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1 Trento, Cattedrale, 2 settembre 2013 Cercate prima il regno di Dio …Il senso del tempio e dei suoi simboli come luogo di Dio Benedetto il Signore, Dio dei padri nostri, Creatore di tutto e Fonte della vita. A Lui lode per sempre. Amen. Cercate prima il regno di DioGuardate gli uccelli del cielo: essi non seminano, non raccolgono e non mettono il raccolto nei granai. Eppure il Padre vostro che è in cielo li nutre! Ebbene, voi non volete forse più di tutti loro?” (Mt 6, 26). Così ha parlato a noi, poco fa, il Signore nel Testo evangelico. La Sacra Scrittura, sempre, guarda con stupore, con meraviglia e nel rendimento di grazie le opere della creazione e, tra queste, guarda segnatamente agli esseri viventi, gli animali che il Signore chiamò all’esistenza (Gen 1, 20-25), prima di plasmare l’uomo dalla terra (Gen 1,27), per donarli a lui come compagni e servitori. Nel giardino l’uomo impone il nome agli animali, ricevendo così il segno della sua signoria (Gen 2, 19-20), su di essi e sulle opere create da Dio, ma essere signore del creato non significa per l’uomo divenirne padrone dispotico e arrogante, bensì egli è chiamato a guardare le creature con lo sguardo amorevole del Creatore, con stupore e con gratitudine. Il Salmista ci ricorda infatti che il Signore e Creatore di tutto:

Trento, Cattedrale, 2 settembre 2013 Cercate prima il ... · Invece, tralasciando alcuni esseri fantastici e di difficile comprensione, possiamo riconoscere almeno 21 specie di esseri

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Trento, Cattedrale, 2 settembre 2013

“Cercate prima il regno di Dio …”

Il senso del tempio e dei suoi simboli come luogo di Dio

“Benedetto il Signore, Dio dei padri nostri, Creatore di tutto e Fonte della vita. A Lui

lode per sempre. Amen”.

“Cercate prima il regno di Dio… Guardate gli uccelli del cielo: essi non seminano,

non raccolgono e non mettono il raccolto nei granai. Eppure il Padre vostro che è in

cielo li nutre! Ebbene, voi non volete forse più di tutti loro?” (Mt 6, 26).

Così ha parlato a noi, poco fa, il Signore nel Testo evangelico.

La Sacra Scrittura, sempre, guarda con stupore, con meraviglia e nel rendimento di

grazie le opere della creazione e, tra queste, guarda segnatamente agli esseri viventi,

gli animali che il Signore chiamò all’esistenza (Gen 1, 20-25), prima di plasmare

l’uomo dalla terra (Gen 1,27), per donarli a lui come compagni e servitori.

Nel giardino l’uomo impone il nome agli animali, ricevendo così il segno della sua

signoria (Gen 2, 19-20), su di essi e sulle opere create da Dio, ma essere signore del

creato non significa per l’uomo divenirne padrone dispotico e arrogante, bensì egli è

chiamato a guardare le creature con lo sguardo amorevole del Creatore, con stupore e

con gratitudine. Il Salmista ci ricorda infatti che il Signore e Creatore di tutto:

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Provvede il cibo al bestiame, *

ai piccoli del corvo che gridano a lui.

Salmo 146

L’uomo inoltre nel corso della sua vita è chiamato a prestare voce al creato, a tutte le

realtà uscite dalle mani provvide del Creatore, siano esse inanimate o animate:

“Benedite, opere tutte del Signore, il Signore … benedite, animali tutti, selvaggi e

domestici, il Signore, lodatelo ed esaltatelo nei secoli”(Dan 3, 57. 81).

Anche la Chiesa, nella sua storia millenaria, guarda con gratitudine e rispetto l’opera

della creazione, contemplando in essa il segno tangibile dell’amore provvidente di

Dio e insieme l’anticipazione del mondo che deve venire, quando il tempo presente

sarà consumato.

Nella Costituzione Gaudium et spes del Concilio Ecumenico Vaticano II, si legge:

“… vinta la morte, i figli di Dio saranno risuscitati in Cristo, e ciò che fu seminato

nella debolezza e nella corruzione rivestirà l’incorruzione: e restando la carità con i

suoi frutti, saranno liberate dalla schiavitù del male tutte quelle creature, che Dio ha

fatto appunto per l’uomo.

Certo, siamo avvertiti che non giova nulla all’uomo guadagnare il mondo intero, se

poi perde se stesso. Tuttavia l’attesa di una terra nuova non deve indebolire, bensì

piuttosto stimolare la sollecitudine nel lavoro relativo alla terra presente, dove

cresce quel corpo dell’umanità nuova che già riesce a offrire una certa

prefigurazione di quello che sarà il mondo nuovo” (GS 39).

Chi varca le porte di questa mirabile Cattedrale sicuramente è attratto dalla bellezza

del luogo, dalla sua armonia, dalla solenne e serena austerità, ma i nostri occhi,

sovente più attenti a considerare le cose grandi, non di rado si lasciano sfuggire lo

splendore e l’insegnamento dei piccoli particolari.

