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Trimestrale dell’Associazione Nazionale Alpini - Sezione di Ivrea 10015 Ivrea - Via A. De Gasperi 1 - C.P. 218 - tel. e Fax 0125.618158 - E-mail: [email protected] - Sito internet: www.ivrea.ana.it Anno LXVII - N° 2 giugno 2014 - Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abb. post. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/2/2004 n.46 ) art.1, comma 1, NO/Torino Stampa: Tipolitografia Bolognino, Ivrea - Direttore Responsabile: Carlo Maria Salvetti - In abbonamento ai Soci

Trimestrale dell’Associazione Nazionale Alpini - Sezione ... · Dalle Trincee della Grande Guerra nasce l’Europa unita pag. 3 RINGRAZIAMENtO ... ui monumenti, sulle targhe, sulle

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T r i m e s t r a l e d e l l ’A s s o c i a z i o n e N a z i o n a l e A l p i n i - S e z i o n e d i I v r e a

10015 Ivrea - Via A. De Gasperi 1 - C.P. 218 - tel. e Fax 0125.618158 - E-mail: [email protected] - Sito internet: www.ivrea.ana.itAnno LXVII - N° 2 giugno 2014 - Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abb. post. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/2/2004 n.46 ) art.1, comma 1, NO/Torino

Stampa: Tipolitografia Bolognino, Ivrea - Direttore Responsabile: Carlo Maria Salvetti - In abbonamento ai Soci

Lo Scarpone Canavesano

Proprietario-Editore: Associazione Nazionale Alpini, Sezione di Ivrea

10015 Ivrea Via A. De Gasperi 1 C.P. 218 - Tel. e Fax

0125.618158 E-mail: [email protected]

Sito: www.ivrea.ana.it

Presidente: Marco Barmasse

Direttore Responsabile: Carlo Maria Salvetti

Comitato di Redazione: cav. Franco Amadigi

Remo Iosio - Luigi Sala

Alla redazione di questo numero

hanno collaborato:Margherita BarsimiAnna Maria Brualdi

CiribolaGerardo ColucciOreste Morandi

Enzo Zucco

StampaTip. Bolognino, Ivrea

Aut. Trib. Ivrea n. 5 del16/3/1949

Iscrizione al R.O.C. n. 21662

LO SCARPONE CANAVESANOTrimestrale della

Associazione Nazionale Alpini Sezione di Ivrea

NUMERO 2 - 2014

In copertina: un'istantanea del corteo per la bandiera di guerra all'adunata di

Pordenone.

SOMMARIOEdItORIALEDalle Trincee della Grande Guerra nasce l’Europa unita pag. 3

RINGRAZIAMENtOGli auguri del Vescovo di Ivrea 4

LEttERE AL dIREttORE 5

NOtIZIE dALLA SEZIONEAdunata: se vuoi tu chiamale emozioni 62° Convegno Nazionale Giovani dell’ANA 7La “Benemerita” celebra i duecento anni della sua storia 8Le Grandi Bellezze 9

MEMORIA dELLA GRANdE GUERRALa Prima Guerra Mondiale 10-11L’Europa si avvia inconsapevole verso il dramma 12Tas dal re cit, uno della Brigata “Ivrea” 13Quando la catastrofe sembrava lontana 14

NOtIZIE dAI GRUPPI- Caluso 15-16- Castellamonte 16- Mazzè 17- Noasca 17- Palazzo-Piverone 17- S. Bernardo 18 Gioie e lutti 19

IMMAGINI dELL’AdUNAtA dI PORdENONE 20

OFFERtEOfferta per Protezione CivileStefania Foresto € 50

Offerte per Scarpone CanavesanoMarco Sala € 10 Aldo Follioley € 20

NUOVI CAPIGRUPPOBruno Mila - Mazzè

dELEGAtI dI ZONA 20141ª ZONA: Frassinetto, Locana, Noasca, Pont Canavese, Ribordone, Ronco, SparonePAOLO QUERIO

2ª ZONA: Castellamonte, Castelnuovo Nigra, Cuorgnè, Salassa, ValpergaFRANCESCO SALVALAGGIO

3ª ZONA: Alice Superiore, Issiglio, Lugnacco, Traversella, Vico Canavese, Vidracco, VistrorioORAZIO MORGANDO VIGNA

4ª ZONA: Andrate, Borgofranco, Montalto Dora, Nomaglio, Quassolo, Quincinetto, Settimo Vittone/Carema, Tavagnasco BRUNO BUSCA

5ª ZONA: Agliè, Bairo, Ozegna, San Benigno, San Giusto, San GiorgioDOMENICO FORESTO

6ª ZONA: Burolo, Cascinette, Chiaverano, Albiano/Azeglio, Bollengo, Caravino, Palazzo/Piverone, VestignèGIUSEPPE FRANZOSO

7ª ZONA: Fiorano, Ivrea Centro, Lessolo, Loranzè, Parella, Pavone, Samone, San Bernardo GERARDO COLUCCI

8ª ZONA: Barone, Candia, Crotte, Orio, Strambino, San LorenzoLUIGI PEJLA

9ª ZONA: Caluso, Mazzè, Rodallo, Tonengo, VischeNICOLA PONZETTO

10ª ZONA: Perosa, Romano Canavese, San Martino, Vialfrè, Torre CanaveseERALDO VIRONE

MANIFEStAZIONI 2014Giugno 5÷8 Alpiniadi estive a Borgo San Dalmazzo – Cuneo 15 Incontro con Chasseurs Alpins a exilles – VAl SuSA 15 80° di fondazione Gruppo Caluso – IVreA 22 50° di fondazione Gruppo Cascinette – IVreA 29 Festa annuale Gruppo Torre Canavese – IVreA 29 Pellegrinaggio al rifugio Contrin – TrenTo

luglio 6 65° raduno al Sacrario della Cuneense al Col di nava – ImPerIA 13 Pellegrinaggio ortigara – ASIAGo 19-20 Premio Fedeltà montagna a Bagolino – SAlò 20 Festa annuale Gruppo San martino – IVreA 27 51 ° pellegrinaggio in Adamello – TrenTo

Agosto 3 Festa Annuale Gruppo Frassinetto – IVreA 10 Festa annuale Gruppo ronco Canavese – IVreA 16 Festa annuale Gruppo Bairo – IVreA 24 15° raduno Sezioni Ivrea, Aosta, Biella sulla Colma di mombarone – AoSTA 31 Festa annuale Gruppo Castelnuovo nigra – IVreA

Settembre 7 Pellegrinaggio Penne mozze a Belmonte – IVreA

7 Pellegrinaggio al monte Bemadia – uDIne 7 Pellegrinaggio al monte Pasubio – VICenzA 13-14 raduno del 3° rGPT a Verona – VeronA 14 Festa annuale Gruppo Tavagnasco – IVreA 21 Inaugurazione Gruppo Alice Superiore – IVreA 20-21 raduno del 4° rGPT a linguaglossa – SICIlIA 20-21 raduno delle Fanfare congedati Brigate Alpine a Bergamo – BerGAmo 27-28 raduno del 1° rGPT a omegna – omeGnA

ottobre 5 Pellegrinaggio al Sacrario militare Caduti d’oltremare di Bari – BArI 12 62° Convegno della Fraternità Alpina a Parella e 25° di Fondazione del Gruppo – IVreA 12 Festa della madonna del Don a mestre VenezIA 18-19 raduno 2° rGPT a monza – monzA 25 riunione Capi Gruppo a nomaglio – IVreA

novembre 16 riunione Presidenti Sezioni AnA Italia a milano

2 - LO SCARPONE CANAVESANO

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Editoriale

1914-1918 - dalle trincee della Grande Guerra nasce l’Europa unitaIl ricordo di milioni di morti è stato il viatico per superare gli egoismi dei singoli statidi Carlo Maria Salvetti

Sui monumenti, sulle targhe, sulle lapi-di poste in ogni piazza o in ogni Par-co della Rimembranza sono raccolti i

nomi dei nostri antenati caduti nell’imma-ne massacro dei quattro anni di guerra che cambiarono l’Europa. Quest’anno e negli anni a seguire osserveremo, piu di una vol-ta, momenti di meditazione o di preghiera in silenzioso rispetto e profondo senso di pietà e di gratitudine per coloro che sacri-ficarono le loro vite per la Patria, ricordan-do, in quegli istanti, che in ogni famiglia le sofferenze , le epidemie, le trincee, le de-portazioni e le dittature seguite alla Grande Guerra lasciarono profonde cicatrici fisiche e morali.

Cento anni fa l’Europa non si accorse di essere fragile, frammentata, dilaniata dalle ideologie e da infinite contese politiche. Il doloroso teatro della Prima Guerra Mon-diale, con milioni di caduti, ne cambiò la

storia - segnando in modo indelebile anche il destino del nostro Paese - dando vita ad una disordinata rimescolanza di popoli e di nazioni ed originando problematiche con-seguenze trascinatesi sino ad oggi.

Tuttavia, in seguito, essa è stata capace di generare un grande movimento popolare di riconciliazione, gettando le basi per la costruzione di una “patria europea”.

Prima furono generate guerre fratricide, oggi si opera per costruire un nuovo sta-to, con l’impegno comune di salvaguardare l’insieme di libertà, di diritti e di istituzio-ni nel quale quotidianamente viviamo, di migliorare gli equilibri attuali, uscendo so-prattutto da politiche che hanno penalizza-to le speranze dei giovani.

Occorre quindi un’Europa che sia com-petitiva sui grandi temi della società glo-bale e più attenta nel salvaguardare i diritti umani. Le immagini comparse sui giornali

del video girato dai sub all’isola dei Conigli, in Sicilia, raccontano piu’ di mille parole la grande tragedia della recente storia dell’im-migrazione.

L’Europa è stata la culla dell’Occidente; i diritti dell’uomo e del cittadino sono nati qui; mai come oggi è necessario che il mon-do li conosca e li applichi.

LO SCARPONE CANAVESANO - 3

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Ringraziamento

Gli Auguri del Vescovo di Ivrea

Nello scorso aprile la nostra Sezione ebbe la gradita sorpresa di ricevere gli au-guri pasquali da S.E. Mons. Edoardo Cerra-to, Vescovo della Diocesi di Ivrea.

Il graditissimo messaggio augurale venne poi diramato con la posta elettronica a tutti i Gruppi.

Sapendo che Mons. Cerrato è un nostro assiduo lettore, avremmo voluto porgergli, a nome di tutti gli Alpini canavesani, il no-stro sentito e schietto ringraziamento per la Sua significativa attenzione.

Purtroppo, il nr.1 dello “Scarpone Cana-vesano” era già stato stampato ed in corso

di distribuzione.Vi provvediamo ora con questa pagina

del nr.2-2014, ringraziandoLo commossi per il Suo apprezzato gesto e per la sensi-bilità della Sua azione pastorale verso gli Alpini.

(f.a.)

4 - LO SCARPONE CANAVESANO

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Lettere al Direttore

L’Avvocato Antonio Raucci, mio stimato predecessore, mi ha inviato copia di una pagina de “La Sentinella” ove è stata pubblicata, lo scorso 11 aprile, una sua lettera al Direttore dal titolo “A proposito del referendum sul Veneto libero e secessione”, pregandomi di pubblicarla sullo “Scarpone” e, qualora lo ritenessi opportuno, accompagnata da un commento.

