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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI CATANIA Scuola Interuniversitaria Siciliana per la specializzazione all’insegnamento nelle scuole secondarie ═════════════════════════════════════ Costa Pietro & Aranzulla Massimo La temperatura come grandezza di stato e la calorimetria TESINA Corso di Fondamenti di Fisica I Prof. V. Bellini ══════════════════════════════════════════════════ ANNO ACCADEMICO 2006 – 2007

UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI CATANIA - LEMUR Sounds …€¦ · Fondamenti di Fisica I ... nell’intenzione di appropriarsi dell’argomento “termodinamica” da ogni possibile

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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI CATANIA

Scuola Interuniversitaria Siciliana per la

specializzazione all’insegnamento nelle scuole secondarie

═════════════════════════════════════

Costa Pietro &

Aranzulla Massimo

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TESINA

Corso di

Fondamenti di Fisica I

Prof. V. Bellini ══════════════════════════════════════════════════

ANNO ACCADEMICO 2006 – 2007

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Prerequisiti

Concetto di gas ideale e leggi dei gas

Gas reale

Energia cinetica

Questa tesina è stata pensata come una possibile lezione rivolta a studenti del

primo biennio di un istituto tecnico/linguistico o scientifico sperimentale.

Bibliografia

Si è anche pensato di inserire in tal punto la bibliografia per dar modo allo

studente di poter avere sempre sotto controllo i libri/materiali utilizzati per un

eventuale riscontro oltre che per un auspicabile approfondimento sempre utile

nell’intenzione di appropriarsi dell’argomento “termodinamica” da ogni possibile

angolazione e punto di vista.

1. D. Halliday, R. Resnick, K.S. Krane, Fisica 1, Casa Editrice Ambrosiana

2. D.U. Roller, R. Blum, Termodinamica, Vol. 1, Ed. Zanichelli

3. M.W. Zemanski, Calore e Termodinamica, Ed. Zanichelli

4. U. Amaldi, L’Amaldi, Introduzione alla Fisica , Ed. Zanichelli

5. Nobel P., Fisica, Ed. Ferraro

6. Rosati S., Fisica Generale, Ed Casa Ambrosiana

7. Einstein A.,Infeld L., L'evoluzione della fisica, Boringhieri

8. AA.VV.Storia della scienza, Nuova Scienza Laterza (1969)

9. Nuove proposte didattiche sullo studio della termodinamica, Prof. Graziella

Bucci e Prof. Silvana von Arx (Istituto Tecnico Industriale di Pozzuoli)

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INDICE 1. Scelta didattica 2. Termometria

2.1. Cenni storici 2.2. Cenni di studio di un sistema termodinamico 2.3. La temperatura e il calore 2.4. Equilibrio termico, Principio zero della Termodinamica 2.5. La Dilatazione termica . a) La Dilatazione lineare di un solido . b) La Dilatazione volumica dei solidi e (c) dei liquidi . d) Il comportamento anomalo dell’acqua . e) La Dilatazione dei gas Esempi ed esercizi sulla dilatazione termica 2.6. Criteri termometrici 2.7. Misura della temperatura 2.8. Scale termometriche 2.9. Caratteristiche dei termometri 2.10. Il punto triplo dell’acqua, lo zero assoluto e il Kelvin 2.11. Termometri a gas a volume costante 2.12. Termometri

Appendice 3. Calorimetria

3.1. Il calore e la storia 3.2. Il calore è una forma di energia 3.3. Temperatura di equilibrio 3.4. Il calore specifico 3.5. Come si misura il calore specifico?

3.5.1. Il calorimetro di Regnault 3.5.2. Il calorimetro di Bunsen 3.5.3. Il calorimetro di Lavoiser-Laplace

3.6. Calore specifico e dipendenza dalla temperatura 3.7. Passaggi di fase e calore latente

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1. Scelta Didattica

Il lavoro che viene presentato è un esempio di unità didattica in cui sono

utilizzate diverse tecniche didattiche (teoria classica, manipolazione sperimentale,

approccio storico–epistemologico), che facilitano il processo di insegnamento -

apprendimento, focalizzando l'attenzione sui concetti chiave della termodinamica.

La scelta didattica è per tutte quelle attività che diano spazio ai vari modi di

comprensione e permettano il superamento delle dissonanze tra pre-concezioni e

modelli di scienza accreditata.

Particolare importanza viene attribuita all'attività sperimentale, intesa come

struttura portante di ogni formalizzazione.

Dopo un momento in cui l'allievo deve riequilibrare le conoscenze pregresse

con i suoi nuovi saperi, si innesca un processo creativo: l'allievo non solo sarà capace

di proporre nuove situazioni problematiche e ipotizzarne le soluzioni ma anche,

impadronitosi del modello formale, di utilizzarlo in altre situazioni. Questa creatività

favorisce anche la condivisione e lo scambio delle modalità conoscitive tra i soggetti

del gruppo, accomunati dalla stessa età scolare, dal livello di sviluppo delle strutture

cognitive e soprattutto da relazioni affettive e dalla voglia di gioco.

Tutta questa fase didattica è sostenuta da una prospettiva storica che ha,

secondo me, la valenza insostituibile di mostrare, nel vivo, la complessità

dell'evoluzione delle idee della fisica e di far riconoscere all'allievo il proprio

processo evolutivo di conoscenza in quello storico del genere umano.

