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Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00 L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt Anno CLX n. 172 (48.496) Città del Vaticano giovedì 30 luglio 2020 . y(7HA3J1*QSSKKM( +"!z!/!%!z! L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati chiede un’indagine urgente sulla sparatoria Uccisi in Libia tre migranti Intercettati in mare avevano tentato nuovamente la fuga per non essere riportati nei centri di detenzione TRIPOLI, 29. Un altro dramma lega- to all’immigrazione nel Mediterra- neo. Tre migranti sudanesi sono stati uccisi, e altri quattro feriti in una sparatoria avvenuta la scorsa notte a Khums, est di Tripoli, durante le operazioni di sbarco. I migranti era- no stati intercettati in mare e ripor- tati a terra dalla guardia costiera li- bica. A darne notizia è l'Organizza- zione internazionale per le migrazio- ni (Oim) riferendo che «le autorità locali hanno iniziato a sparare nel momento in cui alcuni migranti, sce- si da poco a terra, avevano cercato di darsi alla fuga». I migranti feriti — stando sempre alle notizie diffuse dall’Oim — sono stati portati in ospedali della zona, mentre la maggior parte dei soprav- vissuti è stata trasferita in centri di detenzione. «Le sofferenze patite dai migranti in Libia sono intollerabili» ha affermato Federico Soda, capo missione Oim in Libia. «L’utilizzo di una violenza eccessiva ha causato ancora una volta delle morti senza senso, in un contesto caratterizzato da una mancanza di iniziative prati- che volte a cambiare un sistema che spesso non è in grado di assicurare alcun tipo di protezione». Da tem- po, l’Oim e numerose ong denuncia- no le terribili condizioni di vita alle quali sono sottoposti i migranti in Libia, spesso in aperta violazione dei diritti umani più basilari. In un comunicato l’Oim ribadisce che «la Libia non è un porto sicuro» e lancia nuovamente un appello all’Unione europea e alla comunità internazionale «affinché si agisca con urgenza per fermare i ritorni in Libia di persone vulnerabili». È ne- cessario — prosegue il comunicato — «mettere in atto uno sistema alterna- tivo che permetta che le persone soccorse o intercettate in mare siano portate in porti sicuri. È altresì ne- cessario che ci sia una maggiore soli- darietà tra gli Stati europei e gli Sta- ti mediterranei che si trovano in pri- ma linea». «L’Alto Commissariato delle Na- zioni Unite per i Rifugiati (Unhcr) deplora la tragica perdita di tre vite umane e chiede un’indagine urgente sulla sparatoria avvenuta al punto di sbarco di Al Khums in Libia la scor- sa notte, a seguito dell’intercettazio- ne di un’imbarcazione da parte della Guardia costiera libica» si legge in una nota dell’Unhcr. «Questo inci- dente mostra che la Libia non è un porto sicuro per lo sbarco» ha di- chiarato Vincent Cochetel, inviato speciale dell’Unhcr per la situazione nel Mediterraneo centrale. Intanto, oggi, la guardia costiera italiana ha coordinato il soccorso di un gommone semiaffondato con 84 persone a bordo in acque libiche. I migranti sono stati recuperati dalla nave Asso 19, in servizio presso le piattaforme Eni ed ora è diretta a Lampedusa. La decisione, spiega la guardia costiera, è stata presa perché né la Libia, né Malta, né un’imbar- cazione in servizio presso le piatta- forme francesi della Total, avevano accettato di intervenire. Non si arrestano, nel frattempo, gli sbarchi di migranti dall’Algeria sulle coste sud-occidentali della Sar- degna, dove dalle 19 di ieri alle 8.30 di questa mattina guardia di finanza e carabinieri hanno intercettato in tutto 49 persone, fra le quali una donna, due adolescenti e due sedi- centi tunisini. I separatisti del sud pronti a un accordo con il governo Yemen: passi avanti nel dialogo SANAA, 29. I separatisti dello Ye- men hanno annunciato oggi la vo- lontà di rinunciare alla propria au- tonomia nel sud del Paese e hanno dichiarato di essere pronti ad attua- re un accordo di pace con il gover- no del presidente Hadi, riconosciu- to dalla comunità internazionale. Il Consiglio di transizione del Sud (Stc) «annuncia che sta rinuncian- do alla sua dichiarazione di auto- nomia per consentire l’attuazione dell’accordo di Riad» si legge in un comunicato. Alla fine di giugno il presidente Hadi, al momento in Arabia Saudi- ta, aveva invitato i separatisti a «porre fine allo spargimento di sangue» e rispettare un accordo di condivisione del potere. Il conflitto tra il governo e i separatisti Stc, in linea di principio alleati contro i ri- belli huthi, rappresenta una guerra all’interno della più vasta guerra ci- vile nello Yemen che vede opporsi i ribelli huthi al fronte costituito dal governo Hadi e dalla coalizio- ne internazionale guidata dall’Ara- bia Saudita. L’accordo di Riad citato nel co- municato del Stc è stato firmato nel novembre 2019 e prevede una condivisione del potere nello Ye- men meridionale tra governo e se- paratisti. Le misure previste dall’ac- cordo, tuttavia, non sono mai state messe in atto a causa della ripresa dei combattimenti. Alla fine di giu- gno, la coalizione militare guidata da Riad aveva schierato nello Ye- men osservatori sauditi per monito- rare un cessate-il-fuoco tra le forze filo-governative e i combattenti se- paratisti nel sud. Il conflitto ha reso ancora più complessa una guerra che, in cin- que anni, ha provocato la morte di decine di migliaia di persone e causato, secondo le Nazioni Unite, la peggiore crisi umanitaria nel mondo. Lo Yemen è il Paese più povero della penisola arabica. Il 30 luglio ricorre la Giornata indetta dall’Onu per sensibilizzare la comunità internazionale Il magistero di Papa Francesco contro la tratta di esseri umani di GIANLUCA BICCINI «U n’attività ignobile, una vergogna per le nostre società che si dicono ci- vilizzate». Sin dall’inizio del pontifi- cato Francesco ha denunciato con forza la piaga della tratta di esseri umani, definendola «la schiavitù più estesa in questo ventunesimo secolo» e facendone uno dei temi ricorrenti del suo magistero. Un’attenzione co- stante, che vale la pena rimarcare in occasione della Giornata mondiale del 30 luglio, indetta dall’Onu pro- prio nel 2013 — l’anno dell’elezione di Bergoglio al soglio di Pietro — con l’obiettivo di sensibilizzare la co- munità internazionale sulla situazio- ne e sui diritti delle vittime di questo vero e proprio «delitto contro l’uma- nità», che — sono ancora parole sue — «riguarda ogni Paese, anche i più sviluppati, e tocca le persone più vulnerabili: donne e ragazze, bambi- ni e bambine, disabili, poveri, chi proviene da situazioni di disgrega- zione familiare e sociale». Il Papa venuto «dall’altra parte del mondo» ha sempre avuto a cuore il destino di quanti cadono nelle ma- glie di questo turpe commercio che, insieme a quello delle armi e della droga, costituisce una delle attività più redditizie per la criminalità orga- nizzata. Lo testimonia in modo ine- quivocabile la sua biografia argenti- na di prete e poi di vescovo nella ca- pitale Buenos Aires. A raccontarlo a «L’Osservatore Romano» pochi giorni dopo il conclave furono il car- tonero Sergio Sánchez — in prima fi- la, accanto ai potenti della terra, tra gli invitati d’onore alla messa per l’inizio del suo ministero petrino — e don Gonzalo Aemilius, il prete uru- guayano (oggi suo segretario partico- lare) salutato dal nuovo vescovo di Roma al termine della sua prima ce- lebrazione domenicale nella parroc- chia di Sant’Anna in Vaticano: Sán- chez rimarcò che Bergoglio si era sempre schierato al fianco dei lavora- tori «contro la tratta degli esseri umani usati come macchine da pro- duzione», il secondo rievocò le gran- di battaglie sostenute da cardinale contro la «schiavitù in tutte le sub- dole forme nelle quali si mostra». A suggellare questa originaria «vo- cazione» di servizio verso gli esclusi, il primo Papa latinoamericano della storia non ha mai più smesso di ri- chiamare la Chiesa — continuando a incalzare anche gli altri leader reli- giosi, i governanti e la comunità in- ternazionale — a iscrivere il tema tra le priorità della propria agenda pa- storale. In un appunto autografo in spagnolo, inviato nell’agosto 2013 al cancelliere delle Pontificie accademie delle Scienze e delle Scienze sociali, il vescovo suo connazionale Marcelo Sánchez Sorondo, chiedeva esplicita- mente: «Credo che sarebbe bene oc- cuparsi di tratta delle persone e schiavitù moderna». Da allora non c’è stata occasione in cui Francesco non sia ritornato su quello che ebbe a definire un crimine di «lesa umani- tà», attraverso ripetuti appelli conte- nuti in discorsi, omelie e documenti, e con iniziative concrete: per esem- pio con la creazione nel 2014 del Gruppo Santa Marta — un’alleanza globale di capi delle polizie, vescovi e comunità religiose — e l’istituzione della Giornata mondiale di preghiera e riflessione che si celebra ogni anno l’8 febbraio, nel ricordo di santa Giuseppina Bakhita, la suora origi- naria del Sudan che da bambina fece la drammatica esperienza di essere venduta come schiava. Del resto, non va dimenticato che, sebbene tale fenomeno venga solita- mente identificato in maniera ridutti- va con gli interessi che ruotano in- torno al mercato dello prostituzione, esso include anche le adozioni illega- li, la vendita di organi e tutti quei la- vori umilianti o illegali nelle fabbri- che, nelle aziende agricole, nelle strutture turistiche, a bordo di im- barcazioni, o nelle case private, fi- nendo col coinvolgere almeno 40 mi- lioni di nuovi «vulnerabili». E l’emergenza sanitaria provocata dal covid-19 ne sta esasperando ulterior- mente in tempo di pandemia gli aspetti più dolorosi, come denuncia- to proprio in queste ore da Caritas internationalis. Allo sterminato “esercito” di invisi- bili, inghiottito nelle maglie di una rete di sfruttamento che trova com- plicità nel cinismo e nell’indifferen- za, si rivolge la sollecitudine di Papa Francesco, soprattutto attraverso il linguaggio dei gesti che nel suo ma- gistero ha un valore del tutto pecu- liare. E così in tanti non hanno di- menticato il 12 agosto 2016, quando Bergoglio si è recato in una struttura romana della «Comunità Papa Gio- vanni XXIII» fondata da don Oreste Benzi, per incontrare 20 donne libe- rate dal racket della prostituzione; o, per fare un esempio più vicino nel tempo, la sua scelta di visitare la Thailandia (a oggi l’ultimo suo viag- gio internazionale, che nel novembre 2019 fece tappa anche in Giappone) per farsi vicino — come disse durante la messa celebrata a Bangkok — a tutti i bambini, le bambine e le don- ne «esposti alla prostituzione e alla tratta, sfigurati nella loro dignità più autentica». Nella consapevolezza che occorre un grande lavoro per innal- zare il livello di attenzione dell’opi- nione pubblica su questa realtà, per squarciare il velo dei silenzi complici, dando voce a ogni singola vittima, affinché nessuno si lasci rubare la speranza di liberazione e di riscatto. Oltre 40 milioni di «schiavi»: Asia e Africa le più colpite Guardare al Crocifisso oggi Nella luce più vera Nell’ultimo libro di Julián Carrón L’inganno della moderazione SILVIA GUIDI A PAGINA 4 Il 29 luglio di centotrenta anni fa moriva Vincent van Gogh Attraversare il mistero per raccontare il fatto sacro MICOL FORTI A PAGINA 5 Il cardinale Becciu per i voti perpetui di trenta suore Contemplazione e azione PAGINA 8 Ultimo lotto dell’asta solidale Volata finale per We Run Together GIAMPAOLO MATTEI A PAGINA 8 ALLINTERNO LABORATORIO DOPO LA PANDEMIA Il libro di Matteo Truffelli “Una nuova frontiera” La promessa mancata della modernità MARCO BELLIZI A PAGINA 3 Nasce il progetto ResQ Essere soccorsi è un diritto LUCA POSSATI A PAGINA 2 GINEVRA, 29. Sono sempre più drammatici i dati sulla tratta nel mondo. Le organizzazioni umanitarie hanno evidenziato, in occasione, domani, della Giornata mondiale contro il traffico di esseri umani, più di 108.000 casi in 164 Paesi nel 2019. Secondo l’Organizzazione internazionale del lavoro (Oil), le vittime della tratta e dello sfruttamento sarebbero oltre 40 milioni, anche se in molti casi il turpe fenomeno rimane sommerso. Sui casi segnalati, il 23 per cento riguarda i minorenni e, in un 1 caso su 20, addirittura a bambini con meno di 8 anni. Asia e Africa sono ancora le regioni più colpite. La crisi scatenata dal covid-19 ha senza dubbio peggiorato la già grave situazione, spingendo lo sfruttamento sessuale dei minori dalle strade all’interno delle case e on line, con un drastico aumento della pedopornografia in Europa. La mancanza di libertà di movimento causata dal lockdown e dalle restrizioni di viaggio adottati in molti Paesi si è tradotta in una minore possibilità di fuggire e di trovare aiuto per le vittime della tratta di esseri umani. Durante la pandemia sono aumentati i casi di violenza ai danni dei minori e il numero di bambini vittime dello sfruttamento on line, al quale sono stati esposti, e sono esporti, quando seguono lezioni a distanza senza il controllo dei genitori. In Italia, in particolare, tra le 2.033 persone prese in carico dal sistema anti-tratta nel 2019, la forma più diffusa di sfruttamento resta quella sessuale (84,5 per cento) che vede come vittime principalmente donne e ragazze (86 per cento). Nonostante l’emersione sia molto più difficile nel caso dei minori, ben 1 vittima su 12 ha meno di 18 anni, il 5 per cento meno di 14. La nazionalità di origine delle piccole vittime è principalmente nigeriana (87 per cento), ivoriana (2,5 per cento) e tunisina (1,9 per cento), Una realtà preoccupante per persone sempre più vulnerabili. In generale, per tratta si intende un’attività criminale finalizzata alla cattura, il sequestro o il reclutamento, nonché il trasporto, il trasferimento, l’alloggio o l’accoglienza di una o più persone, usando mezzi illeciti e ai fini dello sfruttamento delle stesse. di PIERO CODA È un fatto: il Novecento, “il secolo breve” tragicamente piagato dalle mostruose e collettive atrocità che ben cono- sciamo, ha visto stagliarsi nella co- scienza, nel pensiero, nell’esperien- za spirituale, nella teologia — co- me mai sino ad ora era accaduto — il volto straziato del Cristo che, in un estremo atto d’affidamento, gri- da: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?» (Marco , 15, 34; Matteo, 27, 46). In realtà è questo il secolo in cui si è resa epocal- mente manifesta la “morte di Dio” vaticinata da Jean Paul Richter, da Hegel, da Nietzsche, da Heideg- ger — per citare i filosofi, ma si dovrebbero menzionare innumere- voli scrittori, poeti e artisti — e con essa quella tragica morte dell’uo- mo attestata, in varie forme, dalle vicende che ne hanno segnato il percorso. PAGINA 6 NOSTRE INFORMAZIONI Provvista di Chiesa Il Santo Padre ha nominato Vescovo di Balsas (Brasile) il Reverendo Padre Valentim Fagundes de Meneses, M.S.C., finora Superiore Pro- vinciale dei Missionari del Sacro Cuore della Provincia di Rio de Janeiro, con sede a Juiz de Fora-MG. Appello di Caritas internationalis e di Coatnet ai governanti Prendersi cura dei bambini e dei lavoratori stranieri PAGINA 8

Uccisi in Libia tre migranti · Libia, spesso in aperta violazione dei diritti umani più basilari. In un comunicato l’Oim ribadisce che «la Libia non è un porto sicuro» e lancia

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Page 1: Uccisi in Libia tre migranti · Libia, spesso in aperta violazione dei diritti umani più basilari. In un comunicato l’Oim ribadisce che «la Libia non è un porto sicuro» e lancia

Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00

L’OSSERVATORE ROMANOGIORNALE QUOTIDIANO

Unicuique suum

POLITICO RELIGIOSO

Non praevalebunt

Anno CLX n. 172 (48.496) Città del Vaticano giovedì 30 luglio 2020

.

y(7HA

3J1*QS

SKKM(

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!z!

L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati chiede un’indagine urgente sulla sparatoria

Uccisi in Libia tre migrantiIntercettati in mare avevano tentato nuovamente la fuga per non essere riportati nei centri di detenzione

TRIPOLI, 29. Un altro dramma lega-to all’immigrazione nel Mediterra-neo. Tre migranti sudanesi sono statiuccisi, e altri quattro feriti in unasparatoria avvenuta la scorsa notte aKhums, est di Tripoli, durante leoperazioni di sbarco. I migranti era-no stati intercettati in mare e ripor-tati a terra dalla guardia costiera li-bica. A darne notizia è l'Organizza-zione internazionale per le migrazio-ni (Oim) riferendo che «le autoritàlocali hanno iniziato a sparare nelmomento in cui alcuni migranti, sce-si da poco a terra, avevano cercatodi darsi alla fuga».

I migranti feriti — stando semprealle notizie diffuse dall’Oim — sonostati portati in ospedali della zona,mentre la maggior parte dei soprav-vissuti è stata trasferita in centri didetenzione. «Le sofferenze patite daimigranti in Libia sono intollerabili»ha affermato Federico Soda, capomissione Oim in Libia. «L’utilizzodi una violenza eccessiva ha causatoancora una volta delle morti senzasenso, in un contesto caratterizzatoda una mancanza di iniziative prati-che volte a cambiare un sistema chespesso non è in grado di assicurarealcun tipo di protezione». Da tem-po, l’Oim e numerose ong denuncia-no le terribili condizioni di vita allequali sono sottoposti i migranti inLibia, spesso in aperta violazione deidiritti umani più basilari.

In un comunicato l’Oim ribadisceche «la Libia non è un porto sicuro»e lancia nuovamente un appello

all’Unione europea e alla comunitàinternazionale «affinché si agiscacon urgenza per fermare i ritorni inLibia di persone vulnerabili». È ne-cessario — prosegue il comunicato —

«mettere in atto uno sistema alterna-tivo che permetta che le personesoccorse o intercettate in mare sianoportate in porti sicuri. È altresì ne-cessario che ci sia una maggiore soli-

darietà tra gli Stati europei e gli Sta-ti mediterranei che si trovano in pri-ma linea».