Se, per fare un esempio, ci chiedessero a bruciapelo: “Quali e quanti tipi di animali

sono raffigurati sotto le volte di questo edificio sacro?”, probabilmente ci troveremo a

dire, ma quali animali? E dove?

Invece, tralasciando alcuni esseri fantastici e di difficile comprensione, possiamo

riconoscere almeno 21 specie di esseri viventi raffigurati sulle porte, sull’altare, le

finestre, le colonne, il campanile, la cappella del Sacramento, le sepolture. Tutti

questi animali sono presenti non solo come elementi decorativi, ma anzitutto come

insegnamento.

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Il Signore, poco fa ci ha detto: “guardate gli uccelli del cielo. Quasi rispondendo

all’invito proviamo, sia pur rapidamente ad osservare gli animali raffigurati in questo

luogo santo, per accogliere il loro amichevole insegnamento.

Dato il poco tempo non possiamo fare uno studio particolareggiato, e

scientificamente corretto. Ci accontenteremo di alcune suggestioni, rinviando ad altra

occasione un maggiore approfondimento.

Per semplicità e rapidità divido, senza pretese, la nostra osservazione in otto luoghi.

Tra i diversi animali incontreremo:

Il Comitato di accoglienza (Le porte)

I Custodi della luce dell’Est (La finestra dell’abside)

Il Servizio d’onore (L’Altare maggiore)

I Maestri carpentieri (I pilastri)

I Custodi del Tesoro (La cappella Alberti)

Gli Araldi della Cattedrale (Il Campanile)

I Catechisti dei semplici (Gli affreschi)

I Sapienti pedagoghi (Le tombe)

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1. Il Comitato di accoglienza - Le porte

Alle diverse porte che introducono in Cattedrale incontriamo tutta una serie di

animali, alcuni si ripetono, altri sono propri di quel particolare ingresso.

Potremo chiamarli i “maggiordomi” di casa, oppure il “Comitato di accoglienza” che

introducono nella Cattedrale.

LA PORTA DEL VESCOVO

Totale Porta

Siamo alla porta più bella ed ornata della Cattedrale. Il suo nome: “Porta del

Vescovo”, deriva dal fatto che attraverso questa il Vescovo, con il suo corteo, entrava

provenendo dal Castello del Buonconsiglio.

A questa porta incontriamo un importante e numeroso “Comitato di accoglienza”.

Logicamente ci soffermiamo a considerare solo le figure degli animali.

Leoni

Le figure più imponenti sono i due leoni che sorreggono le colonne del protiro. Nella

loro maestosità appaiono quali veri guardiani della porta.

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Nella simbologia degli antichi, il Leone assume molti significati. A partire dalla

Sacra Scrittura il leone è il segno della tribù di Giuda, tribù nella quale nascerà il

Verbo di Dio nella storia.

Il leone quindi appare emblema diretto della persona di Gesù Cristo e assume molti

significati: è l’emblema del Cristo Risorto per il fatto che, secondo il modo di pensare

degli antichi, i piccoli leoni alla loro nascita, per tre giorni sembrano morti, ma poi il

soffio del loro genitore li ridesta alla vita.

In questo animale, inoltre, gli antichi vedevano il simbolo delle due Nature di Gesù

Cristo: nella testa possente, nel petto poderoso, nelle zampe anteriori leggevano la

forza della Divinità.

Nella parte posteriore e più esile del corpo scorgevano la realtà umana. Ma,

proseguendo, il leone è simbolo della scienza di Gesù Cristo, poiché secondo il

pensiero degli antichi, il leone sentirebbe da lontano l’odore dei cacciatori e fuggendo

da essi, con la sua coda cancella le sue tracce.

Ancora egli è rinvio alla vigilanza del Cristo. Infatti il leone, è un vero guardiano,

perché dorme con gli occhi aperti. Proprio per questo, forse, lo si collocava alla porta

delle chiese.

San Carlo Borromeo suggeriva di adornare le porte delle chiese con la figura del

leone, per ricordare la vigilanza necessaria a coloro che hanno il compito di custodire

il gregge del Signore.

Da ultimo ricordiamo che alcuni scrittori mistici, nel ruggito del leone, trovavano

l’immagine della potenza della Parola del Cristo, del Verbo di Dio.

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Il profeta Osea aveva annunciato: “Seguiranno il Signore ed egli ruggirà come un

leone: quando ruggirà, accorreranno i suoi figli dall’Occidente accorreranno come

uccelli dall’Egitto, come colombe dall’Assiria” (Os 11,10-11).

Il profeta Gioele fa eco dicendo: “Il Signore ruggirà da Sion, e da Gerusalemme farà

udire la sua voce” (Gl 4,16).

Aquile

Sotto le zampe dei leoni stilofori sono rappresentate quattro aquile. Anche questo

animale è eccellente figura di Cristo e richiamo alla sua gloriosa Ascensione.

