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Approfondimenti

La valutazione dei rischi nella pubblica amministrazionedi Pierguido Soprani ........................................................................................ 389

Regolamento REACH: come viene aggiornata la Candidate list e ultima revisionedi giugno 2014di Erica Blasizza ............................................................................................. 393

Responsabilita penali del DDL e ruolo del perito di parte: approfondimentodi Ugo Fonzar ................................................................................................ 397

La segnaletica di salute e sicurezza sul lavoro: aspetti teorici e praticidi Claudia Macaluso ........................................................................................ 409

Inserto

Rischio incendio: valutazione qualitativa e analisi delle condizioni al contornodi Michele Mazzaro e Calogero Turturici

Prassi

Sicurezza pubblica in occasione dell’accensione di fuochi artificialiMinistero dell’Interno - Lettera Circolare 20 maggio 2014, n. 557 ............................. 415

VDR in pratica

Esposizione al rumore in cuffia negli operatori dei call centerdi Franco Simonini e Fabrizio Caioli ................................................................... 419

Giurisprudenza

Rassegna della Cassazione penalea cura di Raffaele Guariniello

RSPP garante della sicurezzaCass. Pen., sez. IV, 29 maggio 2014, n. 22233 ...................................................... 425

Preposto di fatto in assenza di delegaCass. Pen., sez. IV, 29 maggio 2014, n. 22246 ...................................................... 426

Gli obblighi dell’appaltatore-distaccante nell’art. 26 D.Lgs. n. 81/2008Cass. Pen., sez. IV, 3 giugno 2014, n. 22964Cass. Pen., sez. IV, 29 maggio 2014, n. 22286 ...................................................... 426

Atti vessatori in luoghi di lavoro: spoils system in Comune e dipendenti privatiin condizioni di degradoCass. Pen., sez. VI, 11 giugno 2014, n. 24642Cass. Pen., sez. VI, 9 giugno 2014, n. 24057 ......................................................... 427

Omessa valutazione di rischio prevedibile per infortuni pregressiCass. Pen., sez. IV, 13 giugno 2014, n. 25213 ....................................................... 429

Datore di lavoro e scelte generali di politica aziendaleCass. Pen., sez. IV, 13 giugno 2014, n. 25222 ....................................................... 429

Studio tecnico appaltatore di prove di carico, noleggiante a caldo di mezzie direttore dei lavoriCass. Pen., sez. IV, 16 giugno 2014, n. 25815 ....................................................... 430

Casi e Questioni

ISL risponde .................................................................................................. 431

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Finanziamenti

Finanziamenti per la sicurezzaa cura di Bruno Pagamici ................................................................................. 433

Norme UNI

Giugno 2014 ................................................................................................. 437

MENSILE DI AGGIORNAMENTO GIURIDICOE DI ORIENTAMENTO TECNICO

EDITRICEWolters Kluwer Italia s.r.l.Strada 1, Palazzo F6 - 20090 MilanofioriAssago (MI)

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DIRETTORE RESPONSABILEGiulietta Lemmi

REDAZIONEDonatella Armini, Marta Piccolboni,Maria Lorena Radice

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AMMINISTRAZIONEPer informazioni su gestione abbonamenti,numeri arretrati, cambi d’indirizzo, ecc.

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Soggetti responsabili

La valutazione dei rischinella pubblicaamministrazionePierguido Soprani - Avvocato

Premessa

La valutazione dei rischi pro-fessionali durante il lavoro euno dei passaggi chiave in ma-teria di tutela dell’integrita psi-cofisica (e della personalitamorale) dei lavoratori; tant’eche il legislatore ha posto dasempre il divieto di delega,ed ha altresı imposto l’ausilia-zione tecnica del datore di la-voro ad opera del servizio diprevenzione e protezione(SPP).Per altro verso, e fuor di dub-bio che la normativa di sicu-rezza e salute sul luogo di la-voro si applica indifferenziata-mente a tutti i settori di attivi-ta, compresi quelli aventi natu-ra pubblica. Ne deriva che ilmodello di impresa sicura diderivazione comunitaria, rece-pito dall’Italia inizialmentecon il D.Lgs. n. 626/1994, esuccessivamente confluito, in-sieme alla restante normativaprevenzionistica europea, nelTesto Unico della sicurezzasul lavoro, approvato conD.Lgs. n. 81/2008, corrispon-de ad uno standard concettual-mente e anche normativamen-te omogeneo.A tale conclusione si pervienedalla lettura dell’art. 3, comma1 del D.Lgs. n. 81/2008 («Ilpresente decreto legislativo siapplica a tutti i settori di attivi-ta, privati e pubblici, e a tuttele tipologie di rischio»), normache e espressione del principioc.d. di ‘‘circolarita’’ della si-curezza. Tale principio costi-tuisce peraltro - in conformitacon le indicazioni del Consi-glio europeo e del quattordice-simo «considerando» della di-rettiva 92/57/CEE (cantieritemporanei o mobili) - «un

elemento concreto nell’ambitodella realizzazione della di-mensione sociale del mercatointerno» di ciascuno Statomembro dell’Unione Europea.Non esistendo ne essendo con-cepibili aree di extraterritoria-lita, esenti da tutela (bensı,piu limitatamente, statuti giuri-dici a determinazione differen-ziata), puo affermarsi che ilprincipio di ‘‘circolarita’’ dellasicurezza costituisce un vero eproprio principium iuris: ed ein questa ottica che deve inter-pretarsi anche l’art. 3, comma2 del D.Lgs. n. 81/2008, ilquale, per taluni settori parti-colari (tra i tanti forze armatee di polizia; dipartimento deivigili del fuoco; soccorso pub-blico e difesa civile; servizi diprotezione civile; strutture giu-diziarie e penitenziarie; uni-versita e istituti di istruzioneuniversitaria; istituzioni del-l’alta formazione artistica ecoreutica; istituti di istruzioneed educazione di ogni ordinee grado; archivi, biblioteche,musei; rappresentanze diplo-matiche e consolari; mezzi ditrasporto aerei e marittimiecc.) ha previsto la determina-zione di statuti giuridici diffe-renziati, sicche le disposizionidel Testo Unico sono applicate«tenendo conto delle effettiveparticolari esigenze connesseal servizio espletato o alle pe-culiarita organizzative».Per la pubblica amministrazio-ne poi, su un piano piu genera-le ma limitatamente all’adem-pimento fondamentale costi-tuito dall’attivita di valutazio-ne dei rischi professionali, illegislatore ha posto la regoladi uno «statuto differenziatosulla valutazione dei rischi»,

disciplinato dall’art. 18, com-ma 3 del D.Lgs. n. 81/2008.Secondo tale norma «Gli ob-blighi relativi agli interventistrutturali e di manutenzionenecessari per assicurare...la si-curezza dei locali e degli edifi-ci assegnati in uso a pubblicheamministrazioni o a pubbliciuffici ... restano a carico dellaamministrazione tenuta, pereffetto di norme o convenzio-ni, alla loro fornitura e manu-tenzione. In tal caso gli obbli-ghi previsti dal presente decre-to, relativamente ai predetti in-terventi, si intendono assolti,da parte dei dirigenti o funzio-nari preposti agli uffici interes-sati, con la richiesta del loroadempimento all’amministra-zione competente o al soggettoche ne ha l’obbligo giuridico».

Lo statuto‘‘differenziato’’di valutazionedei rischi

La prima notazione e che lostatuto differenziato di valuta-zione dei rischi era stato con-cepito per trovare applicazionelimitatamente agli interventistrutturali e di manutenzionenecessari per assicurare la si-curezza dei locali e degli edifi-ci, mentre esso non opera conriguardo agli aspetti di acquisi-zione tecnologica, di organiz-zazione del lavoro e di elabo-razione delle procedure di si-curezza.Cio significa che i datori di la-voro pubblici sono comunquetenuti ad elaborare personal-mente la strategia da trasfon-dere nel documento di valuta-zione dei rischi (DVR), adat-

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tandola al proprio modello diorganizzazione interna.La seconda considerazione eche, al fine di evitare compor-tamenti o prassi non trasparen-ti, sarebbe stato opportuno sta-bilire che la richiesta di adem-pimento degli interventi strut-turali e di manutenzione suedifici non di proprieta, sebbe-ne in uso a pubbliche ammini-strazioni, dovesse assumereindefettibilmente la formascritta; oltre a tale requisito diforma, sarebbe stato necessa-rio che il legislatore avessestabilito in via generale un ter-mine massimo per l’adempi-mento della richiesta, salval’esposizione scritta di even-tuali ragioni impeditive da par-te del soggetto pubblico grava-to di tale obbligo.La terza valutazione e che, fer-mo restando che il datore di la-voro e tenuto a richiedere larealizzazione degli interventirelativi agli interventi struttu-rali e di manutenzione neces-sari per assicurare la sicurezzadei locali e degli edifici, aglienti e/o ai soggetti tenuti perlegge a provvedere, e che contale richiesta si intende assoltol’obbligo di sua personalecompetenza; nondimeno si de-ve ritenere che, in ogni situa-zione di grave e di immediatopregiudizio per la sicurezza ela salute dei lavoratori e degliutenti della struttura, il datoredi lavoro «pubblico» sia co-munque tenuto a porre in esse-re ogni misura idonea a fron-teggiare la situazione pericolo-sa e potenzialmente dannosa.Utile indicazione in tal sensoe fornita dall’art. 5 del D.M.n. 363/1998, il quale, con ri-guardo agli istituti di istruzio-ne e di educazione, obbliga ildatore di lavoro ad adottarein via personale ed esclusiva,sentito il responsabile del ser-vizio di prevenzione e di pro-tezione, «ogni misura idoneaa contenere o eliminare lo sta-to di pregiudizio, informando-ne contemporaneamente l’entelocale per gli adempimenti diobbligo». Ove egli non prov-veda in tal senso, ne risponde-ra penalmente, secondo ilmeccanismo di attribuzionedella responsabilita insito nel-

l’assunzione di una specificaposizione di garanzia.Quanto alla indisponibilita dirisorse finanziarie sufficientiad assicurare l’attuazione degliadempimenti e degli obblighilegati alla sicurezza del lavoro,tale situazione deve esseretempestivamente segnalatanella sede gerarchica, cioe agliorgani di direzione politico-amministrativa dell’ente dacui il datore di lavoro pubblicodipende (gerarchicamente e/ofunzionalmente), adottandoprovvisoriamente, ove (tecno-logicamente ed economica-mente) possibile, misure inte-rinali alternative, che garanti-scano un livello di sicurezzail piu possibile equivalente aquello imposto dalla legge,impiegando le risorse esistentinel rispetto dei criteri dellapriorita e della gradualita nel-l’impegno della spesa.Il che equivale ad affermareche, nel dare attuazione ai pro-grammi, ai progetti, agli obiet-tivi definiti dall’amministra-zione di appartenenza o diret-tamente dalla legge, non si po-tranno considerare subvalenti,in una situazione di limitatezzadelle risorse, quelli impostidalla normativa di prevenzio-ne, la cui priorita e chiaramen-te indicata sia dal rilievo anchecostituzionale riconosciuto aibeni protetti (salute dell’uomolavoratore; sicurezza e igienedel lavoro), sia dalla previsio-ne dell’assoggettamento a san-zione penale per il caso diinosservanza.

I soggettiresponsabilidegli obblighidi sicurezza

La giurisprudenza e semprestata sensibile all’identifica-zione dei soggetti responsabilidell’attivita di valutazione deirischi nelle amministrazionipubbliche. Si esaminano di se-guito alcune interessanti sen-tenze.In una vicenda riguardante unufficio giudiziario, «il doveredi sicurezza si ripartisce tra iltitolare del potere di controllo,

attribuito ... ai capi degli ufficigiudiziari (che in tal modohanno assunto la qualita di da-tori di lavoro ai sensi dell’art.2, comma 1, lett. b) delD.Lgs. 19 settembre 1994, n.626), e il titolare del poteredi spesa, spettante all’organodel comune (sindaco o asses-sore delegato al patrimonioimmobiliare o direttore del-l’ufficio tecnico dotato di po-teri decisori) che eserciti inconcreto la potesta di decisio-ne e di spesa, atteso che, inforza dell’art. 1 della legge24 aprile 1941, n. 392, l’enteterritoriale ha l’obbligo diprovvedere a quanto necessitaper ‘‘i locali ad uso degli ufficigiudiziari’’» (1).In tema di prevenzione infor-tuni nelle istituzioni scolasti-che, soggetto destinatario del-l’obbligo di sicurezza e il diri-gente che abbia poteri di ge-stione (2).In materia di prevenzione in-fortuni ed igiene del lavoronell’ambito di un ente pubbli-co territoriale, quale un Comu-ne, attesa la posizione di ga-ranzia del Sindaco - e degli as-sessori - la delega di funzioniin favore di altri soggetti, qua-le il dirigente o il funzionariopreposto, assume valore, al fi-ne di escludere la responsabili-ta in capo ai deleganti, soloove gli organi elettivi siano in-colpevolmente estranei alleinadempienze del delegato, enon siano neppure stati infor-mati di tali inadempienze, cosıda escludere un atteggiamentodi inerzia e di colpevole tolle-ranza (3).In base al principio della per-sonalita della responsabilitapenale fissato negli art. 27Cost. e art. 40 cod. pen., l’am-ministratore o il legale rappre-sentante di un ente non puoautomaticamente, e cioe per ilsolo fatto della carica ricoper-ta, essere ritenuto responsabile

Note:

(1) Cass. pen. sez. III, 23 maggio 2001, Mazza Ric-ci. Conforme Cass. pen. sez. III, 23 maggio 2001,Cinquia.

(2) Cass. pen., sez. III, 7 giugno 2001, Altamore.

(3) Cass. pen., sez. III, 9 gennaio 2003, Di Lena.

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di tutte le infrazioni penali ri-levate nella gestione dell’ente;cio a maggior ragione quandotrattasi di ente pubblico, ri-chiedendosi in tal caso chel’attivita funzionale sia statapreventivamente divisa in set-tori, rami o servizi e che a cia-scuno di essi siano in concretopreposti soggetti qualificati eidonei, dotati della necessariaautonomia e dei poteri indi-spensabili per la gestione com-pleta degli affari di quel servi-zio (4).E stato cosı ritenuto che nel-l’ambito di un comune, anchese di modeste dimensioni,rientra tra i compiti gestionalidei dirigenti, con conseguenteesclusione della responsabilitadell’organo politico, vigilaresul rispetto delle norme in ma-teria di salute e sicurezza neiluoghi di lavoro, sempre chegli organi elettivi siano incol-pevolmente estranei alle ina-dempienze ne delle stesse sia-no stati informati, cosı da do-versi escludere un atteggia-mento di inerzia o di colpevoletolleranza.Resta fermo poi il principioche, qualora l’organo di dire-zione politica abbia omessodi procedere all’individuazio-ne dei soggetti cui attribuirela qualifica di datore di lavoro(o vi abbia proceduto in ma-niera erronea), permane asuo carico la qualifica datoria-le con attribuzione della rela-tiva responsabilita in materiaantinfortunistica (5), confor-memente alla previsione oracodificata all’art. 2, comma1, lett. b), ult. periodo delD.Lgs. n. 81/2008 («Nellepubbliche amministrazioni ...In caso di omessa individua-zione, o di individuazionenon conforme ai criteri sopraindicati, il datore di lavorocoincide con l’organo di ver-tice medesimo»).In tema di aziende ospedaliere,ai fini della individuazione deldestinatario delle norme relati-ve alla prevenzione e sicurezzadegli ambienti di lavoro e statoritenuto (6) che occorre fareriferimento alla struttura orga-nizzativa della ASL in relazio-ne alla ripartizione interna efunzionale delle singole com-

petenze; cosicche la qualificadi amministratore al verticedella struttura non rileva, diper se, ai fini dell’integrazionedella fattispecie di responsabi-lita dovendosi, per contro, fareriferimento alle funzioni inconcreto esercitate sulla basedella predetta ripartizione del-le singole competenze.Resta poi fermo il principio, diportata generale, in base alquale nel settore pubblico ladelega conferita al dirigente oal funzionario preposto ad unufficio avente autonomia ge-stionale assume valore soloqualora il soggetto delegatoabbia la titolarita effettiva delpotere gestionale, con attribu-zione di autonomi poteri dispesa, e sempre che il soggettodelegante sia incolpevolmenteestraneo alle inadempienzedel delegato e non sia stato in-formato delle stesse, assumen-do cosı un atteggiamento diinerzia e di colpevole tolleran-za (7). Non e un caso che laCassazione abbia affermatoche gli obblighi di prevenzio-ne infortuni e sicurezza in luo-ghi di lavoro, che per leggefanno capo al datore di lavoro,«gravano, nel settore degli entipubblici, sul titolare effettivodel potere di gestione» (sog-getto che, all’interno di unaASL, deve essere individuato,in assenza di delega, nel diret-tore generale) (8).

Il mutamentodel quadronormativo

Deve essere segnalato chel’art. 12 del D.L. 6 luglio2011, n. 98 («Disposizioni ur-genti per la stabilizzazione fi-nanziaria»), a fini di controlloe di riduzione della spesa pub-blica, ha stabilito che, a decor-rere dal 1º gennaio 2013, ledecisioni di spesa relative agliinterventi manutentivi, a carat-tere ordinario e straordinario,effettuati sugli immobili diproprieta dello Stato, in usoper finalita istituzionali alleamministrazioni dello Stato dicui all’art. 1, comma 2 delD.Lgs. n. 165/2001 sono stateattribuite (con esclusione di al-

cune categorie: ad es. gli isti-tuti penitenziari, per i qualiprovvede, in ordine agli inter-venti manutentivi, il Ministerodella giustizia) all’Agenzia deldemanio (sentito il Ministerodelle infrastrutture e dei tra-sporti), mentre per gli inter-venti relativi agli edifici pub-blici statali e agli immobili de-maniali la decisione di spesa eassunta direttamente dal Mini-stero delle infrastrutture e deitrasporti.Del pari l’Agenzia del dema-nio e competente a provvedereper gli interventi manutentiviposti a carico del conduttoresui beni immobili di proprietadi terzi, utilizzati a qualsiasi ti-tolo dalle Amministrazionidello Stato, mentre per i re-stanti beni immobili o infra-strutture provvede il Ministerodelle infrastrutture e dei tra-sporti.E stata peraltro introdotta exnovo, come regola generale,che gli interventi di piccolamanutenzione, nonche quelliatti ad assicurare l’adegua-mento alle disposizioni di cuial D.Lgs. n. 81/2008 «sonocurati direttamente dalle Am-ministrazioni utilizzatrici degliimmobili, anche se di proprie-ta di terzi».Tutti gli interventi devono co-munque essere preventiva-mente comunicati all’Agenziadel demanio, al fine del neces-sario coordinamento con le al-tre attivita di competenza del-l’Agenzia (e, nel caso di im-mobili in locazione passiva,al fine di verificare le previsio-ni contrattuali in materia).

Conclusioni

La novella normativa del 2011ha inciso significativamente

Note:

(4) Cass. pen., sez. III, 26 settembre 2002, Borre-ca.

(5) Cass. pen., sez. III, 20 settembre 2007, L.T.D.;Cass. pen., sez. IV, 21 ottobre 2005, Ioriatti.

(6) Cass. pen., sez. III, 11 settembre 2000, Basa-glia.

(7) Cass. pen. sez. IV, 7 ottobre 2004, n. 39268.

(8) Cass. pen., sez. III, 17 luglio 2009, n. 29543.

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sullo statuto ‘‘differenziato’’della valutazione dei rischiprevisto dall’art. 18, comma 3del D.Lgs. n. 81/2008, mutan-done il regime e la disciplinanormativa, sempreche si trattidi interventi imposti dal rispet-to degli obblighi e degli adem-pimenti stabiliti dal Testo Uni-co della sicurezza sul lavoro.L’attenuazione delle differen-ze tra pubblica amministrazio-ne e datori di lavoro del settoreprivato impone dunque il ne-cessario ripensamento delle

procedure di impegno dellaspesa e - soprattutto - dei crite-ri per l’imputazione della re-sponsabilita soggettiva sia diambito contravvenzionale, siain caso di infortunio sul lavoroo di malattia professionale.Non vale piu la regola secondola quale gli obblighi di sicu-rezza, in capo ai dirigenti e aifunzionari pubblici, «si inten-dono assolti ... con la richiestadel loro adempimento all’am-ministrazione competente o alsoggetto che ne ha l’obbligo

giuridico»; ora bisogna prov-vedere direttamente a tutti gliinterventi necessari per finalitadi sicurezza sia di igiene dellavoro.E un raro caso in cui l’obietti-vo della tutela diretta e imme-diata delle condizioni di lavo-ro ha acquisito preminenzasulle procedure amministrati-ve, le quali non rappresentanopiu (come poteva essere se-condo il sistema precedente)un ostacolo alla loro salva-guardia.

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Sostanze pericolose

Regolamento REACH:come viene aggiornatala Candidate List e ultimarevisione di giugno 2014Erica Blasizza - Ingegnere, StudioFonzar

Le sostanze SVHCe la Candidate List

Uno degli obiettivi fondamen-tali del Regolamento (CE) n.1907/2006 del Parlamento eu-ropeo e del Consiglio, del 18dicembre 2006, concernentela registrazione, la valutazio-ne, l’autorizzazione e la restri-zione delle sostanze chimiche(c.d. ‘‘REACH’’), e garantireil buon funzionamento delmercato interno dell’UnioneEuropea, assicurando che i ri-schi che presentano le «sostan-ze estremamente problemati-che» siano adeguatamentecontrollati e che queste sostan-ze siano progressivamente so-stituite da idonee sostanze otecnologie alternative, ovequeste siano economicamentee tecnicamente valide.L’art. 57 del Reg. REACH de-finisce come «sostanze estre-mamente problematiche»(spesso indicate con l’acroni-mo SVHC, i.e. Substances ofVery High Concern) le sostan-ze che presentano le seguenticaratteristiche:– sostanze classificate cance-rogene di categoria 1A o 1Bin base al punto 3.6 dell’Alle-gato I del Reg. (CE) n. 1272/2008, cioe sostanze per cui ri-spettivamente sono noti effetticancerogeni per l’uomo sullabase di studi sull’uomo (cate-goria 1A) e per cui si presu-mono effetti cancerogeni perl’uomo, prevalentemente sullabase di studi su animali (cate-goria 1B);– sostanze classificate muta-gene sulle cellule germinali

in base al punto 3.5 dell’Alle-gato I del Reg. (CE) n. 1272/2008;– sostanze di cui e accertata(categoria 1A) o presunta (ca-tegoria 1B) la tossicita per lariproduzione umana per gli ef-fetti nocivi sulla funzione ses-suale e sulla fertilita o sullosviluppo, ai sensi del punto3.7 dell’Allegato I del Reg.(CE) n. 1272/2008;– sostanze persistenti, bioac-cumulabili e tossiche secondoi criteri di cui all’Allegato XIIIdel Reg. REACH;– sostanze molto persistenti emolto bioaccumulabili secon-do i criteri di cui all’AllegatoXIII del Reg. REACH;– sostanze aventi proprietache perturbano il sistema en-docrino o aventi proprieta per-sistenti, bioaccumulabili e tos-siche o molto persistenti emolto bioaccumulabili diverseda quelle di cui ai due puntiprecedenti, per le quali escientificamente comprovatala probabilita di effetti graviper la salute umana o per l’am-biente.Il raggiungimento di questoobiettivo e assicurato dall’ap-plicazione delle procedure de-finite dal Titolo VII («Autoriz-zazione») del Reg. REACH,che, in estrema sintesi, fa sıche l’utilizzo delle sostanzeconsiderate estremamente pro-blematiche (ed elencate nel-l’Allegato XIV dello stessoRegolamento) sia ammessosolo a seguito del rilascio dispecifica autorizzazione perciascun utilizzo.L’aggiornamento periodi-

co (1) della Candidate Listrientra proprio nell’ambito diqueste procedure e rappresentala fase iniziale dell’applicazio-ne del Titolo VII: l’individua-zione delle sostanze estrema-mente problematiche. Il 16giugno 2014 e stata cosı pub-blicata sul sito dell’ECHA(European CHemicals Agen-cy) la versione aggiornata ditale elenco che, dopo l’aggiun-ta di quattro nuove sostanze,ne conta ora ben 155.Nella Tabella 1 sono riportatele quattro nuove sostanze in-cluse in Candidate List e la de-scrizione del motivo dell’in-clusione stessa, nonche, laddo-ve disponibili, note di appro-fondimento.

Il ruolodella Candidate Liste la proceduraper l’inserimento

Il procedimento che porta al-l’inserimento di una sostanzain Allegato XIV e, quindi, allanecessita di ottenere un’auto-rizzazione per il suo uso si ap-plica solo ed esclusivamentealle sostanze che sono state in-dividuate come «estremamen-te problematiche» e, pertanto,incluse in Candidate List.A questo proposito, va preci-sato che la proposta di identi-ficare una sostanza come

Nota:

(1) E previsto che la Candidate List sia sottopostaad aggiornamento a giugno ed a dicembre di ognianno.

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«estremamente problematica»(SVCH) puo provenire dauno Stato Membro o dall’E-CHA (su richiesta della Com-missione), che, ai sensi del-l’art. 59 del Reg. REACH,predispongono un fascicoloconformemente all’AllegatoXV dello stesso Regolamen-to.Il fascicolo di cui all’AllegatoXV deve contenere le provescientifiche che giustificanol’identificazione della sostanzacome sostanza estremamenteproblematica.A questo punto, l’ECHA, me-diante un avviso pubblicatosul suo sito web, invita le partiinteressate a trasmetterle os-servazioni sul fascicolo Alle-gato XV entro un termine daessa stabilito (ai sensi dell’art.59 paragrafo 4); oltre alle partiinteressate, anche gli StatiMembri e la stessa ECHA so-no invitati a trasmettere le loroosservazioni.Una volta stabilito che la so-stanza e SVHC, in quanto pre-senta una o piu delle caratteri-stiche di cui all’art. 57, la so-stanza e inserita in CandidateList.

L’inserimento di una so-stanza nell’elenco dellesostanze candidate ha ilprincipale effetto di ren-dere verosimile la sua fu-tura inclusione in AllegatoXIV.

Rispetto a tutte le sostanzepresenti in Candidate List, l’E-CHA (tenuto conto del pareredel comitato degli Stati Mem-bri) emette «raccomandazio-ni» per individuare quelle so-stanze che, in via prioritaria,sono da includere in AllegatoXIV.Ai sensi dell’art. 58 paragrafo3, sono considerate prioritariele sostanze che rientrano inuna di queste casistiche:– PBT (Persistenti Bioaccu-mulabili Tossiche) o vPvB(molto Persistenti moltoBioaccumulabili);– il cui uso e fortemente di-spersivo– prodotte in grandi quantita.L’ECHA avvia una consulta-zione pubblica, rendendo di-sponibile la raccomandazionesul suo sito web, e invitandotutte le parti interessate a pre-

sentare, entro i tre mesi suc-cessivi alla data di pubblica-zione, osservazioni riguardan-ti, in particolare, gli usi chedovrebbero essere esentatidall’obbligo di autorizzazio-ne.Le osservazioni ricevute pos-sono determinare l’aggiorna-mento della raccomandazioneche, successivamente sara tra-smessa alla Commissione.La consultazione pubblica ge-neralmente si svolge una voltaall’anno; la prossima e previ-sta dal 1º settembre al 30 no-vembre 2014.La procedura prevede che l’E-CHA trasmetta almeno ognidue anni alla Commissioneuna raccomandazione sulle so-stanze da includere nell’Alle-gato XIV, a norma dell’art.58, paragrafo 3.La decisione finale sulle so-stanze da inserire in AllegatoXIV spetta alla CommissioneEuropea.A questo punto, se la Com-missione Europea decide perl’inserimento della sostanzain Allegato XIV, cio determi-na l’aggiornamento di tale al-legato in cui, per ciascuna so-

Tabella 1 - Sostanze incluse dal nuovo aggiornamento

Nome e identificatividella sostanza

Motivo dell’inclusionein Candidate List

Notedi approfondimento

1 Cadmium chlorideEC number 233-296-7CAS number 10108-64-2

Cancerogeno (Art. 57 letteraa);Mutageno (Art. 57 lettera b);Tossico per la riproduzione(Art. 57 lettera c);Sostanza con un livello di pre-occupazione equivalente aquella suscitata dalle sostanzedi cui alle lettere da a) a e) del-l’art. 57.

Componente per la produzio-ne di composti inorganici e or-ganici del Cadmio; reagente dilaboratorio; trattamenti galva-nici.

2 1,2-Benzenedicarboxylic acid,dihexyl ester, branched and li-nearEC number 271-093-5CAS number 68515-50-4

Tossico per la riproduzione(Art. 57 lettera c)

Informazioninon disponibili

3 Sodium peroxometaborateEC number 231-556-4CAS number 7632-04-4

Tossico per la riproduzione(Art. 57 lettera c)

Utilizzi vari per la proprieta diagente sbiancante

4 Sodium perborate; perboricacid, sodium saltEC number 239-172-9, 234-390-0CAS number - ................

Tossico per la riproduzione(Art. 57 lettera c)

Informazioninon disponibili

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stanza sono precisati i se-guenti dati:– l’identita della sostanza;– la o le proprieta intrinsechedella sostanza che ne hannodeterminato l’inclusione nel-l’allegato XIV;– la data (sunset date) a parti-re dalla quale l’immissione sulmercato e l’uso della sostanzasono vietati, salvo qualora siarilasciata un’autorizzazione;– la data ultima per la presen-tazione della domanda di auto-rizzazione (precedente di al-meno 18 mesi la sunset date),da rispettare se il richiedenteintende continuare a utilizzarela sostanza o a immetterla sulmercato per determinati usidopo la sunset date;– eventuali utilizzi non sog-getti ad autorizzazione e leeventuali condizioni di taliesenzioni;

e, se del caso, i periodi di revi-sione per taluni usi.Dopo la data di scadenza (sun-set date) le sostanze inclusenell’Allegato XIV non posso-no essere utilizzate o essereimmesse sul mercato da unfabbricante, da un importatoreo da un utilizzatore a valle ameno che si sia verificata unadelle seguenti circostanze:– sia stata rilasciata un’auto-rizzazione per quel determina-to uso;– sia stata presentata all’E-CHA una domanda di autoriz-zazione entro il termine preci-sato nell’Allegato XIV senzache sia gia stata adottata unadecisione in merito;– l’uso sia esentato dall’obbli-go di autorizzazione.Un utilizzatore a valle puo im-piegare una sostanza rispon-dente ai criteri appena elencatipurche l’uso sia conforme alle

condizioni previste da un’au-torizzazione rilasciata per taleuso ad un attore situato a mon-te della sua catena d’approvvi-gionamento.Oltre alle esenzioni eventual-mente indicate in AllegatoXIV, va tenuto conto anchedelle esenzioni di carattere ge-nerale che derivano dagli artt.2 e 56 del Reg. REACH.Qualora siano disponibilinuove informazioni che di-mostrano che una sostanzanon risponde piu ai criteri dicui all’art. 57, tale sostanzasara depennata dall’AllegatoXIV. Inoltre le sostanze perle quali sono vietati tutti gliusi (o per effetto della proce-dura di restrizione di cui alTitolo VIII del REACH o aisensi di altre normative co-munitarie), non sono inclusenell’Allegato XIV o ne sonodepennate.

Figura 1 - Fasi per l’inserimento di una sostanza in Allegato XIV

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E importante, infine, ricordareche per le sostanze soggettead autorizzazione non esistonosoglie di tonnellaggio, comeaccade invece, ad esempio,per l’obbligo di «registrazio-ne».

Fonti di riferimento

– Regolamento (CE) n. 1907/2006 del Parlamento europeoe del Consiglio, del 18 dicem-bre 2006 (c.d. Reg. REACH);– Sito web ECHA, http://

echa.europa.eu/web/guest;j-sessionid=FE1DF233850175-DA7BEF41B2E769520B.li-ve1– Linea guida ECHA perl’Autorizzazione

LIBRI Il rischio rumore negli ambientidi lavoroAndrea Rotella, Gabriele Campurra2013, III ed., pagg. 352+CD ROM, E 30,00

Il rumore all’interno degli ambienti di lavoro continua ad essere unadelle principali cause di malattie professionali ed alta rimane lapercentuale di lavoratori esposti a questo fattore di rischio.Con il Testo Unico per la sicurezza, D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, illegislatore ha confermato le prescrizioni minime di sicurezza e disalute relative all’esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dalrumore durante il lavoro.Ora le nuove norme tecniche UNI EN ISO 9612:2011 e UNI9432:2011 chiariscono alcuni dei punti che la normativa aveva la-sciato in sospeso e introducono modalita di rilevazione dei dati ecalcoli per la stima dell’errore piu complessi che in passato.Il volume (con pratici strumenti di calcolo disponibili su CD ROM) euna guida operativa di grande utilita per i tecnici che operano nelsettore della sicurezza nei luoghi di lavoro: responsabili e addettial servizio di prevenzione e protezione, medici competenti, consu-lenti tecnici, personale degli organi di vigilanza e controllo.

Per informazioni� Servizio Informazioni Commerciali

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Gestione della sicurezza

Responsabilita penalidel DDL e ruolo del peritodi parte: approfondimentoUgo Fonzar - Ingegnere, studioFonzar

Premessa

Questo lavoro si propone diapprofondire il tema - gia trat-tato in precedenza (1) - di co-me l’azienda e il datore di la-voro possano dimostrare, inmodo pratico, il corretto ope-rato e l’adeguata gestione dellasicurezza e della salute deiluoghi di lavoro, ai fini dell’e-simente dalla responsabilitaamministrativa degli enti se-condo il D.Lgs. n. 231/2001e s.m.i., e nello specifico peril reato previsto dall’art. 25-septies.L’intento e ambizioso, ma conil recente D.M. 13 febbraio2014, che pubblica le procedu-re semplificate per l’adozionee l’efficace attuazione di mo-delli di organizzazione e di ge-stione della sicurezza nellepiccole e medie imprese (aisensi dell’art. 30, comma 5-bis del D.Lgs. n. 81/2008 es.m.i.) una possibile via e stataindicata (2).Gli obblighi del datore di lavo-ro in materia di salute e sicu-rezza si trovano in primis nelD.Lgs. 81/2008 e s.m.i. e pos-sono esser sintetizzati inadempimenti riguardanti:– l’organizzazione della sicu-rezza (organigramma, deleghedi funzioni),– la valutazione di tutti i ri-schi presenti in azienda conla pianificazione delle azionidi miglioramento,– l’attribuzione della mansio-ne lavorativa,– le misure di prevenzione e/oprotezione,– l’informazione, la formazio-ne e l’addestramento,– le procedure di lavoro e diemergenza,– la vigilanza,

– la programmazione dellemanutenzioni.Di seguito verranno trattati al-cuni di questi argomenti (for-mazione, addestramento, vigi-lanza, consegna DPI), ripor-tando degli esempi documen-tali, a supporto dell’attivita dasvolgere e da formalizzare,nella filosofia e a completa-mento di quanto indicato nelD.M. 13 febbraio 2014 citato.

Informazione,formazionee addestramento

Il datore di lavoro deve mette-re in atto una serie di attivita alfine di rendere edotto un lavo-ratore del proprio ruolo, re-sponsabile e capace di pren-dersi cura della propria e altruisicurezza, al fine di informar-lo, formarlo e addestrarlo:

ci sono diversi strumentiattivabili in azienda e questistrumenti devono lasciareun «traccia formale».

Di seguito si propongono cin-que esempi facilmente imple-mentabili e gestibili in azien-da:1) scheda macchina;2) registro di addestramentolavoratore;3) registro delle competenzeacquisite;4) diario prevenzionale delpreposto;5) consegna dei DPI.Si spieghera il loro scopo e lemodalita di realizzazione e uti-lizzo. Tali ‘‘strumenti’’ nonsono un’invenzione di chi scri-ve, ma sono prassi gia consoli-date negli anni, perse e poi ri-

scoperte e/o migliorate in mol-te aziende.

Schede macchina

Le «schede macchina» rappre-sentano un valido strumento digestione del rischio da partedell’azienda, rendendo i lavo-ratori costantemente consape-voli dei rischi presenti sull’at-trezzatura di lavoro, oltre aquali procedure, dispositivi diprotezione e attenzioni sonoda adottare al fine di evitarel’evento infortunistico e/o ma-lattia professionale lavorandosu quella specifica attrezzaturadi lavoro.Le «schede macchina» quindiassolvono gli obblighi di in-formazione (3) (di per se stes-se); ad esempio, se utilizzatedai preposti e mostrate durantei corsi anche on the job (4),sono supporto alla formazionee all’addestramento.Esse sono caratterizzate dallafacile comprensibilita (art. 73comma 3) e sono da preferirsial manuale delle istruzioni perl’uso: chi consulta l’intero ma-nuale prima di utilizzare unqualsiasi elettrodomestico incasa appena acquistato?Le schede macchina possonoessere tratte anche dai manuali

Note:

3 Ha collaborato Patrizia Marcon.

(1) U. Fonzar, Responsabilita penali del DDL e ruo-lo del perito di parte, in ISL, 2014, 2, 71.