Dopo un momento iniziale di discussione esplorativa sulla situazione

problematica proposta, necessario oltretutto per mettere in evidenza le preconcezioni

individuali, segue una parte teorico-pratica in cui sono enumerate le possibili

applicazioni (i vari termometri e calorimetri) che conducono alla teoria sulla

termodinamica ed infine una leggera riflessione finale, nella quale si consente una

rilettura ed una reinterpretazione del fenomeno studiato.

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2. Termometria

2.1. Cenni storici

La nascita della termodinamica, così come oggi la si intende, si può far risalire

alla prima metà del secolo XIX. In realtà la termodinamica affonda le sue radici

nell'antichità e soprattutto nelle ricerche, intorno al calore, che hanno tenuto occupati

filosofi e fisici. Lo studio di alcuni fenomeni legati al calore risale all’epoca degli antichi greci

che ne interpretavano il “passaggio” da un corpo ad un altro come una manifestazione

dovuta all’agitazione del moto molecolare.

Questa teoria, benché vicina alla realtà, fu però quasi soffocata da quella del

calorico sul finire del 1600.

Sentiamo cosa dice Einstein al proposito:

"Prendiamo due corpi, uno caldo e l'altro freddo o più esattamente, uno a

temperatura più elevata dell'altro. Poniamoli a contatto, tenendoli al riparo da ogni

influenza esteriore. Presto o tardi avranno entrambi la stessa temperatura. Ma in che

modo ciò si produce? Viene spontaneo di figurarsi il "flusso" di calore da un corpo ad

un altro, come il flusso dell'acqua da un livello superiore ad uno inferiore........Così

concepito il calore ci appare come una sostanza, al pari della massa in meccanica. La

quantità di calore può variare o no, come danaro che venga speso o rimanga in

cassaforte. Finché la cassaforte rimane chiusa a chiave il danaro ripostovi non varia,

così come non variano né la massa né il calore in un corpo isolato. Il thermos ideale è

analoga ad una cassaforte chiusa........

Tuttavia il calore non è certamente una sostanza nello stesso senso della massa.

La massa si può determinare per mezzo di bilance. Ma il calore? Un pezzo di ferro

pesa forse più quando è rovente, di quando è ghiaccio? L'esperienza prova che no.

Ammesso dunque che il calore sia una sostanza, questa dovrà essere imponderabile.

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Il calore sostanza, che ricevette il nome di "calorico", è la nostra prima

conoscenza in seno a tutta una famiglia di sostanze imponderabili........" Veniva così postulata l’esistenza in ciascun corpo di questo fluido invisibile, il

calorico appunto, che non poteva essere né creato né distrutto ma si limitava a

scorrere dai corpi a temperatura più elevata a quelli a temperatura inferiore; godeva

quindi della proprietà di essere imponderabile, diffuso in tutta la materia e capace di

penetrare nei corpi e combinarsi con essi.

La teoria del calorico fu in grado di spiegare in modo soddisfacente molti

processi, ma l’idea che il calorico fosse una sostanza il cui ammontare rimaneva

costante non resse fino in fondo alla falsificazione sperimentale.

Sempre da Einstein:

"Prove capaci di decidere sulla vita o la morte di una teoria si presentano

spesso nella storia della fisica e si chiamano esperimenti cruciali. La determinazione

dei calori specifici di due corpi della stessa specie, aventi temperature uguali,

prodotte rispettivamente da frizione e da flusso di calore (da una sorgente) è

l'esempio tipico di un esperimento cruciale". Tale esperimento fu eseguito da

Benjamin Thompson, conte di Rumford, ed inferse un colpo mortale alla teoria della

"sostanza calore" e solo nella seconda metà del XIX secolo si sviluppò il concetto

meccanico moderno del calore con gli esperimenti fatti da James Joule.

2.2. Cenni di studio di un sistema termodinamico

Secondo i principi dettati dal Metodo Scientifico Sperimentale di Galileo,

adottato come il metodo migliore per studiare i fenomeni naturali, per la soluzione di

qualunque problema reale si deve necessariamente cominciare con l’astrazione del

problema, separando una regione di spazio limitata, ovvero una quantità di materia

finita, da tutto ciò che la circonda per ricondurre il problema stesso all’essenziale.

Questa parte che viene (idealmente) isolata e su cui si concentra l’attenzione viene

detta sistema.

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La parte di materia che intendiamo studiare è quindi detta sistema

termodinamico ed è separata mediante una superficie chiusa, detta confine, dal resto

dello spazio, detto ambiente circostante. Il sistema interagisce con l’ambiente. Il

confine del sistema può essere fisso o mobile, può consentire il passaggio di massa.

In questo caso il sistema termodinamico è detto aperto, mentre se il confine non

lascia passare massa il sistema è detto chiuso. Considereremo sistemi chiusi. Un

sistema è detto isolato se tra il sistema e l’ambiente non avvengono scambi nè di

energia nè di materia (termicamente e meccanicamente isolato).

Per descrivere il sistema termodinamico così definito, si possono utilizzare due

punti di vista, quello macroscopico e quello microscopico.

La descrizione macroscopica fa uso di poche coordinate (volume, massa,

temperatura, pressione) che non implicano alcuna ipotesi sulla struttura della materia;

sono inoltre percepite dai nostri sensi e possono essere misurate direttamente.

Per dare invece una descrizione microscopica di un sistema, occorre fare delle

ipotesi sulla struttura della materia, precisare il valore di grandezze che spesso non

possono essere misurate (ma non saranno oggetto di studio della tesina).

I sistemi di cui si occupa la termodinamica sono sistemi che si trovano in stati

di equilibrio.