«L’Alto Commissariato delle Na-zioni Unite per i Rifugiati (Unhcr)deplora la tragica perdita di tre viteumane e chiede un’indagine urgentesulla sparatoria avvenuta al punto disbarco di Al Khums in Libia la scor-sa notte, a seguito dell’i n t e rc e t t a z i o -ne di un’imbarcazione da parte dellaGuardia costiera libica» si legge inuna nota dell’Unhcr. «Questo inci-dente mostra che la Libia non è unporto sicuro per lo sbarco» ha di-chiarato Vincent Cochetel, inviatospeciale dell’Unhcr per la situazionenel Mediterraneo centrale.

Intanto, oggi, la guardia costieraitaliana ha coordinato il soccorso diun gommone semiaffondato con 84persone a bordo in acque libiche. Imigranti sono stati recuperati dallanave Asso 19, in servizio presso lepiattaforme Eni ed ora è diretta aLampedusa. La decisione, spiega laguardia costiera, è stata presa perchéné la Libia, né Malta, né un’imbar-cazione in servizio presso le piatta-forme francesi della Total, avevanoaccettato di intervenire.

Non si arrestano, nel frattempo,gli sbarchi di migranti dall’Algeriasulle coste sud-occidentali della Sar-degna, dove dalle 19 di ieri alle 8.30di questa mattina guardia di finanzae carabinieri hanno intercettato intutto 49 persone, fra le quali unadonna, due adolescenti e due sedi-centi tunisini.

I separatisti del sud pronti a un accordo con il governo

Yemen: passi avantinel dialogo

SANA’A, 29. I separatisti dello Ye-men hanno annunciato oggi la vo-lontà di rinunciare alla propria au-tonomia nel sud del Paese e hannodichiarato di essere pronti ad attua-re un accordo di pace con il gover-no del presidente Hadi, riconosciu-to dalla comunità internazionale. IlConsiglio di transizione del Sud(Stc) «annuncia che sta rinuncian-do alla sua dichiarazione di auto-nomia per consentire l’attuazionedell’accordo di Riad» si legge inun comunicato.

Alla fine di giugno il presidenteHadi, al momento in Arabia Saudi-ta, aveva invitato i separatisti a«porre fine allo spargimento disangue» e rispettare un accordo dicondivisione del potere. Il conflittotra il governo e i separatisti Stc, inlinea di principio alleati contro i ri-belli huthi, rappresenta una guerraall’interno della più vasta guerra ci-vile nello Yemen che vede opporsii ribelli huthi al fronte costituitodal governo Hadi e dalla coalizio-ne internazionale guidata dall’Ara-bia Saudita.

L’accordo di Riad citato nel co-municato del Stc è stato firmatonel novembre 2019 e prevede unacondivisione del potere nello Ye-men meridionale tra governo e se-paratisti. Le misure previste dall’ac-cordo, tuttavia, non sono mai statemesse in atto a causa della ripresadei combattimenti. Alla fine di giu-gno, la coalizione militare guidatada Riad aveva schierato nello Ye-men osservatori sauditi per monito-rare un cessate-il-fuoco tra le forzefilo-governative e i combattenti se-paratisti nel sud.

Il conflitto ha reso ancora piùcomplessa una guerra che, in cin-que anni, ha provocato la morte didecine di migliaia di persone ecausato, secondo le Nazioni Unite,la peggiore crisi umanitaria nelmondo. Lo Yemen è il Paese piùpovero della penisola arabica.

Il 30 luglio ricorre la Giornata indetta dall’Onu per sensibilizzare la comunità internazionale

Il magistero di Papa Francesco contro la tratta di esseri umanidi GIANLUCA BICCINI

«U n’attività ignobile, unavergogna per le nostresocietà che si dicono ci-

vilizzate». Sin dall’inizio del pontifi-cato Francesco ha denunciato conforza la piaga della tratta di esseriumani, definendola «la schiavitù piùestesa in questo ventunesimo secolo»e facendone uno dei temi ricorrentidel suo magistero. Un’attenzione co-stante, che vale la pena rimarcare inoccasione della Giornata mondialedel 30 luglio, indetta dall’Onu pro-prio nel 2013 — l’anno dell’elezionedi Bergoglio al soglio di Pietro —con l’obiettivo di sensibilizzare la co-munità internazionale sulla situazio-ne e sui diritti delle vittime di questovero e proprio «delitto contro l’uma-nità», che — sono ancora parole sue— «riguarda ogni Paese, anche i piùsviluppati, e tocca le persone piùvulnerabili: donne e ragazze, bambi-

ni e bambine, disabili, poveri, chiproviene da situazioni di disgrega-zione familiare e sociale».

Il Papa venuto «dall’altra partedel mondo» ha sempre avuto a cuoreil destino di quanti cadono nelle ma-glie di questo turpe commercio che,insieme a quello delle armi e delladroga, costituisce una delle attivitàpiù redditizie per la criminalità orga-

nizzata. Lo testimonia in modo ine-quivocabile la sua biografia argenti-na di prete e poi di vescovo nella ca-pitale Buenos Aires. A raccontarlo a«L’Osservatore Romano» pochigiorni dopo il conclave furono il car-t o n e ro Sergio Sánchez — in prima fi-la, accanto ai potenti della terra, tragli invitati d’onore alla messa perl’inizio del suo ministero petrino — edon Gonzalo Aemilius, il prete uru-guayano (oggi suo segretario partico-lare) salutato dal nuovo vescovo diRoma al termine della sua prima ce-lebrazione domenicale nella parroc-chia di Sant’Anna in Vaticano: Sán-chez rimarcò che Bergoglio si erasempre schierato al fianco dei lavora-tori «contro la tratta degli esseriumani usati come macchine da pro-duzione», il secondo rievocò le gran-di battaglie sostenute da cardinalecontro la «schiavitù in tutte le sub-dole forme nelle quali si mostra».

A suggellare questa originaria «vo-cazione» di servizio verso gli esclusi,il primo Papa latinoamericano dellastoria non ha mai più smesso di ri-chiamare la Chiesa — continuando aincalzare anche gli altri leader reli-giosi, i governanti e la comunità in-ternazionale — a iscrivere il tema trale priorità della propria agenda pa-storale. In un appunto autografo inspagnolo, inviato nell’agosto 2013 alcancelliere delle Pontificie accademiedelle Scienze e delle Scienze sociali,il vescovo suo connazionale MarceloSánchez Sorondo, chiedeva esplicita-mente: «Credo che sarebbe bene oc-cuparsi di tratta delle persone eschiavitù moderna». Da allora nonc’è stata occasione in cui Francesconon sia ritornato su quello che ebbea definire un crimine di «lesa umani-tà», attraverso ripetuti appelli conte-nuti in discorsi, omelie e documenti,e con iniziative concrete: per esem-pio con la creazione nel 2014 delGruppo Santa Marta — un’alleanzaglobale di capi delle polizie, vescovie comunità religiose — e l’istituzionedella Giornata mondiale di preghierae riflessione che si celebra ogni annol’8 febbraio, nel ricordo di santaGiuseppina Bakhita, la suora origi-naria del Sudan che da bambina fecela drammatica esperienza di esserevenduta come schiava.

Del resto, non va dimenticato che,sebbene tale fenomeno venga solita-mente identificato in maniera ridutti-va con gli interessi che ruotano in-torno al mercato dello prostituzione,esso include anche le adozioni illega-li, la vendita di organi e tutti quei la-vori umilianti o illegali nelle fabbri-che, nelle aziende agricole, nellestrutture turistiche, a bordo di im-barcazioni, o nelle case private, fi-nendo col coinvolgere almeno 40 mi-lioni di nuovi «vulnerabili». El’emergenza sanitaria provocata dalcovid-19 ne sta esasperando ulterior-mente in tempo di pandemia gliaspetti più dolorosi, come denuncia-to proprio in queste ore da Caritasinternationalis.

Allo sterminato “e s e rc i t o ” di invisi-bili, inghiottito nelle maglie di una

rete di sfruttamento che trova com-plicità nel cinismo e nell’i n d i f f e re n -za, si rivolge la sollecitudine di PapaFrancesco, soprattutto attraverso illinguaggio dei gesti che nel suo ma-gistero ha un valore del tutto pecu-liare. E così in tanti non hanno di-menticato il 12 agosto 2016, quandoBergoglio si è recato in una strutturaromana della «Comunità Papa Gio-vanni XXIII» fondata da don OresteBenzi, per incontrare 20 donne libe-rate dal racket della prostituzione; o,per fare un esempio più vicino neltempo, la sua scelta di visitare laThailandia (a oggi l’ultimo suo viag-gio internazionale, che nel novembre2019 fece tappa anche in Giappone)per farsi vicino — come disse durantela messa celebrata a Bangkok — atutti i bambini, le bambine e le don-ne «esposti alla prostituzione e allatratta, sfigurati nella loro dignità piùautentica». Nella consapevolezza cheoccorre un grande lavoro per innal-zare il livello di attenzione dell’opi-nione pubblica su questa realtà, persquarciare il velo dei silenzi complici,dando voce a ogni singola vittima,affinché nessuno si lasci rubare lasperanza di liberazione e di riscatto.Oltre 40 milioni di «schiavi»: Asia e Africa le più colpite

Guardare al Crocifisso oggi

Nella luce più vera

Nell’ultimo libro di Julián Carrón

L’ingannodella moderazione

SI LV I A GUIDI A PA G I N A 4

Il 29 luglio di centotrenta anni famoriva Vincent van Gogh

Attraversare il misteroper raccontareil fatto sacro

MICOL FORTI A PA G I N A 5

Il cardinale Becciu per i votiperpetui di trenta suore

Contemplazionee azione

PAGINA 8

Ultimo lotto dell’asta solidale

Volata finaleper We Run Together

GI A M PA O L O MAT T E I A PA G I N A 8

ALL’INTERNO

LABORATORIODOPO LA PA N D E M I A

Il libro di Matteo Truffelli“Una nuova frontiera”

La promessa mancatadella modernità

MARCO BELLIZI A PA G I N A 3

Nasce il progetto ResQ

Essere soccorsi è un diritto

LUCA PO S S AT I A PA G I N A 2

GINEVRA, 29. Sono sempre più drammatici i dati sullatratta nel mondo. Le organizzazioni umanitarie hannoevidenziato, in occasione, domani, della Giornatamondiale contro il traffico di esseri umani, più di108.000 casi in 164 Paesi nel 2019. Secondol’Organizzazione internazionale del lavoro (Oil), levittime della tratta e dello sfruttamento sarebbero oltre40 milioni, anche se in molti casi il turpe fenomenorimane sommerso. Sui casi segnalati, il 23 per centoriguarda i minorenni e, in un 1 caso su 20, addirittura abambini con meno di 8 anni. Asia e Africa sono ancorale regioni più colpite.La crisi scatenata dal covid-19 ha senza dubbiopeggiorato la già grave situazione, spingendo losfruttamento sessuale dei minori dalle strade all’internodelle case e on line, con un drastico aumento dellapedopornografia in Europa. La mancanza di libertà dimovimento causata dal lockdown e dalle restrizioni diviaggio adottati in molti Paesi si è tradotta in unaminore possibilità di fuggire e di trovare aiuto per levittime della tratta di esseri umani.

Durante la pandemia sono aumentati i casi di violenzaai danni dei minori e il numero di bambini vittimedello sfruttamento on line, al quale sono stati esposti, esono esporti, quando seguono lezioni a distanza senzail controllo dei genitori.In Italia, in particolare, tra le 2.033 persone prese incarico dal sistema anti-tratta nel 2019, la forma piùdiffusa di sfruttamento resta quella sessuale (84,5 percento) che vede come vittime principalmente donne eragazze (86 per cento). Nonostante l’emersione siamolto più difficile nel caso dei minori, ben 1 vittima su12 ha meno di 18 anni, il 5 per cento meno di 14. Lanazionalità di origine delle piccole vittime èprincipalmente nigeriana (87 per cento), ivoriana (2,5per cento) e tunisina (1,9 per cento), Una realtàpreoccupante per persone sempre più vulnerabili.In generale, per tratta si intende un’attività criminalefinalizzata alla cattura, il sequestro o il reclutamento,nonché il trasporto, il trasferimento, l’alloggio ol’accoglienza di una o più persone, usando mezziilleciti e ai fini dello sfruttamento delle stesse.

di PIERO CODA

È un fatto: il Novecento, “ilsecolo breve” tragicamentepiagato dalle mostruose e

collettive atrocità che ben cono-sciamo, ha visto stagliarsi nella co-scienza, nel pensiero, nell’esp erien-za spirituale, nella teologia — co-me mai sino ad ora era accaduto —il volto straziato del Cristo che, inun estremo atto d’affidamento, gri-da: «Dio mio, Dio mio, perché mihai abbandonato?» (Ma rc o , 15, 34;Ma t t e o , 27, 46). In realtà è questo

il secolo in cui si è resa epocal-mente manifesta la “morte di Dio”vaticinata da Jean Paul Richter, daHegel, da Nietzsche, da Heideg-ger — per citare i filosofi, ma sidovrebbero menzionare innumere-voli scrittori, poeti e artisti — e conessa quella tragica morte dell’uo-mo attestata, in varie forme, dallevicende che ne hanno segnato ilp ercorso.

PAGINA 6

NOSTREINFORMAZIONI

Provvista di ChiesaIl Santo Padre ha nominatoVescovo di Balsas (Brasile) ilReverendo Padre ValentimFagundes de Meneses,M.S.C., finora Superiore Pro-vinciale dei Missionari delSacro Cuore della Provinciadi Rio de Janeiro, con sede aJuiz de Fora-MG.

Appello di Caritas internationalise di Coatnet ai governanti

Prendersi curadei bambinie dei lavoratoristranieri

PAGINA 8

Page 2: Uccisi in Libia tre migranti · Libia, spesso in aperta violazione dei diritti umani più basilari. In un comunicato l’Oim ribadisce che «la Libia non è un porto sicuro» e lancia

L’OSSERVATORE ROMANOpagina 2 giovedì 30 luglio 2020

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Per velocizzare l’avvio del piano di aiuti europeo ai Paesi maggiormente colpiti dalla crisi economica

Von der Leyen, Merkel e Sassolia colloquio sul Recovery fund

Nasce in Italia il progetto ResQ per salvare i migranti

Essere soccorsiè un diritto

BRUXELLES, 29. Il presidente dellaCommissione europea, Ursula vonder Leyen, avrà oggi un colloquiocon il presidente dell’E u ro p a r l a m e n -to, David Sassoli, e con il cancellieretedesco, Angela Merkel, presidentedi turno della Ue, per discutere dicome velocizzare la messa in motodel Recovery fund, a poco più diuna settimana dall’accordo raggiuntodal Consiglio europeo. «L’obiettivodella discussione — ha spiegato ilportavoce dell’Esecutivo Ue, DanaSpinant — è di permettere e di facili-tare la rapida conclusione dei passisupplementari necessari perché ilpiano sia adottato ed entri in vigoreentro la fine dell’anno».

Il Recovery fund è il piano di aiu-ti da 750 miliardi di euro alle econo-mie dei Paesi dell’Ue maggiormentecolpiti dall’emergenza covid-19. Dei750 miliardi euro previsti, 390 miliar-di verranno erogati sotto forma disovvenzioni, che non dovranno esse-re ripagati dai Paesi destinatari,mentre 360 miliardi di euro verrannodistribuiti sotto forma di crediti.

Intanto, in Italia, la Camera deiDeputati ha approvato oggi la riso-luzione di maggioranza che prorogalo stato di emergenza per la pande-mia fino al 15 ottobre. Il documento— già passato ieri al Senato — è statoapprovato con 286 voti a favore, 221contrari e 5 astenuti. Il presidentedel Consiglio dei ministri, GiuseppeConte, ha definito la proroga come«inevitabile e legittima», visto che«il virus continua a circolare». Risal-gono, infatti, contagi e decessi inItalia, come del resto in tante altreNazioni europee.

Nei Paesi Bassi, le autorità sanita-rie riferiscono che 1.329 nuove infe-zioni da covid-19 sono state segnala-te nella settimana tra il 22 ed il 28luglio. Si tratta di 342 casi in più ri-spetto a quelli riportati nella setti-mana tra il 15 ed il 21 luglio e di 795in più rispetto a quella dall’8 al 14.Sono anche stati segnalati 9 decessi,2 in più rispetto alla settimana pre-cedente. Il totale dei contagi neiPaesi Bassi dall’inizio della pande-mia sale a 53.374, mentre i decessisono complessivamente 6.145.

Situazione molto difficile anche inSpagna, che registra — a causa deglieffetti della pandemia — la perdita diun milione di posti di lavoro nel se-condo trimestre dell’anno. Lo rendenoto la stampa spagnola.

Il tasso di disoccupazione è salitoal 15,3 per cento, con un aumento diquasi un punto rispetto allo scorsomarzo. In Catalogna, una delle zonepiù colpite, sono andati persi223.700 impieghi, uno su cinque deiposti di lavoro distrutti in Spagna.Nella regione il tasso di disoccupa-zione ha raggiunto il 12,78 per centoe un drastico aumento anche i con-tagi. Proprio per questo, il governodella Germania ha sconsigliato iviaggi non essenziali nelle regionispagnole della Catalogna, della Na-varra e dell’Aragona, dove nei giorniscorsi è stato registrato un picco dinuovi contagi. La raccomandazionedi Berlino arriva a poche ore da daquella emessa dalla Gran Bretagna,che ha sconsigliato i viaggi non es-senziali in Spagna, imponendo tral’altro la quarantena a chiunque pro-venga dal Paese iberico.

Il ministero della Salute spagnoloha segnalato 905 nuove infezioni dacoronavirus nelle ultime ore, un datoche porta il numero totale dei conta-gi a 280.610 dall’inizio della pande-mia. Il bilancio delle vittime sale co-sì a 28.436.Sassoli, von der Leyen e Merkel nel loro ultimo colloquio a Bruxelles lo scorso 17 luglio (Reuters)

di LUCA M. PO S S AT I

I l Mediterraneo non è più ilmare della vita, culla della ci-viltà occidentale. È divenuto,

purtroppo, un luogo di tragedia edi morte. Un luogo nel quale ognigiorno migliaia di disperati cercanodi raggiungere l’Europa su mezzi difortuna, senza alcuna sicurezza —anzi, nel completo disprezzo dei di-ritti umani più elementari. I gover-ni sono stati finora incapaci di darerisposte adeguate e coordinate.

Con l’obiettivo di dare un segna-le nuovo e lanciare un progettoconcreto è nata ResQ-People Sa-ving People, una nuova associazio-ne che, con una nave, andrà a sal-vare vite nel Mediterraneo. L’ini-ziativa punta a dire basta allo stilli-cidio di vite umane, sia di coloroche muoiono affogati, sia di coloroche vengono riportati nei lager libi-ci. Il progetto è stato presentatooggi, mercoledì, in una videoconfe-renza organizzata dai promotori.