(2) Per un approfondimento sull’argomento si ri-manda a A. Rotella, Procedure semplificate per l’a-dozione dei MOG nelle PMI, in ISL, 2014, 4, 173.

(3) Art. 36 del D.Lgs. n. 81/2008.

(4) Ai sensi del Titolo III del D.Lgs. n. 81/2008 ein particolare dell’art. 73

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di istruzioni per l’uso delle va-rie attrezzature in azienda, ol-tre che da banche dati (5) epoi potranno subire nel tempoevoluzioni. Tali documenti so-no da intendersi come attivitatipica del servizio di preven-zione e protezione (art. 33comma 1 lett. c)).Per essere efficaci vanno espo-ste in prossimita della macchi-na, meglio se plastificate, ov-vero anche consegnate a ognisingolo lavoratore, e dovreb-bero riportare almeno le se-guenti informazioni:– anagrafica della macchina(marca, modello, tipo, matri-cola);– nominativo dei lavoratoriautorizzati all’uso e alla manu-tenzione della stessa (megliose con firma dei singoli inte-ressati);– richiamo alle rispettive pro-cedure o istruzioni aziendali;– rischi presenti e come evi-tarli o ridurli;– situazioni anormali prevedi-bili;– formazione specifica e/o ad-destramento necessari;– referente o responsabile del-la macchina o dell’impianto dachiamare in caso di anomalienel funzionamento;– cosa fare in caso d’emer-genza.In Tabella 1 viene proposto unmodello di scheda macchi-na (6).

Registroaddestramentolavoratore

E importante in azienda svi-luppare un percorso di forma-zione e addestramento specifi-co (nuovi addetti, cambiomansione, introduzione dinuove tecnologie, aggiorna-mento periodico, ecc.), garan-tito oltre che con i corsi in au-la (7), anche con ore di affian-camento a personale esperto,formazione on the job ecc. inmodo che l’esperienza direttae l’esempio del preposto o dialtri esperti possa trasmetterele procedure in modo efficacee nelle reali condizioni opera-tive: anche tali attivita sonoda formalizzare.

In Tabella 2 si propone un re-gistro che attesta l’addestra-mento o la formazione on thejob svolti verso i lavoratori(ad integrazione del modulodel D.M. 13 febbraio 2014,Allegato 9). In particolare ven-gono dettagliate le modalita disvolgimento e di verifica dellecompetenze acquisite.La durata dell’addestramento odella formazione dipendera ov-viamente dalla complessita dellavoro, dai tipi di rischio, dalleattivita previste, dal livello edagli obiettivi che si vuole rag-giungere (p.es. un conduttoredi linea avra sicuramente unaddestramento o affiancamentodiverso da un attrezzista).

Registrodelle competenzeacquisite

A complemento dell’iter di ad-destramento si propone, in piurispetto a quanto pubblicatodal D.M. 13 febbraio 2014,una scheda che permette di va-lutare sia le attitudini dei lavo-ratore che le capacita acquisi-te, fino al raggiungimento del-le competenze necessarie a ga-rantire un’autonomia lavorati-va su vari fronti: tecnico, ge-nerale e relazionale.Nello specifico la sezione tec-nica si occupa di riportare l’e-lenco delle attivita, per il cuisvolgimento sono necessarieconoscenze tecniche, oggetti-ve e abilitanti (p.es. carrellista,PES/PAV ...), ovvero il «comefare una determinata operazio-ne», mentre l’ambito generalee relazionale evidenzianoaspetti di tipo soggettivo-com-portamentale come la capacitadi problem solving, il saper ri-conoscere un pericolo, la con-sapevolezza del rischio, il ri-spetto delle procedure, la ca-pacita di relazionarsi con i col-leghi.Tale strumento consente di di-mostrare che il lavoratore, ad-detto a una determinata lavora-zione, non solo e stato formatoe addestrato ma che egli e sta-to giudicato in modo positivoe comprende i rischi di cioche fa, in quanto ha acquisitonel tempo una serie di compe-

tenze tecniche, generali e rela-zionali, che lo rendono «capa-ce» di lavorare in sicurezza.Di fatto, ad ogni compito vie-ne assegnato un valore nume-rico p.es. da 0 a 4, corrispon-dente ad altrettanti livelli dicompetenza, dalla non capaci-ta, alla necessita d’affianca-mento, allo svolgere il lavoroin autonomia, fino a divenirelavoratore esperto in grado diaffiancare e addestrare nuovopersonale in quella specificaattivita.Oltre a cio il registro permettedi:– evidenziare il fabbisognoformativo e di ulteriore adde-stramento e/o affiancamentodel singolo lavoratore per ogniarea di lavoro ed attrezzatureutilizzate;– mettere in luce i cosı detti«jolly», ovvero quelle personeche per le loro capacita tecni-che, generali e relazionali pos-sono sostituire colleghi, anchedi altri reparti.Per tali ragioni il registro an-dra compilato correttamente eaggiornato periodicamente.Per rendere piu schematico iltutto e gestibile in modo sem-plice (senza dover usare un da-tabase) si propone una sintesiin Tabella 3.

Vigilanza e diarioprevenzionaledel preposto

Secondo il D.Lgs. n. 81/2008,art. 2. comma 1, lett. e), il pre-posto ha il ruolo di sovrinten-dere all’attivita lavorativa egarantire l’attuazione delle di-rettive ricevute, controllando-ne la corretta esecuzione da

Note:

(5) Ad esempio Tutto Sicurezza e Ambiente, Wol-ters Kluwer Italia.

(6) Studio Fonzar & Partners ha curato un pro-getto per Tutto Sicurezza e Ambiente elaborando100 «schede macchina», partendo da quelle piuin uso, consultabili, scaricabili ed editabili dallabanca dati.

(7) Mentre il mondo legislativo si sta spostandosulla FAD o sull’e-learning, si invita a riflettere diquanto efficace e vedere il proprio posto di lavo-ro con occhi nuovi, aperti da un docente «sulcampo».

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Tabella 1 - Esempio di scheda macchina

SCHEDA MACCHINA

Reparto Tipologia macchina/impianto(marca, modello, tipo)

Matricola Anno di fabbricazione

................................. ..................................... .................. ....................

Persone autorizzate all’uso e alla manutenzione della macchina/impianto (*)

Nome e Cognome - Mansione Data e Firma

(*) Distinguere se necessario tra chi puo fare manutenzione e chi puo solo utilizzare la macchina, ovvero la puo attrezzare,pulire, ecc. soprattutto se ci sono aspetti peculiari di sicurezza legati a livelli di professionalita ed esperienza diversi.

Formazione rischi specifici che devono avere gli addetti

o formazione agenti fisicio formazione rischio elettricoo formazione uso DPI III categoriao formazione esposizione a polveri di amiantoo formazione spazi confinati o sospetti d’inquina-mento

o formazione uso attrezzature lavori in quotao formazione agenti chimici e cancerogenio formazione rischio biologicoo formazione rischio esplosioneo formazione rischio meccanicoo altro ..............................................................................

Presenza di procedure/istruzioni aziendali

o istruzione operativa di avvio/blocco della macchinao istruzione operativa di ripristino interbloccoo altro ...............................................................................................................................................................................

Dettaglio azioni/compiti da svolgere(compresi i controllo preliminari e le operazioni preparatorie)

o verificare la disponibilita e l’integrita dei dispositivi di sicurezzao controllare che nell’area di lavoro non vi siano oggetti /persone che possano interferire con le ope-razionio compiere nell’ordine le seguenti azioni:1. ..........................................................................................................................................................................................2. ..........................................................................................................................................................................................3. ..........................................................................................................................................................................................4. ..........................................................................................................................................................................................o leggere attentamente il manuale d’uso e manutenzione come riferimento principale

DivietI

o non intervenire se non espressamente autorizzatio non intervenire su organi in movimento o oliare organi in motoo non eludere sistemi di sicurezzao vietato togliere le protezionio altro ...............................................................................................................................................................................

Rischi residui della macchina durante le fasi di vita

Fare elenco dei rischi residui in base alle fasi di vita - meglio se si esemplificano le zone con foto ad hoc

DPI previsti (per fasi di vita diverse saranno da evidenziare quelli particolari da utilizzare)

o protezione del capoo protezione delle vie respiratorieo protezione degli occhi

o protezione delle manio protezione degli arti inferiorio altro ..............................................................................

In caso di emergenza/anomalia

(Referente: .............................................................. , numero di telefono: .............................................................. )

Emesso da RSPP: Approvato da: Edizione-data

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parte dei lavoratori, esercitan-do un funzionale potere di ini-ziativa.

Il «funzionale potere di inizia-tiva» va inquadrato in un mini-mo grado di autonomia di riso-

luzione dei problemi «locali»che sul luogo di lavoro si pon-gono in modo «continuo», con

Tabella 2 - Registro addestramento del lavoratore

REGISTRO ADDESTRAMENTO / FORMAZIONE

AZIENDA ........................................ REPARTO ....................................... MANSIONE ........................................

LAVORATORE IN AFFIANCAMENTO: ..................................................................................................................

ADDESTRATORE ESPERTO: .................................... QUALIFICA ADDESTRATORE ....................................

Data Dalle ore /alle ore

Oggetto della formazione /addestramento

Tipologia di DPI,attrezzatura

di lavoro, impianto,sostanze, strumenti,

operazioni, ecc.

Firmalavoratore

Firmaaddestratore

o Utilizzo di DPIo Utilizzo impiantoo Utilizzo attrezzatura di la-voroo Utilizzo strumentoo Utilizzo sostanzeo Operazioni di .....................o ................................................

o Utilizzo di DPIo Utilizzo impiantoo Utilizzo attrezzatura di la-voroo Utilizzo strumentoo Utilizzo sostanzeo Operazioni di .....................o ................................................

o Utilizzo di DPIo Utilizzo impiantoo Utilizzo attrezzatura di la-voroo Utilizzo strumentoo Utilizzo sostanzeo Operazioni di .....................o ................................................

Modalita di svolgimento (come e stato fatto l’addestramento/formazione)

o Uso istruzioni operative .........................................o Uso procedure di lavoro in sicurezza .................o Manuali d’uso e manutenzione ..............................

o Affiancamento consistito in .....................................o Simulazione pratica consistita in ............................o .........................................................................................

Verifica delle competenze acquisite (come e stata fatta la verifica delle competenze)

o Orale, consistita in ...................................................

o Pratica, consistita in .................................................

o Scritta consistita in ....................................................(allegare documentazione)

Esito finale (motivare il perche si ritiene o non si ritiene ok l’esito finale)

o Negativo: ..........................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................

o Positivo: Il lavoratore ha superato positivamente la verifica e risulta ora competente eautonomo a svolgere l’attivita di:..........................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................

Firma del lavoratore Firma Addestratore

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401ISL - Igiene e Sicurezza del Lavoro n. 8-9/2014

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402 ISL - Igiene e Sicurezza del Lavoro n. 8-9/2014

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una capacita di problem sol-ving dei problemi pratici legatialla sua capacita ed esperienzadi «capo».Il preposto ha l’obbligo (art19, comma 1, lett. a) D. Lgs.n. 81/2008 e art. 20) di vigila-re affinche i lavoratori:– osservino le misure dispostedal datore di lavoro,– usino i dispositivi di prote-zione individuale e collettivamessi a disposizione,– seguano le indicazioni rice-vute,– non rimuovano o modifichi-no senza autorizzazione i di-spositivi di sicurezza,– non compiano di loro inizia-tiva operazioni o manovre nondi loro competenza ovvero chepossano compromettere la si-curezza propria o di altri.I preposti poi potranno contri-buire agli adempimenti degliobblighi previsti ai dirigenti eal datore di lavoro, p.es.:i) formando i lavoratori sui ri-schi specifici di quella partico-lare lavorazione,ii) verificando che solamente ilavoratori che abbiano ricevu-to adeguate istruzioni possanoaccedere alle zone pericolose,iii) attivandosi in caso di emer-genza per la gestione dellastessa in base a quanto previ-sto dal datore di lavoro.I preposti, come tutti i lavora-tori, dovranno poi segnalarele deficienze dei mezzi e delleattrezzature di lavoro e dei di-spositivi di protezione indivi-duale, sia ogni altra condizio-ne di pericolo che si verifichidurante il lavoro, delle qualivenga a conoscenza sulla basedella formazione ricevuta.E bene sottolineare che il ruo-lo di preposto in un’azienda eun ruolo tra incudine (lavora-tori) e martello (datore di lavo-ro e dirigenti), ma e colui che«sul campo» «vede e sa» co-me si fanno le cose e se i lavo-ri sono effettuati in sicurezza ono.E un ruolo delicato e critico:un preposto che fa richiami ailavoratori ha poi difficolta achiedere p.es. lavori «straordi-nari» agli stessi.Come supportare tale figura«chiave»?– Regole chiare, semplici e

condivise (si veda p.es. lascheda macchina);– formazione e informazionedei lavoratori (si vedano adesempio il registro di forma-zione e addestramento e lascheda delle competenze ac-quisite, al fine di verificareche solo i lavoratori che abbia-no acquisito certe capacitapossono svolgere una determi-nata attivita, per esempio incaso di sostituzione di un ad-detto con un altro per assenza).Questi strumenti permetteran-no di iniziare a far passare ilseguente messaggio in azien-da:

«se il preposto fa dei ri-chiami (verbali, scritti o fasegnalazioni ai propri su-periori in caso di persi-stenza delle inosservanzeda parte dei lavoratori) lofa non perche ce l’ha conun lavoratore in particola-re, ma perche c’e statauna violazione di una rego-la chiara e condivisa, espo-sta e conosciuta da tutti;lui (il preposto) deve vigila-re e farla rispettare.»

Si ricorda che i preposti devo-no essere a loro volta vigilatida parte del datore di lavoroe dei dirigenti affinche espleti-no i loro obblighi e se del casorichiamati formalmente ancheloro.Come utile strumento di lavo-ro, i preposti possono annotarele varie situazioni di vigilanzasu un registro, che potrebbeessere denominato «Diarioprevenzionale del preposto»,facendolo diventare argomen-to di discussione periodicacon il SPP e la direzioneaziendale o il datore di lavoro.Il diario rappresenta uno stru-mento per gestire e promuove-re la sicurezza in azienda, oltrea permettere di registrare la di-ligenza del preposto stesso. Difatto questo documento con-sente di mettere in luce:– comportamenti pericolosi,assunti dai lavoratori, per lasalute e l’ambiente;– comportamenti virtuosi (cisaranno ispezioni anche positi-ve ovviamente);

– varie situazioni e spunti diriflessione per accorgimentiutili ai fini del miglioramentodella prevenzione degli infor-tuni e malattie professionali.Il diario rappresenta inoltre unregistro dove formalizzare l’o-perato del preposto e per que-sto motivo esso va mantenutoaggiornato. Un periodo di av-viamento e necessario in quan-to i preposti tipicamente nonsono avvezzi a tali strumentidi formalizzazione (8).La tipologia degli interventi ri-sultera quindi di tipo:1) positivo (ad esempio: «hofatto un giro in reparto e iDPI, i mezzi antincendio e lesicurezze sulle macchine sonorispettivamente, in uso, pre-senti e soggetti a periodica ve-rifica ed integri»);2) neutro (ad esempio: «oggiho svolto ai lavoratori del tur-no X un richiamo al correttouso del macchinario Y, utiliz-zando l’istruzione operativa Zed evidenziando i rischi speci-fici dell’attivita»);3) negativo (p.es.: «ho fatto ungiro in reparto e il lavoratoreXX non indossava gli occhiali- a seguito del richiamo verba-le li ha indossati») (9).I preposti devono essere sup-portati nella compilazione deldiario con una fase di introdu-zione iniziale e con un obietti-vo minimo «a regime» (p.es.formalizzare almeno un inter-vento alla settimana o ognidue), ricordando che non e ne-cessario formalizzare tuttoquel che si fa ogni giorno.La vigilanza e un impegno im-portante, ma ha i limiti dellaragionevolezza e della esigibi-lita della prestazione, ovveronon si deve pensare che la vi-gilanza porti ad imporre unapresenza continua sul luogodi lavoro, oppure che questavoglia impedire qualunquecomportamento anomalo, im-prevedibile, abnorme e in vio-lazione degli ordini ricevuti.

Note:

(8) Il «Diario prevenzionale» puo essere sostitui-to anche da altri strumenti aziendali, ad es. dai re-gistri di reparto.

(9) Si raccomanda ovviamente di evidenziare la«chiusura della non conformita rilevata».

403ISL - Igiene e Sicurezza del Lavoro n. 8-9/2014

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E consigliabile inoltre definiredegli incontri periodici con ilSPP e/o la direzione aziendaleo il datore di lavoro, in cui faremergere le varie situazioni edin particolare quelle negative,per capire, ad esempio, se do-vute a negligenza dei lavorato-ri o ad altre carenze (proceduredi lavoro errate, incomplete oinesistenti, scelte dei DPI erra-te ecc.).In Tabella 4 si propone il mo-dulo della pagina che andra aformare il diario prevenzionaledel preposto, in cui sono pre-disposte possibili situazionigia standardizzate (ovviamen-te da personalizzare).

Per rendere eventualmente piuagevole la compilazione deldiario, si potranno utilizzare:– una check-list di controlloappositamente preparata (pre-via formazione dei preposti);– una modalita di registrazionelibera e sintetica (Tabella 5).

Consegna DPI

Altra dimostrazione della ge-stione della sicurezza nei luo-ghi di lavoro e la consegna allavoratore dei dispositivi diprotezione individuale (DPI)conseguenti ad una valutazio-ne dei rischi.

Rispetto al modulo propostodal D.M. 13 febbraio 2014,Allegato 5, la scheda che con-sigliamo (Tabella 6) consentedi affermare non solo che il ri-schio per quella mansione estato valutato, che sono neces-sari dei sistemi di protezione,che il lavoratore ne e consape-vole e li ha ricevuti, ma per-mette anche un feedback (se-gnalazione dei difetti e incon-venienti, giudizio di con-fort) (10). Cio induce il datore

Tabella 4 - Esempio di scheda del diario prevenzionale del preposto

DIARIO PREVENZIONALE DEL PREPOSTO __________________________ REPARTO _________

Data OraPersona/e interessata/e (nome/i e cognome/i, o «reparto xy», o «addetti al _____»)_________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________

ARGOMENTI INERENTI L’INTERVENTO / ASPETTI CONTROLLATI

1) Dispositivi di Protezione Individuali:

Scarpe di sicurezza Cinture di sicurezzaCasco di protezione Maschere di protezione dalle polveri / sostanzeGuanti antitaglio/antiabrasione Maschere antigasOcchiali antischeggia/visiere Indumenti alta visibilitaOcchiali per saldaturaFalde anticaloreGuanti anticalore

Otoprotettori ______________________________________________________________________________________________________________

Esito della vigilanza:NON ERANO USATI CORRETTAMENTE / INDOSSATI I DPI SUINDICATI - e stata messa in atto laseguente azione correttiva: ____________________________________________________________DAL CONTROLLO EFFETTUATO I DPI SUINDICATI ERANO UTILIZZATI CORRETTAMENTERIGUARDO I DPI SUINDICATI HO ESEGUITO IL SEGUENTE INTERVENTO (di richiamo al correttouso, di formazione, ecc.):___________________________________________________________________________________

2) Macchine/ Attrezzature di lavoro/ utensili:

Carrello elevatore Scale portatiliGru a bandiera / carroponte _________________ Protezioni fisse (ripari / dispostivi di sicurezza) __

Piattaforme elevabiliSistemi d’aspirazione _______________________

Attrezzatura di lavoro _______________________________________________________________

Esito della vigilanza:NON ERANO USATE CORRETTAMENTE LE ATTREZZATURE DI LAVORO SUINDICATE - e statamessa in atto la seguente azione correttiva: _______________________________________________DAL CONTROLLO EFFETTUATO LE ATTREZZATURE DI LAVORO SUINDICATE ERANO UTILIZ-ZATE CORRETTAMENTERIGUARDO LE ATTREZZATURE DI LAVORO SUINDICATE HO ESEGUITO IL SEGUENTE INTER-VENTO (di richiamo al corretto uso, di formazione, ecc.):___________________________________________________________________________________

3) Sostanze e/o miscele:

Vernici e solventi Contenitori anonimiLiquidi infiammabili ________________________ Stoccaggio di _____________________________

(segue)

Nota:

(10) Andrea Rotella, Formulario di sicurezza del la-voro, IPSOA, 2010.

404 ISL - Igiene e Sicurezza del Lavoro n. 8-9/2014

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OliGas _____________________________________Acidi ____________________________________

Etichettatura di _____________________________________________________________________________________________________________

Esito della vigilanza:NON ERANO USATE CORRETTAMENTE LE SOSTANZE/MISCELE SUINDICATE - e stata messa inatto la seguente azione correttiva: ______________________________________________________DAL CONTROLLO EFFETTUATO LE SOSTANZE/MISCELE SUINDICATE ERANO UTILIZZATECORRETTAMENTERIGUARDO LE SOSTANZE/MISCELE SUINDICATE HO ESEGUITO IL SEGUENTE INTERVENTO (dirichiamo al corretto uso, di formazione, ecc.):___________________________________________________________________________________

4) Luoghi di lavoro:

Bombole di gas (ancorate, segnalate)Scaffalature (assenza di danneggiamenti)Uscita d’emergenza (accessibile, sgombra)Vie d’esodo (sgombre da materiali)_________________________________________

Segnaletica (visibile, accessibile)Estintori/idranti (accessibilita)Quadri elettrici (accessibili, chiusi, ecc.)__________________________________________________________________________________

Esito della vigilanza:PRESSO I LUOGHI DI LAVORO ERANO PRESENTI LE SEGUENTI ANOMALIE __________________- sono state messe in atto la seguenti azioni correttive: _____________________________________DAL CONTROLLO EFFETTUATO PRESSO I LUOGHI DI LAVORO SUINDICATI TUTTO ERA OKRIGUARDO I LUOGHI DI LAVORO E GLI ASPETTI SOPRA INDICATI, HO ESEGUITO IL SEGUENTEINTERVENTO (di richiamo al corretto uso, di formazione, di riparazione, di sistemazione, ecc.):___________________________________________________________________________________

5) Comportamenti:

Uso errato di _____________________________ Intervento non di competenza di _____________Postura incongrua _________________________Errata modalita / procedura di _______________Ordine e pulizia di __________________________________________________________________

Mancato uso di ___________________________Manomissione dei dispositivi di sicurezza _______Il lavoratore fumava presso ___________________________________________________________

Esito della vigilanza:I COMPORTAMENTI RILEVATI PRESENTAVANO LE SEGUENTI ANOMALIE ___________________- sono state messe in atto la seguenti azioni correttive: _____________________________________DAL CONTROLLO EFFETTUATO I COMPORTAMENTI DEI LAVORATORI ERANO OKRIGUARDO I COMPORTAMENTI DEI LAVORATORI E GLI ASPETTI SOPRA INDICATI, HO ESE-GUITO IL SEGUENTE INTERVENTO (di richiamo al corretto uso, di formazione, di riparazione, di si-stemazione, ecc.):___________________________________________________________________________________

TIPOLOGIA D’INTERVENTO - ulteriore dettaglio / spiegazioni

Ho ripreso verbalmente il sig. ________________Ho ricordato l’obbligo di utilizzare _______________________________________________________________________________________________________________________________________

Ho illustrato le principali norme di sicurezza per_________________________________________Ho spiegato la procedura di lavoro per_________________________________________Ho verificato _____________________________

OSSERVAZIONI (commenti del Preposto, osservazioni di ritorno dal personale destinatario dell’inter-vento)

Firma del Lavoratore/i Firma del Preposto Controfirma del superiore

(continua)

405ISL - Igiene e Sicurezza del Lavoro n. 8-9/2014

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Tabella 5 - Altro esempio di scheda del diario prevenzionale del preposto

Data .................................................

Persone interessate.......................................................................................................................................................................................

Argomento/motivo dell’intervento..........................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................

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Firma del preposto

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Firma lavoratore/i

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Controfirma del superiore

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Tabella 6 - Esempio di documento da compilare a seguito della consegnadei dispositivi di protezione

CONSEGNA DPI E GESTIONE

MANSIONE ___________________________ LAVORATORE ___________________________Il lavoratore dichiara di

AVER RICEVUTO IN DOTAZIONE I SEGUENTI DPI

scarpe di sicurezza _________________________Guanti antitaglio/antiabrasione _______________Guanti di protezione da ____________________Occhiali antischeggia/visiereOcchiali per saldaturaFalde anticaloreGuanti anticaloreGuanti __________________________________

Casco di protezioneCinture di sicurezzaMaschere di protezione dalle polveri / sostanzeMaschere antigasIndumenti alta visibilitaOtoprotettori ____________________________Tuta monouso in Tyvec_________________________________________

AVER CONTESTUALMENTE RICEVUTO INFORMAZIONE-FORMAZIONE-ADDESTRAMENTO cir-ca la funzione dei DPI ricevuti e le modalita pratiche per il corretto utilizzo degli stessi:

uso otoprotettoriuso maschere protezione vie respiratorieuso imbracature/cinture/funi di sicurezza

___________________________________________________________________________________________________________________________

Si impegna inoltre a (ai sensi del art. 20 del D.Lgs. 81/08):indossare con continuita tali DPI sul posto di lavorocustodirli con curanon conservarli fuori dall’ambito lavorativo, se non autorizzatoprovvedere a richiedere al proprio superiore la loro sostituzione in caso di deterioramento, osservandole disposizioni aziendali per il prelievo dei nuovi DPI a magazzino e consegna dei vecchi

SEGNALAZIONI (difetti, inconvenienti, confort/disconfort, ecc.)

PROPOSTE/RICHIESTE

Data di consegna Prossima data di consegna prevista___________________________(salvo usura, rottura, anomalie)

Firma del lavoratore

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di lavoro, assieme al SPP, adun riesame e un miglioramen-to continuo anche nella sceltadei sistemi di protezione, coin-volgendo in prima persona illavoratore.

Conclusioni

Con questo articolo si sono vo-luti proporre alcuni strumenti

formali utili alla gestione dellasicurezza nei luoghi di lavoro,al fine di provare l’operato el’impegno dell’azienda, portan-do degli esempi di modulisticada poter personalizzare nellarealta di ogni azienda e trattidall’esperienza pratica, oltreche dal D.M. 13 febbraio2014. Tali strumenti, ai fini del-la loro efficacia ed efficienza

necessitano del sostegno di pro-cedure di lavoro aziendali pun-tuali, che formalizzino l’insiemedelle azioni e permettano di rag-giungere l’obiettivo, indicandochiaramente il perche, il comee chi deve occuparsi della com-pilazione e dell’aggiornamentodelle registrazioni utili alla ri-chiesta dell’esimente secondoil D.Lgs. n. 231/2001 e s.m.i.

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Ambienti di lavoro

La segnaletica di salutee sicurezza sul lavoro:aspetti teorici e praticiClaudia Macaluso - Avvocato

Introduzione

Con il riordino della normati-va di sicurezza e salute anchele prescrizioni relative alla se-gnaletica per i luoghi di lavorosono state ricomprese all’inter-no della complessiva regola-mentazione del D.Lgs. n. 81/2008, operando il travaso equalche rifinitura di quei detta-mi che prima erano statuiti nelD.Lgs. n. 493/1996, senza tut-tavia stravolgere radicalmentela materia.Se la prima trattazione di que-sta specifica disciplina e da ri-condursi al D.M. 31 luglio1934 «Approvazione dellenorme di sicurezza per la la-vorazione, l’immagazzina-mento, l’impiego o la venditadi olii minerali, e per il tra-sporto degli olii stessi», checomincio a prevedere l’instal-lazione obbligatoria di cartel-li, l’attuale impostazione risa-le all’inizio degli anni ’80 eprecisamente all’emanazionedel D.P.R. n. 524/1982 (1),che diede un’impronta di or-ganicita e uniformita all’argo-mento, inaugurando le diverseassociazioni di forme e coloriche ancora oggi caratterizza-no i cartelli, fornendo unostandard e completando i piugenerici precetti che gia si tro-vavano nella normativa pre-venzionistica degli anni ’50,in particolare nel D.P.R. n.547/1955 (che, a sua volta,contemplava un obbligo di in-tegrare le misure di sicurezzacon segnali informativi); no-nostante i numerosi profili diinnovazione, tale decretazio-ne peccava, tuttavia, per il li-mite di rimanere circoscrittaall’unico aspetto della cartel-lonistica.

Soltanto piu tardi il concetto disegnaletica sara ampliato e ri-condotto alla sua piu estesadefinizione lessicale di «indi-cazione di tipo ottico o acusti-co, per lo piu convenzionale ostabilita d’intesa, per dare unacomunicazione, un avverti-mento, un ordine» (2), che og-gi ritroviamo similarmentenella descrizione che ne fa ilTesto unico, per il quale deveessere considerata uno stru-mento che, riferito «ad un og-getto, ad una attivita o ad unasituazione determinata, forni-sce una indicazione o una pre-scrizione concernente la sicu-rezza o la salute sul luogo dilavoro, e che utilizza, a secon-da dei casi, un cartello, un co-lore, un segnale luminoso oacustico, una comunicazioneverbale o un segnale gestua-le» (3): non piu esclusivamen-te aspetti grafici, ma anche al-tri metodi di comunicazione,specchio di quella sistematici-ta e interazione che caratteriz-zano la normativa di deriva-zione comunitaria. Ad essa siaffianca, rimanendone diversa-mente e propriamente struttu-rata e senza esservi assimilata,la segnaletica che regolamentail traffico stradale, ferroviario,fluviale, marittimo ed aereo(cui fare riferimento per gesti-re la circolazione veicolarenelle aree di pertinenza del sitoaziendale).

La finalitadei segnalie gli adempimenti

L’onere di adottare la segnale-tica di salute e sicurezza vigeper il datore di lavoro di ogni

attivita, privata o pubblica,nel momento in cui non glisia possibile attuare altre misu-re di prevenzione, anche di ti-po organizzativo, o di prote-zione dai rischi. Tale primarioobbligo si completa con quellidi formazione dei lavoratori(con particolare riferimento alsignificato dei segnali, soprat-tutto nei casi in cui sia previstol’utilizzo di gesti e parole) e diinformazione del rappresen-tante dei lavoratori (oltre chedei lavoratori stessi) sulle mi-sure prescelte.La selezione, i requisiti, le spe-cifiche, le combinazioni e gliutilizzi sono illustrati nei noveAllegati al D.Lgs. n. 81/2008(dal XXIV al XXXII - i cuicontenuti sono riportati in Ta-bella 1), che integrano il piuscarno Titolo V, dove sono so-lo elencati i principi e le san-zioni per il mancato rispettodei relativi obblighi. Apparemassima, quindi, la liberta diopzione concessa al datore dilavoro tra i diversi strumentiche egli ritenga piu appropriatiper garantire la finalita preven-zionistica nei singoli casi con-creti. Nella segnaletica gliadempimenti sono, infatti, im-prontati dal principio di inter-

Note:

(1) «Attuazione della direttiva (CEE) n. 77/576per il ravvicinamento delle disposizioni legislative,regolamentari ed amministrative degli Stati mem-bri in materia di segnaletica di sicurezza sul postodi lavoro e della direttiva (CEE) n. 79/640 chemodifica gli allegati della direttiva suddetta» (inG.U. 10 agosto 1982, n. 218).

(2) Voce «segnale» in Devoto-Oli, Vocabolariodella lingua italiana.

(3) Art. 162, comma 1, lett. a) del D.Lgs. n. 81/2008.

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cambiabilita e complementa-rieta, che ammette autonomiadi scelta fra– un colore di sicurezza o uncartello,– avvisi luminosi, segnaliacustici o comunicazione ver-bale,– segnali gestuali o comuni-cazione verbale,a parita di efficacia e a condi-zione che si provveda a unaprecisa azione di informazionee formazione al riguardo.Occorre sottolineare che lamessa in opera delle istruzionisegnaletiche e una misura in-dispensabile di gestione dei ri-schi residui, un completamen-to, un sistema di compensazio-ne, un elemento sussidiario, diausilio per garantire una mag-giore incisivita dei provvedi-menti di prevenzione e prote-

zione, ma non si puo mai con-siderare come alternativa o so-stitutiva delle stesse misure oaddirittura esaustiva dell’ob-bligo generale di sicurezza edi quello specifico di sorve-glianza, entrambi incombentisul datore di lavoro.«L’esistenza di richiami alledisposizioni di sicurezza con-tenuti in cartelli apposti nelluogo di lavoro» (4) non harilievo, infatti, «qualora laviolazione dell’obbligo diproteggere l’incolumita deisingoli lavoratori mediante ilcontrollo dell’osservanza daparte di costoro delle normedi sicurezza e dell’uso deimezzi di protezione messi aloro disposizione, abbia con-sentito o comunque reso pos-sibile il verificarsi dell’even-to» (5), rimanendo inalterata

la condotta omissiva delle mi-sure di sicurezza da parte deldatore di lavoro e dei suoipreposti. L’applicazione dicartellonistica non basta, per-tanto, per escludere la respon-sabilita di chi ha la disponibi-lita della macchina, se nonsono presenti gli idonei di-spositivi di sicurezza (6), cosıcome la presenza di cartellimonitori non e sufficiente afare ritenere adempiuto l’ob-bligo di sorveglianza, chenon viene meno neanche se

Note:

(4) Cass. civ., sez. lavoro, sentenza 6 settembre1991, n. 9422.

(5) Ibidem.

(6) In tale senso Cass. pen., sez. IV, sentenza 14ottobre 2010, n. 36761.

Tabella 1 - Guida agli Allegati del D.Lgs. n. 81/2008 in tema di segnaletica

Allegato Titolo Contenuti

XXIV Prescrizioni generali per la segnaletica di si-curezza

Modi di segnalazione (permanente, occasio-nale)Intercambiabilita e complementarita della se-gnaleticaColori di sicurezzaIndicazioni per una valida progettazione edun corretto utilizzo

XXV Prescrizioni generali per i cartelli segnaletici CaratteristicheCondizioni di impiegoTipologie di cartelli (divieto, avvertimento,prescrizione, salvataggio, attrezzature antin-cendio)

XXVI Prescrizioni per la segnaletica dei contenitorie delle tubazioni

Modalita di segnalazione ed etichettaturaSegnalazione delle aree o dei locali di magaz-zinaggio

XXVII Prescrizioni per la segnaletica destinata adidentificare e ad indicare l’ubicazione delleattrezzature antincendio

Colorazione tipica (rosso)Cartellonistica da adottare (rimando all’alle-gato XXV)

XXVIII Prescrizioni per la segnalazione di ostacoli epunti di pericolo e per la segnalazione dellevie di circolazione

Segnalazione di ostacoli e punti di pericoloSegnalazione delle vie di circolazione

XIX Prescrizioni per i segnali luminosi ProprietaRegole d’impiego

XXX Prescrizioni per i segnali acustici ProprietaCodice da usare

XXXI Prescrizioni per la comunicazione verbale ProprietaRegole d’impiego

XXXII Prescrizioni per i segnali gestuali ProprietaRegole d’impiegoGesti convenzionali da utilizzare

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l’addetto sia persona esper-ta (7).Il valore che deve essere con-ferito alla segnaletica di sicu-rezza risalta per il suo inseri-mento tra le misure generalidi tutela elencate nell’art. 15del D.Lgs. n. 81/2008 (8) eper il presidio di apposite san-zioni (art. 165 del D.Lgs. n.81/2008), che colpiscono ildatore di lavoro e il dirigenteinadempienti per la mancatapredisposizione (9) e/o pernon aver informato e formatoadeguatamente i lavoratori ei loro rappresentanti (10); isegnali sono, pertanto, ele-mento imprescindibile dellavalutazione dei rischi, tantoper un’analisi sull’esigenzadi adottarli, quanto con riferi-mento alla loro sufficienza,congruenza, uniformita, ri-spondenza e, non ultima, ido-neita dei canali comunicativiadottati, anche per la gestionedelle situazioni di emergenza.Si ricordi, infatti, che la circo-lare 1 marzo 2002 n. 4 delMinistero dell’Interno, Dipar-timento dei Vigili del Fuo-co (11), fornendo delle lineeguida per la valutazione dellasicurezza antincendio nei luo-ghi di lavoro ove siano (opossano essere) presenti per-sone disabili, rimarca la ne-cessita non solo di elaboraremodalita di segnalazione cheutilizzino piu canali sensoria-li, ma anche di verificare chele segnalazioni di quanti pos-sano avvalersi di uno solo diquesti canali siano in gradodi soddisfare in pieno l’esi-genza di orientamento di talisoggetti.

