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Trentatré Giri

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di Alessandro Casalini. Narrativa, ironico Cesenatico. Riviera Romagnola. Settembre 2001. Tata e Hi-Fi sono i proprietari del VinylStuff, un negozietto che vende esclusivamente vinili e che cerca di sopravvivere all’onda d’urto prodotta dalla rivoluzione digitale della musica. La verità è che il VinylStuff non è solamente un negozio, è molto di più. All'interno ci puoi trovare tizi come Platone, di cui si dice che in passato abbia suonato con i Pink Floyd; il Professore, un ex insegnante di fisica che crede di essere Einstein; oppure Marione, un collezionista che individua i suoi pezzi da collezione sfruttando una sorta di “tocco magico”. Sono i giorni in cui Napster si trova all’apice della sua espansione, i giorni in cui la diffusione virale del fenomeno sta di fatto facendo a pezzi i delicati equilibri del music business. Tra personaggi bizzarri, piani strampalati salva-negozio e con la giusta dose di ironia, Tata e Hi-Fi ingaggiano una battaglia epica tra il bene e il male (tra l'

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In uscita il 30/9/2014 (15,00 euro)

Versione ebook in uscita tra fine ottobre e inizio novembre 2014 (4,99 euro)

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ALESSANDRO CASALINI

TRENTATRÈ GIRI

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TRENTATRÈ GIRI Copyright © 2014 Zerounoundici Edizioni

ISBN: 978-88-6307-763-6 Copertina: Immagine Shutterstock.com

Prima edizione Settembre 2014 Stampato da

Logo srl Borgoricco – Padova

A Lory e Robby

MP3 (per esteso Moving Picture Expert Group-1/2 Audio Layer 3, noto anche come MPEG-1 Audio Layer III o MPEG-2 Audio Layer III) è un algoritmo di compressione audio di tipo lossy, sviluppato dal gruppo MPEG, in grado di ridurre drasticamente la quantità di dati richiesti per memorizzare un suono, rimanendo comunque una riproduzione accettabilmente fedele del file originale non compresso.

Wikipedia

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_domenica_6_giugno_1999_notte La stanza è immersa nel buio. L’odore di pizza contamina l’aria circostante. Il rumore prodotto da una ventola difettosa è l’unico che riesce a intru-folarsi nello spettro dell’udibile (umano). Il ragazzo soprannominato Napster beve l’ultimo sorso di birra poi, quasi distrattamente, clicca il pulsante sinistro del mouse e rimane in silenzio a osservare lo schermo del computer per qualche secondo. Shawn (il ragazzo soprannominato Napster) sorride come se al di là del tubo catodico qualcuno avesse appena raccontato una barzelletta di quelle non irresistibili ma comunque degne di una risata di incoraggia-mento. Nonostante l’aria viziata, il buio e la ventola, pare proprio che qualcosa di grosso stia per accadere in quella piccola stanza senza pretese. E’ come se quell’ultimo disinteressato click avesse in qualche modo dato inizio a una nuova rivoluzione. «Che lo spettacolo abbia inizio…» proclama Shawn concedendosi nuo-vamente un sorriso. Poi ispirandosi a una delle frasi più celebri di sem-pre aggiunge: «… ora prendete e scaricatene tutti!»

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_lunedì_17_settembre_2001_mattina «E che diavolo sarebbe questo Napper?!» «Napster idiota!» «Ok Einstein riformulo. Che diavolo sarebbe questo Napster?!» «E’ una specie di software per scaricare musica gratis.» «Lo sai benissimo che non c’è nulla di gratis a questo mondo che non nasconda una fregatura bella e buona.» «Non questa volta a quanto pare…» «Dici bene: a quanto pare…» «Non lo so se ci sia la fregatura oppure no. Quello che so è che proprio in questo momento là fuori ci sono un bel po’ di smanettoni compute-rizzati che stanno scaricando centinaia di megabyte di musica senza spendere un soldo!» «Megabyte?!» «Lasciamo stare, sei veramente un analfabeta!» «…» «E non fissarmi con quella faccia da ebete!» «…» «E’ matematico. Non appena si parla di informatica il tuo cervello va in stallo!» «Io la odio l’informatica.» «Ma va’?!» «Quindi Napper…» «Napster!» «… scusa. Quindi secondo te questo Napster dovrebbe farci paura?» «Non lo so…» «Se non lo sai tu che millanti così tanta cultura informatica, figurati cosa ne posso sapere io!» «Siamo nel duemilauno e sarebbe forse il caso che anche tu ti facessi una base di cultura informatica.» «Posso anche farne a meno.»

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«Un po’ come hai fatto per le cassette prima, per i cd poi, e infine per i dvd. Giusto?» «Esatto!» «Regola numero uno: qui dentro solo vinili!» «Yes Sir!» «Non avevo dubbi.» «Perché ti arrabbi, siamo ancora qui no?» «Sì, ma questa volta è una cosa davvero grossa!» «Cosa?» «Napster!» «Ah… intendi la cosa per scaricare la musica?» «Mi stai prendendo per il culo?» «No.» «Sicuro?» «Sì.» «Lasciamo stare. Vai ad aprire.» «Agli ordini capo.» «Adesso sì che mi stai prendendo per il culo.» «Sì. Confermo.» L’odore che riempie i cinquantasette metri quadrati del primo piano è leggermente meno tagliente di quello presente nei sessantadue del piano superiore forse perché di sopra ci sono per lo più dischi usati. Sono sfumature olfattive non facili da percepire se non siete avvezzi a bazzi-care ambienti come questo. Per quanto mi riguarda io ci vivo da sem-pre. Tra i vinili intendo. Lui – e quando dico lui intendo quello che chiama “Napper” questa nuova diavoleria informatica di cui anche io onestamente so molto poco – si chiama Hi-Fi. Preciso subito che il nome Hi-Fi non si riferisce a una questione di o-recchio assoluto “barra” una particolare predisposizione per la musica “barra” un nuovo esemplare di bambino prodigio tipo Mozart. Nossi-gnori. Hi-Fi è riuscito in qualche modo (non chiedetemi come) a imma-gazzinare nella sua testaccia dura, tutta la discografia ufficiale inglese e americana prodotta dal millenovecentocinquanta a oggi. Di fatto stiamo parlando di più di cinquant’anni di musica prodotta nei due paesi che oggettivamente ne hanno sfornato il quantitativo maggiore a livello mondiale.