«È un’ottima e cruciale iniziativanel panorama italiano e non solo. Isalvataggi in mare non sono soloresponsabilità italiana, ma soprat-tutto europea» ha spiegato FilippoGrandi, commissario dell’AltoCommissariato delle Nazioni Uniteper i Rifugiati (Unhcr), intervenu-to alla videoconferenza. Uno degliobiettivi cruciali di ResQ è la co-municazione e l’informazione, cioèdare una visione realistica dell’im-migrazione nel mondo. «Quasi il90 per cento di coloro che sono co-stretti a fuggire dalle loro case nonsta in Europa; la percentuale di co-loro che arrivano in Europa è bas-sissima. Ad esempio, l’Uganda, unPaese povero, ha di recente apertole frontiere a centinaia di migliaiadi rifugiati dal Congo» ha sottoli-neato Grandi, mettendo in rilievol’importanza di capire le dimensio-ni del fenomeno. «È immorale ilfatto che ancora discutiamo se sal-vare oppure no. È un obbligo sal-vare i migranti, e questo da ognipunto di vista. Per realizzarlo ab-biamo bisogno della società civile;gli Stati non sono all’altezza delleloro responsabilità. Senza i salva-taggi molte persone perdono la vi-ta» ha aggiunto il commissario.

«L’obiettivo di ResQ è salvarepersone, senza nessun altro fine.Un impegno previsto dalla nostrastessa Costituzione» ha detto ilpresidente onorario dell’asso ciazio-ne, l’ex magistrato Gherardo Co-lombo. «L’articolo 10 della Costi-tuzione italiana dice che le personeche nel loro Paese non possono va-lersi delle libertà democratiche ga-rantite dalla nostra costituzionehanno il diritto di essere accolte.Non è una facoltà o un privilegio.È un diritto» ha aggiunto. «Avre-mo una nave, non saranno mai ab-bastanza, e andremo a salvare tuttele persone che sono in difficoltà inmezzo al mare, la logica è questa:se c’è una persona che sta anne-gando in mezzo al mare la si salva.Lo faremmo per chiunque, di qual-siasi tendenza e qualsiasi opinioneavesse». L’ex magistrato non entrae non vuole entrare nella discussio-ne politica: «Certo non tutti diran-no che facciamo bene, tanti diran-no che facciamo male; a me nonviene da apostrofare come disgra-ziati quelli che la pensano in mododiverso. Piuttosto — ha sottolineato

— con questa iniziativa si può sti-molare il pensiero a riconoscere chetutte le persone sono persone».

L’organizzazione di un progettodi questa portata ovviamente èmolto complessa e implica tuttauna rete di collaborazioni istituzio-nali e non, così come campagne difundraising. Tutto nasce “dal bas-so”, dal personale desiderio di par-tecipazione e di solidarietà: «Nes-suna sigla. Nell’associazione ci so-no anche persone che non lavoranonell’ambito ma che hanno scelto disostenere il nostro progetto. Ci so-no un missionario, uno studente,molti giornalisti, psicologi, architet-ti, medici, bibliotecari e molto al-tro» ha spiegato Sara Zambotta,co-fondatrice di ResQ. «La motiva-zione? Una sola: senso di impoten-za, l’impossibilità di continuare asentirsi così impotenti di fronte allestragi nel Mediterraneo. Il nostromovimento vuole fare rete e colla-borare con chi già salva vite nelMediterraneo».

La nascita di ResQ arriva in unmomento delicatissimo: gli sbarchisulle coste italiane sono ripresi, co-sì come il dibattito politico in Eu-ropa. Ma, come accennato, l’E u ro -pa e il Mediterraneo sono solo unafaccia della medaglia.

Ogni giorno migliaia di rifugiatie migranti muoiono e patisconogravi violazioni di diritti umani du-rante i viaggi irregolari dall’Africaoccidentale e orientale alle costenordafricane. L’ultimo rapportodell’Unhcr — presentato ieri — de-scrive le molteplici modalità in cuila maggior parte dei migranti risul-tano vittime di «episodi di inenar-rabili brutalità e disumanità» permano di trafficanti, miliziani e, inalcuni casi, perfino di funzionaripubblici. «Per troppo tempo, gliatroci abusi subiti da rifugiati e mi-granti lungo queste rotte, via terra,sono rimasti largamente invisibili»commenta l’U n h c r.

I dati che emergono dal rappor-to sono agghiaccianti: almeno 1.750persone hanno perso la vita nelcorso dei viaggi nel 2018 e nel2019. Si tratta di un tasso di alme-no 72 decessi al mese lungo le rottedell’immigrazione in Africa. Questemorti si sommano a quelle dellemigliaia di persone che negli ultimianni hanno perso la vita o sono ri-sultate disperse tentando viaggi di-sperati attraverso il Mediterraneoper approdare in Europa dopo averraggiunto la coste nordafricane.Circa il 28 per cento delle morti re-gistrate nel 2018 e nel 2019 si è ve-rificato nel corso dei tentativi ditraversata del deserto del Sahara.Altre località potenzialmente mor-tali comprendono: Sebha, Cufra, eQatrun nella Libia meridionale,l’hub del traffico di esseri umaniBani Walid, a sudest di Tripoli; enumerose località lungo la parte dirotta che attraversa l’Africa occi-dentale, tra cui Bamako e Agadez.

I trafficanti sono i primi respon-sabili di violenza sessuale in Africasettentrionale e orientale, come re-gistrato nel 90 per cento delle testi-monianze. Un altro dato è ancorpiù preoccupante: in Africa occi-dentale i principali responsabili diaggressioni sono stati funzionaridelle forze di sicurezza, militari odi polizia, avendo commesso unquarto degli abusi denunciati.

Una tre giornisul disarmo nucleare

tra Stati Unitie Russia

VIENNA, 29. È in corso di svolgi-mento a Vienna la tre giorni di col-loqui sul controllo delle armi nuclea-ri tra i rappresentanti degli StatiUniti e della Russia. Un vertice chesegue il negoziato del 22 giugnoscorso tra il vice ministro degli Este-ri russo, Sergei Ryabkov, e l'inviatopresidenziale speciale statunitense,Marshall Billingslea.

Le discussioni tra Washington eMosca vertono principalmente sulNew Start (New Strategic ArmsReduction Treaty). Il New Start èun trattato sul disarmo nucleare fir-mato a Praga l’8 aprile del 2010 daBarack Obama e da Dmitrij Medve-dev e limita il numero delle testatenucleari strategiche che le due su-perpotenze possono dispiegare.L’accordo scade il 5 febbraio del2021. Attualmente, è l'unico patto bi-laterale fra Stati Uniti e Russia, non-ché l'unico trattato ancora vigente inmateria di disarmo nucleare. Il trat-tato New Start limita a 800 i vettoriper il lancio di missili strategici e a1.500 le testate nucleari dislocabili.

Gli Stati Uniti e la Russia, pos-seggono circa il 91 per cento delletestate nucleari del mondo, secondoquanto reso noto dalla Federazionedegli scienziati americani.

Conclusi, invece, i colloqui sullasicurezza spaziale, i primi sul tematra i due Paesi dal 2013. Le delega-zioni di Mosca e di Washington pre-senti nella capitale austriaca nonhanno però rilasciato dichiarazionisull’argomento dopo l’i n c o n t ro .

Il governo turco sospende le esplorazioni energetiche a Kastellorizo

Distensione tra Ankara e Atene

Le richieste del generale Haftarper il cessate-il-fuoco in Libia

Turchia: passala legge

anti-social media

AN KA R A , 29. Il parlamento turco haapprovato oggi una controversa leg-ge che consentirà al governo unmaggiore controllo sui social me-dia. In base alla nuova norma, Fa-cebook, Twitter e Youtube dovran-no avere un referente locale che vi-gilerà sui contenuti e ne decideràl’eventuale rimozione in base alledisposizioni vigenti in Turchia. Lalegge è stata proposta dal partitodel presidente Recep Tayyip Er-doğan, l’Akp.

ATENE, 29. La Turchia sospenderà«per un po’ di tempo» le esplora-zioni energetiche a Kastellorizo.Dopo aver rischiato lo scontro conla Grecia, che aveva messo in «al-lerta intensificata» la sua marinamilitare nell’area intorno alla piùorientale delle sue isole abitate nelmar Egeo, Ankara annuncia unostop a sorpresa come gesto di aper-tura al dialogo. «Il nostro presiden-te ha detto: “Mentre i negoziatiproseguono, siamo costruttivi”» hariferito il portavoce di Recep Ta-yyip Erdoğan, İbrahim Kalin, assi-curando che il suo governo è pron-to a «discutere con la Grecia senzacondizioni». La Grecia «è un no-stro importante vicino» ha aggiuntoil portavoce auspicando che «sicompiano attività congiunte anchenelle zone contese».

Parole accolte come «uno svilup-po positivo» da Atene. «Voglio ri-badire che la Grecia è sempre aper-ta al dialogo con la Turchia, ma undialogo che non sia sotto un regimedi minacce, insulti e tentativi dimetterci di fronte a un fatto com-piuto» ha commentato il ministrodegli esteri ellenico Nikos Dendias.

Nella “de-escalation”, ha riferitoKalin, «un ruolo costruttivo» è sta-to svolto in questi giorni dal cancel-liere tedesco Angela Merkel, che acaldo aveva sentito sia Erdoğan cheil premier greco Kyriakos Mītso-takīs. Ankara chiede però che Atenemetta da parte lo scudo dell’Ue perpoter avviare veri negoziati. Un rife-

rimento anche alle sanzioni ipotiz-zate la scorsa settimana dal presi-dente francese Emmanuel Macronnell’incontro con l’omologo cipriotaNikos Anastasiades per le violazioniturche delle acque territoriali di Ate-

ne e Nicosia.«Risolviamo le nostrequestioni bilaterali in modo bilate-rale. Non si possono ottenere risul-tati utilizzando come strumento dipressione il fatto di essere un mem-bro dell’Ue» ha avvertito Kalin.

TRIPOLI, 29. Le forze del generaleKhalifa Haftar hanno affermatoche un eventuale cessate-il-fuocoin Libia richiederebbe «un’uscitacompleta della Turchia» dal Paesenordafricano. Lo riferisce il sitoLibyan Address, sintetizzando di-chiarazioni rese ieri dal portavocedell’Esercito nazionale libico(Lna), Ahmed al-Mismari,all’emittente Sky News Arabia.«Turchia e Qatar non voglionotrovare alcuna soluzione per porrefine alla crisi libica», ha sostenutoperò Mismari, aggiungendo che

lo Lna «combatterà per liberare laLibia dal colonialismo della Tur-chia e dalle milizie».

Queste dichiarazioni sono giun-te mentre le forze del governo diaccordo nazionale (riconosciutointernazionalmente) del premierlibico, Fayez al Sarraj, stanno at-tendendo una soluzione politicaper entrare a Sirte «in manierapacifica». Lo scrive il sito Middleeast monitor, riportanto una notadi un portavoce delle milizie im-pegnate sul fronte Sirte-al Jufra.

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L’OSSERVATORE ROMANOgiovedì 30 luglio 2020 pagina 3

Trump smentisce tensioni con Fauci

Negli Stati Uniti torna a crescereil numero delle vittime

Wa s h i n g t o nannuncia

una nuova strettasui “d re a m e r ”

WASHINGTON, 29. L’amministra-zione statunitense guidata dalpresidente Donald Trump ha an-nunciato una nuova revisione alprogramma di protezione dei“d re a m e r ”, denominato Daca(Deferred Action for ChildhoodArrivals ), varato dalla preceden-te amministrazione del presidenteBarack Obama.

Le tutele per gli immigrati en-trati illegalmente negli Stati Uni-ti quando erano bambini — se-condo quanto riportato da fontidell’amministrazione — re s t e r a n -no in vigore solo per un altro an-no, con i rinnovi garantiti per ladurata di 12 mesi e valutati casoper caso. L’amministrazione Usarespingerà invece le nuove richie-ste presentate nel quadro del Da-ca, che oggi conta oltre 644 milabeneficiari con un’età media di26 anni.

La decisione era stata annun-ciata nelle settimane scorse dallostesso Trump dopo la sentenzadella Corte Suprema, che avevarespinto la richiesta dell’ammini-strazione Usa di smantellare ilprogramma per i giovani immi-grati, uno dei cavalli di battagliadelle precedente campagna elet-torale del presidente.

Con tale verdetto la Corte ave-va spiegato come l’amministra-zione non avesse fornito un’ade-guata giustificazione legale ma,allo stesso tempo aveva lasciatola possibilità di trovare altre solu-zioni per arrivare a una cessazio-ne del provvedimento introdottonel 2012. Nella sentenza, infatti,si dichiara solo che l’amministra-zione non aveva soddisfatto i re-quisiti procedurali e le sue azionierano «arbitrarie e capricciose».La revisione richiederà probabil-mente almeno 100 giorni, riman-dando qualsiasi decisione finalesul programma a dopo le elezionidel 3 novembre in cui Trump do-vrà battere il democratico Joe Bi-den, per un secondo mandato dap re s i d e n t e .

WASHINGTON, 29. Negli Stati Unitil’emergenza sanitaria legata allapandemia di covid-19 sembrerebbeessere tornata indietro di due mesi emezzo. Ieri sera, infatti, la JohnsHopkins University ha reso notoche, nelle 24 ore comprese tra la se-ra di lunedì e quella di martedì, so-no state registrate 1.592 vittime percomplicazioni legate al nuovo coro-navirus, portando il dato complessi-vo vicino la cifra tonda delle150.000 morti.

Dopo una leggera diminuzionedei nuovi contagi nei due giorniprecedenti, ieri sera il bilancio quo-tidiano dei positivi ha superato nuo-vamente quota 60.000, per un totaledi 4.346.748 casi confermati, più di

un quarto delle infezioni globali.Sono soprattutto Florida, Califor-nia, Texas, Arizona, Carolina delSud e del Nord gli Stati in cui lacurva epidemiologica continua lasua fase di crescita.

Intanto ieri il presidente statuni-tense, Donald Trump, è tornato adifendere l’uso dell’idrossicloro chi-na, il farmaco antimalarico da lui ri-tenuto efficace contro il covid-19,nonostante numerosi studi ne sco-raggino l’utilizzo. «Molti medicipensano che l’idrossiclorochina ac-coppiata con lo zinco e forse l’azi-tromicina abbia un enorme succes-so» ha detto in conferenza stampa.«Come sapete l’ho presa per un pe-riodo di 14 giorni. E sono qui. Miviene da pensare che funzioni nelleprime fasi» della malattia, ha ag-giunto.

L’inquilino della Casa Bianca, inuna conferenza stampa trasmessa indiretta su Twitter, si è poi sofferma-to sull’approvazione in tempi moltorapidi di un vaccino contro il coro-navirus, sottolineando come gli StatiUniti siano il Paese che ha fatto piùdi ogni altro in termini di tamponisulla popolazione, distribuzione dimascherine e guanti. Ha poi negatotensioni con il dottor Anthony Fau-ci, elemento di spicco tra gli espertimedici della task force Usa contro ilcovid-19 e direttore dell’Istituto na-

zionale di allergie e malattie infetti-ve. Pur ammettendo di aver avutoopinioni diverse su alcuni punti, ilpresidente Usa ha rivendicato che«Fauci lavora per questa ammini-strazione», affermando sarcastica-mente quanto «sia curioso che luilavora con noi ed è cosi stimato maa nessuno piaccio io... Sicuramentedipende dal mio carattere...».

Il virologo statunitense, da partesua, ieri, intervistato da una tv ita-liana (La7), ha dichiarato che la re-sponsabilità della situazione sanita-ria negli Stati Uniti — non usciti as-solutamente dalla prima ondata —non è dei politici. «Il problema èche la cittadinanza negli Usa ha unrapporto combattuto con le misuredi sanità pubblica. In molti hannoignorato il distanziamento sociale enon hanno indossato la mascherina.È anche mancata una uniformità direazione e quindi abbiamo una si-tuazione a macchia di leopardo» haaffermato Fauci, aggiungendo che«la colpa, quindi, non è dei politici,ma della configurazione del Paese.Alla gente non piace ascoltare cosadeve fare da parte delle autorità sa-nitarie e questo è un problema».

Il sindaco di Washington, MurielBowser, ha deciso di imporre laquarantena a chiunque provenga da27 Stati americani.

Mentre in Honduras si va verso una parziale riapertura delle attività commerc i a l i

Il Messico oltre la sogliadei 400.000 positivi

Condannatoex premier

della Malaysia

KUA L A LUMPUR, 29. L’ex primoministro della Malaysia, NajibRazak, è stato condannato ieri a12 anni di carcere per il suo ruolonello scandalo multimiliardariodel fondo malese “1Mdb”.

Najib (a capo del governo perquasi dieci anni) è stato giudicatocolpevole di sette capi di imputa-zione per i reati di abuso di pote-re, riciclaggio di denaro e viola-zione di doveri fiduciari.

L’Alta Corte di Kuala Lumpurha inoltre ordinato a Najib di pa-gare una multa di 210 milioni diringgit (circa 42 milioni di euro)dopo la sua condanna per settecapi d’accusa legati al saccheggiodel fondo sovrano del Paese. Senon corrisponderà la cifra dovuta,l’ex premier dovrà scontare cinqueulteriori anni dietro le sbarre.

Rimpasto di governoin Cile

SANTIAGO DEL CILE, 29. Dopo lasconfitta politica legata all’a p p ro v a -zione della legge che consente il ri-tiro anticipato del 10 per cento deldenaro versato nei fondi pensioni, ilpresidente cileno Sebastián Piñeraha adottato ieri cambiamenti nelsuo esecutivo. Si tratta del quintorimpasto di governo da quando èsalito al potere nel marzo 2018, ilquarto dall’inizio della pandemia dicovid-19 che in Cile, a oggi, ha fat-to registrare 350.000 contagi circa e9.240 decessi.

La decisione — giunta per rimo-dulare gli equilibri della coalizionedi maggioranza — include i Mini-steri più importanti: gli Interni, laDifesa, gli Esteri e lo Sviluppo so-ciale. Piñera, che ha anche annun-ciato il cambio del portavoce e delsegretario generale della Presidenza,ha affermato che «ci sono molti eimpegnativi problemi e sfide che

dovremo affrontare, e opportunitàda promuovere». Al Ministerodell’Interno, al posto del giovaneGonzalo Blumel è stato nominato ilsenatore esperto Víctor Pérez, delpartito Unione democratica indi-pendente (Udi). Al Ministero degliEsteri, Teodoro Ribera lascia il po-sto al senatore di RinnovamentoNazionale (Rn) ed ex ministro del-la Difesa, Andrés Allamand, soste-nitore del “no” al prossimo referen-dum del 25 ottobre, con cui i cilenidecideranno se volere una nuovaCostituzione. Alla Difesa Piñera hanominato il presidente di Rn, il de-putato Mario Desbordes, che dalloscoppio delle proteste sociali, a ot-tobre 2019, ha assunto posizioni piùmoderate e più vicine ai cittadini.