I criteri selettivie progettuali

Al di la della mera elencazio-ne dei vincoli adempimentali,il legislatore ha voluto co-munque fornire al datore dilavoro una metodologia chegli consenta di dare massimaefficacia ai sistemi di segnala-zione adottati, che e impron-tata ai concetti chiave di sen-satezza, semplicita e accessi-bilita, ed e estrapolabile dallalettura combinata degli Alle-

gati XXIV (prescrizioni gene-rali per la segnaletica di sicu-rezza) e XXV (prescrizionigenerali per i cartelli segnale-tici); ecco che quindi si racco-manda una progettazione ra-zionale e con sufficienti dota-zioni, di evitare situazioni diconflitto (non utilizzare se-gnali simili, che possono con-fondersi) o di contemporanei-ta (numero eccessivo di car-telli vicini, segnali sonoriconcomitanti ecc.), di preve-derne la regolare manutenzio-ne (stato di conservazione,pulizia, controllo, riparazionee/o sostituzione qualora ne-cessaria), nonche l’energiaper l’eventuale alimentazione(anche di emergenza). I car-telli in particolare dovrannoessere resistenti ad urti, in-temperie e aggressioni di fat-tori ambientali, di idonee di-mensioni (scelti applicandola formula A > L2/2000, doveA = superficie del cartello inmq e L = distanza in metri al-la quale il cartello deve essereancora riconoscibile), ben il-luminati (se vi e una cattivailluminazione installarne difosforescenti, rifrangenti o adilluminazione artificiale), si-stemati considerando glieventuali ostacoli e l’angolodi visuale, all’ingresso dellazona in caso di rischio generi-co, nelle immediate vicinanzein caso di rischio specifico odi un oggetto da segnalare, erimossi se non piu necessari.Nell’ambito poi di un sistemadi gestione della salute e dellasicurezza dei lavoratori (SGS)eventualmente adottato dall’a-zienda (certificazione OHSAS18001 o altri modelli) le rego-le per la valutazione della ne-cessita, la scelta, l’individua-zione, le dimensioni, il posi-zionamento e la sorveglianzadei segnali potranno trovareuna disciplina e una pianifica-zione ancora piu dettagliate eappropriate all’interno di unaapposita procedura.

I recenti sviluppinel settore

Il dovuto (12) completamentodella regolamentazione legi-

slativa e giunto a qualche annodi distanza dall’iniziale varodel Testo Unico del 2008 conil decreto interministeriale 4marzo 2013 «Criteri generalidi sicurezza relativi alle proce-dure di revisione, integrazionee apposizione della segnaleticastradale destinata alle attivitalavorative che si svolgono inpresenza di traffico veicolare»,che, ad ogni modo, viene adassociarsi, senza volerle surro-gare, alle altre metodologie diconsolidata validita (13). Ildecreto prescrive l’osservanzadi specifici criteri per l’apposi-zione della segnaletica neicantieri stradali con circolazio-ne veicolare (i canoni cui atte-nersi sono delineati nell’Alle-gato I (14) e di essi commit-tenti e datori di lavoro devonodare evidenza nei documentidi valutazione dei rischi, neiDUVRI, nei piani operativi disicurezza e in quelli di coordi-namento), nonche l’adozionedi dispositivi di protezione in-dividuale (tra cui indumenti adalta visibilita di classe 2 o 3) e

Note:

(7) In tale senso Cass. pen., sez. IV, sentenza 9 di-cembre 1997, n. 11247.

(8) Comma 1, lett. v): «l’uso di segnali di avverti-mento e di sicurezza».

(9) Arresto da tre a sei mesi o ammenda da2.740,00 a 7.014,40 euro per la violazione dell’art.163 «Obblighi del datore di lavoro».

(10) Arresto da due a quattro mesi o ammendada 822,00 a 4.384,00 euro per la violazione del-l’art. 164 «Informazione e formazione».

(11) Nonche la successiva lettera circolare 18agosto 2006, prot. n. 880/4122 sott. 53/3C.

(12) Per l’effetto dell’art. 161, comma 2 bis, delD.Lgs. n. 81/2008, che ha stabilito l’emanazionedi un regolamento relativo alla segnaletica strada-le destinata alle attivita lavorative che si svolgonoin presenza di traffico veicolare.

(13) Art. 1, comma 1.

(14) Sono definiti, in particolare, i criteri generalidi sicurezza (dotazioni delle squadre di interven-to, limitazioni per particolari condizioni ambienta-li, gestione operativa degli interventi, presegnala-zione, sistemi di sbandieramento e regolamenta-zione del traffico con sistemi semaforici o movie-ri), lo spostamento a piedi (modalita a secondadelle situazioni e limitazioni), utilizzo dei veicolioperativi (compresa la discesa da essi), l’entratae l’uscita dai cantieri, gli interventi in situazioni diemergenza e la segnalazione e delimitazione deicantieri (installazione, rimozione trasporto).

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di misure organizzative qualil’informazione, la formazionee l’addestramento (i cui conte-nuti sono pianificati dall’Alle-gato II) per quei lavoratori (epreposti) che opereranno percollocare e rimuovere siffattopeculiare tipo di segnaletica.Parallelamente, quasi in con-comitanza con questo provve-dimento, a seguito dell’entratain vigore della norma UNI ENISO 7010:2012 (15) (recepi-mento italiano dell’omologanorma internazionale, che haraccolto simboli registrati e ar-monizzati riconosciuti univer-salmente) (16), essendosi evi-denziate delle discrepanze ri-spetto alla cartellonistica rap-presentata nel D.Lgs. n. 81/2008, si e ritenuto opportunopubblicare un chiarimento ap-plicativo, giunto con la circo-lare Ministero del lavoro e del-le politiche sociali 16 luglio2013, n. 30, la quale ha fornitoimportanti delucidazioni circail corretto uso della segnaleticadi sicurezza.In essa vengono affrontati i

due casi che si possono pre-sentare all’operatore per laprevenzione: segnali previstitanto nell’Allegato XXV delD.Lgs. n. 81/2008 quanto nel-la norma UNI EN ISO7010:2012 e cartelli pubblicatisolamente in una delle duefonti normative.Nella prima ipotesi, proceden-do ad una comparazione (cfr.alcuni esempi in Figura 1),emerge chiaramente che le lie-vi differenze grafiche non neequivocano il significato, ren-dendo equivalenti i simboliper l’utilizzo sul territorio ita-liano, senza che le due previ-sioni normative si possano,cosı, considerare in contrasto.Del resto, nella prospettiva diporre in risalto la finalita co-municativa, sono sempre statitacitamente ammessi pitto-grammi leggermente differentidagli esempi riportati nei testidi legge di riferimento (o conun maggior numero di partico-lari), sempreche il significatofosse assimilabile e non travi-sabile a causa degli adattamen-

ti o variazioni apportate. Laconseguenza pratica e che lasegnaletica gia adottata e con-forme al Testo Unico puo es-sere sostituita con i piu recentipittogrammi della norma UNI,senza che pero cio configuri,per le aziende, un’imposizionea trasformare quella gia instal-lata.Nella seconda circostanza, al-lorche la normativa tecnicacontempli ulteriori cartelli ri-spetto alla previsione legislati-va del Testo Unico, l’adozionedi questi segnali (oltre a quelliprevisti nelle vigenti normetecniche non esplicitamenteabrogate dalla UNI EN ISO7010:2012) viene ampiamenteavallata anche per dare adem-

Note:

(15) Oggi sostituita dalla piu recente norma UNIEN ISO 7010:2014 «Segni grafici - Colori e se-gnali di sicurezza - Segnali di sicurezza registrati»,in vigore dal 13 marzo 2014.

(16) Attribuendo anche a ciascuno di essi unospecifico codice URN, che li codifica in modounivoco ed assoluto.

Figura 1 - Confronto segnali

D.Lgs. n. 81/2008 UNI EN ISO 7010:2012

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Gli inserti di

Mensile di aggiornamento giuridico e di orientamento tecnico

IGIENE & SICUREZZA DEL LAVORO

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INSERTORISCHIO INCENDIO: CONDIZIONI AL CONTORNOMichele Mazzaro e Calogero Turturici

Anno XVIII, agosto-settembre 2014, n. 8-9Direzione e RedazioneStrada 1 Palazzo F620090 Milanofi ori Assago

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Sommario

Piano del lavoro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . III

Il pericolo di incendio ed esplosione - Analisi delle sostanze pericolose . . . . . . . . . . III

Gli scenari incidentali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . IV

Fonti di innesco dovute a impianti, lavorazioni, macchine e attrezzature . . . . . . . . . VI

Condizioni al contorno: prestazioni del fabbricato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . IX

Condizioni al contorno: prestazioni degli occupanti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . XIV

Gli scenari di incendio in funzione dell’analisi dei pericoli e delle condizionial contorno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . XIX

La classificazione del livello di pericolo presente nelle attivita . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . XXII

Conclusioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . XXV

MILANOFIORI ASSAGO, Strada 1, Palazzo F6, Tel. 02.82476.090

Rischio incendio:valutazione qualitativae analisi delle condizioni

al contornoMichele Mazzaro e Calogero Turturici

Piano del lavoroQuesto Inserto prosegue la trattazione dell’argomento«Valutazione del rischio di incendio/esplosione» di fa-cilitare l’adempimento degli obblighi previsti dalD.Lgs. n. 81/2008.Gli argomenti trattati - che verranno inseriti in Inserti diprossima pubblicazione nel corso dell’anno - si artico-lano come segue:– legislazione, obiettivi, criteri generali e regole tecni-che di prevenzione incendi (1);– i pericoli di incendio/esplosione e l’analisi delle con-dizioni al contorno;– la valutazione qualitativa del rischio;– le misure di compensazione del rischio;– le misure di sicurezza equivalenti;– la gestione della sicurezza;– il D.Lgs. n. 81/2008, il rischio di incendio e l’appa-rato sanzionatorio.Gli argomenti affrontati in questa occasione sono rife-riti ai pericoli di incendio/esplosione, all’analisi dellecondizioni al contorno e alla valutazione qualitativadel rischio.

Il pericolo di incendioed esplosione - Analisidelle sostanze pericolose

Premessa

Per progettare le misure di prevenzione e protezione daadottare in un’attivita a rischio di incendio e/o di esplo-sione, bisogna determinare preliminarmente il livello dirischio presente (artt. 15 e 28 D.Lgs. n. 81/2008) sullabase:

– dei pericoli associati alle sostanze, alle attrezzature eagli impianti tecnologici presenti;– delle «condizioni al contorno» da intendersi come ca-pacita di risposta (o prestazione) dei fabbricati e dellepersone in caso di incendio/esplosione.Per procedere consapevolmente, appare quanto mai op-portuno fissare le idee sui «pericoli di interesse» (perprevenire falsi convincimenti) e sui «termini» normal-mente impiegati nei processi di analisi (per prevenirneun uso «distorto»).In particolare, secondo quando chiarito dal Dipartimen-to dei Vigili del Fuoco del Soccorso Pubblico e dellaDifesa Civile (nel seguito «Dipartimento») con LetteraCircolare 14005 del 26 ottobre 2011, «Gli articoli 16,19 e 20 del D.Lgs. n. 139/2006 attribuiscono alCNVVF compiti di polizia amministrativa e giudiziarianell’esercizio della vigilanza sui rischi di incendio edesplosione» tenendo presente che, in conformita alledefinizioni contenute nella norma UNI CEI EN ISO13943:2004,– per «incendio» si intende una «combustione autoali-mentata che si propaga in modo incontrollato nel tempoe nello spazio»;– per «esplosione» si intende una «improvvisa espan-sione di gas dovuta ad una rapida reazione di ossidazio-ne o di decomposizione, con o senza incremento ditemperatura»;

Note:

3 Dirigenti del Corpo Nazionale Vigili del Fuoco: le considerazioni esposte sono fruttoesclusivo del pensiero degli autori e non hanno carattere in alcun modo impegnativoper l’Amministrazione di appartenenza ([email protected], calogero.turtu-rici@vigilfuoco .it)

(1) In ISL, 2014, 2, Inserto.

Inserto di ISL - Igiene e Sicurezza del Lavoro n. 8-9/2014 III

– per « fiamma», si intende una «zona di combustionein fase gassosa, generalmente con emissione di luce»;– per «combustione incandescente» si intende una«combustione di un materiale allo stato solido senzafiamma ma con emissione di luce dalla zona di combu-stione»;– per «combustione covante» si intende una «combu-stione di materiale senza fiamma e senza emissione diluce visibile. L’incendio covante normalmente si evi-denzia per l’incremento di temperatura e per il rilasciodegli effluenti»;– per «velocita di propagazione della fiamma» si inten-de il «rapporto fra la distanza percorsa dal «fronte difiamma» (limite della fiamma sulla superficie di un ma-teriale o in propagazione attraverso una miscela gasso-sa) durante il suo avanzamento e il tempo di propaga-zione, in condizioni specificate.Inoltre, secondo quanto riportato nella Direttiva 94/9/CE,per «Atmosfera Esplosiva» si intende una «Miscela, incondizioni atmosferiche, di aria con sostanze infiam-mabili allo stato di gas, vapori, nebbie o polveri nellaquale, dopo l’innesco, la combustione si propaga all’in-sieme della miscela non bruciata», mentre in conformi-ta a quanto proposto dalla norma CEI EN 60079-10-1,per «Atmosfera Esplosiva Pericolosa» si intende una«miscela aria/combustibile aero-disperso che, se inne-scata, genera un impulso di pressione e/o un rapido in-cremento di temperatura ambiente in grado di arrecarenocumento alle persone e/o alle cose» (tale definizioneemerge dalla lettura congiunta dei punti 3.3 e B.5.3.2della norma).

Dati di input delle sostanze

Le informazioni che devono essere necessariamente ac-quisite su tutte quelle sostanze che possono influire sulrischio di incendio e/o di esplosione sono:– la distribuzione spaziale nell’ambito dell’insediamen-to, distinguendo le aree di deposito (comprese quelledestinate ai semilavorati o agli scarti) da quelle di pro-duzione (hold-up macchinari e reti di adduzione);– le modalita di stoccaggio, fondamentali per l’evolu-zione e la tipologia degli scenari incidentali;– il potere calorifico inferiore, necessario per la deter-minazione del carico di incendio;– lo stato di suddivisione dei combustibili solidi, ancheal fine di una corretta valutazione del rischio di esplo-sione per la presenza di polveri;– le pressioni di esercizio delle reti e dei sistemi di con-tenimento dei fluidi combustibili (liquidi e gassosi), de-terminanti sia per la valutazione degli scenari conse-guenti ai rilasci sia per le misure tecniche applicabili,normalmente legate alla pressione di esercizio/stoccag-gio;– la «velocita di combustione» mc e il «calore di com-bustione» Qc, al fine della stima dell’andamento dellapotenza termica rilasciata dall’incendio del materiale(HRR(t) = mc(t) x Qc) necessaria per procedere alleanalisi approfondite delle condizioni di sicurezza deglioccupanti e/o per la determinazione della curva natura-le di incendio per la verifica di resistenza al fuoco dellestrutture;– la «categoria della merce» secondo norma UNI EN12845, necessaria per determinare i livelli di rischio

delle attivita in base alla quale progettare gli impiantisprinkler, i sistemi di evacuazione di fumo e calore,le reti idranti risultando, tuttavia, utile anche per stima-re il «livello di rischio di incendio» richiesto dal D.M. 9marzo 2007 per la determinazione del parametro �q2,meglio analizzato nel seguito;– l’eventuale classificazione di pericolo e relative in-formazioni contenute nelle schede di sicurezza (primosoccorso, antincendio, fuoruscita accidentale, mani-polazione e stoccaggio, proprieta fisiche e chimiche,stabilita e reattivita, informazioni tossicologiche/eco-logiche, smaltimento) secondo Regolamento CE1272/2008 (CLP) prestando attenzione al «pericolofisico» associato (il Regolamento CLP prevede un si-stema di classificazione del «pericolo fisico» in 16classi suddivise, a loro volta, in «categorie e sotto-classi») e ricordando che:i) in presenza di gas/aerosol/liquidi infiammabili e so-stanze che, a contatto con l’acqua, emettono gas in-fiammabili si dovra procedere alla valutazione del ri-schio di esplosione secondo le procedure del TitoloXI D.Lgs. n. 81/2008;ii) in presenza di esplosivi, sostanze/miscele autoreatti-ve e perossidi organici, dovranno essere valutati i rischidi esplosione dovuti al pericolo di decomposizione;iii) in presenza di gas/liquidi e solidi comburenti, do-vra essere valutata l’incidenza sul campo di infiamma-bilita, sull’energia di innesco e sulla velocita di com-bustione delle sostanze combustibili con cui vengonoa contatto;iv) in presenza di gas sotto pressione (anche non in-fiammabili), dovra essere valutato il rischio di scoppiodei sistemi di contenimento coinvolti in un incendio;v) in presenza di liquidi/solidi piroforici e sostanzeautoriscaldanti, dovranno essere valutati i particolari ri-schi di incendio legati alla non necessita di una fonte diinnesco per la combustione;– le eventuali sostanze pericolose per la salute o perl’ambiente, al fine di verificare l’aggravio procurato,in caso di coinvolgimento, allo scenario di incendio/esplosione.– la quantita delle sostanze presenti, ricordandosi diprocedere al calcolo del valore nominale del carico diincendio specifico secondo D.M. 9 marzo 2007 e di ve-rificare i limiti di assoggettabilita al D.Lgs. n. 334/1999e ss.mm.ii. (Direttiva Seveso) per quelle «pericolose»secondo il citato regolamento CLP.Acquisite tutte le informazioni, bisogna proseguire l’a-nalisi con l’individuazione delle possibili conseguenzein caso di incidente.

Gli scenari incidentaliGli incidenti da stimare consistono, essenzialmente, inrilasci di energia termica e/o barica/meccanica, ovvero:– incendi;– esplosioni dovute alle reazioni di ossidazione di gas,liquidi e polveri combustibili;– esplosioni dovute alle reazioni di decomposizione(esplosivi e altre sostanze instabili);– scoppi di recipienti in pressione coinvolti in un in-cendio.

IV Inserto di ISL - Igiene e Sicurezza del Lavoro n. 8-9/2014

Gli incendi

Per stimare il tipo di incendio (velocita, durata) dobbia-mo fissare l’attenzione, oltre che sulle caratteristichechimico-fisiche delle sostanze, sulle relative modalitadi stoccaggio, sulle possibili perdite di contenimentodi fluidi e polveri combustibili, sull’eventuale coinvol-gimento di comburenti diversi dall’aria.Le modalita di stoccaggio (o configurazione del depo-sito) delle merci libere e imballate incidono notevol-mente sull’entita della superficie dei materiali espostaall’aria come si puo ben comprendere dal raffronto del-le configurazioni previste dalla norma UNI EN 12845.Ma e altrettanto vero che il comportamento della mercedipende dal tipo di imballaggio e dalla superficie ester-na della merce.Il tipo di imballaggio potrebbe essere:– incombustibile (es. fusti metallici contenti liquidi in-fiammabili), circostanza che rallenta la propagazionedell’incendio e che consente significati vantaggi nelcalcolo del valore nominale del carico d’incendio spe-cifico secondo D.M. 9 marzo 2007 (nel caso in esame,il fattore Ci, proposto dal D.M., che tiene conto dellapartecipazione alla combustione del materiale i-esimoe pari a 0,85);– «a struttura aperta», circostanza che consente il con-tatto diretto dell’aria con i materiali immagazzinati (es.cisternette in plastica protette da grigliato metallico).La pericolosita della superficie esterna della merce:– aumenta all’aumentare della percentuale di superficierealizzata in plastica espansa– Aumenta all’aumentare della superficie di contattocon l’aria (es. contenitori in plastica forata vuoti enon impilabili l’uno dentro l’altro).– diminuisce per i materiali in forma di blocco solido,avendo una bassa superficie esposta rispetto al rapportovolume/massa, circostanza che riduce la velocita dicombustione;– diminuisce per i materiali granulari o in polvere ri-spetto ai corrispondenti materiali di base (esclusa laplastica espansa che si spande all’esterno durante un in-cendio) dato che tendono a soffocare l’incendio.Gli scenari conseguenti alle perdite di contenimento deifluidi, dipendono dalle condizioni di stoccaggio; in par-ticolare:– per i rilasci in pressione, bisognera prendere in con-siderazione l’ipotesi di jet-fire e verificare la possibilitadi irraggiamento termico dei sistemi di contenimentovicini (merce imballata, serbatoi fissi, reti di trasportoe impianti di processo);– per i rilasci atmosferici, bisognera prendere in consi-derazione l’ipotesi di pool-fire e verificare, oltre all’ir-raggiamento termico sulle istallazioni vicine, la possi-bilita di estensione della pozza in posizione sottostantealle installazioni prossime al punto di rilascio, circo-stanza che ne favorisce l’immediato coinvolgimentonell’incendio.Il coinvolgimento di sostanze comburenti diverse dal-l’aria, comporta scenari incidentali piu gravosi. Adesempio, le miscele arricchite con ossigeno si caratte-rizzano per:– l’allargamento del campo di infiammabilita dei fluidi,soprattutto a causa dello spostamento dell’UEL (limitesuperiore di esplodibilita);

– l’aumento della velocita di combustione laminare fi-no 10 volte;– la marcata diminuzione dell’energia di innesco (finoa 100 volte);– il marcato incremento della temperatura adiabatica difiamma;– la diminuzione della temperatura di accensione (da10 a 100ºC);– l’incremento del calore di combustione;– la difficolta/impossibilita di estinzione in mancanzadi interventi di isolamento delle sorgenti di emissionedell’ossigeno;– la possibilita di accensione spontanea di alcuni com-bustibili (es. alcuni idrocarburi alogenati).

Le esplosioni dovute alle reazioni di combustione

I pericoli di esplosioni dovute alle reazioni di ossida-zione di gas, liquidi e polveri combustibili sono legatialla possibilita di formazione di un’atmosfera esplosivada individuare e qualificare secondo l’Allegato XLIXdel D.Lgs. n. 81/2008 dove sono richiamati, come stru-menti operativi, le norme CEI EN 60079-10-1/2 non-che le guide CEI 31-35 e 31-56 alle quali si rimandaper i necessari approfondimenti.Si ritiene, comunque, necessario invitare a una partico-lare prudenza nelle decisioni in relazione ai seguentiaspetti.Il problema della trascurabilita del volume di atmosfe-ra esplosiva e trattato in documenti di rango diverso(guide di direttive, norme, guide di norme) con indica-zioni spesso contrastanti anche perche alcuni docu-menti forniscono indicazioni sul «volume effettivodi atmosfera esplosiva Vex» mentre altri sul «volumeipotetico di atmosfera esplosiva Vz» (si vedano i valo-ri riportati nella Guida CEI 31-35/A:2012 (premessaall’appendice GE), nella Guida CEI 31-35:2012 (pun-to 5.10.3.5), nella norma CEI EN 60079-10-1 (puntoB.5.3.2), nella norma CEI EN 62305 (nota 9), nel pro-getto di norma 60079-10-1/Ed2/CD (punti 3.19, 3.20e C.2.3.2) e nella Guida alla direttiva 1999/92/CE(punto 2.2.4)).Per il coefficiente di sicurezza k utilizzato dalla GuidaCEI 31-35 nel calcolo dei piu importanti parametri diclassificazione, puo essere proposto un valore prossimoa 1 quando la sorgente di emissione si conosce «bene»in termini di geometria e regime di pressione e tempe-ratura, condizioni ricorrenti normalmente solo per leemissioni di grado continuo e primo.Per il parametro kdz utilizzato nel calcolo della distanzapericolosa dz, la Guida CEI 31-35, impiegando valoripiu alti per le emissioni di secondo grado, stabilisceun margine di sicurezza inferiore rispetto a quello pre-visto per le altre sorgenti di emissione, essendo dz unafunzione crescente con il fattore 1/kdz (formulef.GB.5.1-4, f.GB.5.1-5a, f.GB.5.1-5b, f.GB.5.1-6 dellaGuida).Poiche le emissioni di 2º grado vengono normalmentecaratterizzate con dati statistici, appare piu conservativoadottare valori di kdz piu piccoli rispetto a quelli corri-spondenti alle sorgenti di grado continuo e primo, adesempio all’interno del campo di valori 0,25-0,75, infunzione dell’accuratezza dei dati disponibili sulla sor-gente.

Inserto di ISL - Igiene e Sicurezza del Lavoro n. 8-9/2014 V

Per i termini di sorgente, la Guida CEI 31-35, nel para-grafo GB3, invita alla massima prudenza nelle scelte dacompiere ricordando che la stima delle dimensioni deifori di guasto deve essere basata sull’esperienza pratica,su considerazioni ingegneristiche, sull’accuratezza del-la manutenzione, sulla rapidita degli interventi in casodi guasto.Per la caratterizzazione delle polveri, e spesso piu con-veniente effettuare indagini di laboratorio piuttosto chefare riferimento ai dati tabulati nella Guida CEI 31-56,per evitare di incorrere nel duplice rischio di effettuare:– da un lato, scelte troppo conservative e, quindi, par-ticolarmente onerose per gli impianti,– dall’altro, scelte poco conservative e, quindi con po-tenziali gravi conseguenze per la pubblica e privata in-columita.

Le esplosioni dovute alle reazionidi decomposizione

Per l’individuazione dei scenari dovuti all’innesco diesplosivi, e possibile far ricorso a degli algoritmi di cal-colo con cui e possibile individuare le distanze corri-spondenti alle varie soglie di danno stabilite dal D.M.9 maggio 2001, ottenute le quali e possibile «ragiona-re» sulle possibili misure di prevenzione adottabili.Tra questi algoritmi, meritano un cenno particolarequelli proposti dalla legislazione francese quanto menoper il fatto di rappresentare uno dei pochi casi di rece-pimento ufficiale da parte di uno Stato Membro dellaComunita Europea (a tal fine si faccia riferimento alla«Circulaire Interministerielle du 20 avril 2007DPPR/SEI2/IH-07-0110» disponibile sulla pubblica-zione Securite Pirotecnique, ed. 2009. Per le misuredi sicurezza conseguenti sara poi necessario fare riferi-mento all’Allegato B del R.D. n. 635/1940).

Gli scoppi dei sistemi di contenimentoe altri scenari

Gli scenari di scoppio dei sistemi di contenimento de-vono essere individuati esaminando tutte le potenzialicondizioni di irraggiamento termico cui possono essereesposti i sistemi in pressione (bombole, reti di traspor-to, impianti di processo, stoccaggi).I potenziali incidenti connessi alla presenza di sostanzeinstabili, piroforiche e ai perossidi devono essere ricer-cati tra le informazioni riportate sulle schede di sicurez-za, con particolare attenzione ai paragrafi 3, 7, 10,eventualmente integrate con altre utili notizie da richie-dere direttamente al fabbricante.

Fonti di innesco dovutea impianti, lavorazioni, macchinee attrezzature

Premessa

Le probabilita di accadimento degli scenari incidentalidipende, generalmente, dalla presenza di fonti di inne-sco in grado di attivare un processo di combustione pe-ricoloso.Pertanto, la fase di valutazione dei «Pericoli di incendioed esplosione» va completata con l’individuazione di

tutte le possibili fonti di innesco presenti nelle attrezza-ture, negli impianti tecnologici installati e/o dovute aderrore umano, tenendo presente che nella trattazione,per «attrezzatura» si intende, in conformita alla defini-zione dell’art.69 del D.Lgs. 81/2008, «qualsiasi mac-china, apparecchio, utensile o impianto, inteso comeil complesso di macchine, attrezzature e componentinecessari all’attuazione di un processo produttivo, de-stinato ad essere usato durante il lavoro».

La ricerca delle fonti di innesco

Le potenziali fonti di innesco sulle installazioni perico-lose presenti in stabilimento, tra le quali rientrano alme-no quelle suggerite dall’Allegato I del D.M. 7 agosto2012, ovvero:– impianti di processo;– lavorazioni;– macchine, apparecchiature ed attrezzi;– movimentazioni;– impianti tecnologici di servizio;La norma UNI EN 1127:2011 avente per oggetto «Pre-venzione dell’esplosione e protezione contro l’esplosione- Parte 1: concetti fondamentali e metodologia» al para-grafo 5 suggerisce quali solo le possibili sorgenti di igni-zione da ricercare nelle installazioni e da collocare nellospazio per verificare la potenziale capacita di attivare una«qualunque» reazione di combustione prescindendo da-gli effetti generati (rilascio di energia termica e/o barica)visto che buona parte delle sorgenti proposte dalla normasono anche in grado di attivare processi di riscaldamentoe pirolisi di materiali combustibili solidi e la conseguentecombustione in fase solida (braci) e/o gassosa (fiamme).La ricerca delle fonti di innesco, pertanto, avra originecon lo studio della documentazione a corredo dell’at-trezzatura e/o impianto tecnologico e dovra concludersicon l’individuazione ed il posizionamento delle fonti diinnesco restituendo, generalmente, una rappresentazio-ne sintetica del tipo riportata in Tabella 1.Nel caso in cui il pericolo paventato e quello dell’e-splosione, oltre all’individuazione degli inneschi, e ne-cessario determinare la probabilita di attivazione deglistessi secondo le indicazioni del punto 4.3.3 della nor-ma in questione e tenendo conto delle definizioni di«funzionamento normale», «disfunzione prevedibile»e «disfunzione rara» proposte dalla norma UNI EN13463-1 classificando, pertanto, gli inneschi come:– sorgenti di accensione che possono manifestarsi nelfunzionamento normale– sorgenti di accensione che non devono manifestarsinel funzionamento normale– sorgenti di accensione che non devono manifestarsianche in caso di una disfunzione prevedibile;– sorgenti di accensione che non devono manifestarsianche in caso di una disfunzione rara o in caso di duedisfunzioni prevedibili indipendenti l’una dall’altra.Quindi, per ogni installazione si potra approfondire l’a-nalisi cosı come proposto in Tabella 3.

Gli strumenti di lavoro

La documentazione che il valutatore dovrebbe avere adisposizione, e costituita:– per le attrezzature, dalla valutazione del rischio di in-cendio/esplosione di cui ai punti 12.1 e 12.2 dell’Alle-

VI Inserto di ISL - Igiene e Sicurezza del Lavoro n. 8-9/2014

gato V del D.Lgs. n. 81/2008 o, per quelle interamentesottoposte a specifiche disposizioni legislative e regola-mentari di recepimento di direttive comunitarie di pro-dotto, dalla dichiarazione di conformita CE e la docu-mentazione prevista dalle direttive applicabili (manualed’uso/ installazione/ manutenzione);– per gli impianti, dalla documentazione prevista dallanorma tecnica scelta per la progettazione e realizzazio-ne e/o la documentazione ex artt. 5 (progetto) e 7 (di-chiarazione di conformita) e/o la valutazione dei rischicondotta dal progettista secondo quanto previsto dagliartt. 15 e 28 D.Lgs. n. 81/2008.

Recuperata la documentazione sulle installazioni, e ne-cessario procedere al confronto con i requisiti minimiprevisti dai riferimenti tecnici costituenti regola dell’ar-te quali, ad esempio, il seguente gruppo di norme:– UNI EN 13478: Sicurezza del macchinario - Preven-zione e protezione dal fuoco;– UNI EN 1127-1: Prevenzione dell’esplosione e pro-tezione contro l’esplosione - Concetti fondamentali emetodologia;– UNI EN 13463-1: Apparecchi non elettrici per atmo-sfere potenzialmente esplosive - Metodo di base e re-quisiti;

Tabella 1 - Individuazione delle fonti di innesco

Fabbricato/ambiente/compartimento:Reparto produzione 1

Fonti di innesco (capitolo 5 norma UNI EN 1127)

Lavorazioni L1, L2, L3

Impianti di processo P1,P2,P3 x x x x

Attrezzature di lavoro A1, A2, A3 x

Impianti di servizio I1, I2, I3 x

MovimentazioniRete1, Rete2, x x x x

Nastri, carrelli

Altro

Ubicazione x

Sostanze in deposito x

Comportamento u. x x x x

Manutenzione x x x x x x

Tabella 2 - Quantificazione della probabilita di manifestazione degli inneschi

Probabilita dell’innesco N. di guasti necessari per l’attivazione

Molto raro (III) 3

Molto raro (II) 2

Raro 1

Frequente o continuo 0

superfici

calde

fiamm

ee

gas/particelle

calde

Scintille

di

origin

em

eccanica

impian

to/m

aterialeelettrico

corre

nti

vaganti/p

rotezio

ne

catodica

elettricitastatica

fulm

ini

(RF)

da

10

4a

3x

10

11

Hz

O.em

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3x

10

11

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Hz

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ionizzan

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Ultrasu

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ne

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atica/onde

d’u

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Reazio

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esoterm

iche

Inserto di ISL - Igiene e Sicurezza del Lavoro n. 8-9/2014 VII

– CEI 31-55: Guida e raccomandazioni per evitare i pe-ricoli dovuti all’elettricita statica;– CEI EN 62061: Sistemi di Comando per la Sicurezzadelle Macchine;– CEI EN 50495: Dispositivi di sicurezza richiesti peril funzionamento sicuro degli apparecchi in relazione alrischio di esplosione.

La valutazione dei pericoli di incendio associatialle attrezzature

La norma UNI EN 13478:2008, richiamata anche nel-la «Guida all’applicazione della direttiva 2006/42/CE» - edizione 2010 - puo essere proficuamente uti-lizzata per l’identificazione dei pericoli di incendio as-sociato al macchinario, per l’esecuzione della corri-spondente valutazione dei rischi e per l’individuazio-ne delle misure tecniche per la prevenzione e la prote-zione dal fuoco.Per quanto riguarda l’identificazione dei pericoli di in-cendio, la norma suggerisce di andare ad individuare abordo macchina le seguenti fonti di innesco:– fonti di innesco di origine termica (fiamme/gas/parti-celle calde - superfici calde, Onde elettro magnetichesecondo UNI EN 1127);– fonti di innesco di origine meccanica (scintille, ultra-suoni, compressione adiabatica, onde d’urto secondoUNI EN 1127);– fonti di innesco di origine elettrica (materiale elettri-co, correnti vaganti, protezione catodica, elettricita sta-tica, fulmini secondo UNI EN 1127);– fonti di innesco di origine chimica (reazioni esoter-miche, radiazioni ionizzanti secondo UNI EN 1127).Inoltre, per l’identificazione dei pericoli di incendio, la

norma suggerisce anche di esaminare le caratteristichedi combustibilita, infiammabilita e pericolosita di:– materiali costruttivi o in lavorazione e i fluidi ausilia-ri della macchina– materiali nelle immediate vicinanze della macchina(semilavorati e/o materie prime e/o prodotto finito).Ai fini del successivo processo decisionale che riguar-dera le misure di prevenzione e protezione da adottareper l’accettabilita del rischio di incendio legato alla pre-senza della macchina (e alle relative condizioni di eser-cizio) la norma propone la seguente classificazione deipericolo associato:– basso livello di danno alla proprieta e/o all’ambien-te;– medio livello di danno alla proprieta e/o all’ambien-te;– alto livello di danno alla proprieta e/o all’ambiente.

La valutazione dei pericoli di esplosione associataalle attrezzature

L’analisi condotta sul macchinario deve essere finaliz-zata a ricercare il numero di barriere equivalenti controle esplosioni adottate su ciascuna fonte di innesco pre-sente al fine di verificare se le barriere disponibili, uni-tamente a quelle adottate sulle sorgenti di emissione digas/vapori/polveri combustibili, siano almeno 3 in mo-do da assicurare i requisiti minimi di sicurezza previstidall’Allegato L del D.Lgs. n. 81/2008.A titolo di esemplificazione, per un macchinario con trediverse tipologie di inneschi installato in una ZonaATEX G con qualifica Z1, sara necessario verificareil soddisfacimento dei requisiti minimi indicati in Figu-ra 1.

