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carmillaonline.com http://www.carmillaonline.com/2015/08/04/un-granello-di-sabbia3/ 1969 Assemblea a Mirafiori Un granello di sabbia/3 di Alexik [A questo link il capitolo precedente.] Doveva essere febbrile, in quell’autunno caldo, l’attività di via Giacosa, sede torinese dei così detti “Servizi Generali” della Fiat. C’era molto lavoro: analizzare i rapporti delle spie di reparto infiltrate fra gli operai, interrogare i vicini di casa dei soggetti da sorvegliare, ma anche i parroci, i negozianti del quartiere, le portinaie, i messi comunali. Bisognava annotare le opinioni politiche, l’appartenenza sindacale, le frequentazioni, l’osservanza religiosa, le abitudini private e sessuali, non solo degli operai Fiat e degli aspiranti tali, ma anche dei loro familiari, e poi di politici della sinistra, sindacalisti, giornalisti. Occorreva stilare le liste dei proscritti, o al contrario, quelle dei fascisti da preferire nelle assunzioni. Il tutto in mezzo al via vai dei fattorini, impegnati a portare in Questura e alla Caserma dei CC i pacchi di schede già intestate con i nominativi da ‘attenzionare’. Gli agenti e funzionari dell’ordine pubblico le avrebbero riempite con solerzia riversandovi il contenuto degli archivi polizieschi. Insomma, in via Giacosa l’attività ferveva, soprattutto in quegli anni turbolenti. Anni in cui i cortei interni raccoglievano migliaia di operai e la fabbrica risuonava del rumore dei tamburi. Al loro arrivo tacevano le macchine, si fermavano i forni, le frese, le saldatrici. “ Agnelli, l’Indocina ce l’hai in officina ” gridavano gli operai, e i capi scappavano, scappavano 1 . La produzione crollava sotto i colpi del gatto selvaggio. Probabilmente l’unico reparto che ancora funzionava a pieno ritmo era proprio quello dei ‘Servizi Generali’. La produttività dell’ufficio era triplicata rispetto agli anni ’50, quando si concentrava sulla persecuzione dei comunisti, degli ex partigiani e dei membri delle Commissioni Interne da avviare al licenziamento o ai reparti confino. L’immigrazione dal sud e l’emergere dell’operaio massa avevano ampliato il campo di indagine a dismisura: dalle 203.422 schedature del periodo 1946-66 si era passati alle 150.655 nel solo quadriennio ’67-’71, portando la media annuale da 12.000 a 37.500. Fino a quando nell’agosto ’71 un incidente di percorso 2 permise l’irruzione di Raffaele Guariniello nei locali di via Giacosa. Davanti al giovane pretore si stagliò un immenso archivio. Il 13 novembre di quell’anno il Teatro Alfieri non riusciva a contenere la gente. L’assemblea dal titolo “La città deve sapere”, indetta dai sindacati, traboccava di pubblico. Al tavolo della presidenza, l’avvocato Bianca Guidetti Serra. Sul palco si alternavano gli interventi degli operai, molti di quegli 812 licenziati per rappresaglia politico/sindacale 3 dagli stabilimenti torinesi degli Agnelli. A un militante di Lotta Continua il compito di fare i nomi e i numeri dello

Un Granello Di Sabbia

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carmillaonline.com http://www.carmillaonline.com/2015/08/04/un-granello-di-sabbia3/1969 Assemblea a MirafioriUn granello di sabbia/3di Alexik[A questo link il capitolo precedente.]Doveva essere febbrile, in quellautunno caldo, lattivit di viaGiacosa, sede torinese dei cos detti Servizi Generali dellaFiat.Cera molto lavoro: analizzare i rapporti delle spie di repartoinfiltrate fra gli operai, interrogare i vicini di casa dei soggetti dasorvegliare, ma anche i parroci, i negozianti del quartiere, leportinaie, i messi comunali. Bisognava annotare le opinionipolitiche, lappartenenza