Nuovo portavoce è stato nomina-to Jaime Bellolio (Udi), che sosti-tuirà Karla Rubilar, divenuta mini-stro dello Sviluppo sociale.

In occasione della festività musulmana dell’Eid al-Adha

I talebani annunciano una tregua in Afghanistan

KABUL, 29. I talebani hanno annun-ciato un cessate-il-fuoco in Afghani-stan di tre giorni, durante l’Eid al-Adha, la festa musulmana del sacri-ficio. «Tutti i mujaheddin hannol’ordine di astenersi dal compierequalsiasi operazione contro il nemi-co durante l’Eid al-Adha», ha preci-sato in una nota il portavoce dei ta-lebani, Zabihullah Mujahid.

Anche se solo di tre giorni, la tre-gua è stata accolta positivamentedalla Nato, dagli Stati Uniti e dalgoverno di Kabul. «È un passo im-portante nel processo di pace afgha-no», ha riferito l’Alleanza atlanticain un tweet. «Ciò — è stato aggiun-to — deve portare all’avvio il primapossibile dei negoziati intra-afghani.Il popolo afghano merita la pace».

«Gli afghani meritano di celebra-re la festività in pace. Mi aspettoche tutte le parti rispettino gli impe-gni e si muovano rapidamente per

le trattative per un accordo», hadetto Ross Wilson, il rappresentantediplomatico statunitense a Kabul.

Il presidente afghano, AshrafGhani, ha auspicato di avviare col-loqui di pace con gli insorti «entro

una settimana», in seguito al com-pletamento dello scambio dei pri-gionieri. Per dimostrare l’imp egnodel governo — ha aggiunto il presi-dente — presto completeremo il rila-scio di 5.000 prigionieri talebani».

Una paziente messicana affetta da covid a Città del Messico (Reuters)

CITTÀ DEL ME S S I C O, 29. Il Messicoha superato la barriera dei 400.000casi positivi al nuovo coronavirus, esono quasi 45.000 le persone nelPaese che hanno perso la vita per lecomplicazioni legate alla pandemia.Secondo l’ultimo bilancio quotidia-no fornito dalle autorità sanitariemessicane, nelle ultime 24 ore sonostati 854 i decessi e 7.208 i nuovicontagiati, portando così a 402.697 iltotale dei positivi. In questa situa-zione di continua crescita della curvaendemica, il sottosegretario per laprevenzione e la promozione dellaSalute, Hugo López-Gatell, ha rac-comandato l’uso della mascherina eil rispetto del distanziamento socialecome mezzi utili per evitare uneventuale contagio.

L’Honduras, dove a marzo erastato imposto il coprifuoco, ha an-nunciato, a partire da oggi, la par-ziale riapertura di alcune attivitàcommerciali, ad eccezione di bar, di-scoteche e cinema. I negozi e le im-prese potranno riprendere la propriaattività tra le 7:00 e le 17:00, ha di-chiarato la presidenza in una nota.Ma nei fine settimana, la misura in-teresserà solo farmacie, supermercatie ristoranti che offrono servizi diconsegna a domicilio. Nelle aree conancora un alto tasso di infezioni, co-me la capitale Tegucigalpa, le impre-se potranno riaprire con il 20 percento dei loro dipendenti.

Mezzo militare afghano nella provincia di Ghazni (Reuters)

Il libro di Matteo Truffelli «Una nuova frontiera»

La promessa mancatadella modernità

LABORATORIOD OPO LA PA N D E M I A

«Per chi è responsabile la domanda ultima non è:

come me la cavo eroicamente in quest’a f f a re ,

ma: quale potrà essere la vita della generazione che viene» (D. Bonhoeffer)

di MARCO BELLIZI

Q uando ha scritto «Una nuo-va frontiera. Sentieri per unaChiesa in uscita» (Editrice

Ave, Roma, 2020, euro 11, pagg.129) il presidente dell'Azione Catto-lica, Matteo Truffelli, non potevacerto immaginare quanto stava peraccedere di lì a poco. O, almeno,non poteva prevedere la forma chela crisi incipiente del mondo moder-no avrebbe assunto, lo sconvolgi-mento di un pianeta improvvisa-mente orfano di relazioni e assetatodi fraternità. Sebbene non sia passa-to poi così tanto tempo da quelgennaio scorso di un mondo che fu,il volumetto scritto per la serie“Mongolfiera. Appunti per un'ACche si rinnova”, si presenta quasi co-me un'involontaria istantanea di un“come eravamo” alla vigilia di quel-la che passerà alla Storia come la“grande epidemia”. Un evento che,appunto, ha spinto l'umanità interaa rimettersi in cammino, seppurevirtualmente, verso nuove frontiere.

Il problema di fondo, come spes-so accade quando si comincia unviaggio, è cosa portarsi dietro e cosa

lasciarsi alle spalle. E qui Truffellifornisce un suggerimento difficileda ignorare. «La nostra “nuovaf ro n t i e r a ”», scrive quando è da pocotrascorso il cinquantesimo anniver-sario della missione dell'Apollo 11,«la nostra luna da raggiungere, è unmondo in cui la fraternità possasmettere i panni di promessa manca-ta della modernità».

Intendiamoci. La pandemia, daun parte, come un abile caricaturi-sta, ha acceso, è vero, i riflettori sualcuni aspetti grotteschi del nostrovivere. Ma dall'altra ci ha reso fintroppo facili e insinceri predicatoridi pentimento e contrizione, inde-fessi critici delle storture del pro-gresso, improvvisati paladini dellasolidarietà e della vicinanza (la no-stalgia degli altri, purtroppo, è sem-pre molto più che proporzionale al-la distanza che ci separa). Non è ilcaso, evidentemente, di Truffelli, ilquale, in tempi non sospetti, scrive:«La fraternità deve poi essere vissu-ta e condivisa nella realtà, dentrol'esistenza del mondo, nei luoghidella vita quotidiana: con chi incon-triamo sul posto di lavoro, a scuola,per strada, nelle relazioni interper-sonali e negli spazi pubblici, neimeccanismi del confronto politico,dentro il dibattito culturale».

Era, come detto, il gennaio del2020. Di lì a poco, avremmo speri-mentato tragicamente quanto la fra-ternità non sia un optional, un di-letto da religiosi o da dotati filan-tropi, ma l'indispensabile presuppo-sto della nostra sopravvivenza suquesto pianeta. E soprattutto avrem-mo capito (forse) che la vita, se nonla nostra coscienza o la nostra fede,ci impone di praticare questo senti-mento non solo con chi è più pros-simo ma con chiunque condividacon noi semplicemente la condizio-ne di essere umano. «Vivere la fra-ternità è, allora, — scrive ancoraTruffelli — anche questione di tempie di priorità: il desiderio di accoglie-re la sfida di questa nuova frontieraci deve portare a domandarci sequello che siamo e che facciamo, sei modi e i tempi con cui sono pen-sate e realizzate le nostre iniziativefiniscono per favorire o, piuttosto,per ostacolare la possibilità di con-dividere fraternità con tutti, dentroe fuori l'associazione, dentro e fuorila comunità ecclesiale. Se ci induco-no a passare tutto il tempo con chigià è nostro fratello e nostra sorella,

con chi già la pensa come noi e vivecome noi — rischiando di fare dellenostre attività, del nostro linguaggioe dei nostri “riti” delle gabbie chenon permettono agli altri di entraree che tengono noi rinchiusi, ostaggidi noi stessi — oppure se ci aiutanoa “condividere la vita della gente eimparare a scoprire quali sono i suoiinteressi e le sue ricerche, quali sonoi suoi aneliti e le sue ferite più pro-fonde; e di che cosa ha bisogno danoi (Papa Francesco, Discorso aipartecipanti al congresso del ForumInternazionale dell'Azione Cattolica,27 aprile 2017)”».

Se la riscoperta della fraternità è— non solo per l'Azione cattolicaevidentemente — la premessa diqualsiasi rinnovamento che sia por-tatore di un senso, la pratica e ladeclinazione della stessa corrono suuna strada tutt'altro che facile. Laprima indicazione è quella dell'a-scolto. L'essere “p op olari”, che Truf-felli indica come stile della sua asso-ciazione, vuole dire anzitutto condi-visione e passa quindi per l'ascoltoprofondo delle ragioni di chi non èuguale a noi. «Ci è chiesto anchequi — si legge ancora nel libro — unesercizio difficile, che consiste nel-l'abbandonare l'idea che ci sia un'u-nica possibile traduzione dei lavoriin cui crediamo e della fede che vi-viamo».

L'accettazione della molteplicitàdelle risposte, tuttavia, è legata adoppio filo all'inevitabilità di unascelta. In un mondo da ridisegnarenon si può essere neutrali. Occorreallora «ribadire e rilanciare il valoredella politica», per affrontare legrandi questioni del nostro tempo,la prima delle quali è la crescentediseguaglianza. Senza paura discontentare qualcuno: non si puòessere fraterni senza sporcarsi le ma-ni. Eppure, «nella comunità eccle-siale — osserva il presidente di Ac —prevale la tentazione di evitare didiscutere le questioni politiche pertimore delle contrapposizioni cheesse inevitabilmente comportano.Una divisione che possiamo assu-mere positivamente solo se sappia-mo che ben più radicali sono le ra-gioni dell'unità». Quando si è saldinelle scelte, quando si è “comp eten-ti” circa la propria identità, il con-fronto non spaventa. E «solo così —avverte Truffelli — potremo sottrarcialla tentazione, sempre incombente,di “tirare il Vangelo per la giacca».

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 4 giovedì 30 luglio 2020

gono con l’automoderazione: che ciaccontentiamo di poco. L’ingannocomincia quando cominciamo a sot-tovalutare l’enormità dei nostri biso-gni e ci mettiamo a pensare che bi-sogna commisurarli alle nostre forze,che sono naturalmente limitate». Diconseguenza, ci conformiamo «a de-sideri finti come quelli della pubbli-cità, prendendo come traguardi deirisultati qualsiasi, non facciamo più inostri veri interessi, non facciamopiù quello che c’interessa veramente,non cerchiamo più la nostra conve-nienza» autentica; «in pratica, fini-sce che fatichiamo di più per guada-gnare meno». Abbassiamo l’asticelladel nostro desiderio, cercando di in-gannare il nostro cuore. La minacciapiù insidiosa del nostro tempo èproprio il misconoscimento della au-tentica statura del desiderio umano,ripete Carrón.

C. S. Lewis, con la consueta luci-dità, mette in bocca questo concettoal giovane “apprendista diavolo”Berlicche in una delle sue celeberri-me L e t t e re : «Le più profonde simpa-tie e i più profondi impulsi di qual-siasi uomo sono la materia prima, ilpunto di partenza, del quale il Ne-

comunque sempre più o meno ugua-li) delle nostre agende. La presenzamisteriosa dell’amore di Dio, che sipalesa di colpo nelle circostanze piùimprevedibili, invece, è come «un ri-to che proviene da una terra lonta-nissima» (Daniele Mencarelli); c’èbisogno dell’aiuto della letteraturaper rendere più visibile e comprensi-bile l’itinerario del pensiero. DonJulián Carrón, per parlare dellascandalosa realtà dell’incarnazione,della presenza di Dio nella realtàpiù normale e quotidiana, nel pre-sente più opaco e ordinario, cita unpasso del romanzo La casa deglis g u a rd i dello scrittore romano, pla-nando dai percorsi d’altura della ri-cerca accademica al livello delle do-mande semplici dell’uomo della stra-da, non necessariamente cristiano,domande scomode, che è facile“mettere nel cassetto” e censurare.Per mettere, davvero, alla prova la“p re t e s a ” del cristianesimo, Carrónnon esita ad affondare il bisturi dellasua indagine nella ferita più doloro-sa, il mistero della sofferenza e delmale, nervo scoperto e punto deboledi ogni teodicea che si basa solo susillogismi astratti.

giornata di lavoro in ospedale, vedeun’immagine inspiegabile, disturban-te, che non riesce a togliersi dallamente: un’anziana suora che bacia ilvolto di un neonato sfigurato dallamalattia. Il piccolo ride felice tra lebraccia dei suoi genitori, che chiac-cherano con la suora, e questo ren-de, paradossalmente, questo qua-dretto familiare ancora più assurdo.Una recita ben orchestrata per simu-lare un’impossibile serenità, si chiedelo scrittore, o forse «un rito che pro-viene da una terra lontanissima» dicui si è perso il significato, qualcosadi arcaico e contemporaneo al tem-po stesso, il bagliore di una gioia«aliena» impossibile da spiegare,proveniente da una sorgente miste-riosa. «Questa cara gioia sopra laquale ogni virtù si fonda onde tivenne?» chiede Dante in un passoceleberrimo della sua Commedia, un

la distrazione, usata da ogni potereper separarci da noi stessi, mostra lacorda appena la realtà torna a scuo-terci, come abbiamo visto in questitempi di pandemia, bucando la bolladegli inganni consueti. Con la di-strazione, per usare una frase delrapper Marracash, che sembra unepitaffio, «riempio il tempo, ma nonil vuoto».

Ma il disagio che proviamo puòdiventare il nostro migliore alleato,un’occasione di risveglio; «l’unicacondizione per essere sempre e vera-mente religiosi è vivere sempre in-tensamente il reale» scrive don LuigiGiussani in tanti dei suoi libri. Sequalsiasi circostanza è un’o ccasionepreziosa per camminare, allora, dav-vero, Caro cardo salutis, la carne è ilcardine della salvezza. Una frase diTertulliano che può sembrare enig-matica, ma il suo significato si chia-risce appena guardiamo alla nostraesperienza: «Che cosa — se è capita-to, quando è capitato — è stato ingrado di strapparci dal nulla?» cichiede Carron. Queste parole diven-tano comprensibili se pensiamo alla“carne” delle nostre giornate, degliimpegni (apparentemente scialbi, o

taccato al sistema e alla deduzioneastratta che sarebbe pronto ad alte-rare premeditatamente la verità, epronto «a non vedere vedendo enon udire udendo, pur di giustifica-re la propria logica» (stavolta la cita-zione proviene dal Dostoevskij diMemorie dal sottosuolo).

«Che cosa ha calamitato Menca-relli? Una diversità umana. Davantial volto completamente sfigurato diquel bambino, la suora non si è ri-tratta, ha anzi avuto per lui una te-nerezza, una simpatia profonda, ver-tiginosa, carnale, una simpatia nelsenso intenso del termine, un vortice

di affezione, che aveva qualcosa dicosì abissalmente umano da apparirepiù che umano, straniero, divino. Achi non piacerebbe essere guardatocon quella tenerezza con cui la suoraha guardato quel bimbo?». Carróninterpella direttamente il lettore, cer-to che «nulla di ciò che l’uomo creao di ciò che rimane sul pianodell’uomo potrà strappare l’uomo al-la sua solitudine, come scrive Henride Lubac — la solitudine, anzi, si ac-crescerà sempre di più man manoche egli scopre se stesso, perché essanon è altro che il contrario della co-munione alla quale egli è chiamato».

Nell’ultimo libro di Julián Carrón, «Il brillìo degli occhi. Che cosa ci strappa dal nulla?»

L’ingannodella moderazione

René Magritte, «La reproduction interdite» (1937, particolare)

Le qualità di un amicoI versi del poeta esule greco Teognide e la giornata mondiale dell’amicizia

Carrón non esita ad affondare il bisturi della sua indaginenella ferita più dolorosail mistero della sofferenza e del malenervo scoperto e punto debole di ogni teodiceache si basa solo su sillogismi astratti

di SI LV I A GUIDI

Come sarebbe comodoignorarlo, questo imba-razzante desiderio di es-sere amati che ci acco-muna tutti (ricchi o po-

veri, sapienti o sprovveduti, giovanie meno giovani); come sarebbe (ap-parentemente) più facile la vita. Par-te da questa provocazione, don Ju-lián Carrón nel suo ultimo libro, Ilbrillìo degli occhi. Che cosa ci strappadal nulla? (Milano, Editrice NuovoMondo, 2020, pagine 157, euro 4)per sottolineare la forza dirompentedei nostri desideri più veri, che rie-mergono tenaci, refrattari a ogni ten-tativo di censura o di anestesia.

Lo scrive a chiare lettere lo scritto-re francese Michel Houellebecq inuna lettera indirizzata a Bernard-He-nry Lévy citata molte volte dall’auto-re del libro per la sua pacata fran-chezza: «Mi riesce penoso ammette-re che ho provato sempre più spessoil desiderio di essere amato (…) Unminimo di riflessione mi convinceva(…) ogni volta dell’assurdità di talesogno (…). Ma la riflessione nonpoteva farci niente, il desiderio per-sisteva e devo confessare che persistetuttora». Una «malattia» di cui nonci si riesce a liberare. «Questo ar-dente desiderio del vero, del reale,del non apparente, del certo, comelo detesto!» scriveva, a fine Ottocen-to, Friedrich Nietzsche, scambiandol’amore per una pericolosa forma disentimentalismo. Spiace ammetterlo,ma nel modo con cui guardiamo ilmondo spesso siamo fratelli dellamalinconico disincanto di MichelHouellebecq e figli del delirante ni-chilismo dell’autore della Gaia Scien-za.

L’uomo moderno si sente perse-guitato da questo desiderio di Bel-lezza e di bene come da un aguzzi-no «tetro e appassionato» come scri-ve Nietzsche, e si accontenta, spesso,di surrogati tristi, totalmente inade-guati a colmare l’ampiezza della suadomanda, ma a portata di mano.

I tentativi di riduzione e di ma-scheramento del desiderio sono con-tinui e capillari, fa notare Luisa Mu-raro: «L’obiezione e l’inganno ven-

mico [Dio] lo ha fornito. Allonta-narlo da essi è sempre un puntoguadagnato; perfino in cose indiffe-renti è sempre desiderabile sostituirele misure del mondo, o della con-venzione, o della moda, al posto diciò che veramente piace o dispiace aun essere umano».

Questa è la tattica diabolica: al-lontanarci dai nostri impulsi piùprofondi, dai nostri desideri costitu-tivi, distraendoci; il verbo greco dia-bàllein, da cui deriva la parola “dia-volo”, infatti significa separare. Ma

Ecco il motivo della citazione daLa casa degli sguardi: non una deco-razione accessoria, ma un punto dicontatto con l’“io” di chiunque leggail libro. Un gancio per l’attenzionedei non addetti ai lavori, ma ancheuna scossa all’abitudine con cuispesso chi vive il cristianesimo dàper scontate parole urticanti, scon-volgenti nella loro portata di novitàe di cambiamento.