Tabella 3 - Individuazione inneschi in una istallazione in presenza di un pericolo di esplosione

Inneschi UNI EN 1127 Presente ProbabilitaNr. guasti necessari

per l’attivazione

Superfici calde SI Continuo 0

Fiamme e gas/particelle calde SI Raro 1

Scintille di origine meccanica SI Molto raro (II) 2

Materiale elettrico SI Raro 1

Correnti vaganti, protezione catodica NO

Elettricita statica SI Frequente 0

Fulmini SI Molto raro (III) 3

(RF) da 104 Hz a 3 x 1011 Hz NO

O.Em. da 3 x 1011 Hz a 3 x 1015 Hz NO

Radiazioni ionizzanti NO

Ultrasuoni NO

Compressione adiabatica onde d’urto NO

Reazioni esotermiche SI Raro 1

VIII Inserto di ISL - Igiene e Sicurezza del Lavoro n. 8-9/2014

Tra gli strumenti di valutazione richiamati, merita unparticolare cenno la metodologia riportata nell’AllegatoB della norma UNI EN 13463-1 «Apparecchi non elet-trici per atmosfere potenzialmente esplosive - Metododi base e requisiti» che propone un efficace metododi valutazione prevedendo l’uso di prospetti riepiloga-tivi inerenti le varie fasi di valutazione:– Fase 1: individuazione delle fonti di innesco (TableB.1 UNI EN 13463-1);– Fase 2: stima della probabilita di manifestazione del-le fonti di innesco (Table B.2 UNI EN 13463-1);– Fasi 3 e 4: determinazione delle misure preventive eprotettive adottate e la stima della categoria (Table B.3UNI EN 13463-1).

La valutazione dei pericoli di incendio/esplosioneassociati agli impianti

Gli impianti tecnologici sono generalmente «ricchi» difonti di innesco.Per verificare se sull’impianto sono state adottate ade-guate misure di protezione, e necessario ricercare nelladocumentazione prodotta dal progettista la classifica-zione del rischio di incendio/esplosione dell’ambienteservito e verificare l’attualita/compatibilita con il livelloeffettivamente presente (determinato dal RSPP e/o dal-le norme di legge e/o dalle norme tecniche e/o dal Co-mando dei Vigili del Fuoco competente) nell’ambientecosı come esercito.

La valutazione delle condizioni di esercizio

Effettuata l’individuazione delle fonti di innesco pre-senti su attrezzature e impianti e delle misure di prote-zione predisposte da progettisti e costruttori per contra-starne la loro attivazione, l’ultimo passo da compiereper poter emettere un giudizio esaustivo sulla pericolo-sita degli inneschi presenti e quello della valutazionedello stato di manutenzione delle installazioni confron-tandolo con lo standard previsto dai costruttori e/o daiprogettisti e/o dalle norme tecniche di progettazione/realizzazione e/o dalle norme di legge.Quanto maggiore sara il divario tra lo stato di previsio-ne e quello di esercizio, tanto piu prudenti dovranno es-sere le conclusioni.

Condizioni al contorno:prestazioni del fabbricato

Premessa

Dopo aver individuato i pericoli di incendio, bisognaprocedere con l’analisi degli ambienti nei quali detti pe-ricoli sono presenti, al fine di individuarne il comporta-mento.Tenendo presente l’organizzazione della relazione tec-nica proposta dall’allegato I del D.M. 7 agosto 2012e, in particolare, il punto A.1.2, le prestazioni del fab-bricato possono essere cosı riassunte:1) condizioni di accessibilita e viabilita;2) lay-out di area (distanziamenti, separazioni, isola-mento);3) caratteristiche degli edifici:– tipologia edilizia;– geometria (volumi, superfici, altezza, piani fuori terrae interrati);– compartimentazione;– prestazioni in caso di incendio/esplosione.

Requisiti d’area

L’attivita deve essere ubicata nel rispetto delle distanzedi sicurezza (Tabella 4 e Figura 2), stabilite dalle dispo-sizioni vigenti, da altre attivita che comportano rischi diesplosione o incendio tenendo conto anche delle areeesterne adibite a deposito temporaneo o permanentedi materiali combustibili.Per determinare il valore delle distanze di sicurezza sipuo fare utile riferimento alla norma NFPA 80A oppurea quelle previste nelle regole tecniche di prevenzioneincendi per sostanze aventi caratteristiche fisico-chimi-che analoghe (D.M. 31 luglio 1934 per i depositi di oliminerali, D.M. 14 maggio 2004 per i depositi di GPLfino a 13 m3, TULPS e relativo regolamento d’esecu-zione, per gli esplosivi ecc.),Un ulteriore verifica dovra essere condotta sull’even-tuale obbligo normativo in materia di isolamento del-l’edificio, tenendo presente che:– possono essere considerati isolati anche i fabbricatiadiacenti ad edifici destinati ad altri usi, anche con

Figura 1 - Barriere di sicurezza su un’attrezzatura in zona ATEX G Z1

Inserto di ISL - Igiene e Sicurezza del Lavoro n. 8-9/2014 IX

strutture di fondazione comuni, purche strutturalmentee funzionalmente separati da questi;– le tettoie di collegamento tra due fabbricati isolatipossono costituire pericolo di propagazione di un in-cendio in presenza di aperture (finestre, porte, portoni)sottostanti.L’analisi dovra concludersi con la verifica di eventualiprescrizioni, contenute nelle regole tecniche discipli-nanti le attivita confinanti e/o ubicate nello stesso fab-bricato, relative alle separazioni e alle comunicazioniritenute ammissibili tenendo presente che, in linea ge-nerale, bisogna prevedere una separazione con i fabbri-cati e/o attivita adiacenti mediante elementi costruttiviin grado di garantire prestazioni di resistenza al fuoco,non inferiore al livello III definito dal DM 9 marzo2007.

Condizioni di accessibilita e viabilita

Le condizioni di accessibilita esterna e della percorribi-lita interna devono essere compatibili con l’esigenza diassicurare lo svolgimento delle operazioni di soccorsocon i mezzi necessari (ad esempio: accostamento auto-scala dei Vigili del Fuoco e avvicinamento dei mezzipesanti quali autobotti).

Per consentire l’intervento dei mezzi di soccorso deiVigili del fuoco, gli accessi alle aree dove sono ubicatele attivita a rischio di incendio devono rispondere ai se-guenti requisiti minimi (Figura 3):– larghezza: 3,50 m;– altezza libera: 4,00 m;– raggio di volta: 13,00 m;– pendenza: non superiore al 10%;– resistenza al carico: almeno 20 t (8 sull’asse anterio-re, 12 sull’asse posteriore, passo 4,00 m).Inoltre, in funzione dell’altezza antincendio dell’edifi-cio, occorre valutare la necessita di garantire l’accosta-mento dell’autoscala dei Vigili del fuoco almeno aduna qualsiasi apertura che consenta l’accesso ad ognipiano, sviluppata secondo lo schema in Figura 4.

Lay-out interno

L’analisi dell’organizzazione e della configurazione delfabbricato deve mettere in evidenza:– la disposizione di macchinari, merci, postazioni di la-voro ecc., in modo da poter verificare l’eventuale pre-senza di interferenze tra i diversi centri di pericolo (fon-ti di innesco e sostanze combustibili) e, di conseguen-za, l’esigenza di provvedere con accorgimenti di pre-venzione quali, a titolo esemplificativo, l’adozione didistanze di sicurezza secondo NFPA 555, l’interposi-zione di strutture di schermo, l’installazione di disposi-tivi automatici di sezionamento delle linee di adduzionedei materiali ai macchinari;– le modalita di comunicazione tra vari reparti/compar-timenti dell’azienda legati da connessioni funzionali oda vincoli imposti dal processo produttivo; di norma,tali comunicazioni possono essere dirette (ossia senzaalcuna protezione ai fini antincendio) nel caso di attivi-ta caratterizzate da condizioni equivalenti di carico diincendio e/o velocita di propagazione e/o interferenzatra fonti di innesco e materiali combustibili, mentre do-vranno avvenire, tramite porte tagliafuoco (talvolta an-che tramite filtri a prova di fumo) in tutti gli altri casi.

Caratteristiche degli edifici

Le caratteristiche degli elementi costruttivi rilevanti aifini antincendio (tipologia edilizia, geometria, volu-metria, superfici, altezza, piani interrati, articolazioneplano-volumetrica, compartimentazione ecc.) devonoessere individuate tenendo conto dell’esigenza di do-ver assicurare, per l’opera, il soddisfacimento del ‘‘re-quisito essenziale’’ n. 2 di cui al Regolamento (UE)

Tabella 4 - Definizioni di distanze (D.M. 30 novembre 1983)

Distanza di sicurezza esterna Valore minimo, stabilito dalla norma, delle distanze misurate orizzontalmente tra il pe-rimetro in pianta di ciascun elemento pericoloso di una attivita e il perimetro del piuvicino fabbricato esterno alla attivita stessa o di altre opere pubbliche o private oppurerispetto ai confini di aree edificabili verso le quali tali distanze devono essere osservate.

Distanza di sicurezza interna Valore minimo, stabilito dalla norma, delle distanze misurate orizzontalmente tra i ri-spettivi perimetri in pianta dei vari elementi pericolosi di una attivita.

Distanza di protezione Valore minimo, stabilito dalla norma, delle distanze misurate orizzontalmente tra il pe-rimetro in pianta di ciascun elemento pericoloso di una attivita e la recinzione (ove pre-scritta) ovvero il confine dell’area su cui sorge l’attivita stessa.

Figura 2 - Distanze di sicurezza

X Inserto di ISL - Igiene e Sicurezza del Lavoro n. 8-9/2014

305/2011 del 9 marzo 2011 (Sicurezza in caso di in-cendio), ovvero:– la capacita portante dell’edificio possa essere garanti-ta per un periodo di tempo determinato;– la generazione e la propagazione del fuoco e del fu-mo all’interno delle opere siano limitate;– la propagazione del fuoco ad opere di costruzione vi-cine sia limitata;– gli occupanti possano abbandonare le opere di co-struzione o essere soccorsi altrimenti;

– sia presa in considerazione la sicurezza delle squadredi soccorso.In materia di capacita portante in caso di incendio, leprestazioni di resistenza al fuoco da richiedere ad unacostruzione devono essere individuate tra i livelli intro-dotti dal D.M. 9 marzo 2007 (Tabella 5) ad esclusionedelle attivita per le quali i requisiti di resistenza al fuo-co sono gia fissati a priori dalle specifiche regole tecni-che di settore (p.e. alberghi, scuole, strutture sanitarie,autorimesse ecc.).Individuato il livello di prestazione ammissibile per l’at-tivita, bisogna verificare se il valore di resistenza al fuo-co delle strutture e compatibile con i requisiti chiesti dallivello di prestazione adottato che, nel caso del livelloIII, sono correlati al valore del carico di incendio speci-fico di progetto (qf,d) inteso come carico d’incendio rife-rito all’unita di superficie lorda, corretto in base ai para-metri indicatori del rischio di incendio del compartimen-to e dei fattori relativi alle misure di protezione presenti.In merito alla scelta del livello di prestazione impiega-bile, si segnalano:– il divieto di utilizzo del livello I per le costruzionisoggette a controllo da parte dei Vigili del Fuoco in as-senza di opportune misure compensative da individuar-si mediante una progettazione in deroga secondo quan-to previsto dalla Lettera Circolare P414/4122 sott. 55del 28 marzo 2008;– il rispetto rigoroso delle condizioni di esercizio ripor-tate nel Decreto in argomento per l’ammissibilita del li-vello II;– la possibilita di adottare valori di resistenza al fuocoinferiori a quelli richiesti per il Livello II, fermo restan-do quanto gia detto per i progetti in deroga, se in gradodi assicurare, per la consistenza del carico di incendioda gestire, il livello III di prestazione, da ritenersi ade-guato per tutte le costruzioni soggette a controllo deivigili del fuoco.Laddove sia necessario il Livello III di prestazioni, do-vranno essere calcolati:1) il carico di incendio (in MJ), ovvero potenziale termi-co netto della totalita dei materiali combustibili contenutiin uno spazio corretto in base ai parametri indicativi del-la partecipazione alla combustione dei singoli materiali;

Figura 3 - Requisiti minimi delle aree per l’accesso dei Vigili del Fuoco

Figura 4 - Diagramma di lavoro dell’auto-scala

Inserto di ISL - Igiene e Sicurezza del Lavoro n. 8-9/2014 XI

2) il carico d’incendio specifico qf (in MJ/m2), ovvero ilcarico di incendio riferito all’unita di superficie lorda,da calcolare con l’espressione:

qf ¼P

i Mi �Hi �mi � i

A

rimandando– per la simbologia e i valori da impiegare, alla letturadel decreto;– per banche dati e calcoli automatici, al software «Cla-

Raf», disponibile sul sito istituzionale www.vigilfuo-co.it, nella sezione Prevenzione e sicurezza - Prodottiantincendio sicuri;– per il calcolo in presenza di elementi strutturali di le-gno, alle istruzioni della Lettera Circolare 28 marzo2008, n. P414/4122/sott. 55;3) il carico d’incendio specifico di progetto qf,d (in MJ/m2), secondo la relazione:

qf;d ¼ qf � �q1 � �q2 � �n

dove:– dq1 e il fattore «rischio dimensioni» del comparti-mento (Tabella 6);– dq2 e il fattore «rischio attivita» svolta nel comparti-mento (Tabella 7);– dn e il fattore «misure di protezione attiva», ottenutocome prodotto di otto fattori parziali dni (Tabella 8);Ottenuto qf,d, la classe di resistenza al fuoco si ottiene at-traverso la Tabella 4 del D.M., qui riportata in Tabella 9.Poiche le condizioni di utilizzo della costruzione hannouna diretta ricaduta sul livello III di prestazione, ne di-scende che il progettista, nelle scelte da compiere, devenecessariamente valutare la compatibilita della gestionedell’attivita con i vincoli imposti al carico di incendio ealle strutture. Per enfatizzare questo concetto, e statoesplicitamente sancito che i progettisti sono direttamen-te responsabili dell’individuazione dei valori dei para-metri posti a base della determinazione delle azioni di

Tabella 5 - Livelli introdotti dal D.M. 9 marzo 2007

Livello I Nessun requisito specifico di resistenza al fuoco dove le conseguenze della perdita dei requisiti stessi sianoaccettabili o dove il rischio di incendio sia trascurabile

Livello II Mantenimento dei requisiti di resistenza al fuoco per un periodo sufficiente all’evacuazione degli occupantiin luogo sicuro all’esterno della costruzione

Livello III Mantenimento dei requisiti di resistenza al fuoco per un periodo congruo con la gestione dell’emergenza

Livello IV Requisiti di resistenza al fuoco tali da garantire, dopo la fine dell’incendio, un limitato danneggiamento dellacostruzione

Livello V Requisiti di resistenza al fuoco tali da garantire, dopo la fine dell’incendio, il mantenimento della totale fun-zionalita della costruzione stessa

Tabella 6 - Valori di dq1

Area del compartimentoA in m2 dq1

A < 500 1,00

500 # A < 1.000 1,20

1.000 # A < 2.500 1,40

2.500 # A < 5.000 1,60

5.000 # A < 10.000 1,80

A $ 10.000 2,00

Tabella 7 - Valori di dq2

Classidi rischio Descrizione dq2

I Aree che presentano un basso rischio di incendio in termini di probabilita di inne-sco, velocita di propagazione delle fiamme e possibilita di controllo dell’incendio daparte delle squadre di emergenza

0,80

II Aree che presentano un moderato rischio di incendio come probabilita d’innesco,velocita di propagazione di un incendio e possibilita di controllo dell’incendio stes-so da parte delle squadre di emergenza

1,00

III Aree che presentano un alto rischio di incendio in termini di probabilita d’innesco,velocita di propagazione delle fiamme e possibilita di controllo dell’incendio daparte delle squadre di emergenza

1,20

XII Inserto di ISL - Igiene e Sicurezza del Lavoro n. 8-9/2014

progetto mentre i titolari delle attivita sono direttamenteresponsabili del mantenimento delle condizioni che de-terminano l’individuazione dei suddetti valori.I livelli IV o V di prestazione dovrebbero essere presiin considerazione solo in casi di esigenze particolarifatte salve le richieste dalla autorita competente per co-struzioni destinate ad attivita di particolare importanzache, ad esempio, non possono essere completamenteevacuate in caso d’incendio (ospedali, case di riposo),che devono garantire la continuita dei servizi erogati,oppure che contengono materiale di elevato valore eco-nomico, culturale, storico ecc.Per i fabbricati di questo tipo i provvedimenti piu co-muni sono:– progettazione accurata dei sub-sistemi strutturale, di

partizione e di chiusura, con grande attenzione ai parti-colari costruttivi;– limitazione della presenza di materiali combustibili;– limitazione del deposito di sostanze combustibili aipiani interrati;– suddivisione spinta in compartimenti, possibilmenteseparati da filtri a prova di fumo;– realizzazione d’impianti di protezione attiva ridon-danti rispetto a quanto necessario per il conseguimentodei requisiti essenziali.

Le prestazioni del fabbricato in caso di esplosione

Le prestazioni di un edificio devono essere definite nonsolo in caso di incendio ma anche a seguito di un’e-splosione tenendo conto che il punto 3.6.2 del D.M.14 gennaio 2008 (NTC 2008) classifica le azioni acci-dentali dovute alle esplosioni nelle categorie come daTabella 10.Per poter decidere quali tipi di effetti sono compatibilicon la destinazione d’uso dell’attivita in progettazione,puo farsi utile riferimento alla norma UNI EN 1990/2006 (richiamata da UNI EN 1991-1-7/2006) al para-grafo B3 (Reliability differentiation), punto B3.1 (Con-sequences classes) e al DM 31/07/2012 di pubblicazio-ne delle appendici nazionali agli eurocodici.Individuata la tipologia di conseguenze ammissibili perl’attivita come in Tabella 10 bis, le verifiche da condur-re sulle strutture sono le seguenti:– Categoria 1: non sono richiesti provvedimenti speci-

Tabella 8 - Valori di dni

Funzione delle misure di protezione

Sistemi automatici di estinzione dn1 (ad acqua) 0,60

dn2 (altro) 0,80

Sistemi di evacuazione automatica di fumo e calore dn3 0,90

Sistemi automatici di rivelazione, segnalazione e allarme di incendio dn4 0,85

Squadra aziendale dedicata alla lotta antincendio dn5 0,90

Rete idrica antincendio dn6 (interna) 0,90

dn7 (interna ed esterna) 0,80

Percorsi protetti di accesso dn8 0,90

Accessibilita ai mezzi di soccorso VVF dn9 0,90

Tabella 9 - Classi di capacita portantein funzione del carico d’incendio

Carichi d’incendio specificidi progetto (qf,d) Classe

Non superiore a 100 MJ/m2 0

Non superiore a 200 MJ/m2 15

Non superiore a 300 MJ/m2 20

Non superiore a 450 MJ/m2 30

Non superiore a 600 MJ/m2 45

Non superiore a 900 MJ/m2 60

Non superiore a 1200 MJ/m2 90

Non superiore a 1800 MJ/m2 120

Non superiore a 2400 MJ/m2 180

Superiore a 2400 MJ/m2 240

Tabella 10

Categoriadi azione Effetti possibili

1 Effetti trascurabili sulle strutture

2 Effetti localizzati su parte delle strutture

3 Effetti generalizzati sulle strutture

Inserto di ISL - Igiene e Sicurezza del Lavoro n. 8-9/2014 XIII

fici per le strutture che dovranno rispondere esclusiva-mente alle regole per le connessioni e le interazioni trale componenti fornite dalla ENV 1992 alla ENV 1999;– Categoria 2: possibile analisi semplificata ricorrendoa azioni statiche equivalenti o applicando idonee regoledi progetto per i dettagli costruttivi; in presenza di siste-mi di sfogo, e consentito limitare l’analisi e le verificheai soli elementi chiave della costruzione, progettati persopportare gli effetti di un’esplosione interna;– Categoria 3 (punto 4.2.6 del D.M. 14 gennaio 2008):studi approfonditi sia per le azioni che per il modellostrutturale, eventualmente usando analisi dinamiche,modelli non lineari ed interazione carico-struttura. L’a-nalisi deve essere estesa a tutta la struttura o ad una par-te significativa di essa.

Sistemi di ventilazione e/o aerazione

La ventilazione e/o l’aerazione puo essere intesa sia co-me un’azione preventiva per assicurare che in presenzadi vapori, gas o polveri infiammabili e/o combustibilinon sia superato il limite inferiore del campo di infiam-mabilita sia come azione protettiva che, in caso di in-cendio, consente l’evacuazione dei prodotti della com-bustione.Nel primo caso, deve essere individuato un sistema diventilazione naturale o meccanica in grado di assicura-re un efficace lavaggio del volume ai fini della diluizio-ne di eventuali miscele di sostanze infiammabili, infunzione delle proprieta chimico-fisiche delle sostanzeutilizzate, delle caratteristiche plano-volumetriche deilocali.Nel secondo caso, invece, il sistema puo essere proget-tato per uno o piu dei seguenti obbiettivi:– mantenee uno strato libero da fumo al di sopra delpavimento per agevolare l’evacuazione delle persone;– ridurre le temperature delle strutture portanti e del tet-to a parita di energia termica rilasciata;

– ritardare la fase di flash-over in modo da facilitarel’accesso nell’edificio per la lotta contro l’incendio gra-zie al miglioramento delle condizioni ambientali;– evitare concentrazioni pericolose di gas incombustiche in caso di afflusso improvviso di aria potrebberodar luogo a fenomeni di back-draft.I primi due obbiettivi sono conseguibili, generalmente,con sistemi di evacuazione naturale o forzata di fumosecondo gli standard UNI 9494-1 e UNI 9494-2.

Condizioni al contorno:prestazioni degli occupanti

Premessa

Il successo delle operazioni di evacuazione degli oc-cupanti di una qualsiasi attivita in cui si verifichiuna situazione di emergenza e strettamente connessoalla sicura fruibilita delle vie di uscita, a sua volta col-legata al comportamento o, piu genericamente, alle«prestazioni» delle persone presenti all’interno delfabbricato.La strategia di sicurezza da adottare per le persone e, diconseguenza, la progettazione del sistema di vie di eso-do dipende dalla lettura di tutti quei parametri, riguar-danti la risposta del fabbricato e degli occupanti, chepossono influenzare l’intervallo di tempo necessarioper l’esodo delle persone da un fabbricato (o da unasua porzione).

La risposta del fabbricato e degli occupanti

La caratterizzazione della risposta del fabbricato e deglioccupanti puo essere effettuata sulla base dello studiodei seguenti parametri:– la dinamica dell’incendio,– il sistema di allarme disponibile,– la complessita dell’edificio,

Tabella 10 bis

Categoria delle azioni(Livello)

Destinazioni d’uso ammissibili con le categorie di azione(EN 1991 1-7 + NAD)

1 Effetti trascurabili CC1 Opere da costruzione con presenza solo occasionale di persone, edi-fici agricoli

2 Effetti localizzati CC2rischio inferiore

Opere da costruzione il cui uso preveda normali affollamenti, senzacontenuti pericolosi per l’ambiente e senza funzioni pubbliche e so-ciali essenziali. Industrie con attivita non pericolose per l’ambiente.Ponti, opere infrastrutturali, reti viarie non ricadenti nelle Classi diconseguenza superiori.

CC2rischio superiore

Opere da costruzione il cui uso preveda affollamenti significativi. In-dustrie con attivita pericolose per l’ambiente. Reti viarie extraurbanenon ricadenti in Classe di conseguenza 3. Ponti e reti ferroviarie lacui interruzione provochi situazioni di emergenza.

3 Effetti generalizzati CC3 Opere da costruzione con funzioni pubbliche o strategiche impo-stanti, anche con riferimento alla gestione della protezione civile incaso di calamita. Industrie con attivita particolarmente pericoloseper l’ambiente. Ponti e reti ferroviarie di importanza critica per ilmantenimento delle vie di comunicazione.

XIV Inserto di ISL - Igiene e Sicurezza del Lavoro n. 8-9/2014

– il livello di familiarita degli occupanti con gli am-bienti,– lo stato di allerta delle persone,– la densita di affollamento,– la presenza di disabili.

La dinamica dell’incendio

La capacita delle persone di evacuare l’edificio e pe-santemente influenzata dalla dinamica dell’incendio,la quale determina la rapidita con cui vengono menole condizioni ambientali compatibili con la presenzadi persone all’interno delle strutture (visibilita, esposi-zione agli effluenti e al calore all’interno dei percorsidi 1º stadio).In linea generale, si puo presupporre che la reazione fi-siologica degli occupanti rimanga scarsamente influen-zata fino al raggiungimento delle soglie di pericolo sta-bilite dal normatore.A tale scopo, il Dipartimento dei Vigili del Fuoco, delSoccorso Pubblico e della Difesa Civile, con Circolaren. 427 del 31 marzo 2008, ha stabilito i seguenti limitidi esposizione al di sotto dei quali puo essere ritenutatrascurabile l’influenza della dinamica dell’incendiosul comportamento delle persone durante l’esodo:– temperatura ambiente non superiore a 50ºC,– valori di irraggiamento termico non superiore a 2kW/m2,– livello di visibilita (calcolato a 2 m al piano di calpe-stio) non inferiore a 10 m.In merito al livello di esposizione ai gas tossici, il citatodocumento prevede di non procedere alla valutazionedell’influenza delle specie tossiche sul comportamentodelle persone in presenza di valori di visibilita lungo ipercorsi di almeno 10 m, essendo trascurabili gli effettidegli stessi in tali condizioni.L’intervallo di tempo entro il quale vengono raggiunti ivalori limiti sopra indicati rappresenta l’intervallo ditempo disponibile per gli occupanti per lasciare incolu-mi il fabbricato.

Il sistema di allarme

Il tipo di sistema di allarme gioca un ruolo fondamen-tale sul ritardo �ta con cui gli occupanti vengono messia conoscenza dell’emergenza in corso. Ad esempio, lanorma BS/PD 7974-6 «The application of fire safetyengineering principles to fire safety design of buildings- Part 6: Human factors: Life safety strategies - Occu-pant evacuation, behaviour and condition (Sub-system6)» prevede di fissare per �ta i seguenti livelli:– A1: �ta = 0 nel caso di impianto di rivelazione auto-matica esteso a tutto l’edificio, laddove in grado di at-tivare un segnale di allarme immediato e generale inogni parte dell’edificio;– A2: �ta = al ritardo con cui viene diffuso il segnaledi allarme da un posto permanentemente presidiato do-ve viene indirizzato un segnale di preallarme generatodall’impianto di rivelazione; tale condizione e espressa-mente prevista nelle regole di prevenzione incendi rela-tivi ai fabbricati frequentati dal pubblico (locali di pub-blico spettacolo, alberghi, uffici, ospedali, centri com-merciali);– A3: �ta = 15’’ nel caso in cui l’edificio e protettoesclusivamente con un impianto manuale di allarme.

La complessita e la gestione dell’edificio, il livello difamiliarita e lo stato di allerta degli occupantiIl tempo di pre-movimento �tpre dipende non soltantodall’edificio (complessita e livello di organizzazioneaziendale) ma anche dalle caratteristiche degli occupan-ti (livello di familiarita e stato di allerta).Sempre a titolo esemplificativo, la richiamata normaBS/PD 7974-6, propone l’individuazione di �tpre, sullabase delle possibili combinazioni di livelli in cui ven-gono discretizzati il tipo di allarme (A1, A2, A3 comevisto in precedenza), la complessita degli edifici (B1,B2, B3) (2), il livello di gestione (M1, M2, M3) (3) eil livello di familiarita/allerta delle persone (A, B, Ci,Cii, Ciii) (4) cosı come riportato nella Tabella 11.

La densita di affollamento e la presenza di disabili

La densita di affollamento e la presenza di disabili con-dizionano fortemente la velocita di trasferimento lungoi percorsi di esodo e, di conseguenza, il tempo di mo-vimento �ttrav. Ad esempio, continuando con il riferi-mento alla BS 7974-6, la densita di affollamento D (p/m2), la velocita di trasferimento vtrav (m/s), il flussospecifico Fs (p/s m), la larghezza del percorso Le (m)e il flusso totale Ft (p/s) possono essere messi in rela-zione tra di loro con le seguenti relazioni:

vtrav = k - akD = k (1 – aD) [m/s]

(per 0,55 p/m2 < D < 3,8 p/m2)

vtrav = 0,85k [m/s]

(per D < 0,55 p/m2)

Fs = vtrav D [p/s m]

Ft = FS Le [p/s]

dove:– k = 1,4 m/s per i percorsi orizzontali; 1,16 per i per-corsi attraverso scale con pedata >305 mm e alzata <165 mm;– a = 0,266.Nel caso di flussi di esodo «misti» ovvero caratterizzatianche dalla presenza di disabili, la velocita di trasferi-mento cosı calcolata deve essere messa a confrontocon quella tipica delle persone con disabilita motorie ri-portata nella Tabella 12, adottando il valore piu picco-lo.

Note:

(2) B1: edifici monopiano a pianta e lay-out semplice, ovvero con visibilita diretta dellamaggior parte delle uscite di sicurezza e lunghezza limitata ai valori di legge dei percorsidi esodo; B2: edifici come B1 ma multipiano; B3: gli altri edifici.

(3) M1: occupanti normalmente addestrati sulla gestione della sicurezza antincendi e conun numero trascurabile di visitatori in ambienti vigilati; M2: occupanti normalmente adde-strati sulla gestione della sicurezza antincendi e con un numero di visitatori limitato in am-bienti anche non vigilati: M3: negli altri casi.

(4) A: occupanti svegli e a conoscenza dei luoghi; B: occupanti svegli ma non a conoscen-za dei luoghi; Ci: occupanti addormentati e a conoscenza dei luoghi; Cii: occupanti gestitida altro personale (es. ospedalizzati, disabili); Ciii: occupanti addormentati e non a cono-scenza dei luoghi.

Inserto di ISL - Igiene e Sicurezza del Lavoro n. 8-9/2014 XV

Le strategie di sicurezza per le persone

Per la corretta determinazione della strategia da adotta-re per la sicurezza delle persone, occorre tener presentei seguenti aspetti.Il movimento delle persone all’interno del fabbricato egeneralmente distribuito in tre stadi:– 1º stadio di evacuazione, corrispondente al movimen-to all’interno degli ambienti minacciati dai prodotti del-la combustione;– 2º stadio di evacuazione, corrispondente al movimen-to all’interno di ambienti protetti dai prodotti dellacombustione, non sempre disponibili, come nel casodi edifici monocompartimento;– 3º stadio di evacuazione, corrispondente al movimen-to delle persone all’esterno del fabbricato sino al rag-giungimento di un luogo sicuro, coincidente con le im-mediate vicinanze del fabbricato nel caso di fabbricaticon livello 3 di prestazione in caso di incendio (secon-do D.M. 9 marzo 2007) e scarso affollamento.Il tempo necessario per il raggiungimento di un luogo

sicuro (termine del 3º stadio di evacuazione) e scompo-nibile, secondo quanto suggerito dalla UNI ISO/TR13387-1 (5), in tre fattori:1) il tempo di allarme �ta, ovvero il tempo intercorren-te tra l’innesco di un incendio, il suo riconoscimento ela comunicazione dell’allarme agli occupanti;2) il tempo di pre-movimento �tpre, ovvero il tempospeso per riconoscere l’allarme e iniziare il movimentoverso i percorsi di esodo;3) il tempo di percorrenza �ttrav, ovvero il tempo ne-cessario a percorrere le vie di esodo.In funzione di quanto sopra, le strategie che possonoessere proposte per la sicurezza delle persone sono leseguenti:– evacuazione totale degli occupanti, da effettuarsi in

Tabella 11

Categoria di scenario �tpre Primooccupante

�tpre 1º percentile

(in minuti)

�tpre distribuzione�tpre 99º percentile

(in minuti)OccupantiFabbricato

Gestione Complessita Allarme

A

M1B1 o B2

A1 o A2

0,5 1,5

B3 1 2

M2B1 o B2 1 3

B3 1,5 3,5

M3 / / >15 >30

B

M1

B1

A1 o A2

0,5 2,5

B2 1 3

B3 1,5 3,5

M2

B1 1 4

B2 1,5 4,5

B3 2 5

M3 / / >15 >30

Tabella 12

Tipo di disabilita Velocita in piano Scale in discesa Scale in salita

Sedia a ruote elettrica 0,89 / /

Sedia a ruote manuale 0,69 / /

Utilizzo di stampelle 0,94 0,22 0,22

Utilizzo di bastone 0,81 0,32 0,34

Nota:

(5) UNI ISO/TR 13387-1 «Ingegneria della sicurezza antincendio - Parte 1: Applicazionidei concetti prestazionali antincendio nella definizione degli obiettivi di progetto».

XVI Inserto di ISL - Igiene e Sicurezza del Lavoro n. 8-9/2014

un’unica fase (necessaria in presenza di fabbricati mo-nocompartimento);– evacuazione degli occupanti in un posto sicuro all’in-terno dell’edificio, capace di contenerli e proteggerli fi-no a quando l’incendio non sia stato domato o fino ache non diventi necessario procedere ad una successivafase di evacuazione, tenendo presente che tale strategiacomporta la disponibilita di piu compartimenti e che inpresenza di un elevato numero di disabili, il luogo sicu-ro deve essere individuato allo stesso piano del com-partimento in fiamme (esodo orizzontale progressivo).– evacuazione degli occupanti garantendo l’incolumitadegli stessi all’interno di luoghi sicuri dinamici, individua-ti nei percorsi di 2º stadio, dimensionati in modo che larelativa capacita di contenimento sia in grado di compen-sare la differenza tra la portata di afflusso (occupanti pro-venienti dalle aree di 1º stadio) e quella di deflusso (occu-panti che iniziano il percorso di esodo di 3º stadio). Talestrategia prende il nome di «metodo capacitivo».

Il dimensionamento dei percorsi di esodosecondo la normativa italiana

Nella maggioranza dei casi, la progettazione dei percor-si di esodo puo essere condotta prendendo a riferimentoil D.M. 10 marzo 1998 (6) e, laddove disponibili, le re-gole tecniche di prevenzione incendi emanate per lesingole attivita, provvedimenti tutti impostati sulla de-finizione/limitazione dei seguenti parametri:– la densita di affollamento;– la capacita di deflusso del «modulo unitario»;– la lunghezza massima del percorso di esodo di 1º sta-dio;– la larghezza minima dei percorsi di esodo (orizzontalie verticali).La densita di affollamento da, definita come il rapportotra il numero massimo di persone presenti Np e la su-perficie lorda del pavimento S (da = Np/S per s/m2) estabilita di volta in volta nelle regole tecniche in funzio-ne della destinazione d’uso. Ad esempio il D.M. 27 lu-glio 2010 (Regola tecnica di prevenzione incendi per leattivita commerciali), nelle aree di vendita del settorealimentare o misto prevede una densita di affollamento

pari a 0,4 persone/m2 per superficie fino a 2.500 m2 edi 0,2 persone /m2 per superficie superiori a 2.500 m2,mentre per le attivita commerciali all’ingrosso, limitatale valore a 0,1 persone/m2.La capacita di deflusso Co, definita dal D.M. 30 no-vembre 1983 come il numero massimo di persone, sta-bilito di volta in volta dalla norma, che, in un sistema divie d’uscita, possono defluire attraverso un’uscita di«modulo uno» (larghezza pari a 60 cm), e una funzionedel tempo occorrente per lo sfollamento ordinato di uncompartimento.Il tempo occorrente per lo sfollamento ordinato di uncompartimento e da intendersi riferito al 1º stadio diesodo e deve essere inferiore all’intervallo di tempo ol-tre il quale i parametri ambientali diventano incompati-bili con la permanenza delle persone, individuato dalD.M. 10 marzo 1998, in funzione del livello di rischiopresente, in:– 1’’ nei luoghi a rischio di incendio elevato (30» nelcaso di disponibilita di una sola direzione di esodo);– 3’’ nei luoghi a rischio di incendio medio (1’’ nel ca-so di disponibilita di una sola direzione di esodo);– 5’’ nei luoghi a rischio di incendio basso (3’’ nel casodi disponibilita di una sola direzione di esodo).Al fine di assicurare i tempi di percorrenza sopra spe-cificati, le lunghezze massime dei percorsi di esododi 1º stadio dovranno essere limitati, in conformita alDecreto, ai valori riportati in Tabella 13.Alcune regole tecniche condizionano la lunghezza mas-sima del percorso di 1º stadio in funzione del tipo di se-parazione esistente con il 2º stadio; ad esempio, il D.M.19 agosto 1996 (7) prevede una lunghezza massima deipercorsi di 1º stadio pari a:– 50 m nel caso in cui il percorso di 2º stadio sia costi-tuito da un luogo sicuro (dinamico) o da una scala disicurezza esterna;– 40 m nel caso in cui il percorso di 2º stadio sia costi-tuito da una scala protetta purche collegata con un per-corso protetto ad luogo sicuro esterno.Per il dimensionamento delle uscite di piano risulta neces-sario procedere alla lettura congiunta dell’Allegato III delD.M. 10 marzo 1998 e dell’Allegato IV del D.Lgs. n. 81/2008, adottando la seguente ipotesi di lavoro:– con la dicitura di «luoghi con specifici rischi di in-cendio» (8) si intendono il luoghi con rischio di incen-dio elevato;– con la dicitura «lavorazioni diverse da quelle previsteal punto 1.6.2», riportata al punto 1.6.3 dell’AllegatoIV del D.Lgs. n. 81/2008, si intendono i luoghi di lavo-ro a rischio di incendio medio e basso.Con tali premesse, per i luoghi a rischio di incendiomedio e basso, le regole di dimensionamento sono ri-portate nella Tabella 14.

