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“Nei pochi anni della sua vita riuscì ad imprimere un marchio in chi la frequentò, per cui si può dire che chi vi è stato ha mantenuto uno spirito di Ulm chiaramente riconoscibile, forse perfino un linguaggio, certamente una nostalgia.” Eredità Personaggi e corsi che seguono le orme della Hochschule für Gestaltung, in Italia

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“Nei pochi anni della sua vita riuscì ad imprimere un marchio in chi la frequentò, per cui si può dire che chi vi è stato ha mantenuto uno spirito di Ulm chiaramente riconoscibile, forse perfino un linguaggio, certamente una nostalgia.”

EreditàPersonaggi e corsi che seguono le ormedella Hochschule für Gestaltung, in Italia

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Simone Scimmi

Corso di Metodologia della Progettazione

Prof. Marco Tortoioli

A.A. 2010/2011

II anno di Corso di Laurea Specialistica

“Grafica e Progettazione per l’Editoria”

ISIA di Urbino

Prefazione pag. 2

Hochschule für Gestaltung pag. 3

E in Italia pag. 4

Andres Van Onk Pag. 6

Giovanni Anceschi pag. 8

Nunzia Coco pag. 10

Biblio-sitografia pag. 12

Contenuti

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EreditàPersonaggi e corsi che seguono le ormedella Hochschule für Gestaltung, in Italia

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La scuola di Ulm è stata in grado nei pochi anni di vita di gettare le basi e gli sviluppi di ricerca che hanno fondato, con precedenti presso il Bauhaus, l’attuale metodo di insegnamento della disciplina del Design. ULM è quindi un’esperienza che non ha uno spazio temporale determinato.

Affrontiamo così, in questo sedicesimo, un salto fisico e temporale che porta dalla fondazione alla chiusura della scuola, ad oggi in Italia, andando a prendere in considerazione tre “ricercatori, esper-ti di Design e di ULM”, che proseguono gli studi nella direzione mostrata dalla Hochschule für Ge-staltung”: Andries Van Onk (1), ad Ulm, Giovanni Anceschi (2), e Nunzia Coco (3).

La scelta di queste tre figure, prese tra i tanti come esempio, stà nel fatto che tutti e tre in di-verso modo sono ciò che segue Ulm, sono gli ere-di, diretti e indiretti, che oggi, in Italia, portano le ricerche ulmiane ad un’aggiornamento costante, introducendo gli esercizi di Itten, Maldonado, Al-bers, nella didattica odierna insieme a nuove spe-rimentazioni e tecnologie.

Prefazione

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La Hochschul e fur Gestaltung si concepiva come un centro internazionale per la teoria, svi-luppo e la ricerca nel campo della progettaz ione dei prodotti industriali.

Per questi ultimi si intendevano da un lato gli oggetti destinati all’uso quotidiano, tecnico-produttivo, tecnico-amministrativo e scientifico e all’ambito dell’edilizia, dall’altra i portatori, visivi e linguistici, dell’informazione, quelli che vengono diffusi dai moderni mass-media. La HfG era artico lata in quattro sezioni: Design del prodotto, Co-municazione visiva, Edilizia, Informazione. Fu suc-cessivamente aggregato I’lstituto per il cinema.

La durata degli studi era di quattro anni, un anno di Corso fondamentale, tre anni di frequenza di una delle sezioni; la Scuola rilasciava un diplo-ma. L’insegnamento consisteva dell’attività prati-ca di progettazione, di lezioni e seminari.

Agli studenti venivano trasmesse nozioni e me-todi scientifici che hanna rilievo nel lavoro di pro-gettazione. Una parte delle lezioni si tenevano per gli studenti di tutte Ie sezioni, altre invece erano specificamente destin ate agli iscritti alle sezio-ni singole. Questa insegnamento era integrato da corsi tenuti da docenti a contratto, studiosi e de-signer di fama.

La formazione professionale del designer do-veva essere in pari tempo una formazione alia responsabilita sociale e culturale. L’impostazione pedagogica della HfG mirava a una solida capa-cità professionale corroborata da consapevolezza critica. Accanto al settore pedagogico c’erano alla HfG degli istituti che affrontavano, per incarico di varie industrie e organizzazioni, una serie di com-piti di ricerca e di sviluppo connessi con il design del prodotto, I’edilizia e la comunicazione.