Il profeta Geremia parlava dell’Aquila che stende le sue ali e si libra verso l’alto

(Ger 49,22). Questo maestoso volatile era considerato come simbolo del Signore e

della Divinità del Figlio di Dio.

Non casualmente, anche nella Roma imperiale, era l’emblema del trionfo e del

dominio dell’Urbe sul mondo.

Dopo la conversione di Costantino e dopo il suo editto che dava libertà di culto ai

cristiani, l’aquila fu il segno del trionfo della fede in Cristo sul paganesimo.

Essa appare figura del Cristo che conduce gli uomini verso Dio; accogliendo come

profezia quanto si legge nel libro del Deuteronomio: “Come un’aquila che veglia la

sua nidiata, che vola sopra i suoi nati, egli spiegò le ali e lo prese, lo sollevò sulle

sue ali” (Dt 32,11).

L’aquila ancora è simbolo del Cristo che combatte contro il maligno; anch’essa rinvia

alla resurrezione di Cristo e del credente in lui. Come segno del Signore e Salvatore

l’aquila diviene figura del fedele del discepolo. San Massimo di Torino utilizzò la

figura dell’Aquila quale simbolo del “neofita” che mediante il battesimo è rinnovato

e iniziato a vita nuova

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Arco della porta

Nel mirabile arco che sovrasta la Porta del vescovo, accanto alla maestosa figura del

Cristo seduto sul suo trono, sono raffigurati, in un dinamismo che quasi sembra

spingerli fuori dell’arco stesso, i quattro Evangelisti.

Secondo la tradizione Matteo, unico tra i quattro, ha come simbolo la figura di un

angelo; gli altri tre Evangelisti sono rappresentati da un animale.

Luca

Luca ha come suo emblema il bue, perché il suo Evangelo si inizia con la narrazione

del sacrificio di Zaccaria nel tempio.

Marco

Marco ha come simbolo il leone, perché il suo Vangelo inizia con la narrazione della

predicazione del Battista nel deserto: “Voce di uno che grida nel deserto: preparate

la via del Signore raddrizzate i suoi sentieri” (Mc 1,3)

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Giovanni

Per la ricchezza spirituale e la profondità del suo Evangelo, Giovanni ha come

simbolo l’aquila che vola ad altezze vertiginose e possiede vista acutissima e

penetrante.

LA PORTA CENTRALE

Rosone Evangelisti

Anche il “Comitato di accoglienza” che sta alla porta principale della Cattedrale, e

adorna lo splendido rosone che inonda di luce la navata della Cattedrale, è formato

dal simbolo degli Evangelisti che circondano la Figura dominante del Signore, seduto

in trono e posto alla sommità.

Queste figure che abbiamo appena commentato

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LA PORTA SUD EST

Leone stiloforo

Anche alla porta Sud-Est troviamo ricchezza di simbologia, Questa porta si apre nella

parte più antica e più bella della Cattedrale.

Anzitutto colpisce la figura maestosa del leone che sorregge la colonna.

Abbiamo già considerato il significato simbolico di questo animale, guardiano della

porta e rinvio alla figura di Cristo.

Leone sopra la porta

Vediamo un altro leone, più piccolo, che sormonta la parte eminente del protiro. Esso

appare in atteggiamento pacifico, quasi “sorridente”. Esso, ed è fatto curioso, porta

un collare ornato da una fibbia.

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Serpenti

Al di sotto del piccolo leone, nel cornicione del timpano, si vedono strisciare due

serpenti. Superando, in questo caso, il timore che incute tale animale e il riferimento

biblico al maligno tentatore dei progenitori, qui il serpente assume la simbologia della

luce, dunque un aspetto benevolo a simboleggiare Cristo, del resto il Signore stesso

ricordando il serpente innalzato nel deserto da Mosè, annuncia la sua Croce alla quale

tutti i credenti sono chiamati a volgere lo sguardo (Gv 3,14).

Nel medioevo, numerosi pastorali di vescovi e di abati, terminavano con una voluta

conclusa con una testa di serpente, questo a significare il Cristo Salvatore. A volte

nella bocca del serpente era collocata la Croce. Forse questo simbolismo rinvia

all’invito di Cristo ai suoi discepoli ad essere “prudenti come i serpenti e semplici

come le colombe” (Mt 10,16).

Drago

Alla base della porta troviamo la raffigurazione del drago. Esso è qui raffigurato

come custode della porta. Antiche leggende raccontano del drago custode severo e

terribile di grandi tesori, nascosti in caverne impenetrabili o sulle cime di monti orlate

da precipizi dove si può arrivare solo percorrendo sentieri pericolosi e insidiosi.

Il drago, quale guardiano della soglia, può essere visto come immagine di Gesù

Cristo che mediante la sua Passione e Morte permette all’umanità decaduta a causa

del peccato di varcare la soglia della vita eterna.

Da ultimo, il drago, può essere compreso come figura di Cristo che con il suo

insegnamento rinvia all’impegno della vita per poter varcare “la porta stretta” (Mt

7,,13).