Si dice che un sistema è in uno stato di equilibrio termodinamico, se si

verificano contemporaneamente i tre seguenti tipi di equilibrio:

equilibrio meccanico, cioè non esistono forze non equilibrate né all’interno del

sistema né agenti dall’esterno sul sistema;

equilibrio chimico, cioè non si verificano reazioni chimiche né spostamenti di

materia (soluzioni, diffusioni) all’interno del sistema;

equilibrio termico, cioè tutte le parti del sistema, che possono scambiare calore

tra loro, hanno la stessa temperatura che è anche la temperatura dell’ambiente esterno

se le pareti del contenitore permettono scambi di calore tra il sistema e l’esterno.

In particolare due corpi si trovano in equilibrio termico quando le loro

temperature sono uguali.

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2.3. La temperatura e il calore

I termini caldo, freddo, calore, temperatura appartengono al linguaggio

comune; però molto spesso gli ultimi due vengono usati in modo non corretto.

Se tocchiamo una sbarra di ferro che sia stata lungamente esposta al Sole,

avvertiamo una sensazone detta caldo. È corretto dire che la temperatura della mano

è inferiore a quella del ferro e che la mano, sottraendo calore al ferro, si riscalda.

Se invece tocchiamo un pezzo di ghiaccio, avvertiamo una sensazione di freddo.

È corretto dire che la temperatura della mano è superiore a quella del ghiaccio e che

la mano, cedendo calore al ghiaccio, ne scioglie una parte e si raffredda.

Le sensazioni di caldo e di freddo sono soggettive e relative. Quante volte

l'acqua del rubinetto ci è sembrata calda dopo essere stati fuori a fare a pallate con la

neve, mentre ci è sembrata fredda in estate? E ancora: è pensabile che un eschimese e

un congolese si trovino d'accordo nel dire che a Roma fa caldo?

Capita di sentir dire che un corpo ha molto calore, volendo con ciò significare

che, se si tocca il corpo, si avverte una sensazione di caldo. Ciò è errato, mentre è

giusto dire che il corpo ha una elevata temperatura.

I concetti di temperatura e di calore sono diversi tra loro, anche se sono legati

da determinate relazioni che vedremo in seguito.

La temperatura, con una immagine presa a prestito dalla meccanica dei fluidi,

viene anche detta livello termico. Infatti la temperatura di un corpo può anche essere

considerata come la misura della sua attitudine a cedere o ad assorbire calore (che è

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solo una forma di energia)(Energia Termica), così come il livello di un liquido dice

se parte di esso può passare spontaneamente in un altro recipiente, oppure se altro

liquido (a livello più alto) può aggiungersi spontaneamente al primo.

2.4. Equilibrio termico, Principio zero della Termodinamica

Come abbiamo da poco affermato, la sensazione di caldo e di freddo che

avvertiamo con i nostri sensi tattili è soggettiva: toccando un pezzo di ferro si ha una

sensazione di freddo, mentre un pezzo di legno nello stesso ambiente ci sembra più

caldo. Anche se questo modo è stato ed è il primo e più immediato strumento per

poter classificare la temperatura di un corpo, esso è troppo grossolano e, dato che è

soggettivo, poco veritiero ed obiettivo.

Realizziamo un esperimento: disponiamo tre

recipienti sul banco come in figura.

Il primo contiene acqua fredda, il secondo

acqua tiepida ed il terzo acqua calda; immergiamo

la mano sinistra nell'acqua fredda e la destra in

quella calda e dopo qualche minuto immettiamo le

due mani contemporaneamente nell'acqua tiepida.

Quali sensazioni proverà sulle due mani?

Anche questa volta sembra che i nostri sensi ci ingannino: la temperatura della

bacinella centrale è certamente la stessa!

Il nostro giudizio sulla temperatura di un corpo può essere piuttosto errato e

inoltre si potrà giudicare solo su un piccolo intervallo di temperature.

È quindi ovvio che ci occorre, per valutare obiettivamente una temperatura,

una misura oggettiva e preferibilmente numerica, quello che definiamo termometro.

Ripetiamo allora l'esperienza immergendo tre termometri nelle bacinelle.

Dopo circa due minuti recuperiamo i due sensori posti rispettivamente

nell'acqua calda e fredda ed immergiamoli nell'acqua tiepida.

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Registriamo per pochi minuti la temperatura e tracciamo poi un grafico (t, T)

dove si evidenzia che le temperature delle due bacinelle “esterne” convergono, dopo

un tempo sufficientemente lungo, verso la stessa temperatura della bacinella“tiepida”.

In realtà però i nostri sensi ci ingannano ma non troppo; essi ci danno

un'informazione ulteriore rispetto al sensore: essi ci dicono, infatti, che la mano

destra si sta raffreddando mentre la sinistra si sta riscaldando; rendono conto, cioè,

della diversa interazione tra le mani e l'acqua.

Le mani raggiungono la stessa temperatura dell'acqua tiepida mentre il calore

fluisce dalla mano destra all'acqua e dall'acqua alla mano sinistra.

Anche le mani quindi “convergono”, dopo un tempo sufficientemente lungo,

verso la temperatura della bacinella “tiepida”, dando così la stessa sensazione

termica.

Possiamo dimostrare la medesima “sensazione” con un altro esperimento.

Sia A un oggetto che al tatto sembra freddo e B un altro che sembra caldo:

poniamo questi due oggetti a contatto, si avrà un flusso di calore. Dopo un tempo

relativamente lungo sia A che B daranno origine alla stessa sensazione termica.

Si dirà allora che sia A che B sono in equilibrio termico tra loro.

