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COME SEPARARSI O DIVORZIARE SENZA ENTRARE IN TRIBUNALE, TRA ACCORDI NEGOZIATI E ACCORDI AUTOGESTITI Michele Angelo Lupoi Associato dell’Università di Bologna Avvocato in Bologna [email protected] SOMMARIO: 1. Introduzione. 2. La negoziazione assistita matrimoniale e il relativo invito. 3. La risposta della controparte e la convenzione di negoziazione matrimoniale. 4. L’accordo. – 5. Il controllo del pubblico ministero. 6. (Segue): Il controllo sugli accordi in presenza di “figli a carico”. - 7. (Segue): Il ruolo del Presidente del Tribunale. 8. - La comunicazione all’ufficiale dello stato civile. – 9. Separazione e divorzio avanti all’ufficiale dello stato civile. – 9. Il divorzio breve: aspetti procedurali. 1. Ci sono 50 modi per lasciare il proprio innamorato, cantava Paul Simon. All’epoca, peraltro, non esistevano ancora sms e twitter, altrimenti di modi l’artista ne avrebbe trovato anche qualcuno in più. Più modestamente, dopo l’ultima stagione di riforme del diritto di famiglia italiano, ci sono due nuovi modi per separarsi o divorziarsi, ovvero la negoziazione assistita matrimoniale e la dichiarazione avanti all’ufficiale di stato civile, introdotte dal d. l. n. 132 del 12 settembre 2014, n. 132, convertito in legge n. 164 del 2012, sulla degiurisdizionalizzazione ( 1 ). La dottrina è stata molto rapida nel battezzare queste nuove modalità per formalizzare la rottura dell’unione coniugale come separazione e divorzio “facili”. Tali nuovi istituti hanno drasticamente ridefinito il rapporto tra parti private ed autorità giudiziaria nella regolamentazione delle conseguenze delle crisi coniugale, con il prepotente affermarsi della volontà negoziale (seppur soggetta a forme più o meno blande di controllo o supervisione pubblica) sulla funzione giurisdizionale cui, in precedenza, in questo contesto, era tradizionalmente attribuita natura costitutiva- necessaria ( 2 ). 1 ) Su queste tematiche, di recente, LOMBARDI, Separazione consensuale e divorzio congiunto senza l’intervento del giudice, in Quest. dir. fam., pubblicato dal 9-10-2014. 2 ) V. anche Masoni, Negoziazione assistita in ambito familiare e problemi procedurali connessi, in Dir. fam., 2015, I, p. 1393.

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COME SEPARARSI O DIVORZIARE SENZA ENTRARE IN TRIBUNALE,

TRA ACCORDI NEGOZIATI E ACCORDI AUTOGESTITI

Michele Angelo Lupoi

Associato dell’Università di Bologna

Avvocato in Bologna

[email protected]

SOMMARIO: 1. Introduzione. – 2. La negoziazione assistita matrimoniale e il relativo invito. – 3. La

risposta della controparte e la convenzione di negoziazione matrimoniale. – 4. L’accordo. – 5. Il controllo

del pubblico ministero. – 6. (Segue): Il controllo sugli accordi in presenza di “figli a carico”. - 7. (Segue):

Il ruolo del Presidente del Tribunale. – 8. - La comunicazione all’ufficiale dello stato civile. – 9.

Separazione e divorzio avanti all’ufficiale dello stato civile. – 9. Il divorzio breve: aspetti procedurali.

1. – Ci sono 50 modi per lasciare il proprio innamorato, cantava Paul Simon. All’epoca,

peraltro, non esistevano ancora sms e twitter, altrimenti di modi l’artista ne avrebbe

trovato anche qualcuno in più. Più modestamente, dopo l’ultima stagione di riforme del

diritto di famiglia italiano, ci sono due nuovi modi per separarsi o divorziarsi, ovvero la

negoziazione assistita matrimoniale e la dichiarazione avanti all’ufficiale di stato civile,

introdotte dal d. l. n. 132 del 12 settembre 2014, n. 132, convertito in legge n. 164 del

2012, sulla degiurisdizionalizzazione (1). La dottrina è stata molto rapida nel battezzare

queste nuove modalità per formalizzare la rottura dell’unione coniugale come

separazione e divorzio “facili”.

Tali nuovi istituti hanno drasticamente ridefinito il rapporto tra parti private ed autorità

giudiziaria nella regolamentazione delle conseguenze delle crisi coniugale, con il

prepotente affermarsi della volontà negoziale (seppur soggetta a forme più o meno

blande di controllo o supervisione pubblica) sulla funzione giurisdizionale cui, in

precedenza, in questo contesto, era tradizionalmente attribuita natura costitutiva-

necessaria (2).

1

�) Su queste tematiche, di recente, LOMBARDI, Separazione consensuale e divorzio

congiunto senza l’intervento del giudice, in Quest. dir. fam., pubblicato dal 9-10-2014. 2

�) V. anche Masoni, Negoziazione assistita in ambito familiare e problemi procedurali

connessi, in Dir. fam., 2015, I, p. 1393.

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E così oggi, non solo si può ottenere lo stato civile “libero” in tempi più rapidi: ma per

farlo non occorre neppure più varcare le porte del Tribunale (3).

Il termine degiurisdizionalizzazione sta proprio ad indicare uno spostamento di

“competenze” dall’autorità giudiziaria a favore di altri operatori professionali o

istituzionali, cui sono trasferite prerogative sino ad ora nel monopolio, appunto, del

giudice.

L’aspettativa del legislatore è di riuscire, tramite tale “delega”, a ridurre il carico di

lavoro dei Tribunali, che potranno così dedicarsi allo smaltimento del corposo arretrato.

Va peraltro osservato che il carico collegato a queste tipologie di cause (in cui

l’intervento giudiziale è sovente routinario) non sembra la causa principale della

congestione dei nostri tribunali (4).

La rilevanza che il legislatore attribuisce alla negoziazione assistita come strumento di

degiurisdizionalizzazione (e dunque di riduzione del carico di lavoro dei giudici) è

comunque evidenziata dal comma 7° dell’art. 2, che qualifica come vero e proprio

dovere deontologico per l’avvocato informare il cliente, all’atto del conferimento

dell’incarico, della possibilità di ricorrere alla convenzione di negoziazione assistita.

Anche nel contesto della soluzione delle controversie matrimoniali, dunque, l’avvocato

è chiamato a rappresentare al proprio assistito, come alternativa al tradizionale iter

giudiziale, la possibilità di percorrere la strada della negoziazione assistita.

La conseguenza della mancata informativa al cliente è dotata di maggiore efficacia

deterrente rispetto alla mera annullabilità del contratto di prestazione d’opera

professionale prevista dall’art. 4, comma 3, d. legisl. n. 28 del 2010.

3

�) Su questi profili della recente riforma v. CRESCENZI, La degiurisdizionalizzazione nei

procedimenti di famiglia, in Quest. giust., consultato il 15-1-2015, p. 1 ss., che evidenzia, p. 5,

come, con il decreto legge n. 132 del 2014, due concezioni radicalmente diverse e difficilmente

compatibili della separazione e del divorzio convivano oggi nel nostro ordinamento; POLISENO,

La convenzione di negoziazione assistita per le soluzioni consensuali di separazione e divorzio,

in Foro it., 2015, V, c. 34. 4

�) V. pure POLISENO, La convenzione di negoziazione assistita per le soluzioni

consensuali di separazione e divorzio, in Foro it., 2015, V, c. 38, che osserva che, alla riduzione

dell’impegno del Tribunale corrisponderà un aumento di lavoro per l’ufficio del p. m.

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La responsabilità disciplinare si configura senz’altro rispetto all’avvocato che, senza

neppure rappresentare l’opzione della negoziazione assistita al suo cliente, proceda al

deposito di un ricorso giudiziale. Una responsabilità professionale, però, alla luce del

tenore e della ratio della norma in esame, potrebbe anche configurarsi per il difensore

che trascuri l’alternativa offerta dall’art. 6 e depositi un ricorso consensuale o

congiunto: anche in questo caso, infatti, il difensore non avrebbe correttamente svolto il

suo ruolo di protagonista della degiurisdizionalizzazione. Non può neppure escludersi

una responsabilità contrattuale per l’avvocato che, non rappresentando al cliente la

possibilità di utilizzare il nuovo istituto, causi un danno derivante dalla tempistica più

lunga del procedimento giudiziale rispetto a quello “negoziato” (ad esempio, per

l’ipotesi in cui, presentato un ricorso congiunto di divorzio, uno dei coniugi deceda

prima della pubblicazione della sentenza).

Dal punto di vista dell’utente del “servizio” giustizia, le novità introdotte in questo

ambito appaiono, nel complesso, da salutare con favore. I costi, probabilmente, non

sono destinati ad abbassarsi, in caso di negoziazione assistita: anzi, è realistico che un

avvocato richieda compensi anche più elevati rispetto ad una separazione consensuale o

a un divorzio congiunto avanti al giudice, considerato il maggiore impegni e le più

ampie responsabilità che la legge pone a suo carico, come protagonista della

degiurisdizionalizzazione.

Nella separazione e nel divorzio “fai da te”, avanti all’ufficiale di stato civile, d’altro

canto, i costi per le parti che non si facciano assistere da un avvocato si azzerano.

Aumentano però i rischi che, senza un’adeguata consulenza legale, i coniugi

addivengano ad accordi poco equi, rispetto al quale l’ufficiale di stato civile non potrà

fornire alcun controllo di merito.