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Veltro e drago

Dall’altro lato della porta è raffigurato un veltro che addenta il drago. Il veltro è un

tipo di cane adatto, per la sua forza e la sua velocità, all’inseguimento e alla presa,

simile ai levrieri oggi conosciuti.

Dante, nel primo Canto dell’Inferno, dopo aver parlato della lupa che gli impedisce il

cammino, preannuncia la venuta di un veltro che con doglia farà morire la lupa

(I,100), possiamo qui considerare il veltro che azzanna il drago, in questo caso

simbolo del male.

Infatti nella considerazione ordinaria dei cristiani il drago rappresenta lo spirito del

male. Di questo troviamo riferimento anche nei Testi sacri, basti pensare tra tutti al

libro dell’Apocalisse.

LA PORTA NORD EST

Totale porta

Alla porta nord Est che immette alla Cattedrale, non visibile dall’esterno perché

nascosta dal muro di tamponamento cinquecentesco, troviamo due sculture notevoli e

simili tra loro.

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Leone drago

A destra la scultura mostra un leone che azzanna il drago. Il Custode della porta che

compie la sua opera di vigilanza contro il male. Possiamo cogliere un riferimento al

Leone di Giuda che vince le opere del maligno.

Leoni drago

Il medesimo tema lo troviamo anche nella formella di sinistra, la variante è data dal

fatto che i leoni che azzannano il drago sono due.

Non so se può esser forzatura pensare qui ai discepoli del Signore, chiamati a loro

volta a lottare contro il drago maligno.

LA PORTA INTERNA, PARETE SUD

Ariete

Sul piccolo arco sovrastante la porta interna, a Sud, che conduce alle volte della

Cattedrale è raffigurato l’ariete.

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Al di là delle simbologie pagane che possono essere attribuite a questo animale, nella

simbolica cristiana esso può essere considerato come emblema della Persona di

Cristo Pastore, della paternità spirituale di Cristo.

Rinvio al Cristo trionfatore; emblema del Verbo divino; emblema di Cristo luce del

mondo, del Redentore, della gioia dei giusti e, infine, l’ariete è anche emblema del

cristiano.

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2. I Custodi della luce dell’Est - La finestra dell’abside

Grifi

La nostra Cattedrale, com’era uso delle chiese antiche, è orientata verso Est, in modo

tale che la luce mattutina, entrando dalla finestra viene ad illuminare l’altare.

La luce del sole nascente è continuo rinvio al Cristo “vero Sole” apparso all’orizzonte

dell’umanità, annunciato da Zaccaria nel suo Cantico: “Ci visiterà un sole che sorge

dall’alto” (Lc 1,78); ed è rinvio a Cristo che deve tornare: “Infatti, come la folgore

viene da oriente e brilla fino a occidente, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo”

(Mt 24,27).

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La finestra dell’abside è ornata all’esterno da due grifoni, tale animale fantastico fu

assunto dal cristianesimo, ricevendolo dalle antiche culture, per raffigurare la Natura

e l’eccellenza di Cristo e della sua Divinità.

Nel medioevo, al grifone, si associa il simbolismo di essere il conduttore delle anime

verso il cielo.

Inoltre in questo animale fantastico che fonde in sé due nature, quella dell’aquila e

quella del leone, si legge uno dei simboli più immediati che rinviano alla duplice

Natura, Divina e umana, di Cristo.

La testa e il busto di aquila rinviano alla Divinità del Salvatore, invece il corpo di

leone, posato a terra, rinvia alla sua Umanità. In questo animale, ancora, si scorge il

simbolo della saggezza e della forza del Cristo e appare anche come immagine

emblematica dei santi.

Così è facile per noi comprendere il significato di questi animali simbolici, collocati

ai lati della finestra che permette alla luce dell’Est di “visitare” la chiesa.

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3. Il Servizio d’onore - L’Altare maggiore

Aquila sul ciborio

Sopra il baldacchino che impreziosisce l’Altare di san Vigilio, spicca l’aquila con le

ali spiegate.

Essa è da sempre considerata la regina di tutti i volatili e tra di essi gode quel primato

che il leone ha sulla terra.

Un tempo si riteneva che l’aquila sollevasse le anime dei defunti per riportarle a Dio.

Inoltre il suo volo rapido verso la terra richiamava la discesa della luce dall’alto.

Lo sguardo penetrante di questo uccello, inoltre era richiamo a voler penetrare i

Misteri di Dio. Non a caso, come abbiamo visto, l’aquila è il simbolo dell’evangelista

Giovanni.

A volte si poteva trovarla raffigurata sul Fonte battesimale, richiamo e rinvio alla

resurrezione. Con grande frequenza essa era, ed è, rappresentata sull’Ambone

liturgico ad indicare la forza penetrante della Parola di Dio.

L’aquila, nella cattedrale di Trento ritorna più e più volte, già l’abbiamo visto e

ancora avremo modo di vedere.

Sopra il baldacchino, splendida fattura in rame dorato, è posta come simbolo della

Città.