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Non ci credete? State a sentire. «Ehi Hi-Fi?» Apre la porta del negozio, ruota il cartello appeso al vetro in modo da esporre il lato con la scritta “APERTO” verso l’esterno, poi si gira e mi guarda. «Cosa?» «Millenovecentosessanta…» «Lascia stare, lo sai che il lunedì mattina a quest’ora sono ancora nel limbo…» «Avanti non farti desiderare. Non avrai mica paura di sbagliare?» «Lo sai benissimo che non è possibile.» «Questa non la sai.» Mi guarda con una faccia divertita. «Spara» dice. «Millenovecentosessanta…» «Questo lo hai già detto.» «Jimmy Smith…» Il negozio è immerso nel silenzio. Un cliente si affaccia alla porta come se stesse aspettando l’orario di apertura già da un po’. Hi-Fi alza la ma-no verso l’ignaro avventore. Il tizio dà l’idea di non capirci un granché, tuttavia intuisce che lì dentro sta per succedere qualcosa di importante. «Millenovecentosessanta – Jimmy Smith…» ripete Hi-Fi. Il suo sguar-do è di pietra e per un attimo penso davvero di averlo preso in castagna, poi lentamente chiude gli occhi, inspira profondamente e li riapre subito dopo. Il silenzio sembra ora meno silenzioso. E’ come se improvvisa-mente all’interno del cervello di Hi-Fi migliaia di minuscoli operai si fossero messi in moto alla ricerca della risposta esatta e che il loro va-gare frenetico all’interno delle vescicole sinaptiche della sua mente po-tesse in qualche modo produrre rumore con frequenze comprese nello spettro dell’udibile. «Sei morto Gringo» dice. Io taccio. Poi come ogni volta inizia la magia. « Album: Midnight Special Autore: Jimmy Smith Data Registrazione: 25 aprile del 1960 Etichetta: Blue Note Records.

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TrackList: Midnight Special – 09:53 A subtle one – 07:43 (Stanley Turrentine) Jumpin’ the blues – 05:27 Why was I born – 06:33 (Kern, Hammerstein) One o’clock jump – 07:04 Formazione: Jimmy Smith – Organo Stanley Turrentine – Sassofono tenore Kenny Burrell – Chitarra Donald Bailey – Batteria » «Controllo» gli dico. «Non stare a perdere tempo.» Nonostante l’odio di Hi-Fi per la tecnologia, qualche anno fa mi sono convinto ad acquistare un computer per la gestione del negozio. Lui ovviamente non l’ha presa bene. Clicco sull’icona presente sul desktop raffigurante un telefono stilizza-to. Appare una finestra con tre pulsanti in basso. Clicco quello con la scritta “Connetti”. Dopo qualche secondo parte la solita sinfonia di ru-mori raccapriccianti che emette il modem in fase di composizione nu-mero. «La cosa mi offende.» «Cioè?» gli chiedo mentre il grido stridulo del modem si esaurisce la-sciando spazio alla procedura di autenticazione. «Cioè che tu voglia utilizzare Internet per controllare la mia risposta…» «E come potrei fare altrimenti?» «Lo vedi?!» «Cosa?» «Il computer vi sta facendo diventare tutti dei rincoglioniti digitali!» «Sarebbe a dire?» «Intendo dire che non hai bisogno di quella robaccia per controllare.» «A no?»

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«No.» Segue un pausa di silenzio in cui porto lo sguardo verso la porta. Il po-tenziale cliente non c’è più. Maledizione, mi dico, Io le mie cazzate di-mostrative. «Illuminami allora.» «Zona Due – Scaffale Quattro – Lettera S – non vorrei esagerare, ma direi il sesto disco a partire dall’alto.» Guardo Hi-Fi senza muovere un muscolo, poi sempre tenendo lo sguar-do fisso su di lui, mi sposto verso le coordinate che mi ha indicato. So-no di fronte allo scaffale quattro della zona due. Jazz made in USA. Il mio sguardo scorre le etichette che riportano le lettere dell’alfabeto e che rendono agevole la ricerca dei vinili ai clienti. O, P, Q, R, S. Conta i dischi, mi dico. 1,2,3, … , 6. Affondo l’indice tra il sesto e settimo disco poi con le restanti dita della mano, separo i due blocchi di vinili che si sono venuti a creare a seguito della mia intrusione. «Allora?» Mi giro verso Hi-Fi che è ancora vicino alla porta con un’espressione compiaciuta in volto. Torno a rivolgere la mia attenzione sui vinili. Con la mano libera vado a isolare il sesto LP sfilandolo leggermente. E’ un gesto che ho ripetuto almeno un migliaio di volte, ma che ancora oggi ha il potere di farmi tornare vergine (solamente a livello di rapporto uomo-vinile. Non fatevi strane idee). Vedete, c’è davvero qualcosa di magico nell’atto di individuare “barra” scegliere un disco, un qualcosa di magico che spesso per me si compone di due fasi principali. Fase uno: il corteggiamento. Prima di tutto ti posizioni in corrispondenza dello scaffale giusto. Scorri le iniziali. Stop! Trovata. Inizi a vagare tra i titoli e se il negozio è di quelli rispettabili (come il nostro) i vinili di un artista sono posizionati in ordine cronologico di pubblicazione. Cominci dall’inizio con gesti leggeri dell’indice e del medio. I vinili iniziano ad accumularsi al di sotto delle tue dita mentre l’attività di ricerca diventa sempre più frene-tica. Tu sai esattamente quello che vuoi e lui sa esattamente di essere l’oggetto del tuo desiderio. Tu lo cerchi tra la massa di dischi e lui fa di

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tutto per mettersi in mostra immerso tra i suoi simili. Oramai è fatta pensi. Ma ecco che arriva l’immancabile attimo di panico! E se non ce l’hanno?! E se l’hanno già venduto?! Cazzo! Nel panico più totale salti dalla pubblicazione che hai per le mani a una di dieci anni dopo sapendo di aver escluso almeno tre vinili che co-munque al momento non significano nulla per te. Dove ti sei cacciato?! Imprechi. Finalmente lo vedi. L’atmosfera cambia improvvisamente. Relax. Relax?! Non scherziamo! Il battito cardiaco aumenta di nuovo. Frequenza e intensità sembrano cavalcare una progressione geometrica con ragione maggiore di uno che sta portando rapidamente ogni cosa verso l’infinito positivo. Così mi scoppierà il cuore! Cerchi di riprendere il controllo di te stesso. Chiudi e riapri gli occhi. Lui (cioè il disco) è ancora lì a qualche centimetro da te. Lo fissi mentre le tue pupille si dilatano fino a far scomparire l’iride. Lui di tutto punto ti fa l’occhiolino. Gli sussurri qualcosa di carino. Lui fa finta di non sentirti. Azzardi una carezza. Lui si ritrae dentro la cu-stodia. Ti blocchi e rimani così per un tempo variabile tra i tre e i cinque se-condi che comunque sembrano durare giorni, mesi, addirittura anni. Eccoti qua dunque: senza parole, immobile, confuso e anche un po’ patacca1, proprio come se qualcuno avesse appena fermato la musica e tu fossi rimasto l’unico in piedi senza sedia. Forza!, ti dici e, senza sapere bene come, inizia la

1 In Romagna il termine dialettale “patàca” indica un uomo stupido, sciocco, buffone o sbruffone. Concettualmente analogo al toscano bischero, al lombardo pirla oppure al veneto (volgare) mona, è da considerarsi un insulto che spesso può avere un’accezione affettuosa.

