho più leenergie – osserva – per fare tutto ciòche prima facevo, in un’attività chemi appassionava tanto». Prosegueintanto il suo cammino spirituale.Scrive: «Il Signore mi sta vicino e mi

sostiene con la sua grazia, misericor-dia e amore. Sono serena e vivo conserenità il mio quotidiano». Dopo una delle sue pause in Italiaper motivi di salute, ritorna in Afri-ca. Prima di partire, annota: «Negliavvenimenti gioiosi e tristi, ho sem-pre cercato di restare fedele alla mis-sione per restar fedele alla mia con-sacrazione. Adesso sto tornando inBurundi, con un fisico debole e limi-tato, credo però di poter dire che loslancio e il desiderio di essere fedeleall’amore di Gesù per me concretiz-zandolo nella missione è sempre vi-vo. La missione mi aiuta a dirgli nel-la debolezza: “Gesù, guarda, è il ge-sto d’amore per te”».Lucia era affascinata dalla bellezza,era un donna di preghiera, appassio-nata di Dio, innamorata di Gesù eaperta al dono dello Spirito Santoche chiamava “il dolce ospite dellenostre anime!». «La missione – leg-giamo nel libro dell’EMI – non eraqualcosa di aggiunto a questa ric-chezza interiore, ma ne era il frutto.Lucia cercava di conformarsi a Ge-sù, chiedeva luce e forza per servireogni giorno i suoi fratelli e sorellepiù piccoli, e la grazia di diffonderela misericordia di cui si sentiva av-volta».

—Bernardetta

Anche Bernardetta aveva la missio-ne nel cuore. Entra tra le saverianenel 1961 e terminati gli anni dellaformazione, nel 1970 giunge alla me-ta tanto attesa: il Congo, ad Uvira.Trova una situazione politica diffici-le. Capita anche a lei di essere chia-mata in tribunale per tutta una seriedi false accuse. In una situazione delgenere era stata tentata persino dipartire, ma per fortuna ebbe il soste-gno delle sue sorelle. «In questotempo – fa sapere– siamo state spa-ventate dai ribelli i quali sono passa-ti nei villaggi vicino a noi bruciando,uccidendo, rubando. (...) anche noiabbiamo sempre pronto il nostro fa-gottino per scappare se disgraziata-mente arrivassero». A Bernardetta furono affidati variincarichi, tra cui quello di consiglie-ra generale, di formatrice e di supe-riora di comunità, per cui fu costret-ta a viaggiare spesso, anche fuori

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PROFILI E TESTIMONI

«Sorgentedi vita

è la bocca del giusto»

SERGIO ROTASPERTI

Il libro dei Proverbi contiene una notevolericchezza di immagini e metafore. Lo stu-

dio ne analizza alcune, a partire da quattrocategorie semantiche: il corpo, la natura, iltessuto urbano, gli animali. Alcune riflessio-ni ermeneutiche conducono all’utilizzo dellametafora nel libro dei Proverbi e al suo valo-re nella teologia biblica.

«STUDI BIBLICI» pp. 328 - € 28,00

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dell’Africa, ma il suo cuore era sem-pre lì vicino alla sua gente. In unanota del 1997, dall’Italia dove si tro-vava per seguire alcuni corsi di ag-giornamento teologico, mentre inCongo infuriava la bufera, spiega acoloro che le chiedevano perché vo-lesse tornare laggiù: «Torno tra lamia gente. In quest’ultimo tempo ilpopolo ha tanto sofferto e soffre an-cora. Desidero essere lì per farmi vi-cina a chi è ferito nel corpo e nellospirito...». Nonostante le tante diffi-coltà, sottolinea: «non ci scoraggia-mo»... E aggiunge: «L’aiuto vero loattingiamo soprattutto dalla pre-ghiera. Al mattino l’invocazione cheinizia la preghiera di Lode: “O Diovieni a salvarmi, Signore vieni prestoin mio aiuto!”. Questa supplica tiviene veramente dal profondo delcuore e ti ritorna spontanea duranteil giorno...». A guidarla nella sua vita missionariasono due valori, come lei stessa con-fesserà: «la fede e l’attaccamento aCristo con una vita di preghiera; lastima e il rispetto verso questo popo-lo e ogni gruppo umano: avere unosguardo di ottimismo verso questopopolo, saper discernere in esso i se-gni del Regno. Quando vivo questivalori, essi mi aiutano a vivere lamissione con gioia e discernimento». Nel 2000 la guerra infuria ancora nelpaese. «Per grazia del Signore che èqui con noi, scrive a una sua amica,ci si riprende abbastanza in fretta.Tocchiamo con mano che il Signoreogni giorno ci prepara il coraggio ela serenità sufficienti per accoglieree vivere ciò che il giorno dopo laProvvidenza ci prepara».

Nel 2007 si trova in Burundi, a Ka-menge, dove sarà nominata direttri-ce della comunità. La situazione del-le gente è di estrema povertà, aggra-vata dalla disoccupazione, l’Aids,l’alcolismo, la sparizione di personenon gradite. A Bujumbura si notaanche una massiccia presenza dibambini e adolescenti di strada... ma– sottolinea – «noi missionari dob-biamo essere segno, testimonianzadell’ Amore che Dio ha verso ognipopolo, in qualsiasi attività che miviene affidata. Attraverso le relazio-ni quotidiane (un saluto, un interes-samento per la loro famiglia) devoporre dei gesti che esprimono l’amo-re di Dio». Nel 2013, un anno primadi essere assassinata, annota: «LaProvvidenza mi ha fatto dono di in-contrarmi con diversi popoli e cultu-re, di vedere panorami stupendi. Hoconosciuto persone meravigliose,cristiani e credenti di altre religioni:volti che sfilano davanti a me comeuna sequenza, facendomi rivivere lostupore di avere incontrato i semidel Vangelo già presenti». Bernardetta era piena di umanità,era semplice e possedeva una gran-de capacità di ascolto. Era una per-sona misericordiosa, di riconciliazio-ne e soprattutto di preghiera. Cerca-va sempre il lato positivo in ogni si-tuazione. Possedeva anche una spic-cata vena umoristica. Diceva scher-zando: «Non bisogna prendere trop-po sul serio la vita». Avvertiva unagrande passione per i poveri e per lepersone in difficoltà. Diceva: «Io misento privilegiata a essere qui accan-to a questi fratelli sofferenti e pove-ri in tutti i sensi, ma nello stesso tem-

po ricchi di fede, di umanità e purnella loro indigenza mi insegnanomolte cose... Mi accorgo che sonostati i poveri a suscitare in me questavoglia di amare». «Ecco, sono tua»,aveva detto un giorno al Signore,consegnandogli senza riserve tutta lasua esistenza, fino alla fine.

«Olga, Lucia, Bernardetta» – conclu-de il libro dell’EMI: «Tre storie di-verse, per radici, formazione, caratte-re, vicende personali, accomunate dauno stesso fuoco che le ha portate alasciare le loro case e i loro paesi percominciare una vita diversa da comeavevano inizialmente sognato, mache avevano scoperto come loromodalità per dire “sì “alla chiamatadel Signore».Ora riposano insieme per sempre inquella terra che avevano tantoamato. Sono come tre semi caduti interra che l’Africa ha accolto nel suogrembo fecondo dove continueran-no a generare nuova vita. Com’eranel loro desiderio, essere missiona-rie per sempre.

A. Dall’Osto

Testimoni 10/2016 35

PROFILI E TESTIMONI

Il Vangelo di Giovanni viene tradizio-

nalmente interpretato a partire da due

temi teologici: quello dei Segni delle fe-

ste d’Israele, che struttura in modo par-

ticolare la prima parte, e quello dell’«Ora

di Gesù», che caratterizza la teologia

della seconda parte.