Tabella 13

Livellodi rischio Nr. di uscite

Lunghezzamax (*)

Elevato> 2 15-30 m

1 6-15 m

Medio> 2 30-45 m

1 9-30 m

Basso> 2 45-60 m

1 12-45 m

(*) Adottare i valori piu bassi per i luoghi frequentati da pubblico o uti-lizzati prevalentemente da persone che necessitano di assistenza, o utiliz-zati come area di riposo o per il deposito/manipolazione di materiali in-fiammabili

Note:

(6) Il D.M. 10 marzo 1998, pur non essendo cogente, e riconosciuto generalmente validodall’organo di controllo con cui risulta necessario confrontarsi preventivamente in caso disoluzioni diverse da quelle suggerite dal Decreto.

(7) Recante «Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per la progetta-zione, costruzione ed esercizio dei locali di intrattenimento e di pubblico spettacolo».

(8) Terminologia adottata in entrambi i decreti.

Inserto di ISL - Igiene e Sicurezza del Lavoro n. 8-9/2014 XVII

Per i luoghi a rischio di incendio elevato e con pericolodi esplosione le uscite necessarie per l’evacuazione de-vono rispettare le regole riportate in Tabella 15.L’individuazione del numero di percorsi di esodo vertica-li di cui bisogna dotare un fabbricato segue le stesse re-gole viste per l’individuazione del numero delle uscite dipiano; in particolare, e sufficiente una sola scala nel casodi fabbricati che rispettino tutte le seguenti condizioni:– altezza antincendio: = 24 m;– rischio di incendio medio o basso;– affollamento massimo del singolo piano inferiore a50 persone;– lunghezza del percorso di primo stadio non superioreai valori individuati nel punto precedente.La larghezza delle scale deve essere individuata nel ri-spetto delle seguenti condizioni:– larghezza della singola scala almeno pari al numerodi uscite di piano ivi attestate;– larghezza complessiva:a) nel caso di edifici ad un solo piano sovrastante/sot-tostante il piano terra, almeno pari alla larghezza com-plessiva delle uscite del piano servito;b) negli altri casi, almeno pari a

L (metri) = (A*/50) 6 0,60

dove A* e l’affollamento dei due piani contigui a mag-gior affollamento.In materia di caratteristiche costruttive, il D.M. 10 mar-zo 1998 suggerisce, quale misura ottimale, la realizza-zione di vani scala protetti (definiti nel D.M. 30 no-vembre 1983), «caldeggiando» almeno la protezionedella porzione di collegamento ai piani interrati.La possibilita di ricorrere a scale in vano aperto nei fab-

bricati deve essere considerata comunque ammissibilenei casi in cui si verificano contemporaneamente le se-guenti condizioni:– fabbricati di piccole dimensioni;– rischio di incendio medio/basso;– lunghezza massima del percorso di esodo (sino all’u-scita su luogo sicuro) contenuta entro i valori gia spe-cificati;– assenza di piani interrati.

La presenza di disabili

Uno degli aspetti particolarmente critici nel progetto diun sistema di esodo e la sua adeguatezza rispetto allespecifiche esigenze delle persone diversamente abili.In una progettazione attenta il concetto di disabilita do-vrebbe essere correlato con quello di difficolta, nel sen-so che vanno considerate le condizioni proprie dellepersone e quelle dell’ambiente che, per lay-out costrut-tivo, potrebbe determinare alcune difficolta e, conse-guentemente, incidere sulla sicurezza. Tale presuppostoassume un significato di particolare rilevanza nel ricon-siderare il concetto di handicap e disabilita rispetto acome viene ordinariamente inteso.Gli attuali orientamenti, infatti, evidenziano come lacondizione di handicap non sia tanto legata all’indivi-duo, quanto all’eventuale condizione di svantaggioche a lui viene imposta.I riferimenti per la progettazione sono costituiti dal D.M.14 giugno 1989, n. 236 con particolare riferimento:– all’art. 4.6, raccordi con la normativa antincendio,che prevede l’adozione di una o entrambe le seguentimisure:a) la suddivisione dell’insieme edilizio in compartimen-ti antincendio al fine di garantire le procedure di «eso-

Tabella 14

Larghezza complessiva L L = 0,6 x A / 50 – A e il numero delle persone presenti al piano (affollamento);– A/50 arrotondato all’intero superiore

Larghezza minima dell’uscita 0,8 m

Numero uscite Vedi accanto – fino a 25 lavoratori: 1 uscita da m. 0,80– tra 26 e 50 lavoratori: 1 uscita da m. 1,20 (*)– tra 51 e 100 lavoratori: 1 uscita da m. 0,80 + 1 uscita da m. 1,20– oltre 100 lavoratori: 1 da 0,8 + 1 da 1,2m +1 da 1,2 m ogni 50lavoratori in piu o frazione compresa tra 10 e 50 (il numero com-plessivo delle porte puo anche essere minore ma non la larghezzacomplessiva)

(*) L’indicazione e tratta dall’Allegato IV punto 1.6.3 del D.Lgs. n. 81/2008 (disposizione con carattere di cogenza) che nel caso specifico risulta in con-trasto con D.M. 10 marzo 1998 (disposizione con carattere non di cogenza).

Tabella 15

Larghezza complessiva L L = 1,2 x A / 5 – A e il numero delle persone presenti al piano (affollamento);– A/5 arrotondato all’intero superiore

Larghezza minima dell’uscita 1,2 m 0,8 nei luoghi con affollamento sino a 5 persone

Numero uscite Almeno 2 – fino 5 lavoratori: 1 uscita da m. 0,80– oltre 5 lavoratori: 1 uscita da m. 1,2 ogni 5 lavoratori o frazione

XVIII Inserto di ISL - Igiene e Sicurezza del Lavoro n. 8-9/2014

do orizzontale progressivo», cosı come definito dalD.M. 18 settembre 2002;b) la realizzazione di un adeguato numero di «luoghisicuri statici», cosı come definito dal D.M. 30 novem-bre 1983, ove attendere i soccorsi, opportunamente di-stribuiti e facilmente raggiungibili in modo autonomoda parte di tutte le persone disabili;– all’art. 5.2 che per le sale riunioni, per i locali di pub-blico spettacolo e per le sale di ristorazione prevede diriservare n. 2 posti per disabili ogni 400 persone pre-senti o frazione;– all’art. 4.1.11 che per il superamento di sbalzi di quotaprevede la realizzazione di rampe inclinate con una pen-denza da determinare in rapporto alla capacita di unapersona su sedia a ruote di superarla e di percorrerla sen-za affaticamento, potendosi fare riferimento, a tal fine, alpunto 4.3 del D.M. 19 agosto 1996 il quale limita la pen-denza all’8% delle rampe ubicate lungo le vie di uscita;– all’art. 4.1.10 che in materia di larghezza di rampe epianerottoli richiede di assicurare il passaggio contem-poraneo di due persone ed il passaggio orizzontale diuna barella con una inclinazione massima del 15% lun-go l’asse longitudinale tenendo conto dell’installazionedi un corrimano su entrambi i lati.Ulteriori suggerimenti possono essere rinvenuti:– nel D.M. 10 marzo 1998 dove, al punto 8.3 dell’Al-legato VIII, viene posta la necessita di provvedere adun’organizzazione aziendale, tenendo conto della pre-senza di lavoratori particolarmente vulnerabili in casod’incendio e della relativa possibilita di allontanarsiin caso di emergenza;– nella Circolare 1º marzo 2002, n. 4 del Dipartimentodei Vigili del Fuoco, del Soccorso Pubblico e della Di-fesa Civile, la quale invita all’analisi dei seguenti aspet-ti, spesso critici per la gestione delle persone disabili al-l’interno dei fabbricati:a) adeguamento dei passaggi di larghezza inadeguata e/o degli elementi sporgenti;b) modifica delle porte che richiedono uno sforzo diapertura eccessivo o che non sono dotate di ritardo nel-la chiusura;c) realizzazione di sistemi di orientamento in caso diemergenza utili per tutte le tipologie di disabilita preve-dibili;d) realizzazione di sistemi di allarme e segnalazioneche utilizzino piu canali sensoriali;e) riduzione della lunghezza dei percorsi di esodo, pre-vedendo postazioni di lavoro piu vicine alle uscite;f) installazione di corrimano anche nei percorsi oriz-zontali;g) realizzazione di ascensori antincendio quando l’eso-do e possibile solo attraverso le scale;h) adeguamento degli spazi antistanti e retrostanti le por-te ai requisiti di complanarita della/e pavimentazione/i.

Gli scenari di incendio in funzionedell’analisi dei pericolie delle condizioni al contorno

Premessa

Effettuata l’analisi delle dei pericoli di incendio e delle

condizioni al contorno, per poter individuare il livellodi rischio presente nell’insediamento e progettare le mi-sure di compensazione, occorre procedere con la stimaqualitativa dei possibili scenari incidentali che si posso-no verificare all’interno dell’insediamento.Gli scenari consistono nella descrizione completa e uni-voca dell’evoluzione dell’incidente in relazione ai suoitre aspetti fondamentali:1) evento iniziale,2) risposta degli impianti e delle strutture dell’attivita,3) risposta degli occupanti.

L’evento iniziale

L’evento iniziale da prendere in esame puo rientrare inuna delle seguenti tipologie:– innesco di materiali combustibili solidi e/o aerodi-spersi;– rilasci dai sistemi di contenimento di fluidi combusti-bili non innescati;– scoppi di sistemi di contenimento per sovrappressio-ne dovuta a cause interne (ad esempio, per il mancatocontrollo di un processo);– esplosioni dovute alle reazioni di decomposizione ca-ratteristiche degli esplosivi e delle altre sostanze insta-bili.Di conseguenza l’ambiente e gli occupanti saranno sot-toposti alle seguenti sollecitazioni:1) rilascio di energia termica (innesco di combustibili ae-rodispersi in modeste quantita o di combustibili solidi);2) rilascio di energia barica e proiezione di frammenti(innesco di combustibili aerodispersi in grandi quantita,scoppi di sistemi di contenimento, innesco di esplosivi/sostanze instabili);3) altre sollecitazioni meccaniche (collasso di apparec-chiature e impianti per sollecitazione termica da incen-dio);4) dispersione di fluidi non innescati.In termini grafici e possibile fare riferimento al dia-gramma di flusso di Figura 5.1) Il rilascio di energia termica comporta la necessita divalutare i meccanismi di propagazione dell’incendio al-l’interno della struttura.Questi dipendono:– dalla possibile sollecitazione termica di sistemi dicontenimento di fluidi (liquidi, vapori, gas) e polveriche in caso di cedimento, da prendere sempre in consi-derazione se sollecitati da un flusso termico di almeno10 kW/m2, possono comportare una significativa modi-ficazione dello scenario (pool fire/jet fire/flash fire) conconseguenze negative sulla velocita di propagazionedell’incendio nel reparto;– dalla distanza degli altri materiali combustibili rispet-to al punto di origine dell’incendio; per un’eventualevalutazione analitica della possibilita di propagazione,si puo fare riferimento alla norma NFPA 555 che, al pa-ragrafo 10.3.3, riporta un procedimento di verifica delledistanze di sicurezza (D) contro il rischio di innesco peri materiali facilmente/mediamente/difficilmente com-bustibili in funzione del valore di HRR (Q) rilasciatodal focolaio di incendio:i) Q = 30 6 10 6 ((D+0,008)/0,89) per i materiali fa-cilmente incendiabili (irraggiamento necessario: 10kW/m2);

Inserto di ISL - Igiene e Sicurezza del Lavoro n. 8-9/2014 XIX

ii) Q = 30 6 10 6 ((D+0,05)/0,019) per i materiali acombustibilita ordinaria (irraggiamento necessario: 20kW/m2);iii) Q = 30 6 10 6 ((D+0,02)/0,0092) per i materialidifficilmente combustibili (irraggiamento necessario:40 kW/m2);– dalla partecipazione al fuoco dei materiali da costru-zione utilizzati all’interno del fabbricato, dovendosi fareriferimento, per la stima, ai criteri di classificazione dicui ai Decreti 10 marzo 2005 e D.M. 26 giugno 1984;– dal valore di potenza termica massima rilasciata dal-l’incendio, confrontandolo con il valore minimo neces-sario per il flash-over nel locale (20 kW/m2 misurati allivello del pavimento secondo norma NFPA 555, lad-dove tale limite applicabile);– dalle misure di protezione adottate sulle attrezzatureladdove queste siano origine dell’incendio, rinviandoper le possibili soluzioni, alla norma UNI EN13478:2008.Per la valutazione della possibilita di propagazione alleinstallazioni esterne bisogna tener conto:– della combustibilita dei materiali costruttivi degli ele-menti bersaglio impiegati per le facciate confrontandole caratteristiche costruttive del fabbricato con le previ-sioni progettuali della Lettera Circolare Prot. n. 5643del 31 marzo 2010 «Requisiti di sicurezza antincendiodelle facciate negli edifici civili»;– della presenza di aperture sulle pareti prospicienti deifabbricati, potendo valutare le azioni termiche sugli ele-menti esterni con la norma UNI 1991-1-2;– della presenza di elementi di separazione resistenti alfuoco, escludendo tale scenario per elementi (portanti eseparanti) in grado di assicurare il livello III di presta-zione in caso di incendio secondo D.M. 9 marzo 2007;– della sussistenza di distanze in aria sufficienti, poten-

dosi fare riferimento, a tal scopo, alla norma NFPA80A.2) In presenza di un rilascio di energia barica e/o diproiezione di frammenti e/o di cedimenti meccanici diapparecchiature, le potenziali conseguenze sull’am-biente circostante possono essere cosı individuate:– danneggiamento degli elementi di compartimentazio-ne non resistenti all’esplosione e, in generale, agli im-patti meccanici;– danneggiamento degli impianti di protezione attivainterni al locale;– danneggiamento di altri sistemi di contenimento conrilascio di fluidi in ambiente;– danneggiamento delle misure di protezione adottatesulle fonti di innesco presenti con conseguente accen-sione delle atmosfere esplosive prodotte dai fluidi rila-sciati in ambiente.Pertanto, laddove l’evento iniziale in discussione do-vesse essere accompagnato da un rilascio di energia ter-mica, bisogna valutare lo scenario di incendio tenendoconto della indisponibilita di tutto quanto puo esseredanneggiato.Ad esempio, il comportamento di un fabbricato proget-tato per assicurare il livello III di prestazione in caso diincendio secondo D.M. 9 marzo 2007 grazie alle misu-re di protezione attiva e passiva adottate, dovrebbe es-sere rivalutato tenendo conto del danneggiamento subi-to dalle predette misure.La probabilita di tali scenari dipende dalla configura-zione impiantistica dell’ambiente in valutazione e, inparticolare, dalla dislocazione di tutti quei sistemi dicontenimento in cui possono avvenire reazioni forte-mente esotermiche o in cui avviene la movimentazionedi fluidi a rischio di inneschi interni, primi fra tutti i si-stemi di movimentazione di polveri combustibili.

Figura 5

XX Inserto di ISL - Igiene e Sicurezza del Lavoro n. 8-9/2014

In merito a questi ultimi, si fa presente che la normaUNI EN 12779, elaborata per i sistemi di estrazionedi trucioli e polveri di legno ma impiegabile ancheper la movimentazione di lacche, alluminio e altri scartinon legnosi (punto 5.4.1 della norma), prevede un’ubi-cazione esterna (o in fabbricati/locali compartimentatiad uso esclusivo) per filtri a maniche, ventilatori diaspirazione e sili, preservando in tal modo non sologli ambienti interni in caso di scoppio ma, soprattutto,i lavoratori presenti.4) Le conseguenze della dispersione di fluidi non inne-scati dipendono dalle misure di sicurezza presenti in re-parto in conformita alle indicazioni dell’Allegato L delD.Lgs. n. 81/2008, quali, ad esempio:– sistemi di rilevamento delle concentrazioni di gas in-fiammabili nei locali interrati;– sistemi di allarme da attivarsi al raggiungimento dellecondizioni per un’esplosione;– sistemi di diluizione dei rilasci (naturali o meccanici);

– adozione di indumenti di lavoro in grado di control-lare l’accumulo di cariche elettrostatiche sul personale;– sistemi di messa in sicurezza delle fonti di innesconon appositamente progettate per l’esercizio all’internodi ATEX;– sistemi di sezionamento di emergenza delle reti dimovimentazione dei fluidi.D’altra parte bisogna tener conto che, nel caso di rilasciconseguenti a scoppi/cedimenti di apparecchiature, laproiezione di frammenti o l’impatto meccanico potreb-be danneggiare una o piu delle misure adottate con pos-sibile attivazione di una o piu fonti di innesco: in tal ca-so, le possibili evoluzioni dello scenario da prendere inconsiderazione sono riportate in Figura 6.

La risposta degli impianti e delle strutturedell’attivita

I criteri di progettazione antincendio di un fabbricatotengono conto, generalmente, della sola sollecitazione

Figura 6

Inserto di ISL - Igiene e Sicurezza del Lavoro n. 8-9/2014 XXI

termica, cosı come suggerito dallo stesso Regolamento(UE) 305/2011.Pertanto, le misure di prevenzione e protezione adottatein funzione dello scenario di incendio possono non ri-sultare utili e/o disponibili in presenza degli altri scena-ri.Ad esempio:– un rilascio non innescato di gas infiammabili non puoessere efficacemente disperso con una rete idrica in as-senza di lance in grado di effettuare una buona nebuliz-zazione del getto,– un rilascio di energia barica non puo essere contrasta-to, come gia detto, attraverso elementi di compartimen-tazione in cartongesso,– la posa in opera all’interno di locali con pericolo diesplosione delle condutture di alimentazione della sta-zione di pompaggio degli impianti idrici antincendio,benche realizzate con cavi resistenti al fuoco, non ga-rantisce la continuita di esercizio al verificarsi di un’e-splosione.Trascurare o valutare erroneamente l’impatto dell’e-vento iniziale sul fabbricato e sugli impianti puo porta-re a sottostimare le potenziali conseguenze sugli occu-panti.D’altro canto, nell’ambito degli stessi scenari di incen-dio, per valutare la risposta del fabbricato bisogna tenerconto delle prestazioni attese, ad esempio in termini di:– resistenza al fuoco, considerando che i fabbricati conlivello II di prestazione ex D.M. 9 marzo 2007 garanti-scono la stabilita meccanica per un intervallo di tempolimitata rispetto alla durata dell’incendio;– sistema di ventilazione, che potrebbe essere progetta-ta anche senza particolari prestazioni dal punto di vistadel corretto smaltimento dei prodotti della combustionee, soprattutto, dei gas incombusti, con il conseguente ri-schio di back-draft, come nel caso delle celle frigo e/odei depositi meccanizzati;– sistemi di illuminazione e segnaletica di sicurezza,che potrebbe essere resi inefficaci dalla stratificazionedei fumi.

La risposta degli occupanti

Nei precedenti paragrafi abbiamo esaminato le presta-zioni degli occupanti impegnati nell’esodo di un fabbri-cato, nell’ipotesi che quest’ultimo, sollecitato dall’e-vento iniziale, risponda assicurando la disponibilitadei percorsi di esodo, benche inquinati dai prodotti del-la combustione.In presenza di altri scenari, il comportamento atteso po-trebbe essere sensibilmente diverso. Ad esempio, in ca-so di rilascio di fluidi non innescati, le atmosfere esplo-sive che invadono i percorsi di esodo potrebbero essereaccese da inneschi provocati dagli occupanti in fuga,soprattutto se essi non sono stati oggetto di preventivaformazione di cui all’art. 294-bis del D.Lgs. n. 81/2008.Ancora piu critica e, invece, la stima delle prestazionidelle persone al verificarsi di un’esplosione.Ma le prestazioni dell’insediamento (fabbricato e occu-panti) devono essere valutate tenendo anche in conside-razione il livello di gestione della sicurezza antincendioadottato. Ad esempio, nella stima del comportamentodegli addetti alle squadre di emergenza interne, il cui

intervento puo essere risolutivo nella stabilizzazionedello scenario incidentale, bisogna tener conto:– del livello di addestramento oggettivamente perse-guibile su tutte le procedure previste nel piano di emer-genza (interpretazione degli allarmi, comunicazioni,messa in sicurezza impianti, operazioni di estinzione,procedure di evacuazione con particolare riferimentoall’esodo orizzontale progressivo);– della presenza di pubblico/clienti che puo necessitaredi assistenza, valutando lo scenario nella configurazio-ne minima delle squadre (ad esempio in orario nottur-no);– della complessita delle procedure di messa in sicurez-za degli impianti tecnologici e produttivi;– della capacita di tenere sotto controllo i vincoli diesercizio ipotizzati a livello progettuale, primo fra tuttiil controllo del carico di incendio al di sotto del valoreche consente di soddisfare il livello III di prestazione incaso di incendio per le strutture;– dell’aggravio provocato dalla eventuale co-presenzadi lavori di manutenzione con l’attivita lavorativa ordi-naria, generalmente non considerato nella progettazio-ne antincendio iniziale.

La classificazione del livellodi pericolo presentenelle attivita

Premessa

Le procedure per la classificazione del livello del ri-schio di incendio/esplosione presente nelle attivita sonomolteplici. La scelta del modello di classificazione e af-fidata al datore di lavoro/progettista/RSPP ed e funzio-ne della tipologia di attivita/impianti da valutare e degligli obiettivi di sicurezza desunti dal Regolamento (UE)305/2011.

La classificazione delle attivita secondo il D.M.10 marzo 1998

Il riferimento prevalente, in prevenzione incendi, pereffettuare la classificazione del rischio di incendio equello del D.M. 10 marzo 1998 (9) che riporta i se-guenti livelli di rischio (Allegato I):– rischio basso: luoghi di lavoro o parte di essi, in cuisono presenti sostanze a basso tasso di infiammabilita ele condizioni locali e di esercizio offrono scarse possi-bilita di sviluppo di principi di incendio ed in cui, in ca-so di incendio, la probabilita di propagazione dellostesso e da ritenersi limitata. Rientrano in questa cate-goria quelli esclusi dalle attivita a rischio medio e alto;– rischio medio: luoghi di lavoro o parte di essi, in cuisono presenti sostanze infiammabili c/o condizioni lo-cali e/o di esercizio che possono favorire lo sviluppodi incendi, ma nei quali, in caso di incendio, la proba-bilita di propagazione dello stesso e da ritenersi limita-ta. Rientrano in questa categoria i luoghi di lavoro com-

Nota:

(9) Recante «Criteri generali di sicurezza antincendio e per la gestione dell’emergenza neiluoghi di lavoro» (S.O. n. 64, alla GURI del 7 aprile 1998, n. 81).

XXII Inserto di ISL - Igiene e Sicurezza del Lavoro n. 8-9/2014

presi nell’Allegato I al D.P.R. n. 151/2011 nonche icantieri temporanei e mobili ove si detengono o impie-gano sostanze infiammabili e si fa uso di fiamme libere;– rischio elevato: luoghi di lavoro o parte di essi, in cuiper presenza di sostanze altamente infiammabili e/o perle condizioni locali e/o di esercizio sussistono notevoliprobabilita di sviluppo di incendi e nella fase inizialesussistono forti probabilita di propagazione delle fiam-me, ovvero non e possibile la classificazione come luo-go a rischio di incendio basso o medio. In quest’ultimatipologia rientrano anche:a) le aree con manipolazione/deposito di sostanze alta-mente infiammabili (tra queste rientrano anche le so-stanze e i preparati solidi che possono facilmente in-fiammarsi in seguito ad un breve contatto con una sor-gente di ignizione e che continuano a bruciare o a con-sumarsi anche dopo l’allontanamento da tale sorgente.)o esplosive;b) le aree con deposito/manipolazione di sostanze chi-miche che possono produrre reazioni esotermiche, ema-nare gas o vapori infiammabili, o reagire con altre so-stanze combustibili;c) le aree dove i processi lavorativi comportano l’utiliz-zo di fiamme libere o la produzione di notevole calorein presenza di materiali combustibili;d) le aree dove c’e una notevole quantita di materialicombustibili che sono facilmente incendiabili;e) gli edifici interamente realizzati con strutture in le-gno;f) i locali ove l’affollamento degli ambienti, lo stato deiluoghi o le limitazioni motorie delle persone presenti,rendono difficoltosa l’evacuazione in caso di incendio.Al fine della classificazione di un luogo di lavoro oc-corre tenere presente che:1) la classificazione del rischio deve essere preventivaall’applicazione delle misure di compensazione. Adesempio, un luogo di lavoro a rischio di incendio eleva-to, protetto da un impianto sprinkler, cioe da un im-pianto in grado di contrastare la propagazione dellefiamme dimensionato secondo il livello di rischio in-trinseco, avra, ovviamente, un rischio compensato piubasso, in linea con quello ritenuto accettabile dal nor-matore;2) un’area a rischio elevato puo innalzare il livello dirischio dell’intero luogo di lavoro nel caso in cui nondovesse essere separata attraverso elementi aventi ido-nee caratteristiche di resistenza al fuoco e/o all’esplo-sione;

3) un’area a rischio elevato puo essere declassata a ri-schio medio laddove realizzata in area non urbanizzata,con limitata e/o saltuaria presenza di persone (es. im-pianti di compressione del gas metano) in una progetta-zione mirata esclusivamente alla salvaguardia delle per-sone.

La classificazione delle attivita secondo il D.M. 9marzo 2007

Nello stesso ambito della prevenzione incendi, unostrumento di classificazione piu aggiornato e stato in-trodotto con il D.M. 9 marzo 2007 come parte integran-te della procedura di calcolo del carico di incendio spe-cifico di progetto.In particolare nella scelta del coefficiente dq2 (fattoreche tiene conto del «rischio attivita» svolta nel compar-timento, meglio definito come «fattore di attivazione»nell’Appendice E della norma UNI EN 1991-1-2.), ildecreto prevede una classificazione delle attivita in 3 li-velli individuati nella Tabella 16.Dal confronto con la classificazione desunta dal D.M.10 marzo 1998 emerge la sostanziale novita di doverprendere in considerazione, tra gli elementi di valuta-zione, le condizioni operative delle squadre di soccorsoin attuazione, peraltro, dei requisiti essenziali di sicu-rezza antincendio di cui al Regolamento (UE) 305/2011.

La classificazione secondo la norma UNI EN 12845

Nel dimensionamento degli impianti di spegnimentoautomatici a pioggia (sprinkler), la norma UNI EN12845 fa riferimento, nel capitolo 6.2, ad una classifi-cazione del rischio di incendio piuttosto complessa, ri-portata sinteticamente nella Tabella 17.Il metodo di classificazione proposto dalla norma rap-presenta uno strumento raffinato per la caratterizzazio-ne della partecipazione all’incendio delle sostanze e,soprattutto, utile anche ai fini della determinazione del-le classi di rischio secondo D.M. 9 marzo 2007 (o D.M.10 marzo 1998)Infatti, il metodo di caratterizzazione delle merci ripor-tato nell’Appendice B della norma puo essere impiega-to per la preventiva stima degli scenari di incendio, te-nuto conto che la conoscenza di parametri, quali le ca-ratteristiche chimico-fisiche, le modalita di stoccaggio,il tipo di imballaggio, il tipo di superficie esterna, lapezzatura dei materiali, e essenziale per la valutazione

Tabella 16 - Classificazione del rischio ai sensi del D.M. 9 marzo 2007

Classidi rischio Descrizione

IAree che presentano un basso rischio di incendio in termini di probabilita di innesco, velocita di propa-gazione delle fiamme e possibilita di controllo dell’incendio da parte delle squadre di emergenza

IIAree che presentano un moderato rischio di incendio in termini di probabilita d’innesco, velocita di pro-pagazione di un incendio e possibilita di controllo dell’incendio stesso da parte delle squadre di emergenza

IIIAree che presentano un alto rischio di incendio in termini di probabilita d’innesco, velocita di propaga-zione delle fiamme e possibilita di controllo dell’incendio da parte delle squadre di emergenza

Inserto di ISL - Igiene e Sicurezza del Lavoro n. 8-9/2014 XXIII

qualitativa dell’entita degli scenari incidentali ipotizza-bili nell’insediamento.

La classificazione secondo la norma UNI 10779

Un ulteriore criterio di classificazione con cui RSPP eprogettisti devono confrontarsi e quello adottato dallanorma UNI 10779 per il dimensionamento dell’impian-to idrico antincendi.In particolare, la norma individua i seguenti tre diffe-renti livelli di pericolo:– livello 1: aree nelle quali la quantita e/o la combusti-bilita dei materiali presenti sono basse e che presentanocomunque basso pericolo di incendio in termini di pro-babilita d’innesco, velocita di propagazione delle fiam-me e possibilita di controllo dell’incendio da parte dellesquadre di emergenza (rientrano in tale classe tutte leattivita di lavorazione di materiali prevalentemente in-combustibili ed alcune delle attivita di tipo residenziale,di ufficio ecc., a basso carico d’incendio);– livello 2: aree nelle quali c’e una presenza non trascu-rabile di materiali combustibili e che presentano un mo-derato pericolo di incendio come probabilita d’innesco,velocita di propagazione di un incendio e possibilita dicontrollo dell’incendio stesso da parte delle squadre diemergenza (rientrano in tale classe tutte le attivita di la-vorazione in genere che non presentano accumuli par-ticolari di merci combustibili e nelle quali sia trascura-bile la presenza di sostanze infiammabili);– livello 3: sono le aree nelle quali c’e una notevolepresenza di materiali combustibili e che presentanoun alto pericolo di incendio in termini di probabilitad’innesco, velocita di propagazione delle fiamme epossibilita di controllo dell’incendio da parte dellesquadre di emergenza (rientrano in questa categoria learee adibite a magazzinaggio intensivo come definitodalla UNI EN 12845, le aree dove sono presenti mate-rie plastiche espanse, liquidi infiammabili, le aree dove

si lavorano o depositano merci ad alto pericolo d’incen-dio quali cascami, prodotti vernicianti, prodotti elasto-merici ecc.)

La classificazione secondo le norme EN 60079-10-1e 60079-10-2

Il livello di rischio ATEX G/D dipende:– dalla presenza di atmosfere esplosive pericolose, inassenza delle quali non e necessario prendere accorgi-menti contro il rischio di rilascio di energia barica;– dalla probabilita di formazione delle zone pericolosevisto che cambia il livello di protezione necessario sullefonti di innesco eventualmente presenti;– dall’estensione delle zone pericolose visto che il po-tere distruttivo e una funzione crescente con l’estensio-ne;– dal numero delle persone esposte visto che potrebbe-ro servire accorgimenti aggiuntivi (ad esempio, instal-lazione di un’apparecchiatura in un bunker) rispetto aquelli da adottare per garantire il livello 3 di sicurezzaequivalente contro le esplosioni.In merito alla definizione del volume di ATEX perico-loso, purtroppo, i riferimenti normativi non aiutano nel-l’adozione di una soluzione rapida. Per chiarezza e ne-cessario precisare che:– per «luogo pericoloso» deve intendersi, secondo ilpunto 3.3 della norma EN 60079-10-1, un «luogo incui e o puo essere presente un’atmosfera esplosivaper la presenza di gas», in quantita tale d provocaredanni per il rapido aumento della temperatura e/o dellapressione;– per «volume di atmosfera esplosiva trascurabile» de-ve intendersi, secondo il punto B.5.3.2 della norma, unvolume di atmosfera esplosiva che, a seguito di accen-sione, genera un livello «trascurabile» di danni poten-ziali dovuti al rapido aumento della temperatura e/odella pressione.

Tabella 17 - Classi di pericolo secondo UNI EN 12845

Classe di pericolo Sotto classe Gruppo

Pericolo lieve - LHAttivita con bassi carichi d’incendio e bassa com-bustibilita ed aventi ciascun compartimento nonmaggiore di 126 m2 e con una resistenza al fuocodi almeno 30 min (ad esempio: scuole, uffici)

Pericolo ordinario - OHAttivita in cui vengono trattati o prodotti materialicombustibili con un carico d’incendio medio emedia combustibilita

OH1OH2OH3OH4

Pericolo Alto HH

Pericolo Alto - Processo - HHP: attivita dove i ma-teriali presenti possiedono un alto carico d’incen-dio ed un’alta combustibilita e sono in grado di svi-luppare velocemente un incendio intenso e vasto

HHP1HHP2HHP3HHP4

Pericolo Alto - Deposito - HHS: deposito di merciin cui l’altezza dello stoccaggio supera i limiti pre-visti per la classe OH

HHS1HHS2HHS3HHS4

XXIV Inserto di ISL - Igiene e Sicurezza del Lavoro n. 8-9/2014

Purtroppo, l’individuazione del volume di atmosferaesplosiva trascurabile non e univoca nel contesto nor-mativo.A titolo esemplificativo, per gli ambienti chiusi:– il richiamato punto B.5.3.2 della norma, ritiene tra-scurabile un volume di atmosfera potenzialmenteesplosiva Vz di entita non superiore a 0,1 m3 o all’1% V0 quale che sia il piu piccolo, non vincolando il va-lore alla probabilita di formazione dell’atmosfera;– il punto 5.10.3.5 della Guida CEI 31-35 ritiene unvolume di atmosfera esplosiva Vex di entita non supe-riore a 1/10000 del Volume dell’ambiente libero Va e,in funzione della zona:i) 1 dm3 per le zone Z0;ii) 10 dm3 per le zone Z1 e Z2;vincolando il valore alla probabilita di formazione del-l’atmosfera e proponendo gli stessi valori anche in am-bienti aperti;– la Guida CEI 31-35/A nella premessa all’appendiceGE propone i seguenti valori per Vex (comunque di en-tita non superiore a 1/100 sino a 1/10000 Va in funzio-ne del grado di congestione e confinamento di Va):i) 1 dm3 per le zone Z0;ii) 10 dm3 per le zone Z1;iii) 100 k dm3 per le zone Z2, con k coefficiente di ri-duzione da scegliere tra 0,5 e 0,75;– il progetto di norma 60079-10-1/Ed2/CD ritiene tra-scurabile un volume di diluizione di entita non superio-re a 0,1 m3 o all’1% V0 quale che sia il piu piccolo;– la Guida alla direttiva 1999/92/CE ritiene trascurabileun volume di atmosfera esplosiva compatta non supe-riore a 10 dm3;– la Guida CEI 31-56:i) in una nota al punto 5.5.2, afferma che si devonoconsiderare «non trascurabili» le esplosioni che, alleprove di laboratorio, producono pressioni > 666 Pa;ii) al punto 5.9.2.5 propone i seguenti valori per Vex(comunque sempre inferiori a 0,01% Va):ii.a) 1 dm3 in zona Z20;ii.b) 10 dm3 in zona Z21;ii.c) 100 dm3 in zona Z22.In merito alla probabilita di formazione dell’atmosferaesplosiva e da osservare che il valore minimo di proba-bilita di accadimento preso in considerazione dalle Gui-de CEI 31-35 e CEI 31-56 (relativo alle Zone Z2 e Z22)e pari a 10-5 occasioni/anno; pertanto, nel caso in cuil’analisi dei rischi, condotta con riconosciuti strumentiquali FMEA (EN 60812) e/o fault tree analysis (EN61025) e/o Markov (EN 61165), dovesse restituire va-lori di probabilita di accadimento inferiori al limite fis-sato, sara possibile non tenere conto del pericolo diesplosione anche nel caso di volumi di notevole esten-sione.