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Fase due: l’approccio. E’ la stessa copertina che hai ammirato almeno mille volte nel catalogo che puntualmente ti arriva a casa per corrispondenza e che è diventato il tuo libro di culto nei momenti fisiologicamente più impegnativi. Dal vivo è ancora meglio, ti dici. Lo tocchi e solamente in quel momento ti rendi conto che è tutto vero. Non stai sognando. Estrai il vinile e lo tieni tra le mani scrutando rapito la copertina come se fossi l’unico testimone di una visione mistica. E’ fatta. Sei mio. Da quel momento in poi la questione diventa decisamente “hot” quindi non proseguo oltre per ragioni di privacy. Bene, avete capito quindi cosa intendo quando parlo di corteggiamento “barra” approccio in ambito vinile?! Forse vi sembrerà esagerato, ma vi posso garantire che è così che funziona per me. Ok, torniamo a Jimmy Smith. «Quindi?!» chiede sempre più divertito Hi-Fi. «Controllo.» «Ecco bravo. Controlla.» Riporto lo sguardo sul vinile che ho parzialmente estratto dalla pila di dischi del signor Smith. Lo recupero. Leggo. Album: Midnight Special Autore: Jimmy Smith Data Registrazione: 25 aprile del 1960 Etichetta: Blue Note Records. TrackList: Midnight Special – 09:53 A subtle one – 07:43 (Stanley Turrentine) Jumpin’ the blues – 05:27 Why was I born – 06:33 (Kern, Hammerstein) One o’clock jump – 07:04 »

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Formazione: Jimmy Smith – Organo Stanley Turrentine – Sassofono tenore Kenny Burrell – Chitarra Donald Bailey – Batteria «Corretto» mi limito a dire. «Avevi dei dubbi?» «Sei tu che mi hai detto che il lunedì mattina sei ancora nel limbo…» «Facevo per dire…» Rimaniamo così come due statue di sale per qualche secondo poi il ru-more della porta rompe l’incantesimo. «Siete aperti?» chiede la ragazza con i capelli rosso fuoco e le pantacal-ze semidistrutte. «Certo che siamo aperti…» le risponde Hi-Fi con un sorriso a trentadue denti. «Noi siamo sempre aperti per una Punk d’annata!» Il lunedì è sempre un giorno un po’ difficile per il negozio. Il weekend è appena terminato e le finanze dei nostri clienti abituali sono pratica-mente a zero. Tutto il gruzzolo è stato investito in bevute, mangiate, divertimento, sesso, eccetera. Per i dischi se ne riparla (speriamo) a par-tire da metà settimana. Certo, ci sono anche i clienti occasionali, quelli che non sanno bene cosa vogliono e soprattutto non sanno dove cercare quello che non sanno di volere. Sono i clienti peggiori. Si guardano intorno spaesati alla ricerca dell’ultimo cd da regalare al marito / moglie / fidanzato / fidanzata / amante / amico / amica / paren-te / eccetera, ma sono troppo orgogliosi per venire da me o da Hi-Fi a chiedere informazioni. Continuano quindi nella disperata ricerca di quello che da noi non troveranno mai, fino a quando sono costretti a togliersi il cappotto e asciugarsi con il dorso della mano il leggero velo di sudore che di solito appare sulla loro fronte (nella versione estiva entrano spesso già sudati. In questi casi lo stress da ricerca non fa che amplificare il fenomeno facendo apparire strane forme geometriche piuttosto umidicce tipo macchie di Rorschach sulla superficie delle loro

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t-shirt). Io e Hi-Fi li osserviamo senza dare troppo nell’occhio e ci scambiamo occhiate furtive trattenendo a stento una risata. Trascorso un periodo di tempo che di norma va dai dieci ai venti minuti e che può estendersi a entrambi i piani del negozio (in base al grado di testardaggine dell’acquirente) oramai esausti i-clienti-occasionali-che-non-sanno-quello-che-vogliono, si avvicinano alla cassa dove a seconda del momento può esserci uno di noi due. a) Caso in cui sia Io l’uomo alla cassa: Cliente: «Mi scusi…» Io: «Sì.» Cliente: «Stavo cercando un album.» Io: «Certo. Quale album?» Cliente: «L’ultimo cd di Eros Ramazzotti.» Io: «Mi dispiace ma noi trattiamo solo album in vinile.» Cliente: «Ah, davvero?» Io: «Sì.» Cliente: «Quindi l’ultimo di Ramazzotti ce l’avete solo in vinile?» Io: «Veramente l’ultimo di Ramazzotti non ce l’abbiamo proprio.» Cliente: «Ah… ho capito… grazie lo stesso.» Io: «Di nulla. Arrivederci.» Cliente: «Arrivederci.» Il cliente se ne va sconsolato. b) Caso in cui sia Hi-Fi l’uomo alla cassa: Cliente: «Mi scusi…» Hi-Fi: «Dammi del tu.» Cliente: «Ok.» Hi-Fi: «Hai caldo?» Cliente: «Ehm... no… cioè sì…» Hi-Fi: «Ok, ok lascia stare. Spara la domanda.» Cliente: «Stavo cercando un album.» Hi-Fi: «Ma davvero? Pensavo fossi alla ricerca di una fiorentina con l’osso.» Cliente: «…»

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Hi-Fi: «Titolo e/o Autore.» Cliente: «L’ultimo cd di Eros Ramazzotti.» Hi-Fi: «…» Cliente: «…» Hi-Fi: «…» Cliente: «Ce l’avete?» Hi-Fi: «No, e se mai un giorno dovesse entrare qui dentro qualsiasi “cosa” di quello lì che non oso nemmeno nominare, ti giuro che do fuoco al locale.» Cliente: «Prego?» Hi-Fi: «Hai capito benissimo quello che ho detto! Qua dentro quella roba non ci entra! Sono stato chiaro?!» Cliente: «Certo… ho capito… grazie lo stesso.» Hi-Fi: «Ecco, bravo. Torna quando avrai le idee più chiare sul signifi-cato della tua vita.» Il cliente fugge spaventato. Lo so che l’approccio di Hi-Fi può sembrare un tantino eccessivo e mi rendo anche conto del fatto che “il nostro ragazzo” non ha ben chiaro il concetto di customer care, tuttavia occorre fare una premessa. Vedete, il nostro non è un negozio di dischi qualunque. Come avrete capito noi vendiamo solamente vinili. Nuovi e usati. Nel nostro negozio ci puoi trovare dischi introvabili ed estremamente preziosi. Nel nostro negozio puoi venire a richiedere dischi che la maggior parte delle per-sone non pensa nemmeno che esistano. Trattiamo album ufficiali, boot-leg2, quarantacinque e settantadue giri, edizioni limitate e perfino vec-chi vinili di musica classica. Abbiamo prevalentemente musica stranie-ra anche se esiste una piccola sezione dedicata alla musica italiana (do-ve per inciso non troverete mai Ramazzotti). Se ciò che cercate non lo abbiamo sul momento troviamo il modo di recuperarvelo. Nel nostro negozio difficilmente trovi la super hit del momento o il disco primo in classifica. Nel nostro negozio trovi ciò che difficilmente trovi altrove.

