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ALMA MATER STUDIORUM UNIVERSITA’ DI BOLOGNA Sede di Bologna
______________________________________________
Scuola di Specializzazione per l’Insegnamento Secondario Indirizzo Fisico−Informatico−Matematico
Classe A047
Direttore della Scuola: Prof. Roberto Greci Direttore Sezione di Bologna: Prof. Antonio Genovese
UN’ESPERIENZA DIDATTICA IN UNA SECONDA
CLASSE DI LICEO SCIENTIFICO: I RADICALI IN R
Tesi di abilitazione all’insegnamento secondario
Presentata da Il supervisore Dott.ssa Chiara Giampietro Prof. Fabrizio Monari
Relatore Chiar.mo Prof. Piero Plazzi
Anno Accademico 2006/2007
Ringrazio il professore Piero Plazzi,
il professore Fabrizio Monari
e la professoressa Maria Grazia Dell’ Uomo.
Dedico questa tesi ai ragazzi della seconda B,
i miei primi alunni.
INDICE PRESENTAZIONE.........................................................................................
Pag. 1
CAPITOLO 1:
LA DEFINIZIONE DEL PERCORSO
Pag. 2
1.1 Introduzione.................................................................................................
1.2 Quadro teorico.............................................................................................
1.3 Radicali nei curricoli della scuola secondaria……….................................
1.4 Osservazione in classe.................................................................................
1.5 Scelte metodologiche...................................................................................
1.6 Nascita del progetto.....................................................................................
Pag. 2
Pag. 3
Pag. 5
Pag. 8
Pag. 12
Pag. 13
CAPITOLO 2:
LA SPERIMENTAZIONE IN CLASSE
Pag. 15
2.1 Questionario iniziale: problematiche riscontrate.........................................
2.2 Introduzione alla definizione di radice n-esima..........................................
2.3 Condizioni di esistenza dei radicali in R.....................................................
2.4 Definizione di valore assoluto.....................................................................
2.5 Proprietà invariantiva..................................................................................
2.6 Trasformazioni di radicali...........................................................................
2.7 Operazioni con i radicali..............................................................................
2.8 Potenze ad esponente frazionario................................................................
Pag. 15
Pag. 20
Pag. 23
Pag. 25
Pag. 28
Pag. 32
Pag. 37
Pag. 38
CAPITOLO 3:
LA VALUTAZIONE
Pag. 42
3.1 La verifica formativa...................................................................................
3.2 La verifica sommativa.................................................................................
3.3 Una valutazione “esterna”...........................................................................
3.4 Considerazioni finali sulla SSIS.................................................................
.
Pag. 42
Pag. 50
Pag. 56
Pag. 59
BIBLIOGRAFIA.............................................................................................
Pag. 61
ALLEGATI......................................................................................................
Pag. 63
1
PRESENTAZIONE
In questa tesi sono riportate alcune considerazioni e riflessioni sull’attività di tirocinio
svolta in una seconda classe del liceo scientifico “E. Fermi” di Bologna. La proposta del
progetto di tirocinio riguarda lo studio dei radicali in R. Il tirocinio si inserisce come
momento fondamentale all’interno del percorso della Scuola di Specializzazione.
La tesi è suddivisa in tre capitoli a cui fanno seguito gli allegati.
Il Capitolo 1 illustra la trattazione teorica dell’oggetto matematico specificamente
interessato e la sua collocazione istituzionale, il ruolo che gioca nei curricoli della
scuola secondaria, la mia esperienza di osservazione in classe e la nascita del progetto.
Nel Capitolo 2 viene presentata una cronaca ragionata dell’attività didattica svolta; si
sono evidenziate le differenze con il percorso ipotizzato e analizzate le difficoltà
incontrate.
Nel Capitolo 3 sono stati discussi e interpretati i risultati ottenuti nelle verifiche
formativa e sommativa. E’ stata inoltre inserita una valutazione sull’efficacia e
sull’efficienza dell’azione didattica, alla luce delle risposte del questionario di
gradimento, e alcune considerazioni personali sulla Scuola di Specializzazione e
sull’attività di tirocinio.
Nella sezione Allegati sono inseriti il progetto di tirocinio come approvato dalla
Commissione Tirocinio, il test sui prerequisiti, il testo delle verifiche formativa e
sommativa e il questionario di gradimento.
2
CAPITOLO 1
LA DEFINIZIONE DEL PERCORSO
1.1 INTRODUZIONE
L’osservazione in classe è un’occasione per vedere messi in pratica i concetti propri
della Didattica della Matematica, per sperimentare personalmente quanto appreso nei
corsi teorici, un’opportunità per entrare in contatto con le varie situazioni d’aula, per
acquisire informazioni sulla classe nella quale poi sarà attuato il progetto in fase di
tirocinio attivo, analizzare i processi cognitivi degli allievi, la loro partecipazione alle
lezioni e le loro convinzioni riguardo la disciplina. Tutte queste informazioni sono
importanti per poter realizzare una progettazione che tenga conto, non solo del sapere
da insegnare, ma anche dei destinatari dell’azione didattica. I risultati della ricerca in
Didattica della Matematica e il tirocinio osservativo consentono di riflettere sui processi
di insegnamento-apprendimento e di costruire un percorso didattico in accordo con la
realtà del contesto classe in cui tale percorso verrà in seguito concretizzato e con lo stile
di insegnamento del tutor.
L’istituto presso il quale ho svolto l’attività di tirocinio è il Liceo Scientifico “E. Fermi”
di Bologna. La fase dell’osservazione in classe si è svolta nei mesi di ottobre,
novembre, dicembre e gennaio. La scelta della classe in cui attuare il progetto di
tirocinio, la 2B, e l’argomento del tirocinio, i radicali in R (per radicali in R si
intendono radicali con radicando nell’insieme dei numeri reali relativi) , sono stati
concordati con la tutor Maria Grazia Dell’Uomo: l’argomento è stato deciso in base al
periodo nel quale doveva realizzarsi il mio intervento didattico, in accordo con i tempi
della programmazione curricolare.
Per quanto riguarda le notazioni presenti in questa tesi, si è deciso di aderire al libro di
testo adottato, N. Dodero, P. Baroncini, R. Manfredi “Nuovo corso di algebra 2”,
Ghisetti e Corvi Editori. Con R, quindi, si intende l’insieme dei numeri reali, +R
rappresenta l’insieme dei numeri reali positivi, +0R indica l’insieme dei numeri reali
positivi incluso lo zero, N è l’insieme dei numeri naturali compreso lo zero, 0N
l’insieme dei numeri naturali escluso lo zero.
3
1.2 QUADRO TEORICO
Come già affermato, oggetto del mio tirocinio sono i radicali in R. Quanto segue vuole
dare un’idea della collocazione teorica di questo argomento.
La proprietà fondamentale che distingue il corpo dei reali da quello dei razionali è la
completezza.
Dopo aver ricordato che in R è definito un ordinamento totale per mezzo dell’usuale
relazione ≤ , ≥ , riprendiamo i concetti di estremo superiore e di estremo inferiore. Sia
R⊆A (non vuoto) limitato superiormente. Il sup A è il minimo dei maggioranti di A .
Esso coincide col massimo di A , quando questo esiste. Analogamente, sia R⊆A (non
vuoto) limitato inferiormente. L’inf A è il massimo dei minoranti di A . Esso coincide
col minimo di A , quando questo esiste.
Per le definizioni di ordinamento, maggiorante, minorante, massimo, minimo e ulteriori
approfondimenti ho consultato Pagani – Salsa, Analisi Matematica, vol.1.
Si può enunciare a questo punto il teorema di completezza, sulla base della continuità
espressa dall’assioma di Dedekind (v. sotto).
Teorema (di completezza).
Sia RA ⊂ , ∅≠A . Se A è limitato superiormente (inferiormente), A
possiede estremo superiore (inferiore).
Si osservi che il teorema di completezza ammette varie formulazione fra loro
equivalenti. Forse la formulazione più usata nelle scuole medie superiori è quella che fa
ricorso all’assioma di Dedekind. Al fine di enunciare tale assioma, bisogna premettere
che due insiemi numerici non vuoti A e B si dicono una sezione dell’insieme dei reali se
ogni numero reale è elemento di A oppure di B e se risulta ba < per ogni elemento a di
A e per ogni elemento b di B.
L’assioma di Dedekind si enuncia nel seguente modo:
Per ogni sezione { }BA, dell’insieme dei numeri reali esiste un unico numero
c, detto elemento di separazione, tale che bca ≤≤ , qualunque siano a in A
e b in B.
4
Pensando alla rappresentazione geometrica dei numeri sulla retta, osserviamo che
l’assioma di Dedekind è la formulazione moderna del postulato di continuità della retta
in Euclide.
Questo impianto è funzionale a definire le radici n-esime. Infatti, in conseguenza al
teorema di completezza, possiamo eseguire nel campo reale operazioni che sono solo
occasionalmente possibili nel campo razionale.
Nel testo di Pagani-Salsa si mostra come può essere introdotta l’operazione di
estrazione di radice n-esima. Consideriamo l’equazione yx =2 ; essa non ha alcuna
soluzione se 0<y (in virtù della struttura di campo ordinato esistente in R) ed ha
evidentemente la sola soluzione nulla se 0=y ; possiede invece esattamente due
soluzioni 1x e 2x se 0>y , l’una positiva e l’altra negativa .
Invece l’equazione yx =3 ha sempre, per ogni R∈y , una sola soluzione 1x ; risulta
01 =x se 0=y , 01 >x se 0>y e 01 <x se 0<y . La discussione precedente può
essere generalizzata alla equazione yxn = , separando il caso n pari da quello n
dispari. La ricerca di queste soluzioni corrisponde all’operazione di estrazione di radice
n -esima. E’ possibile quindi enunciare il seguente teorema.
Teorema. Sia Ry ∈ , 0≥y ed 0N∈n . Esiste un unico numero reale
positivo x tale che yxn = . Tale numero si chiama radice n -esima
aritmetica di y e si indica col simbolo n y oppure, come si vedrà, col
simbolo ny1
.
Attraverso il teorema precedente si definisce l’operazione di elevamento a potenza ba ,
con esponente razionale e base strettamente positiva. Basterà limitarsi al caso 1≥a ,
poiché se 10 << a , porremo:
b
b
aa
−
⎟⎠⎞
⎜⎝⎛=
1:
Sia dunque 1≥a , nmr = , Z∈m , 0N∈n , m e n primi fra loro; poniamo
( ) ( )mnnmr aaa ==1
:
La definizione è ben posta (v. sotto).
5
Vengono dimostrate inoltre le note regole sugli esponenti (siano a , b reali positivi, r ,
s razionali):
i. 0>ra r∀ ; 1>ra se 1>a ∧ 0>r ; 1<ra se 1<a ∧ 0>r
ii. srsr aaa ⋅=+
iii. ( ) rrr baab ⋅=
iv. ( ) srsr aa ⋅=
v. se sr < allora sr aa < se 1>a oppure sr aa > se 1<a .
Notiamo che 11 =r , Q∈∀r . Immediata conseguenza di i. è la seguente proprietà che
permette di confrontare potenze con basi diverse:
vi. rr baba ≤⇒≤<0 , se 0>r .
1.3 I RADICALI NEI CURRICOLI DELLA SCUOLA SECONDARIA
Nei programmi Brocca e P.N.I l’articolazione dei contenuti è suddivisa in cinque temi:
geometria del piano e dello spazio, insiemi numerici e calcolo, relazioni e funzioni,
elementi di probabilità e statistica, elementi di logica ed informatica. L’introduzione
intuitiva dei numeri reali, i radicali quadratici e le operazioni elementari su essi sono
inseriti nel tema: “Insiemi numerici e calcolo”. Alla luce di quanto affermato nei
programmi, nel trattare le potenze a base reale positiva e ad esponente razionale, e
quindi nel calcolo dei radicali, sarebbe opportuno non insistere sulla ripetitività e
complessità delle espressioni, dovendosi privilegiare sempre, più che l'esercizio fine a
se stesso, la padronanza concettuale e la consapevolezza delle procedure seguite.
Nell’usuale trattazione che si fa dei radicali nell’insegnamento secondario viene spesso
data un’eccessiva attenzione ad un gran numero di tecnicismi di calcolo, trascurando
aspetti concettuali più significativi: il simbolo n a può riferirsi ad elementi di R. A
questo proposito i risultati di un progetto di ricerca, discusso nell’articolo di E.
Fischbein, R. Jehian e D. Cohen “Il concetto di numero irrazionale in studenti di scuola
superiore ed in futuri insegnanti”, dimostrano che i concetti di numero razionale,
irrazionale e reale non sono chiaramente definiti nella mente degli studenti, tanto che
alcuni di essi arrivano a pensare come numeri irrazionali solo quelli provenienti da
estrazione di radice, ignorando che sono invece irrazionali molti altri numeri, come il
numero π , o la maggior parte dei logaritmi o i valori delle funzione goniometriche di
un generico angolo. Sarebbe forse il caso di dare meno spazio all’insieme delle tecniche
6
risolutive, approfondendo alcuni aspetti concettuali come, ad esempio, il passaggio dal
discreto al continuo, l’incommensurabilità, la relazione tra questa e la sua espressione
numerica.
Nel documento dell’UMI, che consiste di quattro nuclei tematici (numeri e algoritmi,
spazio e figure, relazioni e funzioni, dati e previsioni) e di tre nuclei trasversali, centrati
su processi caratteristici della matematica (argomentare, congetturare e dimostrare,
misurare, risolvere e porsi problemi) l’introduzione all’insieme dei numeri reali, il
calcolo dei radicali e la potenza di numeri positivi con esponente razionale sono
contenuti nel nucleo “Numeri e algoritmi”. Nel documento si danno alcuni suggerimenti
per affrontare in classe questi argomenti: i numeri reali andrebbero introdotti in forma
intuitiva, e solo successivamente sostenuti dall’introduzione delle classi contigue; si
dovrebbe fare un esame critico sul modo in cui si sviluppa il concetto di potenza quando
si passa da un insieme numerico ad un altro (ad esempio dagli interi ai razionali, ai
reali), utile per preparare la strada all’introduzione della funzione esponenziale e della
funzione logaritmica; bisognerebbe ridurre al minimo il calcolo con i radicali. Sarebbe
inoltre opportuno rivedere la costruzione teorica degli insiemi N, Z, Q, R non
assiomaticamente, ma evidenziando la loro struttura “incapsulata” e le proprietà che li
differenziano gli uni dagli altri. Nel documento dell’UMI è inoltre proposta
un’interessante attività didattica sull’introduzione della 2 , attraverso un passo tratto
dal testo greco: il Menone di Platone. Nel testo Socrate propone un problema
geometrico ad un giovane, servo dell’amico Menone, senza particolari conoscenze
matematiche. Gli studenti, ripercorrendo i passi del dialogo tra Socrate e il giovane
servo, analizzano la figura procedendo per gradi e, mediante successive intuizioni,
tentativi e verifiche, arrivano alla conquista del concetto.
Nella programmazione curricolare della tutor il calcolo dei radicali in R è inserito subito
dopo la trattazione delle disequazioni di primo e secondo grado, operando una
variazione rispetto al libro di testo adottato, N. Dodero, P. Baroncini, R. Manfredi
“Nuovo corso di algebra 2“, Ghisetti e Corvi Editori, che dedica all’argomento il
secondo dei diciannove capitoli in cui è suddiviso, successivo solo allo studio dei
numeri reali. Nel testo i numeri reali vengono introdotti attraverso il concetto di classi
contigue, dopo avere accennato all’incompletezza di Q e all’esigenza di un
ampliamento degli insiemi numerici già noti, ovvero alla necessità di introdurre un
nuovo insieme in cui siano possibili altre operazioni, oltre a quelle elementari: l’insieme
dei numeri irrazionali.
7
La docente titolare ha scelto una trattazione unitaria dei radicali. L’operazione di sintesi
consiste nel definire un solo e unico concetto, sia pure distinguendo più casi:
“sia a un numero reale ed n un numero naturale non nullo. Se 0≥a , chiamiamo radice
n-esima di a e indichiamo con n a , quell’unico numero reale non negativo b tale che
abn = . Se 0<a ed n è pari, non si parla di radice n-esima di a e non si attribuisce
alcun significato al simbolo n a . Se 0<a ed n è dispari, chiamiamo radice n-esima di
a, e si indica con n a , quell’unico numero reale (necessariamente negativo) b tale che
abn = . La scrittura n a si dice il radicale individuato dal radicando a e dall’indice n.”
E’ in corso una discussione aperta proprio su questo tema, dibattuto l’anno scorso anche
in sede di coordinamento disciplinare, presso l’istituto nel quale ho svolto il tirocinio. Ci
sono due correnti di pensiero: i sostenitori della distinzione tra “radicali aritmetici” e
“radicali algebrici” e i propugnatori di un approccio che consenta una trattazione
unitaria dell’argomento, sostenendo che tale modello eviti confusione ed errori. Per gli
assertori di questo ultimo approccio, i vantaggi sono evidenti: la scrittura n a non dà
luogo ad ambiguità, ed anzi la n aa → definisce, per ogni numero intero positivo n,
una funzione reale di variabile reale (il cui dominio coincide con R se n è dispari, e si
riduce all’intervallo +0R se n è pari). I sostenitori di questo modello considerano la
distinzione dei due radicali fonte di difficoltà per gli studenti, quando si arriverà al
punto in cui non sarà più possibile considerare solo radicali con radicando positivo. Ci
sarà infatti un momento in cui diventa necessario considerare radicali con radicando
negativo, ad esempio quando si affrontano le cosiddette funzioni elementari da R a R e
le loro inverse. La funzione 3x è definita e crescente su tutto R, è dunque invertibile in
R. La sua inversa verrà indicata con 3 x e qui x può assumere anche valori negativi; ma
certamente i simboli n che compaiono nell’espressione di una funzione non possono
essere “radicali algebrici”, dato che questi rappresentano l'intero insieme di tutti i
numeri y tali che xy n = . Il simbolo n nei percorsi del Liceo assume quindi il
significato espresso dalla definizione data in precedenza. Va detto allora che si sta in
effetti cercando di eliminare questa distinzione, se non altro perché il fatto di associare
due significati diversi allo stesso simbolo è inutilmente fuorviante. A questo proposito
mi è stato riferito dal supervisore, che ha vissuto in prima persona questa esperienza,
che gli studenti che si sono imbattuti nella distinzione fra i due radicali nel corso dei
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loro studi, anche a distanza di anni, di fronte ad un radicale, continuano comunque a
chiedersi se è algebrico o aritmetico.
Alle due correnti di pensiero riguardo alla trattazione dei radicali corrispondono i
diversi modi di affrontare l’argomento, presenti nei vari libri di testo. E’ possibile,
quindi, trovare testi che operano una distinzione tra radicali aritmetici e radicali
algebrici (ad esempio G. Zwirner, L. Scaglianti, A. Brusamolin Mantovani “Non solo
Algebra”, Cedam), e altri che danno una sola definizione di radicale, simile a quella
data in precedenza in questo stesso paragrafo (Persano M.R., Ribaldi L., Zanoli G.
“Matematica per il biennio delle superiori”, Juvenilia). Inoltre, tra i libri di testo che
propongono una trattazione unitaria dell’argomento, alcuni fanno un’ulteriore
distinzione (Dodero N., Baroncini P., Manfredi R. “Nuovo corso di algebra 2”, Ghisetti
e Corvi Editori): affrontano lo studio dei radicali dapprima in +0R (si considerano, cioè,
solo radicali con radicandi a fattori positivi), per facilitare l’acquisizione delle regole di
calcolo, per poi procedere con i radicali in R, riprendendo tutte le operazioni
precedentemente considerate e discutendole opportunamente. Infine ci sono alcuni testi
che scelgono di affrontare lo studio dei radicali da un punto di vista funzionale e
introducono inizialmente i radicali quadratici e cubici. Quanto detto viene poi
generalizzato per qualsiasi altro valore 0N∈n . Si considera, cioè, la funzione 2xy = ,
definita su R, con insieme dei valori +0R : non essendo biiettiva, non è invertibile, ma lo
diviene se si ristringe il dominio a +0R . Allora esiste la sua funzione inversa xy = ,
avente ancora per dominio e per insieme dei valori +0R , alla quale viene dato il nome di
funzione radice quadrata. Si passa poi a considerare la funzione 3xy = , il cui dominio
e insieme dei valori coincidono con l’insieme R. La funzione è biiettiva e quindi
invertibile; la sua funzione inversa è 3 xy = ed è detta funzione radice cubica.
1.4 OSSERVAZIONE IN CLASSE
Ho dedicato un intervallo di tempo abbastanza ampio a questa fase del tirocinio, in
quanto ho ritenuto opportuno seguire la 2B senza interruzioni, per rendermi conto dei
problemi che gli alunni avrebbero eventualmente incontrato nella trattazione delle
disequazioni, la cui comprensione era fondamentale per riuscire ad affrontare e capire
l’argomento-oggetto del mio tirocinio.
9
Durante l’osservazione in classe ho avuto modo di osservare le tre componenti
coinvolte nel processo di insegnamento-apprendimento, schematizzate dal triangolo di
Chevallard: l’insegnante, l’allievo e il Sapere. Ognuno di questi ha un ruolo rilevante ed
entra in relazione con gli altri. Occorre così che il docente programmi il suo lavoro
consapevole del fatto che il processo di apprendimento non dipende solo dalla disciplina
insegnata e dalle strategie didattiche messe in atto. L’insegnante è colui che si pone
come mediatore tra il sapere oggetto della disciplina e l’allievo, e nell’adattare il sapere
matematico ad un sapere da insegnare deve tenere conto anche dei destinatari della
trasposizione didattica.