Hochschulefür Gestaltung

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E in Italia?Da “Basic Design, fondamenta del design”di Giovanni Anceschi

... È molto interessante... farsi un’idea della si-tuazione italiana del Basic Design.

... Abbiamo visto che in Germania col Bauhaus nasce la disciplina nel corso fondamentale, e poi, attraverso la diaspora, causata dall’avvento in Eu-ropa dei Nazismo, con Chicago Yale, e nel dopo-guerra con Ulm, ecc., il Basic Design si diffunde in tutto il mondo. E in Italia? In Italia vige la totale Ieadership del modello architettonico. In Italia in-fatti l’insegnamcnto resterà in molti casi vincolato a quella che abbiamo chiamato la formula medio-evale o forse orientale che si salderà con la pro-spettiva decostruzionista postmoderna.

Una pedagogia questa che, nel suo complesso, crede poco alIa possibilità della creazione di un disciplina autonoma e oggettiva nelle questioni formali. E allora in Italia assistiamo al fenomeno di un basic senza l’insegnamento, complice la man-canza di un’univesità del design.

Il basic si è allora realizzato nell’arte o più pre-cisamente in quella zona intermedia fra il design e l’arte. E rappresenta il recupero di un ritardo.

Bruno Munari incarna questa posizione. E ad avviare una rirerca che si è realizzata nell’arte concreta e soprattutto nell’arte cinetica e pro-grammata e nell’ avanguardia gestaltica.

Sono abbastanza evidenti le parentele concet-tuali e formali che ci sono fra un risultato dell’ar-te cinetica come l’lpercubo di Davide Boriani e la Sfera topologicamente non orientabile del corso di Basic di Maldonado, oppure fra la Struttura cine-tica Tricroma di Giovanni Anceschi, artista cineti-co prima di andare a Ulm e l’esercitazione ideata sempre da Maldonado, e intilolala “Concavo con-vesso ambiguo e piano”.

Nel caso delle relazioni fra il lavoro di Walter Zeischegg, docente di morfologia a Ulm, e quel-lo di Munari c’è poi, addirittura qualcosa di più. Munari realizza l’opera “Tetracono”, ma, a pag. 25 dell suo libro Il cerchio, è pubblicata la “Conosfe-ra” di Zeischegg. Ma la cosa che l’arte cinetica e programmata aveva di davvero di originale e anli-cipatore, è che non si può trovare nel Basic Design

canonico, è stata:- In primo luogo una attenzione molto intensa

per la relazione del fruitore/utilizzatore con I’og-gello (lactivation du spectateur);

_ E in secondo luogo 66, con l’avvento degli ambienti, di cui proprio il mio Gruppo, il gruppo T, è stato promotore e anticipatore, l’attenzione per l’ inclusione dello spettatore nell’opera.

Queste due cose si chiamano oggi interattività e immersività e sono due nozioni che pratichiamo continuamente quando progettiamo interfacce e ambienti virtuali (i siti).

Come sempre, come diceva Max Bense, la teoria implicita nell’attività artistica dimostra di avere delle lunghe antenne e deve aspettare che le condizioni circostanti siano mature per diventare condivisa.

1. IpercuboDavide Boriani

2. TetraconoBruno Munari

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Nato nel 1928 in Olanda. Qui studia all’Accade-mia Reale di L’Aia dove ha avuto come insegnante Gerrit Thomas Rietveld del gruppo ‘De Stijl’.

Studia “Produktform” alla Hochschule für Ge-staltung di Ulm con Max Bill, Walter Zeischegg e Tomàs Maldonado.

Conclusi gli studi a Ulm, giunge in Italia nel 1959; qui inizia a collaborare con Olivetti per il progetto dell’elaboratore Elea 9003, di cui è re-sponsabile per il design Ettore Sottsass jr. Il con-tatto con l’effervescente situazione italiana ha evidentemente importanza decisiva per Van Onck, che si trasferisce stabilmente a Milano dove nel 1965 apre uno studio. Nelle sue numerose con-sulenze per industrie, si afferma come professio-nista rigoroso e attento alla qualità veramente industriale del prodotto: soprattutto quello per la grande distribuzione, che mette a punto nella collaborazione con la Rinascente. In seguito viene affiancato dalla moglie Hiroko Takeda.