sindacale, le frequentazioni,losservanza religiosa, le abitudini private e sessuali, non solo degli operai Fiat e degli aspiranti tali, ma anche deiloro familiari, e poi di politici della sinistra, sindacalisti, giornalisti. Occorreva stilare le liste dei proscritti, o alcontrario, quelle dei fascisti da preferire nelle assunzioni.Il tutto in mezzo al via vai dei fattorini, impegnati a portare in Questura e alla Caserma dei CC i pacchi di schedegi intestate con i nominativi da attenzionare. Gli agenti e funzionari dellordine pubblico le avrebbero riempitecon solerzia riversandovi il contenuto degli archivi polizieschi.Insomma, in via Giacosa lattivit ferveva, soprattutto in quegli anni turbolenti. Anni in cui i cortei interniraccoglievano migliaia di operai e la fabbrica risuonava del rumore dei tamburi. Al loro arrivo tacevano lemacchine, si fermavano i forni, le frese, le saldatrici. Agnelli, lIndocina ce lhai in officina gridavano gli operai, ei capi scappavano, scappavano1. La produzione crollava sotto i colpi del gatto selvaggio.Probabilmente lunico reparto che ancora funzionava apieno ritmo era proprio quello dei Servizi Generali.La produttivit dellufficio era triplicata rispetto agli anni50, quando si concentrava sulla persecuzione deicomunisti, degli ex partigiani e dei membri delleCommissioni Interne da avviare al licenziamento o aireparti confino.Limmigrazione dal sud e lemergere delloperaio massaavevano ampliato il campo di indagine a dismisura: dalle203.422 schedature del periodo 1946-66 si era passatialle 150.655 nel solo quadriennio 67-71, portando lamedia annuale da 12.000 a 37.500. Fino aquando nellagosto 71 un incidente di percorso2 permiselirruzione di Raffaele Guariniello nei locali di viaGiacosa. Davanti al giovane pretore si stagli un immensoarchivio.Il 13 novembre di quellanno il Teatro Alfieri non riusciva a contenere la gente. Lassemblea dal titolo La citt devesapere, indetta dai sindacati, traboccava di pubblico. Al tavolo della presidenza, lavvocato Bianca Guidetti Serra.Sul palco si alternavano gli interventi degli operai, molti di quegli 812 licenziati per rappresaglia politico/sindacale3dagli stabilimenti torinesi degli Agnelli. A un militante di Lotta Continua il compito di fare i nomi e i numeri delloCariche davanti a Mirafiori.Aldo Romano durante una manifestazione.spionaggio e della corruzione. Ci che colpiva non era solo lentit dellopera di schedatura, ma la natura degliinformatori: in pratica al soldo del servizio informativo della Fiat risultava lintero apparato repressivo di Torino4.Il dossier di LC denunciava quasi tutti i questoridella citt dal 53 in poi, compreso Marcello Guida,gi tristemente noto per le cariche di CorsoTraiano, e che sarebbe poi assurto a peggior gloriacome questore di Milano nel giorno delladefenestrazione di Pinelli5.Guida, denunciava LC, riceveva dalla Fiat circa unmilione allanno. I pi pagati risultavano ErmannoBessone e Aldo Romano, rispettivamente capo ecommissario dellUfficio Politico della Questura, concifre aggiuntive allo stipendio pubblico cheandavano dalle 250.000 alle 400.000 lire mensili (aitempi in cui un salario operaio era di 120.000).Pi scarna la busta paga mensile del tenente colonnello EnricoStettermajer, capo del nucleo speciale dei CC di Torino e referente del S.I.D., che raggiungeva le 150.000 lire. Epoi cerano il Colonnello dei CC (altro appartente al S.I.D.) Alessandro Astolfi, e il capo gabinetto della Questuradott. Stabile.Larchivio dei loro uffici era a completa disposizione del committente, cos come altri servigi: Stettermajer eraindicato da Lotta Continua come lartefice di montature contro i