2 Col termine bootleg si intende generalmente un prodotto editoriale – un libro, un disco, ecc. – prodotto in violazione delle leggi sul copyright. Il termine è entrato nell'uso gergale italiano per indicare un disco prodotto, distribuito o commercializzato, non necessariamente a fini di lucro, senza l'autorizzazione del detentore dei diritti d'autore. Spesso tali dischi sono registrazioni abusive eseguite ai concerti usando microfoni nascosti, ma non necessariamente la qualità della registrazione è di basso livello.

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Non ci sono molti “posti” che possono fare quello che facciamo noi quando si parla di vinili, o perlomeno non in Italia. Di sicuro siamo gli unici in Emilia-Romagna. Avete presente Bologna, Modena, Reggio Emilia, eccetera eccetera? Bene quella è l’Emilia, dove si beve il Lambrusco e si mangiano le ti-gelle. Noi siamo dall’altra parte, la Romagna, dove si beve il Sangiove-se e si mangia la piadina. Siamo a Cesenatico. Per chi non conoscesse Cesenatico, stiamo parlando di una cittadina che conta circa venticinquemila abitanti e che si affaccia sul mare Adriatico nel bel mezzo della riviera romagnola. Meno famosa e reclamizzata delle “sorellastre” Rimini, Riccione e Milano Marittima, Cesenatico riesce tuttavia a garantire un buon rapporto tra divertimento e tranquilli-tà, richiamando giovani e meno giovani alla sua corte nel fatidico tri-mestre Giugno-Agosto. Come diciamo sempre io e Hi-Fi, Cesenatico è una di quelle località turistiche senza tante p… ops scusate mi sono la-sciato prendere la mano. Comunque credo abbiate capito. A Cesenatico abbiamo il grattacielo che è stato il più alto d’Italia fino alla costruzione del cosiddetto “Pirellone” a Milano. A Cesenatico ab-biamo anche il porto progettato da Leonardo, il museo della Marineria, Marco Pantani, la spiaggia di Levante, quella di Ponente, la barchetta che per cinquecento lire ti porta da una parta all’altra del canale (ci puoi caricare sopra anche la bicicletta), la Nove Colli, il Grand Hotel, i Fuo-chi d’artificio per la festa di Garibaldi, le tedesche, le polacche e perfi-no le svedesi (per la verità le svedesi ce le avevamo fino a primi anni settanta: ora vanno in Croazia). Abbiamo una delle più rinomate scuole di acrobati d’Italia, la Notte Rosa, i bagnini con la canottiera rossa e la scritta “SALVATAGGIO” bianca sul di dietro, i bomboloni caldi alla crema tutta la notte, l’albero della cuccagna, i tagliolini con le canoc-chie della Teresina e, infine, abbiamo il nostro meraviglioso mare color “azzurro merda” che ci contraddistingue in tutto il mondo un po’ come accade per le Maldive o per la Polinesia. Ah dimenticavo. A Cesenatico abbiamo anche il “VinylStuff”. Che diavolo è il “VinylStuff”?!, vi starete chiedendo. Beh, siamo noi. Il nome lo abbiamo inventato io e Hi-Fi. In Italiano suonerebbe tipo “Cose in Vinile” o giù di lì.

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Non male vero? Questo è quanto. Anzi no, manca ancora una cosa. Io mi chiamo Tata, vivo a Cesenatico, e sono socio cofondatore (insieme a Hi-Fi) del VinylStuff. Non ho idea da dove venga il soprannome Tata né tantomeno cosa stia a significare. Mio padre era Tata e ora lo sono diventato anch’io. Sono più di dieci anni che chiedo al mio vecchio di spiegarmi la genesi di questo termine. Tutte le volte mi sento rispondere la stessa cosa: meglio che tu non lo sappia credimi!

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_lunedì_pomeriggio Come vi ho parzialmente illustrato in precedenza, il negozio si sviluppa su due piani. Al primo piano abbiamo il materiale nuovo mentre al se-condo quello usato che proviene da clienti che ci chiedono di vendere i lori vecchi dischi, ma anche da materiale acquistato direttamente da noi nelle varie fiere e manifestazioni alle quali partecipiamo durante l’anno. In entrambi i piani l’organizzazione dei vinili è la stessa. In verità quando abbiamo messo su il negozio cinque anni or sono, io e Hi-Fi abbiamo discusso animatamente e a lungo sul modo in cui orga-nizzare il materiale. Dovete sapere (credo che comunque l’abbiate già intuito) che Hi-Fi è un personaggio alquanto bizzarro e che nonostante lo conosca da quasi vent’anni, ci sono ancora lati della sua personalità che mi risultano alquanto oscuri. Nella stragrande maggioranza dei negozi di dischi che avrete visitato, il modo di organizzare gli articoli ha più o meno la stessa logica. Divisio-ne per genere (jazz, rock, blues, eccetera) e sottodivisione per lettere dell’alfabeto (A, B, C, eccetera). In questo modo un cliente può facil-mente indirizzarsi verso il genere preferito e poi all’interno di questo sottoinsieme andare alla ricerca dell’artista desiderato in base alla lette-ra del cognome. Semplice no? Non per Hi-Fi. Partendo da una questione filosofica che vi risparmio, un bel giorno “il nostro ragazzo” se ne viene fuori con la sua idea a dir poco originale su come organizzare gli album all’interno del negozio. Punto primo: due sole categorie di dischi. Ufficiali da una parte e Boot-leg dall’altra, e fin qui potrei anche essere d’accordo. Punto secondo: nessun tipo di divisione per artista o genere, ma semplicemente un sus-seguirsi di album in ordine cronologico di pubblicazione che parte da un lato del primo piano del negozio, si snoda lungo tutto il secondo e poi ritorna a esaurirsi al piano terra. Probabilmente anche voi in questo

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preciso istante vi starete facendo la stessa domanda che mi sono fatto io cinque anni fa subito dopo che Hi-Fi mi ha esposto il suo piano. “Chi diavolo potrà mai conoscere tutti gli anni di pubblicazione degli album prodotti negli ultimi cinquant’anni?!” E volete sapere che cosa mi ha riposto Hi-Fi dopo che ho come dire espresso la mia perplessità riguardo alla sua proposta? “Io” mi dice. “Sì, ma tu non sei normale, né tantomeno un nostro cliente!” “E allora?” “E allora?!” “…” “Senti Hi-Fi. Tu sei un grandissimo conoscitore di musica e poi hai quella cosa… ehm… insomma chiamiamola pure “shine” giusto per citare il buon King3…” Mi fissa in silenzio come a invitarmi a prose-guire. “… ma penso che per quanto riguarda l’organizzazione degli album sarebbe meglio che me ne occupassi io…” Silenzio. “… sinceramente ti vedrei meglio come direttore artistico piuttosto che come manager organizzativo” butto là. Ricordo che la sua espressione è improvvisamente cambiata. “Direttore Artistico…” “Sì” mi affretto a ribattere attaccandomi a una lieve speranza. “Mi piace!” esclama lui. “Ok!” ribatto io. Da quel giorno lui si occupa della parte artistica, io di quella organizza-tiva. «Quindi pensi che quella roba… ehm… Na…» comincia Hi-Fi. «… pster» finisco io per lui. «Napster. Sì, insomma pensi che ci darà veramente dei problemi?» Al primo piano non c’è nessuno mentre di sopra ci sono un paio di per-sone probabilmente alla ricerca di qualche occasione di seconda mano. Hi-Fi sta controllando i vari scaffali per gestire l’eventuale riordino di pezzi sotto scorta, mentre io sto scaricando questo Napster giusto per

3 Riferimento al romanzo di Stephen King “Shining” dove il figlio del protagonista Danny Torrance è un bambino con un potere extra-sensoriale (the shine) che gli permette di vedere fatti accaduti o che accadranno in futuro.