Nella negoziazione assistita matrimoniale, la degiurisdizionalizzazione coinvolge la

classe forense, cui viene attribuito il ruolo di guidare i coniugi attraverso una trattativa,

appunto, assistita dai consulenti legali, facilitando il raggiungimento di un accordo. In

questo contesto, il ruolo dell’avvocato trascende quello sin qui svolto di patrocinatore e

difensore della parte. Nel nuovo scenario, infatti, all’avvocato sono attribuiti inediti

poteri di certificazione, per dare certezza in merito alla riferibilità degli atti della

negoziazione assistita ai coniugi che li sottoscrivono, rendendo così superfluo un

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controllo giurisdizionale al riguardo: salva l’ipotesi di diniego dell’autorizzazione

all’accordo da parte del p. m., infatti, i coniugi, oggi, possono separarsi e divorziarsi

senza mai arrivare al cospetto di un giudice. Inoltre, e più nella sostanza, gli avvocati

sono i primi garanti della legalità degli accordi sottoscritti dai loro assistiti, di cui

devono certificare la conformità all’ordine pubblico e alle norme imperative.

Nella separazione e nel divorzio avanti all’ufficiale di stato civile, per contro, la

degiurisdizionalizzazione assume le connotazione di una vera e propria

“privatizzazione” dell’accordo tra i coniugi, che, anche senza l’assistenza di un

avvocato, possono manifestare la loro volontà di separarsi o divorziarsi avanti

all’ufficiale di stato civile (in persona del sindaco), il quale è chiamato a un controllo

meramente formale.

2. – Della c.d. negoziazione assistita matrimoniale si occupa l’art. 6 del decreto legge n.

132 del 2014, che la configura come un tipo particolare di negoziazione assistita,

disciplinata dai precedenti artt. 2-5.

Del modello “generale” di negoziazione assistita, quella matrimoniale condivide la

struttura di base (ovvero il procedimento formalizzato per dare inizio, condurre e

auspicabilmente condurre in porto la trattativa). Da esso però si differenzia sotto almeno

due rilevanti profili: in primo luogo, mentre la negoziazione assistita “generale” può

riguardare solo controversie su diritti disponibili, quella in ambito matrimoniale

riguarda (anche) situazioni e stati personali connotati dalla indisponibilità, con una forte

spinta verso la liberalizzazione del diritto di famiglia (5); da questo punto di vista, la

disciplina della negoziazione assistita matrimoniale presuppone l’applicazione delle

norme sulla negoziazione assistita “generale”, in quanto compatibili (6). Inoltre, proprio

in conseguenza della rilevanza “pubblica” delle situazioni su cui l’accordo negoziato è

destinato a incidere, l’accordo stesso non è immediatamente efficace (come invece

5

�) V. anche BORGHESI, La delocalizzazione del contenzioso civile: sulla giustizia

sventola bandiera bianca?, in www.judicium.it, p. 19. 6

�) V. pure POLISENO, La convenzione di negoziazione assistita per le soluzioni

consensuali di separazione e divorzio, in Foro it., 2015, V, c. 35.

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quello “generale”), ma è condizionato sospensivamente a un controllo di forma e merito

da parte del p. m., cui è attribuito un ruolo amministrativo di verifica “esterna”.

Sulla falsariga della negoziazione assistita generale, anche in questo ambito il

procedimento inizia su iniziativa di una parte (7) la quale invia all’altra un invito a

stipulare una convenzione di negoziazione assistita, ossia, secondo la definizione

dell’art. 2, un accordo mediante il quale le parti convengono di cooperare in buona fede

e con lealtà per risolvere in via amichevole la controversia, tramite l'assistenza di

avvocati iscritti all'albo.

In effetti, questo tipo di negoziazione assistita richiede per legge che ogni parte sia

assistita da un difensore diverso: tale soluzione, evidentemente rivolta ad evitare

possibili conflitti di interessi, è stata criticata (8), anche perché rischia di rendere questa

modalità di definizione della crisi coniugale meno concorrenziale rispetto ai

procedimenti avanti al giudice, in cui si ammette che un unico avvocato riceva il

mandato da entrambi i coniugi. Tale “imposizione”, peraltro, può essere giustificata dal

fatto che il p. m. esercita solo un controllo “indiretto” sull’accordo, senza alcun contatto

con le parti e che dunque il vero garante della tutela dei diritti di ciascun coniuge è

proprio l’avvocato (9). In ultima analisi, la previsione normativa potrebbe rappresentare

una forma di “garanzia” per lo stesso difensore.

Seguendo la disciplina generale (art. 4, comma 2), l’invito è formulato dall’avvocato ma

sottoscritto personalmente dalla parte, la cui firma viene autenticata dal difensore stesso.

Tale invito, di norma, sarà formulato prima dell’inizio di un procedimento in Tribunale,

costituendo la negoziazione assistita matrimoniale una alternativa alla via

7

�) Legittimati ad utilizzare lo strumento in esame sono esclusivamente i coniugi.

TOMMASEO, La tutela dell’interesse dei minori dalla riforma della filiazione alla negoziazione

assistita delle crisi coniugali, in Fam. dir., 2015, p. 163, peraltro, non esclude che la

negoziazione tra i coniugi possa coinvolgere anche i figli maggiorenni ma non autosufficienti,

chiamati ad intervenire nella stessa. 8

�) Su cui critico DANOVI, I nuovi modelli di separazione e divorzio: una intricata

pluralità di protagonisti, in Fam. dir., 2015, p. 1147 s. 9

�) V. anche le osservazioni di G. FINOCCHIARO, Il numero dei legali diventa un rebus, in

Guida dir., 2014, fasc. 49-50, p. 62, per cui l’imposizione di almeno un avvocato per parte pare

salvaguardare maggiormente i principi del contraddittorio e della difesa.

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giurisdizionale. Essa, peraltro, potrà essere utilizzata anche in pendenza di un

procedimento giudiziario, per accelerare i tempi della definizione concordata di un

conflitto nato come contenzioso, ovvero quando la comparizione delle parti avanti al

Presidente o al collegio del Tribunale sia stata fissata a distanza di molti mesi, come

invero accade nei Tribunali più affollati. In questi casi, ovviamente, il procedimento

pendente sarà abbandonato ovvero chiuso con una declaratoria di cessazione della

materia del contendere.

L’invito, sul piano contenutistico, deve specificare l’oggetto della controversia ovvero

la definizione di un accordo di separazione, divorzio (nel solo caso previsto dall'art. 3,

comma 1°, n. 2), lett. b) della legge n. 898 del 1 dicembre 1970) o di modifica delle

condizioni di una separazione o un divorzio già pronunciati.

La negoziazione assistita matrimoniale si può utilizzare sostanzialmente in ogni ipotesi:

in sede di conversione del decreto legge n. 132, in particolare, si è esteso l’ambito

applicativo del nuovo istituto alle situazioni in cui siano presenti figli minori, figli

maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave ovvero economicamente non

autosufficienti.

L’unica ipotesi che realisticamente sfugge alla degiurisdizionalizzazione è quella in cui

i coniugi concordano la liquidazione una tantum dell’assegno divorzile, dal momento

che la legge richiede che tale liquidazione sia ritenuta equa dal Tribunale. Al riguardo,

si potrebbe affermare che tale vaglio, nel contesto qui in esame, possa essere sostituito

da quello effettuato dal p. m., ma tale soluzione appare invero poco opportuna,

considerato che il pubblico ministero non si spinge a valutare la congruità delle

statuizioni economiche pattuiti tra i due (ex) coniugi.

Nell’invito, inoltre, il proponente deve avvertire la controparte che il suo eventuale

rifiuto di stipulare la convenzione o la sua mancata risposta entro trenta giorni dalla

ricezione dell’invito stesso potranno essere valutati ai fini delle spese del giudizio,

anche ai sensi dell’art. 96 c. p. c.

Le conseguenze subite dalla parte “recalcitrante” all’apertura di una negoziazione sono

simili ma non identiche a quelle previste dall’art. 13 del d. legisl. n. 150 del 2010 in

materia di mediazione obbligatoria. Nel contesto in esame, peraltro, non si prevede

neppure che la parte che rifiuta l’invito possa addurre un “giustificato motivo” per il suo

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atteggiamento di “chiusura” al dialogo, sebbene si possano senz’altro prospettare casi in

cui tale “chiusura” sia giustificabile (come in caso di separazione causata dai

comportamenti violenti o abusanti del coniuge che invia la proposta). D’altro canto,

l’art. 4, nell’utilizzare il verbo “potere” indica chiaramente che non vi è alcun

automatismo tra rifiuto dell’invito e provvedimento sulle spese, dovendo comunque il

giudice valutare tutte le circostanze della fattispecie ed in particolare applicare la regola

generale per cui la condanna alle spese presuppone la soccombenza della parte.

3. – La controparte può accettare l’invito a stipulare la convenzione di negoziazione

assistita matrimoniale ovvero respingerlo, espressamente o tacitamente (non dando

riscontro al proponente entro il termine all’uopo indicato): in queste ipotesi, essa potrà

ricevere un trattamento deteriore sul piano della liquidazione delle spese della futura

(eventuale) lite (v. paragrafo precedente).

Di norma, l’accettazione avrà forma scritta, inviata a mezzo posta o p.e.c.

In genere, inoltre (salve, ad esempio, ipotesi come quella in cui l’invito sia tanto

dettagliato da costituire esso stesso, in caso di accettazione, la convenzione), a seguito

dell’accettazione le parti dovranno stipulare la convenzione di negoziazione assistita:

ovvero l’accordo per impegnarsi a trattare…

La convenzione dovrà disciplinare la struttura e i vari passaggi della futura trattativa (ad

esempio, indicando un numero minimo di incontri e il relativo oggetto). Essa inoltre

dovrà specificare (art. 2, comma 2) il termine concordato per l'espletamento della

procedura, in ogni caso non inferiore a un mese e non superiore a tre, prorogabile però

di ulteriori trenta giorni su accordo tra le parti. Il requisito che la convenzione sia

conclusa per un periodo di tempo determinato dalle parti è ribadito dal comma 3

dell’art. 2.