La classificazione del rischio secondo la normaCEI 64-8

Per la corretta progettazione delle misure di sicurezzaantincendi da adottare sugli impianti elettrici, l’art. 80del D.Lgs. n. 81/2008 richiede di procedere all’indivi-duazione del rischio di incendio connesso all’esercizio.Escluso il rischio di esplosione, da effettuarsi secondoil precedente paragrafo, lo strumento da impiegare equello della norma CEI 64-8 che, anche se in modo

«dispersivo» identifica i luoghi, per quanto di interesse,come:– luoghi ordinari;– ambienti a maggior rischio in caso di incendio (capi-tolo 751);– locali ad uso medico (capitolo 710), ovvero «localidestinati a scopi diagnostici, terapeutici, chirurgici, disorveglianza o di riabilitazione dei pazienti, inclusi itrattamenti estetici».Il citato capitolo 751 suddivide gli ambienti a maggiorrischio in caso di incendio in:– luoghi ex di tipo A (art. 751.03.2), ovvero ambienti amaggior rischio in caso d’incendio per l’elevata densitadi affollamento o per l’elevato tempo di sfollamento incaso di incendio o per l’elevato danno ad animali e co-se, tra i quali possono rientrare gli ospedali, le carceri, ilocali sotterranei frequentati dal pubblico;– luoghi di ex tipo B (art. 751.03.3), ovvero ambienti amaggior rischio in caso d’incendio in quanto aventistrutture portanti combustibili, rientrando in questaclassificazione gli edifici con strutture portanti intera-mente in legno, come ad esempio le baite;– luoghi di ex tipo C (art. 751.03.4), ovvero ambienti amaggior rischio in caso d’incendio per la presenza dimateriale infiammabile o combustibile in lavorazione,convogliamento, manipolazione o deposito per un cari-co d’incendio specifico di progetto superiore a 450 MJ/m2.Per quanto riguarda i locali ad uso medico, la cui clas-sificazione e riportata in Tabella 18, e appena il caso diricordare che il rischio elettrico cui sono soggetti i pa-zienti nei locali di Gruppo 1 e 2, puo essere fortementecondizionato da una progettazione che non tenga contodella continuita di esercizio, anche in caso di incendio,dell’alimentazione elettrica delle apparecchiature elet-tromedicali.

ConclusioniIn chiusura, dalla disanima dei differenti strumenti uti-lizzabili per la classificazione del rischio di incendio e/o di esplosione si desumono le seguenti considerazioni.Abbiamo gia accennato come il D.M. 9 marzo 2007 sidifferenzia dal D.M. 10 marzo 1998 per il fatto di averpreso in considerazione la salvaguardia degli operatoridi soccorso.Da un rapido confronto tra il D.M. 9 marzo 2007 e lanorma UNI 10779, si puo facilmente convenire che ilivelli di classificazione sono di fatto sovrapponibiliin quanto l’unico elemento aggiuntivo introdotto dallanorma e quello della «quantita» di materiali presenti,di cui tuttavia il decreto tiene conto con il valore nomi-nale del carico di incendio specifico qf.Possiamo, percio, affermare che:– la classe di rischio I (ex D.M. 9 marzo 2007) con qf

basso corrisponde al livello di pericolosita I (ex UNI10779);– la classe di rischio II con qf non trascurabile, corri-sponde al livello di pericolosita II;– la classe di rischio III con qf elevato, corrisponde allivello di pericolosita III.L’aspetto piu interessante e la possibilita di individuareun rapporto di equivalenza, attraverso la norma UNI

Inserto di ISL - Igiene e Sicurezza del Lavoro n. 8-9/2014 XXV

10779, tra la classificazione del D.M. 9 marzo 2007 equella proposta dalla norma UNI EN 12845, cosı comeindicato in Tabella 19.Purtroppo, non e sempre facile stabilire cosa debba in-tendersi per qf «basso», «moderato» o «elevato» tenutoconto che:– un carico di incendio di 600 MJ/m2 e sicuramente«elevato» per un fabbricato R/EI 30, cui sara necessa-rio associare il livello II di prestazione in caso di in-cendio con le conseguenti limitazioni all’operativitadelle squadre di soccorso, ma e certamente «basso»per giustificare un’autonomia di 2h di funzionamentodi una rete idranti richiesta per il livello III di perico-losita;– un carico di incendio «moderato» e da ritenersi talese e compatibile con il valore di resistenza al fuoco del-le strutture ma potrebbe comportare una durata ed un’e-stensione dell’incendio «elevata» dal punto di vista deldimensionamento della rete idrica.Il tentativo di stabilire una corrispondenza biunivocatra le classificazioni previste dal D.M. 10 marzo 1998e/o dal D.M. 9 marzo 2007 e/o dalle norme UNI conquelle introdotte dalle norme CEI, oltre che complicato,risulta talvolta inutile o fuorviante. Basti pensare, adesempio, agli ospedali e alle fabbriche di esplosivi: taliattivita sono sicuramente da classificare luoghi a ri-schio di incendio elevato secondo D.M. 10 marzo1998 o classi di rischio III secondo DM 9 marzo2007 ma, dal punto di vista elettrico:– gli ospedali sono, generalmente, da considerare luo-ghi a maggior rischio in caso di incendio;– le fabbriche di esplosivi sono, invece, da considerareluoghi con pericolo di esplosione.Pertanto, l’invito e quello di utilizzare con le dovutecautele e sempre a seguito di confronto con i Comando

dei Vigili del Fuoco competente per territorio, i varistrumenti di classificazione, soprattutto quando se nefa un’estensione al di fuori del campo di applicazioneprevisto dalla norma specifica.

Tabella 18 - Classificazione dei locali ad uso medico

Gruppo 0 Locale ad uso medico nel quale non si utilizzano apparecchi elettromedicali con partiapplicate

710.2.5

Gruppo 1 Locale ad uso medico nel quale le parti applicate sono destinate ad essere utilizzateesternamente o invasivamente entro qualsiasi parte del corpo (ad eccezione della zonacardiaca)

710.2.6

Gruppo 2 Locale ad uso medico nel quale le parti applicate sono destinate ad essere utilizzate inapplicazioni quali interventi intracardiaci, operazioni chirurgiche, o il paziente e sotto-posto a trattamenti vitali dove la mancanza dell’alimentazione puo comportare pericoloper la vita.

710.2.7

Tabella 19 - Confronto tra livelli di classificazione del rischio di incendio

Classe di rischioex D.M. 9 marzo 2007

Livello di pericolositaex UNI 10779

Classi di pericoloex UNI EN 12845

I + qf basso I LH ed OH1

II + qf moderato II OH2, OH 3 e OH4

III + qf elevato III HHP e HHS

XXVI Inserto di ISL - Igiene e Sicurezza del Lavoro n. 8-9/2014

Tabella 20 - Sostanze pericolose sviluppate durante lo stampaggio (vapori)

Inserto di ISL - Igiene e Sicurezza del Lavoro n. 8-9/2014 XXVII

pimento all’art. 163, comma 2,del D.Lgs. n. 81/2008, il qua-le, oltretutto, attesta esplicita-mente che «qualora sia neces-sario fornire mediante la se-gnaletica di sicurezza indica-zioni relative a situazioni di ri-schio non considerate negli al-legati da XXIV a XXXII, ildatore di lavoro, anche in rife-rimento alle norme di buonatecnica, adotta le misure ne-cessarie, secondo le particola-rita del lavoro, l’esperienza ela tecnica».

Il profilogiurisprudenziale

La Cassazione si e talvoltaespressa sull’argomento, seb-bene per lo piu incidental-mente e con finalita di rinfor-zo di altri principi prevenzio-nistici, ora chiarendone lafunzione («ammonire costan-temente gli operai addetti allamacchina e costituire, quindi,un utile stimolo dell’attenzio-ne e della capacita di autocon-trollo dei medesimi» (17) oancora «portare a conoscenzadei lavoratori le norme antin-fortunistiche essenziali me-diante apposizione di cartelliaffissi nell’ambiente di lavo-ro» (18), obbligo che «sussi-ste anche in assenza di situa-zioni specifiche di emergen-za, atteso che le disposizionihanno natura e finalita pre-ventive» (19)), ora per sotto-linearne il valore e assumereche non e mai superflua(«nelle aziende in cui esistonopericoli specifici di incendio,questi ultimi ed i divieti diusare l’acqua per lo spegni-mento delle fiamme in deter-minate condizioni devono es-sere resi noti al personale me-diante appositi cartelli, anchequando per la particolare con-formazione interna dei localidello stabilimento sia facilel’uscita nella ipotesi di emer-genza improvvisa») (20), oraper dirimere questioni sul do-vere di predisporla, o ancoraper delinearne i confini dellavalidita applicativa sotto ilprofilo dei soggetti destinataridella tutela.In presenza, quindi, di una de-

lega generica, «limitata all’e-secuzione delle misure di sicu-rezza e all’attivita di sorve-glianza circa il loro rispetto, enon estesa anche all’osservan-za dell’obbligo dell’individua-zione dei fattori di rischio edelle misure di prevenzioneda adottare all’interno dell’a-zienda» (21), l’impegno e laresponsabilita di collocarlapermangono in capo al datoredi lavoro, senza trasferirsi aldelegato.Parimenti in caso di operazio-ni all’interno di un cantiere,l’onere di apporla e stato rico-nosciuto incombere sul «rap-presentante legale della societache aveva in subappalto i lavo-ri per il montaggio di un ca-pannone prefabbricato e chein quel momento era l’unicaditta a operare nel cantie-re» (22) per l’assemblaggiodi una struttura, e che vi «eraobbligato in quanto datore dilavoro degli operai impiegatinel montaggio del prefabbrica-to» (23).Che il dovere di avvertire deipericoli negli ambienti di la-voro miri a proteggere nonsolo i lavoratori, ma ancheterzi estranei che li possanofrequentare anche solo occa-sionalmente, era stato gia inpassato (24) statuito dalla Su-prema Corte, la quale anchepiu recentemente ha avuto oc-casione di ampliare e soffer-marsi su questa specifica va-lenza dei segnali, esaminandoun caso di omessa installazio-ne della cartellonistica per in-formare della situazione dipericolo determinata da unapiattaforma nei pressi del can-cello d’ingresso di un piazzaleaziendale utilizzato dai mezzidi trasporto: «al datore di la-voro e fatto obbligo di appor-re tutti i segnali stradali ne-cessari alla regolazione deltraffico interno al luogo diproduzione e all’opificio, cosıconfermandosi in modo ine-quivoco la finalita e il conte-nuto delle regole di preven-zione, che non possono cheavere come riferimento tutticoloro che vengono a trovarsicoinvolti nella mobilita inter-na» (25).Praticamente in concomitanza

e giunto il riconoscimento delmedesimo assunto per la vi-cenda di una impiegata cadutaper non essersi accorta dellapresenza di un gradino, nonevidenziato, dello stesso colo-re grigio del pavimento, postoimmediatamente dopo la portadell’ascensore e che determi-nava un dislivello di circa 8centimetri: la responsabilitadell’amministratrice dello sta-bile per non aver segnalato ilgradino (o comunque avernedisposto la segnalazione) estata riconosciuta anche se lastessa «non era il datore di la-voro della infortunata, giaccheil principio cautelare ha unavalenza generale ed inderoga-bile, tale da imporsi nell’inte-resse di tutti, finanche degliestranei al rapporto di lavoro,a prescindere, quindi, da unrapporto di dipendenza direttacon il titolare dell’impre-sa» (26).

Le casistichesanzionatoriepiu singolari

In ultimo, ritornando sulle sta-tuizioni normative, occorresoffermarsi su un paio di nota-

Note:

(17) Cass. pen., sez. IV, sentenza 16 febbraio1982, n. 4761.

(18) Cass. pen., sez. IV, sentenza 6 novembre1990, n. 14428.

(19) Cass. pen., sez. III, sentenza 12 giugno 2007,n. 22828.

(20) Cass. pen., sez. III, sentenza 8 maggio 1990,n. 6641.

(21) Cass. pen., sez. IV, sentenza 15 gennaio2010, n. 1841.

(22) Cass. pen., sez. III, sentenza 17 aprile 2003, n.18312.

(23) Ibidem.

(24) Cass. pen., sez. III, sentenza 30 agosto 1995,n. 9200, in cui e stata riconosciuta la responsabi-lita di un gestore di una stazione di servizio per lelesioni riportate da una persona non addetta ai la-vori in seguito alla caduta in una buca dei mecca-nici, lasciata aperta senza segnalazione e senza lealtre prescritte misure di prevenzione.

(25) Cass. pen., sez. III, sentenza 13 gennaio2014, n. 956.

(26) Cass. pen., sez. IV, sentenza 17 ottobre2013, n. 42647.

413ISL - Igiene e Sicurezza del Lavoro n. 8-9/2014

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zioni riguardanti gli aspettisanzionatori piu particolari: lasimultanea violazione di piudisposizioni tecniche previstedagli Allegati del D.Lgs. n.81/2008 e la coesistenza dellafattispecie contemplata nel-l’art. 437 cod. pen.Nella prima eventualita, enun-ciata dal comma 2 dell’art. 165del Testo Unico, si rileva che,in un’ottica vantaggiosa per ildatore di lavoro e/o il dirigentecontravventori, l’inosservanzadi piu precetti riconducibili al-la categoria omogenea di re-quisiti di sicurezza relativi allasegnaletica debba essere con-siderata come una unica viola-zione, punita con la medesimasanzione prevista per quellarelativa agli obblighi generali(art. 163); l’ipotesi piu fre-quente e che vi sia stato il con-temporaneo mancato rispettodi piu requisiti dettati dagli Al-legati, dei quali l’organo di vi-gilanza e tenuto comunque adare singolarmente evidenzanella contestazione, perche iltrasgressore possa provvederealla modifica o rimozione diciascuna irregolarita, condizio-ne indispensabile affinche ilreato si possa considerareestinto (27).

Altre considerazioni ricorrono,invece, per il fatto che alla fi-nora analizzata disciplina dellalegislazione speciale antinfor-tunistica si affianca anchequella codicistica, che prevedeche «chiunque omette di collo-care impianti, apparecchi o se-gnali destinati a prevenire di-sastri o infortuni sul lavoro,ovvero li rimuove o li danneg-gia, e punito con la reclusioneda sei mesi a cinque anni. Sedal fatto deriva un disastro oun infortunio, la pena e dellareclusione da tre a dieci an-ni» (28). Tale fattispecie (an-noverabile tra i reati di perico-lo e in cui l’evento - disastro oinfortunio - diviene circostan-za aggravante) e legata, a dif-ferenza di quella del TestoUnico, ad un atteggiamentodoloso (volontarieta, pienaconsapevolezza) dell’inadem-piente, che si configura nel da-tore di lavoro o nei suoi piustretti collaboratori gerarchicinella prima parte dell’articolo,dove viene formulata la fatti-specie omissiva, e in qualun-que altro soggetto, interno oesterno all’azienda, nella se-conda, dove viene contemplataquella commissiva (rimozioneo danneggiamento) e in cui ab-

biamo un automatico amplia-mento della platea dei destina-tari.Come stabilire allora la corret-ta applicazione di queste duediverse, apparentemente so-vrapponibili, fonti normative?Semplificando estremamentela riflessione e tralasciandogli ampi dibattiti dottrinari(ancora oggi aperti) sull’argo-mento, e possibile prenderein considerazione il campo dioperativita delle due norme,che e, come appena specifica-to, distinguibile essenzialmen-te per l’elemento soggettivo:l’omissione volontaria e puni-bile con la previsione codici-stica, mentre l’inosservanzacolposa dell’art. 163 delD.Lgs. n. 81/2008 trova lapiu idonea sanzione nelle con-travvenzioni del Testo Unicon. 81/2008.

Note:

(27) AA.VV., Il nuovo diritto penale della sicurezzanei luoghi di lavoro, a cura di F. Giunta, D. Miche-letti, Giuffre, 2010.

(28) Art. 437 cod. pen.: «Rimozione od omissio-ne dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro».

414 ISL - Igiene e Sicurezza del Lavoro n. 8-9/2014

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Prevenzione incendi

Sicurezza pubblicain occasione dell’accensionedi fuochi artificialiMinistero dell’Interno - Lettera Circolare 20 maggio 2014, n. 557(G.U. 9 giugno 2014, n.131)

Integrazione della Circolare n. 559/C.25055.XV.A.MASS(1) dell’11 gennaio2001, recante: Disposizioni in ordine alla si-curezza ed alla tutela dell’incolumita pubbli-ca in occasione dell’accensione di fuochi arti-ficiali autorizzata ai sensi dell’art. 57 delTULPS (Circolare n. 557/PAS/U/008793/XV.A.MASS)

MINISTERO DELL’INTERNO

Dipartimento dei Vigili del Fuoco del soccorsopubblico e della Difesa civile

Con circolare n. 559/C.25055.XV.A.MASS(1)dell’11 gennaio 2001, pubblicata nella GazzettaUfficiale n. 27 - serie generale - del 2 febbraio2001 e di cui si confermano integralmente icontenuti, sono state diramate disposizioni inordine alla sicurezza ed alla tutela dell’incolu-mita pubblica in occasione dell’accensione difuochi artificiali (non marcati CE) autorizzataai sensi dell’art. 57 del TULPS.Come e noto, ai sensi dell’art. 18, comma 6, deldecreto legislativo 4 aprile 2010, n. 58, a far da-ta dal 4 luglio 2013, le disposizioni del decretomedesimo concernenti l’immissione sul merca-to degli articoli pirotecnici marcati CE si appli-cano anche alle categorie «cat. 4», «T1», «T2»,«P1» e «P2».Al riguardo, a seguito di richieste di chiari-menti formulate dal comparto economico, sirende necessario fornire indicazioni integrati-ve alla richiamata circolare, per un correttoed omogeneo utilizzo anche degli articoli pi-rotecnici marcati CE, impiegabili negli spetta-coli autorizzati ai sensi dell’art. 57 delTULPS.A tal fine, per esigenze di semplificazione econsiderato che gran parte dei contenuti dellarichiamata circolare (all’epoca riferiti ai pro-dotti pirotecnici non marcati CE) pos-sonotrovare applicazione - seppur non integralmen-te - anche riguardo ai prodotti pirotecnici mu-niti di marcatura CE, si procedera, di seguito,in relazione a tali ultimi prodotti, al mero ri-chiamo dei singoli punti della circolare mede-sima, fornendo, ove necessario, indicazioniaggiuntive.

A) DISPOSIZIONI GENERALI

Per il corretto l’utilizzo degli articoli pirotecnicimarcati CE, si conferma quanto rappresentatonella precedente circolare dell’11 gennaio2001, lettera «A) DISPOSIZIONI GENERA-LI», punti «1 - Titolare della licenza ex art.57 TULPS» e «2 - Verifica dei siti».Anche in relazione a tali prodotti occorre, inparticolare, ribadire quanto gia evidenziato al-l’appena citato punto 1, ovvero che la licenzaper l’accensione dei fuochi artificiali, ai sensidell’art. 57 TULPS, puo essere rilasciata dal-l’Autorita locale di pubblica sicurezza solo al ti-tolare dell’abilitazione ex art. 101 del Regola-mento di esecuzione del TULPS.Ne deriva che l’impiego di qualsiasi articolo pi-rotecnico in spettacoli autorizzati ai sensi del-l’art. 57 TULPS, a prescindere dalla sua tipolo-gia, sia riservato, per evidenti ragioni di ordinee sicurezza pubblica connesse alla presenza dipubblico, esclusivamente a persone con cono-scenze specialistiche - e, pertanto, munite dellacitata abilitazione - anche laddove l’art. 5 deldecreto legislativo 4 aprile 2010, n. 58, ne con-senta, altresı, l’utilizzo da parte di altre catego-rie di consumatori.Quanto alle indicazioni fornite al successivopunto «3 - artifici impiegabili» della citata cir-colare, le stesse trovano applicazione ancheper i prodotti marcati CE, ad eccezione dei limi-ti dimensionali indicati per gli «artifici cilindri-ci» e per quelli «sferici», tenuto conto che per iprodotti marcati CE tali limitazioni non sonopreviste. Cio, tuttavia, non esclude la facolta,per l’Autorita di pubblica sicurezza, anche av-valendosi di un parere tecnico, in relazione aparticolari condizioni di tempo e di luogo, diimporre delle limitazioni dimensionali ai calibriimpiegabili sotto forma di prescrizioni ex art. 9TULPS.Con riferimento al punto «4 - Mortai», anche intal caso si osservano le disposizioni di cui allaprecedente circolare, chiarendosi, tuttavia, inrelazione a quanto appena evidenziato al prece-dente punto 3, che, per l’eventuale utilizzo diprodotti marcati CE di calibro superiore ai limi-ti massimi (calibro 210 mm per i cilindrici e ca-libro 400 mm per gli sferici) stabiliti per gli ar-

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ticoli pirotecnici non provvisti di marcatura,trovano applicazione le disposizioni per questiultimi gia fornite, nella parte relativa ai «i mor-tai di calibro piu elevato». Resta salva la possi-bilita di utilizzare il manufatto secondo le mo-dalita che sono indicate nella documentazioneapprovata dall’ente notificato (ad esempio undiverso grado di inclinazione) e che saranno ri-portate in una dichiarazione sottoscritta dal tito-lare della licenza ex art. 57 TULPS.Quanto, infine, alle indicazioni di cui ai succes-sivi punti «5 - Accensione degli artifici e caute-le per gli addetti all’accensione» e «6 - Dispo-sizioni complementari riferibili all’Autorita lo-cale di P.S.» della circolare dell’11 febbraio2001, le stesse trovano piena applicazione an-che in caso di utilizzo di articoli pirotecnicimarcati CE.Occorre precisare che, qualora vengano im-pie-gati, negli spettacoli a carattere continuativo al-l’interno del medesimo sito, articoli pirotecniciappartenenti alle categorie T1 e T2, ovvero, lospettacolo venga rinviato, i medesimi articoli,fino ad una massa attiva pari a kg 20, possonoessere depositati, sotto la responsabilita del pi-rotecnico titolare della licenza, in un locale rite-nuto, dal medesimo, idoneo alla loro sicura ecorretta conservazione, senza ulteriori adempi-menti.

B) DISPOSIZIONI IN ORDINE ALLA SI-CUREZZA

Le indicazioni di cui alla lettera «B) DISPOSI-ZIONI IN ORDINE ALLA SICUREZZA»punto «1 - Area di sparo» della richiamata cir-colare si applicano anche nel caso di utilizzo diarticoli pirotecnici muniti della marcatura CE,salvo che tali articoli appartengano alle relativecategorie T1 e T2. In tali casi, infatti, il loro po-sizionamento, per il successivo sparo, non esoggetto agli obblighi di delimitazione e di se-gnalazione dell’area di sparo, fermo restando ildivieto di accesso al pubblico nell’area medesi-ma.In relazione, poi, a quanto stabilito al successi-vo punto «2 - Distanza di sicurezza» della pre-cedente circolare, le relative indicazioni trova-no applicazione anche in caso di utilizzo degliarticoli pirotecnici muniti della marcatura CE,salvo che il fabbricante imponga distanze di si-curezza superiori a quelle indicate nella mede-sima circolare. Per l’impiego di articoli il cuicalibro superi quello previsto dalla citata cir-colare, si dovra applicare la distanza piu caute-lativa, quindi maggiore, che emerga dal raf-fronto della distanza massima pari a metri200, riportata nella precedente circolare, equella indicata dal fabbricante in etichetta, ov-vero ricavabile dai dati riportati nell’etichettamedesima, e preventivamente approvata dal-l’ente notificato incaricato di rilasciare il certi-ficato di conformita CE. In mancanza di taliindicazioni acquisibili dall’etichetta, il pirotec-nico dovra provvedere all’allestimento tenen-do conto delle distanze minime di sicurezza ri-

sultanti da idonea documentazione relativa aiprodotti che si intendono utilizzare, fornitadall’ente notificato.E evidente che il pirotecnico concorre in manie-ra determinante, con le conseguenti, connesseresponsabilita, al corretto allestimento dellospettacolo pirotecnico ed al rispetto delle di-stanze di sicurezza dall’area di sparo.Resta ferma, in ogni caso, la facolta della com-petente Autorita di P.S. di innalzare le distanzedi sicurezza (che sono da considerarsi come li-miti minimi) sotto forma di prescrizioni ex art.9 TULPS, a seguito delle necessarie valutazio-ni sulle condizioni dei siti prescelti per lo spa-ro. In particolare, si richiama l’attenzione sul-l’utilizzo degli articoli pirotecnici appartenentialla cat. 2 e cat. 3, per i quali le distanze di si-curezza previste sono determinate, rispettiva-mente, in metri 8 e metri 25 per gli spettatori.Occorre considerare che tali prodotti sono pro-gettati e testati per essere impiegati in contestiprivati nei quali vi e un numero limitato dispettatori. Il loro utilizzo, certamente lecito,nell’ambito di spettacoli pirotecnici autorizzatiai sensi dell’art. 57 del TULPS, impone unavalutazione circa l’innalzamento di tali distan-ze di sicurezza minime, connessa alla presenzadi un numero di spettatori assai piu consistenterispetto all’ambito privato. Pertanto, per taliarticoli pirotecnici, quale migliore salvaguar-dia della pubblica incolumita, vanno adottatele distanze di sicurezza previste dalla letteraB), punto 2 della citata circolare dell’11 gen-naio 2001, in funzione della tipologia di pro-dotto impiegato.Per converso - e salvo che, come appena evi-denziato, l’Autorita di P.S. non disponga altri-menti - occorre fare presente che, ai sensi dellaNorma Europea EN 16256-2, pubblicata nellaG.U. dell’Unione Europea del 15 maggio2013, una persona con conoscenza specialistica(ovvero il titolare dell’abilitazione ex art. 101del Regolamento di esecuzione del TULPS)puo utilizzare articoli pirotecnici marcati CE,appartenenti alle categorie T1 o T1 «solo peruso esterno» in modo diverso rispetto a quantoprescritto dall’etichetta o dalle istruzioni d’uso,a condizione che abbia opportunamente valuta-to «i pericoli e i rischi che puo comportare qual-siasi deviazione».Per quanto concerne il punto «3 - Zona di sicu-rezza», si confermano anche per gli articoli pi-rotecnici muniti della marcatura CE, i contenutidi cui alla precedente circolare. Trova eccezio-ne l’utilizzo degli articoli pirotecnici marcatiCE appartenenti alle categorie T1 e T2 per iquali puo ritenersi consentita la presenza di ar-tisti e di altro personale che partecipano allarappresentazione scenica in tale zona, ad esclu-sione del momento di accensione degli articolimedesimi, allorche anche tali soggetti dovrannoessere alla distanza di sicurezza prevista in fun-zione del prodotto impiegato.Infine, trova piena applicazione, nel caso di uti-lizzo di articoli pirotecnici muniti della marca-

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tura CE, il punto «4 - Adempimenti del titolaredurante lo svolgimento ed alla conclusione del-lo spettacolo pirotecnico» della piu volte richia-mata circolare.Si rappresenta, da ultimo, che gli articoli piro-tecnici muniti della marcatura CE ed apparte-nenti alle categorie «cat. 1», «cat. 2», «cat. 3»e «cat. 4,» dall’entrata in vigore della direttiva

del Parlamento Europeo e del Consiglio 2013/29/UE del 12 giugno 2013, assumeranno, ri-spettivamente, le denominazioni «F1», «F2»,«F3» e «F4». Cio non esclude la possibilita, tut-tavia, che gli enti notificati, nelle more dell’en-trata in vigore della citata nuova direttiva, pos-sano gia rilasciare attestazioni riportanti l’indi-cazione di tali nuove categorie.

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pretazione e l’applicazione operativa sia del d.p.r. 1 agosto 2011, n.

151, sia dei D.M. 5 agosto 2011 e 7 agosto 2012, sia delle ultime

Circolari dei Vigili del Fuoco 2012 e 2013 in materia.

di Fabio Dattilopagg. 256, 50,00

Codice: 00141318

IL MANUALE DI PREVENZIONE INCENDI

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LIBRO + CD-ROM

di Normativa Prevenzione

Incendi

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VDR in pratica

Esposizione al rumorein cuffia negli operatori

dei call centerL’attivita di conversazione telefonica, salvo clamorose interferenze, e l’unico rischio da rumore a cui sonoesposti i lavoratori del comparto. Come dimostrato dalle misurazioni effettuate per questo case-study,per conversazioni telefoniche non superiori alle 4 ore, il livello d’esposizione dei lavoratori e certamenteinferiore alla soglia di azione 80 dB(A) fissata dalla legge. Tuttavia, la contraddittorieta dei risultati rag-giunti in letteratura e le doglianze degli addetti sembrano suggerire, in una visione sistemica di gestionedel rischio, che il rumore non produce solo possibili danni uditivi ma ha anche aspetti extrauditivi che,ponendosi in sinergia con altre condizioni di disagio, possono produrre un elevato stress lavoro-correlato.

Franco Simonini - Psicologo Psicoterapeuta del Lavoro e delle OrganizzazioniFabrizio Caioli - Tecnico della Prevenzione

Premessa

Nel mondo dell’igiene industriale l’evoluzionetecnologica e scientifica ha avuto un grandesviluppo. Oggi gli strumenti di misura sonoin grado di valutare sempre piu precisamentele esposizioni degli operatori impegnati in atti-vita con rischi di difficile determinazione. Inparticolare le misure del rumore sono le piuevolute. Fin dagli anni ‘‘50 si e mantenuto vi-vo l’impegno delle risorse tecniche e umanenella definizione di specializzazioni semprepiu evolute. Le metodologie di misura dellapressione sonora a cui sono esposti gli opera-tori hanno raggiunto livelli straordinari di ac-curatezza.Tuttavia il rischio rumore continua ad essereconsiderato dalla cultura «meccanicistica linea-re» come espressione unica del possibile dannouditivo prodotto. Non e stata ancora superata lalogica della separazione dell’orecchio dal restodel corpo, considerato come un pezzo meccani-co in grado di funzionare autonomamente, cioea prescindere dal sistema che lo contiene, anchese leggi e norme di buona tecnica invitano aconsiderare il rischio come un «punto critico»dell’intero processo produttivo che deve esseremigliorato continuamente.La «logica sistemica» non si basa sull’accura-tezza delle misure e favorisce l’impegno dellerisorse aziendali nella costruzione di un sistemadi gestione del rischio. Nella «logica sistemica»dettata ad esempio dalle norme ISO si deve te-nere conto che il rischio rumore non producesolo possibili danni uditivi ma ha anche aspettiextrauditivi che, ponendosi in sinergia con altrecondizioni di disagio, possono produrre un ele-vato stress lavoro-correlato. La gestione del ri-

schio deve, quindi, tenere conto anche degliaspetti di sinergia extrauditiva.Viene da porsi, allora, la domanda: a chi e ve-ramente utile il costrutto culturale meccanico?Useremo per l’elaborazione della risposta un ot-timo e avanzato intervento di misura.

Intervento di misura: regole,strumenti e metodologia

Le norme ISO (1) e il D.Lgs. n. 81/2008 preve-dono che le misure dell’esposizione al rumorevengano prese a 10 cm di distanza dall’orecchiodegli operatori; se le persone sono mobili il mi-crofono deve seguirle costantemente. Nel casodegli operatori dei call center pero viene usatala cuffia e il rumore delle chiamate e prodottoal suo interno.Le norme di «buona tecnica» UNI EN (2) nondanno informazioni per affrontare questa speci-ficita, ma recentemente il Rapporto tecnicoUNI/TR 11450:2012 ha sopperito a questa la-cuna. Il Rapporto tecnico non definisce specifi-ci VLP (valori limite di esposizione) per il ru-more immesso direttamente all’interno del con-dotto uditivo, ma determina una «funzione ditrasferimento» che riconduce il rumore internomisurato come se fosse esterno e a 10 cm di di-stanza dall’orecchio.

Note:

3 Franco Simonini (www.orizzontedeglieventi.it).

(1) International Organization for Standardization.

(2) UNI EN (Ente Nazionale Italiano di Unificazione) identifica le norme ela-borate dal CEN, Comite Europeen de Normalisation.

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Le variabili che incidono sul calcolo della «fun-zione di trasferimento» sono le seguenti:– il tipo di dispositivo utilizzato (monoaurico-rale o biauricorale);– l’interazione del dispositivo con l’orecchio;– la possibilita per l’operatore di comandare ilvolume della conversazione;– la presenza di segnali anormali quali: impul-si, disturbi elettrici, oscillazioni o risonanze,che possono generare elevati livelli di picco.Vengono proposti tre metodi di misura:1) Tecnica MIRE (norma UNI EN ISO 11904-1): propone l’utilizzo di microfoni miniaturiz-zati inseriti nel condotto uditivo;2) Tecnica del manichino equipaggiato conorecchie artificiali dotate di microfono (normeUNI EN ISO 11904-2)3) Tecnica ETSI (norma ETSI EG 202 518v1.1.1.1): e basata sulla misurazione del segna-le elettrico all’ingresso del dispositivo acusticoutilizzato durante la conversazione converten-dolo in livello sonoro attraverso le funzioni ditrasferimento del dispositivo.Nello specifico della nostra indagine le misuresono state realizzate utilizzando la tecnica MI-RE (Microphone In Real Ear).

Osservazioni e misuredi tre postazioni per attivitadi call center

� Esposizione

L’attivita di conversazione telefonica e l’unicorischio da rumore a cui sono esposti i lavoratoriosservati, infatti, come dimostrato dai valoridella rumorosita ambientale, possono essereescluse le interferenze.Le cuffie utilizzate permettono a ciascun opera-tore di regolare il volume di ascolto.L’orario di lavoro e distribuito su otto ore percinque giorni settimanali.Il tempo utilizzato nelle conversazioni telefoni-

che e estremamente variabile in quanto e diffe-renziato rispetto ad ogni operatore e varia perogni giornata lavorativa. L’impegno nelle con-versazioni dipende, ovviamente, dalla clientelaesterna.

� Strumenti di misura

E stato utilizzato un analizzatore della Bruel &Kiær tipo 2250 di classe 1 conforme alle normeI.E.C. 651 e I.E.C. 804 per le misure del rumoreambientale.Le misure MIRE sono state realizzate con stru-mento Svantek SV102A e microfono MIRESV25S.La norma UNI EN ISO 11904-1:2006 prevedeuna funzione di trasferimento, cioe una corre-zione da attuare tra la misura in un condottouditivo aperto e la corrispondente frequenzadel rumore in campo diffuso (Figura 1).Le misure hanno tenuto conto della necessita dinon spostare il tubicino rilevatore perche la ri-sposta in frequenza dipende non solo dalla pro-fondita di inserimento nel condotto uditivo delsoggetto ma anche dalle caratteristiche dell’ap-parato del soggetto stesso. Di conseguenza larisposta in frequenza andra determinata perogni soggetto osservato.Deve essere sottolineato che la diffrazione delleonde sonore dipende da come la lunghezzad’onda interagisce con le dimensioni, la formae le proprieta acustiche della superficie di uncorpo. Il livello sonoro che si rileva su un puntodel corpo e, per effetto della diffrazione, diver-so da quello rilevato in campo libero.Nel caso dell’esposizione in cuffia il rumore emisurato all’interno della cuffia in prossimitadella conca del padiglione uditivo o all’internodel condotto stesso. La norma prevede specifi-che «curve di trasferimento» come riportato inFigura 1.Contemporaneamente alle misure eseguite conla tecnica MIRE e stato misurato il rumore di

Figura 1 - Risposta delle frequenze in campo diffuso per entrate aperte del condottouditivo

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fondo del locale. Il tempo di misura ha rispetta-to una corretta rappresentazione dell’esposizio-ne. Sono state misurate le condizioni di norma-le svolgimento del lavoro.Allo spettro del rumore rilevato all’interno del-l’orecchio sono state applicate le risposte in fre-quenza e la curva di ponderazione «A». In se-guito le componenti di ciascuno spettro sonostate sommate rispetto alla loro pressione sono-ra ottenendo, in questo modo, la funzione ditrasferimento, cioe il livello di rumore esternocorrispondente alla misura del rumore internoall’orecchio.Tale elaborazione tiene conto dell’amplificazio-ne esercitata dall’orecchio esterno: allo spettrorilevato va quindi sottratto, frequenza per fre-quenza, il guadagno esercitato dall’orecchio,ovvero la sua «risposta in frequenza».A questo punto va sottolineato che per effettodella risonanza il condotto uditivo amplifica ilsuono a 2.500-3.000 Hz, mentre la conca am-plifica il suono a 5.000-6.000 Hz; le singoleamplificazioni possono avere valori intorno ai10 Hz.

� Parametri misurati

Lear.exp.f: livello di pressione sonora della bandadi terzo di ottava del condotto uditivo durantel’esposizione al rumore sottoposto a prova;LAeq: livello continuo equivalente misurato conponderazione in frequenza A;LCeq: livello continuo equivalente misurato conponderazione in frequenza C;

Ppeak: picco massimo misurato con ponderazio-ne in frequenza C.Le misure citate permettono il calcolo del(LDF,H.Aeq) livello equivalente continuo di cam-po sonoro diffuso che produce nel condottouditivo lo stesso livello di pressione sonora mi-surato come Lear.exp cioe il valore della funzio-ne di trasferimento (Tabella 1).