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dargli un’occhiata e capire di cosa si tratta (ovviamente non ne ho fatto parola con Hi-Fi). «Me lo hai già chiesto questa mattina.» «Te lo richiedo ora…» «Non saprei. Se tu potessi recuperare la musica che ami senza spendere un soldo cosa faresti?» rispondo distrattamente mentre clicco sul link “download” del sito di Napster. «Non è la stessa cosa.» «Lo so che non è la stessa cosa, ma lascia stare per un attimo tutto il contorno.» «Contorno?» Mi guarda confuso. «Sai cosa intendo.» «No che non lo so.» Sospiro e mi armo di pazienza mentre la barra di avanzamento mi dice che occorreranno due minuti e trentasei secondi per il completare il download. «Quando parlo di contorno intendo: recarsi al negozio, cercare tra gli scaffali, recuperare il disco, guardarselo ben bene, andare alla cassa, porre un’eventuale domanda al negoziante, tirare fuori i soldi, pagare, recuperare eventuale resto, tornare a casa, togliere il disco dalla custo-dia, accendere l’impianto stereo, poggiare il disco sul piatto, abbassare la puntina, sedersi sulla poltrona, ascoltare il disco.» «Ok. Sei stato chiaro. Quindi mi stai dicendo che se togliamo “il con-torno” come lo chiami te, alla fine rimane “Ascoltare il disco” giusto?» «Esatto. E a quanto pare questo Napster permette di ridurre “il contor-no” a qualcosa tipo: accendere computer, connettersi a internet, scarica-re Napster (se non ce l’hai già), cercare album, scaricare album, ascol-tare album.» «…» Hi-Fi mi osserva perplesso. «Come vedi alla fine si arriva allo stesso risultato, senza il “pagare” che come ben sai rappresenta uno dei punti forti della nostra catena di so-stentamento.» «Certo, ma il connettersi a internet avrà pure dei costi ? Noi per esem-pio quanto paghiamo per far funzionare quel mostro?» Sposto lo sguardo sul monitor del pc e mi accorgo che il download è terminato. La finestra mi propone due alternative: avvia programma oppure chiudi finestra. Ci penso un po’ su. Delibero subito dopo: Chiu-di finestra senza ombra di dubbio, con lancio di Napster posticipato di qualche ora onde evitare di destare sospetti in Hi-Fi (che normalmente

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se ne torna a casa alla chiusura del negozio mentre io rimango sempre un po’ più a lungo per pianificare il giorno dopo: per farla breve, tipi-che cose da manager organizzativo e non da direttore artistico). «Alla fine paghiamo un costo fisso al mese per poter navigare venti-quattro ore su ventiquattro.» «E quanto sarebbe questo costo mensile?» «Cinquantamila lire.» «Cazzo! E’ il costo di due dischi al mese!» «Dipende dai dischi.» «Certo che dipende dai dischi, però se calcoli il costo medio di quello che abbiamo qua dentro siamo all’incirca sulle venticinquemila lire a disco.» «Hai idea di quanti album potresti scaricare in un mese?» «Sinceramente no.» «Beh, te lo dico io.» Dalle scale scende uno dei due tizi con in mano un disco degli U2. Hi-Fi fa un gesto con la mano come a dirmi ne parliamo dopo. «Ciao» esordisce il ragazzo una volta raggiunto il banco dietro il quale mi trovo. Indossa un giubbotto di pelle con delle borchie sparse qua e là, jeans strappati e un paio di anfibi della Dr. Martens rossi. Quindici, forse se-dici anni al massimo. All’altezza del cuore, appuntata sul giubbotto, c’è una spilla bianca con la scritta “U2” nera al centro. Do un’occhiata al disco che tiene in mano. Un bootleg degli U2 del Joshua Tree Tour 1987. E’ il concerto di Modena. «Ciao» rispondo mentre Hi-Fi si allontana dopo aver rilevato che il di-sco materia della transazione non supera la soglia minima del suo inte-resse. Mi spiego meglio. Per Hi-Fi i nostri dischi si dividono in tre categorie principali: Dischi Hi-Fi: Nel caso diventino materia di discussione e/o transa-zione all’interno delle mura del negozio, lui non può non essere presen-te per verificare se l’acquirente sia degno o meno della proprietà. Dischi Mid-Fi: Da non considerarsi al livello di quelli Hi-Fi, ma che in certi casi richiedono comunque un suo giudizio sull’acquirente in caso di acquisto.

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Dischi Low-Fi: Sono comunque dischi di buona qualità (da noi non esistono dischi che non siano di buona qualità) ma che non necessitano di una sua consulenza pre-vendita. Il tizio appoggia il disco sul banco e mi fissa come fosse in attesa di un mio commento sul suo acquisto. «Tutto ok?» mi dice. «Sì, sono trentacinque» rispondo io. Tira fuori dalla tasca dei jeans un condensato di carta moneta ridotta a una palla dalla forma alquanto irregolare, poi comincia a decomporre l’agglomerato estraendo e appoggiando sulla copertina del disco due banconote da dieci, due da cinque e una, anzi no, due banconote da mil-le lire. La sua mano ora è vuota. Senza alzare lo sguardo introduce l’altra mano nell’altra tasca dei pantaloni e ne estrae un mucchietto di spiccioli. Osservo l’evolversi della situazione senza dire (né tantomeno fare) nulla. Il ragazzo appoggia un discreto numero di monete a fianco delle banconote. «Sono trentatré e cento.» Alza di poco lo sguardo incontrando il mio. Sembra in imbarazzo. «E’ tutto quello che hai?» gli chiedo. Nel frattempo Hi-Fi sembra aver ritrovato interesse per la transazione. Si avvicina alla cassa senza dare troppo nell’occhio. «Sì.» «Ok.» «Ero convinto di avere i soldi giusti, ma evidentemente devo averli uti-lizzati a scuola per la merenda.» Vedo con la coda dell’occhio Hi-Fi che alza lo sguardo al cielo in una sorta di imprecazione. «Era buona?» «Cosa?» «La merenda.» «Ehm… sì.» «Ok.» Raccolgo le banconote e la pila di spiccioli. Batto il prezzo sul registratore di cassa. Si apre il cassetto portamonete e incomincio a si-stemare i soldi dividendoli nel modo corretto. «Domani ti porto la differenza» mi assicura il tizio. Io continuo a sistemare i soldi poi recupero una borsa di plastica con il nostro logo da sotto il banco. «Siamo a posto così» rispondo.