Insieme hanno disegnati molti prodotti nei più diversi campi come: mobili, accessori per la casa, posate, lampadari, elettrodomestici, macchine utensili e apparecchi elettronici di ogni genere.

Insieme hanno avuto diversi premi:1974 Premio MACEF1975 Premio SMAU1976 Compasso d’Oro1979,’81,’84,’87,’95 Selezione Compasso d’Oro1992 Selezione premio Forum Design.

Svolge l’attività didattica, prima nei corsi speri-mentali istituiti dal ministero della Pubblica istru-zione, in seguito nelle più stabili strutture dell’ISIA (Istituto Superiore per le Industrie Artistiche) di Roma. Il suo lavoro come insegnante è importante non solo per la qualità scientifica, ma anche per-ché consente a lui stesso di approfondire teorica-mente ciò che realizza nella pratica professionale.

Nel “metodo” di Van Onck confluiscono però non solo i tradizionali canoni “ulmiani” (morfo-logia, ergonomia, studio della percezione) ma an-che elementi spuri: il gusto per il gioco, una certa componente di ironia e di sottile psicologia.

Così certi suoi oggetti (scaletta pieghevole per Kartell, 1991) sono anche personaggi; posate in acciaio possono ricordare molto forme vegetali, ma senza alcuna nostalgia di genere liberty. Per le maniglie che Olivari gli commissiona nel 1980, Van Onck sviluppa insieme a Hiroko Takeda una lunga ricerca sulla forma, di cui rimane una ricca documentazione sotto forma di schizzi e disegni. In questa sequenza si distingue chiaramente una prima fase, caratterizzata dallo spunto ergonomi-co: la leva come vero e proprio piano d’appoggio orizzontale, l’accentuazione del punto di attacco alla porta come superficie per la pressione del pol-lice, l’introduzione delle varianti sinistra e destra.

Progressivamente la forma si evolve e trova la soluzione ultima in quella linea di Hamilton che topologicamente definisce un oggetto formato da un’unica linea, senza soluzione di continuità. Il progetto della maniglia Tokio risulta contempora-neamente una rigorosa applicazione dell’ergono-mia e un piccolo gioco “illusionistico”.

Insegna da molti anni come docente a contrat-to al Politecnico di Milano nel Corso di Laurea in Disegno Industriale, nelle ISIA di Firenze e di Roma. Come Docente Invitato in alcune Università all’estero. Interviene in seminari e convegni ed ha pubblicato molti articoli sul disegno industriale.

Autore dei libri: “Design. Il senso delle forme dei prodotti”, ed. Lupetti, Milano, 1994” Andries Van Onck & Hiroko Takeda, avventure e disavventure di design”, Alinea ed., Firenze, 2005.

1. Nuovastep stoolby Andries Van Onk

2. Escabeau nuovastep chromeby Andries Van Onk

Andries Van OnkLaureato ad ULM nel 1959

ISIA di Roma Politecnico di Milano

ISIAdi Firenze

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Nel “metodo” di Van Onck confluiscono però non solo i tradizionali canoni “ulmiani” (morfologia, ergonomia, studio della percezione) ma anche elementi spuri: il gusto per il gioco, una certa componente di ironia e di sottile psicologia.

2.

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Giovanni Anceschila sua esperienza ad Ulmed il corso di Basic Design a Venezia

Professore ordinario di Disegno industriale. Presso lo IUAV, nel quadro della Scuola di dot-

torato, è coordinatore del dottorato di ricerca in Scienze del design, dove organizza, fra l’altro, un seminario/workshop internazionale annuale dedi-cato al Basic design / New Basic Design / Hyper Basic Design. Da più di trent’anni insegna disci-pline della comunicazione nell’università, a CdL in Urbanistica, Preganziol, al DAMS di Bologna e presso il Politecnico di Milano, dove, con Maldo-nado e altri, aveva fondato la Facoltà del design.

Sviluppa un’intensa attività di conferenze, se-minari e mostre in Italia e all’estero tra cui Bre-ma, Buenos Aires, Darmstadt, Hannover, Karlsruhe, Lisbona, Losanna, New York, Parigi, San Paolo, Shanghai, Strasburgo, Toronto, Londra, Weimar.