Nel suo libro, Mencarelli raccontaun’esperienza che ha vissuto in pri-ma persona. Durante un’o rd i n a r i a

condensato di teologia in poche sil-labe. Non siamo noi a scegliere lamodalità dell’irruzione di questa«presenza aliena» nella nostra vita.Lo scrittore — scrive Carrón — hacercato di spiegare, di ricondurre alnoto, al prevedibile, al comprensibi-le, l’eccezionalità che aveva visto,che aveva invaso i suoi occhi («qual-cosa di umano e al tempo stessostraniero») che l’aveva attirato, e inun certo senso, «inchiodato». Quan-te volte — continua l’autore del libro— cerchiamo ostinatamente di ridur-re la diversità che vediamo a una no-stra misura! L’uomo è talmente at-

Pablo Picasso, «Ritratto di Dora Maar» (1937, particolare)

di LUCIO CO CO

Teognide fu un poetaesule greco vissuto traVI e V secolo a.C. dicui si è conservato unlibro, le Elegie, il cui

contenuto è soprattutto sentenzio-so e che, con molta probabilitànon è neppure tutto suo, per viadelle diverse stratificazioni gnomo-logiche che si sono aggiunte adesso nel corso dei secoli.

Nei suoi versi è contenuta moltasapienza greca, un distillato di os-servazioni e di lezioni di vita rica-vato soprattutto dalle sue espe-rienze di uomo lontano dalla pa-tria, che ha dovuto, per vivere,avere necessariamente rapporti conaltra gente, che ha dovuto sconta-re il disinganno e l’amarezza delledelusioni ma che pure, quasi incontroluce, riesce a dare un’imma-gine molto forte dei rapporti uma-ni e tra questi sicuramente un po-sto importante lo occupa nel suolibro il sentimento dell’amicizia.Le Elegie danno un’immagine net-ta di quanto sia importante perl’uomo questo affetto e traccia unperimetro attorno a essa che miraa definirla e che nello stesso servea preservarla e custodirla meglio.

Quali sono dunque per Teogni-de le qualità di un amico? Innan-zitutto la capacità di adattamento:«Anima mia, a seconda degli ami-ci fai variare/ il tuo carattere, ade-gua la tua indole a quella/ diognuno; segui l’istinto del polipodai molti tentacoli,/ che assomi-glia alla pietra a cui resta stretto»(citazione dall’edizione Edmonds;la traduzione è di chi scrive).L’amicizia richiede proprio questasensibilità, questa «facoltà mimeti-ca», direbbe Walter Benjamin, diaderire con il proprio carattere aquello altrui. A suo modo è questauna particolare forma di attenzio-ne che rappresenta quasi il presup-posto di ogni amicizia.

Poi nella scala di valori rappre-sentata dal poeta di Megara permantenere salda un’amicizia c’è lacomprensione: «Non perdere unamico per un motivo banale/ con-vinto da un’accusa ingiusta»; oc-corre infatti ricordare che «gli er-rori vanno con gli uomini» e che«solo gli dei non devono portarse-li con sé», perciò avendo a che fa-re con un amico, tenere semprepresente che «diversi difetti sononegli uomini», ma che, allo stessotempo, «diverse sono anche le vir-tù e le qualità».

La nobiltà di questo sentimentoè comprovata anche dal caratteredella non invadenza che esso deveconservare. L’invito infatti è quello«di non lamentarsi troppo neiguai» e a non richiamare troppol’attenzione su di sé: «Se qualcosanon va», oppure «se si sta male».L’ideale per costruire l’amicizia èquello apollineo della misura,dell’equilibrio, del rispetto che de-ve sempre innervare e animare ilrapporto. Perciò egli guarda con

orrore alla condizione di chi è co-stretto a dire: «Me misero, sonodiventato una gioia per i nemici eun cruccio per gli amici per viadelle mie sofferenze».

Un’altra virtù importante cherende solida l’amicizia è la sinceri-tà. Egli ricorda infatti che «chipensa diversamente da come parlaè un cattivo compagno: meglio ne-

le:/ più triste dell’esilio questa pe-na». Così, quasi come un contrap-punto all’ideale alto di amiciziache le sue sentenze tratteggiano, sipossono avvertire nei suoi disticielegiaci le note basse della delu-sione e della disillusone che de-scrivono bene i mali che possonoattaccare alla radice questo senti-mento.

mico che amico» e invita a «nonlodare nessun amico se è malva-gio». In questa costellazione divirtù che definisce l’amicizia c’èanche posto per la fiducia, nella

Per tale motivo sono sicuramen-te frutto di situazioni di vita nonsempre fortunate e felici, afferma-zioni, improntate certamente apessimismo, come: «Non confida-re sempre a tutti ciò che ti accingia fare: pochi sono gli amici vera-mente fidati»; oppure: «Fidando-mi ho perso tutto, non fidandomil’ho salvato/ amare verità entram-be»; o anche: «Beato e fortunato efelice chi, senza aver sofferto,/scende nella nera dimora di Ade,prima di aver fatto esperienza/delle offese dei nemici, della vio-lenza della necessità/ e provatoquale animo abbiano gli amici».

Eppure anche attraverso il nega-tivo che il poeta di Megara trat-teggia e evoca, torna a delinearsichiara e netta l’immagine dell’ami-cizia che Teognide vagheggia: unsentimento puro e nobile, ispiratoa disinteresse, a comunione d’in-tenti e a solidarietà fraterna, chetrova forse in questo pensiero diun altro greco, il filosofo Demo-crito di Abdera forse la sua sintesimigliore: «Non è degno di viverechi non ha neppure un solo buonamico».

Capacità di adattamento, comprensionenon invadenza, sincerità e fiduciaSono questi gli ingredienti indispensabili per costruireun rapporto fraterno ispirato a disinteressecomunione d’intenti e solidarietà

consapevolezza che «è dif-ficile per un nemico ingan-nare un nemico,/ facile perl’amico ingannare l’ami-co”.

Teognide, come si è ac-cennato, era un uomo cheera stato provato dalla vita.Egli infatti aveva dovutolasciare la sua patria greca,Nisea, città dorica sull’ist-mo di Corinto, al tempodelle lotte tra aristocratici(la sua classe di apparte-nenza) e democratici. Nel-la sua vita aveva dovutofare i conti con la condi-zione di esule e natural-mente si era fatta una certaesperienza degli uomini.Perciò riferendosi al suostato di apolide a un certopunto arriva a scrivere aproposito dell’amicizia:«Nessun amico e nessuncompagno fedele per l’esu-August Macke, «Quattro ragazze» (1912–1914)

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L’OSSERVATORE ROMANOgiovedì 30 luglio 2020 pagina 5

Verità e Bellezza ne «La Pietà» dell’artista olandese

Attraversare il misteroper raccontare il fatto sacro

L’ultimo quadroScoperto il luogo dove l’artista realizzò «Radici di albero», dipinto il giorno della sua tragica morte

«Radici di albero» (1890)

Perché i soggetti sacri da lui dipintisono opere copiate da altri autori?Perché per dipingere il corpo sofferente di Gesùe la tenerezza della Madreè necessario aver visto, vissuto e capito le pieghepiù oscure e più luminose del realeSu questo versante gli artisti cui si ispirò sono pochiDa Rembrandt a Manet, da Delacroix a Millet

«Pietà» (1889, Musei Vaticani. Foto © Governatorato SCV – Direzione dei Musei)

Il 29 luglio di centotrenta anni fa moriva Vincent van Gogh

di MICOL FORTI

Vincent van Gogh ha spe-so la sua breve vita nellaricerca, intensa, vitale, di-sperata, della Verità edella Bellezza. Una Veri-

tà e una Bellezza che attraverso lapittura — il linguaggio che avevascelto per capire e comunicare con ilmondo — fossero capaci di accoglie-

re le fragilità dell’uomo, di sostener-lo nei dubbi e negli errori, di lenirele sue sofferenze, di accompagnarlonelle sue gioie.

Forse è per questo che, ancora og-gi, dopo 130 anni, ci emoziona e cicommuove ricordare il giorno dellasua morte avvenuta a Auvers-sur-Oi-se il 29 luglio del 1890. Una morte avolte sfiorata, quasi annunciata —van Gogh soffriva di patologie psi-

chiche molto profonde — eppure am-mantata di doloroso mistero, non es-sendo chiare le modalità e soprattut-to il motivo scatenante che ha provo-cato quello sparo mentre si trovavatra i campi, facendo ciò che più ama-va: dipingere nell’aria e nella luce.

Vincent muore a soli trentasetteanni. Da meno di dieci aveva inizia-to a dipingere da professionista, rea-lizzando centinaia di quadri.

Nato a Zundert, in Olanda, il 30marzo 1853, prima di trovare la suastrada lavora nella casa d’arte Gou-pil & Co., nelle sedi di Bruxelles eLondra, città quest’ultima dove avràmodo di approfondire i suoi studi,in particolare quelli teologici. La co-noscenza delle lingue — van Goghparlava e scriveva perfettamente in-glese, francese e tedesco, oltre l’olan-dese, sua lingua madre, e aveva unadiscreta padronanza del latino e delgreco — gli permetterà di cibarsi vo-racemente di testi letterari, filosofici,poetici e, naturalmente, artistici. Èl’arte, infatti, ad occupare il postoprivilegiato dei suoi interessi: nono-stante le ristrettezze economiche e lecrescenti incertezze del suo stato disalute, van Gogh fu un appassionatoviaggiatore, frequentatore di musei eraffinato conoscitore della storiadell’arte e degli artisti a lui contem-p oranei.

La sua fama planetaria fa sembra-re noto questo personaggio comples-so e tormentato, dotato di una pro-fonda intelligenza, ma soprattutto diuna umanità rara, ricca di sfumaturee tenerezze, capace di accogliere econdividere specialmente con chinon aveva nulla, e allo stesso tempoafflitto dall’incapacità di trovare unposto protetto dove far sostare il suocuore e il suo animo.

Tra gli aspetti meno noti, vi è si-curamente il fatto che van Gogh harealizzato poche ma significativeopere di carattere sacro. Tra queste,una delle ultime da lui eseguite, èconservata nella Collezione d’ArteContemporanea dei Musei Vaticani:la Pietà, dipinta nel settembre del1889.

La particolarità dei soggetti sacrirealizzati da Vincent è che sono tut-

visto, vissuto, capito le pieghe piùoscure e più luminose del reale. Perraccontare il fatto sacro è necessarioattraversare il mistero di cui si com-pone la vita e il Creato.

Gli artisti che hanno saputo fareciò, per Vincent, sono pochi: Rem-brandt, Manet, Delacroix, Millet. Èa loro che guarda per potersi avvici-nare a tematiche per lui cruciali.

scuro e un fiore chiaro, disposti ap-positamente per risaltare».

Vincent cerca di descrivere la veri-tà di quella immagine e lo fa raccon-tando i colori che sono nella suamente e sulla sua tavolozza: le «ma-ni da operaia» della Madonna, ildolore che agita le sue vesti, il cielotragicamente percorso di nubi. Locolpisce il volto pallido della Madreche contrasta come un fiore chiarocon il volto in ombra del Figlio, nelquale Vincent inserisce il suo autori-tratto. La pennellata è rapida, breve,potente. Come in una sinfonia musi-cale van Gogh costruisce il ritmo,l’armonia e il contrappunto per gui-dare il nostro sguardo nel misteriosocammino che unisce offerta e soffe-renza, amore e dolore, morte e resur-re z i o n e .

Altri affascinanti risvolti riguarda-no questo dipinto, potentementemoderno, di cui l’artista realizza unaseconda versione, inviata al fratelloTheo e conservata al Museo van Go-gh di Amsterdam. La tela è, infatti,un crocevia di storie, non tutte noteallo stesso artista.

Van Gogh non sa che la composi-zione di Delacroix è tratta da un di-pinto di Rubens, la Deposizione, con-servato nella Cattedrale di Anversa.Rubens non è amato dal pittoreolandese: nonostante il suo indiscus-so e riconosciuto talento, lo ritienetroppo teatrale, superficiale forse,proprio nei dipinti a soggetto sacro,nei quali ogni espressione è esaspe-rata fino a risultare falsa o inappro-priata.

Ma un altro passaggio si cela die-tro questa composizione: per il voltodel Cristo morto Rubens si era ispira-to a quello del Laocoonte, modelloesemplare della rappresentazione pa-gana del dolore. Un capolavoro del-la statuaria classica da lui instanca-bilmente copiato, disegnato e inter-pretato nelle lunghe ore trascorse trale collezioni archeologiche dei Palaz-zi Vaticani agli inizi del Seicento.

Un poetico dialogo a distanza,quello tra van Gogh e il Laocoonte,oggi entrambi conservati nelle Colle-zioni dei Musei del Papa; un dialo-go che ci ricorda la forza delle im-magini di sopravvivere oltre il lorotempo, di attivare contaminazioni ecorrispondenze, di conservare le im-pronte della storia e di essere fertili evitali nel futuro.

Nella sua Pietà van Gogh ha cerca-to di tradurre ed esprimere visiva-mente l’esperienza del sacrificio edella sofferenza ed è approdato sullasoglia della sua verità e la sua bellez-za. Con la sua arte egli sa ancora og-gi ricordarci come la forza della “pie -tà”, del sentimento di compassione edi compianto, sia dentro ognuno dinoi e che ognuno di noi può donaree condividere con gli altri.

te opere d’après, ovvero copiate, rie-laborate, derivate, da opere di altriautori. Perché van Gogh sceglie que-sto metodo così particolare per con-frontarsi con la storia sacra, da luiprofondamente conosciuta, studiatae amata? Perché per dipingere il cor-po sofferente di Gesù, il sacrificiodel Martirio, la tenerezza della Ma-dre per il Figlio, è necessario aver

La piccola, potente e intensa tela,conservata nei Musei Vaticani, rap-presenta una Pietà che a sua volta ri-produce un’opera di Eugène Dela-croix del 1850. Un dipinto che vanGogh non vedrà mai in originale maconosce solo grazie a una riprodu-zione, in bianco e nero e in contro-parte — ovvero con la composizioneinvertita destra/sinistra — che portasempre con sé.

È infatti nella sua stanza quando,alla fine di agosto del 1889, l’artista,ricoverato nella clinica psichiatricadi Saint-Rémy, in Provenza, ha unaviolenta crisi nervosa. Gli infermieriche intervengono per calmarlo, rove-sciano dell’olio e dei colori sulla lito-grafia, rovinandola. Qualche giornodopo van Gogh scrive al fratelloTheo, pregandolo di acquistare unanuova litografia dell’opera, manell’attesa decide di copiarla a me-moria, su una tela di piccolo forma-to.

La esegue per la sorella Willemiene in una lettera, a cui questo dipintoera unito, tenta di spiegarle l’imp or-tanza che ha per lui quella composi-zione. Lo fa con queste parole:«Quella di Delacroix è una Pietà,ossia un Cristo morto con la Ma t e rD o l o ro s a . All’ingresso di una grottagiace inclinato, le mani protese inavanti sul fianco sinistro, il cadavereprostrato e la donna sta dietro. Èuna serata dopo la tempesta, e que-sta figura addolorata, vestita di blu— le vesti fluttuano al vento — si sta-glia contro un cielo blu in cui flut-tuano nubi viola orlate d’oro. Anchelei, in un grande gesto disperatoprotende le braccia vuote in avanti,e si vedono le sue mani, belle fortimani da operaia. Con le vesti flut-tuanti questa figura è quasi largaquanto alta. E poiché il viso delmorto è nell’ombra, la testa pallidadella donna si staglia chiara controuna nuvola — contrapposizione chefa sì che le due teste paiano un fiore

Pieter Paul Rubens, «Compiantosul Cristo morto» (1617-1618,

Cattedrale Nostra Signora di Anversa);Eugène Delacroix, «Discesa dalla croce»(1850 ca., litografia di C. F. Nanteuil);

Athanadoro, Agesandro e Polidoro di Rodi,«Laocoonte e i suoi figli» (40-20 a.C.,

Musei Vaticani, particolare. Foto© Governatorato SCV – Direzione dei Musei)

di GABRIELE NICOLÒ

Da tempo i critici d’artestavano cercando di svelareil “s e g re t o ” di van Gogh,

ovvero il segreto dell’ultimoquadro, composto poche oreprima della morte. Riferisce il«Guardian» che Wouter Van derVeen, uno dei massimi specialistidel pittore olandese, haindividuato ad Auivers-sur-Oise,vicino a Parigi, il luogo esatto cheispirò la tela intitolata Radicid’a l b e ro . Si tratta di una scopertache contribuisce a gettareun’ulteriore luce sulle ultime oredell’artista, morto suicida. Lascoperta si lega a un concorso dicircostanze. Durante il lo ckdownVan der Veen, direttoredell’Institute Van Gogh, bloccatoin casa, ha cominciato a mettereun po’di ordine tra le carte.«Qualche mese prima — racconta— avevo scannerizzato vecchiecartoline postali degli anni 1900-1910 di un’anziana signora diAuvers. Sullo schermo ce ne erauna con un ciclista fermo sul latodi un sentiero, oggi la rue

Daubigny. Il mio sguardo èrimasto colpito da un albero conle sue radici. Ho avuto subitol’impressione di aver già vistoquell’immagine». Per due giornil’esperto ha ingrandito quelloscatto in tutti i modi, mettendoloa confronto con il quadro di vanGogh. Poi è andato sul posto acontrollare. «Da principio —

lavorare sin dalla mattina e cheabbia continuato fino apomeriggio inoltrato, poiché laluce che illumina le radici è tipicadi questa fase della giornata». VanGogh sarebbe ripassato per la suapensione per depositare il quadroe per poi riuscire una secondavolta. «Il suo suicidio, proprio inquesto lasso di tempo, tra le 19 e

le 21, — dichiara l’esperto —dimostra a mio avviso lo stato dilucidità in cui si trovava almomento di mettere fine ai suoigiorni». Insomma, tiene apuntualizzare Van de Veen, è«una situazione ben lontanadall’immagine che si è volutotramandare di un uomo ubriaco,in preda alla follia».

ammette — ero un po’perplesso, poi mi èsembrato che tuttoconcordasse». Infattiquelle radici dipintedell’artista era ancoralì, in quel luogo diAuvers. Non menosignificativo è il rilievofatto dall’esperto ilquale afferma che ilquadro è stato dipintoil giorno stesso dellamorte di van Gogh.«L’artista aveval’abitudine di lavorare— spiega — nei pressidell’auberge Ravoux,dove aveva una stanza.Possiamo pensare cheabbia cominciato a

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 6 giovedì 30 luglio 2020

Guardare al Crocifisso oggi

Nella luce più vera

Sulla rivista «La Società»

L’economia civilenella tradizione cristiana

Prigionieri nel campo di concentramento di Auschwitz

di PIERO CODA

È un fatto: il Novecento, “il se-colo breve” tragicamente pia-gato dalle mostruose e colletti-

ve atrocità che ben conosciamo, havisto stagliarsi nella coscienza, nelpensiero, nell’esperienza spirituale,nella teologia — come mai sino adora era accaduto — il volto straziatodel Cristo che, in un estremo attod’affidamento, grida: «Dio mio, Diomio, perché mi hai abbandonato?»(Ma rc o , 15, 34; Ma t t e o , 27, 46). Inrealtà è questo il secolo in cui si èresa epocalmente manifesta la “mor-te di Dio” vaticinata da Jean PaulRichter, da Hegel, da Nietzsche, daHeidegger — per citare i filosofi, masi dovrebbero menzionare innumere-voli scrittori, poeti e artisti — e conessa quella tragica morte dell’uomoattestata, in varie forme, dalle vicen-de che ne hanno segnato il percorso.