PIERRE DUMOULIN

GiovanniIl vangelo dei Segniil vangelo dell’Ora

«LETTURA PASTORALE DELLA BIBBIA»pp. 128 - € 15,00

www.dehoniane.it

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Brasile*

Assemblea generale della Conferenza deiReligiosi

Lo scorso mese diluglio, dall’11 al 15, laConferenza dei religiosidel Brasile ha tenutol’assemblea generalesul tema, tratto dalversetto di Isaia: “Eccoio faccio una cosa

nuova”. Vi hanno partecipato oltre 500 religiosi perriflettere, in particolare, sulla vita religiosa e consacrata“nel processo di trasformazione”. Al termine dei lavoriè stato diffuso un messaggio conclusivo in cui vieneribadita “la necessità di una profonda riforma” pertradurre “il cuore pulsante del Vangelo neldiscernimento dei segni dei tempi”.Quattro i punti principali particolarmente sottolineati.Anzitutto “il dialogo come via di evangelizzazione. «Èurgente – si legge nel messaggio – una riformaprofonda, allo scopo di continuare ad essere segno eprofezia nel mondo di oggi, camminando insieme,testimoniando la verità con la carità e scegliendo ildialogo come via di evangelizzazione”. È ribadita inoltrel’urgenza di suscitare “una vita consacrata e religiosache testimoni la gioia e la libertà del Vangelo,considerando la complessità del mondo di oggi”. Eancora, la necessità di “tornare al primato del Vangelo,incoraggiare una vita religiosa ‘in uscita’, rilanciare lavicinanza e l’incontro con le nuove generazioni,ribadire l’opzione preferenziale per i poveri epromuovere un’ecologia integrale.In secondo luogo, riscoprire l’importanza del silenziomistico. Il ritorno al primato del Vangelo, si afferma,“dovrebbe favorire la riscoperta dell’importanza delsilenzio e dell’ascolto mistico della Parola di Dio, con ilmistero di Cristo come fonte di ispirazione di una vitaconsacrata che punti alla missione e non siaossessionata dalla sopravvivenza”. In terzo luogo, l’opzione preferenziale per i poveri ed ibisognosi, mediante “un impegno profetico che vada aldi là dei propri confini”. La Conferenza ribadisce checiò dovrebbe accadere attraverso la solidarietà e ilriavvicinamento ad uno stile di vita semplice edaustero, l’impegno “nelle cause sociali, nella lotta per ladifesa dei diritti, della dignità e della vita di tutti,promuovendo la partecipazione politica e ponendosi afianco dei gruppi umani più vulnerabili, come i migranti,i rifugiati, le vittime della tratta”.Infine, l’importanza di una ecologia integrale. Traendoispirazione dall’ Enciclica di Papa Francesco “Laudato si’”, la Conferenza sottolinea come l’ecologia integralenasca “dalla passione per la cura della casa comune,nell’ottica di una spiritualità che accresca una sobrietàfelice”. In tal modo, si potrà ritrovare “la presenza el’azione di Dio in tutte le creature”.

Mongolia*

Ordinato il primo sacerdote nativoSono trascorsi 24 annida quando il Vangelo ètornato ad essereannunciato inMongolia, dopo latriste epoca del regimecomunista che avevabandito dal paese ogniforma di religione, eora la piccola comunitàcattolica di appena1.500 fedeli, ha avuto la gioia di vedere la primaordinazione sacerdotale di uno dei suoi membri. Il neosacerdote si chiama p. Joseph Enkh. La cerimonia haavuto luogo domenica 28 agosto a Ulaanbaatar, capitaledella repubblica della Mongolia. Vi hanno preso parteanche le autorità civili, il sindaco e il governatore enumerosi non cristiani e non battezzati. Il rito, celebrato in lingua mongola, è stato presiedutodal missionario filippino e Prefetto ApostolicoVenceslao Padilla, con la partecipazione di un centinaiodi sacerdoti venuti dalla Corea – un paese legato conparticolari vincoli missionari alla Mongolia – oltre a trevescovi e il Nunzio Apostolico che ha portato con séun messaggio del papa Francesco.Parlando a Vatican Insider di questo avvenimento,Pardilla non stava più in sé dalla gioia: «È una specialebenedizione di Dio che visita il suo popolo» – hadichiarato. «È un dono alla piccola Chiesa dellaMongolia, ma anche a tutta la Chiesa universale e alpaese stesso che non è cristiano». In Mongolia, paesevastissimo di circa un milione e mezzo di kmq e unapopolazione di circa tre milioni di abitanti, il 53% sonobuddisti, il 38% senza religione o atei, il 3% musulmano. La chiesa cattolica conta sulla presenza di 70missionari, di cui 20 uomini e 30 suore, di 21 paesidiversi e 12 congregazioni. Si tratta di un vero mosaicodi etnie, colori e linguaggi. Nel paese, la Chiesa gestisce 6 parrocchie e 5 stazionimissionarie senza sacerdote. Inoltre promuove operesociali, caritative e umanitarie, come per esempio duecentri per bambini di strada, case per anziani e centrigiovanili, kindergarten e alcune scuole primarie, oltre adue compagnie agricole che promuovono programmi disviluppo per le comunità rurali. È presente anche nelleperiferie delle città, vicina agli emarginati, ai poveri e aisofferenti. Tutto questo in un paese che è alle presecon gravi problemi quali un diffuso alcolismo, laviolenza, la mancanza di servizi sociali pubblici eun’estrema povertà.«In questo vasto paese, ha affermato Padilla, la sete dispiritualità, nonostante la triste eredità lasciatadall’ateismo che ha regnato durante il periodosovietico, non è ancora spenta. «La gente continua adavere un implicito desiderio di Dio, ed è incuriosita

brevi dal mondobrevi dal mondo

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dalla vita di coloro che sono credenti. A chi chiedeinformazioni, noi diciamo “Vieni e vedi”. Coloro chedesiderano diventare cristiani iniziano un camminocatecumenale di due anni». «Noi, ha concluso, predichiamo con i fatti, proclamiamoil Vangelo con il nostro esempio quotidianosull’esempio di san Francesco d’Assisi». Joeph Enks era stato ordinato diacono l’11 dicembre2014 a Daejeon (Sud Corea) dove aveva ricevuto lasua formazione. Tornato in Mongolia nel gennaio 2016aveva svolto un servizio pastorale in varie parrocchie.Ora ritornerà nella steppa, tra la popolazione cristiana,a proclamare il Vangelo.

Filippine*

Terrorismo musulmano nel sud del paeseCresce la violenza nel sud delle Filippine. Lo hadichiarato p. Sebastiano D’Ambra in un colloquiotelefonico con la Fondazione pontificia di aiuto allaChiesa che soffre, organismo che ha lo scopo diaiutare i cattolici e gli altri cristiani perseguitati. PadreSebastiano è un missionario del PIME, di originesiciliana, nelle Filippine da circa 40 anni. È il fondatoredel Movimento per il dialogo, Silsilah, – termine araboche significa letteralmente “catena”, “legame” – consede a Zamboanga, il cui scopo è di promuovere ildialogo e la pace tra i cristiani e i musulmani.Un tempo – ha affermato il padre – le Filippine eranoun luogo da sogno per il dialogo interreligioso, doveesisteva una piena armonia. Per decenni, infatti, tra lereligioni si è vissuto in un clima di vera fraternità. Maora la situazione è completamente cambiata. Nel suddel paese c’è una continua minaccia, soprattuttonell’isola di Jolo (nell’arcipelago di Sulu): rapimenti,violenza, persecuzioni... Dietro a questa situazione, ha aggiunto, si nascondonointeressi geopolitici e militari. Si tratta di uno scenariocomplesso. Più volte egli ha esortato i capi musulmania non comportarsi come “se niente stesse accadendo”,ma a mobilitarsi e a denunciare la pericolosasituazione che la gente sta vivendo. Ma, ha sottolineato«se ne stanno con le braccia conserte; hanno pauradelle rappresaglie e preferiscono tacere», benché lasituazione sia allarmante non solo per i cristiani, maanche per i musulmani moderati».Secondo p. Sebastiano, l’islam sta crescendo a passi dagigante in alcune aree delle Filippine: «nell’Isola diMindanao, un tempo l’80% della popolazione eracristiana. Attualmente lo è solo il 60% e l’altro 40% èmusulmana. I cristiani vivono nella paura, non ardisconoparlare chiaro o andare alla messa, nonostante lapresenza dell’esercito. Molti se ne stanno andando». Tuttavia, nonostante questo quadro così fosco, iFilippini continuano ad avere una fede profonda, lechiese sono sempre quasi piene e le maggiori festivitàreligiose, come la Settimana Santa, sono celebrate con

grande entusiasmo. Memorabile è stata l’accoglienza alpapa Francesco nel gennaio 2015, quando quasi 7milioni di persone hanno partecipato alla sua messa aManila. Mai nella storia era avvenuto qualcosa delgenere per la visita di un papa.I cattolici di Zamboanga, dove vive p. D’Ambra,nutrono una speciale devozione alla Vergine del Pilar,portata nel paese dagli spagnoli e tuttora molto viva.«La Vergine del Pilar, ha dichiarato p. D’Ambra, èprofondamente venerata dai fedeli che la preganoperché non li abbandoni mai e adesso, più ancora, difronte a questa minaccia della violenza mondiale». La popolazione di Zamboanga ha vissuto in primapersona l’odio e il terrore nel 2013 quando il FronteNazionale di liberazione Moro (MNLF) ha attaccato ebruciato un’ampia zona della città, uccidendo unaquantità di persone. I responsabili di questo eccidioappartenevano a un ramo del gruppo terroristicojihadista Abu Sayyaf, molto attivo nelle isole meridionalidel paese. Ad esso vengono attribuiti numerosi attacchiterroristici, compreso quello dello scorso giugno in cuifu decapitato un turista canadese.