Qualora tale termine massimo decorra senza che sia (ancora) stato trovato un accordo, i

coniugi che vogliano continuare a percorrere la strada della negoziazione potranno

eventualmente stipulare una nuova convenzione (o confermare con espressa

dichiarazione quella inizialmente stipulata). D’altro canto, non pare che un accordo

raggiunto “fuori tempo massimo” senza tale rinnovazione o conferma possa ritenersi

inficiato di nullità. Il termine massimo previsto dalla legge, infatti, è finalizzato ad

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evitare che una parte possa trovarsi vincolata a negoziare sine die, con una intollerabile

compressione del suo diritto di azione. Nulla esclude però che le parti, nella loro

autonomia negoziale, coltivino la negoziazione anche oltre il decorso del termine in

questione, per cogliere i frutti tardivi dell’attività comunque utilmente svolta.

La convenzione deve a sua volta essere sottoscritta dalle parti personalmente, con

certificazione di autenticità da parte dei rispettivi avvocati (art. 2, comma 6). La norma

precisa che tale certificazione avviene sotto la responsabilità professionale dei legali

coinvolti: specificazione di cui probabilmente non vi sarebbe stato bisogno (e che

comunque non esclude altre forme di responsabilità), ma che serve a sottolineare la

delicatezza del compito assegnato al difensore dal legislatore.

La convenzione può essere stipulata ovunque sul territorio italiano (fuori dai confini

nazionali, in effetti, l’avvocato non potrebbe esercitare i poteri di “certificazioni”

attribuitigli dalla legge) e la negoziazione assistita può svolgersi in qualsiasi luogo (10) e

anche a distanza.

Ai fini della sua ratifica, peraltro, l’accordo deve riguardare coniugi di cui almeno uno

domiciliato o residente in Italia nel momento della conclusione dell’accordo: dopo la

firma delle parti, infatti, l’accordo deve essere trasmesso al p. m. del Tribunale

“competente” e ciò implica un collegamento territoriale tra l’Italia e almeno una delle

parti interessate.

Della competenza territoriale, d’altronde, l’art. 6 si occupa solo in maniera indiretta e

non molto meditata: il suo comma 2°, infatti, si limita a stabilire che l’accordo concluso

tra i coniugi sia trasmesso al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale

competente, senza però fornire elementi per individuarlo.

La Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano, nella modulistica

predisposta a seguito dell’introduzione del nuovo istituto, indica, per le separazioni, alla

voce “competenza territoriale”, quella della Procura del luogo in cui i coniugi hanno

avuto l’ultima comune residenza. Si fa riferimento, in altre parole, al criterio di

collegamento previsto dall’art. 706 c. p. c. per le separazioni giudiziali.

10

�) V. pure TOMMASEO, La tutela dell’interesse dei minori, cit., p. 163.

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A parere di chi scrive, però, quelli che vengono qui in rilievo non sono i criteri previsti

per i procedimenti contenziosi quanto quelli dei riti basati sul consenso dei coniugi,

ovvero, ai sensi dell’art. 4, comma 1, l. divorzio (applicabile per analogia anche alla

separazione), il luogo di residenza o domicilio di uno dei due coniugi (11). L’accordo,

dunque, dovrà essere accompagnato dai certificati di residenza delle parti o da una loro

dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà al riguardo.

Per le ipotesi di accordo per la modifica di condizioni di separazione o divorzio,

applicando le norme relative ai procedimenti giudiziali di modifica ex art. 710 c. p. c. e

9 l. div., la competenza spetta al Tribunale del luogo di residenza di una delle due parti

nonché a quello del luogo in cui l’obbligazione è sorta o deve essere adempiuta. Le parti

possono dunque effettuare una sorta di forum shopping (12): è, dunque, opportuno che

esse nell’accordo precisino il Tribunale di riferimento ed eventualmente giustifichino

tale scelta, fornendo le certificazioni o i documenti comprovanti la situazione di fatto

rilevante a tal fine.

Vale la pena ricordare che, in materia di contenzioso familiare, compreso quello

“consensuale”, la competenza territoriale ha sempre natura inderogabile: anche in

questo contesto, dunque, permane tale inderogabilità, su cui dovrà vigilare il p. m. in

sede di “controllo” sull’accordo. Ove i criteri di collegamento utilizzabili in sede

giudiziale non risultino applicati, tale “controllo” non potrà avere esito positivo (v.

infra).

Stipulando la convenzione di negoziazione assistita, le parti si obbligano ad impegnarsi

in una trattativa con la controparte, secondo buona fede. Tale trattativa, in mancanza di

11

�) Alla medesima conclusione giunge, per il solo divorzio, anche la Procura della

Repubblica presso il Tribunale di Milano. Così anche TOMMASEO, La tutela dell’interesse dei

minori, cit., p. 163. V. anche Ronco, Negoziazione assistita ed accordi tra coniugi: il ruolo del p.

m. e del presidente del Tribunale, in Giur. it., 2015, p. 1402. 12

�) L’alternativa, da costruire però in deroga alla normativa applicabile in sede giudiziale,

potrebbe essere quella di limitare la “scelta” del foro competente a quello della residenza dell’uno

o dell’altro coniuge. A favore dell’individuazione di un solo ufficio competente vanno le

indicazioni della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano per cui, in caso di

modifica, sussisterebbe la competenza territoriale della Procura del luogo di residenza del

beneficiario dell’obbligazione. Si tratta, peraltro, di un criterio abbastanza arbitrario e che,

comunque, viene messo fuori gioco qualora la modifica non riguardi un’obbligazione in quanto

tale oppure quando la modifica riguardi l’elisione di un obbligo.

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una figura terza ed imparziale come nella mediazione, si svolge direttamente tra le parti

stesse del conflitto e i rispettivi legali.

Ai sensi dell’art. 9, commi 2 e 3, avvocati e parti, nel corso della negoziazione, hanno

l’obbligo di comportarsi con lealtà e di tenere riservate le informazioni ricevute. Le

dichiarazioni rese e le informazioni acquisite nel corso del procedimento non possono

essere utilizzate nel giudizio avente in tutto o in parte il medesimo oggetto. Inoltre, i

difensori delle parti e coloro che partecipano al procedimento non possono essere tenuti

a deporre sul contenuto delle dichiarazioni rese e delle informazioni acquisite (13). Ai

sensi dell’art. 9, comma 4 bis, poi, la violazione delle prescrizioni di cui al comma 1 e

degli obblighi di lealtà e riservatezza di cui al comma 2 costituisce per l'avvocato

illecito disciplinare.

Nulla esclude, peraltro, che, nella convenzione o nel corso della negoziazione, le parti

possano darsi il reciproco consenso alla produzione, nell’eventuale futuro giudizio, di

documenti scambiati nel corso della negoziazione stessa (ad esempio, le rispettive

dichiarazioni dei redditi).

4. – Il procedimento di negoziazione assistita può fallire o approdare ad un accordo.

Non essendo la negoziazione prevista come condizione di procedibilità nel contesto che

ci riguarda, non assume particolare rilevanza la previsione del comma 3° dell’art. 4, alla

cui stregua gli avvocati hanno il compito di certificare la dichiarazione di mancato

accordo delle parti: tale formalità, nel contenzioso matrimoniale, sarebbe fine a se

stessa.

Ove, invece, si raggiunga un accordo, esso dovrà avere forma scritta ed essere

sottoscritto personalmente dalle parti, le cui firme sono poi “autenticate” dai rispettivi

avvocati.

I legali delle parti, inoltre, ai sensi dell’art. 5, comma 3°, hanno il compito di certificare

la conformità dell'accordo alle norme imperative e all'ordine pubblico, ciò che fa

13

�) Ai sensi del comma 4° dell’art. 9, inoltre, a tutti coloro che partecipano al

procedimento si applicano le disposizioni dell'articolo 200 c.p.p. e si estendono le garanzie

previste per il difensore dalle disposizioni dell'articolo 103 c.p.p. in quanto applicabili.

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assumere al ruolo dell’avvocato connotazioni pubblicistiche (14), da cui derivano

responsabilità di un certo rilievo. I professionisti, in particolare, sono chiamati a

verificare che l’accordo sia idoneo a superare il controllo del p. m., profilandosi, in caso

contrario, una responsabilità professionale che potrebbe avere conseguenze sul contratto

d’opera e sul diritto al compenso dell’avvocato, oltre ad un eventuale risarcimento del

danno.

Sul piano contenutistico, l’accordo espliciterà le condizioni della separazione o del

divorzio, ovvero le relative modifiche, sulla falsariga di quanto tradizionalmente

avviene nei corrispondenti procedimenti avanti al giudice. Il comma 3° dell’art. 6,

inoltre, richiede che l’accordo dia atto che gli avvocati hanno tentato di conciliare le

parti e che hanno informato le parti stesse della possibilità di esperire la mediazione

familiare nonché dell’importanza per il minore di trascorrere tempi adeguati con

ciascuno dei genitori. La legge, peraltro, non specifica le conseguenze del mancato

inserimento di tali formule un po’ paternalistiche (15). Ove si adottasse un approccio

rigido, verificato tale “vizio formale”, il p. m. dovrebbe negare il proprio nulla osta o

l’autorizzazione. In tale ipotesi, d’altro canto, appare opportuno ritenere che le parti

possano integrare il proprio accordo, senza bisogno di stipulare una nuova convenzione.

L’accordo, a pena di nullità, deve essere sottoscritto dalle parti personalmente. Anche in

questo caso, l’autenticità di tali sottoscrizioni è certificata dall’avvocato.

Ai sensi del comma 3° dell’art. 5, se, con l'accordo, le parti concludono uno dei contratti

o compiono uno degli atti previsti dall'articolo 2643 c. c., per procedere alla trascrizione

dello stesso la sottoscrizione del processo verbale di accordo deve essere autenticata da

un pubblico ufficiale a ciò autorizzato (16).