Quindi, dati due sistemi A e B, per verificare se essi sono in equilibrio termico,

si pongono a contatto e si osservano le eventuali variazioni nel tempo delle grandezze

macroscopiche dei sistemi. Se ciò non si verifica, si può concludere che i due sistemi

erano già in equilibrio.

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Quando un corpo caldo viene messo a contatto con un corpo freddo, del calore

fluisce dal corpo caldo verso quello freddo, aumentando la sua energia, sino a

raggiungere l’equilibrio termico.

Si può generalizzare il concetto di equilibrio termico per corpi che non si

trovino a diretto contatto. Per provare se due sistemi lontani sono in equilibrio

termico, è opportuno utilizzare un terzo sistema C. Ponendo C a contatto prima con A

e poi con B, è possibile determinare se A e B sono in equilibrio termico, senza porli

direttamente a contatto.

Tale proprietà può essere generalizzata con un postulato, detto

Principio zero della Termodinamica:

«se due sistemi A e B sono ciascuno in equilibrio termico con un terzo sistema C,

allora A e B sono in equilibrio termico tra loro».

O molto più semplicemente: “due corpi messi a contatto tra loro tendono a

raggiungere la stessa temperatura (equilibrio termico)”.

Quando due sistemi sono in equilibrio termico, si dice che essi hanno la stessa

temperatura; è proprio questa grandezza che ha lo stesso valore in due sistemi

all’equilibrio termico.

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Nell’applicazione del Principio zero della Termodinamica si identifica il

sistema C con un termometro; se esso, in equilibrio termico separatamente con i

sistemi A e B indica la stessa temperatura per i due sistemi, si può affermare che A e

B sono in equilibrio termico tra loro e pertanto devono avere la stessa temperatura.

Riformuliamo quindi il Principio zero della Termodinamica in tal modo:

«esiste una grandezza scalare, chiamata temperatura, che caratterizza tutti i sistemi

termodinamici in equilibrio. Due sistemi sono in equilibrio termico tra loro se e solo

se le temperature hanno lo stesso valore».

Il Principio zero definisce quindi la temperatura come quella grandezza

macroscopica di un sistema che è uguale a quella di ogni sistema in equilibrio

termico con esso. Tale principio permette di costruire ed usare termometri per la

misura delle temperature; infatti, da esso si deduce che un termometro ed un sistema

termodinamico in equilibrio termico con esso hanno la stessa temperatura.

2.5. Dilatazione termica

Gli effetti più comuni che accompagnano una variazione di temperatura sono la

variazione di dimensioni e i cambiamenti di stato dei materiali. Tralasciamo questi

ultimi per concentrarci sulla variazione di dimensioni: può essere lineare e/o cubica,

secondo che l’alterazione sia più evidente in una dimensione lineare o “nello spazio”.

Il volume di un corpo può essere variato, anche mantenendo costante la

pressione esterna, se il corpo viene avvicinato ad una fiamma o, più in generale, se

viene messo a contatto con un altro corpo più caldo o più freddo del precedente.

Un esempio è dato dall’anello di

Gravesande costituito da una sferetta metallica e

da un anello attraverso cui dovrebbe passare la

sfera.

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La sferetta della fig. a, se è a temperatura ambiente, passa agevolmente

attraverso il foro praticato nel telaietto metallico. Se invece viene preventivamente

riscaldata alla fiamma del gas, si osserva che non passa più (fig. b).

L'esperienza dice quindi che il volume di un corpo varia al variare della

temperatura. Generalmente esso aumenta se aumenta la temperatura; però vi sono

delle eccezioni, tra le quali è ben nota quella dell'acqua, la quale infatti, passando da

0°C a 4°C, diminuisce di volume anziché aumentare.

Il fenomeno considerato prende il nome di dilatazione termica e si verifica per

tutti i corpi, con variazioni (positive o negative) di volume più o meno apprezzabili.

a) Dilatazione lineare dei solidi Se consideriamo corpi di forma allungata, la dilatazione termica è sensibile

soprattutto nel senso della lunghezza, mentre risulta trascurabile nelle altre due

direzioni. In questo caso si parla di dilatazione lineare.

Le variazioni di lunghezza originate da variazioni di temperatura si possono

osservare con il dilatometro. Una barra sottile, fatta del materiale che si vuole

esaminare è collegata a un indice mobile.

Riscaldando la barra, questa si allunga e spinge l'indice su una scala graduata;

possiamo così misurare l’allungamento della sbarra in funzione della temperatura.

Esperienze eseguite con diversi materiali mostrano che per tutti i solidi

l’allungamento termico avviene secondo una stessa legge:

Legge della dilatazione lineare: Un'asta di una determinata sostanza, sottoposta

a variazioni di temperatura, subisce variazioni di lunghezza direttamente

proporzionali alla lunghezza iniziale e alle variazioni di temperatura.

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L'espressione matematica di tale legge è la seguente:

l-lo= λ lo( t-t0) (*)

La costante di proporzionalità λ è detta coefficiente lineare; il suo valore

dipende della natura della sostanza ed esprime la variazione di lunghezza che subisce

un 'asta lunga 1 m quando la temperatura varia di 1 °C.

Il calcolo della lunghezza finale lt ; è molto semplice; infatti, se l0 è la

lunghezza dell'asta a 0°C e lt , quella a t°C, risultando t - t0 = t, la relazione (*) può

anche essere scritta nel modo seguente:

lt= lo (1+ λ t ) Se disegnamo il grafico di questa legge in un

piano lunghezza-temperatura, si ottiene una retta.