India*

Giornata dei martiriLa Chiesa dello Stato di Orissa, in India centrorientale,ha celebrato il 30 agosto scorso la “Giornata deiMartiri”, per ricordare il sacrificio delle 101 personeche hanno perso la vita durante i massacri anticristianidel 2007 e del 2008, organizzati dai gruppi radicali eparamilitari indù. La Conferenza dei vescovi dell’Orissa,inoltre, ha da tempo incaricato una speciale équipe dipreti e ricercatori per documentare il massacro e, conla diocesi di Cuttack-Bhubaneswar, per avviare ilprocesso diocesano per dichiarare il martirio. Noi crediamo, ha dichiarato mons. Machado, vescovodella diocesi di Vasai nello stato federale delMaharashtra, nel centro occidentale dell’India, inun’intervista a Radio Vaticana, che questi martiri sonomorti per testimoniare la fede a Kandhamal. Hannosofferto molto ma non hanno mai pensato diabbandonare la fede; malgrado tutto hanno dato laloro vita per testimoniarla.Dobbiamo dire – ha aggiunto – che la situazione nonè così in tutta l’India. È un caso specifico. Oggi nonpossiamo dire che i cristiani sono perseguitatidappertutto; questo non sarebbe vero. E dobbiamoaggiungere che non tutti sono contro di noi. Moltiindù, ad esempio, hanno collaborato e aiutato la Chiesae i cristiani in questa sofferenza. La Chiesa continua atendere la mano del dialogo per fare il bene comune,per evangelizzare. La Chiesa chiede sempre giustizia,misericordia per portare la speranza a coloro chehanno perso tutto questo.

a cura di Antonio Dall’Osto

brevi dal mondobrevi dal mondo

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S

Testimoni 10/201638

VOCE DELLO SPIRITO

EVANGELOED ECUMENISMO

Se noi conoscessimo il dono dell’evangelo (cf. Gv 4,10),la potenza dell’evangelo (cf. Rm 1, 16), dovremmo sem-plicemente ascoltarlo e adorarlo; dovremmo far diven-tare nostra carne e nostro sangue il mistero del Cristotrasfigurato di cui Dio ci ha voluti partecipi. Ma difronte a questa verità sta la miseria di ciascuno di noi edelle nostre chiese, incapaci di essere all’altezza di que-sto mistero luminoso. Cer-chiamo dunque di mettercidi fronte all’evangelo, difronte al Signore, affinchéci giudichi nella sua miseri-cordia e compassione.Spesso in questi ultimi an-ni, quando avvengono de-gli eventi di grazia nelcammino del dialogo tra lechiese, si scopre e si am-mette che nel nostro passa-to c’è più comunione chedivisione. Eppure a qualeprezzo la divisione ha sfi-gurato il corpo di Cristo... Certo, oggi giungiamo a ri-conoscere che quando ci siamo separati è perché inrealtà non ci eravamo ascoltati e capiti, ma non possia-mo dimenticare quanto la divisione sia costata in termi-ni di odio e di violenza nella vita delle chiese e dei cri-stiani, oltre che in termini di contro testimonianza neiconfronti del mondo.L’evangelo ci chiama alla comunione, al riconoscimen-to reciproco tra chiese che per secoli hanno cammina-to in opposizione l’una all’altra. Proprio per questovorrei dire che è giunta l’ora in cui i cristiani di diver-se confessioni facciano dei passi concreti per mostrareche è possibile amare lo stesso Signore e credere in lui.La nostra povera comunità cosa ha dimostrato in que-sti quasi trent’anni, da quando un fratello pastore del-la chiesa riformata di Neuchâtel ha cominciato a vive-re con noi? Cosa mostra la presenza, ormai da nove an-ni, di una sorella della chiesa riformata di Francia cheoggi fa la sua professione monastica definitiva? Unacosa semplice, elementare: noi tutti vogliamo seguire lostesso Signore e se in comunità esistono delle differen-ze, esse non consistono nell’appartenenza di alcuni dinoi alla chiesa cattolica, di altri alle chiese riformate, manel nostro corrispondere o meno alla grazia del Signo-

re, nel nostro vivere o meno l’evangelo. Chi di noi po-trebbe dire che qualcuno ama di più o di meno il Signo-re in base alla chiesa di appartenenza?Non abbiamo mai detto, e abbiamo sempre impeditoche altri lo dicessero, che siamo qui a vivere come mo-naci per uno scopo ecumenico. Eventualmente una ta-le affermazione può risuonare in bocca a quanti vo-

gliono avere uno scopo pergiustificare la loro vita reli-giosa. Noi no, noi siamoqui per vivere l’evangelo, esappiamo che nel viverel’evangelo è essenziale l’e-cumenismo. L’ecumenismonon è un’opzione tra le al-tre, non è una scelta che sipuò assumere a un certopunto del cammino. Ripe-to, noi vogliamo essere so-lo dei discepoli di Cristo.Se ci siamo uniti è per dareal Signore delle nostre vite

una testimonianza comune, è perché lo stesso amore ciunisce a Cristo: questo valeva negli anni in cui l’ecume-nismo era per le chiese una grande scoperta; valeva nel-l’ora in cui l’ecumenismo sembrava non essere più dimoda nelle chiese e tra le chiese; vale oggi, in un mo-mento in cui pare che si stia assistendo a un risvegliodel cammino ecumenico; varrà anche quando dovessetornare l’inverno ecumenico.L’ecumenismo è per noi un impegno che discende ieri,oggi e sempre dall’evangelo, dalle parole di Gesù: “[Pa-dre,] prego anche per quelli che crederanno in me me-diante la loro parola: perché tutti siano una sola cosa;come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi innoi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato” (Gv17,20-21). E accanto a questa preghiera vi è un’altra pa-rola di Gesù che mostra l’unica possibile eloquenza evisibilità evangelica dei cristiani nel mondo: “Da que-sto tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amo-re gli uni per gli altri” (Gv 13,35).

Enzo Bianchida Il mantello di Elia.

Un’eredità per il futuro.Edizioni Qiqajon, Magnano (BI) 2012

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DIMENSIONE MISSIONARIA DELLA VC

Per una VC senzamura e barriere

Da oltre cinquant’anni viene proclamato lo slogan “vino nuovo in otrinuovi” ma, come ha detto il Papa, «vi siete proposti di discernere se gliotri che lo contengono sono adeguati a contenere questo vino nuovo?».

È il momento di chiederci perché il nostro annuncio e la nostratestimonianza non sono più attrattivi.

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SPECIALE Testimoni

Ègiunto il momento di «far sorgere altri luoghi do-ve si viva la logica del dono, della fraternità, del-l’accoglienza della diversità»,1 che ci permettano

di sentirci viandanti con coloro che camminano e cerca-tori con coloro che cercano.Il punto di partenza è nella consapevolezza che non sipuò più affrontare il futuro in dispersione; che nessunavocazione basta da sola; che è tempo di riscoprire legamie dinamiche solidali tra membra dell’unico corpo.Oggi la forza comunicativa della vita religiosa passa at-traverso la fine degli spazi chiusi; attraverso il conoscersiper accogliersi e l’accogliersi per collaborare.Le seguenti riflessioni trovano grande spazio e approfon-dite valutazioni nel recente libro delle edizioni EDB,«Servitori della cultura dell’incontro» di Rino Cozza csj.

