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Il Foglio (ITA) Paese: it Pagina: 7 Diffusione: 25000 Tipo media: Quotidiano Nazionale Autore: MATTEO MATZUZZI 23 Maggio 2015 This article is intended for personal and internal information only. Reproduction or distribution is prohibited. Page 1 / 4 Paese: it Pagina: IL FOGLIO 7 Il Foglio (ITA) Diffusione: 25000 23 Maggio 2015 "ha rinchiuso Rornero nella gabbia degli scontri ideologici della sua epo- ca". Ancor prima di celebrarne i fune- rali (interrotti dalle bombe che falcia rono la folla assiepata all'esterno del- la cattedrale e mai più ripresi), lui era già un niito politico, "accostato mes- sianicamente a personaggi come Ca- milo Torres, Che Guevara o Salvador Allende". Lapalissiano, dunque, che nella curia romana qualcuno non ve- desse di buon occhio la beatificazione di questo vescovo che tanti, in patria, soprannominavano "Marxnulfo". Ac- cusato da destra di essere un marxi- sta leninista comunista e da sinistra di essere un conservatore reazionario. Gli imputavano, i seguaci della Teolo- gia della liberazione deviata - quella sempre duramente avversata da Ro- mero - perfino di girare in abito tala- re, segno incontrovertibile di tradizio- nalismo stantìo. Per lui, la bussola è sempre stata la Roma dei papi, e la ro- manità ha costituito un elemento deci- sivo nella sua formazione e nella sua identità di sacerdote e vescovo. Visse sei anni a Roma, tra il 1937 e il 1943, rendendosi conto di quanto disastrata fosse la realtà della chiesa latinoame ricana, lenta nel rigenerarsi dopo l'ad- dio alla Spagna conquistadora. Non c'e- rano preti, i fedeli avevano idee poche e confuse, mescolavano spesso culti locali a spunti tratti dal catechismo imparato chissà dove e in chissà qua- le modo. A Roma matura la sua devo- zione per i Pontefici. tutti. Il suo attac- camento a Paolo VI è noto - Montini gli farà da scudo quando prelati e monsignori curiali ne auspicavano la rimozione dalla guida della diocesi - ma la sua stella polare fu, fin dall'mi zio, Pio XI, l'unico Papa imperia!, il modello perfetto di vescovo forte. Per UN SANTO DA AMMAZZARE Ucciso 35 anni fa a San Salvador durante la messa, il vescovo Romero sale oggi all'onore degli altari di Matteo Matzuzzi "Quando la politica tocca l'altare, la Chiesa difende il suo altare' (Pio XI) C i sono voluti trentacinque anni per riconoscere che Oscar Arnulfo Ro- mero fu martirizzato in odium fidei e quindi degno d'essere proclamato beato, cosa che avverrà oggi a San Sal- vador. Era il 24 marzo 1980, ultimo lu- nedì di Quaresima. Romero stava ce le- brando una messa pomeridiana in suf- fragio di una sua conoscente. L'omclia l'aveva tenuta in piedi, come spesso faceva, dinanzi all'altare. Girandosi per prendere il corporale con cui ini- ziare l'offertorio, una pallottola di quelle a frammentazione - una soltan- to - lo colpì a morte. Ucciso con i pa- ramenti sacri ancora indosso, in spre- gio alla fede. "Non dubito che la sua persona meriti la beatificazione", dis- se Benedetto XVI ai giornalisti che gli domandavano lo stato della pratica, nel