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Improvvisamente un pensiero mi attraversa la mente. «Posso farti una domanda?» Il ragazzo sembra sciogliersi un po’. Gli porgo la borsa di plastica con il suo disco all’interno. «Certo.» «Conosci Napster?» Hi-Fi ripone nello scaffale l’album che ha per le mani, poi si gira verso di noi. Entrambi (io e Hi-Fi) ora fissiamo il ra-gazzo in silenzio. Lui si guarda un po’ intorno alla ricerca della risposta giusta. «Sì…» abbozza. «E cosa ne pensi?» si intromette Hi-Fi. «Beh…» Il tizio temporeggia. «Avanti!» lo incalza Hi-Fi. «Lascialo finire!» sbotto io. «Diciamo pure che per tutta quella robaccia che puoi trovare al super-mercato a prezzi oramai proibitivi rappresenta di sicuro la soluzione al problema. Ma nel vostro caso…» «Nel nostro caso cosa?!» «Hi-Fi!» «Ok, ok…» Il ragazzo si stringe il disco al petto come a voler creare uno scudo pro-tettivo. «… nel vostro caso è diverso.» «Cosa intendi con “diverso”?» gli chiedo. «Beh, voi non vendete le ultime uscite o le compilation da super hit… insomma voi non vendete nemmeno cd e dvd!» «Grazie a Dio!» esclama Hi-Fi. «Quindi mi stai dicendo, che nonostante sia una figata poter scaricare la musica gratuitamente, il nostro articolo non è così facilmente reperibile su Napster.» «In realtà è una banca dati che cresce ogni giorno…» «Cioè?!» «Ti spiego: Napster basa il suo funzionamento sulla condivisione dei brani. Ogni giorno la gente scarica musica dai suoi server e poi la con-divide con gli altri.» «Quindi se io mettessi sul mio computer la versione mp3 del disco che hai appena comprato…» «Mp3?!» si intromette Hi-Fi. «Hi-Fi lasciami finire!»

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«Scusa.» «Stavo dicendo: se mettessi la versione mp3 del concerto degli U2 a Modena sul mio computer, accedessi a Napster e condividessi l’album, un utente che fosse alla ricerca proprio di quel concerto potrebbe scari-carlo grazie a me?» «Esatto.» Cala un silenzio surreale. Mi rendo subito conto della potenzialità che questo meccanismo può avere e allo stesso tempo mi rendo anche conto dell’effetto devastante che la cosa potrebbe innescare su realtà come le nostre. Come a volersi giustificare il ragazzo si affretta a dire. «Però chi se lo scarica avrebbe solo la musica e non tutto il contorno!» «E rieccoci con sto cazzo di contorno!» esclama Hi-Fi. Faccio un cenno al ragazzo di lasciar perdere. «Ho capito il meccanismo. Grazie per la dritta.» «Grazie a voi per lo sconto.» «No problem.» «Ciao.» Il ragazzo si avvia verso la porta passando a fianco di Hi-Fi e guardandosi bene di non entrare in contatto con il suo mondo. «Ci vediamo» abbozza timidamente. «Certo. Ti aspetto per la seconda lezione di informatica. Non vedo l’ora.» Fulmino Hi-Fi con un’occhiataccia. Il ragazzo si richiude la por-ta alle spalle. «Hai sentito?» Hi-Fi indica con la mano il tizio appena uscito. «Cosa?» «Siamo a cavallo!» «Cioè?» «Il “fenomeno” ha detto che noi non rischiamo nulla con questo Nap-ster! Noi siamo di nicchia e quelli come noi non moriranno mai!» Guardo Hi-Fi alzare le mani al cielo in senso di vittoria e decido di la-sciar perdere ogni discussione in merito. «Che culo!» esclamo. Esco da dietro il banco della cassa e mi dirigo verso il bagno. «Dove vai?» mi chiede Hi-Fi. «In bagno.» Rimane in silenzio per un paio di secondi, poi dice: «Insomma anche tu vai a “scaricare”!» Decido di non commentare.

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_martedì_mattina Il martedì mattina è il momento in cui entra in scena Platone. Nulla a che vedere con il filosofo “originale” anche se il soprannome che si porta addosso ha sicuramente una certa attinenza con il personaggio (diciamo così) autentico. Di solito arriva verso le dieci e trenta. Prima di entrare si fuma una si-garetta studiando la vetrina del negozio, poi fa il suo ingresso all’interno delle nostre quattro mura. Plato (che altro non è che il soprannome del soprannome oppure una sorta di sua forma contratta) è un personaggio alquanto bizzarro. Alto poco più di un metro e cinquanta, con un accenno di gobba, pochi ca-pelli per lo più grigi, potrebbe avere qualsiasi età compresa tra i quaran-ta e i settanta anni. Per inquadrare meglio il personaggio non posso e-simermi dal raccontavi una storia che nell’ambiente è già divenuta leg-genda. Durante il concerto dei Pink Floyd tenutosi a Venezia nel 1989, il chi-tarrista e cantante del gruppo David Gilmour si sarebbe sentito male al punto da non poter continuare a suonare (preciso subito che questo fatto non è mai accaduto). Roger Waters, bassista dei Pink Floyd avrebbe quindi impugnato il microfono a centro palco e fatto un appello al pub-blico. “David purtroppo non si sente bene…” Silenzio in tuta la laguna. “… e non può continuare a suonare. Vi chiedo quindi di darci una mano.” Boato del pubblico. “Chiunque fosse in grado di suonare i nostri pezzi alla chitarra è pregato di farsi avanti.” A questo punto (come se questo già non bastasse) si sconfina nella me-tafisica. In mezzo a ottantamila persone, Plato dall’alto del suo metro e cinquanta avrebbe alzato la mano e – cito testualmente le sue parole: “La folla si è aperta davanti a me come il Mar Rosso davanti a Mosè.” Così Plato avrebbe prima guadagnato il palco facendosi strada tra la folla urlante che non la smetteva più di sbraitare il suo nome, poi suo-nato la chitarra (assoli compresi) in tutte le restanti canzoni del concer-

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to. Non contento avrebbe anche passato la serata con il gruppo dopo la fine dello show. Vi sembra abbastanza per inquadrare il personaggio? Neanche per sogno, perché è proprio adesso che viene la parte più in-credibile della storia: una sorta di leggenda dentro la leggenda. Waters si avvicina a Plato mentre tutti se la stanno spassando nella ca-mera d’albergo dove la band ha deciso di organizzare un party “after concert” con un gruppetto di ragazze piuttosto disinibite. Waters: “Ehi Plato…” Plato: “Dimmi Roger…” Waters: “Devo ammettere che te la sei cavata alla grande questa se-ra.” Plato: “Grazie.” Waters: “Posso chiederti una cosa?” Plato: “Spara.” A questo punto secondo il racconto il Plato, una delle ragazze si sareb-be “prostrata” in ginocchio davanti a Waters e avrebbe iniziato a prati-cargli un “lavoretto” di quelli ben fatti. Sempre secondo Plato, Waters non si sarebbe scomposto più di tanto continuando la conversazione. Waters: “Cosa fai nella vita?” Plato: “Niente.” Waters: “Grande!” Plato: “Non male devo ammetterlo…” Waters: “Senti, avrei una proposta da farti.” Plato: “Vai tranquillo Roger.” Waters: “Cosa ne dici di unirti a noi?” Nel momento in cui Waters finisce di fargli la domanda, tutto il movi-mento presente nella stanza si arresta di colpo. La musica scompare all’improvviso, le ragazze smettono di ballare sul grande letto, i mem-bri del gruppo la piantano di urlare improperi e perfino la tipa ai piedi di Waters arresta il suo moto regolare “avanti-indietro” con il capo. Tutti stanno fissando Plato. Tutti attendono una sua risposta. A questo punto lui avrebbe risposto più o meno così. Plato: “Roger ti ringrazio per l’offerta, ma io per la mia e voi per la vostra strada.” Capito?! Io-per-la-mia-e-voi-per-la-vostra-strada!