Oggi siamo consapevoli che il tempo in cui viviamo hasegnato un grande turbamento per la vita religiosa, do-vuto soprattutto al fatto di «non aver saputo scorgere i

non pochi indizi che sembrano offrire auspici di un’epo-ca migliore per la Chiesa e per l’umanità».2

È il momento di radicali purificazioni che nascono dalchiederci: perché il nostro annuncio e la nostra testimo-nianza non sono più attrattivi? Il calo vertiginoso dell’in-teresse viene a dire che non bastano le sue tradizionaliforme espressive e che attualmente il concetto e la pras-si di “separazione”, “superiorità”, “offerta di servizi sa-cri o profani”, non convince più; come non persuade ungruppo di eletti chiusi in una particolare nicchia di Chie-sa che trova mille motivi per tenersi alla larga dalle feri-te e dai problemi della gente, per non lasciarsi coinvol-gere. «Così si diventa narcisisti – disse mons. Galantino–- povera gente che cammina su una china pericolosa,con la conseguenza di auto-condannarsi ad essere sem-pre meno significativi».3

Eppure in questo tempo in cui le comunità religiose per-dono forza e significanza e per le opere si è innescatol’effetto “domino”, tutto questo può essere letto come

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SPECIALE Testimoni

una grazia, un’ora in cui Dio chiama a «scrutare il cieloper riconoscere i segni forieri di benedizioni per le no-stre aridità».4

È questo ciò che il Papa sta facendo vedere, che il climaculturale del postmoderno è favorevole alla riscopertadel Vangelo e dell’approccio sapienziale, per cui ogni«carisma, per vivere ed essere fecondo, non va conserva-to come una bottiglia di acqua distillata, va fatto frutti-ficare con coraggio, mettendolo a confronto con la realtàpresente, con le culture, con la storia». Se questo non ac-cade, «se siete diventati distratti, o peggio ancora non co-noscete questo mondo contemporaneo ma conoscete efrequentate solo il mondo che vi fa più comodo o che piùvi alletta, allora è urgente una conversione!».5

«Per rimanere fedeli bisogna“uscire”… dai propri “recinti” »6

Con queste espressioni il Papa invita a non concentrar-si unicamente su se stessi o sulla propria perfezione,prendendo così le distanze da coloro (scribi e farisei) checonoscevano tutto il contenuto dell’amore di Dio manon sapevano tradurlo sul piano dell’esistenza perchévittime di pratiche senza vita, di conformismi esteriori,finendo con l’essere mercanti di un parlare vuoto.Può esserci di aiuto la domanda che Francesco suggeri-sce: «ci lasciamo inquietare dalle necessità della gente orimaniamo chiusi in noi stessi, nelle nostre comunità, chemolte volte sono per noi comunità-comodità?».7

La vita religiosa è chiamata a una modalità di essere cri-stiani dentro la vita degli uomini, con l’impegno di dareal Vangelo, nella sua essenzialità, la pienezza di credibi-lità attraverso parabole di vita vissuta in cui le personetornino a contare più dei principi astratti, e la fede siapiù che una dottrina. Si tratta allora di costruire comu-nità la cui prima caratteristica, in quanto missionarie,non sia quella di innalzare una società nella società, or-ganizzata ai fini dell’ “osservanza”, ma comunità in cuisia possibile restare figli/e del proprio tempo, della so-cietà e della cultura in cui si è immersi, per far emerge-re nella propria esistenza il modo d’essere di ogni vitacristiana, preferendo alla conservazione la proiezioneverso il mondo e i suoi problemi, perché le risposte delSignore sono sempre all’interno di un “qui, ora”.

“Fuori” «per non essere vista comeuna condizione a parte»È questo quello che in vario modo va dicendo papaFrancesco: la vita religiosa «non è stata vista come unacondizione a parte, propria di una categoria di cristianima come punto di riferimento per tutti i battezzati, percui nel voto non deve emergere solo ciò che i consacra-ti/e possono vivere ma deve rimandare chiaramente inmodo diretto a quello che è il senso di ogni vita cristia-na». Vale a dire che il messaggio evangelico della vita re-ligiosa non è in ciò che la distingue ma nella intensitàrappresentativa di un dato valore. Oggigiorno, far consi-stere la vita evangelica in alcuni elementi di diversitàrappresenta un impoverimento della più ampia prospet-tiva evangelica. In ogni caso questi non possono più es-

sere dati secondo quelle modalità concettuali fisse chehanno portato alla de-storicizzazione del messaggio stes-so. È fuori della storia, ad esempio, lo sguardo sui “voti”ristretto a prospettive morali ed ascetiche individuali,colte dalla maggior parte della gente come disinvestitu-ra delle proprie possibilità umane piuttosto che comeespressione, attraverso la sovrabbondanza di trasparen-za evangelica, di una sollecitazione rivolta a tutti a vive-re il Vangelo in forma chiara e forte secondo il sogno diCristo. Nella vita consacrata i “voti” non sono in funzio-ne di una strategia di salvezza solo per se stessi, ma perfar diventare compagni e compagne della storia degli uo-mini e delle donne del mondo. Secondo questa prospettiva, allora la povertà si qualificanel considerare i poveri parte della propria vita per sen-tire con loro, per sceglierli e partecipare alle loro diffi-coltà, collaborando nella soluzione di situazioni di biso-gno, a nome e nella forza del Signore. Povertà e compro-mettersi con coloro che hanno perso il lavoro, la casa, gliaffetti. Dire “obbedienza” inoltre è affermare la capacità-dovere di “ascoltare” umilmente tutti e anche tutto. In riferimento al celibato, il Papa parlando ai consacra-ti/e in formazione e ai seminaristi disse:8 «Per favore nonsiate zitelli e zitelle», intendendo così richiamare l’atten-zione sul fatto che il celibato e nubilato evangelici devo-no trovare il loro significato e ragion d’essere non tantonella rinuncia, ma soprattutto nella fecondità e nella ge-neratività di quanto può nascere da cuori che osano l’a-more senza contraccambio, da persone che amano sen-za possedere.

Quali sono altri “recinti” entro cuinel corso della storia la vita religiosasi è rinchiusa?

Ci sono innanzitutto dei “recinti mentali” dati da lonta-ne ortodossie i cui contorni teologici ed etici risultanooggi oltre misura sfuocati. È anche per questo che «lenostre certezze possono diventare un muro, un carcereche imprigiona lo Spirito Santo».9 In questo caso l’ “usci-ta” consisterà nel «saper lasciare le vie di quelle epochein cui il pensiero era chiuso, rigido, istruttivo-ascetico in-vece che mistico».10

L’irrigidimento dogmatico su cui la vita religiosa si è co-struita disomogenea rispetto alla società, l’ha resa inca-pace a suscitare nelle nuove generazioni il desiderio diessa, portandosi così ad essere avvicendata nel compitodi generare all’evangelismo dalle nuove forme che nelfrattempo sono sorte.Non attraggono più quei modelli di pensiero che fatica-no a muoversi in armonia con le aspirazioni profondedelle persone, perché improntati talvolta a conoscenzeteorico-dottrinali del mondo platonico o stoico, tenuteassieme da documenti, dichiarazioni, teorie, tendenzial-mente omologanti di cui si è soltanto ricettori, silenzio-si esecutori.Il pericolo conseguente – detto con parole forti dallateologa Antonietta Potente – è di portarci ad essere«semplici cultori o cultrici di tradizioni inutili, quasi de-gli attori da teatro; oppure illusi “messia” di un avveni-

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Testimoni 10/2016 41

SPECIALE Testimoni

re puramente inventato a immagine e somiglianza diquello che abbiamo sempre fatto e già capito. È chiaroche in questo modo non possiamo parlare di vita e, tan-to meno, della sua insita religiosità».11

Altro “recinto” entro cui la vita religiosa si è rinchiusa,sta nel credere che basti tenere le porte aperte. Ma que-sto non basta. Uscire significa che non è sufficiente unamodalità di presenza rivolta a fare missione in casa pro-pria, al cui fine sono stati creati strumenti, servizi, strut-ture: così che a ben guardare sono gli altri a dover veni-re da noi. «È necessario invece essere una Chiesa chetrova nuove strade; che è capace di uscire da se stessa eandare “verso”12 con scelte evangelicamente più efficacie nel contempo umanamente più significative, perché na-te dalla capacità (carisma) di guardare il mondo con oc-chi diversi, da parte di persone che coltivino e attivinoanche quelle dimensioni fondamentali dell’umano cheda millenni chiamiamo dono, gratuità, reciprocità, solida-rietà, condivisione». Ma per riuscirci, la vita religiosa de-ve imparare a non aver paura di prendere le distanze dase stessa investendo nel restituire alla gente della stradail Vangelo che le appartiene, attraverso il vivere in primapersona quello stile che comunica la possibilità di una vi-ta diversa, alternativa agli idoli che non danno vita. Quin-di il compito della vita religiosa, non consisterà nel gesti-re, ma nell’essere segno di una comunione diversa, fattadi rapporti umani diversi, segno del primato dell’ascoltodella Parola rispetto ad altro. Il problema sta nella ri-comprensione della funzione della vita religiosa dentro

il “popolo di Dio”, concetto biblico, diventato autoco-scienza conduttrice della Chiesa, a partire dalla riaffer-mata dignità comune del battesimo.13 L’“uscire” cui sia-mo invitati contribuirà ad avere una “visione” della con-sacrazione maggiormente propositiva rispetto all’attua-le, che non riduca il proprio spazio al mondo attorno a séma faccia piuttosto intravvedere la vocazione ad esserefratello e sorella con i fratelli e sorelle, cercatori con chicerca, compagni di strada, passando dall’essere espertinel predicare ad esperti dell’ascoltare, condividere, dialo-gare attraverso una particolare, concreta prossimità al-l’uomo contemporaneo che porta ad abbandonare quel-le posizioni elitarie che in passato esercitava.