Premesso che tale scritto è interessante perchè pone in evidenza una problematica attuale, tuttavia ritengo non opportuno esprimere giudizi sulle opinioni espresse dal giornalista Feltri, perchè ciò contrasterebbe con le indicazioni dell’ANA in ordine alla stampa alpina.

Però non posso negare il fatto che siamo impantanati in un clima di sfiducia e crisi generale di cui non si vede ancora la fine: la disoccu-pazione persiste e la deflazione è una minaccia che incombe.

La mia personale opinione è che disuniti non si va da nessuna parte; da soli, a livello di nazione, o ancor peggio a livello regionale non potremo avere mai, nel prossimo futuro, alcun peso nell’economia globale.

Quindi, le citate “schegge” secessionistiche credo non meritino tanta attenzione. Se i nostri rappresentanti, a qualsiasi livello, svolgessero con piu’ capacità, trasparenza e serietà il compito per il quale sono stati eletti, i cittadini acquisirebbero maggior fiducia e le “schegge” si affloscerebbero immediatamente.

Carlo Maria Salvetti

A proposito del referendum sul Veneto libero e secessione

Gentile direttorele sarò grato se vorrà ospitare

nella pagina riservata alle lettere il seguente pezzo relativo al referendum sul “Veneto libero” del 21 marzo, che si è ri-solto in un plebiscito (90% di sì) favorevole alla secessione.

Tesi sostenuta a spada tratta sulle colon-ne di un quotidiano milanese da un presti-gioso, sorprendente giornalista come Vitto-rio Feltri. Chissà perché ho sempre pensato che Feltri fosse impegnato nella strenua difesa della Fortezza Bastiani, ultimo ridot-to che si frapponeva al dilagare dei Tartari. Grande quindi la sorpresa nell’apprendere che, salito sulla carretta dei Tartari, ideal-mente li guida all’insegulmento degli italia-ni, che si ritirano verso le valli lombarde e la grassa pianura emiliana.

Un Feltri che fonda la sua teoria su argo-menti giuridici e storici: “L’autodetermina-zione dei popoli non è un principio astrat-to, ma un dogma indiscutibile”. Dogma per dogma, possiamo dire che storicamente l’Italia migliore è sempre stata per il dog-ma dell’unità nazionale, e che non accetterà mai la secessione? Ancora Feltri: “I Veneti desiderano ardentemente andare per pro-prio conto, rigettando il patto nazionale (per altro mai sottoscritto)”. Qui Feltri si impanca ad avvocato, ma dimentica che il patto è stato di fatto sottoscritto, giorno dopo giorno, per oltre centocinquant’anni di vita unitaria, nel bene e nel male, da tutti gli Italiani, Veneti compresi. E poi il plebi-scito per rompere l’unità del Paese dovreb-be essere sottoscritto da tutti gli Italiani e non solo dai Veneti. Ancora Feltri: i Veneti sperano di tornare all’antica Repubblica Se-renissima. E qui è la fantasia che gli pren-de la mano, come se fosse possibile con un colpo di bacchetta, ricreare oggi, irripetibili condizioni storiche e geopolitiche del tem-po che fu.

A questo punto ci permettiamo di chie-dere a Feltri: e della vision de l’Alighieri, e dell’Italia del Petrarca (ll bel Paese che Appennin parte, il mar circonda e l’Alpe) e

della invocazione del Machiavelli, lo scien-ziato della politica, che amava la sua Patria più dell’anima sua, e su su per i secoli, del Foscolo, del Manzoni, del Carducci, ma an-che di gente del popolo come A. Scesa e del suo “Tirem innanz” e di E. Toti e della sua stampella, e delle ombre implacate degli Italiani morti combattendo perché vivesse e grandeggiasse la Patria nelle guerre del Risorgimento, nella Prima e nella Seconda Guerra Mondiale, di tutto questo impasto di storia e di sangue, di miserie e di nobiltà

che ne facciamo, lo buttiamo là dove Bos-si voleva buttare il Tricolore? Feltri infine confessa il suo ideale” Vedremo chi cam-perà di più e più comodamente”. Capito di che alti ideali si va dibattendo? Hanno alza-to una nuova bandiera, su cui hanno scritto “campare di più” e “campare più comoda-mente”. Ognuno si sceglie i suoi ideali, più o meno a livello di Francia o Spagna...

Noi Italiani restiamo fedeli al vecchio, lacero, sacrosanto Tricolore»

Antonio Raucci

LO SCARPONE CANAVESANO - 5

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Notizie dalla Sezione

Adunata: se vuoi, tu chiamale emozionidi Gerardo Colucci

Anche quest’anno è arrivata la tanto attesa adunata nazionale. Un’attesa lunga un anno, dallo scioglimento

di Piacenza, anzi dall’ammainabandiera del nostro Raduno di Ivrea del settembre scorso.

Da quando il Consiglio della Sezione mi ha assegnato l’incarico di Referente Gio-vani, ho la fortuna di viverla in maniera speciale, prima con i giovani al seguito dei reduci, successivamente con la nostra Se-zione.

“Noi con Voi” e “Noi dopo di Voi” sono gli striscioni con cui i giovani dell’A.N.A. accompagnano in adunata i reduci, i “no-stri Eroi”. Per me è stato molto emozionan-te quest’anno perchè ho vissuto l’apertura dell’adunata. Di buon’ora domenica mattina ci siamo trovati con i reduci. Il piazzale era pieno di giovani dei quattro raggruppa-menti che aspettavano di caricare sui mezzi i reduci.

I nostri “Eroi” sono la testimonianza vi-vente dei nostri valori associativi. Nel loro ormai debole fisico, batte un cuore forte per la nostra Bandiera, sotto la quale hanno trovato unità e per la quale hanno combat-tuto. I loro occhi sono colmi di lacrime al ricordo dei tanti amici che non son tornati più a “Baita” e che dal paradiso di Cantore vegliano su tutti noi . I loro sguardi si ralle-grano nel vedere noi giovani testimoniare

vicino a loro questo grande legame “di pa-dre in figlio”. Ho avuto la sensazione di un abbraccio paterno, che tanto mi manca e per sempre mi mancherà.

È stato un onore per me poter sfilare davanti a loro. Emozioni fortissime, indi-menticabili, da tramandare. Sono molto contento infatti che con me, a vivere questa parte toccante ed unica dell’adunata, ci fos-sero altri tre giovani della sezione di Ivrea che hanno raccolto il mio invito: Luca di Parella ed i due Gianni di Alice. Il loro gra-zie alla fine della sfilata mi ha reso molto felice. Avremmo potuto essere di più, ma Roby e Cristian di Caluso, già inseriti nel Coordinamento, per problemi logistici non hanno potuto sfilare.

Spero che questa nostra contagiosa emo-tività possa essere fonte di coinvolgimento per altri giovani, al fine di garantire lunga e duratura vita all’Associazione ed alla Se-zione. Le forti emozioni ti danno una ca-rica incredibile. Di sicuro mi hanno aiuta-to, dopo lo scioglimento, a raggiungere di buon passo l’ammassamento per poter sfi-lare con la nostra Sezione. L’adunata è an-che fatica, ma i chilometri macinati su è giù per le strade, più che mai oggi, fanno bene sia al fisico che al cuore. Un cuore Alpino, come recitava una maglietta celebrativa.

È bello ripercorrere l’adunata, perchè in realtà non vorresti che finisse così pre-

sto. Lo è stato ancor di più ripercorrerla in prima fila con lo striscione nuovo della Sezione, che al suo passaggio ha riscosso il caloroso grido “W Ivrea”. Qualcuno ha ancora ringraziato per la bella accoglienza riservata a settembre in occasione del Ra-duno del 1° Ragruppamento.

Anche quest’anno gli striscioni sono stati portati dai giovani. Un gran bell’ esempio di apertura e fiducia della Sezione verso i suoi giovani soci. Particolarmente toccante e bello è stato l’ultimo tratto in prossimità dello scioglimento. Su indicazione dell’in-stancabile segretario Beppe, con lo striscio-ne “Ivrea” ci siamo schierati lateralmente, cosicchè tutti i partecipanti della nostra Sezione hanno potuto salutare il vessillo e vedere il nuovo striscione. Alla fine ab-biamo ripreso la marcia per ultimi. Al di là delle transenne c’era uno dei reduci prima scortato con i giovani. Al nostro passaggio si è alzato in piedi ed ha salutato il vessillo e lo striscione.

Fare l’adunata due volte è bello anche per le persone care al tuo seguito. Mentre sto sfilando li cerco con lo sguardo, e quan-do all’improvviso scorgo mia figlia che si sbraccia all’impazzata e grida “ W Papà” una gioia immensa mi invade. Se penso poi che nella pancia della persona che amo un “feto” si sta già muovendo al suono della trentatre....Tu chiamale se vuoi emozioni!!!

6 - LO SCARPONE CANAVESANO

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Notizie dalla Sezione

2° Convegno Nazionale dei Coordinatori Giovani dell’ANAL’Aquila, 28-29-30 marzo 2014di Gerardo Colucci

Il Convegno dell’Aquila è stato un bellis-simo tuffo nel passato, come rivivere tre giorni di “Naja”. Trasferimenti, caserma,

branda, camerata, alzabandiera, insomma abbiamo rivissuto momenti ormai dimen-ticati ma sempre ben presenti con nostalgia nel nostro cuore.

Mauro Buttigliero, capo coordinatore dell’1° Raggr.to, nella riunione di Asti dello scorso gennaio ci aveva lanciato un accora-to appello: “Voglio andare all’Aquila con un pullman pieno di giovani, almeno due per sezione, e riempiamo un pullman”! Così è stato, tutti noi coordinatori abbiamo rac-colto con entusiasmo l’appello di Mauro, e venerdì 28 marzo, da Asti, è partito un pullman pieno di giovani o “gio-vani con esperienza” diretti all’Aqui-la, caserma Rossi, sede del 9° Reg-gimento Alpini. La sezione di Ivrea era rappresentata dal sottoscritto e dall’entusiasta Gianni Rolla, del ne-onato gruppo di Alice Superiore.

Il viaggio è stato un momento d’incredibile allegria: a Piacenza eravamo già tutti amici, a Parma avevamo consumato le derrate ali-mentari personali e poco dopo Ri-mini ci siamo fermati per la cena, preparata e organizzata dagli amici di Pinerolo.

Dopo quasi nove ore di viaggio siamo finalmente arrivati all’Aquila; sul pullman regnava un rispettoso e assordante silenzio, rotto dall’eufo-ria nel momento in cui siamo entra-ti in caserma e ci siamo avviati alle camerate per la sistemazione. L’im-patto è stato emozionante, ma ancor di più lo è stato l’abbraccio che gli Alpini del gruppo di Barisciano ci hanno riservato nella loro splendida sede. Nonostante fossero le undici di sera, hanno aspettato noi per ini-ziare la cena. E che cena! Rientra-ti in caserma, la festa è continuata fino alle prime luci dell’alba.