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Come direbbero in America: Greater Than Life – Una leggenda. Ci sarebbero almeno altre tre o quattro storie su Plato che varrebbe la pena di raccontare, ma penso che questa descriva meglio di tutte le altre il personaggio che proprio in questo momento sta varcando la soglia del VinylStuff. Sono le dieci e trenta minuti. Puntuale come la morte. «Ciao Plato.» «Ciao Cocomerometro.» Cosa voglia dire Cocomerometro non lo so e non mi interessa, quello che so è che Plato chiama tutti così. «Come butta Platone?» Hi-Fi esce dal bagno e si dirige verso di lui. Nel frattempo Plato si è messo a rovistare tra i vinili del settore Rock – let-tera P. «Bene Cocomerometro.» Come volevasi dimostrare. «Cerchi qualche disco in particolare?» Non so perché, ma Plato è una delle poche persone con le quali Hi-Fi fa conversazione volontaria. «…» «Plato?» «Dimmi Cocomerometro» risponde lui. La sua voce è stridula e le paro-le risultano un po’ biascicate. Sentirlo parlare (accento romanesco a parte) richiama alla mente Ruggero, il personaggio che Verdone inter-preta nel suo primo film Un sacco bello con un’equalizzazione un po’ esasperata a livello dei medi. «Alla ricerca di qualche pezzo da collezione?» «Ce li ho già tutti i pezzi da collezione. Io.» «Giusto… scusa.» Hi-Fi si gira verso di me con un espressione diverti-ta, poi rivolge di nuovo la sua attenzione su Plato. «Hai una sigaretta?» gli chiede Hi-Fi. «Io le “Ascroc” non le fumo» risponde seccato lui. Questo siparietto si ripete più o meno ogni settimana e sinceramente non capisco che gusto ci trovi Hi-Fi a rimetterlo in scena ogni volta. Come credo abbiate capito, la risposta di Plato si riferisce al fatto che fumare “a scrocco” non è una buona cosa e che se proprio hai voglia di farti una sigaretta il tabaccaio sai dove trovarlo. «Come non detto.» «Tieni Cocomerometro.» La cosa buffa è che dopo aver fatto la solita battuta delle Ascroc, la sigaretta Plato te la dà comunque.

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«Grazie.» «Questa settimana ne ho uno di quelli tosti…» afferma poi rivolgendosi a Hi-Fi. «Plato…» «Davvero, questo non lo puoi sapere.» «Lascia stare Plato, lo sai che Hi-Fi è imbattibile in questa disciplina» gli dico io. «Paura?» «Facciamo così…» interviene Hi-Fi. «Se vinci tu puoi scegliere uno dei nostri dischi e portartelo via “a gratis”…» «Qualsiasi disco?» «Qualsiasi disco.» Plato si guarda intorno con fare pensieroso. «E se invece sei tu a vincere?» chiede. «Ehi Plato, ma non avevi detto che i pezzi da collezione ce li hai già tutti? Che diavolo te ne frega di portarti a casa gratis uno dei nostri di-schi?» Mi intrometto cercando di limitare i danni. Plato ci pensa un po’ su prima di rispondere. «Copia di scorta Cocomerometro.» «Che domande fai Tata!» esclama Hi-Fi sorridente. «Ti ho chiesto che cosa succede se dovessi essere tu a vincere» chiede nuovamente Plato osservando attentamente Hi-Fi. «Se vinco io…» attacca Hi-Fi in tono solenne, «… voglio che tu mi racconti la storia del concerto dei Pink Floyd mentre io ti filmo con la telecamera.» Cristo Santo! Che diavolo ti è venuto in mente Hi-Fi! Plato è in silenzio. Sembra stia valutando l’offerta di Hi-Fi molto atten-tamente. «Lascia stare Plato» intervengo io, ma Hi-Fi alza una mano verso di me con l’intento di zittirmi. «Ok ci sto!» sentenzia Plato. «Molto bene» ribatte Hi-Fi. Che cazzo ci fai con la registrazione video di Plato che racconta la sua avventura surreale sul palco dei Pink Floyd?! Questo avrei voluto urla-re in faccia ad Hi-Fi, ma non lo posso fare. Mi segno mentalmente di urlarglielo contro non appena Plato se ne sarà andato. «Sei pronto Cocomerometro?» «Ci sono.»

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«Altro Cocomerometro?» «Dici a me?» dico io. «Certo che dico a te!» «E cosa dovrei fare io?» «Registrare.» «Registrare?!» «Voglio che registri quello che dirà il Cocomerometro qui. Altrimenti come facciamo a controllare se ci ha preso oppure no?!» «Vuoi che chiamiamo un notaio?» chiede ironicamente Hi-Fi. «No. Mi basta che il Cocomerometro laggiù metta una cassetta vergine nel vostro impianto di diffusione interno e attivi il microfono che utiliz-zate per le comunicazioni.» Guardo Hi-Fi che mi fa un cenno di assenso. «Mi pare giusto» dice. «Ok» rispondo io. Recupero una cassetta vergine da sotto il banco. La scarto e la inserisco nell’alloggio della piastra poi premo i tasti REC e PLAY contempora-neamente. Accendo il microfono. «Uno-due-tre-prova…» I V-Meter dell’impianto si animano passando dal verde al giallo a con-ferma che la mia voce è stata catturata dal microfono e registrata sulla cassetta. «Funziona» dico alzando il pollice verso gli altri due. «Ok» ribattono entrambi. «Millenovecentocinquantacinque…» comincia Plato. Millenovecentocinquantacinque, ripeto mentalmente. «… Stan Getz. Beccati questa Cocomerometro.» Cazzo!, mi dico. Questa è davvero tosta. Hi-Fi (come da prassi) è immobile e sta cercando la giusta concentra-zione prima di (speriamo) fare la sua sparata. Dovete capire che nono-stante Plato sia “Plato” questo non vuol dire che sia uno stupido. Origi-nale e un po’ fuori dalle righe sì, ma non stupido. Se Hi-Fi facesse ci-lecca, il nostro amico (ex componente dei Pink Floyd) si fionderebbe subito dopo nel settore “G” del negozio. Un momento. Non vi ho ancora parlato del settore “G”?! Scusatemi tanto, ma sapete com’è. Siamo sempre presi da mille cose e tendiamo a escludere le parti più importanti dandole per scontate.