Morte di Dio, innanzitutto: nelsenso che l’assenza di Dio, una sortadi notte oscura epocale e collettiva —come l’ha definita san GiovanniPaolo II, rievocando a Segovia ladottrina mistica di san Giovanni del-la Croce il 4 novembre 1982 nel mes-saggio che custodisce per l’oggi —ha finito col distendere le sue ombresulla cultura e sugli spiriti, a livellopersonale e collettivo. Sia in quantoè stata inizialmente postulata come

nostri s’avvera imponendosi, sembre-rebbe, senza più possibilità d’alter-nativa. Ma proprio in ciò palesandoinvece la sua insostenibile menzognae iniquità: perché è nel mercato on-nimercificante prodotto dalla tecno-crazia imperante che si ostende —senza che sia decifrato nel suo abis-sale significato: anzi, proprio perchéingannevolmente lo vuole maschera-re — «l’enorme avvenimento che èancora per strada e sta facendo ilsuo cammino», come costatava Mar-tin Heidegger.

Sotto il profilo del pensiero, l’an-nuncio di Nietzsche, ripreso da Hei-degger, decreta la definitiva de-co-struzione e con ciò l’ineluttabile sfal-damento del dispositivo razionalisti-co di un esercizio della conoscenzache oscilla, contraddittoriamente, trala separazione e la confusionedell’Essere e dell’esistente, dell’Infi-nito e del finito, di Dio e della sto-ria. Il dispositivo del pensiero cosìinfine tramontante non è che per séderivi — come superficialmente esbrigativamente troppo spesso s’èdetto — dal connubio tra filosofiagreca e cristianesimo. Tutt’al contra-rio. Tant’è vero che la più autenticavis filosofica e la più autentica ispi-razione teologica, per principio,sempre hanno lottato, e sino al san-gue, per divincolarsi dal mortiferoabbraccio d’un tale dispositivo. Per-

Nell’interpretare questa tragica einterpellante esperienza segnata dal-la morte di Dio e dalla mortedell’uomo, la teologia del Novecentoha fatto senz’altro tesoro di una rin-novata lettura dell’attestazione bibli-ca da un lato, e dall’altro è stata in-calzata dalla domanda filosofica mapiù latamente culturale di una rinno-vata interpretazione del misterodell’Essere: capace di dar parola aun’esperienza di Dio e dell’uomoche, in Gesù il Cristo, s’incontrinoin forma nuova nella logica sorpren-dente dell’amore che non si ritrae difronte al rischio ultimo del non-sen-so e della morte. In altri termini, ciòche esplode nella coscienza del No-vecento, in risposta alla tragicità de-gli eventi sociali, all’angoscia esisten-ziale, alla ricerca intellettuale che losegnano e lo piagano, si può direche da tempo e nel profondo era inincubazione nell’esperienza di vita edi pensiero della terra d’o ccidente,visitata e abitata “una volta per sem-p re ” dal messaggio e dall’evento diGesù Cristo.

Basterebbe tracciare un’ideale li-nea di sviluppo che collega il simbo-lo mistico della “notte oscura” p ro -posto da san Giovanni della Croce,già ricordato, e la sua ripresa — nellalogica di una sua estensione cultura-le e sociale a raggio epocale e collet-tivo — nella testimonianza di duestraordinarie figure del Carmelo, anoi vicine, come Teresa di Lisieux,sul finire dell’Ottocento, e TeresaBenedetta della Croce (Edith Stein)trucidata ad Auschwitz nel 1942. Sela prima sperimenta la notte dellafede come condivisione, in Cristo,con chi più non trova ragioni nelcredere in Dio, Edith Stein vive l’of-ferta in sacrificio della sua vita, nelbuio più tenebroso del secondo con-flitto mondiale, a favore del suo po-polo d’origine, Israele, ma insieme afavore dei suoi carnefici. Così comea suo modo la vive Simone Weil,giungendo a dire che è proprio ilgrido dell’abbandono ciò che alla fi-ne decide del carattere di Rivelazio-ne di Dio nell’evento di Gesù Cri-sto. Mentre Chiara Lubich, nel cuo-re della seconda guerra mondiale, èspinta a riconoscere in «Gesù Ab-bandonato» — come in uno slanciodi fede e amore lo designa — «il Diodel nostro tempo» e insieme la viavivente dell’unione con Dio edell’unità di tutti gli uomini nella di-sposizione ad accogliere efficace-mente la grazia chiesta da Gesù alPadre nell’ultima cena.

A ragione un teologo come HansUrs von Balthasar sottolinea che si-mili esperienze di partecipazione allaCroce di Cristo — non senza il con-corso dell’azione della grazia delloSpirito Santo, che guida la Chiesaverso la verità tutt’intera (cfr. Gio-vanni, 16, 13) — dischiudono «sguar-di nuovi» nella penetrazione vitaledel cuore vivo dell’evento di GesùCristo. È questo, infatti, il luogo dielezione in cui e attraverso cui vienea manifestarsi il volto del Crocifissoche grida l’abbandono nella vitadell’umanità di oggi, in continuità einsieme novità rispetto alle vie spiri-tuali tracciate lungo i secoli da sanFrancesco d’Assisi, sant’Ignazio diLoyola, san Giovanni della Croce,san Paolo della Croce, eccetera.Rendendo evidente, ancora una vol-ta, che l’evento di Gesù prende car-ne nella storia dell’umanità e, attra-verso le sue stagioni e le sue prove,realizza la sua inesauribile e semprenuova carica di redenzione e uma-nizzazione nella grazia e nella lucedello Spirito Santo, introducendol’umanità sempre più profondamentenel suo centro vivo: il fuoco incan-descente dell’Amore di Dio Trinità.

Ciò non avviene senza che la co-scienza storica, in primis nelle sueespressioni sociali e culturali, sia la-vorata e scavata dagli interrogativipiù brucianti posti dal camminodell’umanità. Nella condivisione deiquali alla luce di Cristo ha da svi-lupparsi in tutta la sua straordinariacarica salvifica la missione dellaChiesa, come ha ribadito il concilioVaticano II rimettendo al centro ilkerigma del Cristo pasquale e spro-nando il Popolo di Dio alla sequelaesigente del Cristo che «spogliò sestesso, prendendo la condizione diservo» (Filippesi, 2, 6-7): «Come Cri-sto infatti è stato inviato dal Padre“ad annunciare la buona novella aipoveri, a guarire quelli che hanno ilcuore contrito” (Luca, 4, 18), “a cer-care e salvare ciò che era perduto”(Luca, 19, 10), così pure la Chiesacirconda d’affettuosa cura quanti so-no afflitti dalla umana debolezza,anzi riconosce nei poveri e nei soffe-renti l’immagine del suo fondatore,

povero e sofferente, si fa premura disollevarne la indigenza e in loro cer-ca di servire il Cristo» (Lumen gen-tium, 8). Lo hanno testimoniato, nelpostconcilio, la teologia e la vita ec-clesiale fiorita dalla condivisione delgrido di dolore dei popoli imprigio-nati nel «rovescio della storia» te-nendo viva ed efficace la forza criti-ca, sovvertitrice e liberatrice dellamemoria passionis custodita dal Van-gelo nella diakonia di salvezza delpueblo crucificado. A conferma che so-lo dall’esperienza della fede e dallaprassi storica che essa propizia na-scono e si nutrono la contemplazio-ne e il pensiero che, nella luce dellatestimonianza del Cristo crocifisso erisorto, si fanno vita e promessa ditrasformazione integrale della perso-na e della società.

Non a caso san Giovanni Paolo II,nella Novo millennio ineunte (cfr. nn.25-27), si è richiamato all’attualitàdella «teologia vissuta dei Santi»per interpretare e vivere la fede inquest’alba travagliata del terzo mil-lennio, guardando in particolare al«volto dolente di Cristo» che ci con-duce «ad accostare l’aspetto più pa-radossale del suo mistero, qualeemerge nell’ora estrema, l’ora dellaCroce. Mistero nel mistero» (n. 25).In questa logica evangelica, PapaFrancesco, che già più volte avevagià sottolineato l’inesauribile e sem-pre attuale evento di grazia ches’esprime nel grido del Cristo in cro-ce, nel pieno dell’infuriare della pan-demia del covid-19, ha offerto agliocchi del mondo l’incancellabile ico-na della statio orbis di fronte al Cro-cifisso, in una piazza San Pietro de-serta, flagellata dalla pioggia, attra-versata dal grido delle sirene delleautoambulanze. E a tutti ha propo-sto la meditazione sull’abbandono diGesù come lo sguardo con cui«guardare il Crocifisso sotto la luceche è la più vera, la luce della reden-zione». Indicando in ciò la posturacon cui «contemplare, pregare e rin-graziare» per leggere la vicendaumana con gli occhi concentrati sul

volto del Cristo che grida, anche og-gi, nella carne dei fratelli e delle so-re l l e .

«Sulla croce, nel Vangelo odierno— ha spiegato nell’omelia della do-menica di Passione — Gesù dice unafrase, una sola: “Dio mio, Dio mio,perché mi hai abbandonato?” (Ma t -teo, 27, 46). È una frase forte. Gesùaveva sofferto l’abbandono dei suoi,che erano fuggiti. Ma gli rimaneva ilPadre. Ora, nell’abisso della solitu-dine, per la prima volta lo chiamacol nome generico di “D io”. E gligrida “a gran voce” il “p erché?”, il“p erché?” più lacerante: “Perché an-che Tu mi hai abbandonato?”. Sonoin realtà le parole di un Salmo (cfr.

22, 2): ci dicono che Gesù ha porta-to in preghiera anche la desolazioneestrema. Ma resta il fatto che l’haprovata: ha provato l’abbandono piùgrande, che i Vangeli testimonianoriportando le sue parole originali.Perché tutto questo? Ancora unavolta per noi, per servirci. Perchéquando ci sentiamo con le spalle almuro, quando ci troviamo in un vi-colo cieco, senza luce e via di uscita,quando sembra che perfino Dio nonrisponda, ci ricordiamo di non esseresoli. Gesù ha provato l’abbandonototale, la situazione a Lui più estra-nea, per essere in tutto solidale connoi. L’ha fatto per me, per te, pertutti».

esigenza e istanza decisiva del pro-gramma della presunta definitivaemancipazione dell’uomo moderno;sia, più ancora, nel senso che è statapoi dolorosamente patita — sino algrido della disperazione, che nono-stante tutto invoca liberazione e sal-vezza — da chi nella sua carne ne hapagato gli spaventosi esiti nello sca-tenarsi brutale della violenza,dell’odio, dello sterminio. Facendotragicamente sperimentare la mortedell’uomo nei lager, nei gulag,nell’eccidio provocato dalla deflagra-zione nucleare, nella notte persisten-te dell’ingiustizia, dell’e m a rg i n a z i o -ne, del non-senso, dell’assurdo. Perpoi troppo spesso annegare la ricer-ca della luce della verità e dell’a m o renel grigio banale, ma anch’esso eforse ancor più tragico, dell’indiffe-renza: perché la notte è tanto piùnotte quando come tale non è più ri-conosciuta.

Di recente, poi, la pandemia inne-scata dal covid-19 ha tragicamentereso evidente che “il re è nudo”. Ecioè che il progetto in cui l’umanitàsi è lanciata negli ultimi secoli, convelocità accelerata e con un’estensio-ne che ormai ha raggiunto i confinidel mondo, rischia alla fin fine unfallimento. E per di più estremamen-te pericoloso per il suo stesso futuro.Tanto che questo imprevisto e con-turbante evento, quasi come unestremo campanello d’allarme, si tra-duce in ineludibile appello a conver-tire i progetti e gli stili di vita. Il pa-radosso di questa pandemia, infatti,è che, nella società della trasparenzavirtuale totale, chi si trova di puntoin bianco schiacciato sull’orizzontedella morte a causa dell’infezione, èdefinitivamente tagliato fuori in con-creto da quei rapporti di famiglia, diamicizia, di esperienza della fede chesono i più rilevanti per gustare il sa-pore della vita e affrontare con sere-nità e fiducia anche il brusco, imper-vio ma pur sempre ineluttabile pas-saggio della morte. Un’esp erienzaangosciante e ultimativa di abbando-no.

Ecco con ciò riesplodere, anche sein un assordante silenzio, il feraleannuncio “Dio è morto” dell’uomofolle di Friedrich Nietzsche che cor-re a gridarlo per il mercato. Per ilmercato: quasi vaticinio che ai giorni

ché è indubbio che il dispositivo ra-zionalistico in questione ha finito difatto col prevalere, in Occidente, nelpensiero e nella prassi: e con le tra-giche conseguenze che la vicendadel Novecento e oltre sino ad oggi,ha provocato. Come tra tutti hannolucidamente e perentoriamente rile-vato Franz Rosenzweig ed Emma-nuel Lévinas. Ma ben altre ne eranole premesse così come ben altra neera la speranza. E poi la storia è sto-ria: e in essa, anche dalle prove piùestreme e dalle derive più perniciose,paradossalmente può maturare unfrutto. Imprevisto e buono. Perchéc’è Chi sa scrivere dritto sulle righestorte.

Se infatti, in duemila anni di sto-ria del cristianesimo la cifra principed’interpretazione performativadell’evento di Gesù Cristo è stataquella del Logos, la Parola del Padreche carne si è fatta sino alla morte dicroce, per redimere e trasfigurarecon la sua Risurrezione l’umanità;col Novecento è un’altra cifra ormai,quella della condivisione sinoall’abisso del grido del «perché?»dell’umanità, vissuta dal Cristo nellasua kènosis d’amore sulla Croce inobbedienza al Padre, quella cheprende rilievo. Senza negare la pre-cedente, è chiaro, ma invitando aesprimerne il significato più profon-do: il Logos del Padre, appunto, cheall’estremo si produce nel grido del«perché?», dove il suo farsi carnegiunge al vertice dell’assunzionedell’umano e si fa interrogativoestremo che a Dio di lì si rivolge.Proprio in ciò riproponendo — inmodo così radicale da apparire nuo-vo, come sempre accade con le cosedi Dio — il volto, la parola e il gestodell’amore di Dio spinto sino alla fi-ne nel dono-di-sé del Figlio fattouomo. Non può essere che proprioda qui venga Das Licht des Nichts,(“La Luce del Nulla”), come titolauno dei suoi ultimi saggi un acutointerprete del pensiero filosofico eteologico del Novecento come Ber-nhard Welte? Non è forse questo ilpasso oggi chiesto, come intensa-mente scriveva Giuseppe Maria Zan-ghì, «per comprendere l’umanitàcontemporanea che al di là del Diopensato cerca il Dio vivente»?

di RO CCO PEZZIMENTI

«L a Società», rivista scienti-fica di Dottrina socialedella Chiesa, ha dedicato

il primo numero di quest’anno, ol-tre alle ricerche relative ai temi piùimportanti dell’economia civile nel-la tradizione cristiana, anche al ri-cordo di don Adriano Vincenzi chedel Festival veronese della Dottrinasociale della Chiesa è stato l’ideato-re, il direttore e l’animatore. A talproposito, davvero commoventi so-no le parole del cardinale segretariodi Stato, Pietro Parolin, che è statomolto vicino a don Adriano anchedurante il periodo della sua malat-tia. Tra i ricordi di don Adrianovanno anche segnalati quello diRenzo Beghini, presidente dellaFondazione Toniolo, Alberto Stiz-zoli e del direttore della rivista,Claudio Gentili. Tra le belle e affet-tuose affermazioni di quest’ultimo,mi piace riprendere questa: «Con-cludendo l’edizione del 2018, donAdriano ci ha consegnato un tesorodi sapienza spirituale condensato intre parole chiave: leggerezza, semi-nare, lievito (…) La pesantezza cisovrasta quando facciamo azionisenz’anima. La leggerezza è fatta di

azioni che partono sempre dal cuo-re. Ci si preoccupa troppo del risul-tato e poco della semina. L’atto delseminare contiene il segreto dellavita che è dono».

Il volume è arricchito da altristudi, il primo dei quali “L’econo-mia civile nella tradizione medioe-vale cattolica” di Flavio Felice, si faapprezzate per la notevole sintesidel pensiero economico cattolicorapportato a tematiche di strettissi-ma attualità rivisitate da alcunipensatori del secolo scorso. Interes-santi sono le considerazioni sul pro-blema del giusto prezzo e sull’usu-ra. Nell’ottica di quest’ultima, nonva dimenticato che la sua condanna«nasceva dal pericolo che il forte siapprofittasse del più debole». No-tevoli sono anche le riflessioni sulletipologie dei beni elaborate daTo m m a s o .

Su questa scia si muove il belsaggio di Oreste Bazzichi “Il fran-cescanesimo sociale dell’O ttocen-to”. Interessante perché evidenzia ilruolo svolto da tanti laici, terziarifrancescani, oltre che nell’ambitoeconomico, in quello sociale, educa-tivo e assistenziale. Ne emerge unasingolare conclusione: proprio nelsecolo in cui tanti, forse troppi, co-

minciano a parlare di società dimassa, questa viene sfruttata in vi-sta di visioni utopistiche che riman-dano a un futuro più o meno nebu-loso. Solo la Chiesa mette in piediuna serie di aiuti destinati a miglio-rare le condizioni esistenziali ditanti emarginati.

I due studi fanno quasi da pre-messa ai due seguenti. Nel primo,“Sostenibilità: le dimensioni “so cia-li” ed “ecologiche” del mercato”,Markus Krienke, partendo dall’or-doliberalismo, analizza le finalitàdell’economia sociale di mercato fi-no a elencarne le possibilità e i li-miti in vista di un’economia soste-nibile. Nel secondo, “L’Economiadi Francesco: res novae per la Dot-trina sociale della Chiesa?”, GiorgioMion analizza, tra l’altro, il ruolodell’impresa alla luce della Dottrinasociale della Chiesa evidenziando lanecessità di guardare all’economiadi Francesco per uscire da una seriedi contraddizioni che danneggianoin modo irreversibile le future pos-sibilità di sviluppo.