maggio del 2007. "Una morte vera- mente credibile, di testimonianza dcl la fede", aggiunse a braccio Josepli Ratzinger. Il problema, disse ancora il Papa oggi emerito, è che "una parte politica voleva prenderlo per come bandiera, come figura emblematica, ingiustamente". Questo è il punto chiave per capire la vicenda. Lo stori- co Roberto Morozzo della Rocca, dopo aver consultato decine di documenti fino a oggi inediti, ha scritto in "Oscar Romero, la biografia" (San Paolo, 2015) - libro mirabile perché privo di quella melassa nostalgica e obbligato rianiente agiografica che spesso per- vade le operette su chi è in odore di iscrizione nel catalogo dei santi - che "la glorificazione di un Romero mar- tire del popolo', nei termini della guerriglia, a lungo ne ha imprigionato la figura nella temperie della guerra civile salvadoregna e dello scontro tra destra e sinistra". Il mito, insomma, Tipo media: Quotidiano Nazionale Autore: MATTEO MATZUZZI Io J3orromeo. Sul periodo romano ha lasciato riflessioni che testimoniano quanto indiscutibile fosse la polarità della Città eterna - "madre. maestra. patria" - nel suo orizzonte di vescovo cattolico: "Roma è il simbolo e la sin- tesi più bella della chiesa". E ancora, 'per un seminarista che si prepara de- votamente alle esigenze della sua vo- cazione, che bella scuola osservare e vivere una Roma che si dispiega sotto la mano visibile di Dio che è il Papa". Non fu facile la sua vita da vescovo. A San Salvador, in quattro anni come ausiliare, gli insuccessi furono supe- riori ai successi. Isolato, uomo dal ca- rattere difficile. con pochi amici, pare- va la copia del Paolo VI strattonato nei marosi del post Concilio. Non a caso, il Montini che Romero riprendeva nei suoi articoli era quello del "fumo di Satana" forse entrato nella chiesa; il Papa che denunziava l'autodemolizio- ne della chiesa e biasimava quanti au spicavano e lavoravano all'edificazio- ne d'una chiesa senza santità, autorità, croce, obbedienza e sacrificio. Il "suo" Vaticano TI era quello dell'aggiorna- mento che mantenesse intatto il dogma e la tradizione nel suo più profondo si- gnificato. Il Concilio portato avanti e chiuso da Montini, Papa dell'equili- brio. Frequenti le critiche agli innova- tori, accusati di "ignorare il patrimo nio storico e teologico di secoli di vita cristiana". Ma la tradizione, per lui, non andava confusa con le tradizioni, come ebbe a dire il cardinale Sue- nens.Sono gli anni della Teologia del- la liberazione rampante, Romero è dif- fidente. Per lui, scrive Morozzo della Rocca, era accettabile solo la teologia della liberazione che "giungeva fino alle realtà celesti e non si esauriva nel- le realtà terrene". Liberacien doveva si- gnificare nient'altro che salvaciòn. E' la "salvezza integrale" di cui par- lava Paolo VI, l'eterna teologia della ché è questo che Romero voleva, e non a caso il suo modello di pastore era quello tridentino impersonato da Page 1 / 4 This article is intended for personal and internal information only. Reproduction or distribution is prohibited. EMI Editrice missionaria Italiana