Riporto a questo punto le mie riflessioni, scaturite durante la fase di osservazione in
classe, in merito agli elementi del processo di insegnamento-apprendimento sopra citati.
Lo stile di insegnamento della tutor è lineare e metodico. Prima di ogni lezione
l’insegnante fornisce delle indicazioni sui contenuti che verranno affrontati. Gli
argomenti vengono spesso presentati in termini differenti da quelli usati nel libro di
testo, cercando sempre il modo più efficace per farlo; vengono inoltre utilizzate
fotocopie preparate dal docente ed eventuali altri testi con lo scopo di confrontare le
varie trattazioni, approfondire gli argomenti trattati e abituare gli alunni ad un
atteggiamento critico nei riguardi dei temi affrontati. Le lezioni sono frontali, ma
dialogate, per raggiungere meglio l’obiettivo del rigore espositivo e del corretto uso del
simbolismo quale specifico mezzo del linguaggio scientifico. L’insegnante cerca,
inoltre, di coinvolgere gli studenti sollecitando interventi con continue domande, in
modo da tenere vivo l’interesse e mantenere il più alto possibile il livello di attenzione.
La prima parte della lezione è di solito dedicata alla correzione alla lavagna degli
esercizi assegnati per casa. Ho notato, inoltre, che la tutor dedica molto spazio alla
discussione in classe dei risultati delle verifiche, in modo da consentire agli studenti di
sciogliere gli eventuali dubbi e arrivare ad una autovalutazione. La tutor non usufruisce
dell’ausilio di nessun software didattico.
Il tempo trascorso in 2B durante i mesi dell’osservazione mi ha permesso di farmi
un’idea sul modo di lavorare degli alunni e sul clima che si respira in classe. Durante le
lezioni si alternano continuamente momenti di maggiore impegno e momenti di minore.
Gli alunni si distraggono facilmente e bisogna cercare sempre un modo per richiamare
la loro attenzione. Ho capito che è necessario coinvolgerli di continuo, porre delle
domande, renderli protagonisti attivi della lezione, perché basta veramente poco per
perdere il loro interesse e la loro concentrazione. Nei momenti in cui il livello di
10
attenzione è abbastanza alto, i ragazzi, anche se non tutti, sono partecipi, fanno
interventi pertinenti e chiedono spiegazioni.
Dall’osservazione è emerso che la maggior parte degli allievi accetta le regole e le
tecniche di calcolo per limitarsi a riprodurle meccanicamente, senza preoccuparsi dei
significati e delle proprietà su cui tali tecniche si basano. Riporto, a questo proposito, un
episodio accaduto durante una lezione sulle disequazioni di primo grado. L’insegnante
suggerisce di sommare ad entrambi i membri x2− , in modo da avere tutti i termini in
x al primo membro. Lo scambio di battute che è avvenuto in seguito è molto
significativo.
Michele: “Prof ma cos’è questa storia? Basta portarlo di là! ”
Prof: “Ma per quale strano mistero il numero può essere portato di là cambiando di
segno?”
Michele: “Ah, non l’ho mai capito!”
Per molti ragazzi il “portare di là” è una “regoletta”, priva di significato, da accettare
senza porsi troppe domande, e non ha niente a che vedere con il primo principio di
equivalenza.
Durante l’osservazione in 2B ho avuto modo di riflettere su un’altra questione che
secondo me merita particolare attenzione. L’insegnante stava interrogando una ragazza.
Le aveva dato una equazione ed un numero, e le aveva chiesto di stabilire se quel
numero fosse o meno soluzione dell’equazione data. La studentessa non è riuscita a
trovare nessun altro modo se non quello di risolvere l’equazione. Mi sono resa conto,
allora, di quanto gli studenti preferiscano risolvere l’esercizio, attraverso l’applicazione
di trattamenti algebrici, piuttosto che soffermarsi attentamente sulla consegna, e
riconoscervi qualche interessante caratteristica del problema, che vale la pena mettere in
evidenza per risparmiare lunghi calcoli e tempo.
Un altro problema che ho avuto modo di rilevare durante la fase di osservazione, emersa
anche in fase di espletamento del progetto, è la continua ricerca di una formula, una
sorta di “ricetta”, alla quale potere affidare lo svolgimento dell’esercizio, ed evitare così
di ragionare sull’oggetto matematico coinvolto e fare le opportune considerazioni per
giungere al risultato. Scatta a questo punto una delle clausole del contratto didattico,
definito da Brousseau come l’insieme delle “abitudini dell’insegnante attese dall’allievo
ed i comportamenti dell’allievo attesi dal docente” (D’Amore, 1999); l’insieme, cioè, di
regole implicite che vengono a crearsi nelle situazioni d’aula e che non sono state
dichiarate apertamente. La clausola attivata nella situazione appena descritta è la
11
clausola di delega formale: lo studente diventa un semplice esecutore, delega
all’algoritmo il compito di risolvere il problema, non controlla e non riflette sullo
svolgimento. La sua unica mansione sarà quella poi di trascrivere il risultato. Ho avuto
l’impressione che l’esistenza di regole a cui affidarsi fosse per loro una certezza a cui
appoggiarsi nella risoluzione dell’esercizio, e che non si fidassero della loro capacità di
ragionare. Alla base di questa ricerca disperata di una formula può esserci una difficoltà
nella concettualizzazione. Lo studente non riesce a comprendere a pieno i concetti
coinvolti, si limita a pensarli solo come riferimento di procedure formali, spesso
complicate, che conducono a risultati privi di significato.
Mi sembra di poter confermare che gli allievi finiscono così con il credere che le regole
ed i metodi studiati rappresentino la vera essenza dell’algebra. L’uso delle tecniche in
modo completamente automatico porta all’esclusione di un qualsiasi tipo di riferimento,
a favore di una immotivata fiducia nel procedimento, mentre l’algebra non è uno
strumento di puro calcolo, un gioco di simboli senza senso, ma uno strumento di
pensiero, da utilizzare “per capire generalizzazioni, per cogliere analogie strutturali, per
argomentare in matematica.” (Bazzini, 2000)
Ostacolo epistemologico rilevato in fase di osservazione è la gestione dello zero. E’
capitato infatti più volte che lo studente includesse nell’insieme delle soluzioni di una
disequazione frazionaria i valori che annullano il denominatore.
Ho avuto, inoltre, occasione di riflettere su quanto sia difficile per gli studenti
comprendere il senso dell’attività del dimostrare. La dimostrazione viene usata spesso
dagli allievi come strumento per dimostrare all’insegnante che hanno capito, che hanno
imparato, senza ragionare su ciò che stanno facendo. Ho notato, infatti, che in linea di
massima riescono a ripetere le dimostrazioni fatte in classe dalla tutor, ma è sufficiente
che i punti siano indicati con lettere diverse, o il triangolo messo in una posizione
differente da quella del libro, per confonderli. Un ragazzo pensava addirittura di aver
sbagliato la dimostrazione perché la disposizione delle lettere, nel suo disegno, non
coincideva con quella del disegno che la professoressa aveva fatto alla lavagna durante
la correzione. Un errore frequente negli alunni che si sono avvicinati da poco alla
dimostrazione e quindi non hanno ancora dimestichezza con questa attività, è nella
comprensione del testo del teorema, nel riuscire a distinguere le ipotesi dalla tesi. Molto
più spesso di quanto potessi immaginare ho assistito a strane dimostrazioni che
pretendevano di provare una tesi partendo proprio da questa.
12
1.5 SCELTE METODOLOGICHE
Alla luce di quanto è stato desunto in fase di osservazione ho ipotizzato alcune possibili
indicazioni generali da seguire durante l’attivazione del progetto di tirocinio.
La ricerca insistente da parte degli alunni di una “regola da applicare” mi ha portato a
fare alcune considerazioni. La storia della Matematica ci insegna che le teorie
matematiche prendono vita da situazioni problematiche, e sappiamo che i concetti si
formano nell’ambito di questioni da risolvere, attraverso il ragionamento. Privilegiare,
allora, problemi che richiedono di mettere in atto ragionamenti, a discapito di quelli che
richiedono solo l’applicazione meccanica di una formula, cercando di creare in classe
momenti di comunicazione e discussione fra gli alunni, mi sembra la scelta migliore,
così come quella di presentare un oggetto attraverso diverse rappresentazioni
semiotiche. Infatti quando uno studente si trova a dover apprendere un nuovo oggetto,
entra in contatto in realtà, con una sua rappresentazione semiotica, e non con l’oggetto
stesso, e questo lo porta inevitabilmente a confonderli. Allora per favorire
l’apprendimento di un concetto è necessario offrire diverse rappresentazioni semiotiche,
creando delle situazioni nelle quali siano possibili il trattamento (trasformazione
semiotica in uno stesso registro) e la conversione (trasformazione semiotica da un
registro all’altro); anche se, mentre il trattamento si presta bene agli oggetti algebrici,
non vale la stessa cosa per la conversione e gli studenti, in algebra, non hanno molte
possibilità di vedere uno stesso oggetto in “scenari” diversi. Queste appena descritte
sono solo indicazioni metodologiche a livello generale perché purtroppo l’argomento
del mio percorso didattico non offre molte opportunità di vedere un oggetto attraverso
varie rappresentazioni semiotiche.
Data la difficoltà degli studenti a tenere alto il livello di attenzione e l’oggettiva
difficoltà dell’argomento trattato, ho cercato di fare lezioni dialogate e interattive, con
l’obiettivo di non perdere il loro interesse. Ho cercato di coinvolgerli in tutto ciò che
veniva fatto in classe. Ogni lezione aveva inizio con la correzione alla lavagna degli
esercizi assegnati per casa. Questa attività aveva lo scopo di far emergere gli eventuali
dubbi e l’instaurarsi di discussioni costruttive riguardo le problematiche incontrate. Il
passo successivo era presentare brevemente quali sarebbero stati i contenuti della
lezione, in modo che avessero chiari gli obiettivi da raggiungere. Nell’introduzione dei
nuovi argomenti ho sempre cercato di renderli partecipi, sollecitando continui
interventi, non solo per tenere vivo il loro interesse, ma anche per testare la loro
comprensione, incoraggiandoli a interrompermi nel caso lo ritenessero necessario. Nello
13
spazio dedicato alle esercitazioni, ho proposto non solo esercizi inerenti alla lezione del
giorno, ma ho cercato di non trascurare quelli delle lezioni passate, per assicurarmi che
non dimenticassero i contenuti studiati nei giorni precedenti. Rendendomi conto di
quanto siano poco autonomi nello studio, ho assegnato esercizi per casa tutti i giorni,
anche quelli antecedenti alle verifiche in classe, per indirizzarli nel ripasso. Al termine
poi di ogni verifica, ho dedicato ampio spazio alla correzione e alla discussione sugli
errori riscontrati.
1.6 NASCITA DEL PROGETTO
L’organizzazione del progetto, dal titolo “I radicali in R”, e la sua stesura sono avvenute
durante il periodo dell’osservazione in classe. In sintesi le fasi del percorso che erano
state previste sono le seguenti:
FASE 1 (tempo previsto: 1 ora)
Si era pensato di proporre un test per esplorare le conoscenze e le competenze richieste
per poter affrontare lo studio dei radicali in R, e se necessario fare un breve ripasso.
FASE 2 (tempo previsto: 5 ore)
Si era stabilito, in questa fase, di entrare nel vivo dell’argomento del tirocinio,
introducendo i radicali in R attraverso la definizione di radice n-esima di un numero
reale, esaminando alcuni esempi significativi e sottolineando alcuni aspetti a cui
bisogna prestare particolare attenzione. Era stato programmato, inoltre, di introdurre le
condizioni di esistenza dei radicali e la definizione di valore assoluto, necessaria per
poter enunciare la proprietà invariantiva e applicarla alla semplificazione dei radicali,
previste sempre in questa fase.
FASE 3 (tempo previsto: 7 ore)
Si era stabilito di affrontare lo studio delle trasformazioni con i radicali e le operazioni
con essi: moltiplicazione e divisione, trasporto di fattori fuori dal simbolo di radice,
trasporto di fattori sotto il segno di radice, riduzione allo stesso indice di due o più
radicali, elevamento a potenza di un radicale, estrazione di radice di un radicale,
addizione e sottrazione.
FASE 4 (tempo previsto: 1 ora)
A questo punto del percorso era stata prevista una verifica formativa, per accertare i
progressi degli alunni, valutare l’efficacia della mia azione didattica e apportare
eventuali modifiche alla progettazione.
14
FASE 5 (tempo previsto: 4 ore)
Si era pensato di dedicare quattro ore alla razionalizzazione di particolari frazioni, alla
definizione di radicale doppio e di potenza ad esponente frazionario.
FASE 6 (tempo previsto: 4 ore)
In quest’ultima fase si proponeva un’attività di lavoro di gruppo mirato a stimolare il
confronto tra gli alunni e la riflessione sugli errori, a mio parere un modo costruttivo per
imparare qualcosa da essi. Infine era stata prevista una verifica sommativa di tutti gli
argomenti trattati per valutare il raggiungimento degli obiettivi prefissati, e relativa
correzione per chiarire eventuali dubbi.
15
CAPITOLO 2
LA SPERIMENTAZIONE IN CLASSE
La fase del tirocinio attivo è stata svolta nei mesi di febbraio, marzo e parte del mese di
aprile. L’attività ha subito interruzioni significative a causa della sospensione delle
lezioni dal 12 al 17 febbraio deliberate dal Consiglio d'Istituto del Liceo Fermi e del
viaggio di istruzione programmato dal Consiglio di Classe alla fine di marzo. Subito
dopo ogni interruzione è stato necessario riprendere i contenuti già affrontati e questo ha
avuto un prezzo da pagare a livello di tempo.
All’inizio del tirocinio attivo ho informato i ragazzi su quale sarebbe stato il mio ruolo e
sull’argomento oggetto del mio intervento didattico, specificando la durata del percorso.
Ho cercato di instaurare sin da subito un clima sereno e collaborativo con i ragazzi,
affinché si sentissero liberi di chiedere spiegazioni, qualora venissero alla luce eventuali
difficoltà.
Durante l’espletamento del progetto mi sono resa conto della difficoltà oggettiva dello
studio dei radicali in R. Ogni esercizio richiede di prendere in considerazione molti
elementi, che devono poi essere articolati in ragionamenti tutt’altro che banali, affinché
si possa arrivare ad un risultato corretto. L’organizzazione dei contenuti ideata durante
la stesura del progetto è stata soggetta ad alcune rivisitazioni e modifiche.
2.1 QUESTIONARIO INIZIALE: PROBLEMATICHE RISCONTRATE
Il mio percorso didattico ha avuto inizio, in accordo con quanto era stato programmato
in fase di costruzione del progetto, con un questionario iniziale sui prerequisiti (allegato
2), con lo scopo di esplorare in che modo le conoscenze e le competenze richieste per
poter affrontare lo studio dei radicali fossero state assimilate, e se necessario, dedicare
spazio ad un breve ripasso, per dare la possibilità agli allievi di colmare le eventuali
lacune ed avere così gli strumenti necessari per comprendere i nuovi contenuti.
Gli alunni erano consapevoli del fatto che il test non avrebbe avuto una valutazione (nel
senso di dare un voto): è stato attivato in questo senso un contratto didattico esplicito.
Forse proprio per questo motivo il test ha avuto risultati “deludenti”. I ragazzi, non
avendo la pressione del voto, si sono sentiti autorizzati a non ripassare, se non in modo
superficiale e non adeguato, i contenuti collegati al questionario, tanto che molti degli
errori commessi sono dovuti proprio alla mancanza di un minimo di studio.
16
Gli argomenti coinvolti nel test sono le proprietà delle potenze, la scomposizione in
fattori dei polinomi e la risoluzione di disequazioni. Il test consisteva in 20 domande a
risposta multipla, da svolgere in un’ora.
I risultati sono schematizzati in figura 1.
Non avendo la possibilità di discutere tutti i quesiti del test, riporto i più significativi.
risultati test
28%
20% 24%
28% voti: 2/3voto: 4voto: 4.5voti: 6/7
Figura 1
Uno dei quesiti proposti richiedeva di individuare il numero o i numeri interi n tali che
035
65
25
=⎟⎠⎞
⎜⎝⎛ −−
n
. La risposta corretta doveva essere scelta tra le seguenti:
A. n può essere un numero intero qualsiasi
B. 1−=n
C. 0=n
D. n può essere un numero intero positivo qualsiasi.
Hanno risposto in modo esatto solo 9 alunni su 24. Le conoscenze sulle proprietà delle
potenze coinvolte in questo quesito erano:
- l’espressione 00 non ha alcun significato
- nn
aa 1
=− se 0>n e 0≠a .
La domanda sbagliata più accreditata è stata la prima. La difficoltà incontrata da parte
degli alunni in questo quesito, è riconducibile al fatto che, per rispondere correttamente,
avrebbero dovuto considerare contemporaneamente le due proprietà sopra citate: non
era sufficiente in questo caso applicare una tecnica di qualche sorta. Ho infatti notato, in
17
fase di espletamento del progetto, la difficoltà di alcuni alunni nel risolvere problemi
che non richiedono l’applicazione di una sola formula, ma necessitano di un
ragionamento un po’ più complesso, di scavare tra le conoscenze che si possiedono,
pescare quelle necessarie e articolarle in modo opportuno per giungere al risultato.
Un altro quesito sulle proprietà delle potenze, sbagliato da un gran numero di alunni,
chiedeva di individuare, tra quattro uguaglianze, quella ottenuta applicando le proprietà
delle potenze in modo corretto. Mi sono resa conto di essere stata un po’ “cattiva” nella
scelta delle uguaglianze proposte. Tra quelle possibili avevo indicato 1412
02 =⎟
⎠⎞
⎜⎝⎛ −− .
Non avevo considerato che questa uguaglianza avrebbe potuto trarre in inganno gli
alunni, che avrebbero pensato fosse quella esatta, senza verificare se la base fosse
diversa da zero. Ben nove ragazzi sono caduti nel “tranello”, che in ogni modo non
voleva essere tale.
Gli errori più significativi sono inerenti alle disequazioni. Sorprendente è il numero di
alunni che ha dato una risposta errata al seguente quesito:
I numeri 0 e 2 appartengono all’insieme delle soluzioni di una delle seguenti
disequazioni. Quale?
A. 012 <+x
B. 094 2 <−x
C. 09 2 >− x
D. nessuna delle precedenti
Lo scopo di questa domanda era quello di vedere in che modo avrebbero reagito gli
alunni di fronte ad una consegna diversa rispetto a quelle a cui erano abituati. E’ emersa
una disabitudine a porre attenzione alla consegna e ad una tipologia di esercizi non
standardizzata che non ha necessariamente come obiettivo quello di trovare una
soluzione numerica. Ero consapevole che avrebbero incontrato delle difficoltà, ma
avevo sottovalutato il problema. Hanno risposto, infatti, correttamente solo quattro
studenti. E’ stata attivata in questa situazione una clausola del contratto didattico: gli
alunni hanno delle convinzioni riguardo ciò che il docente si aspetta da loro, e cercano
di ricondurre l’esecuzione del problema a esercizi già svolti. Durante la correzione, con
mia grande sorpresa, ho scoperto che nessuno di loro aveva risolto l’esercizio
sostituendo all’incognita i valori indicati nel testo e verificando la disuguaglianza
ottenuta. Hanno invece trovato l’intervallo delle soluzioni di ciascuna disequazione,
18
anche se poi non sono stati in grado di stabilire a quale di essi appartenessero 0 e 2.
Questo dimostra una buona padronanza nella manipolazione delle disequazioni, ma una
scarsa capacità di analisi globale della situazione e la tendenza a non considerare un
esercizio finito finchè non si trovi una soluzione numerica. Emerge un problema legato
al concetto di soluzione, di insieme di verità e a quello di “verifica”: gli studenti
pensano che “risolvere un esercizio” si traduca esclusivamente nel trovare uno o più
numeri che rappresentino la soluzione.
Mettere l’allievo davanti a situazioni a-tipiche potrebbe essere un modo, non solo per
stimolare la sua curiosità, ma anche per raggiungere una padronanza dell’oggetto
matematico a livelli più alti, che non si limiti ai meccanismi manipolativi.
Altri due quesiti possono ricondursi a quanto è stato appena esaminato. Uno dei due
richiedeva di trovare le soluzioni della disequazione 11−<
x. I ragazzi sono abituati a
studiare disequazioni già ridotte in “forma normale”, e la presenza del -1 al secondo
membro li ha destabilizzati: non sono stati in grado di risolvere correttamente
l’esercizio.
L’altro quesito a cui faccio riferimento è il seguente:
Individuare la parte che manca affinché la disequazione 0....2 >+x risulti verificata
x∀ .
A. 1998
B. x4
C. 12 +x
D. le altre risposte sono errate
A confondere gli studenti, a seconda di quanto è emerso nel corso della correzione del
questionario in classe, è stata la presenza del numero 1998. Un numero così elevato è
infatti inconsueto in una disequazione, e questo li ha indotti a escluderlo a priori dalle
possibili risposte esatte.
Un quesito interessante è quello che richiedeva di individuare le soluzioni del sistema
⎪⎩
⎪⎨⎧
≤+−
≤−
01204
2
2
xxx
. Un’osservazione significativa riguarda la tabella delle intersezioni
(vero/falso). Questa tabella genera talvolta delle incomprensioni e viene spesso confusa
dagli studenti con quella dei segni ( )−+, . Questo porta ovviamente ad una risoluzione
non corretta dell’esercizio.