14

�) Così BORGHESI, op. cit. p. 19.

15

�) Per alcune critiche alle formule che la legge richiede di inserire nell’accordo v.

DANOVI, I nuovi modelli di separazione e divorzio, cit., p. 1146. 16

�) Tale requisito è stato definito un formalismo poco in linea con lo spirito

dell’innovazione: D’AGOSTO, CRISCUOLO, Prime note sulle “misure urgenti di

degiurisdizionalizzazione e altri interventi per la definizione dell’arretrato in materia di processo

civile”, in www.ilcaso.it, p. 21. La norma sembra smentire la tesi alla cui stregua un accordo

matrimoniale “negoziato” non potrebbe che limitarsi a dare conto del patto di trasferimento che ci

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Si applica anche all’ambito matrimoniale il comma 4° dell’art. 5, ai sensi del quale

costituisce illecito deontologico per l'avvocato impugnare un accordo alla cui redazione

ha partecipato: con la precisazione che tale previsione si applica alle ipotesi di

impugnazione dell’accordo in senso “proprio”, ad esempio per fare valere un vizio del

consenso (17) ma non alla successiva richiesta di modifica delle condizioni di

separazione o divorzio negoziate tra le parti, a fronte del mutamento delle circostanze.

E’ la legge stessa, infatti, a prevedere che gli accordi tra i coniugi abbiano efficacia

rebus sic stantibus e che l’adeguamento delle relativa all’evolversi della situazione

sostanziale di riferimento rientri nella fisiologia del rapporto tra le parti.

5. – La negoziazione assistita matrimoniale rappresenta l’equivalente funzionale dei

tradizionali procedimenti avanti al giudice. L’accordo raggiunto al suo esito, dunque,

spiega gli stessi effetti del decreto di omologa della separazione consensuale, della

sentenza di divorzio, del decreto camerale di modifica delle condizioni di separazione o

di divorzio (art. 6, comma 3°).

Per produrre tali effetti, però, l’accordo deve superare il controllo del pubblico

ministero. Il positivo superamento di tale vaglio integra una condizione sospensiva

dell’efficacia dell’accordo stesso.

Il controllo “pubblico” sull’accordo negoziato tra le parti assume connotazioni diverse a

seconda che quest’ultimo riguardi genitori con figli minori, maggiorenni incapaci,

maggiorenni non autosufficienti o maggiorenni portatori di handicap grave o non.

In mancanza di “figli a carico”, in particolare, l’accordo deve essere trasmesso al

Procuratore della Repubblica presso il Tribunale competente (v. supra) il quale, quando

non ravvisa irregolarità, comunica agli avvocati il nullaosta per gli adempimenti ai sensi

del comma 3° (ovvero la trasmissione dell’accordo all’ufficiale dello stato civile da

parte dei legali delle parti).

si accinge a redigere innanzi al pubblico ufficile: POLISENO, La convenzione di negoziazione

assistita per le soluzioni consensuali di separazione e divorzio, in Foro it., 2015, V, c. 36. 17

�) Su questo punto v. anche CRESCENZI, La degiurisdizionalizzazione nei procedimenti di

famiglia, in Quest. giust., consultato il 15-1-2015, p. 5.

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La legge, peraltro, non chiarisce come possa o debba avvenire tale “trasmissione”

dell’accordo al p. m. Allo stato, il metodo più utilizzato è la consegna a mano del

documento in forma cartacea alla cancelleria dell’ufficio competente (18). Dovrebbe

peraltro essere possibile fare ricorso anche all’invio per posta, a mezzo raccomandata

con ricevuta di ritorno, o anche tramite p.e.c., almeno alla Procure attrezzate in tal

senso.

Per questa ipotesi, inoltre, non è neppure previsto un termine entro il quale tale

trasmissione debba avvenire: appare comunque applicabile anche qui il termine di dieci

giorni, previsto in caso di “figli a carico” (19).

Il Ministero della giustizia, con circolare del 16 marzo 2015, ha precisato che, al

momento di tale trasmissione, non è dovuto il versamento di contributo unificato. La

medesima circolare ha chiarito che la procedura in esame non è sottoposta alla

sospensione feriale dei termini,

Manca, altresì, l’indicazione di un termine entro il quale il p. m. sia tenuto a comunicare

se il nulla osta sia stato o meno concesso. Anche in questo caso, il buon senso impone di

ritenere applicabile il termine di 5 giorni previsto per l’ipotesi di accordo con “figli a

carico”.

La norma non ne fa menzione, ma è evidente che all’accordo possono e devono essere

allegati documenti, sulla cui base il p. m. possa effettuare i suoi controlli (in primis,

quelli necessari a determinare la competenza territoriale dell’ufficio “adito”): nella

prassi, in effetti, si stanno cominciando ad elaborare liste della documentazione richiesta

a tal fine (20).

18

�) Questa, ad esempio, è la modalità indicata dalla Procura della Repubblica presso il

Tribunale di Milano, in attesa dell’imminente dotazione della p.e.c. 19

�) Così pure DANOVI, I nuovi modelli di separazione e divorzio, cit., p. 1142, per cui,

peraltro, si tratta di un termine non perentorio e il cui mancato rispetto non esime il p.m. dal

vagliare l’accordo trasmessogli tardivamente; Ronco, Negoziazione assistita ed accordi tra

coniugi: il ruolo del p. m. e del presidente del Tribunale, in Giur. it., 2015, p. 1402. 20

�) La Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano, ad esempio, per la

separazione richiede l’estratto per sunto dell’atto di matrimonio, lo stato di famiglia e il

certificato di residenza di entrambi i coniugi. Più articolata la documentazione da allegare

all’accordo di divorzio (in particolare, va allegato il provvedimento o l’accordo relativo alla

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Il controllo di “regolarità” dell’accordo riguarda i presupposti di applicabilità della

negoziazione assistita matrimoniale, i requisiti formali per la validità dell’accordo (ad

esempio, la competenza dell’Ufficio cui l’accordo stesso sia stato trasmesso, la

sottoscrizione personale delle parti, la relativa autenticazione da parte dei difensori e

così via) (21) e anche il rispetto delle norme imperative e dell’ordine pubblico (22). Si

osserva che tale controllo non si estende, invece, alla congruità o all’equità

dell’accordo, trattandosi di aspetti rimessi alla fase della negoziazione e alla

conseguente responsabilità degli avvocati (23).

La norma non chiarisce con quali modalità debba avvenire la comunicazione alle parti

del rilascio del nullaosta. Poiché da quel momento inizia a decorrere il termine di dieci

giorni per la trasmissione dell’accordo all’ufficiale dello stato civile, tale comunicazione

dovrà in ogni caso avvenire con forme idonee a garantire certezza in merito al

raggiungimento del suo scopo e alla data esatta del suo compimento. L’invio di un

messaggio di posta elettronica certificata, ovviamente, soddisferebbe tali condizioni, ma

allo stato le Procure potrebbero non essere organizzate in modo adeguato (24).

previa separazione). In caso di presenza di figli a carico, inoltre, viene sempre richiesta

l’allegazione delle dichiarazioni dei redditi degli ultimi tre anni e, in caso di figli maggiorenni

incapaci o portatori di handicap gravi, la relativa certificazione sanitaria. CRESCENZI, op. cit., p.

5, peraltro, ritiene non opportuno richiedere l’allegazione delle dichiarazioni fiscali delle parti. 21

�) V. pure CRESCENZI, op. cit., p. 4, per cui il concetto di regolarità dell’atto deve essere

costruito dall’interprete, in base alle prescrizioni esplicitamente elencate dall’art. 6 e a quelle

implicitamente presupposte; Ronco, Negoziazione assistita ed accordi tra coniugi: il ruolo del p.

m. e del presidente del Tribunale, in Giur. it., 2015, p. 1403. 22

�) CRESCENZI, op. cit., p. 6.

23

�) Così CRESCENZI, op. cit., p. 6, il quale però, p. 7, pare contraddire tale affermazione,

affermando che il p. m. potrebbe considerare irregolare un accordo in cui un coniuge assuma

impegni economici incompatibili con i suoi redditi dichiarati. V. anche Ronco, Negoziazione

assistita ed accordi tra coniugi: il ruolo del p. m. e del presidente del Tribunale, in Giur. it., 2015,

p. 1403. 24

�) Ad esempio, la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano, in attesa di

essere dotata di pec, prevede il ritiro da parte di uno degli avvocati, o di un loro delegato, presso

l’ufficio, precisando che da tale ritiro inizia a decorrere il termine per la trasmissione dell’accordo

all’Ufficiale dello stato civile.

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La legge non specifica neppure se la Procura debba trattenere una copia o l’originale

dell’accordo. La Procura di Milano si è espressa nel senso che all’avvocato viene

consegnata una copia, mentre l’originale rimane agli atti dell’Ufficio. In quest’ottica,

sorge il dubbio se, qualora la parte avesse bisogno di una copia autentica dell’accordo

da lei sottoscritto, debba chiederne il rilascio alla Procura ovvero al proprio avvocato

(ma in questo caso, si tratterebbe di una copia della copia). Su questi dettagli operativi,

invero di non secondaria importanza, appare opportuno un intervento “unificatore” delle

prassi difformi altrimenti destinate a diffondersi.

Non si precisa neanche cosa avvenga qualora il p. m. ravvisi irregolarità nell’accordo

raggiunto tra le parti (25): a contrario, si desume però che, in tal caso, il nullaosta dovrà

essere negato, con conseguente impossibilità per l’accordo stesso di produrre effetti. Nel

silenzio della norma, però, nulla (se non il breve termine entro il quale il p. m. è

chiamato a pronunciarsi) porta ad escludere che il p. m., in caso di dubbi, possa chiedere

chiarimenti alle parti, anche sotto forma di produzioni documentali o di dichiarazioni

sostitutive di atto di notorietà.