Poiché la pendenza di una retta non cambia da punto

a punto, rimane costante il rapporto tra la variazione

di lunghezza e la corrispondente variazione di

temperatura; ciò vuol dire che l’allungamento della

sbarra è direttamente proporzionale.

Le dilatazioni lineari non sono affatto trascurabili.

Si noti, per esempio, che tra un’asta e l'altra dei

binari ferroviari vengo lasciati dei piccoli spazi vuoti,

proprio per consentire la dilatazione termica.

TABELLA Coefficienti di dilatazione lineare

Sostanza λ Sostanza λ Gomma 80·10-6 Oro 14·10-6 Piombo 29·10-6 Nichel 13·10-6 Stagno 27·10-6 Ferro 12·10-6

Alluminio 23·10-6 Platino 9·10-6 Argento 19·10-6 Vetro 8 ·10-6 Rame 17·10-6 Porcellana 3·10-6

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b) Dilatazione cubica dei solidi Se un corpo è omogeneo e isotropo, cioè se le sue proprietà sono le stesse in

tutte le direzioni, le variazioni di volume conseguenti a variazioni di temperatura

sono espresse da una relazione analoga a quella della dilatazione lineare.

Dato V0 il volume di un corpo a 0°C e V, quello a t°C, vale la relazione:

Vt= Vo (1+ k t ) (#) La costante k, detta coefficiente di dilatazione cubica, esprime la variazione di

volume che subisce un corpo di 1 m3 quando la temperatura varia di 1°C.

Il valore di k è, con buona approssimazione, uguale al triplo del valore di λ per

la stessa sostanza, cioè: k = 3λ

Per esempio, per il ferro il coefficiente di dilatazione lineare è λ = 12·10-6K-1 e

il coefficiente di dilatazione volumica è k = 36 ·10-6 K-1.

( La spiegazione del motivo per cui k = 3 λ , è rimandata in appendice per

eventuale approfondimento, qui evitato per motivi di continuità logica ).

c) Dilatazione dei liquidi Per i liquidi vale la stessa legge valida per i solidi (#), ma con un valore di k

che, come mostra la tabella sottostante, è da 10 a 100 volte maggiore di quello

relativo ai solidi. Per esempio, il coefficiente di dilatazione volumica dell'olio d'oliva,

k = 0,72 ·10-3 K-1, è quasi 30 volte maggiore di quello del vetro. Ciò spiega perché

una damigiana d'olio, se riempita troppo, nelle giornate calde può traboccare.

La determinazione sperimentale della dilatazione termica di un liquido richiede

una particolare attenzione, dato che, se si vuole riscaldare il liquido, si deve riscaldare

anche il recipiente che lo contiene, il quale subisce una certa dilatazione.

TABELLA Coefficienti di dilatazione cubica di alcuni liquidi

Sostanza k Sostanza k Glicerina 52·10-5 Petrolio 9·10-4 Mercurio 18·10-5 Olio d'oliva 7·10-4 Alcool et. 11 ·10-4 Acqua 5·10-4

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d) Il comportamento anomalo dell'acqua.

L'acqua si comporta in modo diverso dagli altri liquidi.

Da 0°C (quando il ghiaccio si scioglie) a 4 °C il suo volume, invece di au-

mentare, diminuisce. Dopo i 4 °C il volume aumenta in modo regolare.

Questo comportamento anomalo spiega perche d'inverno i laghi gelano in

superfìcie, mentre al di sotto l'acqua rimane liquida. Cosi i pesci riescono a

sopravvivere anche in climi molto rigidi.

Quando la temperatura esterna si abbassa, l'acqua più calda che si trova in

superficie comincia a raffreddarsi.

In questo modo la temperatura media dell'acqua diminuisce e il processo

continua fino a quando tutta l'acqua raggiunge la temperatura di 4 °C.

Per l’aria fredda, la temperatura dello strato in superfìcie continua a diminuire.

Poiché l'acqua da 4 °C a 0 °C, invece di concentrarsi, si dilata si crea nei laghi

uno strato di ghiaccio che protegge la vita della fauna acquatica.

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e) Dilatazione dei gas (termometri a pressione costante) Anche i gas, se sono mantenuti ad una pressione costante, aumentano di

volume seguendo la stessa legge sperimentale di dilatazione dei solidi e dei liquidi

(#): Vt= Vo (1+ k t ) con V0 il volume di una determinata quantità di gas a 0°C e Vt quello a t°C.

Per controllare la pressione si può mettere il gas in un recipiente chiuso da un

pistone mobile su cui sono appoggiate delle masse (senza aggiungerle o toglierle per

mantenere tutto costante). Riscaldando il gas a pressione costante si osserva che il

pistone sale in modo da seguire la legge espressa dalla’equazione (#).

Questa legge è anche una forma della prima legge di Gay-Lussac e vale per

tutti i gas a condizione che siano rarefatti (a bassa densità) (l’argomento delle leggi

sui gas perfetti è stato già discusso e quindi non lo riprenderemo).

Così come per i solidi e i liquidi il coefficiente di dilatazione varia secondo la

sostanza ma l’esperienza mostra che, al tendere della pressione a zero, k è uguale per

tutti i gas e vale k = 1 / (273.15 °C).

Questa importante proprietà viene utilizzata nei termometri a gas (lo vedremo a

breve nel paragrafo 2.10). Le indicazioni fornite da termometri diverse sono sempre

le stesse e non dipendono dal gas usato.

. Esercizio – Esempio sulla dilatazione termica Ponti e viadotti autostradali sono divisi in settori, detti “campate”.