Altra chiusura è una spiritualitàfuori dai percorsi dell’umanità piùautentica

“Recinto chiuso” è quella spiritualità che parte dal pre-supposto che essa sia qualcosa di privato o intimista infunzione di sé o dei propri interiori interessi, A dirlo è l’e-sortazione apostolica Evangelii gaudium: «La vita spiri-tuale si confonde con alcuni momenti religiosi che offro-no un certo sollievo ma che non alimentano l’incontrocon gli altri, l’impegno nel mondo, la passione per l’evan-gelizzazione».14 Si è espresso così papa Francesco nel ri-cordare che la spiritualità è altra cosa rispetto al cliché dialtri tempi, simbolo di una santità da fenomeni speciali, dapenitenze eroiche, da scelte straordinarie ed eccezionali.Spirituali sono invece – scrive B.Secondin – «quelle for-

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me di vita che a partire dal Vangelo sanno inventarenuovi spazi di ospitalità dei nuovi temi della vita: dellafelicità, della libertà, della corporeità, della sensibilità,della volontà. Una spiritualità in armonia con la vita,espressa con categorie appropriate alla mentalità seco-larizzata con modelli evangelici che interpellino l’uomodel postmoderno piuttosto che sche-mi di spiritualità poveri di origina-lità, sovraccarichi di forme devozio-nali alla deriva, diffidenti verso lasocietà e le sue correnti spirituali.Una spiritualità che «sappia ancheindicare alcune delle virtù socialipiù urgenti: verità, responsabilità, li-bertà, dignità umana, pace, sobrietà,solidarietà, diritti umani, recipro-cità, legalità, tolleranza, cultura del-la speranza e della vita».15 La santità sarà allora data daun modello di spiritualità, mutuata da Gesù, che si fa at-tenta a cogliere le inquietudini dell’uomo. Oggi la spiritualità per riacquistare la capacità feconda-tiva, non può prescindere dal reinterpretarsi attraversol’espressione di alcune irrinunciabili istanze di umanità,non estranee al Vangelo. Se dopo il Concilio, alla vita re-ligiosa è venuto meno lo status di élite evangelica, oranon può essere disatteso l’invito della Costituzione pa-storale sulla Chiesa, Gaudium et Spes a essere «testimo-ni della nascita di un nuovo umanesimo in cui l’uomo sidefinisce anzitutto per la sua responsabilità verso i fra-telli e verso la storia».16 Vale a dire che non può ora ve-nirle meno il chiarore di un umano attratto dalla graziadi Cristo, non solo con l’annuncio di una salvezza nell’al-dilà, ma nel renderla presente nell’oggi attraverso storievissute, in grado di far suscitare domande e d’interpella-re altri in riferimento alla trascendenza.17

A dirlo oggi è la forza di uno stile fatto di volti umani daguardare con il cuore: qui è riposta la sacralità dell’attua-le agire pontificio. Uno sguardo – dice il papa – che siaun tu a tu: «Io riesco a guardare le singole persone, unaalla volta, a entrare in contatto in maniera personale conchi ho davanti».18 Ebbe anche a dire: «Ho visto che è sta-ta ripresa dai giornali la telefonata che ho fatto a un ra-gazzo che mi aveva scritto […] per me questo è stato unatto di fecondità. Mi sono reso conto che quel ragazzoha riconosciuto un padre; […] il padre non può dire “mene infischio”. Questa fecondità mi fa tanto bene». «Di-versamente si è incapaci di fecondità, incapaci di dare vi-ta perché non si è né padri né madri».19 Da qui l’appelloai consacrati perché abbiano «la ferialità degli uomini edelle donne di oggi, condividendone gioie e dolori, e aessere persone capaci di riscaldare il cuore delle perso-ne, di camminare nella notte con loro, di saper dialoga-re e anche di scendere nella loro notte, nel loro buio sen-za perdersi».20

Tutto ciò viene a dire quello che è necessario alla vita re-ligiosa per poter essere presente nella nuova esperienzastorica che stiamo vivendo. È questa la cristologia cui ispirarci: dire che Dio si è fat-to uomo significa dire che la dimensione divina non pre-scinde dalla dimensione umana ma anzi questa è il luogo

della manifestazione del divino. Se Gesù si è incarnatoper narrare Dio con la sua pratica di umanità scegliendoquali segni messianici i segni del suo cuore espressi noncon gesti da imprenditore, ma da innamorato21 allora iconsacrati, hanno da esprimere trasparentemente l’atti-tudine ad annunciare la storia della salvezza come la sal-

vezza dell’uomo, di tutto l’uomo, at-ta a comprovare l’entrata della vitadivina nel vivere in pienezza la di-mensione umana. Per questo tra-guardo – è detto nella lettera ai con-sacrati “Rallegratevi” – «siamo invi-tati a impegnarci a destrutturare mo-delli senza vita per narrare l’umanosognato da Cristo mai assolutamen-te rivelato nei linguaggi e nei mo-di».22

È tempo dunque di prendere le distanze da ciò che fa per-cepire i religiosi e le religiose come credenti senza emo-zioni, votati alla sofferenza piuttosto che alla festa e allagioia. Certamente non ci sono grandi realizzazioni umanesenza fatica, dedizione, sacrificio, come non ci sono maistati dei santi senza la partecipazione alla croce di Gesùcon l’accettazione del sacrificio, ma altra cosa è credereche questo vada ricercato, senza dargli il giusto posto eavere un rapporto adeguato con questa realtà misteriosadi cui Cristo stesso nel Gethsemani ha avuto paura.

Cosa dovrebbe vedere chi si avvicinaa un religioso?

Dall’intero Vangelo traspare che Cristo è venuto perchéimparassimo relazioni che valorizzino l’umano: «la cul-tura dell’incontro e della relazione questo è il modo cri-stiano di promuovere il bene comune, la gioia di vive-re».23 Il Papa lo dice così: «l’ostacolo alla testimonianzanon è dato dall’essere peccatori, ma dal non sentirsi dav-vero appassionati e vitali nell’incontro con l’altro».24 Al-lora nel religioso e nella religiosa dovrebbe vedersi unapersona dal cui modo di vivere traspaia che credere nonè farsi imbrigliare l’umanità, la vitalità, la bellezza, laspontaneità ma semmai farla esplodere in pienezza, per-ché la qualità della nostra vita dipende dalla qualità del-le relazioni. Y.Congar lasciò scritto: «Per la Chiesa comeper ciascuno di noi, la salute non consiste soltanto nel-l’essere se stessi ma nel realizzare la verità della propriarelazione con gli altri». Dal Concilio in poi, «paradigma della Vita Religiosa è laspiritualità di comunione che si alimenta della misticadell’incontro» per fare spazio a relazioni che danno sa-pore alla vita, per dire a ogni creatura un desiderio diamore che solo Dio potrà soddisfare. «In ogni caso è dacombattere l’immagine della vita religiosa come rifugioe consolazione davanti ad un mondo esterno difficile ecomplesso».25 Un segno sicuro, chiaro che la vita religio-sa è chiamata a dare oggi è quello di una spiritualità de-clinata con l’autentica umanità attraverso una vera e sa-na “vita di fraternità”. Una vita “sana” perché la malat-tia della fraternità ha una forza da distruggere anche larelazione con Dio. Oggi nella vita religiosa non si sta as-

L’ostacolo allatestimonianza non è datodall’essere peccatori, madal non sentirsi davvero

appassionati e vitalinell’incontro con l’altro.