La sveglia è stata data dal nostro trom-bettista della Valsesiana, lo stesso che sul piazzale, vessilli e giovani schierati, ha accompagnato un altro momento atteso ed emozionante, l’alzabandiera. Quin-di, nell’aula magna dell’enorme caserma, ha avuto ufficialmente inizio il convegno, promosso dalla Commissione Nazionale Giovani, sul tema: “L’esperienza degli alpini nelle missioni all’estero e i suoi riflessi sul futuro dell’ANA; l’impegno associativo oggi e domani dei Giovani dell’ANA”.

I lavori, coordinati dal consigliere na-

zionale Roberto Bertuol, sono stati svolti dai consiglieri nazionali Giorgio Sonzogni, Guido Vercellino e Antonello Di Nardo (quest’ultimo è anche CapoGruppo di Bari-sciano), nonchè dal Vice-Presidente nazio-nale Renato Zorio, dal comandante del 9° reggimento Alpini, col. Massimo Iacobucci e dal Presidente della sezione Abruzzi Gio-vanni Natale.

Il convegno è stato anche un’anteprima della prossima adunata nazionale che si terrà proprio nel capoluogo abruzzese il prossimo anno. Nel merito sono interve-nuti l’Alpino Sen. Franco Marini, ex pre-sidente del Senato, e il sindaco dell’Aquila

Massimo Cialente, che hanno presentato la grande manifestazione alpina del 2015 come un’occasione importante per la cit-tà che, pur ferita dal tremendo sisma del 2009, sta lottando per tornare alla norma-lità.

Nel pomeriggio, dopo il pranzo, l’Alpino Paolo Plini, ricercatore del CNR, ha pre-sentato la sua opera sui luoghi della Grande Guerra, cui hanno fatto seguito gli inter-venti dei coordinatori giovani di ciascun Raggruppamento. Molto toccante, infi-ne, un filmato sul giovane Alpino Matteo

Miotto, caduto in Afghanistan. Poi, finalmente, in libera uscita. Ac-

compagnati da una guida locale, abbiamo fatto un giro per l’Aquila, con un percor-so attraverso i ponteggi e le impalcature di una città spettro. Un telone che copriva la facciata di un palazzo in ricostruzione reci-tava: “L’Aquila Rinasce”. La mia percezione, condivisa dai miei amici, è che gli Aquilani aspettano con ansia l’evento della prossima adunata, per abbracciare e stringere a sè tutta l’Italia attraverso gli Alpini.

Sabato sera presso il Gruppo Alpini di Barisciano si è svolta una vera è propria fe-sta in nostro onore. Nella cittadina abruz-

zese, colpita dal terremoto del 2009 con danni notevoli e perdite di vita ingenti, gli Alpini di Torino hanno ricostruito la chiesa del paese. Fin dall’evento del sisma e per gli anni a seguire, la sede del Gruppo Alpini di Barisciano è sempre stata il centro dell’intera comunità. Nei suoi locali, infatti, si sono celebrati matrimoni, funerali, battesimi e allestite came-re ardenti. Sabato sera però è stata sede di una bellissima festa, allietata da un gruppo folcloristico abruzze-se. Non dimenticherò mai questa calda e commovente accoglienza.

Domenica 30 marzo, dopo l’a-dunata e l’alzabandiera, nell’aula magna della caserma Rossi si sono tirate velocemente le conclusioni dei lavori e si è aperto il dibattito tra i giovani delle varie Sezioni. È stato un confronto di riflessioni e di espe-rienze che ci ha consentito di con-dividere obiettivi e idee sul futuro associativo in previsione del lavoro che ci vedrà impegnati nei prossimi mesi.

Durante il viaggio di ritorno ho avuto modo di riscontrare che tra di noi si era creato quel clima ideale di fratellanza e di cameratismo, ormai dimenticato, che avevamo lasciato

nel giorno del nostro congedo. Sono sicuro che questi momenti di allegria e di unione non potranno che favorire l’ulteriore cre-scita del movimento dei Giovani Alpini e di tutta la nostra Associazione.

Ritengo doveroso da parte mia ringra-ziare il Presidente Marco Barmasse per il contributo economico che ci ha consen-tito di partecipare al Convegno, segnale importante di disponibilità e di apertura verso i giovani Alpini. Lo ringrazio anche per l’incarico di Referente Giovani che mi ha affidato

LO SCARPONE CANAVESANO - 7

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La “Benemerita” celebra i 200 anni della sua storiadi Franco Amadigi

Questo è il preambolo, parzialmente riprodotto, delle Regie Patenti del 13 luglio 1814, con le quali il Re di

Sardegna Vittorio Emanuele I°, tornato da poco nei suoi possedimenti in terraferma dopo sedici anni di esilio nell’isola, promul-gava l’atto ufficiale con cui formalmente si dava il via ad un progetto di particolare ri-lievo in materia di sicurezza pubblica nello Stato.

Tale progetto era ampiamente giustifi-cato ed opportuno a causa del disordine e delle tensioni esistenti nel territorio pie-montese, rimasto esposto per un ventennio ai contraccolpi della Rivoluzione Francese e delle guerre napoleoniche.

Quindi il Corpo dei Carabinieri, che dopo l’unità d’Italia entrò a far parte delle forze armate del Regno d’Italia e successi-vamente dell’attuale Repubblica, compie quest’anno due secoli di vita! Duecento anni di storia iniziata come arma dell’eser-cito sardo, utilizzata nelle prime due guerre d’indipendenza con il fondamentale dovere di protezione e scorta del Re sul campo di battaglia, oltre che di polizia militare e di intelligence. Nel 1861, poi, con la procla-mazione del Regno d’Italia, ai Carabinie-ri furono ben presto assegnati compiti di pubblica sicurezza e di polizia giudiziaria, venendo ad incarnare il principio di lega-lità, minacciato da più parti, perchè l’Italia, come nazione, allora era ancora una co-struzione molto fragile.

Per assicurare la legalità e restaurare l’or-dine violato da ricorrenti episodi anarchici e dall’inquietante fenomeno del brigantag-gio – particolarmente diffuso nel Mezzo-

giorno - lo Stato fu costretto a dare una risposta brutale ma inevitabile ed i Cara-binieri furono lo strumento principale per perseguire i delitti, per restaurare l’ordine violato ed assicurare la legalità. Nel pe-riodo post-risorgimentale , quindi, l’Arma dei Carabinieri fu subito vista come l’isti-tuzione che garantiva il vivere civile degli italiani.

In seguito i Carabinieri, con le loro vi-cende, si immedesimano sempre più nella storia dell’Italia contemporanea e, sebbene essi siano stati chiamati ad operare soprat-tutto per assicurare la pacifica quotidianità del vivere civile, alcune tappe del loro cam-mino sono state decisive e fondamentali nei non pochi momenti in cui la storia del Paese si faceva tragica e carica di pericoli per la stessa unità nazionale. Lo attestano innumerevoli episodi ed atti di eroismo, a volte compiuti con il sacrificio della vita, sempre vissuti con la compostezza che de-riva dal segno distintivo impresso dai fon-damenti etici del Corpo.

Da vigile ed affidabile sentinella a tute-la della legalità e dei valori fondanti della Nazione, ad espressione pulsante della vi-cinanza dello Stato al cittadino, affermatasi con la capillare istituzione delle Stazioni Carabinieri, sino a far riconoscere, secon-do l’iconografia popolare, tra le figure di riferimento delle piccole comunità, il Co-mandante di Stazione.

È in questa relazione con il territorio e con le sue comunità che affonda principal-mente le sue radici il consenso degli italiani verso l’Arma, che si alimenta costantemen-te per la generosa dedizione dei suoi mili-

tari al servizio dei cittadini, ingenerando, a sua volta, il più alto sentimento di fiducia fra tutte le forze dell’ordine.

Tra manifestazioni di consenso ed anche, qualcuna, di dissenso (a volte accade quan-do intervengono a reprimere comporta-menti trasgressivi) essi rappresentano l’isti-tuzione dello Stato maggiormente radicata nell’immaginario collettivo degli italiani. Tra i cittadini ed i Carabinieri si è formato un profondo legame per la generosità con cui l’Arma ha sempre interpretato il pro-prio ruolo, non limitandosi a prevenire e perseguire i reati, ma anche garantendo il soccorso alle popolazioni in caso di eventi calamitosi, distinguendosi per tempestivi-tà e capacità risolutiva dei suoi interventi “...che la rendono dovunque veramente be-nemerita del Paese”, come attestò il Parla-mento italiano nel lontano 1864.

Concludo accennando brevemente all’at-tività delle missioni militari all’estero che, negli ultimi anni, hanno visto spesso Alpini e Carabinieri operare e collaborare assieme e, purtroppo, alcune volte, pagare con la vita il loro eroico sacrificio.

Credo che ai Carabinieri sia dovuto, da parte degli Alpini, l’apprezzamento per il costante impegno al servizio della Nazione, che garantisce tranquillità e sicurezza per i cittadini, pur operando, spesse volte, in condizioni disagiate.

All’Arma dei Carabinieri, definita “pri-ma arma” dell’Esercito essendo divenuta, dall’anno 2000, forza armata autonoma nell’ambito del Ministero della Difesa, ri-volgiamo gli auguri per i suoi ammirevoli 200 anni di storia.

8 - LO SCARPONE CANAVESANO

Notizie dalla SezioneS

«Vittorio Emanuele, per grazia di Dio Re di Sardegna, di Cipro e di Gerusalemme,

Duca di Savoia, Principe di Piemonte, ecc., ecc., ecc.,»

Per ricondurre, e assicurare viemaggiormente il buon ordine, e la pubblica tranquillità, che le passate disgustose vicende hanno non poco turbata a danno de’ buoni e fedeli Sudditi Nostri, abbiamo riconosciu-to essere necessario di porre in esecuzione tutti que’ mezzi, che possono essere confacenti per iscoprire, e sotto porre al rigor delle Leggi i malviventi, e male in-tenzionati, e prevenire le perniciose conseguenze, che da soggetti di simil sorta, infesti sempre alla Società, derivare ne possono a danno de’ pri vati, e dello Stato.