� Stima dell’incertezza

Le linee guida per la valutazione del rischio ru-more negli ambienti di lavoro propongono unmetodo per il calcolo dell’incertezza del LAeq,dei tempi d’esposizione e sul livello d’esposi-zione personale basati sui criteri consigliati dal-lo standard ISO 9612.E definita incertezza sulla quantita X la quantitan(X) determinata dalla deviazione standard delladistribuzione di probabilita dei valori assunti dalrisultato della misura di X. Devono essere calco-late separatamente tre tipologie di incertezze:a) di tipo strumentale (dovuta ad oscillazioni dicalibrazione, manutenzione, taratura);b) di tipo ambientale (dovuta all’incompletacampionatura della pressione sonora);c) di tipo temporale (dovuta alla variabilita deitempi d’esposizione).Inoltre l’esposizione giornaliera deve esserecalcolata in modo che la media campionariadelle misurazioni ricada in un «intervallo diconfidenza» del 95%.L’intervallo di confidenza per la media dei ri-sultati di un numero X di misure dell’esposizio-

Tabella 1 - Risultati ottenuti

Parametro Postazione 1 Postazione 2 Postazione 3

Caratteristiche cuffia monoaurale biaurale monoaurale

Tempo esposizione n. 1 MIRE

Tel 00:05:00 Libero 00:05:00 Tel 2’30» 00:05:00

Valore di Lear.exp dBA 78,6 dBA 69,3 dBA 80,5

Valore di Ppeak dBC 118,7 dBC 107,5 dBC 138.1

LDF,H,Aeq dBA 73,7 dBA 64.4 dBA 75.6

Tempo esposizione n. 2 MIRE

Tel 00:05:00 Tel 00:05:00 Tel 4’’ 00:05:00

Valore di Lear.exp dBA 81,2 dBA 81,4 dBA 83,5

Valore di Ppeak dBC 126 dBC 112 dBC 111,6

LDF,H,Aeq dBA 76,3 dBA 76.5 dBA 78,6

Misura Ambientale LAeq dBA 61,2 dBA 64.6 dBA 65,3

Tempo 00:18:00 00:10:00 00:23:30

Ppeak dBC 99,9 dBC 100,2 dBC 100,9

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ne al rumore e il range entro il quale ogni pos-sibile campione misurato a qualsiasi ora dellagiornata lavorativa produce una media che rica-de in quell’intervallo di valori almeno nel 95%dei casi.Se A e la media del campione e B la sua stimadeterminata dalla formula generale

si otterra che A= m = B nel 95% dei casi.L’incertezza estesa risultata dal calcolo per n =2 e pari a 6 3 dB.

Valutazione dei risultati

Dalle misure eseguite con la tecnica MIRE so-no risultati livelli di LDF,H,Aeq = 80 dB(A).Le misure del rumore ambientale hanno dato li-velli di LAeq < 67 dB(A).Da quanto sopra risulta che, nell’ipotesi conser-vativa di un tempo di conversazione telefonicamassimo di 4 ore sulle 8 ore di lavoro, il livellodi esposizione giornaliero LEX,8h sarebbe almassimo pari a 77 dB(A), Sommando a tale va-lore l’incertezza estesa pari a 3 dB il livello diesposizione giornaliera diverrebbe pari a 80dB(A).Di conseguenza, per conversazioni telefonichenon superiori alle 4 ore, il livello d’esposizionedei lavoratori e certamente inferiore alla sogliadi azione 80 dB(A) fissata dal D.Lgs. n. 81/2008.In un solo caso e stato superato il livello di pic-co Ppeak =135 dB(C) (138,1 dB(C)) misuratocon la tecnica MIRE, tale valore non e pero cor-rispondente al picco misurato all’esterno dell’o-recchio per cui la soglia inferiore di azione none superata.

Valutazione della letteraturain materia

In generale, i risultati delle indagini presenti inletteratura (3) dimostrano che almeno ¼ dei ca-si d’esposizione degli operatori telefonici si si-tuano tra gli 80 e 87 dB(A). Per cui esistono ingenerale rischi uditivi per queste attivita.Altre misurazioni e studi dimostrano invece ilcontrario: nelle otto ore il rumore supera 120dB al massimo per 3,6» (sec) e supera gli 80dB per meno di 10’’ (min): secondo gli autoriil rumore rilevato non puo causare danni uditi-vi. Per l’impulsivita del rumore gli autori affer-mano che al massimo si possono presentare uncentinaio di picchi con livelli di 130 dB, delladurata di 1,5 ms, anche in questo caso non sonodeterminati TTS (Temporary Threshold Shift)apprezzabili a fine turno lavorativo.Piu in particolare, gia nel 1979, altri studiosi,(Alexander et al.), a seguito delle lamentele de-gli operatori telefonici, avevano approfondito laquestione esaminando 129 addetti. La sogliauditiva era stata determinata dopo riposo sia

per l’orecchio esposto sia per il non esposto. Ivalori di TTS erano stati rilevati dopo 4 oredi attivita. Dai dati non emergeva alcuna diffe-renza significativa tra le soglie dei due orecchi,ne tra le soglie misurate prima e dopo il lavoro.Non vi era, inoltre, correlazione tra soglia udi-tiva e anzianita lavorativa. Questi autori confer-mavano altre conclusioni cui si era giunti nel1969 (Gloring et al., 1969). Di conseguenzale lamentele degli operatori non indicavanoun’alterazione del TTS.In seguito e stato svolto uno studio (Juan et al.,1979) sollecitato dalle lamentele della Compa-gnia Telefonica Nazionale Spagnola sui valoridel rumore di picco (Ppeak). Gli autori concluse-ro che il rumore di picco a cui erano esposti glioperatori della Compagnia non sembra lesivoper il loro udito.Piu di recente, altri studiosi (Chiusano et al.,1995) hanno misurato l’esposizione a rumorein cuffia di 37 dipendenti del Dipartimentodella Difesa americano. Sono stati rilevati LAeq

compresi tra 80 e 104 dB(A) su periodi di 3-6ore. Il valore medio di esposizione dei singolisoggetti era di 87 dB(A) (d.s. 5,6). I livellimassimi di picco variavano tra 119 e 149dB(A) con un valore medio di 141 dB(A).Gli autori hanno pertanto assunto tali valoricome approssimazioni dei livelli misurabiliin campo libero e, quindi, li hanno utilizzatiper valutare il rischio. Considerata la duratadell’esposizione, i ricercatori hanno conclusoche 22 su 37 addetti avevano un’esposizionesuperiore a 85 dB(A). I soggetti dovevanoquindi essere inseriti in un programma di con-servazione dell’udito ed erano stati propostiinterventi di limitazione del rumore come limi-tatori di picco, filtri passa banda, dispositivi dicompressione del segnale ecc.Anche le misure di Ianniello (1996), rilevatecon correzione strumentale del segnale rilevatoapplicando la risposta in frequenza definita perla conca del manichino Kemar valida per ilcampo diffuso, hanno evidenziato un livellomedio in corrispondenza della conca uditivadi 88 dB(A), confermando il dato di Chiusano.

Conclusioni

Anche se il rumore e il rischio piu studiato eprovvisto degli strumenti di misura piu sofisti-cati, i dati in letteratura dimostrano la presenzadi significative contraddizioni nelle misure d’e-sposizione.Coloro che si basano sui dati relativi al TTS af-fermano l’assenza di esposizioni in grado diprovocare danno uditivo. Invece le misure fo-nometriche dimostrano un’esposizione per mol-ti operatori superiore a 85 dB(A), cioe oltre lasoglia di azione che impegna i datori di lavoro

Nota:

(3) Dipartimento di Ingegneria - Universita degli Studi di Ferrara.

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a ridurre, per quanto tecnicamente possibile, ilrischio.Di fronte a queste contraddizioni sono state rea-lizzate altre indagini sia strumentali che di TTSper scoprire la possibile connessione.Gli interventi migliorativi sono, in realta, rela-tivamente semplici (limitatori, filtri, compres-sione del segnale, formazione degli operatoriecc.) e dovrebbero essere realizzati indifferen-temente dalle misure del rumore, anche tenen-do conto degli effetti di sinergia extrauditiva edelle sollecitazioni dei lavoratori. Perche, allo-ra, impegnare risorse, strumenti e uomini,spesso con l’utilizzo di denaro pubblico, persvolgere sofisticate e costose misure in gradodi produrre il dato piu vicino possibile alla ve-ra pressione sonora a cui sono esposti i lavora-tori?La risposta a questa domanda ripropone il temacentrale della «cultura della prevenzione» (4) inun’ottica anche pratica. E necessario ricordareche nel nostro Paese la gestione delle risorseculturali ed economiche della prevenzione e go-vernata da soggetti che rispondono a costruttibasati sul «meccanicismo lineare», cioe riten-gono che ogni organo possa essere consideratocome esposto a rischio e isolato dal resto delcorpo umano. Il rischio rumore interessa l’ap-parato uditivo, le polveri il respiratorio e cosıvia. La preoccupazione maggiore sara, di con-seguenza, che l’organo non venga danneggiato.Questi soggetti di fatto considerano la salutecon l’anacronistico concetto di assenza di ma-lattia o danno organico. Fin dal 1948 pero laOMS ha cambiato questo arcaico positivismocon una concezione della salute derivata dallacultura sistemica e cioe come una «condizioneglobale» di benessere che considera l’individuonella sua totalita e con le sue interazioni colmondo interno (psichico e fisico) ed esterno(sociale e morale).Le grandi aziende del nord Europa si sono ade-guate a questa concezione organizzando il lavo-ro in maniera democratica e investendo in pro-cessi produttivi a qualita totale fino a dare ori-gine a leggi sistemiche (5) o a norme tecnichecome le ISO 9000.Nella logica sistemica ogni parte e componenteessenziale della totalita e questo contrasta colbisogno di autoreferenzialita di alcune strutturedel sistema che devono primeggiare sulle altre.I manager che prima faticavano nella comples-sita del problem solving ora desiderano ritorna-re alla semplicita del «comanda e controlla».Negli interventi di prevenzione o valutazionedei rischi lavorativi la nuova semplicita (leanthinking, «pensiero snello») preferisce interven-ti correttivi, determinati da precise misure pocodiscutibili, rispetto alla costruzione di sistemi digestione dei rischi che prevedono un impegnopartecipativo e un confronto faticoso con lacomplessa realta aziendale. E ovvio che tenere«sotto controllo» i rischi per la salute e cercaresoluzioni di miglioramento continuo avrebbecostretto le aziende, e la loro dirigenza, a ripen-

sare la propria cultura organizzativa e ad affron-tare una visione sistemica della realta.I processi produttivi non sono semplici e il loromiglioramento abbisogna di approfonditi studie ricerche, solo in questo modo e possibilemantenere in eccellenza gli standard produttivi.Molte aziende piccole e medie del nostro Paese,invece di rispondere seriamente all’opportunitaofferta gia dal D.Lgs. n. 626/1994, hanno rea-lizzato solo l’aspetto burocratico (la documen-tazione di legge) senza nessuna riflessione sul-l’organizzazione del loro sistema produttivo.Basta lavorare e produrre il piu possibile, poile cose vanno avanti da se. Ma la concorrenzaglobale e l’evoluzione tecnologica prevedonocontinue scelte di rinnovamento, sia del prodot-to che del processo produttivo.Anche gli interventi di bonifica dei rischi e dimiglioramento dell’organizzazione del lavoro,seguendo una logica lineare, hanno solo corret-to alcuni aspetti tecnici, senza produrre la ne-cessaria riflessione sull’intera organizzazioneproduttiva come indicato dalle norme ISO9000. Gli interventi, anche estremamente spe-cializzati, di misura dei rischi, separati dalla co-struzione di un sistema di gestione della sicu-rezza e della salute nei luoghi di lavoro (sistemidi gestione anche prescritti dalle norme ISO18001), hanno prodotto correzioni parziali sen-za trasformare l’intero processo della culturaaziendale che da mero «meccanismo» sarebbedovuto divenire «organismo vivente». Gli inter-venti, altamente specializzati, di misura del ri-schio, se separati dalla costruzione di un «siste-ma di gestione», sono come un bellissimo vesti-to indossato da un organismo malato. Al malatopuo far piacere di essere ben vestito ma questonon cambia il decorso della malattia.Allo stesso modo nel nostro Paese le aziendesono state stimolate ad acquistare bellissimiabiti senza valutare veramente le condizioni disalute del sistema che le avrebbe indossate. So-lo a coloro che vendono vestiti ha portato bene-ficio l’intervento meccanicistico lineare di cor-rezione dei rischi in azienda.

Bibliografia

– Ianiello C., Valutazione dei livelli di esposi-zione al rumore di operatori telefonici con unmicrofono nella conca del padiglione auricola-re. Rivista italiana di Acustica, Vol. 20 (1996).– Chan J.C.K., Geisler C.D., «Estimation ofeardrum acoustic pressure and of ear canallength from remote points in the canal» Acoust.Soc. Am. Vol. 87 (1990).– Kuhn G.F., Guernsey R.M., «Sound pressure

Note:

(4) Gia ampiamente affrontato in altri interventi da un punto di vista teorico(cfr. bibliografia).

(5) Analoghe al D.Lgs. n. 626/1994.

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distribution about human head and torso»Acoust. Soc. Am. Vol. 73 (1983).– Dajani H., Kunov H., Seshagiri B., « Real-ti-me method for the measurements in of noiseexposure from communication headsets» Ap-plied Acustics, Vol. 49 (1996).– Alexander R.W., Koenig A.H., Cohen H.S.,Lebo C.P., «The effects of noise on telephonoperator» Journ of Occupational Medicine,Vol. 21, (1979).– Juan P.A., Cano-Cortes J.R., « Medida delruido impulsivo en el auricolar de operator»Medicine Securitad Trabajo, Vol. 27 (1979).– Glorig A., Whiney L.H., Flanagan J.L., Gutt-man N., «Hearing studies of telephone opera-ting personnel» Journ of Speech and HearingResearch Vol. 12 (1969).– Chiusano S.V., Lees P.S.J., Breysse P.N.,«An Occupational noise exposure assessmentfor headset-wearing communications workers»App. Occup. Environ Hyg, Vol. 10 (1995).– Simonini F.; Bruno V., Valutazione e gestio-ne del rischio da stress lavoro-correlato. ISL - ICorsi, IPSOA. (2012, 3).– Franco Simonini, Vincenza Bruno e GabrieleCorbizzi Fattori, «Sostegno alle Linee guida perla corretta gestione del rischio psicosociale»,ISL - Igiene & Sicurezza del Lavoro, 2012, 11.– Franco Simonini e Vincenza Bruno, «La cen-tralita dell’uomo nella visione ergonomica deisistemi produttivi», ISL - Igiene & Sicurezzadel Lavoro, 2011, 10.

– Franco Simonini e Gabriele Corbizzi Fattori,«Le linee guida sullo SLC: disorientamento le-gislativo o «regressione gestionale»?», ISL -Igiene & Sicurezza del Lavoro, 2011, 1.– Franco Simonini, «Il benessere sul lavoro at-traverso la valutazione dello stress lavoro- cor-relato: un convegno», ISL - Igiene & Sicurezzadel Lavoro, 2010, 5.– Franco Simonini e Gabriele Corbizzi Fattori,«Carte di controllo per la qualita applicata e va-lutazione dello stress lavoro-correlato», ISL -Igiene & Sicurezza del Lavoro, 2009, 3.– Franco Simonini e Gabriele Corbizzi Fattori,«Dalla qualita organizzativa dei sistemi produt-tivi alla valutazione del rischio psicosociale»,ISL - Igiene & Sicurezza del Lavoro, 2009, 2.– Gabriele Corbizzi Fattori, «Ergonomia orga-nizzativa: l’Italia e pronta all’Europa?», ISL -Igiene & Sicurezza del Lavoro, 2014, 1.– Gabriele Corbizzi Fattori, «Lo scontro fraculture organizzative: dal meccanicismo allacomplessita», ISL - Igiene & Sicurezza del La-voro, 2010, 5.– Gabriele Corbizzi Fattori, Franco Simonini ePamela Calı, «Valutazione dello stress lavoro-correlato: rinvio o svuotamento della norma»,ISL - Igiene & Sicurezza del Lavoro, 2009, 9.– Vincenza Bruno, Franco Simonini e GabrieleCorbizzi Fattori, «La formazione sistemica co-me bonifica del rischio psicosociale», ISL -Igiene & Sicurezza del Lavoro, 2012, 5.

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29 maggio - 16 giugno 2014

Rassegnadella Cassazione penalea cura di Raffaele Guariniello

RSPP garantedella sicurezza

Cassazione penale sez. IV, 29 maggio 2014(u.p. 17 gennaio 2014), n. 22233 - Pres. Zecca- Est. Izzo - P.M. (Conf.) D’Ambrosio - Ric.Lo Turco e altri

Acutamente, Cass. 21 dicembre 2012, R.C.,Lovison e altro, in ISL, 2013, 2, 106 (alla cuinota si rinvia per indicazioni sul tema), si do-mando «se i componenti del SPP possano assu-mere la veste di garante.»Ricordo che «si e tratto argomento negativo dalfatto che tali persone non sono destinatarie inprima persona di obblighi sanzionati penalmen-te; e svolgono un ruolo non operativo ma dimera consulenza», ma subito preciso che «l’as-senza di obblighi penalmente sanzionati si spie-ga agevolmente proprio per il fatto che il servi-zio e privo di un ruolo gestionale, decisionale, esvolge solo una funzione di supporto alle deter-minazioni del datore di lavoro», e che «l’assen-za di sanzioni penali, tuttavia, non costituisceun argomento risolutivo per escludere il ruolodi garante.»Osservo che «cio che importa e che i compo-nenti del SPP siano destinatari di obblighi giu-ridici, e non puo esservi dubbio che, con l’as-sunzione dell’incarico, essi assumano l’obbligogiuridico di svolgere diligentemente le funzioniche si sono viste.»Rilevo che «il ruolo svolto da costoro e parteinscindibile di una procedura complessa chesfocia nelle scelte operative sulla sicurezzacompiute dal datore di lavoro», e che «la loroattivita puo ben rilevare ai fini della spiegazionecausale dell’evento illecito.»Immagino il «caso del SPP che manchi di infor-mare il datore di lavoro di un rischio la cui co-noscenza derivi da competenze specialistiche»,e affermo che, «in situazioni del genere, pareragionevole pensare di attribuire, in presenzadi tutti i presupposti di legge ed in particolaredi una condotta colposa, la responsabilita del-l’evento ai soggetti di cui parliamo», sotto penaaltrimenti «di far gravare sul datore di lavorouna responsabilita che esula dalla sfera dellasua competenza tecnico-scientifica.»Successivamente, Cass. 19 agosto 2013, Piove-san e altro, ibid., 2013, 42, torno sul tema, e os-servo che «il responsabile per la prevenzione e

la sicurezza (senza mutamenti sostanziali rispet-to alla normativa in precedenza in vigore la det-ta nomina e oggi regolata dall’art. 31 e ss. delD.Lgs. n. 81/2008) assume, in prevalenza, com-piti di consulenza ed indirizzo», e che «cio, tut-tavia, non esclude l’ipotesi non infrequente cheil predetto, esuberando dai propri compiti diconsulenza, fornendo indicazioni operative ina-deguate o mancando di approntare specificiprogetti d’intervento volti ad assicurare la sicu-rezza delle condizioni lavorative, venga anch’e-gli chiamato in penale responsabilita, senza per-cio, comunque, sgravare la posizione del garan-te principale.»Prese atto che, «nel caso in esame non vienecontestato all’imputato di aver fornito indica-zioni erronee o comunque in contrasto con i ca-noni della sicurezza quanto alla prevenzionedelle cadute accidentali dall’alto, stante chel’installazione dei dispositivi di protezione fissiin relazione ad un piano in costruzione risultanoincompatibili con l’esigenza, appunto di prose-guire nel completamento del manufatto», e che«quel che all’imputato viene, in definitiva, con-testato e di non avere verificato e attuato i pre-sidi antinfortunistici in relazione alle corretteprocedure di lavorazione e, quindi, di non averprevisto l’anomala prassi di utilizzare il pianoin costruzione come zona di lavoro e conse-guentemente indicato idonee misure precauzio-nali’’.»Osservo che «un tal profilo di responsabilitacolposa non s’addice al ruolo dell’imputato.»Ammise che «costui con la sua opera di consu-lenza ha il dovere d’individuare le corrette pro-cedure di lavorazione per prevenire i rischi in-fortunistici, al quale deve correlarsi quello divigilare perche siano sempre verificabili e,quindi, modificabili, le misure e le cautele indi-cate; oltre al dovere di tener conto delle osser-vazioni pervenute e delle difficolta incontrate,nonche delle anomalie alle quali porre rime-dio.»Ma preciso che «cio non puo importare unadiuturna, assidua e penetrante opera di controlloe repressione delle trasgressioni, che non gli epropria.»Infine, Cass. 16 ottobre 2013, Benetti e altro, inDir. prat. lav., 2014, 18, 1077, rimarco che «alresponsabile del servizio di prevenzione e pro-tezione, pur spettando all’interno della strutturaaziendale un ruolo non operativo ma di consu-lenza, compete l’obbligo giuridico di collabora-

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re con il datore di lavoro, individuando i rischiconnessi all’attivita lavorativa e fornendo le op-portune indicazioni tecniche per risolverli, conla conseguenza che, in relazione a tale suo com-pito, puo essere chiamato a rispondere qualegarante degli eventi che si verifichino in conse-guenza della violazione dei suoi doveri.»(Circa i compiti e le responsabilita del RSPP v.Guariniello, Il T.U. Sicurezza sul Lavoro com-mentato con la giurisprudenza, VI edizione,Milano, 2014, 453 ss.).Con la presente sentenza, si consolida l’inse-gnamento favorevole a individuare nel RSPPun garante della sicurezza: «il responsabile delservizio di prevenzione e protezione, pur svol-gendo all’interno della struttura aziendale unruolo non operativo ma di consulenza, ha l’ob-bligo giuridico di collaborare con il datore di la-voro, individuando i rischi connessi all’attivitalavorativa e fornendo le opportune indicazionitecniche per risolverli, con la conseguenzache, in relazione a tale suo compito, puo esserechiamato a rispondere, quale garante, deglieventi che si verifichino in conseguenza dellaviolazione dei suoi doveri.»Nel caso di specie, l’RSPP «avrebbe dovutoprevedere nel POS lo specifico rischio di cadutadall’alto, cio in relazione a lavori che egli sape-va che si sarebbero svolti sul tetto o il cui esple-tamento avrebbe dovuto conoscere, se soloavesse svolto il suo compito con diligenza.»

Preposto di fattoin assenza di delega

Cassazione penale sez. IV, 29 maggio 2014(u.p. 28 febbraio 2014), n. 22246 - Pres. Zec-ca - Est. Dovere - P.M. (Conf.) - Ric. Consol

Al centro della presente sentenza si colloca lafigura del preposto di fatto (in proposito v.Guariniello, Il T.U. Sicurezza sul Lavoro com-mentato con la giurisprudenza, VI edizione,Milano, 2014, 253 ss.).Anzitutto, la Sez. IV sottolinea l’esigenza dinon «sovrapporre la figura del preposto ‘‘di di-ritto’’, quale corrisponde alla definizione nor-mativa dettata nell’art. 2, comma 1, lettera e),D.Lgs. n. 81/2008, a quella del ‘‘preposto difatto’’.»Spiega che, «se per la prima e necessario, tral’altro, che egli abbia ricevuto un incarico daldatore di lavoro e che abbia ricevuto direttiveper l’esecuzione dei lavori, nel caso di assun-zione di fatto del ruolo la derivazione della po-sizione di garanzia dal concreto espletamentodei poteri tipici del preposto segnala che nonvi e alcuna preliminare investitura da parte deldatore di lavoro.»Trae spunto in proposito, «oltre che da una ana-lisi strutturale del fenomeno, dalla chiara letteradell’art. 299 D.Lgs. n. 81/2008, per il quale ‘‘leposizioni di garanzia relative ai soggetti di cui

all’articolo 2, comma 1, lettere b), d) ed e), gra-vano altresı su colui il quale, pur sprovvisto diregolare investitura, eserciti in concreto i poterigiuridici riferiti a ciascuno dei soggetti ivi defi-niti’’.»Considera poi «non pertinente il richiamo alladisciplina che la delega di funzioni ha rinvenutonell’art. 16 del D.Lgs. n. 81/2008.»Avverte con sagacia che «occorre tener distintala tematica della delega di funzioni prevenzio-nistiche, la quale richiede per la sua efficacia–in primo luogo nei confronti del delegante -la ricorrenza dei requisiti esplicitamente elenca-ti dal menzionato art. 16 (tra i quali va rinvenu-to anche quello della specificita dell’oggetto) daquella evocata dal ‘‘principio di effettivita’’(art. 299 D.Lgs. n. 81/2008).»Chiarisce che, «in tema di tutela della sicurezzae della salute dei lavoratori, il principio di effet-tivita, se vale ad elevare a garante colui che difatto assume e svolge i poteri del datore di lavo-ro, del dirigente o del preposto, non vale a ren-dere efficace una delega priva dei requisiti dilegge», e che, «se nonostante tale carenza, il de-legato verra chiamato a rispondere del propriooperato sara in quanto egli ha assunto di fattoi compiti propri del datore, del dirigente o delpreposto, e non per la esistenza di una delegastrutturalmente difforme dal modello normati-vo.»Soggiunge che, «correlativamente, il delegante‘‘imperfetto’’ manterra su di se tutte le funzioniprevenzionistiche che l’atto non e valso a tra-sferire ad altri e i suoi doveri non si ridurrannoall’obbligo di vigilanza di cui all’art. 16, com-ma 3, D.Lgs. n. 81/2008.»Conclude che, nel caso di specie, l’imputato«aveva assunto di fatto il ruolo di preposto» eche «risulta del tutto irrilevante che non vi siaprova di una delega di funzioni.»

Gli obblighidell’appaltatore-distaccante nell’art. 26D.Lgs. n. 81/2008

Cassazione penale sez. IV, 3 giugno 2014(u.p. 13 marzo 2014), n. 22964 - Pres. Romis- Est. Bianchi - P.M. (Conf.) Di Popolo - Ric.Atzeni e altro

Cassazione penale sez. IV, 29 maggio 2014(u.p. 13 maggio 2014), n. 22286 - Pres. Zecca- Est. Serrao - P.M. (Conf.) Fraticelli - Ric.Buttura

Il problema relativo alla sicurezza dei lavoratoridistaccati nel quadro del D.Lgs. n. 81/2008 nonsembra ancora essere stato vagliato con la ne-cessaria lucidita. Certo, con riguardo all’ipotesidi comando c.d. ‘‘proprio’’, l’art. 3, comma 6,D.Lgs. n. 81/2008 pone «tutti gli obblighi di

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prevenzione e protezione a carico del distacca-tario, fatto salvo l’obbligo a carico del distac-cante di informare e formare il lavoratore sui ri-schi tipici generalmente connessi allo svolgi-mento delle mansioni per le quali egli viene di-staccato.»Solo che a sua volta l’art. 26, commi 1-3,D.Lgs. n. 81/2008, in caso di affidamento di la-vori, servizi, forniture all’interno dell’aziendacommittente, prevede, sı, cinque obblighi di si-curezza a carico del datore di lavoro commit-tente, ma in aggiunta agli obblighi di sicurezzache rrimangono integralmente a carico del dato-re di lavoro dell’impresa appaltatrice (e subap-paltatrice) (v. art. 26, comma 2, D.Lgs. n. 81/2008). Ragionevole, in questo quadro, e ricon-durre all’art. 3, comma 6, i casi di c.d. ‘‘distac-co proprio’’, e all’art. 26 i casi di c.d. ‘‘distaccoimproprio’’. Ed e in questo quadro che occorrecollocare gli insegnamenti impartiti dalla CorteSuprema nelle due sentenze qui presentate (v. alproposito Guariniello, Il T.U. Sicurezza sul La-voro commentato con la giurisprudenza, VIedizione, Milano, 2014, 351 ss.).A) Per cominciare, la sentenza Atzeni confermala condanna, oltre che del committente, di undatore di lavoro subappaltatore che aveva «in-viato il dipendente a svolgere le opere oggettodel subappalto senza una specifica competenza,senza fornirlo delle cinture di sicurezza neces-sarie, senza alcun previo controllo delle concre-te modalita nelle quali avrebbe dovuto operare,senza una diretta sorveglianza dell’attivita svol-ta.»B) Anche la sentenza Buttura conferma la con-danna sia del committente, sia del datore di la-voro appaltatore, per un infortunio mortale oc-corso a un dipendente dell’appaltatore pressol’azienda committente, con l’addebito di «nonaver effettuato un’analisi completa e corretta euna valutazione dei rischi connessi con l’attivitasvolta al fine di individuare le soluzioni tecni-co-organizzative e procedurali tali da permette-re ai lavoratori di operare in massima sicurez-za», di «non aver effettuato la formazione sulleoperazioni relative al lavoro specifico da svol-gere», e di «avere omesso di vigilare efficace-mente affinche l’esecuzione dei lavori avvenis-se in sicurezza.»Precisa che «i committenti e i datori di lavorosono entrambi titolari di obblighi, partitamenteassegnati e contenutisticamente differenziati,per cui le trasgressioni ascrivibili all’uno nonpossono comportare esonero da responsabilitadell’altro, fatta salva l’ipotesi in cui l’incidenzacausale della condotta di uno dei titolari dellaposizione di garanzia costituisca causa soprav-venuta da sola sufficiente a produrre l’evento.»Sottolinea che «la responsabilita del commit-tente non modifica la responsabilita dell’appal-tatore per l’inosservanza degli obblighi di pre-venzione che gravano su quest’ultimo.»Con riguardo al caso di specie, fa espresso rife-rimento alla norma attualmente dettata dall’art.26 D.Lgs. n. 81/2008, e rileva che, «indipen-

dentemente dal contenuto del contratto di ap-palto, sussista un principio generale in base alquale il datore di lavoro-committente ha l’ob-bligo di informare sui rischi specifici dell’am-biente di lavoro e sulle misure di prevenzionenonche di cooperare all’attuazione delle misurecautelari, da tale obbligo di cooperazione evin-cendosi chiaramente che l’obbligo di garantirela sicurezza delle condizioni di lavoro permanein capo al datore di lavoro, che e comunque te-nuto a valutare tutti i rischi per la sicurezza e lasalute dei lavoratori e ad individuare le misuredi prevenzione e protezione nonche i dispositividi protezione individuali, la cui necessaria ado-zione deve essere definita attraverso la valuta-zione dei rischi.»Chiarisce ancora che «la presenza di piu impre-se esecutrici non comporta il trasferimento ol’accentramento dell’obbligo di valutazionedei rischi in capo ad una sola di tali imprese,gravando comunque sul datore di lavoro l’oneredi riscontrare e accertare la sicurezza dei luoghidi lavoro, nonostante l’organizzazione del can-tiere sia direttamente riconducibile al commit-tente.»

Atti vessatori in luoghidi lavoro: spoils systemin Comune e dipendentiprivati in condizionidi degrado

Cassazione penale sez. VI, 11 giugno 2014(u.p. 19 marzo 2014), n. 24642 - Pres. De Ro-berto - Est. De Amicis - P.M. (Conf.) Roma-no - Ric. P.M. e P.C. in c. L.

Cassazione penale sez. VI, 9 giugno 2014(u.p. 11 aprile 2014), n. 24057 - Pres. Ippolito- Est. Villoni - P.M. (Conf.) Mazzotta - Ric.M.

Due nuove sentenze sugli atti vessatori nei luo-ghi di lavoro, a riprova di un fenomeno larga-mente diffuso: l’una relativa a maltrattamentilamentati da una funzionaria comunale nei con-fronti del sindaco; l’altra riguardante vessazionisubite da dipendenti rumeni (sul tema degli attivessatori in luoghi di lavoro v. Guariniello, IlT.U. Sicurezza sul Lavoro commentato con lagiurisprudenza, VI edizione, Milano, 2014,408 ss.).

A) Nel caso accaduto in un Comune di cui allasentenza n. 24642, la Sez. VI prende atto che «igiudici di merito hanno coerentemente ricavatol’esclusione dei caratteri dell’abitualita, della si-stematicita e dell’intenzionalita persecutoria ne-cessari ad integrare la presenza di comporta-menti vessatori e mortificanti la dignita dellapersona ai fini della configurabilita della fatti-

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specie incriminatrice di cui all’art. 572 cod.pen., ed hanno conseguentemente inquadratole condotte in esame nell’ambito di scelte deci-sionali motivate da ragioni di tipo strettamentefiduciario, ovvero dettate da logiche politicheassimilabili a pratiche di c.d. spoils system,pur ritenendole criticabili e lesive della sferamorale della persona offesa, che le ha percepitecome denigratorie della propria professionalitae dignita di funzionario amministrativo.»Afferma che «le pratiche persecutorie realizzateai danni del lavoratore dipendente e finalizzatealla sua emarginazione (c.d. mobbing) possonointegrare il delitto di maltrattamenti in famigliaesclusivamente qualora il rapporto tra il datoredi lavoro e il dipendente assuma natura para-fa-miliare, in quanto caratterizzato da relazioni in-tense ed abituali, dal formarsi di consuetudini divita tra i soggetti, dalla soggezione di una partenei confronti dell’altra (rapporto supremazia-soggezione), dalla fiducia riposta dal soggettopiu debole del rapporto in quello che ricoprela posizione di supremazia, e come tale destina-tario, quest’ultimo, di obblighi di assistenzaverso il primo.»Aggiunge che «la modulazione di tale rapporto,avuto riguardo alla ratio della fattispecie incri-minatrice di cui all’art. 572 cod. pen., deve co-munque essere caratterizzata dal tratto della‘‘familiarita’’, poiche e soltanto nel limitatocontesto di un tale peculiare rapporto di naturapara-familiare che puo ipotizzarsi, ove si verifi-chi l’alterazione della sua funzione attraverso losvilimento e l’umiliazione della dignita fisica emorale del soggetto passivo, il reato di maltrat-tamenti: si pensi, in via esemplificativa, al rap-porto che lega il collaboratore domestico allepersone della famiglia presso cui svolge la pro-pria opera o a quello che puo intercorrere tra ilmaestro d’arte e l’apprendista.»Osserva ancora che «il requisito della parafami-liarita del rapporto di sovraordinazione, che sicaratterizza per la sottoposizione di una personaall’autorita di un’altra in un contesto di prossi-mita permanente, di abitudini di vita (anche la-vorativa) proprie e comuni alle comunita fami-liari, non ultimo per l’affidamento, la fiducia ele aspettative del sottoposto rispetto all’azionedi chi ha ed esercita su di lui l’autorita con mo-dalita, tipiche del rapporto familiare, caratteriz-zate da ampia discrezionalita ed informalita.»Sostiene ancora che, «se cosı non fosse, ognirelazione lavorativa caratterizzata da ridotte di-mensioni e dal diretto impegno del datore di la-voro dovrebbe, per cio solo, configurare unasorta di comunita (para)familiare, idonea ad im-porre la qualificazione, in termini di violazionedell’art. 572 cod. pen., di condotte che, pur dieguale contenuto ma poste in essere in un con-testo piu ampio, avrebbero solo rilevanza inambito civile (il c.d. mobbing in una realta la-vorativa), con evidente profilo di irragionevo-lezza del sistema.»Con riguardo al caso di specie, asserisce che «laposizione lavorativa della funzionaria comunale

e inquadrata all’interno di una dinamica relazio-nale complessa, la cui articolata disciplina e ret-ta dalle norme del pubblico impiego, che ne de-lineano le forme di esercizio dei diritti e l’a-dempimento dei reciproci doveri, senza lasciarespazio all’instaurarsi di quella stretta ed intensarelazione diretta tra il datore di lavoro ed il suodipendente, che appare in grado di determinareforme di soggezione di una parte nei confrontidell’altra, ovvero una consuetudine o comunan-za di vita assimilabile a quella caratterizzante ilconsorzio familiare.»Esclude che «il ruolo proprio del sindaco, ri-spetto alle attribuzioni del funzionario di un co-mune, sia assimilabile alla tipica posizione diun datore di lavoro, instaurandosi il rapporto la-vorativo di un dipendente comunale con il rela-tivo ente pubblico territoriale, e non certo con ilsindaco.»Ne desume «il manifestarsi di una realta conno-tata da una marginalizzazione dell’intensita deirapporti intersoggettivi, nel senso che non neviene esaltato quell’aspetto personalistico stret-tamente connesso alla dinamica relazionale‘‘supremazia-soggezione’’, individuabile frasoggetti che si trovano ad operare su piani di-versi.»B) Nella sentenza n. 24057, il delitto di maltrat-tamenti era stato addebitato a un datore di lavo-ro, per «avere tenuto alle proprie dipendenze la-vorative alcuni cittadini rumeni in condizioni diestremo degrado materiale, poiche ospitati inlocali fatiscenti, in pessime condizioni igieni-co-sanitarie, con somministrazione scarsa onulla di cibo e privazione del compenso», sulpresupposto «di rapporti lavorativi di naturac.d. ‘‘parafamiliare’’, caratterizzati da plurimiindici quali l’esistenza di relazioni abituali edintense tra datore e prestatore di lavoro, consue-tudini di vita tra i soggetti, soggezione degli uninei confronti dell’altro, fiducia riposta dal sog-getto passivo in quello attivo.»La Sez. VI condivide questa impostazione.Afferma che il reato di maltrattamenti di cui al-l’art. 572 cod. pen. sussiste nelle «situazioni incui il rapporto tra il datore di lavoro ed il dipen-dente assume natura cd. parafamiliare, poichecaratterizzato da relazioni intense ed abituali,da consuetudini di vita tra i soggetti, dalla sog-gezione di una parte nei confronti dell’altra,dalla fiducia riposta dal soggetto piu deboledel rapporto in quello che ricopre la posizionedi supremazia ovvero quando nell’ambito diun rapporto professionale o di lavoro, il sogget-to attivo si trovi un una posizione di suprema-zia, connotata dall’esercizio di un potere diretti-vo o disciplinare tale da rendere ipotizzabileuna condizione di soggezione, anche solo psi-cologica, del soggetto passivo, che appaia ri-conducibile ad un rapporto di natura parafami-liare.»Osserva che «trattasi di principi che trovanopiena applicazione nella fattispecie, in cui la vi-cinanza tra il datore di lavoro e i subordinati eratale da vedere questi ultimi vivere, nelle condi-

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zioni precarie anzidette, in un alloggio fornitodal primo ed in cui la dipendenza e la soggezio-ne dei secondi si manifestava al punto che eral’imputato a fornire il vitto (e sovente a non for-nire affatto) ai dipendenti, trattenendo addirittu-ra i loro documenti d’identita al fine di impedir-ne l’allontanamento.»Resta da chiedersi se in un simile contesto siaeffettivamente ravvisabile «il requisito della pa-rafamiliarita del rapporto di sovraordinazione,che si caratterizza per la sottoposizione di unapersona all’autorita di un’altra in un contestodi prossimita permanente, di abitudini di vita(anche lavorativa) proprie e comuni alle comu-nita familiari, non ultimo per l’affidamento, lafiducia e le aspettative del sottoposto rispettoall’azione di chi ha ed esercita su di lui l’auto-rita con modalita, tipiche del rapporto familiare,caratterizzate da ampia discrezionalita ed infor-malita.»