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Il Foglio (ITA)

  Paese: it

Pagina: 7

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  Tipo media: Quotidiano Nazionale

Autore: MATTEO MATZUZZI

  23 Maggio 2015  

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Paese: it

Pagina:IL FOGLIO 7

Il Foglio (ITA) Diffusione: 25000

23 Maggio 2015

"ha rinchiuso Rornero nella gabbiadegli scontri ideologici della sua epo-ca". Ancor prima di celebrarne i fune-rali (interrotti dalle bombe che falciarono la folla assiepata all'esterno del-la cattedrale e mai più ripresi), lui eragià un niito politico, "accostato mes-sianicamente a personaggi come Ca-milo Torres, Che Guevara o SalvadorAllende". Lapalissiano, dunque, chenella curia romana qualcuno non ve-desse di buon occhio la beatificazionedi questo vescovo che tanti, in patria,soprannominavano "Marxnulfo". Ac-cusato da destra di essere un marxi-sta leninista comunista e da sinistra diessere un conservatore reazionario.Gli imputavano, i seguaci della Teolo-gia della liberazione deviata - quellasempre duramente avversata da Ro-mero - perfino di girare in abito tala-re, segno incontrovertibile di tradizio-nalismo stantìo. Per lui, la bussola èsempre stata la Roma dei papi, e la ro-manità ha costituito un elemento deci-sivo nella sua formazione e nella suaidentità di sacerdote e vescovo. Vissesei anni a Roma, tra il 1937 e il 1943,rendendosi conto di quanto disastratafosse la realtà della chiesa latinoamericana, lenta nel rigenerarsi dopo l'ad-dio alla Spagna conquistadora. Non c'e-rano preti, i fedeli avevano idee pochee confuse, mescolavano spesso cultilocali a spunti tratti dal catechismoimparato chissà dove e in chissà qua-le modo. A Roma matura la sua devo-zione per i Pontefici. tutti. Il suo attac-camento a Paolo VI è noto - Montinigli farà da scudo quando prelati emonsignori curiali ne auspicavano larimozione dalla guida della diocesi -ma la sua stella polare fu, fin dall'mizio, Pio XI, l'unico Papa imperia!, ilmodello perfetto di vescovo forte. Per

UN SANTO DA AMMAZZAREUcciso 35 anni fa a San Salvador durante la messa, il vescovo Romero sale oggi all'onore degli altari

di Matteo Matzuzzi"Quando la politica tocca l'altare, la

Chiesa difende il suo altare' (Pio XI)

Ci sono voluti trentacinque anni perriconoscere che Oscar Arnulfo Ro-

mero fu martirizzato in odium fidei equindi degno d'essere proclamatobeato, cosa che avverrà oggi a San Sal-vador. Era il 24 marzo 1980, ultimo lu-nedì di Quaresima. Romero stava ce le-brando una messa pomeridiana in suf-fragio di una sua conoscente. L'omclial'aveva tenuta in piedi, come spessofaceva, dinanzi all'altare. Girandosiper prendere il corporale con cui ini-ziare l'offertorio, una pallottola diquelle a frammentazione - una soltan-to - lo colpì a morte. Ucciso con i pa-ramenti sacri ancora indosso, in spre-gio alla fede. "Non dubito che la suapersona meriti la beatificazione", dis-se Benedetto XVI ai giornalisti che glidomandavano lo stato della pratica,nel maggio del 2007. "Una morte vera-mente credibile, di testimonianza dclla fede", aggiunse a braccio JosepliRatzinger. Il problema, disse ancora ilPapa oggi emerito, è che "una partepolitica voleva prenderlo per sé comebandiera, come figura emblematica,ingiustamente". Questo è il puntochiave per capire la vicenda. Lo stori-co Roberto Morozzo della Rocca, dopoaver consultato decine di documentifino a oggi inediti, ha scritto in "OscarRomero, la biografia" (San Paolo,2015) - libro mirabile perché privo diquella melassa nostalgica e obbligato

rianiente agiografica che spesso per-vade le operette su chi è in odore diiscrizione nel catalogo dei santi - che"la glorificazione di un Romero mar-tire del popolo', nei termini dellaguerriglia, a lungo ne ha imprigionatola figura nella temperie della guerracivile salvadoregna e dello scontro tradestra e sinistra". Il mito, insomma,

Tipo media: Quotidiano Nazionale

Autore: MATTEO MATZUZZI

Io J3orromeo. Sul periodo romano halasciato riflessioni che testimonianoquanto indiscutibile fosse la polaritàdella Città eterna - "madre. maestra.patria" - nel suo orizzonte di vescovocattolico: "Roma è il simbolo e la sin-tesi più bella della chiesa". E ancora,'per un seminarista che si prepara de-votamente alle esigenze della sua vo-cazione, che bella scuola osservare evivere una Roma che si dispiega sottola mano visibile di Dio che è il Papa".Non fu facile la sua vita da vescovo.