propri militanti, Astolfi come mandantedellinfiltrato in LC Salvatore Cieri6, mentre di Bessone e Romano si sottolineava laccanimento nel guidare lecariche durante i cortei ed ordinare gli arresti7. Fra le causali dei versamenti delle loro provvigioni, i contabili dellaFiat annotavano le formule aiuto durante uno sciopero, aiuto durante una manifestazione. L aiuto consistevanella a violenza poliziesca contro gli scioperanti.Oltre ai dirigenti, la Fiat beneficiava anche la a truppa, con 150 stipendi extra per agenti e funzionari dellordinepubblico, che collaboravano in perfetta osmosi con lo staff dei Servizi Generali, composto in maggioranza da expoliziotti, ex militari ed ex CC.Lo stesso Cellerino, dirigente dei Servizi Generali,era stato per 18 anni a capodel nucleo Sios Aeronautica, dipendente dal S.I.D.Lazienda non tralasciava inoltre di sovvenzionare gli uffici di polizia ecarabinieri pagandone le manutenzioni, fornendo la cancelleria, e lebevande calde alle guardie impegnate contro i picchetti operai. Infine,la Fiat omaggiava la sua rete informativa con migliaia di benefit daquattro soldi cioccolatini, bottiglie di Cinzano, profumi, orologi eregalucci che venivano inviati per le festivit a migliaia di carabinieri,poliziotti, vigili urbani, questori di altre citt, ufficiali e sottoufficiali diEsercito, Aeronautica e Servizi, dipendenti dei Ministeri, dei Comuni,delle Prefetture e tribunali, dellACI e Motorizzazione Civile. A tutti imagistrati era assicurato uno sconto sullacquisto dellauto.Questa immensa opera di corruzione and a processo, ma non aTorino, per evitare, disse il procuratore generale, la reazione dellemasse operaie che presumono, a torto o a ragione, di esserecontrollate nella loro vita privata da organi del patronato in collusionecon le forze di polizia. Non di minore rilievo assume il fatto chedovrebbe essere incriminato un imponente numero di appartenenti alcorpo di PS e allArma dei Carabinieri, quasi tutti svolgenti compiti dipolizia giudiziaria e pertanto necessari e costanti collaboratori dellamagistratura torinese.8Il procedimento venne dunque spostato a Napoli per legittima suspicione, a debita distanza dalle parti lese. Sene abbiamo notizia, nonostante la congiura del silenzio a cui ader la quasi totalit della stampa italiana, grazieanche agli avvocati di parte civile Pier Claudio Costanzo e Bianca Guidetti Serra.Non fu facile neanche per loro intervenire nel processo. Laccesso agli atti eraprotetto da un rigidissimo segreto istruttorio che impediva, di fatto, la costituzione diparte civile degli operai licenziati per rappresaglia, perch non avendo accesso alleschede, essi non potevano dimostrare di essere stati schedati e che da taleschedatura fosse derivato il licenziamento politico. Ma per la prima volta nella storiaCostanzo e Guidetti Serra riuscirono a far passare la costituzione di parte civile delleforze sindacali come rappresentanza collettiva.Per pi di quaranta udienze gli avvocati di parte civile si alternarono, percorrendochilometri e chilometri nel lungo viaggio da Torino a Napoli e ritorno, senza averecerto a disposizione gli aerei privati della Fiat, come avevano i colleghi difensori.Si scontrarono con i tentativi di insabbiamento, con i mille ostacoli burocratici e rinvii,e finanche con il segreto politico militare apposto su una parte degli atti.Arrivarono a sentenza nel febbraio del 1978, con trentasei condannati per corruzione e violazione del segretodufficio, tra cui cinque dirigenti Fiat e un alto dirigente della Questura. Pene estinte dalla prescrizione dopo leattenuanti concesse in sede di appello lanno successivo. I reati pi lievi erano