19
Le difficoltà maggiori sono emerse con le ultime tre domande. Riporto i quesiti:
Individuare le soluzioni della disequazione 03 2 >++ cbxx sapendo che le soluzioni
dell’equazione associata 03 2 =++ cbxx sono 1x e 2x con 21 xx <
A. 12 xxx <<
B. 21 xxx <<
C. 21 xxxx >∨<
D. 12 xxxx >∨<
Se l’equazione 02 =++ cbxx ammette una sola soluzione 3=x allora le soluzioni
della disequazione 02 ≤++ cbxx sono:
A. 3≠∀x
B. 3=x
C. x∀
D. le altre risposte sono errate
Quali sono le soluzioni della disequazione 02 >++ cbxax se l’equazione associata
02 =++ cbxax non ha soluzioni reali?
A. la disequazione è sempre verificata
B. anche la disequazione non ha soluzioni reali
C. non si può dire perché dipende dal segno di a
D. le altre risposte sono errate
Le risposte errate a queste domande sono imputabili alla difficoltà degli studenti nella
generalizzazione e la conseguente gestione dei parametri. Questa valutazione è stata
confermata, in fase di correzione del questionario, da un’affermazione di uno dei
ragazzi.
Michele: ”L’esercizio era difficile: c’erano troppe x!”.
La difficoltà è nel maneggiare lettere anziché numeri. Durante la correzione dell’ultimo
quesito è emerso che molti di loro avevano considerato la a come una quantità positiva,
il cui segno era stato omesso per convenzione, anziché come variabile.
Dati gli scarsi risultati del test e le difficoltà riscontrate, ho ritenuto importante fare la
correzione in classe di ciascuno dei quesiti, prendendo da qui lo spunto per ripassare
insieme gli argomenti in cui avevano dimostrato di avere più lacune. Una buona
padronanza di questi argomenti è infatti fondamentale per affrontare lo studio dei
radicali.
20
2.2 INTRODUZIONE ALLA DEFINIZIONE DI RADICE N-ESIMA
Le lezioni del mio intervento didattico sono state esclusivamente frontali, dato che
l’argomento oggetto del mio tirocinio non si presta ad altri tipi di attività. Ho cercato
comunque di coinvolgere la classe sollecitando continui interventi per cercare di attirare
il più possibile l’attenzione degli studenti. Per alcuni degli argomenti trattati avevo
preparato delle mappe concettuali. In figura 2 ho inserito la mappa della prima lezione.
Prima di introdurre la definizione di radice n-esima di un numero reale si è voluto
indagare sulle convinzioni che avevano gli alunni sul concetto di numero irrazionale. Si
è ripreso il concetto di insieme dei numeri reali a livello intuitivo, come unione
dell’insieme dei razionali e dell’insieme degli irrazionali. E’ stato chiesto ai ragazzi di
dare una definizione di numero irrazionale. Dopo alcuni tentativi si è arrivati a
formalizzare che i numeri irrazionali sono quei numeri che non possono essere espressi
sotto forma di frazione, ossia ogni numero “decimale illimitato non periodico”. Qui
viene chiamato in causa il concetto di infinito, che può rappresentare un ostacolo
cognitivo. Si è voluto sottolineare che non sono irrazionali solo quei numeri provenienti
da estrazione di radice ed è stato chiesto agli alunni se conoscessero qualche altro
numero irrazionale.
Si sono analizzati a questo punto alcuni oggetti: 2 9 , 2 7− , 3 8 , 3 5− , 4 16 , 4 17 ;
3 5 ; 3 1 , per attribuire loro un senso. Si è fatto notare che 2 7− non esiste nell’insieme
dei numeri reali, dato che non c’è alcun numero appartenente ad R che elevato al
quadrato sia uguale a 7− . Nei casi in cui fosse possibile, si è provato a trasformare
questi oggetti, sottolineando che c’è una proprietà da rispettare, l’univocità: bisogna
cioè garantire che rappresentino lo stesso oggetto. Da qui si è potuto introdurre la
proprietà che abbiamo chiamato concordanza di segno tra il primo e il secondo
membro. Si è studiato a questo proposito 2 9 . Nonostante ci siano due numeri reali che
elevati al quadrato siano uguali a 9, 3± , il risultato è solo quello positivo. Essendo,
infatti 2 9 un numero positivo, necessariamente deve esserlo anche il risultato; in
questo caso 3+ .
Si è cercato a questo punto di rendere protagonisti attivi della lezione gli alunni, in
modo che la lezione frontale non risultasse troppo pesante. Ho scritto alla lavagna i
seguenti radicali: 2 4 ; 21 4− ; 700 11 ; 1 4 ; 1 2− ; 3 24 ; 9 11
21
chiedendo di indicare quanti di questi hanno senso in R e quali sono numeri razionali.
La confusione che hanno i ragazzi riguardo i concetti di numero razionale e numero
irrazionale può essere riassunta attraverso l’emblematica affermazione di uno degli
alunni:
“Nessuno è razionale. Hanno tutti la radice.”
L’alunno non è in grado di identificare 2 4 e 1 4 come numeri razionali. L’incertezza è
dovuta alla presenza del simbolo di radice: c’è una sorta di identificazione tra numero
irrazionale e numeri sotto il segno di radice.
Si è introdotta a questo punto la seguente definizione (in accordo con quanto previsto
dalla programmazione curricolare della tutor):
Sia R∈a ed n un numero naturale non nullo. Se 0≥a , chiamiamo radice n-esima di a, e si
indica con n a , quell’unico numero reale non negativo b tale che abn = . Se 0<a ed n è pari
non si attribuisce alcun significato al simbolo n a . Se 0<a ed n è dispari, chiamiamo radice
n-esima di a, e si indica con n a , quell’unico numero reale negativo b tale che abn = .
La scrittura n a prende il nome di radicale, il numero a si chiama radicando, il numero n è
l’indice del radicale.
Si sono adottate due convenzioni: aa =2 , aa =1 . Si è fatto notare che mentre la
prima ha una valenza tipografica, la seconda è a livello di significato.
Inoltre, in particolare si sono definite:
• 00 =n
• 11 =n
A questo punto è stata fatta un’osservazione importante sui radicali di indice dispari con
radicando negativo. Ho chiesto alla classe di calcolare 3 27− , applicando la
definizione. Sono stati tutti d’accordo con l’affermare che 3273 −=− poiché
( ) 273 3 −=− . Ho sottolineato che però, ai fini dei calcoli, è più comodo operare con
radicandi positivi; perciò, quando l’indice è dispari e il radicando è negativo è bene
sostituire n a− con n a− . In questo caso 33 2727 −=− .
22
Quali sono i numeri irrazionali?
Alcuni esempi: 2 9 , 2 7− , 3 8 , 3 5− , 4 16 , 4 17 ; 3 5 ; 3 1 .
unicità: concordanza di segno
Formalizzazione:
n aConvenzioni:
aa =2 aa =1
2 4 ; 21 4− ; 700 11 ; 1 4 ; 1 2− ; 3 24 ; 9 11
domande: quali hanno senso? quali sono numeri razionali?
Condizioni di esistenza Esempio: 4+a con 9−=a
Esercizi: 4 1−a ; 3 a ; a−
x1 ; 2x− ; 42 −x ;
xx 1+
; xxx +− 23 2
Parole chiave: - n. irrazionale - n. reale - esistenza - unicità - disequazione - insieme delle soluzioni - intervallo - C.E.
IQR ∪=
esistenza
23
Figura 2
E’ stato chiesto allora alla classe: “ 3 27− e 3 27− sono effettivamente sostituibili uno
con l’altro?”. Per verificare che effettivamente i due radicali abbiano lo stesso risultato
ho consigliato di procedere nel modo seguente:
3 27− → individua un numero che elevato al cubo sia -27
3 27− → individua un numero che elevato al cubo sia +27 e poi cambia il
segno.
Mi è sembrato che gli studenti non abbiano incontrato particolari difficoltà, che sono
invece emerse con lo studio delle condizioni di esistenza.
2.3 CONDIZIONI DI ESISTENZA DEI RADICALI IN R
Ho proposto di esaminare 4+a , per introdurre il problema delle condizioni di
esistenza. Ho fatto notare alla classe che questo oggetto non sempre esiste in R. Ho
chiesto loro di considerare il caso in cui a fosse uguale a 9− . Si è arrivati così ad avere
5− , che come sapevano non ha significato in R perché non esiste nessun numero
reale che elevato al quadrato sia uguale a 5− .
Fatte queste considerazioni ho chiesto alla classe di trarre delle conclusioni e di stabilire
quale condizione dovesse soddisfare il radicando di un radicale di indice pari. In molti
hanno dato la risposta corretta. Ho allora formalizzato il tutto dicendo che tali
condizioni sono le condizioni di esistenza del radicale, che indicheremo con C.E. e si
trovano, se l’indice di radice è pari, risolvendo la disequazione ottenuta ponendo il
radicando maggiore o uguale a zero. Se l’indice della radice è dispari, il radicale esiste
indipendentemente dal segno del radicando.
Dalle loro risposte ho pensato allora che avessero già capito come gestire il problema di
individuare le condizioni di esistenza di un radicale, ma le mie valutazioni si sono
dimostrate affrettate. Gli esempi fatti in seguito hanno svelato la difficoltà di mettere in
pratica ciò che si è appreso teoricamente.
Come primo esempio ho scritto alla lavagna il radicale a . Non ci sono stati problemi
e i ragazzi hanno individuato correttamente le condizioni di esistenza.
Già il secondo esempio ha messo in evidenza che gli alunni non avevano bene
compreso l’argomento: 3−a . Le C.E. indicate da una parte di loro sono state 0≥a .
Hanno fatto confusione tra radicando e variabile, convinti che fosse sufficiente porre
24
maggiore o uguale a zero la parte letterale del radicando. La difficoltà è nel capire che si
ha davanti un nuovo radicale, diverso da a , che ha come radicando 3−a ; bisogna
quindi sostituire 3−a ad a . E’ lo stesso problema che si incontra nello studio dei
prodotti notevoli, ad esempio quando si vuole sviluppare ( )232 yx + e bisogna
sostituire, in ( )2ba + , a con x2 e b con y3 . Per ovviare a questo errore, ho chiesto ai
ragazzi di considerare il caso in cui fosse 1=a , caso contemplato dalle loro condizioni
di esistenza e ho dimostrato loro che, in questo modo, avrebbero corso il rischio di dare
significato a radicali che non esistono nell’insieme dei numeri reali, oppure, in caso
contrario, di escludere dalle condizioni di esistenza, radicali che invece hanno senso in
R. A questo proposito ho portato l’esempio 5+a .
Ho poi riscontrato un ulteriore problema, oltre a quello di assimilazione del nuovo
contenuto: la difficoltà nel risolvere le disequazioni. Avevano avuto il compito due
settimane prima, ma sembravano aver cancellato tutto dalla memoria.
Riporto le loro risposte alla mia richiesta di trovare le C.E. dei seguenti radicali:
• x1 .
Inizialmente avevano indicato come C.E. 0≠x . Sotto la mia guida sono arrivati a
0>x .
Arianna: “No ma comunque bisogna specificare che sia diverso da zero.”
Dall’affermazione di Arianna si evince un problema nell’utilizzare il simbolismo
algebrico. La difficoltà è nel fatto che in 0>x è coinvolto il concetto di inclusione:
nella scrittura 0>x si include anche 0≠x , mentre gli studenti ragionano per
partizione.
• 2x− .
La C.E. indicata dagli alunni è “nessuna x”. La difficoltà è nel fatto che gli studenti
sono portati a pensare un quadrato come una quantità sempre positiva.
Andrea ha proposto allora un’altra soluzione 0≠∀x . L’incertezza però, in questo caso,
è imputabile alle lacune sulle proprietà delle potenze. Ho infatti chiesto ad Andrea di
motivare la sua soluzione ed ho capito che l’errore era dovuto alla convinzione che
( )22 xx −=− .
• 42 −x
25
Anche di fronte a questo esercizio all’inizio erano tutti perplessi. Allora ho detto alla
classe che dovevano semplicemente risolvere una disequazione di secondo grado.
Laura, che per di più è tra le più brave, accenna un timido 2±≥x . Questo è un errore
molto frequente. E’ attivata in questa situazione una delle clausole del contratto
didattico: la clausola di delega formale. Lo studente diventa un semplice esecutore,
delega all’algoritmo il compito di risolvere il problema, non controlla e non riflette sullo
svolgimento. La sua unica mansione sarà quella poi di trascrivere il risultato. Molti
studenti agiscono sulle disequazioni come se fossero equazioni, tentano di riprodurre
schemi di calcolo riconducibili a casi già trattati in precedenza, con una assoluta
mancanza di attenzione ai significati delle espressioni in gioco ed alla legittimità delle
trasformazioni algebriche.
• xxx +− 23 2
Le C.E. si trovano risolvendo ( ) 01 2 ≥−xx . La classe ha fatto fatica a capire che
( )21−x è una quantità sempre positiva o nulla e quindi non avrebbe influito sul segno
del prodotto. Significativa è inoltre la risposta di Andrea: 10 ≠∀∧≥ xx . Al di là
dell’errore che ha fatto escludendo 1, dalla sua risposta si evince la difficoltà ad
utilizzare il simbolismo matematico, rilevata anche in altre occasioni.
Gli esercizi sulle condizioni di esistenza assegnati per casa sono:
5 a− ; 3 2−− a ; 4 42 +− x ; xxx +− 23 2 ; 4 23 2 xxx ++ ; 2xx − ; 6 422 ba−
Ho scelto anche esercizi con radicali di indice dispari, perché individuare le condizioni
di esistenza solo di radicali di indice pari, con il tempo, avrebbe potuto indurre gli
studenti a pensare che il radicando positivo o nullo fosse una condizione necessaria per
qualsiasi radicale, indipendentemente dall’indice.
Nella lezione successiva, dalla correzione degli esercizi in classe, è emerso che
l’esercizio che ha creato maggiori difficoltà tra quelli assegnati è stato l’ultimo. Gli
alunni non erano riusciti a capire che 42ba fosse una quantità positiva. Essendo però
preceduta dal segno meno diventava negativa, così che l’unica soluzione che poteva
essere accettata era 0== ba .
2.4 DEFINIZIONE DI VALORE ASSOLUTO
In figura 3 è inserita la mappa concettuale della lezione dedicata al valore assoluto.
26
E’ stata introdotta la seguente definizione di valore assoluto, inteso come operazione.
La definizione è quella presente nel libro di testo:
Sia R∈a , si definisce valore assoluto di a un numero reale. Se a è positivo o nullo, il valore
assoluto di a è
a stesso; se a è negativo , il valore assoluto di a coincide con il suo opposto. In simboli
⎪⎩
⎪⎨⎧
<−
≥=
0
0
asea
aseaa .
Subito dopo la definizione ho portato i seguenti esempi affinché gli studenti riuscissero
a comprendere meglio il nuovo concetto:
2+ 3− 4 7− 3 11− 32 − 25 − π−31
Riporto uno scambio di battute significativo:
tirocinante: “A cosa è uguale 3 11− ?”
Laura: “ 3 11 ”
Lorenzo: “Quale sarebbe stato il risultato se l’indice fosse stato 4, invece che 3?”
Da questa domanda è emerso un problema di comprensione: Lorenzo non aveva ancora
ben chiaro che radicali di indice pari con radicando negativo non esistono nell’insieme
dei numeri reali, oppure sperava che in valore assoluto potessero essere presi in
considerazione.
Era poi necessario considerare espressioni algebriche con i valori assoluti, e spiegare in
che modo poteva essere “sciolto” il modulo:
2−x
-individuare gli intervalli in cui l’argomento del valore assoluto è positivo e quelli in cui
è negativo:
02 ≥−x per 2≥x
02 <−x per 2<x
-applicare la definizione di valore assoluto in ognuno degli intervalli individuati:
⎪⎩
⎪⎨⎧
<+−
≥−=−
22
222
xx
xxx
A questo punto della spiegazione, la tutor mi ha chiesto, visto che si era in tema, di
trattare le equazioni con valore assoluto. Era infatti un argomento che non era riuscita
27
ad affrontare con la classe per questioni di tempo. Le equazioni con valore assoluto
trattate sono del tipo ( ) ( )xgxf = . Le soluzioni sono da ricercarsi nell’unione delle
Figura 3
Esempio: 31 +−x Domande:
- Quali sono gli intervalli in cui l’argomento del valore assoluto è positivo o nullo e quali quelli in cui è negativo? - Applicare la definizione di valore assoluto in ognuno degli intervalli individuati
Esercizi:
x−2 ; x35 − ; 1−x
x
Domanda: Quale è il valore assoluto dei seguenti numeri reali?
2+ 3− 4 7− 3 11− 32 − 25 − π−31
Espressioni algebriche con valore assoluto
Simbologia:
a
Parole chiave: - valore assoluto - disequazione - insieme delle soluzuini - intervallo
Definizione di VALORE ASSOLUTO di un numero reale.
28
soluzioni di questi due sistemi. ( )( ) ( )
( )( ) ( )⎩
⎨⎧
=−<
⎩⎨⎧
=≥
xgxfxf
xgxfxf 00
U . Ho proposto allora degli
esempi su questo tipo di equazioni ed ho dato alcuni esercizi da svolgere alla classe. Gli
esempi e gli esercizi erano tutti inventati sul momento (dato che questo argomento non
era in programma), e così la maggior parte delle equazioni da me assegnate sono venute
impossibili. Comunque i ragazzi sono stati molto partecipi alla lezione, si sono mostrati
interessati e curiosi verso questo strano oggetto che è il valore assoluto, tanto che
facevano continue domande. La difficoltà più grande che hanno incontrato nello studio
delle equazioni in valore assoluto è stata quella di capire se la soluzione trovata poteva
essere o meno accettata; facevano cioè fatica a collocarla nell’intervallo considerato.
2.5 PROPRIETA’ INVARIANTIVA
La mappa concettuale di questa lezione è riportata in figura 4.
Ho preso in considerazione i radicali 7 e 4 49 . Si è visto, con l’aiuto della
calcolatrice, che potrebbero rappresentare lo stesso numero reale: c’è una relazione che
intercorre tra i due radicali? Ho introdotto così la proprietà invariantiva, sottolineando il
fatto che in alcuni casi ci sono però delle eccezioni: moltiplicando o dividendo l’indice
di radice e l’esponente del radicando per uno stesso numero intero positivo, il valore del
radicale non cambia.
All’enunciato ho fatto poi seguire esempi in cui si richiedeva di moltiplicare esponente
e indice per uno stesso numero intero positivo, ed esempi in cui si richiedeva di
dividerli. Negli esempi in cui era richiesto di moltiplicare, i ragazzi non hanno
incontrato particolari difficoltà, a parte il caso in cui un radicale di indice dispari veniva
trasformato in un radicale di indice pari:
⎪⎩
⎪⎨
⎧
<+−
−≥+=+
5)5(
5)5(5
6 2
6 23
xsex
xsexx C.E. R∈∀x
Per risolvere questo esercizio era infatti necessario fare attenzione alla concordanza del
segno tra il primo e il secondo membro. La difficoltà oggettiva è palese: non è
sufficiente applicare la regola, ma bisogna ragionare sull’oggetto matematico che si ha
davanti e fare opportune considerazioni per giungere alla trasformazione corretta.
29
I problemi sono arrivati con la “semplificazione”. Esaminando i casi numerici i ragazzi
erano abbastanza distratti e facevano osservazioni sulla semplicità dell’argomento;
hanno invece incontrato difficoltà nella semplificazione di un radicale di indice pari di
cui non si conosce il segno del radicando: aa =2 . Non avevano ancora chiaro quale
fosse il significato del valore assoluto.
Luca: “Ma non basta imporre come condizione di esistenza 0≥a al posto di a∀ ?”
Alcuni esempi discussi in classe sono stati i seguenti:
• aa =4 2
Dalla domanda di Riccardo: ”Ma non è a− se 0<a ?” emerge una difficoltà
relativa al valore assoluto: non era stato afferrato che il valore assoluto dipende
dall’argomento e non dall’intera espressione di cui fa parte.
Un altro problema emerso sempre da questo esempio è inerente alle condizioni di
esistenza. Alcuni credevano che la condizione di esistenza del radicale fosse 0≥a . Si
limitavano a ricordare che la n a con n pari esiste solo se il radicando è maggiore o
uguale a zero, e non si preoccupavano di osservare quale fosse il radicando coinvolto e
fare opportune considerazioni su di esso.
Per casa ho assegnato esercizi abbastanza facili sulla semplificazione, visto che la
spiegazione mi ha portato via molto tempo e sono riuscita ad analizzare in classe solo
qualche esempio.
Gli esercizi assegnati sono:
- semplificare i seguenti radicali
6 2b ; 2
16a
; 4 29a ; ( )21−a ;
- trasformare i seguenti radicali in radicali equivalenti aventi l’indice indicato
2+a a indice 4; 5 3 x− a indice 15; 3 7 x− a indice 6
Gli ultimi tre esercizi sono stati scelti con lo scopo di mostrare agli alunni i diversi casi
in cui è possibile imbattersi nella risoluzione di esercizi sull’applicazione della proprietà
invariantiva.
La lezione successiva è iniziata con la correzione degli esercizi assegnati per casa.
Successivamente ne sono stati svolti altri sulla semplificazione, per cercare di
30
consolidare le competenze acquisite in merito. Le prime problematiche riscontrate erano
inerenti al valore assoluto. Riporto a riguardo tre episodi:
31
Figura 4
PROPRIETA’ INVARIANTIVA
7 4 49 Che relazione intercorre fra questi due
oggetti?