Negli anni ’60, è fra i fondatori del movimento internazionale dell’ arte cinetica e programmata.

Sempre negli anni ’60 si laurea e insegna alla scuola di Ulm. Negli anni ’80 è protagonista del movimento di cultura del progetto Grafica di Pub-blica Utilità, che ha varato la Carta del progetto Grafico.

Da “Basic Design, fondamenta del design”di Giovanni Anceschi

“Basic Design” non è una espressione del lin-guaggio comune come la parola “arte” o, ormai la parola “design” da solo. E certamente non è una nozione notissima.

Se si dovesse fare un inchiesta presso gli stu-denti di molte università e scuole di design italiani io ho l’ impressione che isarebbe più facile che di-mostrerebbero di conoscere quello che si chiama Design primario.

... Il Basic Design il luogo ideale dove conver-gono e si concatenano di fatto ricerca formale, espressiva, progetto e appunto insegnalmento.

... É presso il Bauhaus che assistiamo alla na-scita della disciplina del design: la disciplina, si

badi bene, e non attività, che ovviamente è nata molto prima, e cioè con la nascita di sistemi pro-dutti vi dete rminati con la ri voluzione tipografca di Gmemberg o con la rivoluzione industriale di Watt. Invece la nascita dei Design in quanto di-sciplina avviene in quel settore propedeutico che si chiamava Grwndkurs a Weimar e Dessau, che si chiamò Grundlehre ad Ulm e che e che fu tradotto nei paesi anglosassoni con l’espressione Basic De-sign (Grund=base).

A Ulm, dopo una prima fase guidata da Max Bill si ha la riforma della propedeutica ad opeara di Maldonado. Bill, il primo rettore di Ulm, si era limitato alla riproposizione fedele della formula bauhausiana, come abbiamo visto, al Bauhaus il corso basico si caratterizzava come un unico corso indifferenziato, finalizzato all’azzeramento di ogni pre-giudizio, al training e alla ricerca/sperimenta-zione. Con Maldonado si ha l’abbandono del mo-dello, per così dire, “montessoriano”, “steineriano” per non dire “catartico”, proprio dei pionieri del Bauhaus. II discente non è più pensato come una figura di principiante, ma come il frequentatore di una scuola superiore.

IUAV di Venezia

Scuoladi Ulm

DAMSdi Bologna

Politecnicodi Milano

1. Locandina dell’ultima conferenza tenuta da Anceschi all’ISIA di Urbino sul Basic Design eoggi e quello di Ulm

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E la sua riforma si concentra su una serie di punti chiave:

1. Differenziazione del basic a seconda della disciplina: un basic specializzato per il corso di laurea in informazione (esercitazioni per esempio di montaggio letterario di cut in come avrebbe potuto dire Bourroughs) un basic specializzato per le comunicazioni visive (principalmente bidi-mensionale e scmiotico), per design del prodotto (principalmente tridimensionale e topologico), per architettura industrializzata (principalmente strutturale).

2. Progressivo abbandono della formula della sperimcntazionc libera di estrazione artistica, per passare alla formula caratterizzata da una for-mulazione precisa degli elemenli delle regole e dell’obbiettivo.

3. Innesto sistematico delle discipline scienti-fiche nella determinazione, precisazione dei pro-cessi morfogenetici, compositivi, modulstori, ecc.

Essendo io Stesso stato assistente pedagogico a Ulm, dispongo di una raccolta piuttosto estesa delle formulazioni delle esercitazioni.

Cito alcune fra le principali aree tematiche esplorate:

- “Creazione di strutture” (studiata dalla Teoria della simmetria).

- “Trapasso di forme” e ”trapasso di trame” (in gran parte derivazioni di quella branca della sim-metria della “Singenometria”.

Bill Huff svilupperà questa tematica intitolan-dola “Parquet deformations” ed aggiungendo un livello di rigore fondazionale che gli meriterà la citazione di un matematico/epistemologo come Hofstadter in Matemagical Themas.

- ”Superfici non orientabili” (studiate dalla To-pologia).

-”Produzione di pattern per mezzo di sequenze Iineari”(Calcolo combinatorio e anticipazione dei frattali, curva di Peano ecc.).