gi stati cancellati dallamnistia, enessun imputato venne seriamente danneggiato dal processo. Tutti restarono al loro posto, salvo alcuni pubbliciufficiali trasferiti ad altre sedi in ruoli equivalenti. Ma non era questo che ci interessava scrisse BiancaGuidetti Serra limportante, invece, che si fosse svolto il processo come momento diverit.9Bianca raccolse questo momento di verit in un libro, che come il processo, ebbe un iter egualmente travagliato.Le schedature in Fiat, scritto per Einaudi, venne infatti stampato ma, allultimo momento e per ragioni ignote, maimesso in distribuzione. Per vederlo in libreria, lautrice dovette rivolgersi a un altro editore.Il processo alla Fiat non fu lunica occasione in cui lavvocato Guidetti Serra si trov a combattere per la giustiziain fabbrica. Fu infatti tra i primi legali ad occuparsi del tema delle nocivit, sostenendo le parti civili contro lIpca diCiri in una causa pilota nata dalla caparbiet di due lavoratori.LIndustria Piemontese dei Colori di Anilina, propriet dellefamiglie Ghisotti e Rodano, era attiva dal 1922 per laproduzione di pigmenti a base di ammine aromatiche,potenti cancerogeni vescicali, la cui pericolosit era statadescritta fin dal 1895 dal chirurgo tedesco Ludwig Rehn.Nocivit note, dunque, gi dalla fondazione dellIpca, ma nonper questo i padroni adottarono provvedimenti. I Ghisotti ditutto questo non se ne dettero per inteso. La loro fabbricacontinu a lavorare come prima, gli operai erano a maninude, senza tute, senza maschere. Polvere e coloriimpregnavano i loro corpi, avvelenavano le loro vite.10Nel 56 la Camera del Lavoro di Torino descriveva la fabbrica in questo modo:Lambiente altamente nocivo, ireparti di lavorazione sono in pessime condizioni e rendono estremamente gravose le condizione stesse dellavoro. I lavoratori vengono trasformati in autentiche maschere irriconoscibili. Sui loro volti si posa una pastamulticolore, vischiosa, con colori nauseabondi e, a lungo andare, la stessa epidermide assume disgustosecolorazioni dove si aggiungono irritazioni esterne.Non si durava molto l dentro: Ho 44 anni. Sono sposato e ho un figlio di tre anni. AllIpca ci sono stato dal 1960al 1962. Lavoravo nel magazzino delle materie prime. Per non sentirci male, ogni tanto scappavamo fuori aprenderci un po di fiato. Lanno scorso, a distanza di 15 anni da quando sono uscito da quellinferno, hoincominciato a orinare sangue.11Intervistato sulle condizioni in fabbrica, Silvio Ghisotti rispondeva al giornalista: Lei mi insegna, che nulla piIpca di Ciri.Ipca di Ciri.dannoso per unindustria che gettar via soldi inutilmente. Paroledi uno che sente di non aver nulla da temere. Non dal Comune diCiri, che nel 67 cazzi violentemente gli operai che avevanochiesto aiuto al gruppo consiliare del PCI. Non dalla Provincia, chesmarr distrattamente la denuncia inviatale dalla CommissioneInterna. Non dallInail, n dallIspettorato del Lavoro, che neg diaver mai fatto controlli, a fronte di pi di un centinaio di morti. Ndal medico di fabbrica, che prescriveva agli operai che pisciavanorosso di bere meno vino e pi latte. In compenso lIstituto diMedicina del Lavoro dellUniversit di Torino, pubblic un ricercaallarmante sui tumori allIpca ma senza dire, per riservatezza,il nome della fabbrica.12Gli operai capirono che dovevano fare da soli. Nel 1968 due diloro, Albino Stella e Benito Franza si licenziarono. Per qualche anno girarono tutti i cimiteri della zona, annotandoi nomi dei compagni morti. Ne trovarono 134, e decisero che erano abbastanza.Dovevano sbrigarsi a fare denuncia: anche loro erano dei pissabrut, deipisciarosso, come venivano chiamati i condannati