ATTENZIONE!!! se 3 5+x viene trasformato in un radicale equivalente di indice pari. (rispettare la concordanza di segno!)
ATTENZIONE!!! Nel semplificare radicali di indice pari bisogna mantenere la concordanza di segno!
aa =2
Esercizi (moltiplicazione): 2+a indice 4; 5 3 x− indice 15; 3 7 x− indice 6
Esercizi (semplificazione): 6 2b ; 2
16a
; 4 29a ; ( )21−a .
Parole chiave:- numeri primi- radicali irriducibili - valore assoluto - disequazione- insieme delle soluzuini
Esempi in cui bisogna moltiplicare esponente e indice del radicale per uno stesso numero positivo:
6 273 = 105 42 −=−
6 632 baab = 15 53 )1(1 −=− aa
Esempi in cui bisogna dividere esponente e indice del radicale per uno stesso numero intero positivo:
3327 6 36 == 315 5 aa =
36 2 7)7( −=−
aa =4 2
32
• Il primo problema è lo stesso rilevato nella lezione precedente. Ma in questa
occasione è stato Andrea a chiedermi: “Ma perché il meno va dentro la radice e non
fuori?”, nello sciogliere il valore assoluto di a . Ho allora scritto alla lavagna
3 a e ho chiesto loro come avrebbero fatto, in questo caso, a sciogliere il valore
assoluto. Si sono poi confrontati i due risultati.
• Un’altra domanda, rivelatrice di incomprensioni per quanto riguarda il concetto di
valore assoluto è stata quella di Elena, relativa alla semplificazione del radicale
( )4 21−a .
Elena: “Ma non basta mettere il valore assoluto solo ad a? Bisogna metterlo anche a
1− ?”
• Infine, nel semplificare ( )( )
624
2
11−
+xx
x , gli alunni non riuscivano a capire il motivo
per il quale non fosse necessario mettere il valore assoluto al fattore a denominatore 2x , risultante dalla semplificazione di 4x .
Un’ulteriore osservazione che merita attenzione riguarda la continua ricerca degli
alunni, già emersa durante i mesi di tirocinio passivo, di avere una “regoletta”, una
ricetta con la quale risolvere l’esercizio, un puro meccanismo manipolativo al quale
delegare la risoluzione, senza il bisogno di ragionare sulle caratteristiche del problema.
Arianna: ”Quindi il valore assoluto va messo ogni volta che si semplificano radicali di
indice pari?”
Ho spiegato che non è così, che ogni esercizio è diverso dall’altro e che ogni volta
bisogna ragionare sulla concordanza del segno fra il primo e il secondo membro.
Ho assegnato per casa i seguenti esercizi sulla semplificazione:
8 432 2 aaa +− 4 234 44 xxx +− 6 234 44 xxx +− ( ) ( )6 222 11 +− xxx
E’ stato necessario dedicare ancora una lezione agli esercizi sulla semplificazione.
Durante la correzione dei compiti assegnati per casa ho, infatti, avuto l’impressione che
i ragazzi non ragionassero, che applicassero il procedimento senza capire in realtà cosa
stessero facendo. Allora per vedere se la mia intuizione fosse giusta ho dato loro un
esercizio, in cui non era necessario utilizzare il valore assoluto. L’esercizio è il seguente
• ( ) ( )6 333 11 +− xxx
33
Hanno trovato le condizioni di esistenza quasi senza problemi, 101 ≥∨≤≤− xx .
Quando si è arrivati alla semplificazione, automaticamente hanno messo il valore
assoluto, nonostante prima li avessi ammoniti di fare attenzione a tutti gli elementi in
gioco. Per loro il trovare le condizioni di esistenza non era un elemento importante ai
fini della risoluzione dell’esercizio, tanto che una volta individuate non venivano più
prese in considerazione; come se non ci fossero. Ho allora spiegato che bisogna tener
conto di tutti gli elementi che si hanno a disposizione, anche delle condizioni di
esistenza. Le condizioni di esistenza, in questo caso, ci assicuravano la positività del
radicando del radicale ottenuto dalla semplificazione, e per questo non era necessario
ricorrere al valore assoluto.
A questo punto è venuta fuori di nuovo la loro voglia di avere delle regole a cui
affidarsi, come se fossero una certezza a cui appoggiarsi nella risoluzione dell’esercizio.
Luca: “Ma allora quando non ci va il valore assoluto? Quando si trovano condizioni di
esistenza che non sono x∀ ?”.
Per dare una risposta significativa a Luca ho proposto come ulteriore esercizio la
semplificazione di un radicale che ha significato in tutto l’insieme dei numeri reali, ma
che non prevede l’utilizzo del valore assoluto perché è un radicale di indice dispari:
• 9 3456 33 xxxx −+−
Alla fine della lezione sono stati assegnati per casa i seguenti esercizi sulla
semplificazione:
6 3223 33 zyzzyy −+− 6 3456 33 xxxx −+− ( )( )
633
3
11−
+xx
x ( )( )
624
2
11−
+xx
x
diversi nella risoluzione gli uni dagli altri.
2.6 TRASFORMAZIONI DI RADICALI
Data la difficoltà degli alunni ad affrontare questo tipo di esercizi in cui non è
sufficiente applicare meccanicamente una formula, la progettazione ha subito alcune
modifiche. In itinere, infatti, è stato concordato con la tutor di affrontare lo studio delle
trasformazioni dei radicali in R, mentre per quanto riguarda le operazioni, limitarsi solo
al caso in cui i radicali abbiano radicandi a fattori positivi. Questo per ridurre un po’ la
difficoltà dei contenuti, considerando anche il fatto che il tempo a disposizione,
probabilmente, non sarebbe stato sufficiente a procedere in altro modo.
34
TRASPORTO DI UN FATTORE FUORI DAL SIMBOLO DI RADICE
Per giustificare il trasporto di un fattore fuori dal simbolo di radice, ho accennato solo
brevemente alla moltiplicazione e alla divisione tra i radicali in R, rinviando ulteriori
approfondimenti ed esercizi di qualche lezione. Si è pensato, infatti, per evitare di
confondere i ragazzi, alternando esercizi in cui fosse necessario trovare le condizioni di
esistenza e fare tutte le opportune considerazioni del caso, con esercizi in cui tutto
questo non fosse richiesto, di affrontare in un primo momento le trasformazioni dei
radicali in R, e solo in seguito le operazioni con radicali aventi radicandi a fattori
positivi.
E’ stato fatto notare come dalla regola del prodotto consegua la possibilità di trasportare
fuori dal segno di radice un fattore che compare nel radicando come potenza con
esponente maggiore o uguale all’indice di radice. Si è evidenziato più volte il fatto che
se l’indice di radice è pari bisogna fare attenzione perché potrebbe essere necessario
porre il termine estratto in valore assoluto per conservare il segno delle espressioni.
Si è passati allora ad esaminare i seguenti esempi facendo attenzione alle condizioni di
esistenza dei radicali in questione:
ba 2 4 4ba ba 4 ba7 ba 250 3 3 yx 432 cba
Dopo esempi di questo tipo ho presentato un esercizio un po’ più complesso:
• ( )
( )232
3
+−xx
x
Ho guidato i ragazzi nella risoluzione dell’esercizio attraverso le seguenti domande:
- Quali sono i fattori che possono essere portati fuori?
- Ci sono fattori di cui si conosce il segno?
- Il valore assoluto è necessario per ognuno di questi?
Dato che la maggior parte degli alunni faceva fatica a capire le situazioni in cui il valore
assoluto non era necessario, mi sono aiutata con una tabella, sulla quale ho segnato
l’intervallo dato dalle C.E. individuate, 032 ≠∧≤<− xx , escludendo gli intervalli non
contemplati con una croce:
-2 0 3
( )33 x− + +
35
Ho studiato il segno di ( )33 x− e su questo stesso schema ho riportato lo studio dei
segni di ( )33 x− .
Altri esempi simili, per fissare un po’ le idee:
23 aa + ( )( )121 2 ++− xxx 23 3xx − ( )( )121 2 +−+ xxx .
TRASPORTO DI UN FATTORE SOTTO IL SEGNO DI RADICE
Quando un radicale è moltiplicato per un numero positivo si può portare tale numero
dentro la radice, quale fattore del radicando, dopo averlo elevato alla potenza di
esponente uguale all’indice della radice. Cosa succede quando il fattore fuori dalla
radice e negativo o non se ne conosce il segno?
Per mostrare come ci si debba regolare davanti a situazioni di questo tipo ho proposto
un esercizio: 2a . La consegna era quella di trasportare il fattore a sotto il segno di
radice. Il prodotto 2a è positivo o negativo a seconda del segno di a, che non è
determinabile: occorre quindi distinguere due casi per conservare il segno
dell’espressione:
- per 0≥a è 222 aa =
- per 0<a è 2222 aaa −=−=
Si è esaminato un esempio simile:
• ba ⋅ C.E.: 0≥b
tirocinante: “in che modo risolvereste l’esercizio?”
Arianna: “Diventa ba 2 ”
tirocinante: “Conoscete il segno di a?”
Sara: “No. Bisogna mettere il valore assoluto!”
tirocinante: “Ma qual è la funzione del valore assoluto?”
Sara: “Il valore assoluto ci dà la positività dell’argomento”
tirocinante: “E alla luce di ciò che è stato appena spiegato, il valore assoluto ci serve
per risolvere l’esercizio? cosa bisogna fare se non si conosce il segno del fattore da
portare dentro?”
Sara: “distinguere due casi...”
Mi sono resa conto della difficoltà oggettiva del concetto di valore assoluto.
Gli altri esempi discussi in classe sono:
36
aa ⋅ b
b 1⋅
xx 14 ⋅ xyx 434 1)1( +− aa
La difficoltà, negli esercizi sulle trasformazioni di trasporto di fattori fuori dal simbolo
di radice e trasporto di fattori sotto il segno di radice, è mettere in relazione lo studio del
segno del fattore da “portare fuori” o da “portare dentro” con le condizioni di esistenza
del radicale. Anche in questa occasione si è suggerito ai ragazzi di aiutarsi con una
tabella in cui indicare le C.E. trovate e lo studio del segno del fattore coinvolto.
Al termine della lezione sono stati assegnati i seguenti esercizi sul trasporto di fattori
fuori dal segno di radice:
6 12 yx ( )( )( )4 22 9639 +++− aaaa 4 45 4bb + ( ) ( )4 2 11 −⋅− aa
e sul trasporto di fattori dentro il segno di radice:
( ) xx 1− ( ) 31
11+
⋅+x
x ( ) 32 168
14+−
⋅−xx
x
A questo punto del percorso la tutor ha suggerito di anticipare la verifica formativa. I
ragazzi, infatti, non studiano se non vengono messi “sotto pressione”, ed abbiamo
voluto allora assicurarci il loro impegno. A me è sembrata una buona idea, soprattutto
per la difficoltà degli argomenti affrontati. Questo ha causato, però, un ritardo rispetto ai
tempi della programmazione che si erano ipotizzati in fase di stesura del progetto. Ho
dedicato, infatti, le due lezioni successive alla preparazione al compito: sono stati svolti
esercizi su tutti gli argomenti affrontati, soffermandosi maggiormente su quelli che
creavano difficoltà, e scegliendoli opportunamente, affinché mostrassero agli alunni
tutte le possibili sfumature dei contenuti trattati.
RIDUZIONE DI DUE O PIU’ RADICALI ALLO STESSO INDICE
Si è voluto evidenziare che il procedimento richiama quello che serve per ridurre più
frazioni allo stesso denominatore. Prima di determinare l’indice comune, è utile
semplificare i radicali riducibili, in modo da rendere più semplici i calcoli. Si trova poi
il minimo comune multiplo degli indici dei radicali e lo si assume come indice comune;
l’esponente di ogni fattore di ciascun radicando si trova poi moltiplicando il suo
primitivo esponente per il quoziente tra l’indice comune e l’indice primitivo.
Ho sottolineato che occorre prestare particolare attenzione al caso in cui un radicale di
indice dispari viene trasformato in un radicale di indice pari. In questo caso, infatti, per
37
concordanza di segno, potrebbe essere necessario far precedere il radicale ottenuto dal
segno meno.
Prima degli esempi con radicali avente radicando di cui non si conosce il segno, si sono
voluti proporre esempi numerici: un modo per fissare le idee su quanto appena spiegato.
Si è passati allora a svolgere un esercizio che richiede una maggiore attenzione:
x−2 33
xx − .
Si è voluto proporre un algoritmo per arrivare alla soluzione, in modo che avessero ben
chiare tutte le operazioni da fare, data l’effettiva difficoltà dell’argomento. Sono
consapevole di aver attivato in questo modo un contratto didattico.
-Si imposta un sistema di disequazioni per trovare le C.E. complessive dei due radicali
presi congiuntamente:
⎩⎨⎧
≠≥−
002
xx
quindi 02 ≠∧≤ xx 0 2
-Si studia il segno del radicale di indice dispari:
3003≥∨<⇔≥
− xxx
x
e si riportano i segni sulla tabella delle C.E. individuate:
0 2 3
+
- Si trasformano i radicali tenendo conto della tabella delle C.E.
6 3)2(2 xx −=− ; 62
23
)3(3x
xx
x −=
− se 0<x
6 3)2(2 xx −=− ; 62
23
)3(3x
xx
x −−=
− se 20 ≤< x
A questo punto si è chiesto ai ragazzi se quello che avevamo fatto ricordava loro
qualcosa. Con qualche piccolo suggerimento sono arrivati a riconoscervi
un’applicazione della proprietà invariantiva.
Gli esercizi assegnati per casa che sono stati corretti come sempre nella lezione
successiva sono:
38
1−x ; 4 1−x x−2 ; 3 2−x 3 a ; 5 1−a 3 3+x ; 53
1−x
1−a ; 4 1+a ; 8 32 +a 3 21 y− ; 3 42 +y ; 6 63 −y
2.7 OPERAZIONI CON I RADICALI
Si sono informati gli alunni che le operazione con i radicali sarebbero state affrontate in +0R , cioè si sarebbero considerati solo radicali con radicandi a fattori positivi o nulli,
dato l’effettiva difficoltà degli argomenti e il poco tempo a disposizione, sottolineando
che quindi non ci sarebbe stato bisogno di stabilire le condizioni di esistenza e fare
attenzione alla concordanza di segno, già garantita dalla positività dei fattori dei
radicandi. Le operazioni sono state introdotte seguendo l’impostazione del libro di testo.
La moltiplicazione e la divisione, già accennate in precedenza, sono state riprese in +0R
e definite nel seguente modo:
Il prodotto di due o più radicali in +0R aventi lo stesso indice n è un radicale di indice n avente
per radicando il prodotto dei radicandi. In simboli:
nnn abba =⋅ con 0N∈n , 0≥a , 0≥b
In modo analogo
nn
n
ba
ba
= con 0N∈n , 0≥a , 0>b
Si è fatto notare che è possibile calcolare il prodotto e il quoziente di due radicali, anche
nel caso in cui abbiano indice diverso, purchè vengano prima ridotti allo stesso indice.
Considerare i radicali in +0R ha creato un po’ di confusione nei ragazzi. Operare con i
radicali liberamente, senza la necessità della discussione, li ha lasciati un po’ perplessi,
dopo tanti esercizi in cui stabilire le condizioni di esistenza e fare attenzione alla
concordanza di segno era fondamentale.
Per determinare la potenza di un radicale in +0R si eleva a quella potenza il solo radicando.
In simboli:
n kkn aa =)( , 0N∈n , 0N∈k , 0≥a
La radice ennesima di un radicale di indice m, in +0R , se esiste, è uguale al radicale avente per
radicando il medesimo radicando e per indice il prodotto degli indici. In simboli:
39
mnn m aa ⋅= con 0N, ∈mn , 0≥a
Si è sottolineato che possono esservi fattori esterni a qualcuna delle radici che figurano
nel radicando del radicale dato: in questo caso bisogna, prima di tutto, portare sotto il
segno di radice i fattori esterni.
Si è fatto notare infine che le uguaglianze precedenti possono essere lette da destra a
sinistra, per la proprietà simmetrica dell’uguaglianza.
Quanto studiato finora permette di effettuare sui radicali operazioni di moltiplicazione e
divisione, ma non quelle di addizione e sottrazione. L’addizione e la sottrazione di
radicali, in generale, si può solo indicare. E’ possibile esprimere la somma algebrica di
radicali con un unico radicale solo nel caso in cui i radicali siano simili, cioè nel caso in
cui presentino lo stesso radicando e lo stesso indice: in pratica ci si comporta come
nell’addizione algebrica di monomi simili. Infatti, come si vedrà in seguito, un oggetto
del tipo x2 è possibile scriverlo come 21
2x .
In questa situazione c’è un possibile errore in agguato e per dimostrare che nnn baba +≠+ ho portato un contro-esempio.
Ho fatto vedere che 1006436 =+ non è un’uguaglianza vera infatti
14866436 =+=+
101006436 ==+
Frequentemente gli alunni sono caduti in questo errore, commesso anche nella verifica
sommativa.
A questo punto del percorso è stato concordato con la tutor di apportare delle modifiche
alla progettazione, data la scarsa quantità di tempo a disposizione. Si è pensato di non
sviluppare due degli argomenti stabiliti in fase di organizzazione dei contenuti del
progetto: la razionalizzazione e i radicali doppi, che comunque erano già stati
precedentemente affrontati dalla classe, con lo studio dei radicali quadratici. Mi
sembrava il caso di dedicare il tempo rimasto alle potenze ad esponente frazionario.
2.8 POTENZE AD ESPONENTE FRAZIONARIO
Passiamo alla motivazione della definizione data in 1.2 di potenza con esponente
frazionario.
La mappa concettuale inerente alla lezione sulle potenze ad esponente frazionario è
riportata in figura 5.
40
Ho considerato una scrittura del tipo 23
7 , chiedendomi in che modo fosse possibile
attribuirle un significato. Per essere una potenza, questa scrittura deve soddisfare la
proprietà formali delle potenze e quindi: 3
2
23
77 =⎟⎟⎠
⎞⎜⎜⎝
⎛. Poiché anche ( ) 3
23 77 = , allora
potrebbe essere 323
77 = .
Si può dimostrare che quanto visto in questo esempio vale per qualsiasi potenza ad
esponente frazionario a base non negativa. In generale, quindi, se 0>a N∈m e
0N∈n , nm
a deve rappresentare un numero la cui n-esima potenza è ma , perché deve
essere mnnmn
nm
aaa ==⎟⎟⎠
⎞⎜⎜⎝
⎛ ⋅; le potenze ad esponente frazionario sono perciò così
definite: n mnm
aa = , con 00 NN;; ∈∈> nma .
Questo modo di introdurre le potenze ad esponente frazionario comporta un errore, di
cui però nessuno degli studenti si è accorto: sono state infatti tacitamente estese le
proprietà delle potenze ad esponente intero di un numero reale al caso in cui l’esponente
è razionale. Ho inoltre evidenziato il fatto che la base deve essere necessariamente un
numero reale positivo. In merito a questo si è riportato un contro-esempio: ho fatto
notare che una scrittura del tipo ( )23
2− non ha significato in R.
A questo punto si sono discussi degli esempi. Gli alunni hanno incontrato qualche
difficoltà nel trasformare 21 x+ in una potenza ad esponente frazionario. Erano tutti
un po’ perplessi e inizialmente non riuscivano a darmi una risposta. E’ emerso che non
riuscivano a capire quale fosse l’esponente del radicando. Ho scritto allora il radicale in
una forma equivalente: ( )121 x+ .
Si sono privilegiati gli esercizi che richiedevano di trasformare espressioni contenenti
radicali in espressioni con potenze ad esponente frazionario, operare con esse e scrivere
il risultato sotto forma di radicale. Ne cito alcuni:
( )3 baba +⋅+ ; 3 3 31 aa
a ⋅⋅ ; 3 54
2 1x
x ⋅ ; aa
aaaa 1.13 33 3 2 ⋅⋅⋅⋅
41
Figura 4
In che modo è possibile attribuire un significato ad un oggetto di questa forma?
23
7
Estensione
3
2
23
77 =⎟⎟⎠
⎞⎜⎜⎝
⎛
( ) 32
3 77 = 323
77 =
Generalizzazione: n mn
m
aa = , con 0>a .
Esercizi: -trasformare i radicali in potenze ad esponenti frazionari e viceversa:
23
8 ; ( )43
28a ; 21 x+ ;
3 255 ⋅ ;
( )3 baba +⋅+ .
Parole chiave:- potenza - esistenza - n. razionale
POTENZE AD ESPONENTE
FRAZIONARIO
Contro-esempio: ( )23
2−
42
Ho pensato fossero utili per gli studenti, dato che in futuro si troveranno spesso a dover
operare con oggetti di questo tipo.
Anche questa scelta però ha avuto delle conseguenze. E’ stato necessario infatti
rinunciare all’attività di lavoro di gruppo prevista per il giorno precedente a quello della
verifica sommativa, in quanto durante la correzione dei compiti assegnati per casa mi
sono resa conto che gli studenti avevano avuto delle difficoltà nel convertire i radicali,
contenuti nelle espressioni, in potenze ad esponente frazionario. E’ stato indispensabile
riprendere di nuovo in mano l’argomento e fare ancora esercizi relativi ad esso,
altrimenti gli alunni non avrebbero avuto gli strumenti adeguati per affrontare senza
problemi il compito in programma per il giorno successivo.