Supponiamo che, tra estate e inverno, si registri una variazione max di temperatura di

60°C. La campata in cemento, nel giorno più freddo dell’anno, è lunga l0 = 80 m.

Qual è il suo allungamento massimo, dovuto alla dilatazione termica, in estate?

Dati: l - l0 = ?; l0= 80 m; ( t-t0)= 60°C; λ = 1,4 ·10 -5 1/°C ;

Soluzione: l - l0 = λ lo( t-t0) = (1,4 ·10 -5 1/°C) · (80m) · (60°C)= 0,067 m

cioè si verifica un allungamento di circa 7 cm (ecco perché

come accorgimenti sono pressenti degli “spazi”, dei giunti tra

una campata e l’altra).

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. Esempi reali sulla dilatazione

Gli ingegneri che progettano ponti metallici devono tener conto del fenomeno

della dilatazione termica dei materiali; per esempio un ponte metallico lungo 200

metri, che si trova in una località in cui la temperatura passa da -30 °C in inverno a

+40 °C in estate, subisce nel corso delle stagioni un allungamento di 15cm. Per

evitare che le strutture si deformino, molti ponti metallici non sono fissati

rigidamente alle estremità. Sono invece posti su speciali rulli (resistenti alla pressione

e agli sbalzi termici) in modo da poter scorrere quando la loro lunghezza varia.

Le sezioni sopraelevate degli oleodotti sono disposti a zig-zag per permettere la

dilatazione dei tubi provocate dagli sbalzi termici… l’Alaska Pipeline, lungo poco

più dell’Italia attraversa tre catene di montagne e centinaia tra fiumi e ruscelli

passando da temperature molto basse ad alte nel giro di pochi mesi. Inoltre oltre

all’escursione termica ambientale c’è anche quella dovuta al greggio che vi scorre, la

cui temperatura va dal gelo dei terreni circostanti e dei corsi d’acqua fino a 65°-70°C

e ciò causa ulteriore dilatazione sui tubi. Un oleodotto diritto si deformerebbe, non

avendo la flessibilità necessaria per assorbire tali variazioni, invece una struttura a

zig-zag permette una grande mobilità per cui i segmenti possono muoversi e

cambiare in continuazione secondo la temperatura senza disagi o “catastrofici” effetti.

Con lo stesso metodo sono costruiti gasdotti e acquedotti con i dovuti

accorgimenti per il materiale trasportato.

Un esperimento simpatico sugli effetti della dilatazione lo si può effettuare su

un contenitore che non riusciamo ad aprire; per svitare il coperchio metallico, lo si

pone sotto un getto d’acqua calda per farlo dilatare leggermente e cosi svitare il

barattolo senza eccessivi sforzi.

Infine i binari, le autostrade o i cavalcavia sono costruiti in “campate” cioè

divisi in settori con spazi tra loro proprio per evitare il sovrapporsi della loro struttura

e conseguente deformazione.

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2.6. Criteri termometrici: termoscopi.

Per il momento limitandoci alle variazioni di volume dei liquidi, vediamo come

si realizza un dispositivo con il quale sia possibile confrontare le temperature, cioè un

termoscopio.

Il termoscopio è un recipiente chiuso da un tappo forato in cui è infìlato un

tubicino trasparente; dentro vi è dell'olio o mercurio. Il mercurio è un'ottima sostanza

termometrica, perché è molto sensibile alle variazioni di temperatura, dilatandosi e

contraendosi in modo abbastanza facilmente misurabile. In certi casi è però

preferibile usare alcool etilico o olio, che solidificano più difficilmente del mercurio.

Se immergiamo il bulbo in un vaso contenente acqua calda, l'acqua cede calore

al mercurio, il quale aumenta di volume e sale nel cannello, stabilizzandosi dopo un

certo tempo su un livello h1. Lo stabilizzarsi del livello indica che acqua e mercurio

hanno raggiunto l’equilibrio termico, cioè la stessa temperatura.

Se togliamo il termoscopio dall'acqua calda e lo mettiamo in frigorifero (non

però nel congelatore, altrimenti si rischia la solidificazione) o in una vaschetta a

temperatura diversa (consideriamola inferiore), il mercurio cede calore all'ambiente e

il suo volume si contrae, finché, raggiunto l'equilibrio termico con l'ambiente, si

stabilizza su un livello h2 (che in questo caso avrà un altezza minore di h1).

Il confronto tra temperature si può ricondurre al confronto tra livelli del

mercurio nel cannello del termoscopio

Se il livello dell'olio è più alto che nel primo esperimento, diciamo che la

temperatura della seconda vaschetta è maggiore di quella della prima (vedi figura).

Per sapere di quanto una temperatura è maggiore dell'altra, dobbiamo

introdurre una scala graduata, cioè tarare il termoscopio.

20

2.7. Misura della temperatura

L'esperienza sopra descritta suggerisce come operare per la misurazione degli

intervalli di temperatura.

Infatti è possibile trasformare il termoscopio in termometro: basta scegliere dei

punti termici ben definiti e attribuire a ciascuno di essi un determinato valore.

I punti termici fissi normalmente usati sono il punto di fusione e quello di

ebollizione dell'acqua distillata a pressione atmosferica normale, pari a 1,01 * 105 Pa.

La loro determinazione è molto semplice: si immerge il bulbo in un vaso con del

ghiaccio fondente, si attende che il livello del mercurio si stabilizzi e, in

corrispondenza di esso, si segna sull'esterno del cannello una tacca di riferimento.