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Il settore “G” sta al VinylStuff un po’ come il punto “G” sta alla donna. Una volta trovato e stimolato a dovere, porta la donna dritta-dritta nel paradiso del piacere. Qui è un po’ la stessa cosa. Mi spiego. All’interno di questo settore (che si trova in una stanzetta poco in vista al primo piano del negozio) potete trovare quelle che io e Hi-Fi definiamo le “chicche”. A voler essere sinceri, non ho mai ben capito se questo ge-nere di dischi li acquistiamo per noi oppure per il pubblico. Sta di fatto che il costo medio di questi vinili è piuttosto elevato visto che sono rari-tà, oppure dischi che hanno storie molto particolari. Io e Hi-Fi parteci-piamo almeno un paio di volte all’anno a queste aste specializzate in dischi rari. Di solito la cosa si svolge nelle hall di qualche albergo di lusso in giro per il mondo con la classica modalità d’asta. C’è un prezzo di partenza, ci sono un po’ di malati di mente come noi che fanno la propria offerta e alla fine c’è un vincitore che sborsa un bel po’ di soldi per portarsi a casa un cimelio. Volete qualche esempio? Eccovi serviti. Uno dei dischi più costosi della storia è una copia di Double Fantasy di John Lennon e Yoko Ono del 1980. Cosa avrà di tanto particolare que-sto disco vi starete chiedendo. Beh, questa copia è quella che Mark Da-vid Chapman fece autografare a John Lennon cinque ore prima di ucci-derlo davanti alla sua abitazione a New York. Si dice che la copertina porti le impronte digitali di Chapman e che il disco sia stato utilizzato come prova dell’omicidio in tribunale. Per intenderci, il valore di que-sto pezzo si aggira intorno a 850.000 dollari. Ci sono ovviamente tanti altri esempi di dischi rari: Beatles, Bob Dylan, Elvis, eccetera, insomma un bel po’ di artisti che hanno registrato album che non sono mai stati commercializzati, oppure che hanno acquisito qualche particolarità ri-spetto alla versione poi diffusa su larga scala, che li ha trasformati in pezzi da collezione. Perché vi ho fatto tutta questa sparata? Il motivo è semplice. Anche qui da noi al VinylStuff potete trovare qualche “pezzo da novanta” e indovinate un po’ dove stanno questi og-getti? Esatto. Proprio nel settore “G”. Plato, che come vi dicevo non è uno stupido, sa benissimo che se Hi-Fi dovesse sbagliare perdendo così la scommessa, avrebbe accesso al set-tore “G” e in particolare a uno dei dischi che ama di più. Quale?

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Nel 1977 i Sex Pistols firmarono con la A & M Records, ma furono subito licenziati una settimana dopo a causa del loro comportamento scandaloso. Durante quella settimana, registrarono “God Save The Queen” come singolo promozionale per essere rilasciato durante il 1977, l’anno del Silver Jubilee della Regina Elisabetta II. Mai uscito nei negozi, alcune copie sono state regalate a circa una dozzina di dirigenti della A & M Records che ha chiuso i battenti un paio di anni fa. Per farvela breve, io e Hi-Fi ci siamo aggiudicati una copia di “God Save The Queen” l’anno scorso a Londra durante un’asta. Somma sborsata: 1.675 sterline (stiamo parlando di quasi cinque milioni di lire). Ora capite perché nel momento in cui Hi-Fi aprirà gli occhi e farà la sua sparata, io ascolterò ogni sua sillaba tenendo le chiappe ben strette e cercando di non cacarmi addosso. Hi-Fi fa un bel respiro poi dà inizio alle danze. « Album: Hamp and Getz Autore: Stan Getz & Lionel Hamton Data Registrazione: 1 agosto 1955 Etichetta: Verve TrackList: Cherokee (Ray Noble) – 09:15 Ballad Medley – 8:08 Tenderly (Jack Lawrence – Walter Gross) Autumn in New York (Verron Duke) East of the Sun (West on the Moon) (Brooks Bowman) I Can’t Get Started (Ira Gershwin – Verron Duke) Louise (Leo Robin – Richard Whiting) – 06:47 Jumpin’ at the Woodside (Count Basie) – 08:24 Gladys (alternate take) (Lionel Hampton) – 06:13 A questo punto Hi-Fi fa una pausa un po’ troppo lunga e io sento il fiato venirmi meno e qualcos’altro scendere verso il basso. Dai forza

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non mi mollare proprio adesso!, esclamo dentro di me. La faccia di Plato è un monolito tipo Isola di Pasqua. Hi-Fi riprende: Gladys (Lionel Hampton) – 07:43 Headache (autore sconosciuto) – 05:07 Formazione: Stan Getz – Sassofono Tenore Lionel Hampton – Vibrafono Lou Levy – Pianoforte Leroy Vinnegar – Contrabbasso Shelly Manne – Batteria » Se esistesse un silenzio più silenzioso del silenzio assoluto, penso che quello che regna all’interno del negozio in questo momento lo battereb-be. Hi-Fi si asciuga la fronte con la manica della felpa. «Cocomerometro, puoi controllare?» «Mi sa che questo disco non ce l’abbiamo…» butto là io. «Non è un problema. Ho io il materiale per la verifica.» Plato si sfila dalla tasca del cappotto un foglio ripiegato in quattro e comincia ad a-prirlo. «Ti eri preso nota della risposta esatta?» chiede Hi-Fi. «Certo Cocomerometro, cosa credi che mi sarei fidato delle tue cazzate senza controllare?» «Che siano cazzate oppure no, adesso lo verifichiamo» dico io. Inter-rompo la registrazione e riavvolgo il nastro. Plato e Hi-Fi si avvicinano al banco. «Vai» ordina Plato. Premo il tasto PLAY e per circa un minuto ascoltiamo la voce di Hi-Fi riprodurre per filo e per segno tutto ciò che è scritto sul foglio che Plato tiene stretto in mano e che ogni secondo che passa sembra stringere con maggior forza. Silenzio.

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La registrazione è terminata. Dall’impianto fuoriesce solo un fruscio del nastro ancora vergine della cassetta. Plato abbassa il foglio e lo la-scia cadere sul banco. Si gira. Si avvia verso la porta. Premo il tasto STOP. «Ti faccio sapere quando porto la telecamera ok?» irrompe Hi-Fi. Trattengo a stento una risata. Plato continua a camminare verso l’uscita. Non dice nulla. Poi alza il braccio al cielo e con la mano ci regala un segno di intesa con il pollice alzato. Apre la porta. Sta per uscire. Si ferma. «Ah dimenticavo…» dice senza girarsi. «… Mi sa proprio che siete fregati cari i miei due Cocomerometri.» Io e Hi-Fi ci guardiamo perplessi. «Cosa intendi Plato?» gli chiedo. «Napster» risponde lui. Richiude la porta e se ne va. Io e Hi-Fi torniamo a guardarci l’un altro. Improvvisamente ci è passata del tutto la voglia di ridere. Fine anteprima.Continua...