[...] per avere con una forza ben distribuita i mezzi più pronti e adattati onde pervenire allo scopo, ab-biamo pure ordinata la for mazione, che si sta com-piendo, di un Corpo di Militari distinti col nome di Corpo de’ Carabinieri Reali, e colle speciali prero-gative, attribuzioni, ed incumbenze analoghe al fine che Ci siamo propo sti per sempre più contribuire alla maggior felicità dello Stato, che non può andare di-sgiunta dalla protezione, e difesa de’ buoni e fedeli Sudditi Nostri, e dalla punizione de’ rei. »

Le grandi bellezzedi Margherita Barsimi

Il film italiano premiato con l’Oscar come miglior pellicola straniera per il 2014 ha un titolo già di per sé vincente;

induce all’ottimismo, all’insegna delle po-che certezze che in Italia sopravvivono: la ricchezza del patrimonio storico-architet-tonico e la grandiosità delle eccellenze pae-saggistiche. Riavvolgendo nella nostra me-moria i fotogrammi, ci si rende conto, però, che la chiave di lettura immediata poggia sul contrasto tra le grandiosità del passa-to e la decadenza attuale. D’altronde basta scorrere le cro-nache quotidiane per capire come i l p a t r i m o n i o architettonico, in generale, non s ia comunque adeguatamente valorizzato e si stia, in certi casi, addirittura sbri-ciolando,

Allora nasco-no le perplessi-tà di non pochi spettatori: perché sottolineare con enfasi le criticità italiane nelle sale cinematografiche di tutto il mondo? Che significato ha girare un film di questo genere in un momen-to di particolare crisi del mondo occidentale, a cui l’Italia rivendica a pieno titolo l’appartenenza? Il premio Oscar intende premiare la finzio-ne cinematografica, che nel caso specifi-co però corrisponde alla situazione reale, senza esasperazioni, ironie o pretestuose denunce. Dietro ad una vicenda umana, abbastanza banale e normale, se non fos-se per l’ambientazione, emerge sul finale la lezione di vita universale, nello spazio e nel tempo: la Grande Bellezza va ricercata nelle promesse della gioventù, nell’unica e autentica vocazione, quella che arride ai giovani, prima che la confusione della vita adulta la copra di falsi miti e d’illuso-rie soddisfazioni. Diciamocelo, nelle nostre quotidianità, ciascuno di noi incontra in-numerevoli occasioni per restare ammirato di fronte a forme concrete di bellezza, anzi sono talmente numerose che non riuscia-mo a registrarle con la dovuta attenzione, al contrario delle negatività che fanno noti-zia, scandalo e polemica…

I giornali vendono se sbattono mostri in prima pagina, le trasmissioni televisive re-gistrano picchi di audience se si soffermano e indulgono in vicende al limite del lecito,

della morale e del buongusto. Viceversa, vengono tacciati di buonismo gli articoli volti ad approfondire esempi di solidarie-tà, di successo genuino perché meritato, di scelte di vita ispirate al buono e al bello… Quanto più la società va alla ricerca della bellezza, tanto più essa viene millantata e adulterata, paradossalmente, per rispon-dere a criteri estetici “commerciali”. Si è co-stretti ad assistere alla costruzione di veri e propri “fenomeni da baraccone”, mostri co-struiti in laboratorio per soddisfare la ricer-

ca di una bellezza che non è quella dell’ani-ma e dell’espressione, ma semplicemente di fisionomie standard, in cui nasi, labbra, zigomi e via discorrendo… non sono più la componente fisica di un’unità inscindibile, assolutamente individuale, rappresentata dall’aspetto fisico unito al carattere e all’in-telligenza. L’originalità e l’unicità sono virtù rare, i grandi geni si riconoscono soprattut-to per le loro intuizioni, siano artistiche o scientifiche, al contrario l’omologazione e le copie sono sintomo di appiattimento e di decadenza.

Di questo genere di riflessioni non hanno bisogno, sicuramente, gli Alpini. Per istinto naturale o per scelta di vita, in loro, pen-siero e azione sono una cosa sola, essi sono presenti per vocazione dove “i guasti” de-gli uomini mettono a repentaglio le”grandi bellezze” naturali. Nati, come istituzione militare, per difendere i confini territoria-li rappresentati dalle Alpi, hanno dovuto affrontare guerre lontane, non solo dalla patria fisica, ma anche da quella ideale, per motivazioni a loro estranee, spesso addirit-tura contrarie alla loro indole.

Forti di un patrimonio di umanità che

derivava loro dalla consuetudine con la dura legge della vita in montagna, in guerra prima e in pace poi, si sono sempre distinti per l’impegno nella salvaguardia delle gran-di bellezze di cui i loro cuori e le loro men-ti, erano stati nutriti. Perché sono in prima fila in quella che ora chiamiamo Protezione Civile? Perché per libera scelta, individuale e collettiva, impegnano il loro tempo libero alla pulizia di sentieri, al restauro di antiche cappelle montane? Perché, soltanto per un imperativo morale tutto loro ed esclusiva-

mente loro, ogni anno si danno appuntamento a centinaia di mi-gliaia, per sfilare a file serrate, tra sventolii di trico-lori e canti di ano-nimi sconosciuti poeti di monta-gna?

N e i g i o r n i dell’Adunata, do-vunque si svol-ga, in qualsiasi regione italiana, la città prescelta rinasce, dimen-tica i problemi e nonostante i di-sagi inevitabili, al termine della “grande bellezza” fatta di amicizia, solidarietà e alle-gria non dimen-

tica la naturalezza con cui gli alpini han-no fatto sentire tutti “a casa”. Lo scrittore italiano Eugenio Corti (misconosciuto ai più e condannato ad una sorta di congiura del silenzio da parte della critica radical-chic) nel suo “Il cavallo rosso”, raccontando la tragedia della ritirata di Russia, descrive così gli alpini:

«Gente dal semplice cuore, gli alpini erano tutto meno che furbi (se almeno in questo gli altri italiani gli somigliassero un po’!). Come di norma il montanaro, cia-scuno di loro faceva molto conto dei pro-pri modesti strumenti, pronto perfino a sacrificarsi per non perderli. Tuttavia non avevano affatto un culto per i mezzi: agli alpini di armi ne bastava un minimo, al li-mite, quelle individuali e di squadra. Non vogliamo idealizzarli, ma ci sembra di po-ter affermare che nell’attuale civiltà della materia e delle macchine, questa gente che si sosteneva soprattutto sullo spirito, costi-tuiva una grande eccezione. Perfino quan-do gli capitava d’essere sconfitti, essi in cuor loro (a motivo del dovere compiuto) non si sentivano tali; d’altra parte sconfiggerli era molto difficile».

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Notizie dalla Sezione S

La Prima Guerra Mondialedi Franco Amadigi

(Con questo numero dello Scarpone ini-zia la pubblicazione di una storia a pun-tate della Grande Guerra. Ci sembra un modo corretto e, in qualche misura, utile a tutti per celebrare il centenario di uno dei principali conflitti che hanno plasmato l’e-poca moderna. E’ noto che sulla 1ª Guerra Mondiale sono state fornite o scritte, a vol-te, discordanti chiavi di lettura da parte di correnti storiografiche diverse, più portate a seguire le mode del momento o le proprie convinzioni politiche. Noi cercheremo il più possibile di ricostruire e riportare la verità documentata degli eventi, sia pure nei suoi termini generali, descrivendo questo impor-tante momento storico in tutti i suoi mol-teplici aspetti, con particolare riguardo ed interesse alla partecipazione dell’Italia nel conflitto. Saranno poi i lettori a giudicare se saremo riusciti nell’intento)

PREMESSA

La guerra che scoppiò nel 1914 fu un avvenimento nuovo nella sto-ria dell’umanità, perchè fu la prima

guerra generale “mondiale” che vide lo scontro di tutti i grandi Stati, i quali impe-gnarono le capacità produttive dell’indu-stria moderna e le risorse della tecnica per preparare strumenti di offesa e di difesa. Chiamata inizialmente dai contemporanei “guerra europea”, con il coinvolgimento

successivo delle nazioni del Commonwe-alth, degli Stati Uniti d’America e di altre nazioni extraeuropee, essa prese presto il nome di “Guerra Mondiale” o “Gran-de Guerra”, per via delle caratteristiche di guerra totale che assunse.

Fu infatti il più grande conflitto armato che mai fosse stato combattuto, nel corso del quale due possenti coalizioni si misu-rarono militarmente in uno scontro tanto violento, quanto logorante, caratterizzato da uno spiegamento di forze senza prece-denti e dall’utilizzo di nuove armi: gli ae-rei, inventati pochi decenni prima, i carri armati, i sottomarini, oltre all’impiego di devastanti armi chimiche. La guerra venne combattuta dai belligeranti fino all’esauri-mento e al crollo, superando rapidamente i calcoli di quegli statisti che si attendevano una guerra violenta e breve, che si sarebbe conclusa al primo urto delle forze di ter-ra. Nessuno, infatti, presagì che quasi tut-to il mondo sarebbe stato trascinato nel conflitto, nè intuì il ruolo determinante, e decisivo per il risultato, della scienza, della meccanica e della potenza industriale. E le previsioni degli uomini politici, natural-mente, ebbero notevole influenza sui piani di guerra approntati dagli stati maggiori.

In termini di costi economici e umani i quattro anni di combattimenti ebbero sulle nazioni belligeranti un effetto disastroso. Oltre 70 milioni di uomini furono mobilita-

ti in tutto il mondo (60 in Europa) e più di 9 milioni – tra soldati, marinai ed aviatori – morirono. Si calcolano, poi, altri 5 milio-ni di morti nelle popolazioni civili a causa dei bombardamenti, dell’occupazione mili-tare nemica, di stenti e di malattie. Il geno-cidio degli Armeni nel 1915 e le epidemie di influenza che dilagarono quando ancora infuriava la guerra furono due dei deva-stanti effetti collaterali del conflitto. Come pure la fuga dei Serbi dalla loro terra, alla fine del 1915, fu un altro crudele episodio che seminò la morte fra i civili; altrettanto crudele fu il blocco navale imposto dagli Alleati alla Germania, in conseguenza del quale morirono oltre 750 mila tedeschi.

Ma come fu possibile il verificarsi di una così immane catastrofe? L’evolversi degli avvenimenti storici che si susseguirono nel corso del XIX° secolo ci possono fornire convincenti risposte.

LE ORIGINI

Dopo la sconfitta della Francia Na-poleonica, le nazioni che avevano sostenuto il maggior peso della

guerra (Gran Bretagna, Austria, Russia e Prussia) si erano riunite nel congresso di Vienna (1815) nell’intento di ridare all’Eu-ropa sconvolta un ordinamento stabile. Prevalse l’idea che si dovesse governare con politiche anti-liberali e conservatrici, per

10 - LO SCARPONE CANAVESANO10 - LO SCARPONE CANAVESANO

Memoria della Grande GuerraS

cui fu deciso di ristabilire l’assetto prece-dente alla rivoluzione francese, negando in assoluto il principio di nazionalità

Nonostante ciò, nei primi decenni che seguirono la Restaurazione scoppiarono in varie parti del continente europeo movi-menti rivoluzionari. Poi il fuoco della rivo-luzione si accrebbe sempre di più; memo-rabile fu l’anno 1848 per la nostra storia, in quanto nel Regno di Sardegna fu pro-mulgato lo Statuto Albertino, che divente-rà poi lo Statuto fondamentale del Regno d’Italia. Il principio di nazionalità, represso e sconfitto, era ormai rinato e trionfava in tutto il continente, determinando all’inizio della seconda metà del secolo l’unificazio-ne dell’Italia, l’unificazione della Germa-nia e la nascita della Terza Repubblica in Francia. Da tutti questi sommovimenti era ovviamente rimasta esclusa la Gran Bre-tagna che, con la promulgazione della “di-chiarazione dei diritti”, fin dal 1689 aveva attribuito basi costituzionali all’autorità del proprio parlamento.

Dopo la conclusione della guerra tra la Prussia e la Francia (1870) - ove quest’ulti-ma, sconfitta, perse la Regione dell’Alsazia-Lorena – in Europa si protrasse un periodo di pace sino al 1914, ad eccezione della re-gione dei Balcani, All’inizio del XX° seco-lo i popoli europei avevano raggiunto un livello di benessere e di civiltà senza pre-cedenti. Anche se ancora in modo incerto, cominciavano a diffondersi universalmen-te le istituzioni politiche rappresentative. La società iniziava a trarre beneficio dal progresso della scienza ed era decollata la prima rivoluzione industriale aumentan-do anche la potenza dei singoli governi. Il concerto europeo, inoltre, aveva attuato la ripartizione del continente africano senza creare conflitti tra le potenze imperiali e colonizzatrici.