A San Salvador, in quattro anni comeausiliare, gli insuccessi furono supe-riori ai successi. Isolato, uomo dal ca-rattere difficile. con pochi amici, pare-va la copia del Paolo VI strattonato neimarosi del post Concilio. Non a caso, ilMontini che Romero riprendeva neisuoi articoli era quello del "fumo diSatana" forse entrato nella chiesa; ilPapa che denunziava l'autodemolizio-ne della chiesa e biasimava quanti auspicavano e lavoravano all'edificazio-ne d'una chiesa senza santità, autorità,

croce, obbedienza e sacrificio. Il "suo"Vaticano TI era quello dell'aggiorna-mento che mantenesse intatto il dogmae la tradizione nel suo più profondo si-gnificato. Il Concilio portato avanti echiuso da Montini, Papa dell'equili-brio. Frequenti le critiche agli innova-tori, accusati di "ignorare il patrimonio storico e teologico di secoli di vitacristiana". Ma la tradizione, per lui,non andava confusa con le tradizioni,come ebbe a dire il cardinale Sue-nens.Sono gli anni della Teologia del-la liberazione rampante, Romero è dif-fidente. Per lui, scrive Morozzo dellaRocca, era accettabile solo la teologiadella liberazione che "giungeva finoalle realtà celesti e non si esauriva nel-le realtà terrene". Liberacien doveva si-gnificare nient'altro che salvaciòn.E' la "salvezza integrale" di cui par-

lava Paolo VI, l'eterna teologia della

ché è questo che Romero voleva, e nona caso il suo modello di pastore eraquello tridentino impersonato da

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salvezza di Cristo venuto a redimeredal peccato. Per lui, i poveri - elemen-to centrale in tutta la sua esperienza diuomo della chiesa - non dovevano es-sere infilati in categorie ideologiche;non erano "un elemento della storiapolitica", I poveri avevano un postod'onore nel cristianesimo, perché cosìsta scritto nel Vangelo. Romero "nonaveva bisogno di riferirsi a dottrineteologiche specifiche. Si richiamava aPaolo VI, al Vaticano 11, a Medellin, aPuebla". Si interessò alle tesi di padreGutiérrez perché gran parte del suoclero le sponsorizzava, ma la letturadella teologia della liberazione chesposava era quella offerta da EduardoPironio, dove la lotta politica non tro-vava alcuno spazio. Dirà Rornero nel1978, quando ormai era già da un annoarcivescovo della capitale, che lui ap-poggiava sì la teologia della liberazio-ne, spiegando però che "vi erano duetipi ditale teologia, quella che si ap-poggia solamente a cose terrene e de-sidera una soluzione immediata, e l'al-tra che promana dal messaggio di Ge-sù che viene a togliere il peccato dalmondo". E la sua preferenza andava aquesta seconda lettura, meramenteevangelica. La bussola, diceva, era laEvangelii Nuntiandi. Una bussola chestentava a essere recepita dagli altrivescovi salvadoregni, che salvo sparu-te eccezioni, fecero il possibile per fardestituire Romero. Benjiamin Barrera,vescovo di Santa Ana, arrivò a suggeri-re al presidente della Repubblica difar espatriare Romero: "Io per ultimodissi il mio pensiero. L'unica via sicu-ra che Ella può seguire è, con tutto il ri-spetto, quella di mettere lIonsignoresu un aeroplano e mandarlo all'estero,

tenendo conto del fatto che la stampainizialmente farà i suoi commenti ma,alla fine, il caso sarà dimenticato".