Per il lavoro di gruppo era stato preparato un fac-simile del compito in classe, con
esercizi di media difficoltà, in modo che si adattasse bene allo scopo dell’attività. Si
sarebbe svolto in due fasi. In una prima fase il lavoro era da svolgere individualmente. I
ragazzi avrebbero dovuto risolvere autonomamente gli esercizi proposti. Una volta
terminato, avrebbero dovuto dividersi in gruppi eterogenei e provare a correggere alcuni
dei protocolli da loro effettuati. Mi sembrava una buona occasione per discutere sugli
errori e imparare qualcosa da essi. Durante la correzione avrebbero dovuto compilare
delle schede da me preparate e indicare il tipo di errore incontrato. A lavoro ultimato
avrebbero dovuto fare una sorta di indagine statistica sugli errori più frequenti, e si
sarebbero corretti gli esercizi alla lavagna.
43
CAPITOLO 3
LA VALUTAZIONE
La valutazione, durante il mio intervento didattico, è avvenuta in due fasi. La prima fase
è stata dedicata a verifiche di tipo formativo, attraverso un compito in classe realizzato a
metà del percorso, lo svolgimento alla lavagna di esercizi, l’analisi degli interventi, la
discussione in classe e continue sollecitazioni attraverso domande mirate. Si ha avuto
modo, così, di sondare in itinere la preparazione degli alunni, verificare il
raggiungimento degli obiettivi prefissati e monitorare l’evoluzione degli schemi
mentali. Questo mi ha permesso di ricevere informazioni sull’efficacia del mio
insegnamento e prendere decisioni sul contenuto oggetto della trasposizione didattica e
sulle strategie messe in atto, cercando di adeguarli alle necessità di ogni singolo alunno.
Lo scopo delle verifiche formative è anche quello di consentire allo studente di ottenere
consapevolezza del suo processo di apprendimento e di diventare cosciente del modo in
cui i concetti siano stati acquisiti.
Nella seconda fase è stata svolta una verifica sommativa: un compito in classe di circa
un’ora, che è stato preparato ponendo attenzione ai prerequisiti e agli obiettivi specifici
individuati, composto di una serie di esercizi, di diversa difficoltà, con gli oggetti
matematici introdotti.
3.1 LA VERIFICA FORMATIVA
Era stata programmata una verifica formativa che consisteva di un test a risposta
multipla. I problemi incontrati dagli studenti nel risolvere gli esercizi sui contenuti
trattati, oggettivamente difficili, hanno rivelato la necessità di modificare la struttura
della verifica. Ho preparato allora un compito (allegato 3) con esercizi sugli argomenti
trattati della durata di un’ora e mezzo.
Durante il percorso si è voluto informare gli studenti su ciò che sarebbe stato oggetto di
verifica con lo scopo di sottolineare gli aspetti concettuali più significativi e di
indirizzare il lavoro degli alunni.
Ogni quesito della verifica aveva il fine di esplorare in che modo si stavano
raggiungendo alcuni degli obiettivi individuati durante la progettazione del percorso.
Riporterò in seguito gli esercizi proposti, le osservazioni più significative sulle soluzioni
degli studenti e i risultati ottenuti.
44
QUESITO N. 1
Obiettivi interessati:
- determinare le condizioni di esistenza di un radicale;
- trasformare un radicale in R.
Applicando la proprietà invariantiva, trasformare ciascuno dei seguenti radicali in un
altro radicale avente l’indice indicato:
153
....2
=−a
a ; 105 23 ....133 =−+− aaa ; ( ) 105 2 ....1 =+− a
Le difficoltà maggiori in questo quesito sono state incontrate nel trasformare il secondo
e il terzo radicale. Nella trasformazione del secondo radicale non è stata mantenuta la
concordanza del segno tra il primo e il secondo membro e molti ragazzi hanno
trasformato il radicale di indice dispari in uno equivalente di indice pari senza studiare il
segno del radicando. La terza trasformazione ha rivelato invece problemi a livello
concettuale. Il protocollo di Diletta (figura 1) e di Elena (figura 2) ne sono una
dimostrazione:
Figura 2
Figura 3
L’errore rivela un problema più profondo: Diletta ed Elena hanno scritto infatti un
radicale che non ha senso in R. La gravità dell’errore non è stata avvertita nemmeno in
fase di correzione, tanto che Michele afferma: “Si prof, ma per un segno meno!”.
Un altro errore significativo è quello fatto sempre da Elena, che rivela una difficoltà
nella gestione del valore assoluto. Nel suo elaborato Elena scrive:
45
Figura 4
Vi è un utilizzo immotivato del valore assoluto. Probabilmente a confonderla è stata la
necessità di “distinguere due casi” prima di applicare la proprietà invariantiva, casi che
derivano dallo studio del segno del radicale, associandoli allo studio del valore assoluto.
Il concetto di valore assoluto è un possibile ostacolo epistemologico e durante lo
svolgimento del progetto mi sono resa conto di quanto sia di difficile comprensione per
gli studenti.
Dall’analisi globale dei compiti, ho notato che in molti hanno svolto questo quesito
dopo tutti gli altri, pur essendo il primo tra quelli proposti. Questo può far pensare che è
stato il quesito che ha dato maggiori problemi ai ragazzi, forse perché l’argomento è
stato uno dei primi affrontati in ordine di tempo.
QUESITO N. 2
Obiettivi interessati:
- determinare le condizioni di esistenza di un radicale in R;
- trasformare un radicale in R;
- utilizzare il valore assoluto nelle trasformazioni di radicali
Semplificare i seguenti radicali:
12 23 16128 −+− aaa ; ( )
62
2
144
++−
aaa
Questo quesito non ha creato grossi problemi, e la maggior parte della classe ha svolto
gli esercizi correttamente. L’errore più frequente è stato ovviamente sull’utilizzo del
valore assoluto. Non sono stati rilevati però errori nello studio del segno dell’argomento
e nello sciogliere il valore assoluto.
QUESITO N. 3
Obiettivi interessati:
- determinare le condizioni di esistenza di un radicale;
- trasformare un radicale in R.
46
Eseguire le operazioni del trasporto di fattori sotto il segno di radice:
( )8
18−
⋅−x
x ; 43
2 442 x
xxx
x ++⋅
+; 2
3
211
aaa
aa
+−⋅
−
Le maggiori difficoltà si sono manifestate nel trasformare il primo radicale. Ero però
consapevole che questo sarebbe accaduto, ma ritenevo fossero disponibili tutti gli
strumenti per farlo correttamente. In classe si erano incontrati raramente radicali le cui
condizioni di esistenza erano tali che il segno del fattore esterno fosse esclusivamente
negativo. Per questo era stato assegnato all’esercizio un punteggio più alto. Tuttavia,
oltre alla concordanza di segno tra il primo e il secondo membro, è stato rilevato un
altro errore che non avevo preventivato: nella semplificazione di ( )8
8 2
−−
xx sono stati fatti
passaggi “illeciti”, non rispettando i segni dei binomi.
QUESITO N. 4
Obiettivi interessati:
- determinare le condizioni di esistenza di un radicale in R;
- trasformare un radicale in R;
- utilizzare il valore assoluto nelle trasformazioni di radicali
Eseguire le operazioni del trasporto di fattori fuori il segno di radice:
( )3
2
11
−−
xx ; 3 234 33 aaaa −+− ; ( ) ( )4 32 11 +⋅− aa
Dall’analisi dei protocolli sono emersi ancora problemi relativi all’utilizzo del valore
assoluto. Ad esempio, Valentina nel trasformare il terzo radicale ne fa un uso improprio:
Figura 5
Altri errori comuni rilevati, non sono relativi propriamente ai radicali, ma sono errori di
calcolo algebrico. Ad esempio il fattore ( )31
1−x
, durante il trasporto fuori dal segno di
47
radice, è diventato ( )1−x ; o ancora il fattore ( )31−a , nella trasformazione del secondo
radicale non ha conservato le parentesi.
QUESITO N. 5
Obiettivi interessati:
- risolvere equazioni di primo grado in valore assoluto;
- determinare l’insieme delle soluzioni di una equazione in valore assoluto;
- riconoscere l’accettabilità di una soluzione.
Risolvere la seguente equazione con valore assoluto:
( )322108 +−−=− xx
Gli studenti hanno impostato senza problemi la disgiunzione di sistemi, dimostrando
una buona padronanza nella manipolazione delle equazioni, ma molti non sono stati in
grado di stabilire se i valori trovati appartenessero o meno all’insieme delle soluzioni.
C’è un problema di “logica”: una tendenza a risolvere l’esercizio in modo meccanico
attraverso l’uso corretto ma incontrollato di tecnicismi di calcolo, rilevando una
difficoltà nel trattare il tutto globalmente, tenendo sotto controllo e collegando tutti gli
elementi del problema.
Un errore frequente, comune a tutti i quesiti, è stato nella determinazione delle
condizioni di esistenza. Spesso i ragazzi si sono dimenticati di escludere i valori che
annullano il denominatore. Da un’analisi globale degli elaborati è emerso che la
difficoltà maggiore, riscontrata anche durante le esercitazioni in classe, è stata quella di
considerare le limitazioni ottenute dalle condizioni di esistenza, in relazione con gli altri
elementi.
La valutazione formativa comportava anche l’assegnazione di un voto. Ad ogni quesito
è stato assegnato un punteggio differente a seconda della difficoltà dello stesso. Si sono
scalati punti o frazione di punto proporzionali all’errore commesso. La somma dei
punteggi ottenuti nei vari quesiti è stata trasformata in un voto. Il voto è stato stabilito in
accordo con la tutor e sembra che i risultati ottenuti rispecchino il generale andamento
della classe. Nel correggere i compiti ho compilato una griglia (Tabella 1) con le prime
considerazioni sullo svolgimento dei quesiti di ogni singolo alunno, in modo da poter
confrontare facilmente gli elaborati. La griglia mi è stata poi d’aiuto nella creazione di
una tabella con i punteggi assegnati per ciascun quesito ad ogni singolo alunno (Tabella
2).
48
QUESITO 1 (punti 9)
QUESITO 2(punti 6)
QUESITO 3 (punti10)
QUESITO 4 (punti 8)
QUESITO 5
(punti 3)
ALUNNI E1 punti 2
E2 punti 3
E3 punti 4
E1 punti 3
E2 punti 3
E1 punti 4
E2 punti 3
E3 punti 3
E1 punti 3
E2 punti 2
E3 punti 3
1 Ok
conc segno
Ok Ok Ok Conc Segno Ok valore
assolutoInterv Ok Valore assoluto
Ok
2 CE interv
no svolto
CE valore assoluto
CE Interv
CE conc Segno
CE Interv
trasp dentro
CE Inter
CE conc segno Trasp fuori
CE conc Segno
Soluz
3 Ok Ok Ok Ok Ok Ok Ok conc
segno Ok Ok Ok Ok
4
conc Segno Ok conc
segno Ok CE Conc Segno
CE radic nn esiste
errore calcolo
CE trasf trasp Fuori
Ok no svolto Ok
5 CE Ok conc
segno Ok
CE trasp fuori interv
CE conc Segno
Ok CE CE conc segno
CE valore assoluto
Ok
6 Ok CE
Conc segno Radic nn esiste
Ok errore Calcolo
conc Segno
Errore Calcolo ok
no sciolto valore assoluto
conc segno
errore calcolo Ok
7 Ok Ok
Conc segno Radic nn esiste
Ok Ok Conc Segno
Interv Errore Calcolo
Errore calcolo
CE Conc Segno
Errore calcoloOk
8 Ok
Conc Segno (-)
Conc segno Ok Ok Ok Trasp
Dentro CE Errore Calcolo
CE Conc segno
Ok Soluz
9 CE
CE Conc segno
CE Errore calcolo
No svolto
CE Conc Segno
Conc Segno CE
CE Conc segno
CE Interv
CE Conc segno
CE Valore assoluto
No sistema
10 Ok CE
CE Radic Non Esiste Conc segno
CE CE Conc segno
Conc Segno
CE Valore assolutoConc Segno
Conc segno
CE Errore Calcolo
CE
CE Valore assoluto Conc segno
No Svolto
11 Ok
No svolto Solo CE
Conc segno Ok
No svolto Solo CE
No Svolto
No svolto Solo CE
No svolto CE CE Ok Soluz
12 CE CE
CE Radic nn esiste Conc segno
Conc segno Ok Conc
Segno Trasp Dentro
CE Conc segno
CE Conc segno Errore Calcolo
Trasp fuori
CE Errore calcolo Trasp fuori
No Svolto
49
13
CE Appl p.inv
CE CE Conc segno
Ok CE Conc Segno
CE Conc Segno
CE Conc segno
CE Errore Calcolo
Errore calcolo
Conc segno Errore calcolo
No Sistema
14 CE CE
CE Radic Nn esiste Conc segno
Conc segno Ok Conc
Segno Ok Errore calcolo
CE Errore Calcolo
CE Ok Soluz
15
CE Conc segno Valore assoluto
CE Valore assoluto
Radic Nn esiste Conc segno
Valore assolutoConc segno
CE interv
Conc Segno Valore Assoluto
Valore assoluto
CE Radic nn esiste interv
CE Interv Errore Calcolo
CE Valore Assoluto
Soluz
16 CE Conc
segno Conc segno CE Conc
segno Conc Segno Ok
CE Conc segno
CE Valore assoluto
Ok Ok Imp.
17 CE Ok Conc
segno Ok Conc segno Ok CE Errore
calcolo
CE Conc Segno
CE Conc segno
Error calco Soluz
18 Ok Conc
segno Conc segno
Radic nn esiste Conc segno
ok Ok Conc segno CE
CE Conc Segno
CE Valore assoluto
Error calco
19 CE
CE Valore AssolutoConc segno
CE Conc segno
Ok CE Conc segno
Conc Segno
CE Conc segno
CE interv
CE No ScioltoValore assoluto
CE Conc segno Soluz
20 CE Ok Ok Ok CE CE CE CE
interv
CE Errore Calcolo
CE Errore calcolo Soluz
21 CE Ok
CE Conc segno
Ok ok Conc Segno Ok Conc
segno Ok Conc segno Ok Soluz
22 CE
CE Conc segno
CE Conc segno
Conc segno
Conc segno
Conc Segno
CE Errore calcolo
CE Conc segno
Interv Valore assolut
Conc segno Ok
23 CE Conc
segno CE
Radic nn esiste Conc segno
No svolto
CE Conc Segno
Conc segno
Conc segno
CE Interv
CE Conc segno
Conc segno Soluz
24 CE Conc
segno Conc segno Ok ok Errore
CalcoloCE interv
CE interv CE Ok
CE Conc segno
Soluz
25 CE Conc segno
Radic Nn esiste Conc segno
Valore assolutoConc segno
No svolto
No Svolto
CE Conc segno
No svolto
CE Conc Segno
CE Valore assoluto Soluz
26 CE Ok Ok Ok ok Ok Errore
calcoloCE interv
CE Valore assoluto
Ok Errore calcolo Soluz
50
27 CE Ok Ok Ok CE CE CE CE
interv
CE Errore Calcolo
CE Errore calcolo Soluz
28 ok Ok Conc
segno Ok ok Ok Trasp dentro CE Errore
Calcolo
CE Conc Segno
Ok Soluz
Tabella 1
QUESITO 1
QUESITO2
QUESITO 3
QUESITO 4
QUESITO5
TOT
E1 E2 E3 E1 E2 E1 E2 E3 E1 E2 E3 ALUNNI 2 3 4 3 3 4 3 3 3 2 3 3 361 2 0.5 4 3 3 1 3 1 2.5 2 1 3 26 2 1 2.5 / / 1.5 / 1.5 2.5 1.5 / / 1.5 12 3 2 3 4 3 3 4 3 1 3 2 3 3 34 4 2 2 0.5 3 2 1 1 2.5 / 2 / 3 19 5 1 2 0.5 3 / / 3 2 2 0.5 2 3 19 6 2 2 0.5 3 2.5 1 2.5 3 2 0.5 2.5 3 24.5 7 2 3 0.5 3 3 1 3 2 2.5 / 2.5 3 25.5 8 2 2 0.5 3 3 4 2.5 2 2.5 / 3 2.5 27 9 1.5 / 2.5 / / 1 2 / 1.5 1 / 1 10.5 10 2 2.5 / 2 / 1 / 1 1.5 1.5 / / 11.5 11 2 0.5 1 3 / / 1 / 2 1 3 2.5 16 12 1 2.5 / 1 3 1 2.5 / / 1.5 1 / 13.5 13 / 1.5 / 3 2 1 / / 1.5 1.5 1.5 1 13.5 14 1 2.5 / 1 3 1 3 2.5 1.5 1.5 3 2.5 22.5 15 / 1.5 0.5 1 1.5 1 1 0.5 1 1.5 1 2.5 13 16 1 0.5 0.5 2 1 1 3 / 0.5 2 3 0.5 15 17 1 3 0.5 3 1 4 2 2.5 / 1.5 1 1.5 21 18 2 0.5 0.5 3 3 1 2 / 2 0.5 2.5 2.5 19.5 19 1 / / 3 / 1 / 1.5 1 1.5 1 1.5 11.5 20 1 3 4 3 2 3 2 1 1 1.5 2.5 2.5 26.5 21 1 3 / 3 3 1 3 1 3 0.5 3 2.5 24 22 1 / / 1 1 1 1.5 / 2.5 0.5 1 3 12.5 23 2 2.5 0.5 / / 1 1 1 1 / 1 2.5 12.5 24 2 0.5 0.5 3 3 2.5 1.5 1.5 2 2 / 2.5 21 25 1 0.5 0.5 1 / / / / / 1 1 2 6.5 26 1 3 4 3 3 4 2.5 1.5 / 2 2.5 2 26.5 27 1 3 / 3 3 1 3 1 3 0.5 3 2.5 24 28 2 3 0.5 3 3 4 2.5 2 2.5 / 3 2.5 28
Tabella 2
51
In figura 5 sono riportati i risultati in termini di voto.
0123456789
10
voto
1 3 5 7 9 11 13 15 17 19 21 23 25 27
alunni
Figura 6
3.2 LA VERIFICA SOMMATIVA
La verifica sommativa (allegato 4) è stata realizzata alla fine del mio intervento
didattico. La parte finale del percorso ha subito interruzioni significative, a causa del
viaggio di istruzione e dell’assemblea di classe. Inoltre, per ragioni organizzative non è
stato possibile concedere alla classe più di un’ora di tempo per lo svolgimento del
compito. Per questi motivi si è preparata una verifica composta da un numero di esercizi
minore rispetto a quella formativa. Come già fatto in precedenza, riporterò di seguito i
quesiti proposti, le osservazioni più significative e l’analisi dei risultati.
QUESITO N. 1
Obiettivi interessati:
- determinare le condizioni di esistenza di un radicale in R;
- trasformare un radicale in R.
Ridurre allo stesso indice i seguenti radicali:
2−x ; 3 3+x ; 621
−+
xx .
QUESITO N. 2
Obiettivi interessati:
- determinare le condizioni di esistenza di un radicale in R;
- trasformare un radicale in R.
Trasportare sotto il segno di radice il fattore esterno:
52
2112 a
aa
−⋅+−
Analizzo contemporaneamente i primi due quesiti inerenti entrambi alle trasformazioni
dei radicali in R. La prima osservazione importante emersa dall’analisi dei protocolli
riguarda una maggiore aderenza ai contratti rispetto alla verifica precedente, tanto che
questi esercizi sono stati svolti correttamente dalla maggior parte degli alunni. Ho
riscontrato atteggiamenti riconducibili alla clausola di delega formale del contratto
didattico: lo studente non controlla e non ragiona sullo svolgimento, lascia che sia
l’algoritmo ad occuparsi interamente della risoluzione, limitandosi infine a trascrivere il
risultato. Alcuni studenti hanno commesso errori inerenti alla concordanza di segno e
alle condizioni di esistenza. Il problema principale è sempre quello di mettere in
relazione tutti gli elementi che si hanno a disposizione, tenere conto dello studio delle
condizioni di esistenza e del segno dei fattori. Riporto, a questo proposito, il secondo
esercizio tratto dal protocollo di Elena.
Figura 7
Pur avendo determinato esattamente le condizioni di esistenza 11 ≤≤− a , e studiato in
modo corretto il segno del fattore esterno, Elena nel trasformare il radicale ha distinto
due casi considerando un intervallo che non era contemplato dalle condizioni di
esistenza individuate.
QUESITO N. 3
Obiettivi interessati:
- ridurre una espressione irrazionale applicando le “regole di calcolo”:
Calcolare (senza tener conto delle C.E.)
3 325
32
55 : xxxyx
xy
yx
xy
yx
⋅⋅⋅⎟⎟⎠
⎞⎜⎜⎝
⎛⋅
⎟⎟
⎠
⎞
⎜⎜
⎝
⎛⋅⋅
53
( ) 333 22
273369 +
−+⋅−++aaaaa
Sul primo dei due esercizi non ci sono osservazioni significative. Gli studenti che non
sono riusciti a portare a termine l’esercizio correttamente sono pochi. Gli errori
commessi sono errori di calcolo o errori relativi all’operazione di trasformazione di una
radice di radice.
Il secondo esercizio ha invece creato qualche difficoltà in più. Molti non si sono limitati
a sommare i radicali simili, ma hanno scritto un unico radicale avente come radicando la
somma algebrica dei singoli radicandi. Questo errore è riconducibile al fatto che gli
alunni non sono padroni del senso vero dei simboli che usano, e “il punto drammatico è
che non solo gli allievi spesso non conoscono il significato delle formule [...] ma ne
inventano spesso uno fasullo che surroga quello autentico” (Arzarello, 1994). In questo
modo sorgono errori del tipo: baba +=+ , baba +=+ 22 , ( ) 333 baba +=+ .