Tuttavia, questo apparente periodo di lunga pace non aveva , in effetti, solide basi. Conflitti e contrasti – anche di un certo rilievo - erano ancora insorti tra le varie nazioni ed avevano inasprito i rap-porti diplomatici, dando origine a diversi giochi di alleanze e controalleanze, soprat-tutto a causa di fattori eterogenei che poi concorsero, in definitiva, a determinare lo scoppio della guerra. Un ruolo prepon-derante in questa situazione venne svolto dalla Germania che, costituitasi in Stato imperiale dopo l’unificazione con la Prus-sia, desiderava assicurarsi una solida situa-zione economica con sbocchi commerciali nel mondo.

Da considerare poi altri fattori importan-ti come:

- i problemi etnici interni all’Impero Au-stro-Ungarico, in difficoltà per le ambizioni indipendentiste dei popoli di cui si formava (italiani, sloveni, croati, serbi, cechi, slovac-chi, ungheresi);

- il timore che la Russia, con il suo im-menso potenziale, generava oltre frontiera soprattutto nei tedeschi;

- la paura di una nuova aggressione da parte della Germania che tormentava la

Francia fin dalla sfavorevole conclusione della guerra con la Prussia (1870);

- l’evoluzione diplomatica della Gran Bretagna, passata da una politica di isola-mento ad una di attiva presenza in Europa;

- la corsa al riarmo navale da parte dell’impero tedesco (che il Kaiser riteneva indispensabile per assicurare alla Germania il ruolo di potenza mondiale).

I BALCANI

Un altro passaggio fondamentale ver-so la guerra fu la situazione politica nella penisola balcanica, causa di

frequenti crisi nei rapporti tra le nazioni europee. Dopo la Guerra Russo-Turca del 1877, ed il conseguente inizio del disfaci-mento dell’impero ottomano che da seco-li aveva dominato nei Balcani, nel 1878 a Berlino si tenne un Congresso per dare alla regione un nuovo assetto politico ricono-scendo l’indipendenza di alcuni stati (Ro-mania, Serbia, Grecia e Montenegro).

In quel territorio, tuttavia, composto da un mosaico di popolazioni, con cinque lin-gue principali e varie confessioni religiose, permaneva stabilmente uno stato di conti-nua tensione tra le varie etnie, con l’aggra-vante delle rivalità di confine perchè forti minoranze etniche risultavano comprese in territori (enclave) situati oltre le proprie frontiere nazionali.

Il risultato di questa tensione sfociò nelle due guerre balcaniche del 1912/1913, che modificò l’assetto imposto dal Congresso di Berlino: la Serbia e la Grecia, protette dalla Russia, allargarono notevolmente il pro-prio territorio bloccando la penetrazione dell’Austria-Ungheria nei Balcani, mentre la Turchia perse tutti i suoi possedimenti in Europa, tranne un breve territorio intorno a Costantinopoli. Fu riconosciuta, infine, l’indipendenza dell’Albania. La nuova si-tuazione della penisola balcanica non val-se, comunque, a risolvere la crisi politica europea, mentre contrasti e conflitti inter-minabili non cessarono mai in quel terri-torio (tanto che l’aggettivo “balcanico”, nel linguaggio figurato, è divenuto sinonimo di irrequieto, turbolento, instabile).

LE ALLEANZE

Fin dal 1892 intercorrevano buoni rapporti tra la Russia e la Francia, na-zioni con cui la Gran Bretagna ave-

va stretto accordi per dirimere i contrasti. Gran Bretagna e Francia, inoltre, avevano dato vita, a partire dal 1906, a consulta-zioni bilaterali su questioni militari. Suc-cessivamente, era intercorso un analogo accordo anglo-russo. Tutta questa serie di intese e consultazioni bilaterali culminò in un’alleanza politico-militare tra l’Impero Britannico, la Terza Repubblica Francese e l’Impero Russo. Il patto, che legava politi-camente e militarmente le tre potenze, de-nominato “Triplice Intesa”, fu ufficializza-to a San Pietroburgo il 31 agosto del 1907.

In opposizione, i due imperi centrali (Germania ed Austria-Ungheria), stretta-

mente legati da vincoli formali oltre che da affinità, avevano stipulato fra di loro un ac-cordo nel 1879. Successivamente, su inizia-tiva dell’Italia, desiderosa di rompere il suo isolamento dopo l’occupazione francese della Tunisia alla quale aveva aspirato, Ger-mania e Austria conclusero un patto con il Regno d’Italia, sottoscritto a Vienna il 20 maggio 1882. Era nata la “Triplice Allean-za”, un patto difensivo di neutralità e mutua assistenza, inteso a porre in sicurezza le tre parti contraenti di fronte ai probabili co-muni nemici: la Francia innanzi tutto, ma anche la Russia.

VERSO LA GUERRA

Quindi, i sistemi di alleanze europee altro non erano che lo specchio dei timori dei singoli Stati. Questa

nuova divisione non era una riedizione del vecchio equilibrio di potenza successivo alla Restaurazione del 1814, bensì una bar-riera tra potenze, satura di esplosivo, poi-chè tutte le nazioni si affrettarono ad au-mentare i loro armamenti che, nel timore di una deflagrazione improvvisa, vennero messi a completa disposizione dei militari.

In nessun paese d’Europa la politica era stata inspirata da vero amore per la pace. Non v’era ministero della guerra che non accarezzasse sogni attuabili soltanto con la guerra. La Francia voleva l’Alsazia-Lo-rena, la Germania altre colonie, una flotta più grande e l’egemonia nel vicino orien-te. L’Austria voleva la sottomissione della Serbia e un porto a Salonicco, la Russia il Bosforo e i Dardanelli. La Serbia aveva i suoi piani sulla Bosnia-Erzegovina, l’Italia su Trieste e il Trentino, la Romania sulla Transilvania.

In tutti i paesi europei si moltiplicaro-no gli incitamenti alla guerra, i discorsi e gli articoli bellicosi, le dicerie, gli incidenti di frontiera. La Francia arrivò a promulga-re una legge (detta “dei tre anni”) che, per sopperire all’inferiorità numerica rispetto all’esercito tedesco, allungava di un anno la ferma militare, fino ad allora della durata di due anni. Ciò aggravò ulteriormente i rap-porti con la Germania.

Balcani esclusi, la lunga pace in Europa si era protratta fino al 1914. L’eminente diplo-matico ed uomo politico tedesco Von Hol-stein paragonava quella pace: “ad un uomo sofferente di malattia cardiaca, che può vivere per molti anni, ma che può anche crollare per il sopraggiungere di una com-plicazione di per sè insignificante”. E aveva ragione perchè l’Europa viveva in pace, ma parlando continuamente di guerra. Ed a forza di parlare di guerra, rendendo la pace sempre meno sicura, venne il giorno in cui la pace finì!

La scintilla fatale fu l’attentato in Serbia dell’erede al trono dell’Austria-Ungheria, forse l’unico austriaco autorevole che fosse amico dei nazionalisti serbi, perché sogna-va un impero unito da un legame federati-vo e non dall’oppressione.

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Memoria della Grande Guerra S

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Memoria della Grande GuerraS

1914: L’Europa si avvia inconsapevole al dramma della Grande GuerraUn esito fatale culminato con il crollo di quattro grandi imperi , la morte di milioni di persone e la fine di una intera civiltàdi Carlo Maria Salvetti

La prima guerra mondiale, meglio de-finita come la Grande Guerra, ebbe le sue origini in un complesso di tensio-

ni politiche, economiche e sociali, derivanti dal declino dell’egemonia inglese di fronte all’accrescimento della potenza economi-ca tedesca, l’instabilità balcanica, le mire dell’Austria sulla Serbia, osteggiate soprat-tutto dalla Russia, protettrice dei popoli slavi, nonché dai molteplici movimenti ir-redentisti tra i popoli sottomessi all’impero austro-ungarico. A fine Ottocento si erano già delineati due coalizioni, quali la Triplice Alleanza tra Germania, Austria- Ungheria e Italia e la Triplice Intesa tra Inghilterra, Francia e Russia.

L’Europa si divide in due schieramenti contrapposti, che con la guerra intendo-no conquistare il predominio economico-finanziario e l’affermazione della propria supremazia politica. Alla lotta tra il capi-talismo franco-britannico e quello tedesco per la divisione delle aree di influenza eco-nomica e la conquista dei mercati mondia-li, prima e fondamentale causa della guerra, si affiancano le situazioni critiche e i motivi di contrasto presenti all’interno di ciascun Stato (contrasti etnici, politici e sociali, questioni nazionali e di confine, ambizioni coloniali).

Il 28 giugno del 1914 l’arciduca France-

sco Ferdinando d’Asburgo, nipote dell’im-peratore Francesco Giuseppe ed erede al trono di Sua Maestà Apostolica e sua mo-glie, furono assassinati a Sarajevo da nazio-nalisti serbi. L’attentato, oltre all’enormità del fatto specifico che era grave , ma non da giustificare una guerra mondiale, mise drammaticamente l’Europa di fronte alle proprie responsabilità e formalizzo’ la rot-tura del fragile equilibrio delle potenze.

Il 28 luglio l’Austria-Ungheria dichiara guerra alla Serbia. Questa mossa scatena fatalmente il gioco delle al leanze e si veri-fica in poco più di un mese, una folle corsa alla guerra.

Dal 1914 al 1918 sul fronte occidentale, dal Mar del Nord al confine con la neutra-le Svizzera, corrono due continue trincee contrapposte in cui si misurano gli eser-citi tedesco, francese, inglese e americano (dal 1917). Si combatte in trincea anche sul fronte balcanico e sul vastissimo fronte orientale, percorso dalle armate austro-un-gariche e russe. L’Italia resta neutrale an-nunciando la propria decisione il 2 agosto; tale decisione maturata da una serie di in-transigenze perpetrate dall’Austria, poneva pero’ l’Italia in una posizione pericolosa di isolamento. Il 26 aprile 1915, impressio-nati dalle dimostrazioni degli interven-tisti , il Presidente del Consiglio Antonio

Salandra e il ministro degli Esteri Sidney Sonnino, firmano il patto di Londra, con cui l’Italia si impegna a scendere in guer-ra contro l’Austria. Con il patto di Londra l’Italia vedeva soddisfatte le sue aspettative territoriali in caso di vittoria sugli Imperi Centrali. I compensi previsti comprende-vano l’avanzamento della frontiera a nord fino alla linea del Brennero, e a est fino alla vetta delle Alpi Giulie, l’Istria e la Dalmazia con le sue isole. Il 23 maggio l’Italia invia la dichiarazione di guerra all’Austria – Un-gheria e il giorno successivo, il 24, entra in guerra. Dalla fine di maggio 1915 si apre il fronte italo-austriaco (dall’Ortles al mar Adriatico e dal novembre 1917 sul Monte Grappa e lungo il Piave) e ovunque la trin-cea diventa il simbolo principale del con-flitto mondiale. I combattimenti cessarono il 4 Novembre 1918 su tutto il fronte italia-no. La guerra era vinta , ma a prezzo di sa-crifici enormi sia in vite umane sia in guasti sociali. I morti erano stati circa 600.000, piu’ di mezzo milione i mutilati. Anche se l’esultanza per la vittoria si diffuse in ogni angolo del Paese, si verfico’ un rilassamento degli spiriti con la conseguenza che l’anima nazionale si frantumò facendo riaffiorare tutti i problemi non risolti dell’anteguerra aggiungendovi quelli nuovi del dopoguer-ra. Dal 1914 al 1918, il conflitto mondiale

del Novecento scaraventò in trincea oltre 65 milioni di militari. Di questi, poco meno di 10 milioni mori-rono in battaglia o in pri-gionia per ferite e malattie, mentre fu altissimo il nu-mero di chi rimase amma-lato, mutilato o invalido. Tra i civili si verificarono non meno di 30 milioni di decessi per cause di guer-ra, stenti e malattie, tra cui la terribile influenza “Spa-gnola”, che in Europa uccise sei milioni di persone. Alla fine della guerra crollano gli imperi e sorgono le nazioni, mentre la società mondiale entra definitivamente nell’e-ra contemporanea, segnata dall’avvento delle tecno-logie, della produzione in-dustriale, dei movimenti di massa, delle dittature e delle ideologie.