Si toglie il bulbo dal ghiaccio fondente e lo si mette sopra ai vapori dell'acqua

bollente. Il mercurio sale nel cannello e si stabilizza su un certo livello, in

corrispondenza del quale si fa un altro segno.

per convenzione stabiliamo la corrispondenza:

0° C (0 gradi Celsius) temperatura del ghiaccio fondente.

100°C (100 gradi Celsius) temperatura dell'acqua bollente.

2.8. Scale Termometriche

La scala Celsius è ottenuta dividendo in cento parti uguali il segmento

delimitato dai due livelli segnati in precedenza, infatti il Grado Celsius (°C) è un

intervallo di temperatura pari alla centesima parte della differenza tra la temperatura

dei vapori dell'acqua bollente e quella del ghiaccio fondente (a pressione atmosferica

normale). È questa la scala termometrica più usata. La scala termometrica può essere

estesa anche alle temperature negative e a quelle maggiori di 100 °C.

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Scala Rèaumur - In corrispondenza del livello minimo (a 0°C) si segna il

valore zero e in corrispondenza del livello massimo il valore 80. L'intervallo viene

diviso in 80 parli uguali, ognuna delle quali è un grado Rèaumur (°R).

Scala Fahrenheit - attribuisce i valori 32 e 212 alle temperature corrispondenti

ai due punti fissi già definiti; L'intervallo viene diviso in 180 parti uguali, ognuna

delle quali è un grado Fahrenheit ( °F ).

Ad una stessa temperatura corrispondono diversi valori nelle scale; indicando con

C, R ed F tali valori, si hanno le seguenti uguaglianze che permettono

l’immediata conversione da una scala all’altra: ( )

18032

80100−

==FRC

Scala Kelvin (o scala assoluta) - Le suddivisioni hanno la stessa ampiezza della

scala Celsius. Lo zero della scala Kelvin corrisponde a circa - 273 °C (esattamente

-273.16 °C); è questo lo zero assoluto. È quindi chiaro che, per giungere il punto

minimo (lo 0°C), si devono risalire circa 273 divisioni della scala, per cui a tale punto

corrisponde il valore 273.16 K. Al punto massimo corrisponde il valore 373.16 K.

Quindi è chiaro che K = °C + 273,16 o °C = K - 273,16 (vedi figura).

Il K è l'unità di misura delle temperature nel sistema S.I.

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2.9. Il punto triplo dell’acqua, lo zero assoluto e il Kelvin

Per tarare facilmente in un laboratorio un termometro sono stati scelti due punti

fissi che si possono fisicamente riprodurre in modo estremamente semplice: il punto

di fusione e quello di ebollizione dell'acqua distillata a pressione atmosferica normale.

In realtà però per ottenere una misura campione internazionale a cui tutti i

termometri devono indicare la stessa temperatura è stato adottato per convenzione un

unico punto fisso: il punto triplo dell’acqua. Rappresenta lo stato termico in cui

coesistono in equilibrio la fase solida (ghiaccio), liquida (acqua) e gassosa (vapore).

Un tale stato può essere ottenuto solo ad una pressione ben definita ed è unico:

la pressione del vapore acqueo al punto triplo è di 4,58 mmHg.

Il punto triplo dell’acqua NON coincide col punto fisso del ghiaccio fondente

perché questo si realizza sotto la pressione atmosferica (1 atm di aria).

Per raggiungere il punto triplo si usa un recipiente

chiuso a forma di U, con acqua distillata, da cui è stata

aspirata tutta l’aria; con una miscela frigorifera si fa

formare uno strato di ghiaccio entro il recipiente e si

pone un termometro nella cavità, a contatto del

recipiente: il sistema così è alla temperatura del punto

triplo dell’acqua finchè le tre fasi solida, liquida e

aeriforme coesistono in equilibrio.

La temperatura a tale punto campione per convenzione è stata fissata in 273,16

gradi kelvin (Ttr = 273.16 K); successivamente il nome kelvin ha sostituito il grado

kelvin e l’unita di temperatura internazionale termodinamica è stata così definita:

il kelvin (K) è l’unità fondamentale di temperatura nel sistema S.I., basata

sulla scala assoluta, che coincide con la scala delle temperature del gas ideale ed è

la frazione 1/273.16 della temperatura del punto triplo dell’acqua.

La temperatura assoluta è una scala naturale: infatti, gli esperimenti mostrano

che non è possibile raffreddare un corpo alla temperatura 0K (lo zero assoluto).

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Partendo dalla 1a legge di Gay–Lussac, già discussa per i gas perfetti, :

Infatti, il rapporto generico tra due temperature, misurate con lo stesso

termometro è dato dal rapporto fra i corrispondenti valori delle proprietà X (proprietà

su cui si vuole basare una scala di temperature):

2

1

2

1

)()(

XX

XTXT

=

tale rapporto se si considera come una delle due temperature, quella del punto triplo,

diviene: trX

XKXT )16.273()( = (*)

equazione che è valida per tutti i termometri e per tutte le proprietà, secondo la

particolare scala termometrica scelta; infatti nel caso di un termometro a colonna

liquida, X sarà la Lunghezza/altezza della colonna e la formula (*) sarà la (1); per un

gas a pressione costante, X corrisponderà al Volume del gas e viceversa (per un gas a

volume costante, X sarà la Pressione)(2 e 3); nel caso di un termometro a resistenza

elettrica, la proprietà equivale a R (resistenza) e cosi via…

trLL

KXT )16.273()( = (1); trV

VKVT )16.273()( = (2);

trPP

KPT )16.273()( = (3)…

Ovviamente per facilitare la calibrazione degli strumenti scientifici ed

industriali è stata adottata una scala internazionale di temperature che coinvolgono

termometri ad hoc per determinate temperature, anche se per valori standard

(compresi tra 3K e ~25000K) si utilizza come campione un termometro a gas a

volume costante.