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«non giocata sulla perfezione ma che, come ha insegna-to Gesù, ci sia di aiuto a gestire l’imperfezione; una co-munità che non ci giudichi se non avremo raggiunto l’i-deale, ma se avremo camminato nella buona direzionesenza arrenderci».26

È solo una fraternità pensata su queste basi nuove, inspazi nuovi, in contesti culturali completamente nuovi,con linguaggi che devono essere, necessariamente nuo-vi, quella che è in grado di «generare comunità che re-spirino e lascino respirare il profumo liberante e conso-lante del Vangelo, profondamente attraversate dall’inte-resse verso il regno piuttosto che all’autopromozione eall’autoconservazione».27 Una fraternità inoltre che conla vita racconti Dio al di fuori, e lo renda desiderabile.Perché questo possa accadere – dice il Papa – «ci è ri-chiesto di umanizzare le nostre comunità, curare l’ami-cizia tra voi, la vita di famiglia, l’amore tra voi. E che ilmonastero non sia un purgatorio, ma sia una famiglia».28

È siffatto segno, identitario della vita religiosa, propostocon evidenza, ciò che è in grado di aiutare la Chiesa e lasocietà, nel far circolare la linfa della fraternità a parti-re dalla Parola di Dio letta in un fecondo rapporto tratesto e contesto sociale, culturale, ecclesiale.

È il momento di «guardare al mondonon come una minaccia ma come alproprio chiostro».29

Nell’Enciclica Ecclesiam suam di Paolo VI, ci sono varieespressioni che dicono il rovesciamento di quella origi-

sieme per farsi dei meriti o per rendere maggiormenteproduttivo il lavoro apostolico, ma per arrivare ad ama-re e sentirsi amati. Questo dire rivela il sentire di avereun significato per gli altri e viceversa rendersi conto chegli altri hanno un significato per me. A tal fine sono necessarie relazioni vere, buone, interes-santi, che possano sviluppare gusto. Alle volte il perico-lo dei nostri tessuti comunitari è di non sapere di nien-te, e presentano una dinamica relazionale con Cristo econ gli altri così debole che non fa venir voglia di nulla;sembra di avere a che fare soltanto con qualcosa di or-ganizzativo e amministrativo, con tensioni sul nulla, piut-tosto che con spazi di umanità serena, che trasmetta lavoglia di incontro, di frequentazione, di sintonia.Le recenti forme discepolari vengono a dire che la visi-bilità convincente è data dalla potente umile testimo-nianza di vita che parla all’uomo d’oggi attraverso for-me di vita fraterna che respirano e lasciano respirare ilprofumo liberante e consolante del Vangelo. Questi sono i presupposti che permettono la costruzio-ne di una comunità di fede che vede donne e uomini ca-paci di uscire da sé, per sentirsi ognuno servo con servi,libero con liberi, attenti al riconoscersi dai volti e nondalle maschere.Oggi non si è più disponibili per una finta comunione,per cui non è più concepibile una comunità religiosa,unita solo sul piano formale, giuridico, e occupazionale,priva di una reale, fraterna comunicazione interpersona-le. Si è invece disponibili per una fraternità in cui ognu-no si fa dono e gioisce del dono dell’altro. Una fraternità

43Testimoni 10/2016

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stata fondata per la “comunione”, dunque non è una isti-tuzione che vive in sé e per sé. Allora è altrettanto veroche la vita religiosa non è in funzione dei propri interes-si, nemmeno di quelli spirituali, (perfezione e salvezza),ma è nata da una relazione che riempie la vita, quellacon Cristo, che deve creare a sua volta capacità di esse-re «uomini e donne di Dio la cui misura sta nel saperloportare a tutti come il dono più prezioso per l’uomo».31

Per la Chiesa come per ciascuno dinoi, la salute – scrisse Y.Congar –non consiste soltanto nell’essere sestessi ma nel realizzare la verità del-la propria relazione con gli altri. Èproprio la qualità di queste ad averbisogno di una intensificazione di lu-ce a partire dal credere che non so-no le idee o i libri, ma gli incontri checambiano la vita, per cui se cambia-mo poco è perché non sappiamo in-contrare. È stata la mancanza di relazioni a far

perdere alla vita religiosa il suo ancoraggio alla culturadella gente che, per il forte tasso di sufficienza, si è por-tata pian piano ad essere imbalsamata. Se oggi si trovaimpoverita, deve trovarne la causa nel non essere statafecondata dalla sana “contaminazione” delle relazioniintensamente umane e dai contatti con i diversi. Oggi lasperanza di futuro e l’esemplarità dell’esserci, nascono erinascono dai luoghi promiscui del vivere, dall’incontrodi umanità intere, dall’essere nutriti dai tanti cibi del vil-laggio globale. Quando smettiamo di incontrarci e di ab-bracciarci, soprattutto con i poveri smettiamo di esseregenerativi. Se in questi sessant’anni la vita religiosa nonha fatto passi avanti è stato perché ha continuato a ri-spondere agli interrogativi del tempo con impennateidentitarie. Diceva già il noto teologo conciliare YvesCongar: «la sua arcaica rigidità rischia di impedirci di es-sere in mezzo agli uomini come essi stessi e il Vangelo cichiedono di esservi. […] La conseguenza è che non in-contriamo più la gente là dove maggiormente è se stes-sa, dove si esprime liberamente, dove sperimenta le suesofferenze e le sue gioie più reali, dove incontriamo i ve-ri problemi. Rischiamo di vivere in mezzo a loro separa-ti da un alone di finzione».32

Come deve essere l’incontroper dire relazione evangelica

La relazione vera non è un movimento unidirezionale dielargizione, e non è solo guardarsi più benevolmente masta nel parlarsi, nel comunicare il proprio pensiero e nelcontempo comprendere quale sia il vero pensare altrui,per poi guardare insieme la società, il futuro, i problemi.Michel De Certeau definiva il cristiano «l’uomo del fac-cia a faccia», intendendo dire che bisogna prendersi incarico lo sguardo altrui perché «possiamo amare solo chiincontriamo».33

Il Dio che Gesù ci comunica è pieno di prossimità com-passionevole, vicinanza solidale, conforto, e lo fa standoin mezzo alla gente e insegnando una sensibilità, un mo-

naria prospettiva di vita religiosa che vedeva nella fugadal mondo la sua ragion d’essere. In particolare vienedetto: «Non si salva il mondo dal di fuori, occorre, comeColui che si è fatto uomo, immedesimarsi, in certa misu-ra, nelle forme di vita di coloro a cui si vuole portare ilmessaggio di Cristo; occorre condividere, senza porre di-stanza di privilegi, o diaframma di linguaggio incom-prensibile, se si vuole essere ascoltati e compresi».30

In un tempo in cui la Chiesa si sta ri-configurando secondo uno stile digenerosa accoglienza degli altrimondi o di altri modi di stare nelmondo, la vita religiosa per essere amisura della Chiesa, deve farsi «ca-pace di incontrare la gente nella lorostrada», nelle loro case e non solonelle proprie istituzioni. Il noto teologo Marie-DominiqueChenu osservava che soltanto ac-cettando a fondo l’evidenza delmondo, le sue dimensioni, la suaunità, la sua storia; soltanto credendo profondamente adesso si potrà, dall’interno, ricollocare e far riapparire Dioed il Cristo. Dunque chiamati non a lottare contro ilmondo ma contro la propria mondanità.Da qui l’ urgenza di prendere atto che nella vita religio-sa, ad aver bisogno di un supplemento di luce è propriola qualità delle “relazioni”, perché non portino ad esse-re funzionalmente in mezzo agli altri rimanendo soli, ein quanto soli più propensi alla stagnazione che alla ge-neratività. La Chiesa è un corpo comunicativo essendo