Passo Vezzena (TN) - Cippo Brigata Ivrea edificato nel 1922

1912 - Tass dal Re Cit a Parigi

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Piccole storie della Grande Guerra

Tas dal Re Cit, uno della Brigata “Ivrea”

Protasio Eusebio, “Tas dal Re Cit”1 per i suoi vecchi compaesani, da qualche anno non abita più qui, nel Canavese,

ma è in Francia. Oddio! non che abbia fatto una gran for-

tuna, ma lui non si lamenta affatto perchè un lavoro ce l’ha, anche se duro. Tas fa il minatore nelle miniere di Bourg, nelle vi-cinanze di Annecy ma, soprattutto, è felice. Già, perchè Tas, in Francia, ha trovato an-che l’amore.

Lei è Antoinette Marrigand, una giovane del posto. All’inizio del 1914 si sono sposati e, adesso, abitano in due piccole stanze in via Vangly, al numero 15.

La felicità dei due, come quella di tan-ti altri giovani del tempo, è però effimera: ben presto la crescente preoccupazione per gli avvenimenti politici europei segnano la loro vita.

Il 3 agosto la vicina Germania dichiara guerra alla Francia ed il giorno successivo milioni di soldati si fronteggiano in armi. Si materializzano, così, le prime sanguinose battaglie del fronte occidentale: quelle della Marne e delle Ardenne. E si contano, fin da subito, migliaia di morti.

Nella vita di Tas e di Antoinette non

aleggia solo la preoccupazione ma, fortu-natamente, vi entra anche qualche gioio-so raggio di sole. Nell’autunno dello stesso anno, il 1914, la loro unione è allietata dal-la nascita della piccola Ninì, ma non solo: qualche mese dopo, nel marzo 1915, Antoi-nette attende un altro bimbo...

Gli eventi precipitano anche in Italia. Soffiano sempre più forti i venti di guerra e, agli inizi di maggio 1915, il Regio Eser-cito richiama alle armi i giovani da poco congedati.

Il ventiquattrenne Tas varca così il por-tone della caserma Perrone di Ivrea il 29 maggio, quando l’Italia è già in guerra da cinque giorni, per essere inserito nei ranghi del 162° reggimento della brigata “Ivrea”, da poco costituita.

Il grosso della brigata non è più nella nostra città. È partito da qualche giorno, destinato sull’altopiano dei Sette Comuni, e adesso è dislocato nella zona di Asiago, tra Campo Poselaro e Passo del Turghele, contro il fronte Marcai di Sotto - Vezzena - Costesin.

Dopo un breve periodo di istruzione in piazza d’Armi di Ivrea, Tas raggiuge la bri-gata al fronte il 5 luglio: fa parte dei com-

plementi inviati dal deposito di reggimento per rimpiazzare i primi, ma già numerosi, caduti.

Il legame con la sua Antoi-nette è tenuto dalle tante lettere che i due si scambiano. Scritti pregnati di amore, di malico-nia, di speranza e, sicuramente, anche di gioia, come quello in cui lei gli annuncia la nascita di Andrè, il loro secondogenito. È Antoinette che ha voluto chia-marlo con il nome del nonno paterno, per dare al suo Tas un piccolo motivo di soddisfazio-ne tra i tanti grami della vita di trincea, dove si combatte, si spera e, spesso, si muore.

Poi giunge il freddo e nevoso inverno 1915-16, che ferma le ostilità ma che uccide per con-gelamento. Poi la primavera del disgelo, quella del 1916, che uc-cide con tante valanghe. Poi, dal 15 maggio, con il bel tempo sul-le montagne dei Sette Comuni, ritorna la battaglia, quella degli Altipiani: la Strafexpedition, la spedizione punitiva degli au-stro-ungarici2.

All’alba del 15 maggio l’artiglieria au-striaca comincia il suo inferno di fuoco, un concentramento di artiglieria mai visto nel-la grande guerra. Particolarmente impres-sionante è il bombardamento del Costesin. Cinque giorni dopo si materializza l’assalto di tutto il corpo d’armata austriaco contro le forze italiane, ormai annichilite dal can-noneggiamento. I soldati italiani onorano il perentorio ordine di resistere ad oltranza e si battono accanitamente per arrestare il nemico, ma i loro sforzi devono cedere alla superiorità numerica avversaria e riporta-no gravissime perdite3.

Tas non tornerà più a Bourg. Cade in combattimento in quella battaglia il 20 maggio 1916, sul monte Costesin, in loca-lità Castorini.

Aveva venticinque anni e un immenso desiderio di abbracciare Antoinette, Ninì e il suo Andrè, il piccolo di famiglia che non aveva ancora visto e che non bacerà mai.

Ora Tas riposa nel Sacrario militare di Asiago con altri 54.288 sfortunati giovani e, di tanto in tanto, quando vado sull’Ortigara passo a “salutarlo”. E ogni volta mi piange il cuore per non potere lasciargli un fiore...

Ciribola

Memoria della Grande Guerra S

1. Re Cit (Re Piccolo) era il soprannome di un ramo delle famiglie Eusebio. Al tempo, l’attribuzio-ne del soprannome era molto comune nei nostri paesi per distinguere le persone, causa le numerose omonimie.

2. La Battaglia degli Altipiani, o Strafexpedition, venne combattuta dal 15 maggio al 27 giugno 1916. Causò circa 26.000 morti (15.500 italiani), 122.000 feriti (76.500 italiani) e 86.000 dispersi e prigionieri (55.500 italiani).

3. Nella battaglia le perdite della Brigata Ivrea furono di 85 ufficiali e 3.421 uomini di truppa fra caduti e dispersi.

C A L U S O

14 - LO SCARPONE CANAVESANO

Quando la catastrofe sembrava lontanadi Franco Amadigi

Nei primi mesi del 1914, nella ri-cerca ininterrotta di nuove fonti energetiche, indispensabili per

il funzionamento delle moderne navi da guerra, la Gran Bretagna batteva sul tem-po la Germania conqui standosi, attraver-so negoziati, la fetta più consistente dei giacimenti di greggio persiano. Contem-poraneamente, però, il ministro inglese della Marina, Winston Churchill, che per due volte aveva proposto una tregua nel-la corsa anglo-tedesca al riarmo navale, chiedeva al proprio governo di autoriz-zarlo ad avviare negoziati segreti con il collega tedesco, l’ammiraglio Tirpitz.

L’intento, chiariva Churchill, era di porre termine «alla malsana concen-trazione di flotte nelle acque territoriali britanniche». Il ministro degli Esteri, Sir Edward Grey, respinse la proposta, soste-nendo che, se la notizia dei colloqui fosse trapelata, avrebbero preso «a circolare le versioni più incon trollate e noi saremmo costretti a dare tutta una serie di spiega-zioni agli ambasciatori presso il Foreign Office e di smentite alla stampa sulle varie intenzioni che ci verrebbero attribuite».

Nonostante questo rifiuto a intavolare negoziati anglo-tedeschi, nella primavera e nell’estate del 1914 la guerra sembrava lontana.

Le dispute fra Stati sovrani poteva-no essere sottoposte al Tribunale in-ternazionale dell’Aia: istituito nel 1900, il tribunale incarnava la vo lontà del mondo civile di non lasciarsi trascinare in conflit-ti che sarebbero stati distruttivi per tutte le parti in causa. In ogni regione d’Euro-pa i socialisti stigmatizzavano il concetto stesso di guerra e incitavano le classi la-voratrici a opporsi all’entusiasmo bellico ca pitalistico. Banchieri e finanzieri, non diversamente dall’aristocrazia terriera con cui erano in competizione, sentivano di appartenere a una cerchia internazionale più ampia, che, a causa degli scambi com-merciali nel primo caso e dei matrimoni con membri di famiglie nobiliari di tutto il mondo nel secondo, dalla guerra non aveva nulla da guadagnare e molto invece da perdere.

Erano stati stipulati ac cordi che tra-sformavano la rivalità in collaborazione: il 13 agosto 1913 la Gran Bretagna e la Germania negoziarono segretamente la creazione delle proprie sfere d’influenza nei possedimenti africani del Portogallo. Il patto, che prevedeva il controllo anglo-tedesco sull’Angola e sul Mozambico, fu siglato il 20 ottobre 1913.

Nel suo libro La grande illusione l’e-conomista inglese e premio No bel per la pace Norman Angeli aveva sostenuto che,

se fosse scoppia ta la guerra, anche una potenza belligerante vittoriosa avrebbe subito perdite enormi in campo finan-ziario ed economico. In quello scritto premonitore, Angeli faceva notare che le grandi po tenze industriali, la Gran Breta-gna, gli Stati Uniti, la Germania e la Fran-cia, stavano ormai «perdendo l’impulso psicologico alla guerra, così come abbia-mo perso l’impulso psicologico a uccidere i nostri vi cini per questioni di carattere religioso».

E come avrebbe potuto esse re altri-menti? «Come può la vita moderna, con una parte così preponderante dedicata alle attività industriali e una parte così ristretta alle attività militari, mantenere vitali gli istinti connessi con la guerra in opposizione a quelli che si sono sviluppati con la pace?» Persino lo junker prussiano «mostra meno i muscoli a mano a mano che prende confidenza con la scienza».

Angeli non era affatto il solo a rileva-re che quelle stesse potenze, le quali con le loro rivalità rendevano tanto bellicosa l’opinione pubblica, erano strettamen-te legate dai vincoli del libero scambio e dell’in terdipendenza industriale.

Nel giugno del 1914 fu una società finan ziaria a capitale misto anglo-tedesco ad assicurarsi il diritto esclusivo di sfrut-tamento dei giacimenti petroliferi in Me-sopotamia. Navi di tutte le nazioni euro-pee solcavano i mari con le stive colme di prodot ti agricoli e industriali provenienti dai più svariati paesi.

Automobili e autocarri tedeschi, fran-cesi, inglesi e russi, che in caso di guerra avrebbero dovuto trasportare truppe e vettovaglie, funzionavano grazie al ma-gnete Bosch, costruito unicamente in Germania e impor tato dalle fabbriche di veicoli di tutti gli Stati europei. Se fosse scop piata la guerra e l’importazione di magneti si fosse interrotta, questo piccolo ma indispensabile componente avrebbe dovuto essere reinventato e quindi costru-ito partendo da zero.