Tra gli altri studi spicca “Etica ediritto all’alimentazione” di monsi-gnor Mario Toso, vescovo di Faen-za-Modigliana, che evidenzia il fal-limento di tante visioni etiche dan-nose e insufficienti perché ideologi-che. Si sottolinea come il diritto alcibo va considerato partendo daun’etica rispettosa della dignitàumana che ribadisca il senso deldovere per affrontare concretamenteil problema. Bisogna almeno accen-nare ai lavori di Elisabetta Lo Iaco-no, Bruno Di Giacomo Russo eGiuseppe Notarstefano che dannoun sostanziale contributo ai temitrattati. Per concludere, un discorsoa parte merita lo scritto di Emanue-le Cusa “Cooperative e imprese nel-la Costituzione”. Argomento nonsolo interessante ma meritevole diapprofondimento in un contesto co-me quello attuale che sente l’esigen-za, soprattutto per i giovani dellenostre scuole, di rilanciare lo studiodell’educazione civica e, il tematrattato, ne è sicuramente un puntonevralgico.

Pablo Picasso, «Cristo crocifisso» (1896-97)

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L’OSSERVATORE ROMANOgiovedì 30 luglio 2020 pagina 7

La morte del pastore valdese Giorgio Bouchard

Serenità della fedee spirito ecumenicodi DO N AT E L L A CO A L O VA

«L a vita dei credenti è unnesso inestricabile di lot-ta e di preghiera»: que-

ste parole del pastore Giorgio Bou-chard, scritte all’inizio di un suosaggio, ben descrivono anche la suafigura, la sua tempra, riassumendotutta la sua esistenza. Nato a SanGermano Chisone nel 1929 e scom-parso a Torre Pellice lo scorso 27luglio, lascia un segno indelebilenella storia dei valdesi.

Apparteneva a una famiglia ope-raia in cui alle fervide convinzioni eal rigore calvinista si affiancava unorientamento socialdemocratico.Educato fin da piccolo a un’eticadella responsabilità e all’amore perla libertà, ebbe il dono di conoscereJacopo Lombardini, metodista,commissario politico negli anni del-la Resistenza, morto a Mauthausen.«È con lui che io bambino ho vistoper la prima volta la Gheisa d’la ta-na, (la “Chiesa nella tana”, la caver-na descritta da Edmondo De Ami-cis nel libro Alle porte d’Italia), laBalsiglia e altri luoghi dell’ep op eavaldese» amava ricordare. E di lui

rio, scuola popolare, gruppo bibli-co, circolo culturale è sorto in data1 ottobre 1968, dopo essere statoavviato da una delibera del sinodovaldese 1966. Quando si cominciò,eravamo un gruppo di credenti(valdesi e metodisti) tutti di classemedia (tecnici delle grandi azien-de, insegnanti, eccetera ) che eranovenuti ad abitare a Cinisello, aquei tempi soltanto un ghetto, undormitorio per migliaia di lavora-tori immigrati».

Al gruppo iniziale di protestantisi aggiunsero anche cattolici e noncredenti: fu dunque un’esp erienzaecumenica, fortemente radicata nelsociale, costantemente aperta atutti.

Gli anni settanta portarono al pa-store un più forte inserimento a li-vello amministrativo e dirigenziale.A partire dal 1971 iniziò il suo im-pegno nella Tavola valdese di cuifu membro per alcuni anni; nel 1975venne eletto vice moderatore equindi moderatore dal 1979 al 1986.Fu un periodo denso di avvenimen-ti. Nel 1975 le Chiese valdesi e me-todiste stipularono tra loro il “Pa t t od’integrazione”.

Il 21 febbraio 1984, Bouchard, inqualità di moderatore, firmò insie-me all’allora presidente del Consi-glio, Bettino Craxi, l’Intesa fra Ta-vola valdese e governo. Tale testofu poi recepito dal Parlamento conla legge 449 dell’11 agosto 1984, daltitolo «Norme per la regolazionedei rapporti tra lo Stato e le chieserappresentate dalla Tavola valdese».

Veniva così aperta una via che inseguito sarebbe stata percorsa daaltre confessioni cristiane,dall’Unione delle comunità israeliti-che e più recentemente da altre fedireligiose. Naturalmente questo pas-so non avvenne senza un vivaceconfronto. Nel suo saggio I valdesie l’Italia. Prospettive di una vocazio-ne, Bouchard scrisse: «La Tavolafirmò e, nel giro di sei mesi, l’Inte-sa venne fedelmente tradotta in unalegge dello Stato. Ma furono seimesi difficili, all’interno del mondovaldese… Non deve però sorpren-dere il fatto che il Sinodo approvas-se quasi all’unanimità la condottadella Tavola».

Fu un momento importante edelicato in cui Bouchard mostròuna volta di più la sua stoffa dileader. In seguito, dal 1988 al 1994,fu presidente della Federazionedelle Chiese evangeliche in Italia(Fcei) il cui attuale presidente, ilpastore Luca Maria Negro, testi-monia: «Ha vissuto i suoi anni allaFederazione evangelica, comemembro del consiglio e poi comepresidente, credendo convintamen-te nel progetto di un protestantesi-mo capace di lavorare unitonell’ambito della comunicazione,dell’azione sociale, della formazio-ne biblica delle giovani generazio-ni e nell’accoglienza di rifugiati emigranti». Dal 1994 al 2003 Bou-chard fu presidente dell’O spedaleevangelico di Torino. Inoltre pre-stò generosamente la sua opera inmolti comitati, fra cui quello per ilnascituro Centro culturale valdese.

Fu forse a causa di questa suaesistenza piena di impegni e batta-glie che diceva di aver sempre avu-to «la serenità della fede in una vitatormentata». Ma ci furono anchegrandi soddisfazioni. Uno dei suoitre figli, Daniele, è a sua volta unpastore molto preparato e riccod’umanità, impegnato con passionein ambito ecumenico.

Nel suo bellissimo libro Prigionie-ri della speranza, Bouchard scrissedelle riflessioni che oggi sembranoquasi un testamento: «Cristo risortoè la misura della diversità di Dio ri-spetto al mondo: egli ha introdottoe continua a introdurre nel mondoun fermento di novità che nullapuò arrestare. Sperare in Cristo si-gnifica andare alla ricerca di questofermento sconcertante, che quandosi rivela ci sorprende ogni volta conla sua novità. Sperare in Cristo si-gnifica anche agire con fermezzaogni volta che abbiamo scopertoquesto fermento: agire in modo chei potenti si ravvedano, gli stanchiricevano speranza, i deboli prenda-no coraggio: affinché sia possibilevivere qui e ora, anche se solo inparte, una parabola della vittoria diCristo. Poiché la giornata di oggi ciricorda che questa vittoria è insiemepresente ed eterna».

Il 31 luglio in tutta l’Austria le campane suoneranno per richiamare l’attenzione sul dramma della fame nel mondo

La solidarietà fa la differenzadi CHARLES DE PECHPEYROU

Il 31 luglio, alle 15, nell’ora in cui si ricorda lamorte di Gesù, per cinque minuti risuoneran-no le campane di tutte le chiese d’Austria.

L’intento è quello di lanciare un ulteriore appelloalla necessità di agire in fretta contro la fame nelmondo, tramite il finanziamento di progetti di so-lidarietà internazionale. È un’iniziativa, quella divenerdì, che si svolge per il quarto anno consecu-tivo ed è stata organizzata dalla Conferenza epi-scopale austriaca, in collaborazione con la Cari-tas, il cui presidente, Michael Landau, ha tenutoa ricordare, durante la presentazione ufficialedell’iniziativa, che «la fame non è un evento na-turale, ma uno scandalo».

Si stima che in tutto il mondo circa 820 milio-ni di persone soffrono per fame cronica, un nu-mero che potrebbe aumentare di altri 265 milioniquest’anno a causa dell’epidemia di covid-19. Ibambini sono particolarmente colpiti, ha eviden-ziato Landau. In Africa per esempio un bimbo sutre è cronicamente malnutrito, soffrendo spesso diritardi di crescita fisica e mentale, e si registra an-che un aumento del tasso di morte per fame.

Le restrizioni per il coronavirus stanno attual-mente aggravando questa situazione: la maggiorparte delle persone nelle aree rurali dell’Africa vi-vono principalmente di agricoltura, di lavoro co-me braccianti, di vendita di beni nei mercati oamministrano piccoli negozi e ristoranti. «Il red-dito già basso viene completamente perduto acausa delle norme sul blocco degli spostamenti»,

informa il direttore della Caritas di Sankt Pölten,Hannes Ziselsberger. Inoltre, il prezzo del cibo«in alcuni Paesi è triplicato. Molte persone nonpossono più permettersi di mangiare e spessonon hanno accesso ai generi alimentari a causadei mercati chiusi», precisa Ziselsberger. Il qua-dro è reso ancora più drammatico da una faselunga di siccità e da invasioni di locuste, soprat-tutto nell’Africa sahariana.

Attualmente, per lottare contro questo dram-ma, l’ufficio austriaco dell’organizzazione caritati-va cattolica sta seguendo settanta progetti in tuttoil mondo, tra cui programmi di sostegno a favoredi agricoltori e allevatori. Diverse misure sonostate prese anche per contrastare la malnutrizioneacuta di cui soffrono tanti bambini. Un totale di240.000 persone hanno beneficiato dell’aiuto diCaritas Austria, che svolge anche un’attività diprevenzione e di informazione sulla pandemia indiversi Paesi, distribuendo kit igienici. «Grazieagli aiuti e alle donazioni internazionali, sono sta-ti raggiunti risultati incredibili — spiega MichaelLandau al nostro giornale — e dal 1990 il numerodi persone che soffrono la fame è stato ridottodella metà».

Negli ultimi anni, tuttavia, la carenza di cibo èdi nuovo aumentata. Un motivo importante diqueste crescita è il cambiamento climatico. Inol-tre, prosegue Landau — che da pochi mesi è an-che responsabile della regione Europa per la Ca-ritas — «il coronavirus sta ora minacciando di ri-durre di nuovo milioni di persone alla fame. L’at-tuale crisi sanitaria dimostra che il nostro impe-gno fa la differenza, perché le regioni in cui sia-

mo attivi sono più resistenti alla crisi. Negli ulti-mi mesi abbiamo visto un’incredibile e straordi-naria solidarietà in Austria verso coloro che han-no dovuto improvvisamente affrontare difficoltàfinanziarie o emotive». Allo stesso modo, Landauspera che la comunità internazionale mostreràcompassione per le persone negli hotspot, che so-no maggiormente colpite dalle molteplici crisi chestiamo affrontando. Insieme — si appella — stia-mo attirando l’attenzione sulla drammatica situa-zione e invitiamo tutti a unirsi a noi, a partecipa-re e ad aiutare. Perché la fame non è una leggedella natura!».

Non è la prima volta, si è detto, che CaritasAustria ricorre a questo tipo di iniziativa per sen-sibilizzare la popolazione sui programmi umani-tari. Nel 2017, quando si è verificata una gravissi-ma carestia nell’Africa orientale, l’o rg a n i z z a z i o n eha fatto suonare le campane delle chiese dell’inte-ro Paese per cinque minuti, al fine di attirare l’at-tenzione sulla situazione inaccettabile della famenel mondo, manifestando così un segno di solida-rietà con le persone colpite e lanciando un appel-lo alle donazioni. Da allora, le campane hannosuonato ogni 31 luglio alle tre di pomeriggio inoltre 3.000 parrocchie in Austria e anche in AltoAdige. «Le campane delle chiese ci invitano alculto, a celebrazioni come battesimi o matrimoni,suonano anche in occasioni tristi — commenta ilvescovo di Feldkirch, Benno Elbs, – e sono stateusate come segnale di avvertimento per tempesteo incendi. Ci hanno sempre reso sensibili alle sof-ferenze del mondo».

In Svizzera colletta per i rifugiati

Collaborare per costruire

Lutto nell’episcopato

Il vescovo Rafael Barraza Sán-chez, vescovo di Mazatlán inMessico, è morto, a Durango,domenica 26 luglio, all’età di 92anni. Qui il compianto presuleera nato il 24 ottobre 1928. Ordi-nato sacerdote il 28 ottobre 1951,era stato eletto alla Chiesa titola-re di Drivasto e al contempo au-siliare di Durango il 26 ottobre1979 e aveva ricevuto l’o rd i n a z i o -ne episcopale il 25 gennaio 1980.Il 19 ottobre 1981 era stato trasfe-rito alla sede residenziale di Ma-zatlán. Il 3 marzo 2005 aveva ri-nunciato al governo pastoraledella diocesi. Le esequie sono sta-te celebrate, lunedì 27 luglio, nelsantuario di Nostra Signora diGuadalupe a Durango.

scrisse: «La sua figura rimane nelnostro cuore come la parabola diuna dialettica coniugazione tra fedeevangelica e responsabilità politica,tra pietà e razionalità, tra fragilitàdell’uomo e forza delle idee, trasconfitta personale ed efficacia sto-rica, in una parola: una vita vissutaunicamente per grazia, la vita di undiscepolo di Gesù Cristo».

Nonostante le bombe e gli orroridella guerra, il giovane Giorgio se-guiva il suo iter di formazione cul-turale. Studiò al Collegio valdese diTorre Pellice — dove appunto inse-gnavano due antifascisti come Jaco-po Lombardini e Francesco Lo Bue— e poi al liceo classico di Pinerolo.A Torino si laureò in storia del cri-stianesimo: fra i docenti ebbe Mi-chele Pellegrino, futuro arcivescovoe cardinale. A Roma, presso la Fa-coltà valdese, conseguì la laurea inteologia. Nel 1958 fu consacrato pa-s t o re .

Lidia Gardiol, membro del Co-mitato di Pinerolo e Valli per laGiornata mondiale di preghiera, co-nobbe Bouchard ad Ivrea quandoera un giovane pastore, e ricorda:«Era pieno di entusiasmo, con unapredicazione molto vivace. Formòun gruppo giovanile che per me fumolto importante. Allargò i nostriorizzonti, ci fece fare delle esperien-ze nuove, che prima non avevamoavuto neppure dalla scuola. Invita-va degli esperti. Ci portò ad “Aga-p e”, la realtà fondata da Tullio Vi-nay poco dopo la fine della guerra,costruita con la collaborazione digiovani giunti da tutto il mondo,come esperienza di pace. AncheBouchard si caricò sulle spalle imattoni che servivano per edificareAgape, accanto a lui lavorava un te-desco convertitosi dopo essere statonazista».

Il pastore seguì con creatività eamore tutte le comunità che via viagli furono affidate: da studente, nelperiodo di prova, venne inviato aPrali e a Luserna San Giovanni;dopo la consacrazione, fu pastore aBiella, Ivrea, Milano, Brescia, Na-poli, Caivano, Torino, Susa. Dal1962 al 1971 fu direttore della rivista«Gioventù evangelica». Circa nellostesso periodo, fu tra i membri fon-datori del gruppo comunitario “Ja-copo Lombardini” di Cinisello Bal-samo.

In un’intervista rilasciata nel1977, spiegava così questa esperien-za nata per coniugare insieme fedeevangelica ed impegno sociale:«Cinisello come gruppo comunita-

BERNA, 29. La tradizionale collettache si svolgerà in tutta la Svizzera inoccasione della prossima Giornatamondiale del migrante e del rifugia-to (27 settembre) — dal titolo «Co-me Gesù Cristo, costretti a fuggire.Accogliere, proteggere, promuoveree integrare gli sfollati interni» — an-drà a sostenere progetti sociali in Li-bano ed Etiopia ma anche missioniestere e programmi per i rifugiatinello stato elvetico.

«La crisi attraversata quest’anno,che forse passerà alla storia con ilnome covid-2020, ha intaccato nella

coscienza di molti la fiducia ripostain questo villaggio globalizzato»,scrive il vescovo di Sion, Jean-MarieLovey, nel messaggio dedicatodall’episcopato elvetico alla Giorna-ta. «C’è qualcosa che non va. Un ri-piegamento si intravede all’orizzon-te. Con il rischio noto di tutti i mo-vimenti oscillatori che ci posiziona-no all’estremo opposto».

Il presule coglie l’occasione perricordare la sensibilità di Papa Fran-cesco nei confronti della causa deglisfollati. «Sia che si tratti di interven-ti presso i membri del corpo diplo-

matico o presso quelli della Sezionemigranti e rifugiati del Dicastero peril servizio dello sviluppo umano in-tegrale, il Pontefice vuole sensibiliz-zare il mondo intero sui drammi de-gli sfollati interni». Ispirandosi almessaggio di Papa Francesco, il ve-scovo di Sion elenca sei coppie diverbi che «fanno luce sulla nostraattitudine rispetto al dramma deglisfollati di oggi. Bisogna “c o n o s c e reper comprendere”: conoscere i nu-meri non basta, interessiamoci allastoria dei rifugiati. È necessario poi“farsi prossimo per servire”: la para-bola del buon samaritano illustraquesta esigenza poiché avvicinarsiall’ignoto comporta l’accettazionedei rischi. “Per riconciliarsi, bisognaa s c o l t a re ”: mentre sui social networkcircolano miliardi di messaggi, dedi-chiamo del tempo a un ascolto per-sonale? Il grido di chi è più vulnera-bile è giunto fino a noi? “Per cresce-re è necessario condividere”: durantela pandemia molti hanno condivisoin modo esemplare. Ricorderemo econserveremo viva la convinzionesperimentata? “Bisogna coinvolgereper promuovere”. Dai un pesce a unuomo e lo nutrirai per un giorno.Insegnagli a pescare e lo nutrirai pertutta la vita».

È importante infine «“collab orareper costruire”: occorre interrogarsisul nostro modo di agire per la co-struzione di una vita comune, inquesto villaggio globale o nei nostripropri mondi, che meriti l’epiteto di“umano”». Il vescovo di Sion con-clude il messaggio sottolineando che«la posta in gioco non è altro che il

Regno di Dio da costruire tutti in-sieme».

Tra le azioni di solidarietà di que-st’anno elencati dall’episcopato sviz-zero vi sono in particolare gli aiutid’emergenza per i rifugiati siriani aZahle, in Libano, riguardanti unprogetto di fornitura di pannoliniper un anno a 50 bambini e l’assi-stenza catechistica ai rifugiati inEtiopia provenienti soprattutto dalSud Sudan, dalla Somalia edall’E r i t re a .