- ”Contrasti”, “Differenziazioni minime” e “Pro-duzione di effetti spaziali apparenti” (studiati da Percettologia c Gestalpsychologie. )

- Infine il grande e sfaccettato tema del colore......E poi soprattutto a Yale (e anche a Ulm) si

hanno le ricerche e le elaborazioni di quel gi-gante della configurazione e della sua pedagogia che è Josef Albers.

...Nel Basic è la didattica (e il training del saper fare) che veicola c contemporaneamente genera il corpus delle conoscenze. Il corpus dcile conoscen-ze si distilla nelle esercitazioni. Le esercitazioni sono letteralmente paradigmatiche, esemplari.

...Il Basic col procedere del tempo porta -per tosi dire- con sé il proprio orizzonte. Il Basic de-gli anni ‘50 dell’altro secolo non è lo stesso degli inizi del 2000, in parole chiare alcune esercita-zioni (e quindi alcuni punti focali disciplinari) decadono e ne nascono di nuovi, adattando-si alle circostanze e agli sviluppi del contesto, ad esempio quello tecnologico. Attualmente sta includendo sempre più esercitazioni cinetiche, sequenziali, interattive e multimodali in accordo con la presenza determinante nel nostro orizzonte esislenziale di quel Proteo mediatico che è il com-puter. Il Basic Design è insomma una disciplina rigorosa ma anche vivente e metamorfica.

Il Basic Design serve dunque ad insegnare concretamente a un pubblico di potenziali designer.

1.

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Nunzia Coco è un designer e consulente per le innovazioni nel campo del design in Italia.

Si è specializzata in progettazione incentrata sull’utente al CIID (Copenhagen Institute of Inte-raction Design) ed utilizza gli strumenti ed i meto-di per rendere i servizi reali e i prodotti digitali di migliore “utilizzo” per le persone.

Il corso di basic design all’ISIA di Urbino

Il corso di basic design ha il fine di avvicinare lo studente al “fare progettuale” tramite il raggiun-gimento di conoscenze acquisite con l’esperienza diretta e l’esercizio. Protagonista del corso sarà il “saper fare” e l’allenamento alla soluzione di pro-blemi progettuali di natura sintattica, morfologica e configurativa. Il corso si propone di fornire agli studenti competenze elementari e fondamenti di-sciplinari utili a un avviamento alla progettazione di prodotti grafici ed editoriali, di oggetti d’uso e di programmi multimediali.

L’insegnamento si sviluppa attraverso eserci-tazioni guidate che consisteranno nella realizza-zione da parte degli studenti di elaborati cartacei, materici e informatici, affiancate da lezione teo-riche. Il corso è pensato per sviluppare la capacità dei singoli studenti di realizzare un progetto di design, attraverso una metodologia che evidenzi, sul piano teorico, tutti quegli aspetti che concor-rono alla elaborazione della forma in rapporto alla funzione, al contesto, al materiale e alla tecnolo-gia. Il corso, dunque, propone agli studenti di rac-cogliere e sviluppare l’eredità del basic (Bauhaus, New Bauhaus, Yale, Ulm, IUAV, ecc.) promuovendo però gli sviluppi futuri del basic design (cinetico e dell’interazione).

Argomenti trattati

Esercitazioni e lezioni teoriche si svilupperanno attorno al seguente sommario tematico.

Unità didattica 1Consapevolezza dei problemi morfologici

- Introduzione alla pedagogia del design- Sensi e significati (punto/linea/superficie)- La percezione del registro planare (livelli, trasparenze)- La struttura del registro plastico (differenze di scala, texture)- Narrazione per immagini (inquadratura, punto di vista)

Unità didattica 2Strumenti

- Storytelling e visual thinking- Analisi e trasmissione del messaggio- Principi di interazione con l’utente.- Argomenti delle esercitazioni, delle ricerche

Unità didattica 1consapevolezza dei problemi morfologici

- Antiprimadonna T. Maldonando- Il nero come colore J. Ittem- 4 colori con 3 colori – 3 colori con 4 colori J. Albers- Influenzamento dell’ordine di lettura G. Anceschi- Ombre cinesi (G. De Vecchi)- Narrazione per immagini (B. Munari)

Nunzia CocoIl corso all’ISIA di Urbino

“Fornire agli studenti competenze elementari e fondamenti disciplinari utili a un avviamento alla progettazione.”