L’acetone, il solvente impiegato nella fabbricazione della cordite, l’esplosivo usato per i proiettili, costituiva un altro esempio dell’in terdipendenza delle nazio-ni europee. Veniva prodotto pressoché esclusivamente con la distillazione del legno. La Germania e l’Austria erano due dei principali paesi esportatori di legname (gli altri erano il Canada e gli Stati Uni-ti). Per ottenere una tonnellata di acetone erano necessarie almeno 80 tonnellate di legno di betulla, fag gio o acero. Neppure tutte le foreste della Gran Bretagna sa-rebbero bastate a fornire le 100 tonnel-late annue di acetone che costituivano la

quantità minima necessaria al paese in caso di guerra.

Un altro settore in cui la Germania de-teneva il monopolio assoluto era la pro-duzione di binocoli. Nell’agosto del 1915 la Gran Bretagna fu costretta a ri correre a un intermediario svizzero per acquistarne 32.000 da invia re sul fronte occidentale.

A creare legami apparentemente indi-struttibili non erano solo l’interdipenden-za commerciale e l’incremento del turi-smo interna zionale a partire dalla fine del secolo, ma anche il fatto che quasi tut ti i capi di Stato europei erano imparentati fra loro. Il Kaiser e lo zar dì Russia - suo cugino per parte di moglie - si scriveva-no con rego larità in inglese, chiamandosi affettuosamente «Willie» e «Nicky». Le lettere che si scambiavano non sapevano nè di fiamme nè di zolfo.

Purtroppo, la crescita ininterrotta di eserciti e flotte, gli sviluppi della nuova tecnica militare della guerra aerea e le ri-valità di stampo nazionalistico tra le po-tenze europee irradiavano bagliori sinistri che nè le lettere affettuose, nè il libero scambio, nè il buon senso riu scivano a dissimulare.

Emblematico, a questo riguardo, ap-pare quanto scriveva il 29 maggio 1914, da Berlino alla Casa Bianca, il colonnello House, emissario del presidente america-no Wilson: «Si tratta di una situazione del tutto eccezionale. Puro militarismo im-pazzito. A meno che qualcuno che agi-sca a nome vostro non riesca a imporre una diversa visione delle cose, un giorno o l’altro si verificherà un cataclisma terri-bile». Inutile cercare in Europa qualcuno in grado di svolgere quel ruolo, ammoniva House nel suo scritto profetico: «Ci sono troppi odi, troppe gelosie. Non appena l’Inghilterra lo consentirà, Francia e Rus-sia accerchieranno Germa nia e Austria. L’Inghilterra non desidera che la Germa-nia venga to talmente schiacciata, perché poi si troverebbe a dover fare i conti da sola con la sua antica nemica, la Russia; ma se la Germania insisterà a potenzia-re sempre più la propria marina, allora l’Inghilterra non avrà scelta». Giunto a Londra, House raccontò al ministro degli Esteri britannico che a Berlino «sembrava risuonare nell’aria il fra gore di armi pron-te a colpire».

E tutti, in definitiva, si dimostrarono impotenti ad arrestare la deriva verso la catastrofe.

* (riferimento e parziale riproduzione dal capi-tolo “Il Preludio” della Grande Storia della Prima Guerra Mondiale, volume Primo, di Martin Gilbert - edizione speciale per “Il Giornale” su licenza di Mondadori Libri)

Memoria della Grande GuerraS

Il Parco della Rimembranza ristrutturato dagli Alpinidi Franco Amadigi

Da oltre un decennio il Parco del-la Rimembranza, situato presso il Cimitero Comunale di Caluso,

per evidente incuria e l’assenza totale di manutenzione si presentava in condizioni certamente non consone ad un pubblico monumento, destinato, peraltro, al ricordo ed alla memoria dei Caduti per la Patria.

Per porre fine a questa deprecabile si-tuazione il Gruppo Alpini di Caluso aveva deciso di procedere ad un adeguato riasset-to del Parco e del luogo circostante, avan-zando a chi di dovere diverse proposte di soluzione, purtroppo tutte con con esito negativo. Di volta in volta, infatti, non riu-scivamo ad ottenere il necessario sostegno ma, soprattutto, trattandosi di un pubblico monumento, mancava sempre l’indispensa-bile e determinante consenso dell’Autorità competente.

Lo scorso anno il nostro Direttivo, rom-pendo ogni indugio, ha deciso di proce-dere “in proprio” ed ha predisposto un adeguato progetto, redatto dall’Alpino Ing. Carlo Maria Salvetti (nostro Direttore del-lo Scarpone Canavesano). L’Amministra-zione Comunale, cui tale progetto è stato presentato, ne ha approvato l’esecutività predisponendo una specifica convenzione, nella quale si stabiliva che l’onere dell’inte-ra opera di ristrutturazione risultava sotto tutti gli aspetti (progettuale, esecutivo e finanziario) a carico del Gruppo Alpini di Caluso.

I lavori, iniziati nello scorso autunno, si sono conclusi nel maggio di quest’anno, con-sentendo di portare a termine l’impresa che avevamo iniziato con determinazione, con-formemente agli obiettivi prefissati ed anche andando oltre in alcuni dettagli, riportando quindi il sacro e simbolico luogo in condizio-ni dignitose, restituendolo alla cittadinanza pienamente fruibile nella decorosa funzione per la quale era stato destinato.

Determinante, soprattutto sotto l’aspetto finanziario, è stato l’aiuto disinteressato su cui abbiamo potuto contare da più parti, sia con la volontaria esecuzione di presta-zioni lavorative da parte di Alpini e di cit-tadini, sia attraverso la donazione di offerte e di materiali utilizzati nell’esecuzione dei lavori, sia con la possibilità di utilizzare macchine ed utensili messi gratuitamente a nostra disposizione da soci e da cittadini. A tutti coloro che ci hanno aiutato è rivolto il nostro ringraziamento.

Un ringraziamento particolare è d’ob-bligo rivolgere all’Alpino Franco Sudetti, Vice-CapoGruppo, che ha seguito e coordi-nato tutte le varie fasi dei lavori, assolven-do l’incarico affidatogli dal Direttivo con straordinario spirito di iniziativa e lodevole impegno. Sentiamo il dovere, inoltre, di esprimere la riconoscenza di tutto il Grup-po nei confronti di quei soci che sono stati sempre presenti in cantiere prestando la loro opera con costanza e determinazione.

Nel pomeriggio di sabato 14 giugno il Parco della Rimembranza di Caluso verrà reinaugurato con una solenne cerimonia inserita nel programma di celebrazione del nostro 80° di Fondazione.

La felice conclusione della nostra inizia-tiva costituisce l’ennesima dimostrazione dell’intensità dell’azione portata avanti dall’Associazione Nazionale Alpini per la salvaguardia della Memoria e dell’Onore di tutti i caduti per la Patria.

Lo zelante coordinatore dei lavori, Franco Sudetti, coadiuvato da Giuseppe Cucco , Ezio Garino e Mario Picco.

C A L U S O

LO SCARPONE CANAVESANO - 15

GNotizie dai Gruppi

C A S t E L L A M O N t E

Ricordiamo Angela Mautinodi Enzo Zucco

24 maggio 1970, Santa Elisabetta, inaugurazione del Monumento ai Caduti eretto dal Gruppo di Castel-lamonte. Al centro dell’im-magine la Signora Angela Mautino, Madrina del Mo-numento nel momento del taglio del nastro tricolore. Angela Mautino, vedova dell’Alpino Bertoglio Bosio Giovanni, ci ha lasciati lo scorso 29 marzo, per rag-giungere il figlio Gabrie-le, Alpino, “andato avanti” pochi mesi or sono. Per la sua costante disponibilità e vicinanza al mondo alpino, il Gruppo di Castellamonte vuole ricordarla così, con questa storica immagine…grazie Angela!

Le lacrime del partigiano per i mural della memoriadi Lydia Massla

Il calusiese Vitale Salvetti, ha 93 anni. E con l’amico Bruno Chiaro sono rimasti

gli ultimi due testimoni della Resistenza che sul territorio, a cavallo della Seconda Guerra Mondiale, li ha visti impegnati nella lotta per la liberazione dal nazifascismo. E si commuove il vecchio partigiano quando nel-la mattinana di sabato scorso in piazza Mario Actis Permetti (sindaco di Caluso nel 1946, se-natore e fervente antifascista) l’amministrazione comunale e la locale sezione Anpi, nell’am-bito del cartellone di eventi Se-gni di libertà, inaugurano i due mural che ricordano il sacrifi-

cio di tutti i partigiani. E soprattutto l’eccidio di

Caluso: era il 7 aprile del 1944 quando quindici partigiani ven-nero fucilati per rappresaglia dalle truppe tedesche contro le mura del parco Spurgazzi in via Roma. Tra loro anche Aldo Porta, prozio di Corrado Bian-chetti, il giovane illustratore di Cuorgnè, che ha racconta-to tutta la storia in una bella graphic novel di prossima usci-ta. E dal racconto per immagini è detivato uno dei mural, rea-lizzato con la tecnica del pen-cil, e dal forte impatto emotivo, dallo stesso Bianchetti.

L’altro invece è un trittico, opera collettiva di Arnaldo Corsin, Luisa Brianti, Paolo Penta, Varnja Corsin, Gian Mario Quagliotto ed Erica D'Antonio. Che nel loro lavo-ro si sono ispirati alla raccol-ta Resistenza e poesie, curate da Manuela Pedrotti. A tutti è arrivato un messaggio della presidente della Camera Laura Boldrini, attesa all’evento, ma trattenuta a Roma da impegni urgenti. «L’onorevole Boldrini mi ha chiamato personalmente - ha detto l’assessore alla Cul-tura Alberto Probo - per rin-

graziarci dell’invito».Le tavole della graphic novel

invece fanno parte della mostra Non ti scordar di me, ancora visitabile nella scuola primaria Glacosa, insieme a quella cura-ta dall’Anpi, che ripercorre gli

anni del ventennio fascista fino alla liberazione.

Il cartellone di iniziative si concluderà venerdì 25 aprile, con l’omaggio a Caduti della Resistenza a Caluso e nelle fra-zioni.

C A L U S O

Notizie dai GruppiG

Il partigiano Bruno Chiaro, premiato alla manifestazione del 25 Aprile

Vitale Salvetti, 93 anni, fotografato con il sindaco Marco Suriani

16 - LO SCARPONE CANAVESANO

N O A S C A Ricordiamo un Alpino

Il 25 febbraio è scomparso all’età di 49 anni, a se-guito di una lunga malattia, l’Alpino Varda Rena-to, tesoriere del Gruppo Alpini di Noasca. Già il

padre Varda Angiolino ne era stato Vice Capogruppo e segretario. L’amore per la montagna, la dedizione verso il suo paese, la disponibilità verso il prossimo,

sono i valori che han-no contraddistinto la vita di Renato. Ci ha insegnato a lottare con coraggio, a non lamen-tarci di fronte alle fati-che, a sperare sempre in un futuro migliore. Con la sua voglia di vi-vere, la sua generosità, la sua allegria, ha di-mostrato qual’è il vero spirito di un alpino. Un esempio che, per quanti l’hanno cono-sciuto, sarà un onore seguire.