Al diniego del rigetto potrà far seguito la redazione di un nuovo accordo di

negoziazione assistita, la predisposizione di un tradizionale ricorso a firma congiunta o,

come alcuni ritengono, l’azione giudiziaria (con le forme ordinarie) per sentire

dichiarare la regolarità e la validità dell’accordo originario affinché esso possa produrre

i suoi effetti (26).

6. – Qualora l’accordo riguardi coniugi con “figli a carico”, il p. m., a seguito della

trasmissione dell’accordo, entro un termine (ordinatorio) (27) di cinque giorni, è

chiamato a valutare se tale accordo risponda all’interesse della prole.

25

�) Ad esempio, CRESCENZI, op. cit., p. 6, considera un motivo di irregolarità l’eventuale

assegnazione della casa coniugale in mancanza di figli a carico. 26

�) Così Ronco, Negoziazione assistita ed accordi tra coniugi: il ruolo del p. m. e del

presidente del Tribunale, in Giur. it., 2015, p. 1404. 27

�) Così pure Ronco, Negoziazione assistita ed accordi tra coniugi: il ruolo del p. m. e del

presidente del Tribunale, in Giur. it., 2015, p. 1402.

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In caso positivo, egli autorizzerà l’accordo, cui a quel punto si applicherà il comma 3°

dell’art. 6; in caso contrario, dovrà trasmettere l’accordo stesso al Presidente del

Tribunale che fisserà, entro i successivi trenta giorni (termine anche questo ordinatorio)

(28), la comparizione delle parti e provvederà senza ritardo.

Ancorché nel silenzio della legge, appare necessario che il p. m., prima di vagliare la

rispondenza dell’accordo all’interesse dei figli, verifichi che l’accordo stesso soddisfi i

requisiti di forma – contenuto stabiliti dalla legge (ad esempio, rispetto alle

certificazioni dei legali e alla presenza delle dichiarazioni previste dall’art. 6, comma

3°: v. supra) e che siano soddisfatti i presupposti “processuali” in merito alla

competenza territoriale dell’ufficio giudiziario adito.

La norma non specifica su quali basi il p. m. possa valutare se l’accordo risponda

all’interesse dei figli (29). Si tratta evidentemente di un controllo documentale (30), dal

momento che non si prevede né che il p. m. incontri le parti né che ascolti il minore (31).

La completa omissione di tale incombente, elevato a condizione di validità di ogni

provvedimento emesso nell’interesse di un minore, peraltro, appare in evidente (e forse

non troppo meditata) contro-tendenza rispetto alle recenti riforme introdotte dalla legge

n. 219 del 2012 e dal decreto legislativo n. 154 del 2013 (32).

28

�) Ronco, Negoziazione assistita ed accordi tra coniugi: il ruolo del p. m. e del presidente

del Tribunale, in Giur. it., 2015, p. 1402, per il quale, entro tale termine, si deve effettivamente

tenere l’udienza e non semplicemente programmarla. 29

�) Essendo pacifico che il p. m., in questa sede, possa compiere una verifica sulla convenienza

degli accordi: Ronco, Negoziazione assistita ed accordi tra coniugi: il ruolo del p. m. e del

presidente del Tribunale, in Giur. it., 2015, p. 1403. 30

�) V. anche CRESCENZI, op. cit., p. 4.

31

�) Critico al riguardo TOMMASEO, La tutela dell’interesse dei minori, cit., p. 162, per cui

sussistono ombre sulla legittimità costituzionale delle norme che consentono la separazione e il

divorzio stragiudiziali anche in presenza di figli. 32

�) Di difforme opinione CRESCENZI, op. cit., p. 9, per cui, quando i genitori sono

d’accordo, l’ascolto deve considerarsi, in linea generale, superfluo.

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Si esclude pure che il p. m. possa svolgere autonoma attività di indagine (33). Egli potrà

però verificare dai documenti prodotti (o da quelli di cui abbia chiesto la produzione) se,

pur nel silenzio dell’accordo, risulti la presenza di figli “a carico” della parti (34).

Sarà cura delle parti allegare all’accordo tutti i documenti (in primis, quelli relativi alle

rispettive condizioni patrimoniali e reddituali) sulla cui base il p. m. possa riscontrare

che l’accordo risponde in effetti all’interesse dei figli. In caso di figli minori, ad

esempio, eventuali condizioni che portino ad escluderne l’affidamento condiviso (da

tempo elevato a modalità standard di affidamento in caso di crisi genitoriale) dovranno

essere adeguatamente motivate e documentate (35). A livello di prassi locali, le Procure

potrebbero anche fornire una lista di documenti o di dichiarazioni che le parti debbano

allegare all’accordo al momento della sua trasmissione.

Si ritiene che il p. m. possa chiedere alle parti informazioni integrative o ulteriori

documenti (36).

Va osservato, a questo riguardo, che vi è diffuso timore che l’impossibilità di effettuare

controlli effettivi sugli accordi delle parti nei tempi e nei termini imposti dalla legge

possa indurre il p. m. a cassare o promuovere gli accordi stessi senza una vera verifica

33

�) Ronco, Negoziazione assistita ed accordi tra coniugi: il ruolo del p. m. e del presidente

del Tribunale, in Giur. it., 2015, p. 1403. 34

�) Ronco, Negoziazione assistita ed accordi tra coniugi: il ruolo del p. m. e del presidente

del Tribunale, in Giur. it., 2015, p. 1403. 35

�) Così pure Ronco, Negoziazione assistita ed accordi tra coniugi: il ruolo del p. m. e del

presidente del Tribunale, in Giur. it., 2015, p. 1404. 36

�) Ronco, Negoziazione assistita ed accordi tra coniugi: il ruolo del p. m. e del presidente

del Tribunale, in Giur. it., 2015, p. 14°3.

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(37). In effetti, gli interpreti concordano sul fatto che la scelta di affidare al p.m. il

controllo sugli accordi negoziati sia stata poco opportuna (38).

7. - Una grave lacuna della nuova normativa riguarda il ruolo del Presidente del

Tribunale, cui viene trasmesso dal p.m. l’accordo ritenuto da quest’ultimo non

rispondente all’interesse dei figli.

La legge prevede che, in tale ipotesi, il Presidente debba fissare un’udienza di

comparizione delle parti e provvedere “senza ritardo”. Nulla viene però aggiunto circa

la natura di tale udienza e i poteri che, a questo punto, il Presidente possa esercitare.

Gli interpreti si sono dunque divisi su due fronti.

Un primo orientamento, condiviso da chi scrive, ritiene che, una volta che il p. m.

trasmetta l’accordo al Presidente del Tribunale, il procedimento esca dalla sfera della

degiurisdizionalizzazione, per innestarsi sui tradizionali binari giudiziali della

separazione consensuale, del divorzio congiunto o della modifica congiunta delle

condizioni, a seconda dei casi (39): in quest’ottica, il Presidente disporrà, in base alle

circostanze, un’udienza avanti a sé (separazione) o al collegio (divorzio o modifica di

condizioni). In tali sedi, parti e giudici si confronteranno sul contenuto dell’accordo

negoziato, analizzandone gli eventuali punti deboli, alla luce dei rilievi del p. m. Il

Presidente o il collegio potrà, se del caso, proporre adattamenti e modifiche e, in

37

�) Dubbi anche di POLISENO, La convenzione di negoziazione assistita per le soluzioni

consensuali di separazione e divorzio, in Foro it., 2015, V, c. 35. Dubbi in merito alle garanzia

offerte dal controllo del p.m. rispetto alla tutela dell’interesse superiore dei figli minorenni di

TOMMASEO, La tutela dell’interesse dei minori, cit., p. 162. V. anche le critiche di G.

FINOCCHIARO, Un controllo formale che non tutela la prole, in Guida dir., 2014, fasc. 49-50, p.

66 s. 38

�) V. le condivisibili critiche di DANOVI, I nuovi modelli di separazione e divorzio, cit., p.

1144; per Ronco, Negoziazione assistita ed accordi tra coniugi: il ruolo del p. m. e del presidente

del Tribunale, in Giur. it., 2015, p. 1401, l’aver individuato nel p. m. l’organo cui affidare il

controllo sugli accordi dei coniugi rappresenta una mossa “non priva di astratta genialità”, ma

“preoccupante nelle sue effettive implicazioni pratiche”. 39

�) In questo senso, pare, anche TRISCARI, L’accordo dei coniugi verificato dal p.m., in

Guida dir., 2014, fasc. 49-50, p. 57; circolare del Presidente del Tribunale di Bologna del 25

febbraio 2015. Esclude invece tale opzione TOMMASEO, La tutela dell’interesse dei minori, cit.,

p. 161, in quanto contrastante con la volontà dei coniugi di evitare la via della giurisdizione.

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applicazione dell’art. 337-octies c. c., potrà essere disposto l’ascolto della prole

minorenne, se presente (40). In base alle regole ordinarie, i coniugi potranno recepire tali

proposte o suggerimenti, formalizzando, avanti al collegio, un nuovo accordo cui

seguirà il decreto di omologa della separazione, la sentenza di divorzio o il decreto di

modifica.

A tale ricostruzione, si può obiettare che essa preveda una pronuncia giudiziale in

mancanza di domanda delle parti, che avevano intrapreso la via della negoziazione

assistita e concluso un accordo (41). Il rilievo non è insuperabile, ove si qualifichi la

trasmissione dell’accordo al p.m. come una istanza di “omologazione” dell’accordo

stesso: avanti al Presidente o al collegio, in effetti, si arriva comunque su impulso delle

parti, le quali saranno poi chiamate, all’udienza, a formalizzare la propria richiesta di

recepimento dell’accordo tra loro raggiunto. Il problema potrebbe essere quello

dell’iscrizione del procedimento a ruolo, ma anche questo non appare un ostacolo

insormontabile, potendovi le parti provvedere su invito del Presidente contenuto nel

decreto di fissazione dell’udienza (42).