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do di essere e di sentire ricco di misericordia quale attodi amore incondizionato fatto di attenzione, ascolto, per-dono, guarigione, incoraggiamento, fiducia, superamen-to dei pregiudizi, tabù, separazioni. «L’incontro misericordioso con l’altro – dice il Papa –non è intellettuale o astratto, bensì è contatto con la suacarne e la sua sofferenza». C’è qui l’invito a stare nel bi-sogno delle persone, condividendone la situazione per ilfatto che «in forza dell’amore di Dio che avete incontra-to e conosciuto, siete capaci di vicinanza,[…] tanto vici-ni da toccare la carne dell’altro, le sue ferite e le sue at-tese, le sue domande e i suoi bisogni, con quella tenerez-za che è espressione di una cura che cancella ogni distan-za».34 L’immagine suggestiva che il papa ha proposto èquella di essere impregnati dell’ “odore” degli uominid’oggi. Il che significa mettersi in gioco, sporcarsi le ma-ni, toccare in profondità la miseria umana. Tutto ciò vie-ne a dire che non possiamo incontrare l’altro solo furti-vamente, per un utile ma necessariamente breve scam-bio funzionale, ma solo investendo la vita nel farsi pros-simo per prendersene cura, parola che nella sua radicelatina rimanda a scaldare il cuore facendone vibrare lecorde. Allora la vita del consacrato non può essere prin-cipalmente legata a prescrizioni e abitudini, ma a quelleparole nelle quali Gesù ha messo tutta la forza del suoracconto: la compassione e la misericordia.La crisi di fede e di fiducia nei confronti della Chiesa, pa-pa Ratzinger sperava forse di guarirla con ricette intel-lettuali, ad esempio riconiugando fede e ragione; per pa-pa Francesco invece la crisi della Chiesa può essere vin-ta dalla capacità di accogliere l’umanità dell’altro. Senzaquesta scelta preferenziale è difficile ripensare la fede,avendo la fede cristiana il suo elemento cardine proprionelle relazioni vere, buone, sane, interessanti, quelle chepossono sviluppare ragione di vita. Se si chiedesse a papa Francesco: chi è Dio per te, pensoche non direbbe che Dio è il perfettissimo, l’onnipoten-te ecc.: questo lo dicono tutte le religioni; probabilmen-te rispecchiandosi nel Cristo del Vangelo, lui direbbe:Dio è “abbraccio”,35 facendoci intendere quanto le ra-gioni del cuore siano le condizioni perché l’umano in-contri il divino e che la relazione ha bisogno di essereaiutata dagli affetti i quali non si possono togliere dallapersona umana, perché sono integrati nella vita.36

È possibile rimettersi in giocopurché …

Da oltre cinquant’anni viene proclamato lo slogan “vinonuovo in otri nuovi” ma ciò che è mancato, almeno quan-to basta, è il domandarci quello che il Papa ha cosìespresso: «vi siete proposti di discernere se gli otri che locontengono, rappresentati dalle forme istituzionali pre-senti oggi nella vita consacrata, sono adeguati a conte-nere questo vino nuovo?».37 L’inadempienza risulta dal-l’ulteriore sua proposta di «non aver paura di lasciare gliotri vecchi non rispondenti a quanto Dio ci chiede perfar avanzare il suo regno; le strutture che ci danno falsaprotezione e che condizionano il dinamismo della ca-rità». 38

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45Testimoni 10/2016

Per fare questo servono persone capaci di interpretarela nuova stagione sociale ed ecclesiale, non fermandosisoltanto alle prassi e alle conoscenze che finora le han-no orientate, ma persone capaci di transitare a mondipossibili, in cui la preoccupazione non sia quella di riag-giustare ciò che non può essere più aggiustato, (è questala fatica di Sisifo che sta logorando la vita religiosa) madi vedere quali siano i tessuti culturali che si devono ab-bandonare perché ci stanno ferendo. Diversamente c’èil rischio che la Chiesa si abitui, un po’ per volta, all’as-senza della vita religiosa: se certi orientamenti, quelli dacui oggi si è facilmente tentati, sono proposti quali “ca-rismi”, allora sono i “carismi” a non venire sentiti essen-ziali.

Rino Cozza csj

1. Francesco, Lettera apostolica a tutti i consacrati in occasione dell’an-no della VC 21 11.14 n.2

2. Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vitaapostolica, Scrutate, LEV, 2014, n.5.

3. N.Galantino, Missione nella Chiesa e vita consacrata, Tivoli,05.11,2014.

4. Ib. n.1.5. Udienza ai responsabili degli Istituti Secolari, 10.05.2014.6. Limes. Editoriale, n.2 2013, 10 Bergoglio prima di entrare in concla-

ve.7. Ib. 63.8. Francesco, incontro seminaristi, novizi/e Roma 6 luglio 2013.9. intervista con card Bergoglio a cura di A.Tornielli.10. Il papa ai religiosi, in Civiltà cattolica ai Generali il 29 novembre

201311. A.Potente, E’ vita ed è religiosa, Paoline, Milano 2015, 26.12. A.Spadaro, Intervista a papa Francesco, La Civiltà Cattolica 164

(164), 46213. A.Melloni, Quel che resta di Dio Einaudi 2013, p 104.14. Francesco, Evangelii gaudium, Esortazione Apostolica, n.78.15. B.Secondin, Inquieti desideri di spiritualità, EDB, Bologna 2012, 142.16. Costituzione pastorale sulla Chiesa,Gaudium et Spes n.55. 1965.17. M.I.Angelini in M.Vergottini, Perle del Concilio, EDB, Bologna 2012,

355. 18. S.Marta, Intervista di p.Spadaro a papa Francesco, 19 agosto 2014.19. S.Marta, Intervista di p.Spadaro a papa Francesco, 19 agosto 2014.20. S.Marta, Intervista di p.Spadaro a papa Francesco, 19 agosto 2014.21. L.Manicardi in M.Vergottini, Perle del Concilio, EDB, Bologna 2012

,411.22. Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita

apostolica, Rallegratevi, LEV, 2014,n.12.23. Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita

apostolica, Rallegratevi, ed. Vaticana 2014, 56.24. E.Ronchi – M.Marcolini, Una fede nuda, ed. Romena, Pratovecchio

(AR) 2014, 19.25. A.Spadaro, Svegliate il mondo, in Civiltà Cattolica 165 (2014/1),10.26. Francesco nella II domenica di Pasqua: omelia dal vangelo della di-

vina misericordia.27. A. Matteo, Come forestieri, Rubbettino, Soveria Mannelli 2008, p.54.28. Francesco: raccomandazione alle Clarisse, Assisi 4.10.2013.29. Carballo, Incontro della vita consacrata del Nord-est ad Aquileia

2.6.2015.30. Paolo VI, Ecclesiam suam, n.59.31. G.Ferretti, Essere cristiani oggi, Elledici Leuman-To, 2011, 87.32. Y.Congar, Per una chiesa serva e povera, Qiqajon, Magnano (Bi)

2014, 143.33. Il Papa durante la messa celebrata giovedì 6 novembre, nella cappel-

la della Casa santa Marta. 34. Udienza ai responsabili degli Istituti Secolari, 10.05.2014.35. Omelia di papa Francesco all’Eucarestia nella basilica Lateranense

il 07.04.2013.36. J.Braz de Aviz, Dalle periferie del mondo al Vaticano, Città Nuova,

Roma 2014, p. 117.37. Francesco Plenaria della Congregazione degli Istituti di Vita Cons.

27.11.14.38. Ib.

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Giuseppe Sovernigo, psicologo epsicoterapeuta, propone con il

suo libro alcune riflessioni arricchiteda esercitazioni spirituali e dinamichepsico-pedagogiche: l’obiettivo è aiuta-re cammini formativi orientati a gene-rare persone riconciliate, capaci a lo-ro volta di riconciliare. «Lasciarsi ri-conciliare non è frutto di un processoautomatico o immediato. La personainteressata è chiamata a collaborarefattivamente per rimuovere gli osta-coli esterni o interni presenti e facili-tare i fattori favorevoli». E questo a li-velli che sono spesso oltre la consape-volezza che se ne ha.

Un obiettivo da perseguire

Essere persone di pace e di riconcilia-zione è possibile a chi è adulto inumanità e nella fede. Operare comericonciliatori non è né facile né imme-diato. La condizione primaria per po-ter essere e agire da riconciliatori ef-ficaci è quella di essere anzitutto per-sone riconciliate con se stesse, conDio, con gli altri, con la vita. A partire da se stessi, «le aree non ri-conciliate interne della persona si ri-flettono pure sugli altri a livelloproiettivo e interpretativo. Influenza-no il contatto con le persone e le co-se, la percezione della realtà, con lacorrelativa reazione alle varie realtà».A partire da Dio, la sua parola rima-ne fondante e illuminante: «Se uno èin Cristo è una creatura nuova...» (Ef2,15; Rm 6,4): «questo dice che è ingioco la nostra libertà responsabile, lanostra scelta di vita. Niente c’è di au-tomatico. Siamo coinvolti in primapersona come collaboratori in primalinea, pena il non portare frutti di vi-ta, la sterilità, le mani vuote a due li-velli: come persone e come collabora-tori di Gesù».L’azione di Dio misericordioso, che

comunque sempre ci precede, richie-de l’adesione libera e attiva della per-sona.