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Aquile delle colonne

Anche le quattro colonne che sorreggono il baldacchino hanno alla loro base la

raffigurazione dell’aquila. Ognuna di esse reca una scritta relativa alla realizzazione

del baldacchino stesso.

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4. I “Maestri carpentieri” - I pilastri

Alla base dei pilastri che sostengono le volte della Cattedrale sono raffigurati, tra

l’altro, anche alcuni animali.

La loro mite presenza ci porta a considerarli quasi come sostenitori dell’edificio e

dunque muto invito a ciascuno noi ad essere costruttori della Chiesa, quella edificata

con pietre viventi.

Toro

A partire delle Sacre Scritture, le visioni di Ezechiele e di San Giovanni, il toro è

stato considerato simbolo della Vittima redentrice che con il suo sangue ha ottenuto

la purificazione di tutta l’umanità.

Un altro simbolismo era collegato alla figura del toro, rinviando alla Persona di

Cristo, Luce e Vita, dunque fecondità.

Ecco, qui, alla base di un pilastro una piccola testa di toro.

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Asino

Anche un mite asinello è raffigurato sulla base di un pilastro. Nella Sacra Scrittura,

nell’A. T., l’asino è descritto come cavalcatura dei principi. Il profeta Zaccaria,

parlando del Messia che viene per assumere il dominio che gli compete, annunciava:

“Esulta grandemente figlia di Sion, giubila, figlia di Gerusalemme! Ecco, a te viene il

tuo re. Egli è giusto e vittorioso, umile, cavalca un asino, un puledro figlio di asino”

(Zac 9,9).

Nella Vita terrena di Cristo, la figura simpatica dell’asinello appare diverse volte.

Secondo la tradizione lo si colloca nel presepe, accanto al bue.

Sappiamo che, in adempimento della profezia, l’ingresso di Gesù in Gerusalemme,

prima della sua passione mentre Egli è acclamato: “Figlio di Davide”, avviene mentre

Egli cavalca un mite asino (Mt 21,1-11 =).

Per accenno, infine, si può ricordare ricordare che gli oppositori del cristianesimo, nei

primi tempi, in maniera irridente e blasfema, presentavano il Cristo con una testa

d’asino.

A tutti è nota la rappresentazione irridente del graffito ancora visibile sul Palatino a

Roma, noto come il Crocefisso di Alessameno, che rappresenta un uomo crocifisso

con la testa d’asino con davanti la figura di un uomo che presta il gesto

dell’adorazione. Sotto la figura, l’iscrizione: “Alessameno, adora il suo Dio”.

La semplicità del popolo cristiano non ha esitato nel chiedere all’asinello di diventare

simpatico simbolo del Cristo, Signore e Salvatore, onorando in tale maniera l’asinello

di Betlemme, quello che accompagnò la fuga in Egitto e infine l’asina, con il suo

asinello, dell’ingresso trionfale in Gerusalemme il giorno delle palme (Mt 21,1-11 =).

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Bue

Alla base di un pilastro troviamo anche l’immagine del bue. Questo animale non è

altro che un toro, adattato dagli uomini di campagna, per il lavoro nei campi.

Tra gli animali utilizzati per il sacrificio esso fu la vittima pura, proprio per la sua

caratteristica.

Anch’esso diviene “immagine” del Cristo. Inoltre, essendo il bue animale da lavoro

per eccellenza, gli antichi ne hanno fatto l’immagine dell’opera di Colui che di se

stesso ha detto: “Il seminatore uscì a seminare” (Mc 4,3 =).

Secondo un’antica figura, il bue che trascina l’aratro, diventa simbolo di Cristo che

con l’aratro della sua Croce opera la salvezza del genere umano.

Da ultimo si può ricordare come a volte, il bue, fu considerato come “figura” dei

santi, di tutti coloro che lavorano nel campo di Dio, pontefici, maestri, predicatori.

Questo a motivo della sua continenza e della potenza della sua voce.

In questo senso è noto come s. Alberto Magno, parlando del suo grande discepolo

Tommaso d’Aquino, conosciuto per la vita laboriosa e silenziosa, dicesse di lui:

“Lasciate fare questo bue, il suo muggito risuonerà su tutta la terra”.

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Serpente

Troviamo infine, alla base di un pilastro nel presbiterio, anche la raffigurazione del

serpente. Come già si è accennato la sua funzione simbolica è quella di “indicatore”,

custode e protettore del sacro. Richiamo all’uomo che non può accostarsi al sacro

impunemente.

Colomba

Sulla colonnina che adorna e sostiene la piccola abside a Sud, sta scolpita nel

capitello, la figura di una colomba che volge il capo.

La simbologia della colomba è ricchissima. A partire dalla Bibbia, ricordiamo la

colomba che esce dall’arca di Noè (Gen 8,8-12); la Colomba che discende sopra

Gesù nel suo Battesimo al Giordano (Mt 4,16).