dellIpca. La loro inchiesta fu allabase dellapertura del processo, che riguard 37 casi di morte avvenuta e 27 di gravemalattia in corso.Tutti gli altri omicidi erano andati in prescrizione, o amnistiati.Benito Franza non arriv alla sentenza, ma fece in tempo a lasciare testimonianza :Mi sono impiegato allIpca, come primo lavoro, nel 1951. Ero addetto alla produzionedi betanaftilamina, e usavo materiali che mi hanno fatto venire, come ho saputo 15anni dopo, il cancro alla vescica. Lavoravo in questo modo: con una paletta a manicocorto prelevavo il beta naftolo in polvere e caricavo cos, insieme ad altri elementi,unautoclave. La miscela bollente entrava a contatto con laria e sollevava una grannube di vapore velenoso che passava in tutti i reparti, e che veniva respirato da tuttigli operai.E testimoniarono anche altri: Gli operai usano tute di lana (che si procurano inproprio perch il padrone non fornisce niente) in quanto la lana lunico tessuto cheassorbe gli acidi senza bruciarsi anche i piedi li avvolgevamo in stracci di lana, e portavamo tutti zoccoli dilegno, altrimenti con le scarpe normali ci ustionavamo i piedi. I topi che entravano morivano con le zampe incancrena. I topi non portano zoccoli.Sulle mie lenzuola e sul cuscino conservo ancora limpronta del corpo di mio marito. Infatti, pur lavandosi efacendosi il bagno prima di coricarsi, la notte tutti quei colori che aveva in corpo uscivano, trapassavano ilpigiama e le lenzuola rimanevano impregnate Dormendogli accanto, sentivo un forte odore acido emanato dalsuo respiro...Il medico mi chiedeva solo se mangiavo, se fumavo, se bevevo Una volta che sono svenuto mi ha misurato la pressione, esiccome era bassa, invece di avvertirmi che era colpadellammoniaca, mi ha detto solo di mangiare di pi...13Durante la prima udienza ricorda Bianca Guidetti Serra ilpubblico era cos folto che si dovette cambiare aula. Venne accoltaper la prima volta (e fece precedente) la costituzione del sindacatocome parte civile in una causa per omicidi bianchi, e solo pochefamiglie accettarono il risarcimento offerto dai Ghisotti per chiudereil contenzioso. La maggior parte resto dentro il processo. Speseromolto, i Ghisotti, negli onorari dei principi del foro, nelle perizie diillustri scienziati, ma non bast ad evitare le condanne di quattrodirigenti e del medico di fabbrica. Un altro precedente giuridico, perch per le morti da malattia professionale nonera mai successo.In quelloccasione, gli avvocati delle parti civili destinarono i propri onorari alla costituzione della FondazioneBenito Franza. Era nello stile di Bianca evitare di arricchirsi col mestiere.Del resto, la sua clientela abituale non era particolarmente danarosa: In quegli anni avevo un calendariofittissimo di processi e mi spostavo di continuo tra Torino, Genova, Pisa, Lucca, Firenze, Milano e molte altre cittper affrontare casi legati quasi sempre a manifestazioni di piazza di studenti e operai. Erano gli anni delleoccupazioni, degli scioperi, degli sgomberi, delle assemblee, ma in quel periodo difesi anche molti obiettori dicoscienza, erano i tempi in cui diversi giovani venivano arrestati per non aver risposto alla chiamata di leva micapit di difendere Adriano Sofri per blocco stradale davanti al municipio 14.E le capit anche di difendere Pio Baldelli, direttore responsabile di Lotta Continua, dalla querela perdiffamazione avanzata dal commissario Luigi Calabresi, indicato dal giornale come uno dei principali responsabilidellomicidio di Pinelli. Un occasione insperata, per LC, per poter confutare, con il rilievo di un pubblicodibattimento, la tesi del suicidio del ferroviere anarchico. (Continua)