Un cammino da percorrere

Il testo è articolato in otto capitoli in-tegrati da dodici tavole molto inte-ressanti anche da un punto di vistadidattico-pedagogico. Il tema della ri-conciliazione viene sviluppato da va-rie angolature: Gesù Riconciliatore; ildono della riconciliazione da parte diDio; la divisione e l’allontanamentodal Padre; la riconciliazione inceppa-ta; la coscienza della propria miseriamorale e spirituale; il rientro in sestessi e il coraggio del primo passo;l’incontro con il Padre che perdona ei segni di una nuova identità; infine,Gesù che si fa porta di misericordiaper Simone il Fariseo e la peccatriceperdonata.Ciascun capitolo si apre con un branobiblico. Dopo un commento teologi-co-pastorale, seguono alcuni ap-profondimenti sul piano antropologi-co, con riferimenti precisi alla perso-na chiamata a vivere la riconciliazio-ne. Al termine di ogni capitolo sonoproposti alcuni esercizi personali peruna verifica interiore, per un’appro-priazione dei contenuti e per favorireun cammino di formazione e di con-sapevolezza. Sono pure proposte pi-ste di approfondimento come stru-menti per una efficace condivisione digruppo.

lI perdono non è una bacchettamagica

Tim Guénard è un testimone viventedella riconciliazione: «C’è il perdonodel volere e quello del potere: si vuolperdonare ma non si può. Quando sipuò, allorché la testa e il cuore final-mente finiscono per essere d’accordo,rimane il ricordo, le cose dolorose chetornano a galla, che turbano e riattiz-zano l’odio. È il perdono della memo-ria. Non è il più facile. Richiede mol-to tempo. Per dieci anni tutte le mat-tine ho chiesto a Martine [mia mo-glie]: “Mi ami?”. Non riuscivo a cre-dere al suo amore. La mia guarigionesi è compiuta con il tempo. Il passatosi risveglia con un suono, una parola,un odore, un rumore, un gesto, un luo-go intravisto. Basta un niente perchéi ricordi riaffiorino. Mi sconvolgono,mi graffiano. Mi rammentano che so-no sempre sensibile. Sto sempre male.Forse non sarò mai totalmente in pa-ce. Senz’altro dovrò ripetere conti-nuamente il perdono. È il “settantavolte sette” di cui parla Gesù?Perdonare non vuol dire dimenticare.È accettare di vivere in pace con l’of-fesa. Difficile quando la ferita ha attra-versato tutto l’essere fino a marcare ilcorpo come un tatuaggio mortale. Re-centemente ho dovuto subire un’ope-razione alle gambe: le botte di mio pa-dre hanno provocato dei danni fisici ir-reparabili. Il dolore si risveglia spesso:e con esso il ricordo. Per perdonare bi-sogna ricordare. Non nascondere la fe-rita, sotterrarla, ma al contrario met-terla a nudo, sotto la luce. Una feritanascosta s’infetta e rilascia il suo vele-no. Occorre che sia curata, ascoltata,per poter diventare fonte di vita. Sonotestimone del fatto che non esiste feri-ta che non possa essere lentamente ci-catrizzata con l’amore».

Dai fatti ai significati

«In vista di uno sguardo promovente,di una buona riconciliazione, occorreimparare a passare dai fatti ai signifi-cati per la concreta persona o gruppo.Quello che accade è momento di gra-zia, non incidente di percorso. Non èqualcosa che non avrebbe dovutosuccedere, ma forse qualcosa che pro-prio doveva succedere, che va benesia successo, perché spalanca unanuova comprensione di sé e di Dioche vuol dire qualcosa e lo fa così, at-traverso quello che capita nella vita».

Anna Maria Gellini

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Testimoni 10/2016 47

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Il perdono è un seme, è una carezza diDio. «Il perdono è l’espressione più altadel dono» - riconosce papa Francesco. Ilperdono è un sovrappiù d’amore. Dopoaver fatto l’esperienza del perdono divi-no come di un’aggiunta alla spontaneitàcon cui egli ama, non possiamo tenerciper noi questo «sovrappiù d’amore» madobbiamo, a nostra volta, trasmetterlo,«spenderlo» nel mondo, trasformandociin artefici del perdono. Papa Francescousa un’espressione simile, ma molto piùpregnante e sicuramente più efficace:egli parla infatti di diventare «artigianidel perdono», di rendersi operatori dimisericordia e di riconciliazione nelmondo nel quale quotidianamente si vi-

ve. Il verbo «perdonare» non può avereun significato astratto, ma solo reale econcreto; perciò con il prossimo, nell’am-biente familiare, lavorativo e sociale,l’invito costante del Papa è quello a«perdonarsi gli uni gli altri», ripristinan-do così una reciprocità e una simmetriatra l’agire di Dio e l’agire dell’uomo.

Papa Francesco

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«Opere di misericordia»: usiamo l’e-spressione perché consapevoli del fattoche se fosse racchiusa solo nella sfera delpensiero o del puro sentimento, la mise-ricordia sarebbe vana. A mutare l’oriz-zonte è infatti proprio l’atto d’andareconcretamente incontro all’altro. È conl’agire, e non già con il sentire, che si di-viene prossimo a colui che prima ci eraestraneo. Non a caso, agli antipodi dellamisericordia si colloca non tanto l’attoviolento o aggressivo, quanto l’omissio-ne. L’antitesi al comportamento del buonsamaritano, ci indica il vangelo, è il pas-sare oltre del sacerdote e del levita e nongià la brutale e certamente ingiustificabi-le violenza esercitata dai briganti. La ri-

P. Gelardi, docente di teologia morale edetica filosofica, propone in modo grade-vole e stimolante una riflessione sullavecchiaia. Da stagione normale dell’esi-stenza, la vecchiaia è divenuta problemada spiegare, risolvere e giustificare nellesue molteplici sfaccettature. Un’età del-la vita che la “dittatura della giovinezza”e la mitologia dell’autosufficienza e delbenessere confinano tra i pesi per la so-cietà, le famiglie e le istituzioni.La vecchiaia è una stagione spesso attra-versata dalla debolezza, dall’infermità,dalla solitudine, accompagnata da un

sentimento di crescente inutilità e insi-gnificanza. Eppure è anche «un’arte» daapprendere e da scoprire, un tempo del-la vita che ha ancora molto da dire a tut-ti, giovani compresi.

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Le donnole del RabbiEDB, Bologna 2016, pp. 64, € 7,50

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L’A. presentaun interessantestudio e ap-profondimentoriguardo ai lega-mi di consacra-zione religiosanella società dioggi. UmbertoFontana, psicoa-nalista jughiano,psicologo e psi-coterapeuta, èstato docente di Psicologia dinamica,Psicologia proiettiva e Tecniche diagno-stiche della personalità all’Ist. Universi-tario Salesiano di Venezia. Ha inoltre in-segnato Relazioni pastorali al San Ber-nardino di Verona e al Laurentianum diVenezia.Le Istituzioni di vita consacrata presen-tano come porta di ingresso solo e sem-pre «legami perpetui»: i voti di obbe-dienza, povertà, castità, parti inalienabi-li del carisma di fondazione. E, in un con-testo sociale «liquido» e mutevole, pro-pongono un impegno per tutto l’arcodella vita. Ma in che modo possono far-lo oggi, davanti ai giovani che si avvici-nano alle persone consacrate e ai con-venti? Fontana cerca una risposta inda-gando su alcune dinamiche che si pre-sentano in modo nuovo nella vita consa-crata, in particolare il rapporto tra obbe-dienza e creatività personale, tra povertàe prestazione lavorativa, tra castità e sfe-ra affettiva. Sviluppa così una riflessionead ampio spettro sulla situazione attua-le di chi si inserisce nella vita consacratae fa i primi passi verso la professione. Lariflessione nasce dall’esperienza e vieneproposta da due angolature diverse ecomplementari: come viene sentita oggiuna chiamata alla vita di perfezione daigiovani che provengono da una societàdove i valori tradizionali sono scarsa-mente sentiti; e come le istituzioni di vi-ta consacrata propongono oggi gli idealidel loro carisma che, nei secoli o nei de-cenni del passato, è stato oggetto di en-tusiasmo e ha dato vita a comunità reli-giose vive. Il testo sviluppa il percorso di riflessionesu cinque punti fondanti: il senso dellachiamata nella VC nel fidarsi per sempredi Dio, il senso antropologico di un lega-me, la tradizione di consacrazione nellaChiesa, la dinamica dei voti religiosi, laformazione a impegni perpetui. La par-te conclusiva propone alcune linee peruna ristrutturazione spirituale personalee comunitaria.

flessione sulla misericordia si sviluppaattorno al racconto del grande RabbiYehudah che soffrì per tredici anni pernon aver avuto compassione di un vitel-lo condotto al macello. Ma poi fu risana-to perché, citando un salmo sulla miseri-cordia, salvò delle piccole donnole.

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