Frequentemente la colomba stava raffigurata sulla tomba dei Martiri e dei Santi; sui

vasi per il culto; sulle lampade e nell’arte liturgica. Essa rinvia soprattutto allo Spirito

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Santo, ma è anche riferimento all’anima fedele. Nei secoli, poi, diventerà anche

simbolo della Vergine Maria.

La colomba, inoltre, richiama la Pace divina e le virtù cristiane: della purezza, della

dolcezza, della semplicità, della rassegnazione.

Avendo offerto solamente queste semplici note, possiamo immaginare come il

discorso potrebbe svilupparsi con straordinaria ricchezza.

5. I Custodi del Tesoro - La cappella Alberti

Serpente tentatore

Entriamo ora nel cuore della Cattedrale, la cappella Alberti, o cappella del Crocifisso,

o cappella del Santissimo Sacramento.

Qui si trova una straordinaria ricchezza di raffigurazioni di animali. Per comodità

partiamo dalla figura che balza agli occhi per prima, anche se in questo caso ha una

valenza assolutamente negativa. E’ il serpente antico, il tentatore che vediamo in alto

attorcigliato all’albero del giardino mentre insidia i progenitori.

Il serpente è qui raffigurato con le sue tremende spire avvolte al tronco. Con volto

umano si protende verso Eva, la madre dei viventi.

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Il serpente che da quell’albero aveva tratto la morte per l’uomo è comunque vinto per

sempre, dall’Albero nuovo che sotto si innalza, l’Albero della Croce che offre il

Frutto benefico della vita: Cristo che si è offerto per l’umanità.

Aquile cornicione

Nella Cappella si trova, più volte, raffigurata l’aquila, la vediamo anzitutto ripetuta,

in maniera molto elegante, sui cornicioni sotto la volta.

Aquile capitelli

Ritroviamo poi altre due aquile, splendidamente scolpite nei capitelli delle colonne

centrali. Qui la regina dell’aria è raffigurata con un ramo frondoso nel becco.

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Pellicano

Uno splendido custode del Tesoro, che è per noi questo luogo, è la figura del

pellicano.

Un’antica leggenda narra come i piccoli del pellicano nascano, a volte, così deboli e

stremati da sembrare morti. Oppure che il pellicano ritornando al suo nido trovi i suoi

piccoli uccisi dal serpente o da altri animali. Allora egli col becco si lacera il petto e

fa scendere il suo sangue caldo su i suoi piccoli che così ritornano alla vita.

Una variante del racconto, che merita la nostra attenzione, narra che a volte i piccoli

beccano sul capo il loro genitore facendolo sanguinare ed egli mosso dall’ira uccide i

suoi piccoli, ma preso da compassione, dopo tre giorni, lacerandosi il petto fa

scendere sui suoi nati il proprio sangue. Da questo dono i piccoli tornano alla vita.

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È facile scorgere, dietro tali racconti, la figura del Cristo trafitto sulla Croce, che

donando il suo sangue per l’umanità, ha riscattato i figli di Adamo dalla morte

introducendoli nella vita che non conosce fine.

Fenice

Nella cappella troviamo poi un altro ammaestramento di grande interesse. La figura

della fenice, uccello fantastico, che secondo le leggende e le tradizioni degli antichi

prodigiosamente tornava in vita dalle sue ceneri.

I padri dei primi secoli, seguendo l’insegnamento dei naturalisti del loro tempo,

hanno fatto propria questa leggenda, ricavando dalla storia di questo uccello

prodigioso, l’argomento a favore della resurrezione di Cristo.

Verso il 79 d.C., S. Clemente Romano, terzo successore dell’apostolo Pietro, scriveva

alla chiesa di Corinto: “Guardate il paradossale prodigio che avviene nelle regioni

dell’oriente, in Arabia; di un uccello chiamato fenice, unico nella sua specie e che

vive cinquecento anni”, e continuando il racconto alla maniera degli antichi scrittori

latini, il papa Clemente conclude: “dubiteremo noi di questa cosa grande

stupefacente, e cioè che l’artefice dell’universo operi la resurrezione di tutti coloro

che lo hanno servito santamente e con la fiducia di una fede coraggiosa, quando ci

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mostra persino con un uccello, la magnificenza della sua promessa?”. (Lettera ai

Corinti, 24,6).

Le due figure, del pellicano della fenice, ci aiutano a penetrare il Mistero ineffabile

del Cristo crocefisso e del Dono della divina Eucaristia.

Gallo di Pietro

A lato della Croce del Signore, tra i vari simboli della Passione, si nota la figura del

gallo.

E’ evidente che in questo caso, la simbologia del piccolo animale domestico, rinvia

alla notte della Passione allorché il canto del gallo ricordò a Simon Pietro, che

rinnegava il suo Maestro e Signore, quanto Gesù gli aveva detto: “Prima che due

volte il gallo canti, tre volte mi rinnegherai” (Mc 14,30) =).

Questa mite bestiola ricorda anche a noi il pericolo continuo dei nostri tradimenti nei

confronti di Cristo Signore.