Risulta estremamente difficile mettere in crisi tali loro misconcetti, in quanto il
significato inventato ha una sua logica, eventualmente radicata in modelli
precedentemente appresi.
Nello svolgimento di questo stesso esercizio sono inoltre stati rilevati di nuovo due
errori presenti anche nel compito precedente e sui quali avevo insistito molto durante la
correzione in classe. Anche in questa verifica, durante il trasporto di fattori fuori dal
segno di radice , ci sono stati numeri razionali che sono diventati interi (271 si è
trasformato in 3) e binomi che hanno perso le loro parentesi ( ( ) 33 4 333 +⋅+=+ aaa )
QUESITO N. 4
Obiettivi interessati:
- trasformare un radicale in una potenza a base non negativa e a esponente
frazionario;
- operare con potenze a base non negativa e a esponente frazionario.
Trasformare la seguente espressione facendo uso di esponenti frazionari, semplificare e
scrivere il risultato sotto forma di radicali:
3 23 231:111 aaa
aaa
⋅⋅⋅⋅
54
Le problematiche riscontrate nell’analisi dello svolgimento di questo quesito riguardano
la trasformazione dei radicali, presenti nelle espressioni, in potenze ad esponente
frazionario. Ad esempio nel protocollo di Valentina è stato rilevato un problema di
carattere algebrico: Valentina ha trasformato 3 2 1a
a ⋅ in 32
21
1⎥⎥
⎦
⎤
⎢⎢
⎣
⎡⎟⎠⎞
⎜⎝⎛⋅
aa . Molti degli
errori rilevati sono inerenti alla conversione dei radicali in potenze ad esponente
frazionario, e alcuni studenti hanno evitato a piè pari la trasformazione limitandosi a
risolvere l’esercizio operando con i radicali e non rispettando la consegna. Altri errori
riscontrati sono relativi alle proprietà delle potenze.
Anche per la correzione della verifica sommativa ho creato una griglia di commento e
relativa tabella dei punteggi, riportate in seguito.
ALUNNI
ESERCIZIO 1
(punti 5)
ESERCIZIO2
(punti 5)
ESERCIZIO3
(punti 3)
ESERCIZIO 4
(punti 3)
ESERCIZIO5
(punti 4) 1 CE Ok No
Semplificazione Ok Conversione
2 Ok Ok Ok Errore calcolo
Ok
3 Ok Ok No Semplificazione
Somma Conversione Errore Calcolo
4 CE (-) Ok No Semplificazione
Somma Proprietà Potenza
5 Ok Trasporto Dentro
Ok Errore calcolo
Ok
6 CE (-) Trasporto Dentro
Radice di radice Somma Errore Calcolo
7 Ok Errore Calcolo
No Semplificazione
Errore calcolo
Ok
8 Ok Concordanza Segno
No Semplificazione
Ok No Conversione
9 CE generali No riduzione
Concordanza Segno
No Semplificazione
No svolto
Errore Calcolo
10 Ok CE Concordanza Segno
Ok Ok Ok
11 CE (-) Riduzione (-)
Concordanza Segno
Ok Trasporto fuori
Ok
12 Concordanza Segno
CE No Semplificazione Errore Calcolo
Errore calcolo
Ok
13 Riduzione (-) / Ok Errore calcolo
Ok
14 CE (-) Concordanza Segno
No Semplificazione
Somma Ok
55
15 CE Riduzione(-)
CE Concordanza Segno
Errore Calcolo
Errore calcolo
Ok
16 CE (-) Concordanza Segno
Concordanza Segno
Ok Ok Ok
17 CE (-) CE Concordanza Segno
No Semplificazione
Errore calcolo
Ok
18 CE CE No Semplificazione
Somma Conversione
19 Ok CE Concordanza Segno
Ok No semplificazione
Proprietà Potenze
20 Concordanza Segno
Ok Ok Errore calcolo
Ok
21 Concordanza Segno
CE Concordanza Segno
No Svolto
somma No Conversione Errori Calcolo
22 CE (-) Ok Ok ok Ok 23 Ok Concordanza
Segno Ok ok Ok
24 Riduzione (-) Ok Radice di radice No Semplificazione
Errore calcolo
Ok
25 CE (-) Ok No Semplificazione
Somma (-) No Svolto
Tabella 3
ESERCIZIO1
ESERCIZIO2
ESERCIZIO3
ESERCIZIO4
ESERCIZIO5
TOT
ALUNNI 5 5 3 3 4 20 1 4 5 2 3 2.5 16.5 2 5 5 3 2 4 19 3 5 5 2 / 1 13 4 4 5 2 / 2.5 13.5 5 5 3.5 3 2 4 17.5 6 4 3.5 1 / 3.5 12 7 5 4 2 2 4 17 8 5 2 2 3 1 13 9 1 2 2 / 3 8 10 5 / 3 3 4 15 11 3 2 3 1.5 4 13.5 12 2 3 1.5 2 4 12.5 13 4 / 3 2 4 13 14 4 2 2 / 4 12 15 2 / 2 2 4 10 16 1 2 3 3 4 13 17 4 / 2 2 4 12 18 3 3 2 / 2.5 10.5 19 5 / 3 2.5 3.5 14 20 2 5 3 2 4 16
56
21 2 / 2 / / 4 22 4 5 3 3 4 19 23 5 2 3 3 4 17 24 4 5 1.5 2 4 16.5 25 4 5 2 1 / 12
Tabella 4
In figura 7 sono riportati i voti assegnati nella verifica sommativa.
0123456789
10
voto
1 3 5 7 9 11 13 15 17 19 21 23 25
alunni
Figura 8
Nel grafico in figura 8 è possibile confrontare la media dei voti della classe nelle due
verifiche effettuate. L’esito della verifica sommativa è stato migliore di quello della
verifica formativa.
0 2 4 6 8
media voto
verificaformativa
verificasommativa
confronto media voti
Figura 9
57
3.3 UNA VALUTAZIONE “ESTERNA”
Dai risultati delle verifiche e dalle risposte al questionario di gradimento (allegato 5) ho
tratto delle informazioni che mi hanno avviata ad una valutazione sulle scelte
metodologiche e sulla trasposizione didattica. Il questionario è anonimo, in modo tale
che gli alunni si siano sentiti liberi nell’esprimere i giudizi. Lo scopo era quello di
ottenere degli spunti di riflessione attraverso i quali ripercorrere tutte le fasi della mia
esperienza, riuscendo così a portare alla luce le eventuali mancanze, che non sono
riuscita a cogliere da sola, nell’organizzazione dei contenuti e nelle scelte didattiche da
me effettuate.
Le risposte alla prima domanda: “Hai gradito il modo in cui gli argomenti sono stati
trattati? Ti è sembrato efficace?” sono state tutte positive ad eccezione delle seguenti:
“Non ho particolarmente gradito il modo in cui gli argomenti sono stati trattati, ma in
alcuni casi, anche se non nel mio, questo si è rivelato efficace.”
“Non ho gradito il modo con cui gli argomenti sono stati trattati; il modo è comunque
stato efficace in molti casi (non nel mio!)”
In entrambe le risposte si fa riferimento “agli altri casi”. Penso che gli alunni alludano
all’esito della verifica sommativa. Analizzando infatti i risultati, si riscontra un netto
miglioramento rispetto alla verifica formativa: ci sono state solo due insufficienze gravi.
Sono consapevole, però, che questo sia in parte dovuto alla minore difficoltà degli
argomenti trattati nella seconda metà del mio intervento didattico, rispetto alla prima.
Ritengo comunque soddisfacenti i risultati raggiunti dalla classe nell’acquisizione delle
conoscenze e delle competenze.
All’inizio di ogni lezione ho sempre ricordato agli alunni di interrompermi nel caso
avessero delle difficoltà nella comprensione dei contenuti trattati. Lo scopo era quello di
creare un clima di collaborazione e fare in modo che i ragazzi non si sentissero a disagio
nel caso avessero avuto bisogno di qualche chiarimento. Mi sono sempre mostrata
disponibile a ripetere ciò che si stava affrontando più e più volte. Questo ha avuto
ovviamente dei vantaggi e degli svantaggi, dovuti anche alla mia inesperienza.
Sicuramente questo mio modo di procedere ha permesso di non “perdere per strada” un
gran numero di alunni e fare in modo che la maggior parte della classe riuscisse a
seguirmi. D’altro canto non solo ho avuto difficoltà nel rispettare i tempi preventivati in
fase di organizzazione dei contenuti, tempi non rispettati anche per l’oggettiva difficoltà
degli argomenti trattati, ma a causa della mia disponibilità, alcuni alunni si sono spesso
sentiti autorizzati a non porre attenzione alla lezione, consapevoli che avrei rispiegato il
58
tutto ad una loro richiesta. Molti di loro, però, hanno trovato efficace il mio metodo di
insegnamento proprio per la possibilità di avere ulteriori spiegazioni e delucidazioni,
come emerge dalle seguenti risposte alla prima domanda del questionario:
“Si, poiché ci siamo soffermati molto su ciascun argomento, finchè non è stato capito.”
“Si molto efficace. Infatti sono riuscito a capire meglio di altre volte proprio perché ho
avuto modo di fare più domande su argomenti che non avevo capito anche in
precedenza. Ed ho ricevuto risposte anche più di una volta senza essere biasimato.”
Mi sono resa conto di cosa significhi “entrare in classe”, e di quanto sia difficile la
gestione di un’azione didattica, rispettare quanto si era preventivato in fase di
programmazione, i tempi previsti e gli obiettivi individuati.
Dalla risposta alla domanda del questionario relativa agli eventuali suggerimenti o
critiche sul mio metodo di insegnamento, ho ricavato spunti di riflessione molto
interessanti, aspetti sui quali avevo avuto modo di riflettere anche durante il percorso
didattico.
“Rallenta alcune lezioni”
“Andare più lenta negli argomenti”
“Cerchi di usare un linguaggio più semplice, senza molte parole tecniche”
“Una spiegazione più lenta e meno tecnica”
La difficoltà che ho incontrato inizialmente è stata quella di “calarmi nella parte” di
insegnante di scuola secondaria. Ho utilizzato infatti inizialmente un linguaggio
rigoroso, probabilmente troppo per una seconda classe di liceo scientifico, destinataria
della mia azione didattica. Ho commesso un errore di valutazione e, in un primo
momento, non mi sono resa conto che il mio linguaggio non era adatto alla situazione.
Queste critiche, però, mi erano già state mosse dagli studenti in fase di espletamento del
progetto, così ho avuto modo, in itinere, di modificare il mio approccio, utilizzando un
linguaggio più semplice.
Sulle domande riguardo ai contenuti che hanno interessato o meno gli alunni non ci
sono osservazioni significative: le risposte sono differenti le une dalle altre e non c’è
stato un argomento che ha riscosso più successo rispetto agli altri.
La difficoltà oggettiva dell’argomento è stata di ostacolo all’apprendimento, almeno
inizialmente. Questo emerge anche dalle risposte degli studenti alla domanda “Quali
difficoltà hai incontrato? A cosa ritieni siano dovute?”. Ne riporto alcune.
“Le difficoltà ci sono state all’inizio perché bisogna capire come ci si deve porre
davanti a esercizi così”
59
“Tutti i radicali sono difficili”
“Moltissime difficoltà.”
“Le difficoltà le ho incontrate in questo tipo di esercizi, soprattutto all’inizio”
A tirocinio concluso non sono ancora in grado di dare una risposta alla domanda che mi
ha accompagnata in questa esperienza: “Qual è il modo migliore per affrontare la
trattazione dei radicali?”, però ora ho degli elementi in più per valutare la situazione e
mi sono chiare le difficoltà che si incontrano nell’affrontare lo studio dei radicali
attraverso una trattazione unitaria dell’argomento, considerando radicali con radicando
nell’insieme dei numeri reali. Penso che lo studio dei radicali di per sé, a prescindere dal
modo di affrontarli, sia uno degli argomenti del secondo anno più difficile da afferrare
per gli studenti. In più, in questa sede, gli allievi incontrano il concetto di valore
assoluto, che rappresenta un forte ostacolo epistemologico. A tutto questo, se poi si
sceglie una trattazione dei radicali in R, si aggiungono molte altre difficoltà legate
all’esigenza di considerare contemporaneamente tutti gli elementi in gioco: le
condizioni di esistenza, lo studio del segno di eventuali fattori esterni o interni al
simbolo di radice, la concordanza del segno tra il primo e il secondo membro. A questo
punto del mio percorso mi sono trovata spesso a chiedermi in che modo affronterei lo
studio dei radicali. Alla luce di quella che è stata la mia esperienza di tirocinio attivo,
degli articoli che ho letto e dei confronti che ho avuto su questo argomento con la tutor,
il supervisore e il relatore, penso che escluderei una trattazione che prevede la
distinzione tra radicale aritmetico e algebrico, fonte di confusione ed errori. Forse una
alternativa potrebbe essere quella di lavorare dapprima in +0R per facilitare
l’acquisizione del modello funzionale, per poi procedere in R, riprendendo solo alcune
delle operazioni precedentemente considerate, discutendole opportunamente. Penso
questo anche perché, come già affermato nel capitolo precedente, durante il percorso
didattico è stato necessario apportare alcune modifiche alla programmazione e
affrontare lo studio delle operazioni esclusivamente in +0R , a causa della effettiva
difficoltà degli argomenti trattati in relazione ai tempi a disposizione. Questa scelta non
è stata priva di conseguenze. Ha contribuito, infatti, a creare confusione negli studenti,
già alle prese con situazioni difficoltose da gestire, ed è capitato spesso che, di fronte ad
un esercizio, gli alunni mi chiedessero se fosse necessario o meno individuare le
condizioni di esistenza e fare le opportune considerazioni.
60
3.4 CONSIDERAZIONI FINALI SULLA SSIS
Per diventare un “buon” insegnante, una solida preparazione disciplinare non basta. Ed
è proprio su questo presupposto che è basata la SSIS. La SSIS contribuisce alla
formazione dei futuri insegnanti attraverso un percorso che ha alla base i risultati della
ricerca in Didattica della Matematica, disciplina che non ha il compito di “insegnare ad
insegnare”, ma quello di aiutare il docente a leggere ed interpretare le varie situazioni
d’aula, alla luce di quanto appreso a livello teorico, e a riflettere sui processi di
insegnamento-apprendimento che avvengono in classe. Per mezzo delle attività di
laboratorio e di tirocinio, la SSIS offre all’insegnante in formazione la possibilità di
sperimentare personalmente quanto appreso nei corsi teorici, di progettare un percorso
didattico vero e proprio e metterlo in atto in accordo con la realtà del contesto classe in
cui si è inseriti, sperimentando così la gestione di un’azione didattica.
Al termine di questi due anni le mie convinzioni riguardo la professione dell’insegnante
sono cambiate. Ammetto che inizialmente ne avevo una visione un po’ ingenua,
pensando che fosse realmente sufficiente una buona padronanza della disciplina per
poter insegnare. Adesso sono consapevole di quanto questo sia errato, dato che il
docente non è l’unico protagonista del processo di insegnamento-apprendimento, ma
bisogna tener conto anche degli altri elementi che vi sono coinvolti: l’allievo e il Sapere.
Il docente deve riorganizzare il Sapere e adattarlo ad un sapere da insegnare, tenendo
conto dei destinatari della trasposizione didattica, e definire opportune strategie
didattiche adeguate al contesto classe nel quale lavora. Ho imparato anche a pormi in
modo diverso nei confronti degli errori commessi dagli studenti. Gli errori, infatti, non
hanno necessariamente una valenza negativa e l’insegnante ha il compito di indagare
sulle motivazioni che si nascondono dietro una risposta sbagliata, che può essere frutto
di un problema più profondo a livello cognitivo. Le cause possibili di un errore non
sempre sono sintomo di scarso impegno o mancanza di studio, ma possono essere
spesso riconducibili ad un conflitto cognitivo, un ostacolo epistemologico o una
misconcezione. L’insegnante deve allora essere in possesso delle metodologie che
occorrono per attuare strategie mirate al superamento di tali ostacoli o a sistemare
adeguatamente l’immagine che lo studente si è fatto di un determinato concetto.
Frequentando la SSIS ho inoltre acquisito la consapevolezza che l’insegnante non è un
semplice “trasmettitore” di conoscenze. L’insegnamento è ricerca: l’insegnante entra in
classe in veste di ricercatore, analizza il comportamento dell’allievo, i risultati ottenuti,
si pone in modo critico verso i suoi stessi atteggiamenti, formula ipotesi, conduce prove,
61
e applica opportune strategie didattiche, suggerite dalla ricerca in Didattica della
Matematica, dalla situazione o dalla sua esperienza. L’insegnamento è quindi un lavoro
impegnativo, che richiede un aggiornamento continuo, una continua ricerca di strumenti
e nuovi spunti, per raggiungere sempre nuove conoscenze e competenze, e migliorare la
propria professionalità.
Il tirocinio è stato uno dei momenti più coinvolgenti del mio percorso nella SSIS, non
solo a livello professionale, in quanto è una fase fondamentale nella crescita e nella
formazione di un futuro insegnante, ma anche a livello personale: ho avuto infatti la
conferma che insegnare effettivamente mi piace e che ho quindi intrapreso la strada
giusta.
Se guardo indietro, all’inizio di questo percorso mi rendo conto di quante opportunità
mi sono state offerte: ho studiato risultati della ricerca in Didattica della Matematica e
non solo, ho letto testi, sono entrata per la prima volta in contatto con la realtà scolastica
attraverso l’osservazione delle classi e delle riunioni dei docenti, ho sperimentato
personalmente quanto appreso a livello teorico, rendendomi conto di cosa significhi
gestire un’azione didattica.
Tirando le somme, sono cosciente di aver commesso alcuni errori nella fase della
progettazione e nel corso del mio intervento didattico, dovuti probabilmente alla mia
inesperienza, ma credo che questi stessi errori abbiano contribuito, insieme a tutte le
occasioni che mi sono state offerte in questi due anni, alla mia formazione.
62
BIBLIOGRAFIA
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Progetto strategico del C.N.R.: tecnologie e innovazioni didattiche. Quaderno n.6,
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Matematica e delle Scienze integrate, 17 A-B, Settembre-Ottobre, 535-554.
Bazzini L. (2001). Aspetti cognitivi del pensiero algebrico e implicazioni didattiche, La
matematica e la sua didattica 4, 314-331.
Barlotti M.(1999). I radicali algebrici non esistono, Periodico di matematiche 2, 85-93.
Chamorro Plaza C. (2003). L’osservazione didattica come metodo di ricerca, La
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di scuola superiore ed in futuri insegnanti, La matematica e la sua didattica 3, 282-298.
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Pagani C.D., Salsa S. (1999) Analisi Matematica volume 1. Zanichelli, Bologna.
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63
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proposte della Commissione Brocca, Annali della pubblica istruzione. Le Monnier,
Roma, 1991.
UMI – Matematica 2003. Attività didattiche e prove di verifica per un nuovo curricolo
di Matematica. Ciclo secondario.
Libri di testo consultati:
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Editori, Milano.
Persano M.R., Ribaldi L., Zanoli G. (2001) “Matematica per il biennio delle superiori”,
Ed. Scolastiche Juvenilia, Milano.
Zwirner G., Scaglianti L., Brusamolin Mantovani A. (1997) “Non solo Algebra due”,
Cedam, Padova.
64
ALLEGATO 1 PROGETTO DI TIROCINIO FINALITA’ DELL’INSEGNAMENTO DELLA MATEMATICA “Ma tanto a cosa serve la matematica!?!”
Ho sentito questa frase già tantissime volte, pur non avendo ancora alcuna esperienza di
insegnamento in aula. E’ un’opinione di molti ragazzi, che probabilmente si nascondono
dietro questa affermazione per evitare di studiare questa disciplina un po’ ostica; un
modo, forse, di aggirare le eventuali difficoltà.
A mio parere, per superare questo luogo comune si dovrebbe operare su due fronti: da
un lato evidenziare che in realtà la matematica ha degli scopi specifici e che è insita in
molti aspetti della nostra società; dall’altro presentare la matematica come una
disciplina difficile, perché effettivamente è una disciplina difficile, che richiede uno
studio approfondito e ripensato, la cui comprensione, però, non è limitata solo a
pochissimi “eletti”, con una particolare inclinazione per la materia.
Per quanto riguarda il primo punto bisognerebbe rendere gli allievi consapevoli del
ruolo fondamentale che questa disciplina gioca nella società moderna, in grado di
riconoscere “l’importanza centrale della matematica e delle sue applicazioni nel mondo
odierno nei riguardi della scienza, della tecnologia, delle comunicazioni, dell’economia
e di numerosi altri campi” (Conferenza generale dell’UNESCO, 1997).
La matematica è in tutto ciò che facciamo. Anche nelle semplici situazioni che ci
troviamo ad affrontare ogni giorno, quali ad esempio, “scegliere il migliore piano del
cellulare, analizzare le opzioni sul mutuo” (Principi e Standard 2000 dell’NCTM) o
anche solo decidere quali siano le dosi giuste degli ingredienti da mettere nell’impasto
di un dolce. A questo proposito il documento dell’UMI, Matematica 2003, propone
alcune attività didattiche, legate a problemi quotidiani. Una delle attività proposte è
quella di scegliere, tra le offerte di tariffe telefoniche di diverse società, la più
conveniente, costruendo per ciascuna tariffa una funzione che esprima il costo in
relazione ai consumi. Un’ altra è attinente ad un problema di un certo interesse sociale,
le tasse, e ha lo scopo di utilizzare funzioni lineari, costanti a tratti, lineari a tratti,
equazioni e disequazioni di primo grado in un’incognita per meglio comprendere le
caratteristiche di un sistema di tassazione di redditi.