L’interpretazione alternativa (che appare fatto propria anche dalla Circolare del

Ministero dell’interno del 9 dicembre 2014), considerando la negoziazione assistita

matrimoniale come una fattispecie integralmente alternativa al procedimento

giurisdizionale, valorizza anche in questa fase la natura “degiurisdizionalizzata” del

procedimento: in tale ottica, all’udienza, le parti compaiono davanti al solo Presidente

del Tribunale (43), il quale le invita ad adeguarsi ai rilievi del pubblico ministero.

40

�) V. pure TOMMASEO, op. cit., p. 162. Contra CRESCENZI, op. cit., p. 10.

41

�) Presidente del Tribunale di Torino, 15 gennaio 2015, in Giur. it., 2015, p. 1398;

Ronco, Negoziazione assistita ed accordi tra coniugi: il ruolo del p. m. e del presidente del

Tribunale, in Giur. it., 2015, p. 1405. 42

�) Al riguardo, la circolare del Presidente del Tribunale di Bologna del 25 febbraio 2015

pone a carico della cancelleria la comunicazione alle parti, contestualmente alla data dell’udienza,

anche dell’invito alla regolarizzazione dell’iscrizione a ruolo e al versamento del relativo

contributo unificato. 43

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Una variante di tale corrente interpretativa, nel valorizzare il ruolo esclusivo del

Presidente del Tribunale, afferma però che quella che ha luogo davanti a lui sia a tutti

gli effetti una fase a natura giurisdizionale, assimilabile ai procedimenti di volontaria

giurisdizione, che si svolge nelle forme dei procedimenti in camera di consiglio e si

conclude, sentite le parti, con ordinanza di autorizzazione o di diniego

dell’autorizzazione (44).

Per alcuni, il Presidente, nel corso dell’udienza, potrebbe compiere atti istruttori

indispensabili e anche procedere all’ascolto del minore (45).

In caso le parti rifiutino di adeguarsi ai rilievi del p. m., il Presidente dovrà negare

l’autorizzazione all’accordo (46).

Qualora In caso, invece, la parti prendano atto della necessità di modificare il loro

accordo, vi è diversità di opinioni rispetto alle possibili opzioni.

Per un primo orientamento, all’esito di questo “singolare procedimento” il presidente

potrebbe autorizzare direttamente l’accordo (47), a prescindere dalla misura innovativa

del suo contenuto (48). In caso di accordo modificato oltre i rilievi di p. m., peraltro,

) Per Ronco, Negoziazione assistita ed accordi tra coniugi: il ruolo del p. m. e del

presidente del Tribunale, in Giur. it., 2015, p. 1405, l’intervento del prediente è la stazione finale

di una negoziazione e non quella iniziale di un processo. 44

�) Così Trib. Termini Imerese, 24 marzo 2015, in www.ilcaso.it.

45

�) Ronco, Negoziazione assistita ed accordi tra coniugi: il ruolo del p. m. e del presidente

del Tribunale, in Giur. it., 2015, p. 1406. 46

�) Presidente del Tribunale di Torino, 15 gennaio 2015.

47

�) Così CRESCENZI, op. cit., p. 9. In questo senso, pur critico, DANOVI, I nuovi modelli di

separazione e divorzio, cit., p. 1142; Ronco, Negoziazione assistita ed accordi tra coniugi: il ruolo

del p. m. e del presidente del Tribunale, in Giur. it., 2015, p. 1406. 48

�) In questo senso pare, Trib. Termini Imerese, 24 marzo 2015, cit., per cui i coniugi, in

sede di comparizione avanti al Presidente del Tribunale, possono integrare o modificare le

condizioni dell’accordo con riguardo ai figli, di propria iniziativa o anche su indicazioni o

sollecitazioni d’ufficio. V. pure Masoni, Negoziazione assistita in ambito familiare e problemi

procedurali connessi, in Dir. fam., 2015, I, p. 1401, per il quale il Presidente dovrebbe in ogni

caso disporre la previa trasmissione degli atti al p.m. per acquisirne il parere.

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alcuni ritengono che l’accordo stesso debba nuovamente essere sottoposto al vaglio di

quest’ultimo dal presidente (49).

Per altri (50), il Presidente non potrebbe autorizzare un accordo “integrativo” che,

andando oltre i rilievi effettuati dal p.m., fosse significativamente diverso da quello

originario: su tale nuovo accordo mancherebbe, infatti, il parere del pubblico ministero,

ritenuto necessario sia dalla normativa generale su separazione e divorzio che dal

decreto legge n. 132 del 2014, come modificato in sede di conversione (51). Si dovrebbe

dunque consentire alle parti (su invito dello stesso Presidente in sede di provvedimento

di fissazione dell’udienza) di depositare, in tempo utile, ricorso per separazione

consensuale ovvero ricorso congiunto di divorzio o per la modifica delle relative

condizioni, così implicitamente rinunciando all’accordo negoziato (e con conseguente

mancata comparizione all’udienza avanti al Presidente). In alternativa, le parti

potrebbero comparire avanti al Presidente e dichiarare di aderire pienamente ai rilievi

effettuati dal pubblico ministero: in tal caso, il loro accordo (sul quale il p.m. avrebbe

già espresso il suo vaglio) sarebbe approvabile direttamente dal Presidente.

Il decreto del Presidente viene da alcuni ritenuto inimpugnabile, in difetto di riserva di

legge al riguardo (52). Altri, invece, ne prospettano la reclamabilità ai sensi dell’art. 739

c. p. c., anche da parte del p. m. (53).

Questo secondo orientamento presenta profili problematici di non scarso rilievo.

Prevedere che il Presidente possa autorizzare l’accordo tra le parti (a prescindere dal

fatto che ciò avvenga qualunque sia il contenuto dell’accordo ovvero solo in caso di

49

�) Ronco, Negoziazione assistita ed accordi tra coniugi: il ruolo del p. m. e del presidente

del Tribunale, in Giur. it., 2015, p. 1406. 50

�) Presidente del Tribunale di Torino, 15 gennaio 2015.

51

�) Supera questi rilievi Masoni, Negoziazione assistita in ambito familiare e problemi

procedurali connessi, in Dir. fam., 2015, I, p. 1401, prospettando la trasmissione degli atti al p.m.

da parte del Presidente, in conformità all’art. 738, comma 2 c. p. c. 52

�) Masoni, Negoziazione assistita in ambito familiare e problemi procedurali connessi, in

Dir. fam., 2015, I, p. 1402. 53

�) Ronco, Negoziazione assistita ed accordi tra coniugi: il ruolo del p. m. e del presidente

del Tribunale, in Giur. it., 2015, p. 1406.

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adesione totale ai rilievi del p. m.) vuol dire attribuire, per via interpretativa, al

Presidente stesso un potere che, in sede giudiziale, è riservato esclusivamente al

collegio, senza che tale soluzione sia giustificata dalla natura degiurisdizionalizzata del

procedimento: in effetti, una volta approdato avanti al Presidente del Tribunale, tale

procedimento nell’orbita della giurisdizione è ormai entrato. Sembra, anzi,

contraddittorio affermare che l’attribuzione di un inedito potere di autorizzazione in

capo al Presidente del Tribunale sia coerente con la natura degiurisdizionalizzata del

procedimento, considerato che, nelle separazioni e nei divorzi, proprio il Presidente del

Tribunale svolge una funzione tipicamente giurisdizionale.

Alcuni sostenitori di tale linea interpretativa, inoltre, sembrano dare per scontato che il

Presidente condivida i rilievi o i dubbi sollevati dal p. m.: non si può però escludere che

tra p. m. e Presidente non vi sia identità di visioni e che, ad esempio, il Presidente possa

ritenere infondati i rilievi ostativi del p.m. o, per converso, opinare che l’accordo delle

parti non sia da autorizzare per profili diversi (54).

Né convince il meccanismo configurato dal Presidente del Tribunale di Torino, alla cui

stregua le parti potrebbero rinunciare al procedimento negoziato per depositare un

tradizionale ricorso congiunto: allo stesso risultato, infatti, si può pervenire ritenendo,

come si è scritto sopra, che quella fissata dal Presidente sia un’udienza presidenziale o

collegiale, all’esito della quale il Tribunale emetta i tradizionali provvedimenti previsti

dalla legge in merito all’accordo espresso dalle parti, previo parere del p.m.

8. - Una volta superato il controllo del p.m. o del Tribunale, l’accordo potrà produrre i

suoi effetti, in modo retroattivo. La legge, infatti, fa decorrere gli effetti sullo “stato

personale” dei coniugi dalla data di sottoscrizione dell’accordo di separazione o

divorzio. E’ da tale momento, in particolare, che, in caso di separazione, inizierà a

decorrere il termine (oggi abbreviato) per la richiesta del divorzio.

Ai sensi dell’art. 5, inoltre, l'accordo che compone la controversia matrimoniale,

sottoscritto dalle parti e dagli avvocati che le assistono, una volta superato il vaglio del

p. m., costituisce titolo esecutivo e per l'iscrizione di ipoteca giudiziale.

54

�) Così anche Trib. Termini Imerese, 24 marzo 2015, cit.

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Dalla data in cui avviene la comunicazione da parte circa il nulla osta o l’autorizzazione

del p.m. o del Tribunale (55) inizia a decorrere il termine di dieci giorno entro il quale

“l’avvocato della parte

”, ai sensi del comma 3° dell’art. 6, è obbligato a trasmettere all'ufficiale dello stato

civile del Comune in cui il matrimonio fu iscritto o trascritto, copia, autenticata dallo

stesso, dell'accordo munito delle certificazioni di cui all'art. 5 (56).