Uccellini del paradiso

Negli splendidi intarsi marmorei che adornano l’altare del sacramento troviamo

rappresentati mirabilmente nello splendore del colore dei festosi uccellini che con le

ali spiegate sembrano celebrare la lode del loro creatore.

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Gallo che becca la frutta

Nella festa di colori degli intarsi, tra i vari volatili spicca un gallo che in questo

ambiente paradisiaco becca una ciliegia.

In questo caso il gallo non rinvia al rinnegamento notturno del discepolo, ma si

presenta come lo splendido annunziatore del giorno, che con il suo canto squillante

annuncia il finire della notte facendo rifiorire così la sicurezza nel cuore dei paurosi.

In un suo inno il vescovo Ambrogio di Milano canta che: “al canto del gallo, il ladro

nasconde il pugnale, al povero ritorna la fede”.

Ape

Ancora negli intarsi marmorei troviamo la simpatica figura dell’ape in volo. Questo

piccolo insetto, così importante per la vita dell’uomo, con il suo lavoro instancabile fa

dono della cera che illumina e offre la dolcezza del miele.

In quest’ottica, l’ape appare quale segno di Cristo che dona la luce, Lui che è: “la

luce del mondo” (Gv 8,12). Lui che si dona e offre nel segno del Pane “che porta in

sé ogni dolcezza”. Luce e dolcezza che ci rinviano anche alla sua Parola.

L’ape inoltre rinvia alle virtù cristiane: il vivere insieme, l’operosità, la solidarietà nel

difendere l’arnia e il miele. Le api sono così, per i discepoli del Signore, simbolo vero

e richiamo all’operosità, al coraggio e al dono di sé.

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Farfalla

Sempre nei mirabili intarsi marmorei sono raffigurate anche le farfalle. Seguendo gli

antichi racconti mitologici, i primi cristiani hanno utilizzato la farfalla come simbolo

dell’anima umana riscattata da Cristo.

Ora, se la farfalla è immagine della futura trasformazione del corpo dei giusti, come

non considerarla anche quale splendido segno che rinvia al Corpo del Giusto per

eccellenza, che nel luminoso mattino di Pasqua è uscito dal sepolcro Risorto Vivente

per sempre?

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6. Gli Araldi della Cattedrale - Il Campanile

Agnello (Cristo)

Ora per un breve momento usciamo dalla Cattedrale e ci soffermiamo alla finestra del

campanile rivolta verso Nord.

Lì è mirabilmente raffigurato il Volto di Cristo che guarda verso Nord, accanto al

Volto benevolo del Signore è raffigurato l’agnello.

Questo animale, per la sua mitezza, è il modello della semplicità e della benevolenza

dell’uomo buono ed è l’immagine di Cristo che liberamente ha offerto se stesso

Agnello innocente per la salvezza di tutti

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Coniglio addentato dal Grifo

Su questa finestra si trova inoltre l’immagine di un coniglio che azzannato dal grifo,

richiamo al coraggio e alla vigilanza.

Gallina addentata dalla volpe

Accanto è raffigurata la volpe che azzanna una gallina. Questo fatto normale in

natura, sulla parete del campanile è richiamo alla vigilanza e al coraggio per non

cedere ai morsi del male.

Queste immagini stanno appunto raffigurate sul campanile, il luogo da cui la voce

squillante e sonora delle campane raggiunge gli uomini per chiamarli al culto divino e

per ridestarli all’impegno della vita nuova.

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7. I Catechisti dei semplici - Gli affreschi

Tornando in Cattedrale ci accostiamo agli affreschi, essi erano, così possiamo dire, la

scuola biblica per i semplici e i poveri.

Ci soffermiamo solamente davanti all’affresco della Nascita del Signore.

Bue e asino

Secondo la tradizione cristiana antica vediamo raffigurati l’asino e il bue presso la

culla del Dio fatto Bambino. La loro presenza abituale nel presepe, probabilmente ha

il suo fondamento in un testo del profeta Isaia che dice: “Il bue conosce il suo

proprietario e l’asino la greppia del suo padrone ma Israele non conosce, il mio

popolo non comprende” (Is 1, 2-3).

La presenza di questi simpatici animali, presso la culla del “Verbo fatto carne” (cfr.

Gv 1,14), richiama ciascuno di noi a saper riconoscere il Signore e a voler rimanere

fiduciosi e fedeli accanto a Lui.

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Cane

Qui, nella scena del presepe troviamo raffigurato anche un cagnolino che dorme

acciambellato ai piedi della santa Madre di Dio e davanti a Giuseppe.

Per sé, nei Libri biblici si trovano testi terribili e duri contro questo animale. L’arte

cristiana, però, ha riscattato il fedele amico dell’uomo, questo devoto compagno del

genere umano, così, il cane è diventato simbolo della fedeltà, di ogni fedeltà, per cui a

volte lo si trova accovacciato sui monumenti funerari ai piedi di regine o di donne

virtuose; oppure sotto i piedi dei signori e dei loro scudieri.