IUAVdi Venezia

ISIAdi Urbino

CIIDCopenhagen Institute of Interaction Design

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Nunzia, se dovessi spiegare che cosa è il “basic design via sms?

Il basic design è una metodologia di insegna-mento che permette di fissare le basi della pro-gettazione tramite la pratica, in sostanza è con-temporaneamente un training, Un avviamento alla progettazione vera e propria, e l’identificazione degli elementi fondativi del design.

Chiaro. Ancora, arrivati al 2009, perché é così importante utilizzare queste tecniche del secolo scorso? Quali le utilità pratico / applicative?

Non le definirei tecniche ma pratiche in quanto conoscenze che si acquisiscono con l’esperien-za diretta e l’esercizio e non con l’appicazione di norme.

... Il basic design si fonda su esercitazioni del secolo scorso che sono anco-ra delle basi valide per il pro-gettista odierno in quanto a tutt’oggi prima si deve impa-rare a stare in piedi poi si può iniziare a camminare e succes-sivamente a correre.

Inoltre molte esercitazioni sono nate anche in questo se-colo, Giovanni Anceschi dice sempre che il basic design è una disciplina adattiva, che porta con se il proprio orizzonte: alcune tematiche entrano nell’orizzonte del presente mentre altre escono perché inattuali.

I concetti chiave sono dunque?Forma e configurazione (Gestaltung) sono le

parole chiave. Il basic design serve a muovere i primi passi nel “fare progettuale”.

Questo corpus disciplinare – che è composto dalla collezione delle esercitazioni – si propone di dare delle solide basi sulle quali ogni progettista successivamente potrà muoversi specializzando il proprio interesse.

L’intervistaParti di un intervista rilasciataalla rivista online “ABITARE”

Possiamo dunque definirlo una grammatica?Si potrebbe definire come una grammmatica-

pratica, una serie di competenze fondamentali che vengono apprese tramite la pratica e che implica-no un apprendimento del “dar forma / configura-re” di natura induttiva, è cioè un apprendimento che procede dal particolare all’ universale.

... Anceschi parla della “riforma del basic” di Maldonado. E dice che Maldonado non è mai sta-to un tecnocrate ma semmai uno che cercava di portare il design e la tecnica dentro alle scienze umane. Diceva che il designer doveva prendere coscienza della propria natura di “intellettuale tecnico”.

... Certo, proprio perchè era stato un artista e anche un artista determinante nella cultura arti-stica sudamericana, e quindi sapeva che l’arte è un

formidabile fenomeno esisten-ziale dove l’artista si gioca la pelle, Maldonado non era tene-ro con il creativismo artistoide che infesta il design.

Anceschi dice sempre che mai Maldonado ha seguito molti altri ulmiani nel decreta-re la morte dell’arte.

... É ad Alber infatti che dobbiamo la defini-zione della termine “Basic Design” come training essenziale per sviluppare il pensiero costruttivo.

Inoltre a lui si deve una grande innovazione dal punto di vista pedagogico: il principio di inter-soggetiva. Il vero è ciò che viene percepito dalla comunità di senso rappresentata dalla classe di studenti. Si passa da un paradigma oggettivista/scientista a un paradigma fenomenologico.

... La certezza del giudizio deriva dal dialogo e dal confronto tra i componenti della classe.

In altre parole, l’insegnamento tramite metodo induttivo può essere considerato valido solo se si fonda sulla condivisione del giudizio come parte del processo di senso.

“Maldonado... cercava di portare il design e la tecnica dentro le scienze umane.”

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Intervista a Nunzia Coco tratta da Abitare

NewBasic, Il Verririvista fondata da Luciano Anceschi

La scuola di Ulm, Costa & Nolan a cura di Herbert Lindinger

Giovanni Anceschi,Basic Design, fondamenta del design

François Burkhardt Design Qualità e ValoreTeoria e Cultura del Design ISIAEditore Gangemi, Roma, 2005

www.design.polimi.it

www.isiafirenze.it

www.isiaurbino.net

www.keeponbasic.com

www.coconu.com

www.newbasic.com

www.olivari.it

Biblio Sito

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In copertina citazione tratta dalla prefazione di Renzo Zorzi in “La scuola di Ulm”, Herbert Lindinger, Institut für Design dell’Università di Hannover.