Aveva una certa difficoltà, Romero,nel capire subito le persone. Un'inge-nuità di cui si sarebbe pentito quandoapprese che l'uomo da lui scelto e qua-si preteso come proprio ausiliare a SanSalvador, René Revelo, spediva rego-larmente a Roma dossier in cui deni-

grava il suo superiore. A Romero civolle un po' prima di rendersi contodell'opinione (perplessa, se non nega-tiva) che in Vaticano si andava forman-do sul suo conto. In un primo momen-to non comprendeva quali fossero leaccuse a lui dirette, ostinato com'era econvinto che la sua linea fosse indiscu-tibilmente giusta. E quando il nunziogli raccomandava la salvaguardia del-l'unità episcopale - una mera chimera,visto lo stato penoso dei rapporti in se-no alla conferenza dei vescovi localifin dagli anni Sessanta - lui risponde-va che "la linea di coerenza evangeli-ca" non poteva essere sacrificata "so-lo per onorare una unità apparente".Gli altri, che mal tolleravano la sua po-polarità tra le masse contadine raffor-zata negli anni di episcopato a Santia-go de Maria - all'alba saliva su unajeep attrezzata con altoparlanti e comeun chierico vagante portava la buonanovella ai campesinos, negli anni incui nel Salvador dello scontro tra Sta-to e chiesa il solo possedere una Bib-bia poteva costare la vita - lo accusava-no di essere un vanitoso e, soprattutto,un comunista. Ma Romero il comuni-smo lo avversava, poiché "pretende digenerare una nuova specie di uomini".Scriveva che "il segno specifico del-l'uomo è la religiosità" e 'senza la re-ligione l'uomo non più di un animale.Ebbene, il comunismo questo vuole:sradicare dall'uomo ogni sentimentoreligioso". A Roma la situazione perlui iniziava a farsi pesante, anche pererrori che Romero commise a causadel suo non essere uomo di mediazio-ne. Il cardinale Baggio, prefetto della

congregazione per i vescovi, lo convocòin curia per un "definitivo chiarimen-to". Aveva letto tutto quel che si dice-va sull'arcivescovo di San Salvador:dalle informazioni dei presuli locali airapporti del nunzio Gerada, l'uomoche cercò di impedire la celebrazionedella messa unica nella cattedrale del-la capitale dopo l'assassinio del gesui-ta Rutilio Grande, uno dei pochi gran-di amici di Romero. In quegli anni, suimanifesti delle città salvadoregne

campeggiavano slogan quali "haga Pa-tria, mate a un cura", sii patriota, ucci-di un prete. Gerada sconsigliò all'arci-vescovo di chiudere le chiese alla mes-sa domenicale per far convogliare tut-to il clero nella capitale in memoria dipadre Grande. Con il governo e i mili-tari, suggeriva il diplomatico, era pre-feribile usare "maneras suaves". Ma lemaneras suaves non gli si addicevano:non era uomo di compromesso, tutt'al-tro. Era impulsivo, a tratti perfino au-toritario. Una testardaggine che gliavrebbe fatto commettere anche qual-che errore, come avrebbe dimostratola lettera spedita a Giovanni Paolo TIappena asceso al Soglio petrino: un

lungo elenco di lamentale sulla con-dotta del nunzio, di alcuni presuli eperfino del cardinale Baggio. "La lette-ra poteva avere per Rornero solo effet-ti sfavorevoli. Il Papa, appena eletto,senza pratica delle questioni salvado-regne, non poteva valutarla nel meri-to", scrive Morozzo della Rocca. Ansio-so com'era, Romero "concepì la letteracome un documento di contraddittoriogiudiziario perché l'autorità superiore,il Papa, lo assolvesse dalle accuse chegli venivano mosse".

Lui, del Papa, era certo di avere l'ap-

poggio. Ricordava quanto gli aveva det-to Montini l'ultinia volta che si eranovisti: "Coraggio, è lei che comanda".Paolo VI rappresentò l'argine al pro-fluvio di istanze per l'allontanamentodi Romero. La morte del Pontefice lolasciò disorientato. Dopo la breve pa-rentesi di Albino Luciani, non sapevacosa attendersi dal vigoroso vescovo diRoma giunto da Cracovia. Il loro primoincontro (nel 1979) lasciò Romero pen-sieroso: Giovanni Paolo Il aveva insi-stito sulla necessità di pensare all'u-nità dell'episcopato, ma non gli avevachiesto di usare quei toni morbidi conle autorità politiche che il nunzio Ge-rada, due anni prima, aveva raccoman-dato. In ogni caso, Karol Wojtyla nondiede seguito alle richieste di sostitui-re l'arcivescovo: voleva vederci chiaro,ascoltare tutti i protagonisti in campo.Un anno dopo, nel corso di un