Page 8: Uccisi in Libia tre migranti · Libia, spesso in aperta violazione dei diritti umani più basilari. In un comunicato l’Oim ribadisce che «la Libia non è un porto sicuro» e lancia

L’OSSERVATORE ROMANOpagina 8 giovedì 30 luglio 2020

Appello di Caritas internationalis e di Coatnet ai governi

Prendersi cura dei bambinie dei lavoratori stranieri

Ultimo lotto dell’asta solidale sostenuta dal Papa a favore degli ospedali di Bergamo e di Brescia

Volata finale per We Run Together

Il cardinale Becciu per la professione religiosa di trenta suore

Contemplazionee azione

La pandemia da coronavirus ha esa-sperato i problemi e ha reso i bam-bini ancora più vulnerabili al rischiodi violenza, abusi e sfruttamento, sianel mondo reale sia in quello online.In difficoltà si trovano anche i lavo-ratori domestici stranieri, che nonhanno più un’occupazione e vengo-no esclusi dalla società. In vista del-la Giornata mondiale contro la trat-ta di esseri umani — che si celebraogni anno il 30 luglio — un appelloai governanti affinché si impegninomaggiormente nell’arginare questapiaga dilagante è stato lanciato daCaritas internationalis insieme conCoatnet, rete di 46 organizzazionicristiane impegnate nella lotta allenuove forme di schiavitù.

«In questo momento di diffusionedel covid-19 — sottolinea il segreta-rio generale di Caritas Internationa-lis, Aloysius John — denunciamouna realtà preoccupante per le per-sone vulnerabili che sono maggior-mente a rischio». La concentrazione

dell’attenzione e degli sforzi sulfronte dell’emergenza provocata dalvirus «non deve impedirci di pren-derci cura delle persone più soggetteallo sfruttamento», offrendo «reti disicurezza» e «un sostegno materiale,sanitario, legale e psicologico» inmodo da «accompagnarle nelle dif-ficoltà». Per questo, Caritas interna-tionalis chiede ai governi maggiorattenzione ai «danni collaterali dellapandemia globale, specialmente suimigranti e lavoratori informali, orapiù esposti alla tratta».

A causa delle misure restrittive in-fatti, sottolinea Caritas internationa-lis, è «più difficile per le associazio-ni e le autorità identificare le vittimedi tratta e sfruttamento, molte dellequali sono bambini». Durantel’emergenza sanitaria, è il grido diallarme, sono «aumentati i casi diviolenza ai danni dei minori e il nu-mero di bambini vittime dello sfrut-tamento on line, al quale sono espo-sti soprattutto quando seguono le-

zioni a distanza con scarsa supervi-sione da parte dei genitori».

Purtroppo, riferisce Caritas India,durante il lockdown nel sub-conti-nente sono stati segnalati alle autori-tà 92.000 casi di abusi su minori insoli undici giorni. Inoltre, fa notarel’organismo caritativo indiano, vi èstato un incremento del lavoro mi-norile e dei matrimoni in tenera età.Questo a causa delle difficoltà eco-nomiche delle famiglie che nonavendo risorse preferiscono far spo-sare le giovani figlie per non doverlemantenere. Oppure, mandano i figlipiccoli per strada a chiedere l’elemo-sina.

Per questo motivo, la Confedera-zione delle 162 Caritas nazionali eCoatnet chiedono per i più deboli ei più poveri l’«accesso alla giustiziae ai servizi di base, in particolarecentri di accoglienza e linee di sup-porto dedicate», e al tempo stesso«misure urgenti e mirate per soste-nere i lavoratori nei settori informa-

li». Con una richiesta estesa alle isti-tuzioni e alle organizzazioni dellasocietà civile, come sottolinea Alo-ysius John, «di proteggere i bambinidagli abusi e dallo sfruttamento, cheavviene anche attraverso internet e inuovi media», invitando tutte lepersone di buona volontà a «esserevigilanti» e a «denunciare i casi disfruttamento e di tratta di esseriumani».

Un discorso a parte meritano i la-voratori domestici che devono farfronte a maggiori rischi economici,fisici e psicologici. Una situazionedrammatica la stanno vivendo inparticolare i filippini che vivono inalcuni paesi del Medio Oriente e inLibano. Lo rende noto Gabriel Hat-ti, presidente dell’ufficio di Caritasper la regione. Molti di questi lavo-ratori «stanno lottando per tornare acasa dopo aver perso il lavoro. Orasono in fila di fronte alle loro amba-sciate, senza alcun supporto socialeo protezione psicologica e molti so-no privi di qualunque status legale».Per questo, Caritas Internationalis eCoatnet chiedono all’unisono «mi-sure urgenti e mirate per sostenerequanti lavorano in settori informali,tra cui i collaboratori domestici, glioperai agricoli e edili, i migranti pri-vi di documenti».

Anche in Europa, la situazionedelle vittime della tratta è peggiora-ta durante il lockdown. Lo sottoli-nea Secours Catholique-CaritasFrance che segnala come sia statodifficile trovare e identificare le per-sone nel periodo dell’emergenza sa-nitaria, per cui si aspetta un incre-mento dell’emersione del numero divittime dopo la crisi. Questi daticonfermano quanto dichiaratodall’Organizzazione internazionaledel lavoro (Oil), secondo cui ogginel mondo vi sono più di 40 milionidi vittime della tratta di esseri uma-ni e dello sfruttamento, al momentoancora più a rischio a causa dellapandemia. È fuori dubbio, del resto,che «la mancanza di libertà di movi-mento causata dal confinamento edalle restrizioni di viaggio adottatein molti Paesi si è tradotta, per levittime della tratta, in una minorepossibilità di fuggire e di trovareaiuto».

di GI A M PA O L O MAT T E I

Volata finale per We Run Together, l’astasolidale sostenuta da Papa Francesco per ilpersonale sanitario degli ospedali di Berga-

mo e di Brescia. Per l’ultimo tratto di strada, finoa giovedì 6 agosto, sono scesi in campo a mezzo-giorno di mercoledì 29 luglio (www.chari-tystars.com/WeRunTogether) l’eleganza di Caroli-na Kostner, la fantasia calcistica di Papu Gomeze della sua Atalanta, la passione degli schermitoricampioni olimpici e mondiali Daniele Garozzo edEnrico Berrè (donano il fioretto e la sciabola), ilfascino di Luna Rossa e dei velisti dell’America’sCup. E anche la storia del ciclismo con FrancescoMoser e un amarcord dedicato a Felice Gimondi,la forza degli sciatori di fondo e del biathlon co-me Dorothea Wierer e il coraggio degli atleti pa-ralimpici come Giusy Versace, Giada Rossi eAlessandra Vitale.

Lanciata dal Papa il 20 maggio durantel’udienza ad Athletica Vaticana, l’asta è iniziatal’8 giugno e per due mesi sta avendo come prota-gonisti, proprio su indicazione di Francesco, atletie squadre che testimoniano la possibilità di ripar-tire tutti insieme con i valori solidali caratteristicidello sport. Senza lasciare nessuno indietro, «tut-ti con la stessa dignità», come suggerisce la parte-cipazione di tantissimi atleti con disabilità.

Intanto, proprio nella prospettiva della “culturad e l l ' i n c o n t ro ” cara al Pontefice, si sono svolti giàalcuni incontri tra gli atleti e le persone che han-no partecipato al progetto We Run Together. È ilcaso di Anna e Alessandro Mordini che hannovoluto fare un regalo particolare al figlio Luca, 14anni, appassionato schermitore. «Abbiamo parte-cipato — spiegano — per far vivere un’esp erienzaimportante a Luca, tifoso del campione olimpicodi scherma Valerio Aspromonte. E anche perchésiamo di Bergamo e abbiamo vissuto l'emergenzacovid-19 da vicino».

L’incontro con il campione «è andato oltreogni aspettativa: Valerio con sua moglie CarolinaErba, a sua volta campionessa del mondo, e il lo-ro bambino ci hanno aperto la porta della lorocasa, a Grottaferrata, invitandoci a cena e accom-pagnandoci poi a conoscere Roma. Speriamo — èil loro auspicio — che questa esperienza umana esportiva possa servire a Luca come testimonianzaper diventare un campione nella vita prima anco-ra che nella scherma».

Particolarmente emozionante è stato il sugge-stivo amarcord dedicato a Pietro Mennea che

esattamente quarant’anni fa, il 28 luglio 1980,vinceva l'oro olimpico a Mosca sui 200 metri conuna gara in rimonta divenuta una vera e propriametafora dell’impegno a non arrendersi mai.«Mio marito — ricorda la vedova Manuela Olivie-ri Mennea — partecipava sempre alle iniziative disolidarietà e avrebbe aderito con ancora più entu-siasmo a un progetto sostenuto direttamente daPapa Francesco. Nelle scuole Pietro ricordavasempre ai giovani di correre nella corsia giusta,senza scorciatoie». Del resto, prosegue la donna,«per Pietro il campione doveva avere una respon-sabilità sociale e partecipando a We Run Toge-ther ho portato avanti i suoi valori: onestà e sa-crificio, eliminando dal vocabolario due parole:mai e impossibile».

Per l’asta solidale la donna ha scelto di donarela canottiera indossata dal campione per vincere i100 e i 200 metri alle Universiadi di Roma nel1975, dicendosi «particolarmente contenta che adaggiudicarsela siano state belle persone che, condiscrezione, sono venute a visitare la casa e lostudio di Pietro». Per Piergiorgio e sua moglie,Mennea non è solo un campione ma soprattuttoun modo di vivere che continua a testimoniarecome «gli ostacoli non sono mai troppo alti dasuperare» e che soprattutto sulle inevitabili scon-fitte si costruiscono le vittorie. «Dalle appassiona-te parole della moglie Manuela — confidano — sipercepisce, oltre che un grande amore, lo spesso-re umano di questo grande atleta» che ha conti-nuato a dare il meglio di sé, dopo la fine dellasua carriera, anche nell'impegno sociale.

Proprio queste testimonianze sono l’essenza diWe Run Together. A raccontarne lo spirito è il ci-clista slovacco Peter Sagan, tre volte campionedel mondo: «Sono fiero ed emozionato che il Pa-pa abbia voluto donare la bicicletta che gli hoportato per l’asta di beneficenza a favore del per-sonale sanitario degli ospedali di Bergamo e diBrescia. Spero che “la bici del Papa” diventi unsimbolo per tutti per ripartire nella vita. I valoridello sport sono importanti oggi più che mai».Gli fa eco il calciatore Giorgio Chiellini, frescocampione d’Italia con la sua Juventus: «È statoper me un onore donare la mia maglia, firmatada me e dai miei compagni di squadra, per lacampagna solidale promossa da Francesco. Ab-biamo voluto giocare per vincere insieme anchequesta partita».

Intanto fino a venerdì 31 luglio sono ancora online i doni del Comitato olimpico internazionale(la medaglia per i 125 anni della fondazione volu-

ta da Pierre de Coubertin), dei campioni delmondo di karate Stefano Maniscalco e Luigi Bu-sà, dei campioni olimpici di tiro Niccolò Cam-priani e Roberto di Donna, dell’olimpionico dilotta Andrea Minguzzi, della campionessa di judoOdette Giuffrida, dei canoisti Matteo Lodo e Sa-muele Burgo, dei giocatori di calcio del Brescia,di quattro protagonisti del basket paralimpico:Chiara Coltri, Luigi Maria Papi, Simone DeMaggi e Sara Vargetto, “mascotte” di AthleticaVaticana. E c’è anche l’opportunità di un week-end nel Centro sportivo delle Fiamme Gialle aPredazzo, in Trentino, con i grandi campioni del-lo sci come Sofia Goggia, Christof Innerhofer,Manfred Moelgg e Stefano Gross.

Vatican News e Radio Vaticana Italia continua-no a seguire passo passo tutto il progetto WeRun Together con servizi e interviste esclusive aiprotagonisti. Per informazioni: www.athleticavati-c a n a . o rg.

Saper “stare ai piedi di Gesù” p ercontemplarlo nella preghiera e de-dicarsi con gioia «ai fratelli, special-mente quelli più disagiati», con unimpegno totale, «prendendosi curadi loro con le mani di Marta eamandoli con il cuore di Maria»: èquesto il mandato affidato dal car-dinale Angelo Becciu alle trentagiovani donne che la mattina dimercoledì 29 luglio, nella chiesa diSant’Eugenio a Roma, hanno pro-fessato i voti perpetui di consacra-zione nella congregazione di Martay María.

All’omelia il prefetto della Con-gregazione delle cause dei santi hatracciato per le religiose un «pro-gramma di vita» di adesione al Si-gnore «con amore incondizionato etotale». Un programma modellatosulle figure delle due donne delVangelo, sorelle di Lazzaro e ami-che di Gesù, punto di riferimentodell’istituto femminile nella quale lenuove sorelle hanno scelto di viverela vocazione.

Un carisma, il loro — ha ricorda-to il porporato — che abbraccia le«due dimensioni del servizio: lacontemplazione e l’azione». Lacongregazione, infatti, fu fondatanel 1979 dal vescovo Miguel AngelGarcía Aráuz e da madre AngelaEugenia Silva Sánchez, a Jalapa, inGuatemala, proprio con l’intento disostenere la missione diocesana e dispendersi nell’attenzione e nell’aiu-to degli ultimi in una terra forte-mente segnata dalla povertà e daldisagio sociale. Le prime sei sorelleche, tra mille difficoltà, intrapreseroquesta avventura umana e spiritua-le, ebbero fin dall’inizio l’obbiettivodi «amare Gesù presente nellaChiesa, presente nell’Eucaristia esoprattutto in coloro che soffrono,fisicamente, moralmente o spiritual-mente». E di “ultimi” per cui spen-dersi, di volti nei quali riconoscereil volto di Gesù, in Guatemala nonne sono mai mancati. Il devastanteterremoto che solo tre anni primaaveva colpito il paese, lasciò unascia di distruzione, desolazione emiseria. E su queste rovine si inne-scava anche facilmente la diffusionedelle sétte. Una splendida e marto-riata terra di missione, dove la curaspirituale era affidata a soli sette sa-cerdoti costretti a provvedere aun’area di oltre settemila chilometriquadrati.

Da quel piccolo nucleo, la con-gregazione si è diffusa in dicianno-ve paesi oltre al Guatemala: circasettecento religiose operano infattianche in Venezuela, Argentina, Cu-ba, Honduras, Costa Rica, Panamá,Uruguay, Ecuador, Perú, Cile, Co-lombia, Canada, Etiopia, Mozambi-co, Spagna, Italia, Francia, Olandae Lituania. Contribuiscono alla mis-sione pastorale delle varie diocesiimpegnandosi, in particolare,nell’assistenza ad anziani, donnecon disabilità psichiche e bambini

abbandonati. E a questa eredità spi-rituale si sono unite le trenta nuovesorelle. Il cardinale Becciu le haringraziate per la loro «scelta fortee, per certi versi, controcorrente»,per il loro «“sì” per sempre», per laloro promessa «di vivere caste, ob-bedienti e povere».

Commentando le letture, il por-porato ha approfondito le figureevangeliche di Marta e Maria e illoro incarnare le dimensioni dellacontemplazione e dell’azione. DalVangelo di Luca (10, 38-42) a essededicato, il prefetto della Congre-gazione delle cause dei santi hatratto l’insegnamento di come, dauna parte, sia necessario «ritagliarenella nostra esistenza delle soste di

Gli uomini e le donne che pregano sanno che la speranzaè più forte dello scoraggiamento

Credono che l’amore è più potente della morte e che di certo un giorno trionferà,anche se in tempi e modi che non conosciamo. #Preghiera

(@Pontifex_it, 29 luglio, santa Marta, discepola del Signore)

ascolto, di stupore e di contempla-zione di Dio, affinché ogni gioia,ogni difficoltà possa trovare la suagiusta collocazione». D’altra parte,è proprio da questa esperienza chenascono «la chiamata e il desideriodi accogliere ogni fratello, special-mente il più debole e bisognoso,sapendo di accogliere Dio stesso»,ha fatto notare. E «alla fine dellanostra vita terrena», ha aggiunto,Dio «leggerà la nostra vita dentroquesta apertura al prossimo. Nonper le grandi cose che abbiamo rea-lizzato, ma per i gesti semplici,quotidiani di cui possiamo coglierenella giornata tante occasioni». E,ha spiegato, le parole di Gesù difronte all’attivismo di Marta — «tuti affanni e ti agiti per molte cose,ma di una cosa sola c’è bisogno» —non intendono «condannare l’atteg-giamento del servizio, ma piuttostol’affanno con cui a volte lo si vive».

Ecco allora che, sull’esempio di«contemplazione e azione» di Ma-ria e Marta, il porporato ha ricor-dato alle trenta religiose: «La Chie-sa ha bisogno della vostra presenza,ha bisogno di una vita consacratache si esprima nella costante ricercadi Dio mediante l’ascolto della suaParola, nella preghiera liturgica epersonale. E ha bisogno — ha con-cluso — anche di religiose che af-frontino con coraggio e creatività lesfide del tempo».

Nomina episcopalein Brasile

Valentim Fagundes Menesesvescovo di Balsas

Nato il 22 luglio 1953 ad Agualva, nell’isola di Açores, diocesi di Angra inPortogallo, ha compiuto gli studi di filosofia nella Pontificia universitàcattolica di Campinas e quelli di teologia nella Pontificia facoltà di teolo-gia Nossa Senhora da Assunção a São Paulo. Il 2 febbraio 1979 ha emessola professione religiosa nella congregazione dei Missionari del Sacro cuoredi Gesù e il 2 luglio 1982 è stato ordinato sacerdote. È stato vicario par-rocchiale (1983-1985) e poi parroco (1986-1988) di Pai Eterno e São Josénel quartiere Cidade de Deus a Rio de Janeiro; parroco a El Salvador(1989-1991), di Imaculada Conceição a Nova Iguaçu (1992-1996), di NossaSenhora das Dores a Floresta do Araguaia (1997-2001) e di Buen Pastor deTurubamba a Quito, Ecuador (2002-2007). Tornato in Brasile come vicarioparrocchiale di Nossa Senhora do Sagrado Coração a Contagem (2008), èstato parroco di Nossa Senhora da Ajuda a Monte Formoso (2009-2011) edi Nossa Senhora do Sagrado Coração a Praça Seca (2012-2014). All’inter-no della sua congregazione è stato formatore degli studenti di filosofia aBelford Roxo (1992-1996) e nel seminario minore a Santíssima Conceiçãodo Araguaia (1997-2001), vice-provinciale (2012-2014) e poi superiore (2014-2020) della provincia di Rio de Janeiro. Inoltre, è stato assessore dellaConferenza dei religiosi del Brasile a Brasília, DF (1984-1988) e professoredi teologia pastorale presso l’Istituto filosofico e teologico Paulo VI a NovaIguaçu (1992-1996). Attualmente è superiore dei Missionari del Sacro cuo-re della provincia di Rio de Janeiro, con sede a Juiz de Fora.

Daniele Garozzo, oro olimpico nel fioretto individualea Rio de Janeiro (2016), con un pacco di doni

per il Dispensario pediatrico Santa Marta in Vaticano