Qui vediamo il cagnolino accovacciato ai piedi della Madre del Signore. Con la sua

presenza fedele è richiamo che ci fa ricordare la fedeltà infinita di Dio verso di noi e

invito alla fedeltà che possiamo imparare da questa creatura, verso il Creatore.

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8. I Sapienti pedagoghi - Le tombe

L’ouroboros (serpente)

Siamo arrivati ormai agli ultimi insegnamenti da cogliere dai nostri amici animali e li

riceviamo scorrendo lo sguardo sui monumenti funebri. Su questi luoghi del riposo in

attesa del giorno ultimo, troviamo raffigurati diversi animali.

Per primo ci soffermiamo a guardare l’immagine dell’ouroboros, il serpente piegato a

formare un cerchio completo, che tiene nella bocca l’estremità della sua coda.

Il nome è legato alla lingua greca da cui deriva, in greco: “oura” significa “coda” e

“boros” significa “divorante”. Questo animale-simbolo è richiamo a prestare

attenzione al dono del tempo. Al tempo che fugge irreparabilmente. Con

“l’ouroboros” è raffigurata una tromba, rinvio alla tromba del giudizio finale (1 Cor

15,52), e al di sotto un teschio che dice la fine della vita nel tempo.

Qui ci è offerto l’insegnamento a voler usare bene del tempo che ci è donato.

Leone

Sui sepolcri ritroviamo tante volte la figura del leone, il custode, qui lo troviamo

quale custode del luogo dell’ultimo riposo degli uomini

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Leone – stendardo – elsa spada

Troviamo il leone raffigurato sullo stendardo del condottiero, lo ritroviamo anche

inciso sull’elsa della spada dell’uomo d’arme

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Leone porta tomba

Lo troviamo quindi accovacciato a sostenere il sepolcro. Sta con gli occhi aperti,

ricordiamo così quanto abbiamo detto all’inizio, il leone che non dorme mai. Così

accogliamo l’invito alla vigilanza, perché dopo la nostra uscita dalla scena del mondo

presente saremo chiamati ad essere partecipi della Vita nuova.

Leone araldico

Il leone ricorre con grande frequenza sugli stemmi di famiglia, sulle insegne nobiliari

e dunque riportato sul luogo della sepoltura.

Aquila bicipite

Troviamo qui raffigurata nello stemma l’aquila bicipite cioè con due teste.

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Leone rampante

Il leone rampante coronato, ma sulla tomba la sua potenza e la sua gloria richiamano

la caducità di tutto.

Stemma: Agnello-Cristo, 2 Aquile, Aquila con pastorale

Ecco lo stemma, collocato sulla sepoltura di Bernardo Clesio, in cima alla navata

Nord, prima dell’angolo con il transetto, questo stemma fonde insieme diverse figure,

anzitutto il simbolo dell’agnello-Cristo che regge il vessillo della vittoria, quindi due

aquile e infine una terza aquila che reca nel becco il pastorale vescovile.

Questo stemma, collocato sulla tomba, reca a sua volta un insegnamento per la vita.

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Uccellini che beccano la frutta

Infine, sulle ultime tombe che prendiamo in considerazione, troviamo dei segni pieni

di fiducia e di speranza.

Speranza che supera il silenzio della morte, vediamo infatti degli uccellini festanti

che beccano la frutta, quasi ad indicare la realtà del paradiso.

Essi sono per noi maestri che esortano ad usare bene del tempo della vita terrena, per

poter godere della gioia senza fine “nei cieli nuovi e nella terra nuova” (2 Pt 3,13).

Fenice

Troviamo quindi la fenice, l’uccello fantastico che rinasce dalle sue ceneri; segno

della resurrezione alla quale anche noi siamo chiamati per la potenza della

Risurrezione di Cristo.

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Leone araldico con angioletto

L’ultima immagine la riserviamo ancora a un leone araldico, si alza sulle due zampe

posteriori, ruggente, ci rinvia a quel “Leone di Giuda” (Ap 5,5) che ha fatto risuonare

la sua Voce come Parola di salvezza per tutti.

Accanto a lui vediamo un gentile, grazioso angioletto, che ci fa pensare alla gioia del

paradiso che tutti attende, la dove ogni gloria umana scomparirà e i segni araldici non

serviranno più, perché sarà unica la festa dei figli di Dio.

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CONCLUSIONE

Nel Testo evangelico il Signore ci ha detto: “Guardate gli uccelli del cielo: essi non

seminano, non raccolgono e non mettono il raccolto nei granai. Eppure il Padre

vostro che è in cielo li nutre! Ebbene, voi non volete forse più di tutti loro?” (Mt 6,

26).

Obbedienti all’invito, abbiamo guardato ai tanti animali che ornano le pareti di questa

Chiesa veneranda.

Impariamo da loro ad abbandonarci con fiducia alla Volontà e alle mani del nostro

Signore e Creatore che nella sua inesauribile Provvidenza: “Apre la mano e sazia la

fame di ogni vivente” (cfr. Sal 144,16).

A lui sia gloria per sempre. Amen.

dLM