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do incontro riservato, il Papa disse disapere quanto fosse difficile "la situa-zione lì da voi. Bisogna difendere mol-to, con impegno, la giustizia sociale el'amore verso i poveri, ma bisogna sta-re anche molto attenti alle ideologieche si possono infiltrare in questa dife-sa dei diritti umani, che a lungo anda-re sono altrettante offese ai dirittiumani". Romero si disse d'accordo:"Essere pienamente con i poveri, maanche segnalare i pericoli che ci posso-no essere in una rivendicazione realiz-zata senza i sentimenti cristiani".

Si è molto scritto, negli anni, su unapresunta conversione di Oscar Rome-ro: da legato alla tradizione, si sareb-be trasformato in un seguace di quel fi-lone della Teologia della Liberazioneche anni dopo sarebbe incappato nel-la censura dell'ex Sant'Uffizio. Uncambiamento che sarebbe avvenutomentre vegliava il cadavere di RutilioGrande. Il teologo Jon Sobrino in "Ro-mero, martire di Cristo e degli oppres-si" (Emi, 2015) si dice convinto che'non soltanto che Romero abbia attra-versato una conversione, ma abbia an-che fatto una nuova esperienza di Dio.Da allora non poté più separare Diodai poveri, la sua fede in Dio dalla di-fesa dei poveri". Ma quel che era cam-biato, semmai, era il suo modo di rap-portarsi alle mutate responsabilità inun contesto sociale drammatico, consacerdoti che sparivano nel nulla o chevenivano ammazzati e sfigurati insie-me a decine di contadini accusati di fo-mentare rivolte contro l'ordine costi-tuito. Era cambiato ciò che lo attornia-va. Il pastore si fece defensor civitatis,faro nella nebbia. Protettore del cleroperseguitato e difensore dei poveri.Spiega bene il clima quanto scrisse lostesso Romero in una delle riflessioniriportate dal suo ex segretario, JesùsDelgado, in "La chiesa non può starezitta" (Emi, 2015): "Le persecuzioni del-la chiesa primitiva, quelle delle mis-sioni, fino a un certo punto parevanopassate e storiche, ma qui abbiamo do-vuto vivere quella storia in tutta la suacrudezza". Ai giornalisti che a Puebla

lo seguivano come una star hollywoo-diana, disse che potevano pure parla-re di conversione, ma che "sarebbe piùesatto definirla uno sviluppo del pro-cesso di conoscenza". Sempre, aggiun-geva, 'ho avuto affetto per il popolo,per il povero (...). Giungendo però aSan Salvador, la stessa fedeltà cui ave-vo voluto ispirare il mio sacerdozio mifece comprendere che il mio afTettoverso i poveri, la mia fedeltà ai princì-pi cristiani e l'adesione alla Santa Se-de dovevano prendere una direzioneun po' diversa". E' lafortaleza pastora-le "che contrastava col mio tempera-mento e le mie inclinazioni conserva-trici. "Ho creduto un dovere - scrisse -pormi decisamente in difesa della miachiesa e, dalla chiesa, a fianco del miopopolo tanto oppresso".

"Il mito ha rinchiuso Romeronella gabbia degli scontri ideologiddella sua epoca". Fu accostatoperfino a Che Guevara

L'unica liberazione, per lui, eraquella evangelica che giungevafino alle realtà celesti e non siesauriva nelle realtà terrene

Uomo dal carattere impulsivoe poco portato al compromessoElementi che gli causarono nonpochi problemi con il Vaticano

Documenti inediti rivelanocome Giovanni Paolo 11 nonostacolò in alcun modo l'attivitàdell'arcivescovo di San Salvador

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