Forse da questo punto di vista la matematica può sembrare, agli occhi degli studenti,
meno lontana dal loro mondo.
65
Gli studi dimostrano che essere più o meno bravi in matematica è vincolante per la
scelta dell’università, tanto che la presenza anche solo di un esame di matematica è uno
degli elementi che portano ad escludere alcuni corsi di laurea.
A mio avviso c’è un vero e proprio terrorismo psicologico nei confronti di questa
disciplina. Bisogna perciò evitare di presentare la matematica come una materia
incomprensibile e inaccessibile, perché per me questo è un modo per tarpare le ali a
coloro i quali, per paura di non riuscire, perché insicuri o perché temono un insuccesso,
preferiscono non provare nemmeno ad entrare in quel “misterioso” mondo che è la
matematica; e questo può essere fonte di ostacoli ad una partecipazione critica alla vita
pubblica.
Alla luce di quanto detto in precedenza, penso, probabilmente perché ancora inesperta e
per questo un po’ ingenua, che un insegnante di matematica possa riuscire a motivare
gli allievi all’apprendimento della materia, insistendo sul fatto che questa disciplina non
è un insieme di “regolette” da applicare, senza nessuno scopo, ma può essere vista
anche come una delle tante palestre, nella quale allenare la mente, affinché venga
sviluppato un pensiero critico, utile per interpretare i molteplici aspetti della realtà.
STRATEGIA DI INSEGNAMENTO
“Il linguaggio simbolico dell’algebra svolge l’importante funzione di accrescere la
possibilità di pensiero, di ragionamento, di conoscenza del singolo individuo e consente
inoltre la comunicazione intenzionale, razionale del prodotto del proprio pensiero.”
(Arzarello, Bazzini e Chiappini, 1994)
L’apprendimento del linguaggio algebrico si rivela però problematico per molti
studenti. Frege, in alcuni suoi scritti sulla semantica, distingue tra espressione,
denotazione (l’oggetto) e senso (il modo con cui l’oggetto ci è dato), e ciò si adatta bene
alle espressioni simboliche che vengono utilizzate in algebra. La denotazione è
l’insieme numerico rappresentato dall’espressione, mentre i sensi sono i vari modi in cui
l’oggetto denotato può essere ottenuto attraverso l’applicazione di regole opportune.
Non c’è corrispondenza uno a uno tra senso e denotazione, e l’invarianza della
denotazione rispetto ai cambiamenti di senso è un concetto difficile da afferrare per la
maggior parte degli allievi. Un esempio interessante sulla denotazione e il senso
potrebbe essere questo (citato da Arzarello, Bazzini e Chiappini, 1994) : le due
66
equazioni xx =+ 2)5( e 012 =++ xx denotano lo stesso oggetto, ma hanno un senso
diverso.
Il concetto di denotazione è collegato al processo di nominalizzazione: alla denotazione
di una espressione simbolica possono essere associati sensi diversi, che dipendono dalla
natura del dominio di conoscenza (matematico o extra-matematico) in cui l’espressione
viene impiegata. Il processo di nominalizzazione consiste nell’utilizzare i simboli
algebrici per assegnare un senso agli elementi di un problema. Lo scopo è quello di
costruire una espressione simbolica che renda ragione di strutture e relazioni: essa può
assumere sensi diversi a seconda del dominio in cui viene impiegata, e può essere
opportunamente manipolata e interpretata.
Una possibilità del codice algebrico è quella di incorporare diverse proprietà all’interno
di uno stesso nome. Se questa possibilità non viene colta e si costruiscono ed
interpretano i termini senza capire la relazione che intercorre tra senso e denotazione
all’interno del nome, il processo di nominalizzazione rischia di prendere strade
sbagliate. Molti allievi identificano, naturalmente, il nome dell’oggetto con l’oggetto
stesso; il nome diventa così, inevitabilmente, un designatore rigido, fonte di ostacoli nel
ragionamento algebrico. Ad esempio se lo studente percepisce l’espressione 2n nella
forma che noi riconosciamo associata ad un designatore rigido, l’alunno avrà difficoltà
nel riconoscere, nell’espressione k+1, un numero pari, nel caso in cui k sia dispari.
Inoltre c’è una sorta di “ingessamento” nell’utilizzare determinati nomi piuttosto che
altri e quando gli allievi si trovano a dover manipolare oggetti che non hanno il nome
previsto, possono incontrare delle difficoltà. A questo proposito riporto un episodio a
cui ho assistito durante le ore di osservazione. Si correggeva alla lavagna un esercizio di
un compito in classe. La consegna era la seguente: data l’equazionee
dcba2
)( ⋅+= , in
cui b è l’incognita, trovare la soluzione. Con mia grande sorpresa, il giorno della
correzione del compito ho scoperto che era riuscita a portare a termine l’esercizio, con
successo, solo una piccolissima parte degli alunni. La professoressa allora ha chiesto
alla classe se un’equazione del tipo 5
2)54(3 ⋅+=
x avrebbe posto minori difficoltà. Un
ragazzo prontamente ha replicato: “Si, però nel compito non c’era la x!” La consegna,
formulata in un modo insolito, li ha destabilizzati e confusi.
Gli alunni, infatti, si sono sempre trovati a dover risolvere equazioni in cui il nome
dell’incognita era x. Questo probabilmente ha portato al formarsi di alcune convinzioni
67
e attese da parte degli allievi. A questo proposito si potrebbero proporre esercizi con
equazioni del tipo 61
)1(5)1(
=++
+x
x , equazione che può essere ricondotta ad un’altra della
forma 61
5=
+ yy .
E’ necessario che l’insegnante rifletta sul processo di apprendimento dello studente,
affinché quest’ultimo acquisti abilità e consapevolezza nel padroneggiare i simboli
algebrici, riesca a comprenderne i significati e ad individuare gli eventuali ostacoli.
Anche per gli oggetti algebrici si pone il problema dei vari registri di rappresentazione
semiotica, quali ad esempio il linguaggio naturale, il registro geometrico, figurale,
aritmetico, cartesiano. Quando uno studente si trova a dover apprendere un nuovo
oggetto, entra in contatto, in realtà, con una sua rappresentazione semiotica, e non con
l’oggetto stesso, e questo lo porta inevitabilmente a confonderli. Allora per favorire
l’apprendimento di un concetto è necessario offrire diverse rappresentazioni semiotiche,
creando delle situazioni nelle quali siano possibili il trattamento (trasformazione
semiotica in uno stesso registro) e la conversione (trasformazione semiotica da un
registro all’altro); mentre il trattamento si presta bene agli oggetti algebrici, non vale la
stessa cosa per la conversione e gli studenti, in algebra, non hanno molte possibilità di
vedere uno stesso oggetto in “scenari” diversi.
Ad esempio, nella spiegazione del quadrato di un binomio 222 2)( bababa ++=+ , si
potrebbe affiancare al registro algebrico, il registro figurale con una descrizione grafica
della relazione tra il quadrato di lato a+b e le suddivisioni della sua superficie: il
quadrato di lato a, il quadrato di lato b e i due rettangoli di lati a e b.
L’insegnante deve considerare la relazione allievo-sapere, perché nel processo di
insegnamento-apprendimento, come schematizzato dal triangolo di Chevallard,
vengono coinvolti tre componenti: l’insegnante, l’allievo e il Sapere, ed ognuno di
questi ha un ruolo rilevante ed entra in relazione con gli altri. Occorre così che il
docente programmi il suo lavoro consapevole del fatto che il processo di apprendimento
non dipende solo dalla disciplina insegnata e dalle strategie didattiche messe in atto.
L’insegnante è colui che si pone come mediatore tra il sapere oggetto della disciplina e
l’allievo, e nell’adattare il sapere matematico ad un sapere da insegnare deve tenere
conto anche dei destinatari della trasposizione didattica. Il rapporto allievo-insegnante è
basato su delle regole implicite che vengono a crearsi nelle situazioni d’aula e che non
sono state dichiarate apertamente. Queste regole tacite costituiscono il contratto
68
didattico, definito da Brousseau come l’insieme delle “abitudini dell’insegnante attese
dall’allievo ed i comportamenti dell’allievo attesi dal docente” (D’Amore, 1999).
Ho avuto modo, di assistere durante le ore di osservazione in classe, a vari episodi
riconducibili a situazioni in cui era attivo un contratto didattico. Riporto un esempio.
La consegna era di risolvere il sistema lineare ⎪⎩
⎪⎨⎧
=+−
=+−
61023)6232(
103)22(
yx
yx con il
metodo di Cramer. Se si moltiplicano ambo i membri della prima equazione per 6 si
evince che il sistema è indeterminato. E’ necessaria però una lettura attenta, che
presuppone l’abilità di riconoscere e ragionare sulle forme simboliche, di comprendere
ed interpretare i significati che esse veicolano, ma anche la capacità di collegare le
diverse forme e muoversi in maniera flessibile tra di esse, scegliendo quelle che meglio
si adattano ad un determinato scopo.
Molti di loro hanno svolto l’intero procedimento. Dire quale fosse la soluzione senza
fare tutti i calcoli avrebbe significato rompere le clausole del contratto didattico.
In questa situazione vengono inoltre chiamati in causa due concetti, quello di
risolvibilità e quello di risoluzione. Gli studenti preferiscono limitarsi a risolvere
l’esercizio, attraverso l’applicazione di una formula, piuttosto che soffermarsi a leggere
attentamente il testo, e riconoscervi qualche interessante caratteristica del problema, che
vale la pena mettere in evidenza per risparmiare lunghi calcoli e tempo. Scatta a questo
punto la clausola di delega formale, lo studente diventa un semplice esecutore, delega
all’algoritmo il compito di risolvere il problema, non controlla e non riflette sullo
svolgimento. La sua unica mansione sarà quella poi di trascrivere il risultato.
Spesso gli allievi finiscono con il credere che le regole ed i metodi studiati
rappresentino la vera essenza dell’algebra. L’ uso delle tecniche in modo
completamente automatico porta all’esclusione di un qualsiasi tipo di riferimento, a
favore di una immotivata fiducia nel procedimento, mentre l’algebra non è uno
strumento di puro calcolo, un gioco di simboli senza senso, ma uno strumento di
pensiero, da utilizzare “per capire generalizzazioni, per cogliere analogie strutturali, per
argomentare in matematica.” (Bazzini, 2000)
Strategie didattiche a mio avviso efficaci sono quelle improntate all’apprendimento
collaborativo. Il lavoro di gruppo è un’attività che promuove la comunicazione, il
confronto, lo scambio di conoscenze, l’aiuto reciproco, la responsabilità individuale e
collettiva, la costruzione di idee attraverso le conferme e i dissensi che si trovano negli
69
altri, la formalizzazione. La possibilità di scambiare pensieri e convinzioni, discutere,
argomentare le proprie opinioni con i pari, in una situazione a-didattica, dove la paura di
sbagliare e della valutazione vengono lasciate fuori, può essere uno strumento valido
per costruire il proprio sapere, a volte anche più di una spiegazione da parte
dell’insegnante.
Il fine ultimo della didattica è la competenza, che si esplicita attraverso la volontà e la
volizione di fare uso delle conoscenze possedute e di ampliare quelle che si rivelano
insufficienti. “Si riconosce quando un individuo vede, interpreta e si comporta nel
mondo in un senso matematico.” (Fandiño Pinilla, 2003) Per far si che l’allievo sviluppi
competenza bisogna “scegliere contenuti che costituiscono il cardine, il cuore, il nucleo
attorno al quale coagulare possibili altri contenuti, all’interno di un tema disciplinare
che risulti di un qualche interesse didattico”, (D’Amore, 2003) creando strategie
didattiche nelle quali lo studente partecipi attivamente alla costruzione della propria
competenza.
VINCOLI
Il progetto di tirocinio si svolgerà presso il liceo scientifico “E. Fermi” nella classe II B,
caratterizzata da un curriculum tradizionale con lo studio di una sola lingua straniera. La
classe è composta da 28 alunni, di cui 16 ragazze e 12 ragazzi.
Il programma di algebra è suddiviso in 6 unità didattiche: calcolo con i radicali
quadratici, equazioni di secondo grado, disequazioni di primo e secondo grado, calcolo
dei radicali in R, numeri complessi e approfondimenti sulle equazioni di secondo grado,
equazioni di grado superiore al secondo.
La scelta della classe e l’argomento del tirocinio, i radicali in R, sono stati concordati
con l’insegnante-tutor Maria Grazia Dell’Uomo; l’argomento è stato deciso in base al
periodo nel quale doveva inserirsi il mio intervento didattico, in accordo con i tempi
della programmazione curricolare.
Il libro di testo adottato è N. Dodero, P. Baroncini, R. Manfredi “Nuovo corso di
algebra 2”, Ghisetti e Corvi Editori, un libro di 768 pagine che vanta 4200 esercizi ed in
classe viene usato maggiormente come eserciziario. E’ suddiviso in 19 capitoli, il
secondo dei quali è dedicato ai radicali. Il capitolo che lo precede riguarda i numeri
70
reali. Gli autori affrontano la trattazione dei radicali in modo differente da quello
previsto dalla programmazione della tutor, in termini di funzione, dapprima in +0R , per
facilitare l’acquisizione delle regole di calcolo, per poi procedere con in radicali in R,
riprendendo tutte le operazioni precedentemente considerate e discutendole
opportunamente.
Come strumento didattico integrativo la tutor utilizza L. Conti Rivera, F. Erba, A.
Zerbato “Matematica guidata”, Ghisetti e Corvi Editori, suddiviso in 9 capitoli. Ogni
capitolo si apre con un richiamo ai concetti di base e prevede un’ampia raccolta di
esercizi guida e di esercizi proposti con risultato, focalizzando l’attenzione sugli aspetti
su cui gli studenti potrebbero incontrare maggiore difficoltà.
Lo stile d’insegnamento della tutor è lineare e metodico. Prima di ogni lezione la
professoressa fornisce delle indicazioni iniziali sui contenuti che verranno affrontati. Gli
argomenti vengono presentati attraverso degli esempi, in modo da favorire
l’inquadramento, e spesso in termini differenti da quelli descritti nel libro di testo,
cercando il modo più funzionale di proporli. L’insegnante non usufruisce dell’ausilio di
nessun software didattico. Le lezioni sono frontali, ma comunque interattive e nel corso
delle spiegazioni la professoressa cerca di coinvolgere la classe, sollecitando continui
interventi da parte degli alunni, con ripetute domande, mirate a tenere un livello di
attenzione che sia il più possibile alto. Di solito la lezione inizia con la correzione alla
lavagna degli esercizi dati per casa, insistendo su quelli nei quali gli allievi hanno
trovato maggiori difficoltà. Gli alunni sono abituati a lavorare da soli sia a casa che a
scuola, infatti l’insegnante lascia spesso del tempo per risolvere degli esercizi assegnati,
che solo in seguito verranno corretti alla lavagna, favorendo così l’acquisizione
dell’autonomia. L’insegnante, inoltre, dedica molto spazio alla discussione in classe dei
risultati delle prove, in modo che gli alunni riescano a sciogliere gli eventuali dubbi.
Il livello della classe è piuttosto omogeneo, durante le ore di osservazione non ho notato
nessuno che si distinguesse dagli altri, in modo evidente, nelle prestazioni o nella
velocità di apprendimento. In classe si alternano continuamente momenti di impegno e
applicazione con momenti di disattenzione. Gli alunni si distraggono facilmente e
bisogna sempre trovare un modo per risvegliare il loro interesse, affinché tornino a
concentrarsi. Nei momenti in cui in classe il livello di attenzione è abbastanza alto, i
ragazzi fanno domande, chiedono delucidazioni, intervengono in modo pertinente e
71
partecipano attivamente. Mi ha colpito la frase di un alunno, nel momento in cui la tutor
doveva scegliere un allievo da chiamare alla lavagna per correggere un esercizio. Il
ragazzo si è proposto dicendo: “Vengo io che non lo so fare!” Dietro questa frase c’è, a
mio avviso, la voglia e la volontà di imparare.
Dall’osservazione in classe è emerso che gli allievi, se non tutti, la maggior parte di
essi, accettano le regole e le tecniche di calcolo per limitarsi (come sempre accade) a
riprodurle meccanicamente, senza preoccuparsi dei significati e delle proprietà su cui
tali tecniche si basano. Ad esempio nel corso di una lezione sulle disequazioni di primo
grado, nello svolgimento di un esercizio, l’insegnante dice di sommare ad entrambi i
membri -2x, in modo da avere tutti i termini in x al primo membro. Significativa è la
reazione di uno degli allievi: “Ma cosa è questa storia? Basta portarlo di là!”. Per loro il
“portare di là” è una “regoletta” priva di significato, che non ha nulla a che vedere con il
primo principio di equivalenza. Solo pochi di loro si fanno domande e non accettano
tutto senza capire che non c’è niente di misterioso e che ogni tecnica che applicano ha
dietro un suo perché. Inoltre alcuni hanno problemi nel maneggiare i simboli algebrici e
preferiscono avere a che fare con lunghi e noiosi calcoli, affidandosi magari alla
calcolatrice, piuttosto che scavare tra le loro conoscenze e cercare di individuare le
opportune proprietà che se applicate, renderebbero il lavoro meno laborioso. Hanno
anche qualche difficoltà nell’utilizzare un linguaggio matematico appropriato, tanto che
ai simboli matematici è stato dato da un alunno l’appellativo di “geroglifici”.
Il mio intervento didattico si inserirà nel mese di febbraio, dopo che la professoressa
avrà trattato le disequazioni di secondo grado.
PREREQUISITI
Le conoscenze che verranno sollecitate riguardano innanzitutto gli insiemi numerici.
Prima o poi infatti i ragazzi rincontreranno un simbolo del tipo 7 : si rivedrà che non è
un numero razionale e questo comporterà un ampliamento degli insiemi numerici già
noti. Interverrà a questo punto il concetto di irrazionalità e di continuità. Nel costruire le
tecniche per trasformare i radicali e per eseguire le operazioni con essi, verrà richiamato
il concetto di polinomio; interverranno, inoltre, nozioni di geometria euclidea. Nel porre
le condizioni di esistenza di un radicale in R e sempre nelle trasformazioni e nelle
operazioni con i radicali saranno interessati i concetti di equazione e disequazione
72
numeriche. Anche la terminologia dell’algebra (equazione e disequazione letterali,
intere, frazionarie, incognita, parametro, soluzione e insieme delle soluzioni) dovrà
essere disponibile. Infine verrà anche coinvolto il concetto di equivalenza (legato alla
distinzione tra senso e denotazione di Frege) quando ad esempio ci si troverà davanti
due oggetti della forma 4 42ba e 2ba . Il riconoscimento, in senso alto,
dell’equivalenza di sensi è forse l’obiettivo più importante di un percorso didattico in
algebra, anche se tale equivalenza viene spesso occultata da contratti didattici (delega
formale) e atteggiamenti cognitivi improntati alla ricerca di schemi e regole.
A mio avviso le competenze coinvolte sono:
- operazioni con i numeri razionali;
- utilizzare le proprietà delle potenze;
- operazioni con i polinomi;
- utilizzare i prodotti notevoli;
- scomposizione di un polinomio in fattori;
- operazioni con le frazioni algebriche;
- risolvere disequazioni di primo grado;
- individuare l’intervallo delle soluzioni di una disequazione lineare;
- rappresentare l’intervallo delle soluzioni di una disequazione lineare.
OBIETTIVI
Durante il mio intervento didattico vorrei non perdere di vista due degli obiettivi
generali di apprendimento degli studenti proposti nei programmi Brocca:
- utilizzare consapevolmente tecniche e le procedure di calcolo studiate;
- comprendere e interpretare le strutture di semplici formalismi matematici.
Gli obiettivi specifici che ho individuato, nell’ambito delle conoscenze, sono la
definizione di radice n-esima di un numero reale e l’acquisizione del concetto di numero
irrazionale. Le conoscenze che verranno sollecitate con lo scopo di sviluppare un
pensiero funzionale sono le condizioni di esistenza dei radicali in R e il concetto di
valore assoluto. Per quanto riguarda il concetto di equivalenza intervengono le proprietà
fondamentali dei radicali in R, le operazioni tra i radicali in R, il significato di
razionalizzazione e la formula per trasformare un radicale doppio. Si opererà
73
un’estensione concettuale introducendo la definizione di potenza a esponente
frazionario e le sue proprietà.
Competenze di base:
- determinare le condizioni di esistenza di un radicale in R;
- trasformare un radicale in R;
- eseguire operazioni con i radicali in R;
- razionalizzare il denominatore di una frazione del tipo b
a
- ridurre una espressione irrazionale applicando le regole di calcolo;
- risolvere equazioni, disequazioni e sistemi a coefficienti irrazionali;
- operare con potenze a base non negativa e a esponente frazionario;
- risolvere problemi di geometria che consentono di riprendere formule che
coinvolgono i radicali (es: in un triangolo equilatero lh ⋅=23 ).
Competenze di eccellenza:
- utilizzare il valore assoluto nelle trasformazioni di radicali;
- razionalizzare il denominatore di una frazione del tipo ba
c±
oppure
33 bac±
- trasformare radicali doppi.