L’originale dell’accordo, dunque, dovrebbe rimanere (ma il condizionale è d’obbligo, v.

supra) nella disponibilità dell’avvocato (o meglio, degli avvocati, ciò che lascia

presumere che dell’accordo esisteranno – almeno - due originali).

In modo forse incongruo, il Ministero dell’Interno, con circolare del 28 novembre 2014,

aveva inizialmente dato disposizione agli Ufficiali di stato civile di ricevere l’accordo

autorizzato ai fini dei conseguenti adempimenti da ciascuno dei due avvocati

necessariamente coinvolti nella redazione dell’accordo stesso (57). Tale rigore (invero

eccessivo) non appariva giustificato dall’esigenza di procedere con rapidità alle

annotazioni ed iscrizioni previste della legge, poiché, a tal fine, sarebbe bastato,

appunto, l’invio di una sola copia.

La circolare del Ministero dell’interno del 24 aprile 2015 ha però rettificato tale presa di

posizione, ritenendo sufficiente la trasmissione da parte di uno solo degli avvocati

coinvolti.

Le sanzioni, in caso di ritardato o mancato invio della copia autenticata dell’accordo

all’ufficiale dello stato civile sono particolarmente severe: ai sensi del comma 4°

dell’art. 6, infatti, all'avvocato che viola l'obbligo in questione è applicata la sanzione

amministrativa pecuniaria da euro 2000,00 ad euro 10000,00, con la specificazione che

55

�) Trib. Termini Imerese, 24 marzo 2015, cit.

56

�) Con la precisazione che il matrimonio iscritto è quello celebrato con rito civile, con

iscrizione nel comune di celebrazione; matrimonio trascritto è quello celebrato con rito religioso,

con trascrizione nel comune di celebrazione, o quello celebrato all’estero, la cui trascrizione

avviene nel comune di residenza o di iscrizione Aire: v. la Circolare del Ministero dell’interno, 1

ottobre 2014, p. 3. 57

�) E’ pure stata data disposizione, una volta trascorso il termine di dieci giorni, di avviare

l’iter per l’irrogazione delle sanzioni a carico del legale che abbia violato l’obbligo di

trasmissione entro detto termine: Circolare del Ministero dell’interno, 28 novembre 2014, p. 2.

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alla irrogazione di tale sanzione è competente il Comune in cui devono essere eseguite

le annotazioni previste dall'art. 69 del d. P. r. n. 396 del 3 novembre 2000 (ordinamento

dello stato civile).

A tale d. P. r., la nuova normativa fa riferimento anche al comma 5° dell’art. 6, che

elenca le modificazioni all’ordinamento dello stato civile resesi necessarie a seguito

dell’introduzione del nuovo istituto (58).

Ai sensi dell’art. 11, comma 1°, i difensori che sottoscrivono l'accordo raggiunto dalle

parti a seguito della convenzione sono pure tenuti a trasmetterne copia (che la legge non

richiede autenticata) al Consiglio dell'ordine circondariale del luogo ove l'accordo è

stato raggiunto, ovvero al Consiglio dell'ordine presso cui è iscritto uno degli avvocati.

Non si precisano i tempi di tale comunicazione né le possibili conseguenze in caso di

inadempimento: senz’altro, la mancata trasmissione al Consiglio dell’ordine non avrà

implicazioni sulla validità e sull’efficacia dell’accordo. Il legale responsabile potrebbe,

però, incorrere in una sanzione disciplinare.

Anche nel contesto “matrimoniale” sembra applicabile il comma 2° dell’art. 11, alla cui

stregua, con cadenza annuale il Consiglio nazionale forense provvede al monitoraggio

delle procedure di negoziazione assistita e ne trasmette i dati al Ministero della

giustizia. Tale disposizione solleva problemi di tutela della privacy e di conservazione

dei dati sensibili di cui il Consiglio nazionale forense e i singoli Consigli territoriali

dovranno farsi carico.

9. - La separazione e il divorzio “autogestiti” sono disciplinati dall’art. 12 del decreto

legge n. 132 del 2014.

Come già si è detto, si tratta, a livello sistematico, della novità più dirompente della

recente riforma: per la prima volta, infatti, si prevede la possibilità per coniugi ed ex

58

�) In particolare, sono stati modificati gli artt. 49, comma 1 (con l’aggiunta, dopo la lett.

g), di una lett. g-bis), 63, comma 2 (con l’aggiunta, dopo la lett. h, di una lett. h-bis) e 69, comma

1 (con l’aggiunta, dopo la lettera d), di una lett. d-bis), per consentire la trascrizione e

l’annotazione negli atti di nascita dei coniugi e nell’atto di matrimonio gli accordi raggiunti a

seguito di convenzione di negoziazione assistita da un avvocato o più avvocati conclusi tra

coniugi al fine di raggiungere una soluzione consensuale di separazione personale, di cessazione

degli effetti civili del matrimonio, di scioglimento del matrimonio, nonché di modifica delle

condizioni di separazione o di divorzio.

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coniugi di separarsi, divorziarsi o modificare le condizioni di una separazione o di un

divorzio semplicemente esternando tale volontà davanti ad un ufficiale di stato civile,

chiamato a raccogliere il loro accordo.

Viene, in particolare, eliminato qualsiasi controllo giudiziario sull’accordo raggiunto

dalle parti, valorizzando la semplice manifestazione della volontà di queste ultime, e

portando alle conseguenze più estreme il percorso della privatizzazione dei rapporti

coniugali (59).

Parte della dottrina evidenzia l’incongruenza tra i diversi livelli di controllo a seconda

che lo stesso tipo di accordo sia negoziato tra le parti e i loro avvocati oppure

semplicemente formalizzato avanti all’ufficiale di stato civile (60).

Le parti possono comunque scegliere di farsi “assistere” da un legale.

La circolare del Ministero dell’interno del 28 novembre 2014 ha precisato che della

presenza dell’avvocato è necessario dare conto nell’atto che l’ufficiale di stato civile

deve redigere, specificando altresì che l’avvocato, in ogni caso, non può sostituire

davanti all’ufficiale la parte assistita.

Anche questo nuovo istituto, come già si è visto per la mediazione assistita

matrimoniale, si coordina con i procedimenti giudiziali tradizionali: le parti potranno

così modificare un provvedimento giudiziale esistente con una semplice dichiarazione

di volontà e il giudice potrà essere chiamato a modificare con un suo provvedimento un

accordo “autogestito” tra i coniugi. Inoltre, si può configurare il ricorso al nuovo istituto

anche in pendenza di un procedimento di separazione o di divorzio.

Il fondamentale presupposto sostanziale di applicazione dell’accordo matrimoniale

autogestito è che le parti non abbiano figli minori, figli maggiorenni incapaci o portatori

di handicap grave ovvero economicamente non autosufficienti (61). La circolare del

59

�) V. pure le osservazioni di CASABURI, Separazione e divorzio innanzi al sindaco:

ricadute sostanziali e processuali, in Foro it., 2015, V, c. 45. 60

�) Ronco, Negoziazione assistita ed accordi tra coniugi: il ruolo del p. m. e del presidente

del Tribunale, in Giur. it., 2015, p. 1402 61

�) Per la Circolare del Ministro dell’interno del 28 novembre 2014, p. 3, al nuovo istituto

non si potrebbe accedere, peraltro, in presenza, anche di figli di uno solo dei coniugi. CRESCENZI,

op. cit., p. 11 ritiene tale limitazione “oggettivamente illegittima”.

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Ministero dell’interno del 24 aprile 2015 ha chiarito che il riferimento è ai figli

“comuni” dei coniugi richiedenti.

Sulla sussistenza di tale presupposto deve vigilare l’ufficiale di stato civile, alla luce

della documentazione a lui direttamente disponibile e di quella che le parti gli

forniscono, sotto forma (anche) di dichiarazioni da rendere ai sensi dell’art. 46 d. p. r.

445\00, dovendo egli anche disporre gli idonei controlli ai sensi dell’art. 71 del

medesimo regolamento (62).

Rispetto alla condizione di incapacità dei figli maggiorenni, il controllo va riferito al

tradizionale regime civilistico dell’incapacità di agire ed ai correlati istituti (tutela,

curatela, amministrazione di sostegno) (63).

Il comma 3° pone pure un limite al contenuto dell'accordo formalizzato avanti

all’ufficiale di stato civile, che non può contenere patti di trasferimento patrimoniale.

Tale limite è stato evidentemente previsto con riferimento a cessioni di immobili tra le

parti (64), anche per evitare possibili frodi o abusi.

Il Ministro dell’interno, con circolare 28 novembre 2014, però, sul presupposto che la

ratio della previsione fosse quella di escludere qualunque valutazione di natura

economica o finanziaria nella redazione dell’atto di competenza dell’ufficiale di stato

civile, aveva affermato che, in assenza di specifiche indicazioni normative, dall’accordo

dovesse essere esclusa qualunque clausola avente carattere dispositivo sul piano

patrimoniale come ad esempio, l’uso della casa coniugale, l’assegno di mantenimento,

ovvero qualunque altra utilità economica tra i coniugi dichiaranti.

Si trattava di un’interpretazione non condivisibile e contraria al dettato normativo: in

effetti, il riconoscimento di un assegno di mantenimento non costituisce un

trasferimento patrimoniale (65). La dottrina aveva dunque espresso unanime critiche

62

�) Circolare del Ministro dell’interno del 28 novembre 2014, p. 3.

63

�) Circolare del Ministro dell’interno del 28 novembre 2014, p. 3.

64

�) V. anche DALLE NOGARE, Una prima lettura degli art. 6 e 12 del dl 132/2014, in

Quest. giust., consultato il 25-10-2014, p. 4 65

�) V. pure LOMBARDI, op. cit., p. 3.