Omessa valutazionedi rischio prevedibileper infortuni pregressi

Cassazione penale sez. IV, 13 giugno 2014(u.p. 27 marzo 2014), n. 25213 - Pres. Brusco- Est. D’Isa - P.M. (Diff.) Cedrangolo - Ric.Rossato

Due sono gli insegnamenti impartiti da questasentenza relativa a un infortunio mortale avve-nuto in una fonderia a causa di «un’esplosionecon conseguente proiezione di ghisa liquida cheinvestiva due dipendenti di un’impresa appalta-trice adibiti all’uso di una lancia ad ossigenoper rompere i tappi di scoria di ghisa.»Il primo e che «la valutazione dei rischi e laelaborazione di apposito documento costitui-sce, senza dubbio alcuno, un passaggio fonda-mentale per la prevenzione degli infortuni e latutela della salute dei lavoratori, ma il rapportodi causalita tra omessa previsione del rischio einfortunio o il rapporto di causalita tra omessoinserimento del rischio nel documento di valu-tazione dei rischi e infortunio, deve essere ac-certato in concreto rapportando gli effetti in-dagati e accertati della omissione, all’eventoche si e concretizzato», e che, dunque, «nonpuo essere affermata una causalita di princi-pio.» (Circa la sussistenza dell’obbligo di va-lutare «tutti» i rischi a condizione che si trattidi rischi prevedibili v. Guariniello, Il T.U. Si-curezza sul Lavoro commentato con la giuri-sprudenza, VI edizione, Milano, 2014, 401ss.).Il secondo insegnamento e che un rischio ri-sulta prevedibile e, quindi, da valutare nel re-lativo documento, in un caso come quello dispecie in cui «la prassi storica dell’aziendaaveva gia visto questo tipo di operazione ene era gia stata valutata la elevata pericolosi-

ta», e, pertanto, in un caso in cui «la situazionepericolosa, che aveva cagionato l’infortunio,era da attribuire ad elementi prevedibili, inquanto si collocava in un contesto ben cono-sciuto ed evidente» e «si poteva ricavare dalleanalisi di comparto e dai dati storici riferiti adinfortuni pregressi.»Donde la conclusione che, «accertata in concre-to la prevedibilita del rischio, la mancata valu-tazione di esso nel relativo documento corretta-mente e stata considerata come concausa nellaproduzione dell’evento.» (Nel senso che «ilmonitoraggio degli infortuni, in specie quellideterminanti lesioni gravi, rappresenta una pre-messa ineludibile per l’adempimento degli ob-blighi prevenzionistici» v. Cass. 27 febbraio2013, Gussoni, in ISL, 2013, 4, 226).

Datore di lavoroe scelte generali di politicaaziendale

Cassazione penale sez. IV, 13 giugno 2014(u.p. 10 giugno 2014), n. 25222 - Pres. Brusco- Est. Serrao - P.M. (Parz.conf.) Iacoviello -Ric. Memoli

Ancora una sentenza sulle responsabilita deldatore di lavoro per carenze antinfortunistichericonducibili a scelte generali di politica azien-dale (sul punto v. Guariniello, Il T.U. Sicurezzasul Lavoro commentato con la giurisprudenza,VI edizione, Milano, 2014, 175 ss.).La Sez. IV osserva che «la piu moderna conce-zione della materia prevenzionistica, attuativadelle Direttive europee, attribuisce al datore dilavoro non solo l’obbligo di attuare le singolenorme cautelari ma anche quello di dotarsi diuna rete gestionale i cui requisiti sono rigida-mente predeterminati dal legislatore attraversol’imposizione, tra gli altri, dell’obbligo di ela-borazione del documento di valutazione dei ri-schi (ora artt. 28-29 D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81)e degli obblighi di informazione e formazionedei lavoratori (artt. 36-37 D.Lgs. 9 aprile2008 n. 81).»E sottolinea due principi: «il principio secondoil quale la ripartizione interna delle specifichecompetenze nell’ambito di un’impresa non eso-nera il titolare dall’osservanza degli obblighiderivanti dalla normativa prevenzionistica, ameno che tale esonero non risulti da delegaespressa, inequivoca, certa e purche l’evento le-sivo non sia determinato da difetti strutturaliaziendali ovvero non derivi causalmente dallaviolazione di compiti non delegabili»; «il prin-cipio secondo il quale le scelte generali di poli-tica aziendale, dalle quali possono derivare ca-renze strutturali, e l’organizzazione della sicu-rezza, di cui l’elaborazione del documento divalutazione dei rischi costituisce l’architrave,non sono delegabili.»

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Studio tecnico appaltatoredi prove di carico,noleggiante a caldodi mezzi e direttoredei lavori

Cassazione penale sez. IV, 16 giugno 2014(u.p. 11 febbraio 2014), n. 25815 - Pres. Zec-ca - Est. Marinelli - P.M. (Parz.conf.) Galli -Ric. Corona e altro

L’amministratore unico e direttore tecnico diuno studio incaricato di progettare, elaborareed eseguire le prove di carico su un viadotto eil direttore dei lavori nominato dall’ANAS inrelazione alle attivita di completamento di unastrada statale comprensive della prova di caricoda eseguirsi sul viadotto, furono condannati per«avere cagionato il decesso di un lavoratore,nonche lesioni personali gravi ad altri tre, chesi trovavano a bordo dei loro mezzi durante l’e-secuzione della prova e che venivano travolti inseguito al collasso delle strutture.»Nel confermare la condanna degli imputati, laSez. IV prende atto, in primo luogo, che «allostudio erano state dall’ANAS appaltate la pro-gettazione, esecuzione ed elaborazione delleprove di carico», e che «l’appaltatore avevaprovveduto a contattare varie imprese di auto-trasporti affinche gli procurassero gli automezzicon i relativi conducenti per il collaudo del via-dotto di cui e causa.»Ne desume che «lo studio, essendo impresa ap-paltatrice, nel momento in cui si apprestava adespletare l’opera che le era stata commissionata,aveva l’obbligo di adottare sul luogo di lavorotutte le misure di sicurezza imposte dalla leggea tutela dell’incolumita dei lavoratori, obbligoche incombe al datore di lavoro e su quanti sia-no preposti alla direzione tecnica dell’azienda eche non puo essere annullato da eventuali cen-sure nei confronti di altri soggetti.»Considera irrilevante che «l’amministratore del-lo studio non sia stato nominato coordinatore inmateria di sicurezza e di salute durante la realiz-zazione dell’opera», in quanto «a lui incombe-va, in virtu di uno specifico contratto di appalto,l’obbligo di predisporre non solo la progettazio-ne, ma anche l’organizzazione in fase esecutivadelle prove di carico» ed «egli aveva anche po-teri di coordinamento e di direzione nei con-fronti di tutti i soggetti coinvolti a vario titolonelle prove di carico.»Reputa, altresı, fuorviante «la doglianza secon-do cui, essendo stato stipulato ed eseguito uncontratto di ‘‘nolo a caldo’’ (essendo stati messia disposizione non solo gli automezzi, ma an-che gli autisti degli stessi), la responsabilitaper gli infortuni derivanti ai lavoratori destinatialla conduzione di un mezzo noleggiato ‘‘a cal-do competerebbe al datore di lavoro degli stes-si, e cioe al titolare dell’impresa locatrice (no-

leggiante), e non gia a colui che noleggia mac-chinario e operatore, il quale non ha l’onere dipredisporre il POS.»Rileva che «soltanto l’imputato era in grado divalutare le situazioni di potenziale pericolo incui potessero trovarsi, a causa delle concretemodalita che lui stesso aveva progettato e stavamettendo in pratica, i soggetti coinvolti nelleprove di carico», e che l’imputato «si era rivoltoa molte imprese per la fornitura di automezzi eautisti, ma a ciascuna di queste ben poteva di-fettare la visione di insieme del progetto e laconseguente complessiva valutazione dei rischiallo stesso inerente.»Aggiunge che «la prospettata censura a propo-sito della responsabilita nel caso di ‘‘nolo a cal-do’’ non e pertinente, non potendosi pretenderedi addossare esclusivamente al locatore la re-sponsabilita per infortuni occorsi al suo dipen-dente una volta che questi sia stato impiegatodal locatario con altra forza lavoro da lui diret-ta, in un’opera dal medesimo organizzata.»Constata che l’imputato «non aveva vietato chei conducenti degli automezzi si trattenessero abordo degli stessi sull’impalcato, mentre altrivi affluivano, con cio determinando una gravesituazione di pericolo per l’incolumita dellepersone che poi sono state travolte dal crollodell’impalcato.»Quanto al direttore dei lavori, la Sez. IV am-mette che costui «aveva affidato l’espletamentodelle prove di carico a un professionista esterno(l’amministratore dello studio)», ma chiarisceche egli «aveva mantenuto la sua qualifica didirettore dei lavori anche in relazione all’esple-tamento delle suddette prove.»Pone in rilievo che l’addebito mossogli fu quel-lo di «non avere vigilato affinche fosse adottataquella misura di elementare prudenza consi-stente nel curare, prima dell’ingresso sul punto,di ogni nuovo camion, che i conducenti di quel-li che l’avevano preceduto si fossero allontanatidal ponte.»Afferma che l’imputato, «proprio in considera-zione della posizione di garanzia da lui ricoper-ta quale direttore dei lavori, anche in funzionedella esecuzione delle prove di carico, dovevadirigere le maestranze durante le prove stessee provvedere ad allontanarle immediatamentedal viadotto, secondo la buona prassi ingegneri-stica e la normale prudenza, dopo il posiziona-mento degli autocarri», e, quindi, che «egliavrebbe dovuto essere costantemente presentedurante l’espletamento delle prove di carico,ne poteva limitarsi a fare affidamento sulla pre-senza dell’amministratore dello studio, essendoegli titolare di un’autonoma posizione di garan-zia.» (Circa la crescente attenzione della giuri-sprudenza alla posizione di garanzia del diretto-re dei lavori in tema di sicurezza del lavoro v.Guariniello, op. cit., 704 ss., cui aggiungi Cass.5 maggio 2014, Brioschi e altri, in ISL, 2014, 7363).

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Casi e Questioni

ISL risponde

I n una lavorazione a ciclo pressoche chiuso,si utilizza un prodotto sospetto canceroge-

no che nell’ambiente basico caratteristico di ta-le lavorazione origina un epossido classificatoinvece come cancerogeno di classe 1B secondoil CLP.La scheda di sicurezza del fornitore storico nonindividua tale problematica, che e stata riscon-trata effettuando ricerche per il miglioramentodel prodotto finito; in seguito sono stati svoltiapprofondimenti su prodotti analoghi di altrifabbricanti, individuando correttamente la pro-blematica.Da campionamenti effettuati a lavorazione ul-timata non vi e traccia dell’intermedio cancero-geno, ne sui residui di lavorazione, ne sul pro-dotto finito. Stante la situazione, oltre alla va-lutazione del rischio chimico gia presente, e co-munque necessario considerare in modo piuspecifico la presenza di tale cancerogeno nelprocesso di lavoro?

La presenza, anche potenziale, di un probabilecancerogeno in un processo di lavoro deve es-sere considerata appropriatamente secondo leprevisioni del Titolo IX Capo II del Testo Uni-co.Questo specifico percorso di documentazione evalutazione del rischio cancerogeno potra poianche concludersi, nella fattispecie, asserendol’assenza di esposizione in condizioni normaliper i lavoratori addetti alle operazioni, ma inogni caso non l’assenza in termini assoluti delrischio che puo essere dovuto, ad esempio, adeventi straordinari e/o emergenziali: sversamen-ti, guasti, esiti da reazioni anomale, incendi ecc.In sintesi, il percorso di valutazione del rischiocancerogeno richiede di:– appurare le proprieta pericolose del prodottoe le vie di esposizione pertinenti sia in funzionedelle caratteristiche chimico-fisiche che dellevariabili del processo produttivo (quali, adesempio, la temperatura di stoccaggio/processoo la formazione di nebbie da procedimenti dimiscelazione);– verificare la possibilita di prodotti sostitutivio di forme meno biodisponibili (un prodottopolverulento ad esempio originera un rischiodi entita inferiore se acquistato sotto forma disoluzione), o ancora di procedimenti di lavoroalternativi a quello in uso;– documentare le misure di prevenzione e pro-tezione adottate, con la priorita del contenimen-to alla fonte del rischio, e l’adozione di specificiDPI in funzione delle modalita espositive possi-bili nelle diverse fasi dell’attivita;

– agire verso l’ulteriore riduzione del rischioattraverso provvedimenti organizzativi (razio-nalizzazione delle modalita di lavoro e deiquantitativi; formazione degli operatori; ulterio-ri misure tecniche; procedure specifiche per lesituazioni incidentali ed emergenziali).La valutazione dovrebbe essere corredata damisurazioni dei livelli effettivi di esposizione,in tutte le fasi di lavoro o quantomeno in quel-le dove sia possibile ipotizzare un’esposizionenon accidentale al prodotto. Le misurazionidovranno essere sempre condotte nel rispettodei criteri dettati dalle norme tecniche UNIEN 689 (Atmosfera nell’ambiente di lavoro -Guida alla valutazione dell’esposizione perinalazione a composti chimici ai fini del con-fronto con i valori limite e strategia di misura-zione) e UNI EN 482 (Atmosfere nell’ambien-te di lavoro - Requisiti generali per la presta-zione di procedure per la misurazione di agentichimici), oltre che delle specifiche norme tec-niche applicabili per le metodiche di campio-namento e di analisi. Ove si possano ipotizzarerilasci che anche se non abituali possono rap-presentare una problematica di maggior rilie-vo, sara anche possibile installare un monito-raggio in continuo.L’individuazione degli esposti e un punto cen-trale della valutazione del rischio, volto a intro-durre misure di prevenzione secondaria quali lasorveglianza sanitaria e la registrazione delleesposizioni a cura del medico competente. Ilcriterio di individuazione dei lavoratori «espo-sti», «potenzialmente esposti» e «non esposti»viene fornito dal Coordinamento Tecnico nelleLinee Guida dedicate, ed e stato affiancato daulteriori parametri (quali ad esempio il criterioproposto dagli Igienisti industriali). E poi sem-pre opportuno considerare adeguatamente l’atti-vita di manutenzione, i cui operatori possonoessere esposti con modalita non sempre ben co-nosciute ne standardizzabili. Com’e noto, anchenel caso in cui la manutenzione fosse effettuatada imprese appaltatrici, a queste andrannoquantomeno fornite tutte le indicazioni specifi-che in proprio possesso rispetto alla tipologia diprodotto, alle proprieta chimico-fisiche che necaratterizzano il comportamento in ambiente ela biodisponibilita, alle informazioni disponibiliin merito agli specifici effetti e meccanismi tos-sicologici.

Giuseppina Paolantonio - Consulentee formatrice in sicurezza del lavoro

e del prodotto

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S ono il responsabile produzione di un indu-stria alimentare, all’interno della quale

abbiamo in utilizzo alcool per determinati pas-saggi sui prodotti. Anche facendo riferimento aiquesiti pubblicati in precedenza sui liquidi in-fiammabili, vorrei sapere come procedere rela-tivamente alle condizioni di stoccaggio dell’al-cool.

Per le soluzioni idroalcoliche di alcool etilico(oltre il 60% in concentrazione) esiste un decre-to, il D.M. 18 maggio 1995, in tema di preven-zione incendi, dedicato proprio a tali prepara-zioni.Solo nel caso in cui la soluzione alcolica siaunita a miscele di carburante si applichera ilD.M. 31 luglio 1934, gia richiamato in prece-denti quesiti.Il decreto divide in due grandi categorie i depo-siti di alcool: fino a 5 mc, e oltre i 5 mc.Nel primo caso (al chiuso o all’aperto) si devo-no rispettare le usuali cautele nella manipola-zione dei liquidi infiammabili (vale a dire ese-cuzione della valutazione del rischio di incen-dio ai sensi del D.M. 10 marzo 1998). Al chiu-so i depositi non andranno a sommare le lorovolumetrie se racchiusi in compartimenti REI120 o se a distanza di sicurezza.Se il deposito supera i 5 mc ed e al chiuso (conuna differenziazione aggiuntiva tra depositi finoa 1.000 mc, oppure oltre tale soglia e fino almassimo di 10.000 mc) vengono invece richiesti:

– bacino di contenimento (volume 1/3 del tota-le e comunque pari al serbatoio piu grande),– aerazione (anche meccanica),– accesso da spazio scoperto,– distanze di sicurezza ed interne da 5 a 7 me-tri,– idranti antincendio (e nel caso di depositi ol-tre 1.000 mc anche impianto di spegnimento adacqua).Se il deposito supera i 5 mc ed e all’aperto ven-gono richiesti bacini similari al caso di cui so-pra, distanze tra bacini e serbatoi (sulla basedel volume, con soglie a 5, 500 e 3.000 mc) va-riabili, cosı come con le stesse soglie distanzedi sicurezza interna ed esterna. Con lo stessocriterio si dimensioneranno gli impianti di pro-tezione attiva ad acqua (idranti e/o spegnimen-to) e a schiuma.Tra gli elementi pericolosi del deposito e laproiezione verticale di linee elettriche aeree de-vono essere osservate distanze non inferiori a:– 7 m, per tensioni superiori ad 1 kV e non su-periori a 30 kV;– al valore dato dalla formula L = 7 + 0,05 Uove L e espresso in metri (m) e la tensione Ue espressa in kV, per tensioni superiori a 30 kV.Le linee elettriche aeree a tensione inferiore ad1 kV devono osservare, dagli elementi pericolo-si del deposito, le distanze di protezione.

Antonio Cappa - Tecnico specialistain prevenzione incendi

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25 agosto - 31 dicembre 2014

Finanziamentiper la sicurezzaa cura di Bruno Pagamici - Studio Pagamici, Macerata

Dalle Regioni

EMILIA ROMAGNAScadenza:25 agosto 2014

Contributi per ridurre i rischi sul lavoro nel settoredell’acquacoltura

La Regione Emilia Romagna, nell’ambito della Misura 2.1.1 del FondoEuropeo Pesca (FEP) 2007-2013, mette a disposizione contributi a soste-gno di interventi diretti a migliorare le condizioni di lavoro e di sicurezzadei lavoratori del settore dell’acquacoltura.Le modalita da seguire per accedere al sostegno regionale sono state fis-sate con Determinazione dirigenziale 23 maggio 2014, n. 6964.Potranno presentare domanda le imprese del settore della pesca professio-nale e dell’acquacoltura, sia di micro, piccola e media dimensione, sia didimensione intermedia (che occupano meno di 750 persone o realizzanoun fatturato inferiore a 200 milioni di euro).Saranno considerati ammissibili al contributo regionale - pari al 40% dellespese ammissibili ovvero al 20% nel caso di imprese intermedie (che oc-cupano meno di 750 persone o il cui fatturato sia inferiore a 200 milioni dieuro) - gli interventi che hanno avuto inizio successivamente al 30 settem-bre 2009, gia realizzati, in fase di realizzazione oppure interamente da rea-lizzare. L’importo delle spese ammissibili non potra essere inferiore a18.000 euro ne superiore a 180.000 euro.Le domande dovranno essere presentate (a mezzo raccomandata A/R o amano) entro il 25 agosto 2014, indirizzate a: Regione Emilia-Romagna -Direzione Agricoltura, Economia Ittica, Attivita Faunistico-Venatorie -Servizio Sviluppo dell’Economia ittica e delle produzioni animali, vialedella Fiera n. 8, 40127 Bologna.(Determinazione 23 maggio 2014, n. 6964, BUR 26 maggio 2014, n. 154:approvazione bando regionale di attuazione della Misura 2.1.1 del FondoEuropeo per la Pesca (FEP) 2007-2013)

SARDEGNAScadenza:31 ottobre 2014

Agevolazioni a sostegno di interventi finalizzatia migliorare le condizioni di lavoro nelle impreseartigiane

Per assicurare ambienti di lavoro sicuri, le imprese artigiane della Sarde-gna potranno accedere - fino al 31 ottobre 2014, in seguito alla prorogadisposta dall’Amministrazione regionale - ai contributi concessi dallaLegge 25 luglio 1952, n. 949, le cui disposizioni operative sono state ap-provate dalla Giunta Regionale con Deliberazione n. 24/14 del 27 giugno2013.Il sostegno e riservato alle imprese artigiane, costituite anche in formacooperativa o consortile, iscritte negli albi di cui alla Legge n. 443/1985.Saranno escluse le imprese che svolgono attivita prevalente nei seguentisettori di cui alla classificazione ATECO 2007:– A (classi 01.50, 01.61 e 01.70 e divisione 03, ad eccezione delle «At-tivita dei servizi connessi alla pesca e alla piscicoltura»),

Nota:

3 Bruno Pagamici e Dottore commercialista, Revisore contabile e Pubblicista.

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– B (classi 05.10, 05.20, 07.10, 07.29, 08.92),– C (divisioni, gruppi, classi e sottoclassi: 10, 11, 12 19, 20.60, 24.10.00,29.10, 29.20, 29.32, 30.11.02, 33.15, con alcune eccezioni);– G (gruppi 46.2, 46.3, 47.1).Gli aiuti saranno riconosciuti, a fronte di finanziamenti contratti con Isti-tuti di credito, sotto forma di:1) contributi in conto interessi, pari al 64% del tasso di riferimento vigentealla data di stipula del finanziamento;2) contributi in conto capitale, pari al 10% delle spese ammissibili soste-nute.Le domande dovranno essere presentate, entro il 31 ottobre 2014, dallabanca che concede il finanziamento ovvero dalle associazioni di categoriaappositamente accreditate, utilizzando lo sportello telematico disponibilesul sito https://www.artigianonline.artigiancassa.it/agevolato/.L’originale cartaceo, stampato dalla procedura informatica, dovra esseretrasmesso alla Sede Regionale Artigiancassa di Cagliari entro 6 mesi dalladata di decorrenza del contributo.Il contributo in conto interessi decorrera dalla data di erogazione del finan-ziamento a condizione che a tale data la spesa sia stata sostenuta e l’inve-stimento sia stato destinato ai fini aziendali. Qualora la data della spesa e/odestinazione dell’investimento risultino posteriori a quella di erogazionedel finanziamento, il contributo decorrera dalla data piu recente tra le due.(Deliberazione della Giunta Regionale 27 giugno 2013, n. 24/14, BUR 25luglio 2013, n. 34, parte I e II: approvazione nuovi criteri attuativi; av-viso di proroga pubblicato sul sito www.regione.sardegna.it)

Dalle Camere di Commercio

BIELLAScadenza:31 dicembre 2014,salvo chiusuraanticipata peresaurimento fondi

Contributi per l’adozione del DVR

La CCIAA di Biella destina contributi alle imprese del settore del legnoche adottano il Documento di Valutazione Rischi (DVR). In dettaglio,l’intervento e rivolto alle imprese dei settori:1) industria del legno e dei prodotti in legno e sughero, esclusi i mobili -fabbricazione di articoli in paglia e materiali da intreccio (codice ATECO16 e sottocategorie);2) fabbricazione di mobili (codice ATECO 31 e sottocategorie).Ai fini dell’ammissibilita, le imprese dovranno essere in possesso dei se-guenti requisiti:– essere attive al momento della presentazione della domanda;– avere sede legale e/o unita locale nella provincia di Biella, regolarmentedenunciata all’Ufficio Registro delle Imprese della CCIAA di Biella - an-notata con la qualifica di «impresa artigiana»;– essere in regola con il pagamento del diritto camerale annuale.Saranno ammissibili a contributo - erogato sotto forma di voucher e di im-porto non superiore a 600 euro - le spese sostenute, tra il 1º gennaio e il 31dicembre 2014, per l’adozione del documento di valutazione del rischio aisensi del D.Lgs. 81/2008 (Protezione da agenti cancerogeni e mutageni -con particolare riferimento a polveri di legno duro cancerogene).Le domande di contributo dovranno essere presentate entro il 31 dicembre2014, salvo chiusura anticipata per esaurimento fondi, avvalendosi di unadelle seguenti modalita:– consegna a mano all’ufficio Promozione della Camera di Commercio diBiella, via Aldo Moro, 15 - 13900 Biella;– per posta, con raccomandata A/R (fara fede il timbro postale), a seguen-te indirizzo: Camera di Commercio di Biella, via Aldo Moro, 15 - 13900Biella;– tramite posta elettronica certificata (PEC) in formato PDF all’indirizzoPEC [email protected].(Regolamento per la concessione di voucher a favore delle imprese biel-lesi del settore del legno che adottano il documento di valutazione del ri-schio ai sensi del D.Lgs. n. 81/2008)

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FIRENZEScadenza:15 dicembre 2014,salvo chiusuraanticipata peresaurimento fondi

Contributi per interventi formativi in materiadi sicurezza

Dalla CCIAA di Firenze contributi a favore delle imprese del turismo edel commercio per l’adempimento degli obblighi previsti dal D.Lgs. n.81/2008 in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro.In particolare, saranno ritenute ammissibili le spese - di importo superiorea 200 euro e relative ad iniziative in corso o ancora da tenersi dalla datadel 7 maggio 2014 (data di emanazione dei bandi), sostenute per:� la partecipazione a corsi di formazione obbligatoria svolti a partire dal1º maggio 2013, previsti dal D.Lgs. n. 81/2008 in materia di sicurezza suiluoghi di lavoro, sia da parte dei titolari che dei dipendenti, in particolare:RSPP, artt. 36 e 37, primo soccorso, antincendio, e relativi aggiornamenti,organizzati da agenzie formative accreditate dalla Regione Toscana;� la redazione dei documenti di valutazione dei rischi (DVR) per le azien-de fino a 10 lavoratori, come previsto dalla normativa vigente in materia.Potranno beneficiare del sostegno camerale le PMI con sede legale e/ooperativa iscritta al Registro delle Imprese di Firenze, attive nei seguentisettori:– Turismo: codici ATECO 2007, 55 e 79 e sottoclassificazioni;– Commercio di beni all’ingrosso ed al dettaglio e/o di somministrazione.Saranno ammesse le imprese che, dal momento della presentazione delladomanda di contributo a quello della sua erogazione, siano in possesso deiseguenti requisiti:– essere in regola con il pagamento del diritto annuale;– non essere soggette alle procedure concorsuali di cui al R.D. n. 267/1942 e s.m. e non essere in fase di liquidazione;– essere in regola per quanto concerne gli adempimenti previdenziali edassistenziali.L’intervento camerale consiste in un contributo pari all’80% delle speseammissibili (oneri fiscali e previdenziali esclusi), con un massimo di500 euro per una unica voce di spesa, elevabile a 1.500 euro per due vocidi spesa.Le domande di contributo dovranno essere inviate entro il 15 dicembre2014, salvo esaurimento dei fondi stanziati, all’indirizzo di posta elettro-nica certificata [email protected] istanze saranno istruite rispettando l’ordine cronologico di invio.(Determinazioni 7 maggio 2014, nn. 270 e 271: disciplinari formazioneobbligatoria 2014 ed Expo 2015)

TERAMOScadenza:30 settembre 2014,salvo chiusuraanticipata peresaurimento fondi

Incentivi per l’adeguamento dei luoghi di lavoroalle norme di sicurezza

La CCIAA di Teramo concede aiuti a sostegno di investimenti finalizzatialla sicurezza nei luoghi di lavoro.Potranno accedere alle agevolazioni le micro, le piccole e medie imprese eloro consorzi che:– abbiano sede legale e/o operativa nella provincia di Teramo;– siano regolarmente iscritte al Registro delle Imprese della CCIAA diTeramo; siano in regola con il pagamento del diritto annuale dall’anno tri-buto 2009 (nel caso di irregolarita con il pagamento del diritto annuale,l’azienda potra procedere alla regolarizzazione entro il termine perentoriodi giorni 10 dalla data di comunicazione dell’Ente camerale pena esclusio-ne dal contributo);– siano in regola con gli obblighi contributivi e assicurativi dei dipenden-ti e nel pieno rispetto del CCNL del comparto;– non siano soggette o non abbiano in corso procedure di amministrazio-ne controllata, concordato preventivo, fallimento o liquidazione;– siano attive al momento della presentazione della richiesta di contributoed al momento della relativa erogazione;– rientrino nei limiti stabiliti dal regime de minimis.Il contributo camerale, in conto interessi, sara concesso a fronte di finan-ziamenti effettuati anche tramite organismi di garanzia fidi operanti inprovincia di Teramo, di durata non superiore ad 84 mesi, relativi ad inve-stimenti diretti all’adeguamento alle leggi sulla sicurezza sui luoghi di la-voro e sugli impianti elettrici.

435ISL - Igiene e Sicurezza del Lavoro n. 8-9/2014

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L’abbattimento del tasso di interesse e fissato nella misura di 3 punti deltasso di interesse relativo al finanziamento accordato dall’istituto di credi-to. Qualunque sia il maggior importo del finanziamento concesso, il con-tributo sara riconosciuto per un importo massimo di 50.000 euro.Le domande dovranno essere presentate entro il 30 settembre 2014, salvochiusura anticipata per esaurimento fondi, esclusivamente all’indirizzo diposta elettronica certificata [email protected].(Regolamento per l’assegnazione di contributi alle imprese della provin-cia di Teramo a sostegno di programmi di investimento, mediante abbat-timento degli interessi maturati sui finanziamenti bancari)

CODICI Codice di sicurezza del lavoroAndrea Rotella2013, V edizione, pagg. XIV-1862, E 20,00

Il Codice di sicurezza del lavoro raccoglie la normativa fondamenta-le in materia di igiene e sicurezza sul lavoro, alla luce del Testo uni-co sulla sicurezza del lavoro.Nella Parte I: testo completo e aggiornato del D.Lgs. n. 81/2008,con la corrispondente tabella delle sanzioni in fondo a ciascun ar-ticolo o comma, cosı da consentire un immediato confronto tra gliobblighi previsti dalla norma e le pene conseguenti.Nella Parte II: altra normativa di carattere generale tuttora vigente.Nella Parte III: normativa complementare di settore rimasta in vigo-re divisa per voci: Antincendio, Cassoni ad aria compressa, Forma-zione, Impianti, Lavoratrici madri, Lavori in sotterraneo, Macchine,Minori e adolescenti, Responsabilita amministrativa delle personegiuridiche, Scuole e Universita, Sicurezza generale, Stress lavoro-correlato.

Per informazioni� Servizio Informazioni Commerciali

(tel. 02.82476.794 - fax 02.82476.403)

� Agente Ipsoa di zona (www.shopwki.it/agenzie)

� www.ipsoa.it� Servizio Informazioni Commerciali Indicitalia

(tel. 06.20381238 - fax 06.20381545)

� Agente Indicitalia di zona (www.indicitalia.it/agenzie)

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Giugno 2014

Norme UNIGiugno 2014

13.100 - Sicurezza sul lavoro. Igiene industriale

EC 1-2014 UNI CENISO/TS 15011-6Errata corrige 1 del 12/06/

2014 alla UNI CEN ISO/

TS 15011-6:2012

Salute e sicurezza nella saldatura e nelle tecniche affini - Metodo di laboratorio per ilcampionamento dei fumi e dei gas - Parte 6: Procedura per la determinazione quan-titativa dei fumi e dei gas generati dalla saldatura a resistenza a punti

13.220.10 - Lotta contro l’incendio

UNI EN 1866-2 Estintori d’incendio carrellati - Parte 2: Requisiti per la fabbricazione, resistenza apressione e prove meccaniche per estintori, con una pressione massima ammissibileuguale o minore di 30 bar, che sono conformi ai requisiti espressi nella EN 1866-1

13.220.40 - Infiammabilita e comportamento al fuoco di materiali e prodotti

UNI EN 12881-1 Nastri trasportatori - Prove di simulazione d’infiammabilita - Parte 1: Prove con bru-ciatore a propano

13.300 - Protezione contro le sostanze pericolose

UNI EN 16522 Cisterne per il trasporto di merci pericolose - Equipaggiamenti di servizio per cister-ne - Arresto di fiamma per dispositivi di sfiato

17.140.20 - Rumore emesso da macchine ed apparecchiature

UNI EN 12102 Condizionatori d’aria, refrigeratori di liquido, pompe di calore e deumidificatori concompressori elettrici, per il riscaldamento e il raffrescamento di ambienti - Misura-zione del rumore aereo - Determinazione del livello di potenza sonora

23.020.20 - Recipienti e container montati su veicoli

UNI EN 15208 Cisterne per il trasporto di merci pericolose - Sistemi di distribuzione sigillati - Prin-cipi per il funzionamento e specificazione delle interfacce

UNI EN 16522 Cisterne per il trasporto di merci pericolose - Equipaggiamenti di servizio per cister-ne - Arresto di fiamma per dispositivi di sfiato

23.020.30 - Recipienti a pressione, bombole per gas

EC 1-2014 UNI ENISO 3807Errata corrige 1 del 05/06/

2014 alla UNI EN ISO

3807:2013

Bombole per gas - Bombole per acetilene - Requisiti di base e prove di tipo

EC 1-2014 UNI ENISO 7866Errata corrige 1 del 26/06/

2014 alla UNI EN ISO

7866:2012

Bombole per gas - Bombole per gas ricaricabili di lega di alluminio senza saldatura -Progettazione, costruzione e prove

UNI EN 13445-4 Recipienti a pressione non esposti a fiamma - Parte 4: Costruzione

UNI EN 14893 Attrezzature e accessori per GPL - Fusti a pressione trasportabili per GPL di acciaiosaldato, con capacita comprese tra 150 l e 1 000 l

23.060.40 - Regolatori di pressione

UNI 10619-1 Sistemi di controllo della pressione e/o impianti di misurazione del gas naturale fun-zionanti con pressione a monte massima di 12 bar per utilizzo industriale e civile -Parte 1: Progettazione, costruzione e collaudo - Generalita

UNI 10619-2 Sistemi di controllo della pressione e/o impianti di misurazione del gas naturale fun-zionanti con pressione a monte massima di 12 bar per utilizzo industriale e civile -Parte 2: Progettazione, costruzione e collaudo - Sistemi di controllo del gas

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UNI 10619-3 Sistemi di controllo della pressione e/o impianti di misurazione del gas naturale fun-zionanti con pressione a monte massima di 12 bar per utilizzo industriale e civile -Parte 3: Progettazione, costruzione e collaudo - Impianti di misurazione del gas

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