All’Alba del 10 pioveva...di Anna Maria Brualdi

“ Il tempo non deve cancella-re ciò che è stato.

I nostri figli non devono esse-re dimenticati.

I loro sacrifici non devono es-sere vanificati.

Ricordiamoli sempre.”

Mamma Anna Maria

Proprio per non dimenti-care, nell’anno di inizio della Commemorazione

del Centenario della Gran-de Guerra, il gruppo alpini di Mazzè ha voluto ricordare i suoi Caduti: 47 figli di Mazzè e Barengo partiti per la guerra e non più tornati.

La bella Chiesa Parrocchiale, sabato 5 aprile u.s., ha accolto e abbracciato alpini e famiglie. Canti eseguiti dal Coro Sezio-nale ANA di Ivrea, racconti e poesie letti da due giovani ra-gazzi ventenni e la “storia” nar-rata da Ciribola hanno risve-gliato le nostre memorie.

Una mostra di disegni sul-la Grande Guerra, di Diego Crozza, ha fatto da sfondo ed il ricavato della vendita è stato devoluto in beneficenza.

A fare gli onori di casa, ai

numerosi partecipanti, il capo-gruppo Bruno Mila. Erano pre-senti anche molti componenti del direttivo sezionale.

Ci si augura che questa ini-

ziativa sia la prima di numero-se altre cui potremo e dovremo partecipare da qui al 2018.

E’ necessario tramandare le gesta eroiche di chi ha speso la

vita per la Patria. E’ doveroso ricordare questi figli. I giovani devono sapere, devono cono-scere e noi dobbiamo esserne il tramite.

PA L A Z Z O - P I V E R O N E

Il Gruppo di Palazzo Piverone ha festeggiato il socio e reduce di guerra PASQUALE BORRA in occasione del suo 94° compleanno.

M A Z Z È

LO SCARPONE CANAVESANO - 17

Notizie dai Gruppi G

Festeggiamenti per due centenari

di Oreste Morandi

Lo scorso 13 aprile gli Alpini del Gruppo di San Bernardo hanno festeggiato la Signora Elvira Maria Ferrero Aprato e

l’Alpino Giuseppe Celestino Bianco che hanno compiuto, rispettivamente, 103 e 100 anni.

Entrambi hanno ricevuto una targa ricordo che è stata loro consegnata dal Capo Gruppo Fabrizio Grassi, fra l’applauso dei numerosi convenuti, fra cui una delegazione del Consi-glio sezionale ANA di Ivrea e il sindaco di Ivrea Carlo Della Pepa. Il Capo Gruppo ha inoltre tracciato brevemente il curriculum dell’Alpino Giuseppe che partecipò alle campagne di Gre-cia e Albania. Infine è stato donato alla Signora Elvira Maria un bellissimo bouquet di fiori.

È seguito un gradevole rinfresco che ha feli-cemente concluso un incontro colmo di simpa-tia e umanità.

Il Gruppo Alpini per Casainsieme

Nella fotografia la consegna, da parte degli alpini del Gruppo di San Ber-nardo ai responsabili dell’Hospice

Casainsieme, della somma di 1.500 € raccolta con una particolare iniziativa durante il radu-no di raggruppamento.

Offerta per l’Associazione CasaInsieme

L’11 aprile scorso, presso la sede del Gruppo, è av-venuto l’incontro con la

Direzione della Casainsieme ONLUS di Salerano Canavese per la consegna dell’assegno di

2.500 Euro offerto all’Associa-zione, frutto della “Cena della trippa” organizzata dagli Alpini di Palazzo-Piverone sulla scor-ta della “materia prima” offerta dall’ing.Lorenzo Viglione.

Presenti alla serata, conclu-sasi con un piccolo rnfresco, oltre ai dirigenti dell’Associa-zione, i sindaci di Ivrea e di Palazzo Canavese. La Sezione di Ivrea era rappresentata dal

Vice-Presidente Eraldo Virone e dal Segretario Giuseppe Fran-zoso.

Rilevante la presenza degli Alpini guidati dal loro Capo-Gruppo Angelo Marina.

S A N B E R N A R d O

PA L A Z Z O - P I V E R O N E

18 - LO SCARPONE CANAVESANO

Notizie dai GruppiG

LE NOStRE GIOIE

BORGOFRANCO d’IVREA•SELENAVAIRETTOni-potedel socio IGINONI-COLETTA

CAStELLAMONtE•BEATRICEQUAQUAT-TO,nipotedelsocioALDO

ROMANO CANAVESE•FRANCESCODEZUTTIfigliodelSocioDEZUTTILORENZO

OZEGNA•Alessandro,nipotedelso-cioROLANDOGiuseppe

SEttIMO VIttONE-CAREMA•BIANCAVASSIAnipotedelconsigliereMatteoPero

StRAMBINO•GEMMAROLLE,nipotedelsocioRISTAMARIO

CHIAVERANO•DAN QUING HUANGcon FABIONALIN figliodelsocioMAURO

ROMANO CANAVESE•ALESSANDRO DONA-TO, figliodel SocioGIO-VANNI, con ELENAZA-NELLATO

SAMONE•MINISCHETTIVALTER.SegretariodelGruppo,conMARTINETTOLAURA

StRAMBINOGIULIOFEDERICA,figliadelsocioALDO,conCIGNETTIFABRIZIO

ANNIVERSARIALBIANO-AZEGLIO•60°dimatrimoniodelso-cioANDORNOARMAN-DOconAVIGNONELEDA•50°dimatrimoniodelso-cioMANDRILEPIERLUIGIconVERNETTIDOMENI-CA

FIORANO•55°dimatrimoniodelso-cioMINOTTIPIERGIOR-GIOconMARAN MARIAGRAZIA

SAN GIUStO CANAVESE•50°dimatrimoniodelso-

cioATTILIOPALUDIconAUGUSTAMORETTA

BUROLO•BILLIAMONICA, figliadelVice-CapoGruppoRI-NALDO, si è laureata inScienze della FormazionePrimariail12-03-2014

PALAZZO-PIVERONE•NOVALI CLAUDIA, fi-glia del socio ANGELO,haconseguito la laurea inEconomiaeGestionedelleimpresepressol’UniversitàdegliStudidiTorino•GIOVANNINIMIRIAM,figlia del socio PAOLO,haconseguito la laurea inEconomia Aziendale conspecializzazione in Am-ministrazione,ControlloeProfessione

SAN BENIGNO C.SE•ZANELLATO ELISA ,nipotedelsocioNOZEROVALTER,haconseguitolaLaureain“Psicologiadellacomunicazione”pressol’U-niversitàdiTorino

SAN GIUStO CANAVESE•VERCELLIELEONORAfigliadelsocioesegretariodelgruppoVALTERhacon-seguitolalaureainInfermie-risticapressol'UniversitàdiIvrea

VISCHE•FIORIO ALESSIA, ni-potedelsocioACCOTTOGIANCARLO ha conse-guito la laurea in Scienzedell’educazione

I NOStRI dOLORI

ALBIANO-AZEGLIO

•BORRAGIOVANNI–re-ducedelMontenegro–so-ciodelGruppo•GULLETMARIA,mam-madel socioGIVINETTIPIERANGELOenonnadelsocioRICCARDO•TEANIOVALTER,papàdelsocioROBERTO

BAIRO•ACTISGRANDEORSO-LINAmadredelsocioBAS-SINOPIETRO•NEGRETTIEMMAnon-nadeisociDIEGOeFLA-VIOFURNO•SUCCIOFLAVIOpadredelsocioCELESTE•TARRO BOIRO CLE-MENTINAsuoceradelso-cioBIANCHETTARENZOe nonna del socioCHIA-PETTOLEONARDO

BORGOFRANCO d’IVREA•PAOLOORCIUOLIfigliodelsocioDOMENICO

CALUSO•MOCELLINANNA,mo-glie del Consigliere CA-MOSSOARIODANTE

CARAVINO•PRASSAGIUSEPPEsocioaggregatodelgruppo.•BARBEROLORENZINAmammadelsocioTROVE-ROANTONIO

CASCINEttE•BIZZOTTOFLAVIO fi-gliodelsocio GIOVANNI•GILLIOLINAsorelladelsocioLINOSERGIO

CAStELLAMONtE

•GUGLIELMETTI PIE-TROsociodelGruppo•VALENZANOSTEFANO,cognatodelSocioFRASCAALDO•BAUDINO MARGHE-RITA, mamma del socioMARCHETTOGIANCAR-LO  

CROttE

•BONINOCARLO sociodelGruppo•BELLISDOMENICOfra-tellodelsocioOSVALDO•BEILETTIMARIAziadelsocioCORDERAADRIA-NO

LESSOLO•DONA’GERMANO,co-gnatodelViceCapogruppoFRANZAMICHELANGELO

LOCANA

•PIETRO CONTRATTOsocio del gruppo e presi-denteCombattentieReduci

OZEGNA•ANGELO GUGLIEL -METTI,anni71,sociodelGruppo•NIVETTI ANTONIET-TA,mammadelsocioELIOBRUSA, nonna del socioMASSIMOeziadelCapoGruppoARNALDO

PALAZZO-PIVERONE•CODA CLEMENTINOpadredelsocioFLAVIO

PAVONE•BOSCHIANTONIO,so-ciodelGruppo

PONt CANAVESE

•TRIONEERNESTO,Con-sigliereonorarioepadredelsocioMAURO

QUASSOLO•VAIRETTOGIOVANNI(Nino) zio del socioGA-BRIELERINALDO

RIBORdONE•FRANCISETTISILVANA,mamma del ConsigliereBRUNOROBERTO

ROdALLO

•ACTISPIETROsociodelGruppo

SALASSA•PERINO PIETRO sociosimpatizzante

SAN BERNARdO•LONGOBUCCO LUIGIsociodelGruppo

SAN LORENZO•SCALIRINAmogliedelconsigliereBURZIOGIO-VANNI

SAN MARtINO•DOMENICARICCASIS-SOLDOmammadelsocioGIANOGLIOGIUSEPPE

SEttIMO VIttONE- CAREMA

•GIUSEPPEGAMBAsociodelgruppo

•GIOVANNI VAIRET-TO(Nino)Consiglieredelgruppo•GIOVANNICASSETTOpapa’delsocioMAURO•RAIMONDO CRESTOfratellodelsocioEUSEBIO•EUSEBIOCRESTOsociodelgruppo.

SPARONE•BELLINO ALBINO co-gnatodelsocioNUGAIVA-LENTINO•GIACHERIO IOLE suo-cera del socioTARRONEGIOVANNI

StRAMBINO•CRESTOEUSEBIOpadredelsocioG.PIEROedelso-ciosostenitoreBRUNO

tONENGO•NICOLOTTI MARIAIDAinGROSSO,sociosim-patizzante

tRAVERSELLA•DOMENICOGIONOso-ciodelgruppo

VIALFRE’

•CURTO TOMMASINO(Lino), anni 58, socio delGruppo

S A N B E R N A R d O

PA L A Z Z O - P I V E R O N E

LO SCARPONE CANAVESANO - 19

GDai Gruppi: gioie e lutti