ORGANIZZAZIONE DEI CONTENUTI
Il percorso che seguirò durante il mio intervento didattico si articola in diverse fasi. Le
ore indicate per ciascuna fase sono approssimative e, se necessario, saranno soggette a
delle rivisitazioni durante il tirocinio attivo. La maggior parte delle fasi consiste in delle
lezioni frontali intervallate da continui momenti di verifica, attraverso domande ed
esercizi, per monitorare il livello di comprensione e apprendimento degli allievi, in
modo che vengano alla luce le eventuali difficoltà. Si deciderà così come procedere
nelle spiegazioni e se è necessario attuare qualche modifica alla progettazione.
74
Fase 1 (tempo previsto: 1 ora)
All’inizio del mio intervento didattico è mia intenzione proporre un test per esplorare le
conoscenze e le competenze richieste per poter affrontare lo studio dei radicali in R e
vedere come sono state acquisite. Nel caso sia necessario, prima di introdurre il nuovo
argomento, si farà un breve ripasso, in modo da dare agli allievi la possibilità di colmare
le eventuali lacune ed avere così gli strumenti necessari per comprendere i nuovi
contenuti.
Fase 2 (tempo previsto: 5 ore)
Si introducono i radicali in R, dando la definizione della radice n-esima di un numero
reale, ed elencando alcuni casi particolari. Si mette in evidenza il fatto che, nonostante
sia 4)2( 2 =+ e 4)2( 2 =− , 24 = in base ad un criterio che chiameremo
concordanza del segno tra il primo e il secondo membro, coerentemente con
l’impostazione della tutor. E’ importante inoltre sottolineare che, quando il radicando di
un radicale di indice n dispari è negativo, è bene sostituire n a− con n a− , ricorrendo
(in forma implicita e non dichiarata) al concetto di disparità della funzione nxy =
quando n è dispari, per fare in modo così di non incappare, in futuro, in possibili errori.
Si pone quindi il problema di stabilire quando radicali del tipo 4+a , 2a , 12 +a ,
2a− , 1−− a hanno senso in R, fino ad arrivare ad introdurre le condizioni di
esistenza.
Prima di passare ad enunciare la proprietà invariantiva si definisce il valore assoluto di
un numero reale e si fanno degli esempi sul modo di calcolare il valore assoluto di
un’espressione algebrica.
Dato un numero reale a, si definisce valore assoluto di a, il numero stesso se questo è
positivo o nullo, il suo opposto se esso è negativo. In simboli ⎪⎩
⎪⎨⎧
<−
≥=
0
0
asea
aseaa
Una volta che i ragazzi hanno acquisito il concetto di valore assoluto, è possibile
enunciare la proprietà invariantiva e la semplificazione dei radicali, mostrando alcuni
esempi nei quali bisogna fare particolare attenzione.
Fase 3 (tempo previsto: 7 ore)
Si introducono le seguenti trasformazioni di radicali:
75
- Trasporto fuori dal simbolo di radice. Si evidenzia il fatto che se l’indice di
radice è pari bisogna fare attenzione perché potrebbe essere necessario porre il
termine estratto in valore assoluto. Si insiste sul fatto che non è possibile portare
gli addendi fuori dal radicale.
- Trasporto di un fattore sotto il segno di radice. Si dà agli alunni un esercizio del
tipo 2a e si chiede di trasportare il fattore a sotto il segno di radice, portandoli
a vedere, magari con degli esempi, cosa succede se non si discute in segno di a,
distinguendo i due casi 0≥a e 0<a , prima di trasportarlo sotto il segno di
radice.
- Riduzione allo stesso indice di due o più radicali. Si fa notare che occorre
prestare attenzione al caso in cui un radicale di indice dispari, avente il
radicando negativo viene trasformato in un radicale di indice pari. In questo
caso, infatti, per concordanza di segno, bisogna far precedere il radicale ottenuto
dal segno meno.
Dopo le precedenti trasformazioni si introducono le operazioni con i radicali:
- La moltiplicazione e la divisione. Si mostra che se è vero che, nell’ipotesi in cui
siano verificate le condizioni di esistenza dei radicali n a e n b , esiste la radice
del loro prodotto e risulta nnn baba ⋅=⋅ , non sempre vale il viceversa e a
volte bisogna ricorrere al valore assoluto per le radici di indice pari. Ad esempio
32)3()2( −⋅−=−⋅− è una uguaglianza falsa, poiché esiste il primo
membro ma non il secondo. E’ possibile trasformarla in una uguaglianza vera
solo introducendo i valori assoluti, ovvero 32)3()2( −⋅−=−⋅−
- Elevamento a potenza di un radicale.
- Estrazione di radice di un radicale.
- Addizione e sottrazione. Mentre è possibile esprimere il prodotto e il quoziente
di radicali con un unico radicale, non è possibile esprimere la somma algebrica
di radicali (escluso il caso in cui sono simili) con un unico radicale. Si dimostra
allora con un contro-esempio che nnn baba ±≠± . Si definiscono i radicali
simili e si fa notare che in questo caso ci si comporta come nell’addizione
algebrica di monomi simili.
La successione segue rigorosamente la programmazione dell’ istituto definita in sede di
coordinamento disciplinare.
76
Fase 4 (tempo previsto: 1 ora)
A questo punto del percorso è prevista una verifica formativa, che consiste in un test a
risposta multipla sugli argomenti affrontati finora. In questo modo è possibile verificare
i progressi degli alunni, testare l’efficacia della mia azione didattica, e apportare, se
ritenuto necessario, delle modifiche alla progettazione.
Fase 5 (tempo previsto: 4 ore)
Si definisce la trasformazione di razionalizzazione, richiamando la proprietà
invariantiva delle frazioni. Si distinguono i vari casi e si richiamano i prodotti notevoli
coinvolti.
Successivamente si definisce il radicale doppio partendo da un semplice esempio
324 + , ponendo il problema di trasformarlo in una espressione in cui compaiono
radicali semplici. A volte risulta complicato trovare di quale binomio il radicando della
radice esterna è il quadrato. Allora non si può fare altro che affidarsi ad una formula:
viene attivato in queste situazioni un contratto didattico, che è però necessario. In
seguito si mettono a confronto le due espressioni ba ⋅ e ba + .
Si introducono le potenze ad esponente frazionario partendo dall’esempio 21
7 ,
chiedendosi in che modo sia possibile attribuirle un significato. Per essere una potenza
questa scrittura deve soddisfare le proprietà delle potenze, e quindi sarà 772
21
=⎟⎟⎠
⎞⎜⎜⎝
⎛.
Poiché anche ( ) 772
= , allora deve essere 77 21
= . Questo modo di introdurre le
potenze ad esponente frazionario comporta però un errore; sono state infatti tacitamente
estese le proprietà delle potenze ad esponente intero di un numero reale al caso in cui
l’esponente è razionale. Si mostra tuttavia che la potenza ad esponente razionale è
definita solo se la base è un numero reale positivo.
Si elencano infine le proprietà delle potenze ad esponente frazionario.
Fase 6 (tempo previsto: 4 ore)
In accordo a quanto detto nelle strategie di insegnamento della matematica, si propone
un’attività di lavoro di gruppo. L’attività si articola in due fasi. Nella prima fase gli
77
alunni lavorano individualmente e svolgono un mini-compito, di media difficoltà, che
non è soggetto ad una valutazione. Una volta terminato il lavoro ha inizio la seconda
fase. La classe viene divisa in piccoli gruppi, ad ogni singolo gruppo vengono
consegnati dei compiti da loro svolti precedentemente. Dovranno correggerli e discutere
sugli errori. Verranno così stimolati il confronto tra gli alunni e la riflessione collettiva
sugli errori, a mio parere un modo costruttivo per imparare da essi. A questo punto gli
studenti si preoccuperanno di fare una sorta di indagine statistica, per vedere quali siano
gli errori più frequenti. Seguirà un momento di discussione dove ogni gruppo presenterà
gli errori che ha incontrato nella correzione degli esercizi.
Ci si ispira al modello di apprendimento collaborativo descritto in Locatello, Meloni
“Apprendimento collaborativo in matematica”, in cui ogni componente del gruppo è
chiamato a partecipare attivamente e ad assumere un ruolo preciso. I ruoli sono:
- Orientato al compito: colui che tiene sotto controllo l’obiettivo da raggiungere;
- Orientato al gruppo: è il responsabile del clima comunicativo;
- Memoria: colui che ha il compito di prendere appunti, di raccogliere i dati e si
preoccupa delle stesura definitiva del prodotto del lavoro di gruppo;
- Relatore: colui che ha il compito di relazionare alla classe il lavoro svolto;
- Osservatore: colui che ha il dovere di osservare il metodo di lavoro del gruppo.
Infine è prevista una verifica sommativa di tutti gli argomenti trattati, per valutare il
raggiungimento degli obiettivi prefissati. Il compito avrà una durata di 1 h. Un’ultima
ora sarà utilizzata per la correzione del compito, verrà inoltre dedicato uno spazio alla
discussione per chiarire eventuali dubbi.
VALUTAZIONE
Ci sono due termini diversi, assessment ed evaluation che in italiano si traducono
nell’unica parola valutazione. Il primo termine “deve essere usato per fare riferimento ai
risultati dell’insegnamento, qualche cosa che riflette le performances degli studenti,
presi individualmente o in gruppo”, mentre il secondo “deve essere usato come l’azione
che, traendo spunto dalle informazioni su tali performances, deve permettere di farsi dei
giudizi circa i programmi di studio, i curricoli e l’efficacia dell’azione degli insegnanti”
(Fandiño Pinilla, 2002). In una sola parola sono dunque inglobati due significati diversi,
uno che riguarda l’azione del docente, l’altro il profitto degli allievi.
La valutazione, durante il mio intervento didattico, avverrà in due fasi. La prima fase
sarà dedicata a verifiche di tipo formativo, attraverso un test a risposta multipla, esercizi
78
alla lavagna e domande, per sondare in itinere la preparazione degli alunni e per
verificare che gli obiettivi prefissati si stiano man mano raggiungendo. E’ possibile così
valutare l’azione didattica e apportare eventuali modifiche alla progettazione del
curricolo. Questo avverrà tramite la discussione in classe e continue sollecitazioni
attraverso domande ed esercizi.
La valutazione, infatti, non ha come unico scopo il “dare un voto”. Si valuta perché
tramite la valutazione l’insegnante riceve informazioni sull’efficacia del suo
insegnamento e può prendere così decisioni sul contenuto oggetto della trasposizione
didattica e sulle strategie messe in atto, cercando di adeguarli alle necessità di ogni
singolo alunno. Si valuta per comunicare agli allievi ciò che l’insegnante ritiene
importante; si valuta infine per “dare un voto”, ma questa è solo l’ultimo dei motivi per
il quale valutare.
Gli elementi che concorrono nella valutazione, oltre alla prestazione, sono l’interesse
dimostrato, l’impegno, la partecipazione, la capacità di rispettare le scadenze dei
compiti a casa, l’autonomia, il percorso.
La seconda fase prevede una verifica sommativa nelle ultime ore della realizzazione del
progetto, a cui seguirà un momento di correzione e di discussione. La verifica
sommativa consisterà di un compito in classe di circa un’ora, che sarà preparato
ponendo attenzione ai prerequisiti e agli obiettivi specifici individuati e si comporrà di
una serie di esercizi, di diversa difficoltà, con gli oggetti matematici introdotti. Nella
valutazione sarà favorito il processo più che il prodotto ed i punteggi assegnati ad ogni
esercizio saranno concordati con la tutor.
Dato l’elevato numero degli alunni, per avere una visione globale dell’andamento
generale della classe, si procede ad un esame statistico dei risultati della prove.
Alla fine del mio intervento didattico è mia intenzione proporre ai ragazzi un
questionario per valutare l’efficienza e l’efficacia del mio lavoro, e per vedere ciò che
hanno più gradito e ciò che invece non è stato apprezzato. Il questionario è anonimo, in
modo che gli alunni si sentano liberi nell’esprimere i giudizi. Lo scopo è quello di
ottenere degli spunti di riflessione attraverso i quali ripercorrere tutte le fasi della mia
esperienza, riuscendo così a portare alla luce le eventuali mancanze, che non sono
riuscita a cogliere da sola, nell’organizzazione dei contenuti e nelle scelte didattiche da
me effettuate.
79
BIBLIOGRAFIA
Arzarello F, Bazzini L., Chiappini G. (1994). L’algebra come strumento di pensiero.
Progetto strategico del C.N.R.: tecnologie e innovazioni didattiche. Quaderno n.6,
Università di Pavia.
Bazzini L. (2001). Aspetti cognitivi del pensiero algebrico e implicazioni didattiche, La
matematica e la sua didattica 4, 314-331.
D’Amore B. (1999). Elementi di Didattica della Matematica. Pitagora, Bologna.
D’Amore B., Godino J.D., Arrigo G., Fandiño Pinilla M.I., (2003). Competenze in
matematica. Pitagora, Bologna.
Fandiño Pinilla M.I. (2002). Curricolo e valutazione in matematica. Pitagora, Bologna.
Locatello S., Meloni G. (2003). Apprendimento collaborativo in matematica. Pitagora,
Bologna.
NCTM – Principles and Standards for School Mathematics: Discussion Draft. October
1998.
Piani di studio della scuola secondaria superiore e programmi dei primi due anni. Le
proposte della Commissione Brocca, Annali della pubblica istruzione. Le Monnier,
Roma, 1991.
UMI – Matematica 2003. Attività didattiche e prove di verifica per un nuovo curricolo
di Matematica. Ciclo secondario.
Libri consultati:
Dodero N., Baroncini P., Manfredi R. “Nuovo corso di algebra 2”, Ghisetti e Corvi
Editori.
Persano M.R., Ribaldi L., Zanoli G. “Matematica per il biennio delle superiori”,
Juvenilia.
80
ALLEGATO 2
TEST SUI PREREQUISITI
1. Individuare l’uguaglianza ottenuta applicando la proprietà delle potenze in
modo NON corretto:
A. 301020 22:4 =
B. 501020 224 =⋅
C. 101020 28:4 =
D. 101020 22:2 =−
2. Individuare l’uguaglianza ottenuta applicando la proprietà delle potenze in
modo corretto:
A. 1412
02 =⎟
⎠⎞
⎜⎝⎛ −−
B. 1313
1010 =⎟
⎠⎞
⎜⎝⎛⋅−
C. 2010
10 331:3 −
−− =⎟
⎠⎞
⎜⎝⎛
D. 1313
1010 =⎟
⎠⎞
⎜⎝⎛⋅
−−
3. Individuare il numero o i numeri interi n tali che 035
65
25
=⎟⎠⎞
⎜⎝⎛ −−
n
A. 0=n
B. 1−=n
C. n può essere un numero intero qualsiasi
D. n può essere un numero intero positivo qualsiasi
4. Volendo calcolare 1615 32 ⋅ quale proprietà delle potenze possiamo
applicare?
A. mnmn aaa +=⋅
B. nnn baba ⋅=⋅ )(
81
C. mnmn baba +⋅=⋅ )(
D. non esiste una proprietà per questo caso
5. Volendo calcolare 46 )2( quale proprietà delle potenze possiamo applicare?
A. mnmn aa ⋅=)(
B. mnmn aa +=)(
C. mna )( è uguale ad una potenza che ha per base a e per esponente mn
D. mna )( è uguale ad una potenza che ha per base a e per esponente nm
6. In quali dei casi che seguono la proprietà delle potenze è stata applicata
correttamente?
A. ( ) 2023101013 7272 +=+
B. ( ) 100130101013 7272 +=+
C. ( ) ( )[ ] 230101013101013 97272 =+=+ +
D. le altre risposte sono errate
7. Individuare il numero che manca per completare l’uguaglianza ...8352 32496 ⋅=⋅⋅
A. 12
B. 9
C. non esiste un numero che verifica l’uguaglianza
D. le altre risposte sono errate
8. Individuare quale delle seguenti uguaglianze risulta vera
A. 121:
21 1313
=⎟⎠⎞
⎜⎝⎛−⎟
⎠⎞
⎜⎝⎛−
−−
B. 121:
21 1313
−=⎟⎠⎞
⎜⎝⎛−⎟
⎠⎞
⎜⎝⎛−
−−
C. 261313
21
21:
21 −−−
⎟⎠⎞
⎜⎝⎛−=⎟
⎠⎞
⎜⎝⎛−⎟
⎠⎞
⎜⎝⎛−
D. le altre risposte sono errate
82
9. Indicare la scomposizione in fattori irriducibili del polinomio 42 +− x
A. ( )( )22 −+ xx
B. ( )( )22 ++− xx
C. il polinomio non è scomponibile
D. le altre risposte sono errate
10. Il polinomio 12 +x
A. non può essere scomposto in fattori
B. può essere scomposto in fattori e diventa ( )( )11 −+ xx
C. può essere scomposto in fattori con un artificio, ossia sommando e
sottraendo x2
D. le altre risposte sono errate.
11. I numeri 0 e 2 sono entrambi soluzioni di quale delle seguenti
disequazioni?
E. 012 <+x
F. 09 2 >− x
G. 094 2 <−x
H. nessuna delle precedenti
12. Le soluzioni della disequazione 11−<
x sono
A. 1−<x
B. 1−>x
C. 01 <<− x
D. le altre risposte sono errate
13. Individuare la disequazione che ammette le soluzioni indicate:
A. 083 >−x soluzione: 22 >∨−< xx
B. ( ) 01 11 >−x soluzione: 1>x
C. 0254 2 >+x soluzione 25
25
>∨−< xx
83
D. le soluzioni proposte sono tutte errate
14. Le soluzioni del seguente sistema di disequazioni ⎪⎩
⎪⎨⎧
>++
>+
0101
2
2
xxx
sono
A. x∀
B. 11 <<− x
C. il sistema non ha soluzioni
D. le altre risposte sono errate
16. Le soluzioni del seguente sistema di disequazioni ⎪⎩
⎪⎨⎧
≤+−
≤−
01204
2
2
xxx
sono
A. 22 >∨−< xx
B. 2112 <<∧<<− xx
C. 1=x
D. le altre risposte sono errate
17. Individuare la parte che manca affinché la disequazione 0....2 >+x risulti
verificata x∀ .
A. 1998
B. x4
C. 12 +x
D. le altre risposte sono errate
18. Le soluzioni della seguente disequazione ( )( ) 0412
22
>++
xxx sono
A. la disequazione non ha soluzione
B. 0≠∀x
C. 210012 >∨<<∨<<−∨< xxxx
D. le altre risposte sono errate
84
18. Individuare le soluzioni della disequazione 03 2 >++ cbxx sapendo che le
soluzioni dell’equazione associata 03 2 =++ cbxx sono 1x e 2x con 21 xx <
E. 12 xxxx >∨<
F. 21 xxxx >∨<
G. 21 xxx <<
H. 12 xxx <<
19. Quali sono le soluzioni della disequazione 02 >++ cbxax se l’equazione
associata 02 =++ cbxax non ha soluzioni reali?
E. anche la disequazione non ha soluzioni reali
F. non si può dire perché dipende dal segno di a
G. la disequazione è sempre verificata
H. le altre risposte sono errate
20. Se l’equazione 02 =++ cbxx ammette una sola soluzione 3=x allora le
soluzioni della disequazione 02 ≤++ cbxx sono:
E. 3≠∀x
F. 3=x
G. x∀
H. le altre risposte sono errate
85
ALLEGATO 3 13 marzo ’07 VERIFICA FORMATIVA
1) Applicando la proprietà invariantiva, trasformare ciascuno dei seguenti radicali
in un altro avente l’indice a fianco indicato:
32
aa− indice 15; 5 23 133 −+− aaa indice 10; ( )5 21 a+− indice
10
2) Semplificare i seguenti radicali:
12 23 16128 −+− aaa ; ( )
62
2
144
++−
aaa
3) Eseguire le operazioni del trasporto sotto il segno di radice:
( )8
18−
⋅−x
x ; 43
2 442 x
xxx
x ++⋅
+; 2
3
211
aaa
aa
+−⋅
−
4) Eseguire le operazioni del trasporto fuori il segno di radice:
( )3
2
11
−−
xx ; 3 234 33 aaaa −+− ; ( ) ( )4 32 11 +⋅− aa
5) Risolvere la seguente equazione con valore assoluto:
( )322108 +−−=− xx
86
ALLEGATO 4
04 aprile ‘07 VERIFICA SOMMATIVA
Ridurre allo stesso indice i seguenti radicali:
1. 2−x ; 3 3+x ; 621
−+
xx .
Trasportare sotto il segno di radice i fattori esterni:
2. 2112 a
aa
−⋅+−
Calcolare (senza tener conto delle C.E.)
3. 3 325
32
55 : xxxyx
xy
yx
xy
yx
⋅⋅⋅⎟⎟⎠
⎞⎜⎜⎝
⎛⋅
⎟⎟
⎠
⎞
⎜⎜
⎝
⎛⋅⋅
4. ( ) 333 22
273369 +
−+⋅−++aaaaa
Trasformare la seguente espressione facendo uso di esponenti frazionari,
semplificare e scrivere il risultato sotto forma di radicali:
5. 3 23 231:111 aaa
aaa
⋅⋅⋅⋅
87
ALLEGATO 5
QUESTIONARIO DI GRADIMENTO Hai gradito il modo in cui gli argomenti sono stati trattati? Ti è sembrato efficace? ……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………… Quale degli argomenti trattati hai trovato più interessante? ……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………… Cosa invece non ti è piaciuto? ……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………… Quali difficoltà hai incontrato? A cosa ritieni siano dovute? ……………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………… Eventuali suggerimenti o critiche sul mio metodo di insegnamento: …………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………….... Grazie della collaborazione!
Un caro saluto