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contro tale lettura restrittiva, ritenendo preferibile un’interpretazione che consentisse

alle parti di accordarsi anche in merito al riconoscimento, alla determinazione

dell’importo e all’eventuale rinuncia ad un assegno di mantenimento, in quest’ultimo

caso anche relativo alla prole, sul presupposto che i figli siano divenuti maggiorenni

(66).

A seguito di tale reazione critica, il Ministero ha opportunamente rivisto la sua

posizione e, con circolare del 24 aprile 2015, ha precisato che non rientra nel divieto

posto dall’art. 12 la previsione (o l’elisione…), nell’accordo, di un obbligo di

pagamento di una somma di denaro a titolo di assegno periodico, trattandosi di un

rapporto obbligatorio che non produce effetti traslativi su di un bene determinato

preclusi dalla norma in esame. E’ stata invece condivisibilmente confermato che

l’accordo non può prevedere la liquidazione una tantum dell’assegno divorzile, che

integra un’attribuzione patrimoniale (mobiliare o immobiliare), rispetto alla quale,

peraltro la legge prevede la verifica di congruità da parte del Tribunale.

La legge di conversione ha chiarito che l’ufficiale di stato civile davanti al quale le parti

devono formalizzare il loro accordo è il sindaco del comune di residenza di una di loro

o del comune presso cui è iscritto o trascritto l'atto di matrimonio. Rispetto ai criteri di

competenza applicati ai procedimenti matrimoniali basati sul consenso delle parti si

aggiunge, dunque, un ufficio in più, ovvero, in sostanza, quello del luogo di

celebrazione del matrimonio (con la precisazione che la trascrizione dell’atto di

matrimonio può riguardare non solo i matrimoni celebrati con rito religioso nell’ambito

del Comune di riferimento ma anche quelli celebrati all’estero).

Sul piano procedimentale, il comma 3° dell’art. 12 specifica che l’ufficiale di stato

civile deve acquisire da ciascuno delle parti personalmente la dichiarazione di volontà

(67) che esse vogliono separarsi ovvero far cessare gli effetti civili del matrimonio o

66

�) Così anche CRESCENZI, op. cit., p. 12. V. pure CASABURI, Separazione e divorzio

innanzi al sindaco: ricadute sostanziali e processuali, in Foro it., 2015, V, c. 48 che ritiene

illegittima la lettura data dal ministero dell’interno; G. FINOCCHIARO, La parte può chiedere di

fronte al sindaco l’assistenza del legale, in Guida dir., 2015, fasc. 6, p. 18, per cui l’accordo non

può contenere esclusivamente l’attribuzione di cespiti o di somme di denaro una tantum. 67

�) V. Circolare del Ministro dell’interno del 28 novembre 2014, p. 3.

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ottenerne lo scioglimento secondo condizioni tra di esse concordate ovvero che

vogliono modificare le condizioni di separazione o di divorzio (68).

In ambito giudiziale, la giurisprudenza è (faticosamente) giunta ad ammettere che, alle

dovute condizioni, all’udienza presidenziale di separazione o collegiale di divorzio la

parte possa essere “rappresentata” da un nuncius ovvero da un curatore speciale o da un

amministratore di sostegno. Si dovrà dunque verificare se anche in questo ambito si

possa giungere alle medesime conclusioni, almeno rispetto alle parti totalmente o

parzialmente incapaci.

Il comma 3° prevede che l'atto contenente l'accordo debba essere compilato e

sottoscritto immediatamente dopo il ricevimento delle dichiarazioni sopra menzionate.

All’uopo, il Ministero ha diramato dei formulari da compilare a cura dell’ufficiale di

stato civile.

L'accordo tiene luogo e ha la stessa efficacia dei provvedimenti giudiziali che

definiscono i procedimenti di separazione personale, di cessazione degli effetti civili del

matrimonio, di scioglimento del matrimonio e di modifica delle condizioni di

separazione o di divorzio. Esso, peraltro, non sempre produce immediatamente i suoi

effetti. In caso di separazione personale o divorzio infatti, l’ufficiale di stato civile,

quando riceve le dichiarazioni dei coniugi, li invita a comparire di fronte a sé non prima

di trenta giorni dalla ricezione per la conferma dell’accordo, anche ai fini degli

adempimenti di cui al comma 5°. Tale invito deve essere inserito nell’atto stesso (69).

Non comparire al secondo appuntamento così fissato è sinonimo di mancata conferma

dell’accordo.

In altre parole, l’accordo si perfeziona in due passaggi successivi, sulla base di un

meccanismo di “conferma” introdotto dalla legge di conversione, che ha previsto una

sorta di spatium deliberandi, per l’eventuale esercizio di un diritto di ripensamento (70).

68

�) Il Ministro dell’interno, con circolare del 9 dicembre 2014, ha aggiornato l’allegato A

del proprio decreto del 5 aprile 2002, inserendo un’articolata serie di formule da utilizzare per le

varie situazioni previste dalla norma (raccolta, (mancata) conferma, annotazione e trascrizione

dell’accordo). 69

�) Circolare del Ministro dell’interno del 28 novembre 2014, p. 4.

70

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Il termine in questione è peraltro indicato nel minimo ma non nel massimo, ciò che può

rendere incerti i tempi di definizione del procedimento (e dunque scoraggiarne l’uso).

Per la Circolare del Ministro dell’interno del 28 novembre 2014, peraltro, in tale

periodo, l’ufficiale di stato civile può svolgere i controlli sulle dichiarazioni rese dagli

interessati.

Se nel termine concesso uno dei coniugi non conferma l’accordo, si ritiene opportuno

che l’ufficiale iscriva comunque l’atto già redatto nei registri dello stato civile, dando

conto della mancata conferma da parte degli interessati. Tale atto non sarebbe però

suscettibile di annotazione (71).

Dopo la conferma, l’ufficiale di stato civile è tenuto a comunicare l’avvenuta iscrizione

dell’atto alla cancelleria presso la quale sia eventualmente iscritta la causa concernente

la separazione o il divorzio, ovvero a quella del giudice avanti al quale furono stabilite

le condizioni di divorzio o di separazione oggetto di modifica. L’ufficiale di stato civile

a tal fine deve acquisire dalle parti ogni informazione necessaria per individuare

esattamente la cancelleria competente a ricevere la descritta comunicazione (72). Questa

previsione conferma che l’accordo avanti all’ufficiale di stato civile può essere

formalizzato anche in pendenza di un procedimento di separazione o divorzio, in cui, a

quel punto, di norma, dovrà essere dichiarata la cessazione della materia del contendere,

salva la possibilità di proseguire il giudizio sugli aspetti patrimoniali che non possano

essere trasfusi nell’accordo (v. supra).

Con il completamento dell’iter sopra descritto, gli effetti degli accordi (in particolare, il

decorso del termine triennale per il divorzio) decorrono dalla data certificata negli

accordi stessi, da riportare nelle annotazioni ed indicata nella scheda anagrafica

individuale degli interessati (73). Non rileva, invece, la data della conferma (74).

) Circolare del Ministro dell’interno del 28 novembre 2014, p. 4. 71

�) Circolare del Ministro dell’interno del 28 novembre 2014, p. 5.

72

�) Circolare del Ministro dell’interno del 28 novembre 2014, p. 5.

73

�) Circolare del Ministro dell’interno del 28 novembre 2014, p. 4.

74

�) Circolare del Ministro dell’interno del 28 novembre 2014, p. 5.

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I commi 4° e 5° prevedono una serie di “innesti” giuridici, per adeguare i testi delle

norme che governano la materia al nuovo istituto dell’accordo autogestito in ambito

matrimoniale. E così, all’art. 3, al secondo capoverso della lett. b) del n. 2 del c. 1 l.

898\70 (legge sul divorzio), si precisa che il termine per la pronuncia di divorzio inizia a

decorrere anche «dalla data certificata nell'accordo di separazione raggiunto a seguito di

convenzione di negoziazione assistita da un avvocato ovvero dalla data dell'atto

contenente l'accordo di separazione concluso innanzi all'ufficiale dello stato civile.».

Al d.P.r. 396\00 sono invece apportate modificazioni a varie norme relative al regime di

pubblicità degli accordi di separazione personale, di scioglimento o di cessazione degli

effetti civili del matrimonio ricevuti dall'ufficiale dello stato civile (75). All’esecuzione

degli adempimenti che discendono dal ricevimento dell’accordo provvede l’ufficiale di

stato civile del comune in cui il matrimonio fu iscritto o trascritto, senza bisogno per

l’avvocato che trasmette l’accordo stesso di formulare apposita istanza all’ufficio di

stato civile per l’ulteriore seguito (76).

A parte il compenso per l’avvocato eventualmente coinvolto, il procedimento è

sostanzialmente esente da costi. Il comma 6 prevede solo il pagamento di un diritto fisso

a favore dei comuni all'atto della conclusione dell'accordo, ricevuto dall'ufficiale di stato

civile del comune, di importo non superiore all'imposta fissa di bollo prevista per le

pubblicazioni di matrimonio dall'art. 4 della tabella allegato A) al d. p. r. 642\72.

75

�) In particolare, vengono modificati: a) l'art. 49, c. 1, con l’aggiunta, dopo la lett. g-bis),

della lett. g-ter) (annotazione sull’atto di nascita); b) l'art. 63, c. 1, con l’aggiunta, dopo la lettera

g), di una lett. g-ter) (annotazione negli archivi di cui all’art. 10 del d.p.r.); c) l'art. 69, c. 1, con

l’aggiunta, dopo la lett. d-bis), di una lett. d-ter) (annotazione sugli atti di matrimonio. 76

�) Circolare Min. Interno, 1 ottobre 2014, p. 3.