24

2.10. Termometri a gas a volume costante

Consideriamo le proprietà di un termometro a gas a volume costante: se il

volume del gas è mantenuto costante, la pressione dipende solo dalla temperatura e

cresce linearmente con essa (PV=nRT) . Quindi, il termometro a gas a volume

costante usa come proprietà termometrica la pressione di un gas a volume costante.

Esso consiste di un bulbo di vetro collegato, tramite un

bulbo capillare, ad un manometro a mercurio. Il bulbo contenente

il gas è immerso nell’ambiente del quale si vuole misurare la

temperatura T; alzando o abbassando il recipiente R, si fa

coincidere il livello del mercurio nel ramo sinistro della U con un

riferimento fissato, per mantenere costante il volume del gas.

La differenza tra la pressione p del gas sul ramo sinistro

del tubo e la pressione atmosferica p0 sul ramo destro è misurata

dall’altezza h della colonna di mercurio: p = p0 – ρgh

dove ρ è la densità del mercurio nel manometro.

Indicando quindi con p la pressione assoluta alla temperatura del bagno, allora

si trova la temperatura (per V costante): T(p) = (273.16 K) p/ptr

Il termometro a gas a volume costante è considerato come strumento campione

per il fatto che, per il suo funzionamento, non si deve ricorrere a nessuna proprietà

specifica del materiale utilizzato: con qualunque gas si ottiene il medesimo risultato.

Infatti, eseguendo una serie di misure con termometri contenenti diversi tipi di

gas e a pressioni diverse, si osserva che quando la pressione iniziale p0 del gas tende

a zero, la temperatura tende a un valore indipendente da particolare tipo di gas

impiegato.

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2.11. Caratteristiche dei termometri Prontezza

Un termometro è pronto se, messo in un certo ambiente, ne segna rapidamente

la temperatura. Una tale caratteristica si realizza con bulbi molto piccoli, in modo che

il liquido termometrico impieghi poco tempo o un tempo ragionevolmente breve a

mettersi in equilibrio termico con l'ambiente in cui trova.

Sensibilità

La sensibilità di misura di un termometro è la più piccola variazione di

temperatura che lo strumento è in grado di misurare. In pratica corrisponde al più

piccolo intervallo di scala. Un termometro è sensibile se sulla sua scala si possono

leggere frazioni anche molto piccole della temperatura.

E’ evidente che prontezza e sensibilità non sono attuabili in uno stesso termometro.

Precisione

La precisione è misurata dalla differenza tra la temperatura indicata e la

temperatura effettiva. In genere i termometri di media e di grande qualità sono

assoggettati a una taratura individuale per tracciare una scala più accurata possibile,

ma tale condizione non si mantiene nel tempo, soprattutto per deformazioni di altre

parti componenti. I termometri di precisione necessitano di frequenti controlli.

Termometri a massima e a minima

In certi casi, per esempio in meteorologia e in medicina, può essere utile

conoscere i valori massimi e minimi raggiunti dalla temperatura.

A tale scopo si usano dei termometri nei quali un

indice, posto dentro un cannello, si arresta in corrispondenza

della più bassa temperatura raggiunta (termometri a minima),

o di quella più alta (termometri a massima).

Il termometro clinico è un termometro a massima, nel

quale il liquido si arresta al più alto livello raggiunto; infatti,

dopo misurata la febbre, è necessario scaricarlo agitandolo

fortemente. a) Termometro a 3 scale (°R , °C e K); b) Termometro a massima e minima

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2.12. Tabella riassuntiva delle caratteristiche dei termometri:

Riassumiamo le principali tipologie di termometri menzionati nei paragrafi; di

alcuni non è possibile studiarne i comportamenti perché non sono argomento del

corso, quali i termometri elettrici o paramagnetici che sfruttano caratteristiche proprie

dei materiali di composizione al passare della corrente elettrica o del campo

magnetico al variare della temperatura o altri.

I termometri a dilatazione sono basati, come nel caso del termoscopio a

mercurio, sulla dilatazione termica di sostanze aeriformi, liquide e solide. Il

termometro a lamina bimetallica, infatti, utilizza la deformazione che una lamina

bimetallica subisce al variare della temperatura per effetto della diversa dilatazione

dei due metalli che costituiscono la lamina. Idem per i termometri a solido, costituiti

da due strisce di metalli diversi, con diversi λ , saldati fra loro a formare una spirale,

collegata ad un indice rotante che segna la variazione di temperatura.

Tipi di Termometri Sottotipi Elementi costituenti T Min [°C] T Max [°C] ∆T

a gas aeriformi Dipende dalla sostanza - a lamina

bimetallica Invar - ottone e leghe di nichel -170 +450 -

differenti liquidi -180 +650 - a mercurio -39 +300/600 -

meteorologia -10 +40 - a alcole -100 +40 -

a toluene -100 +100 - a pentano -200 +20 -

a liquido

a gallio +40 +1700 -

Termometri a dilatazione

a solido due metalli con

differenti coeff. di dilatazione termica

-50 +500 -

diff. leghe-metalli -200 +1000 0,5°C a resistenza

carbone amorfo 1°K 2°K 10-7 K diff. leghe-metalli -200 +2000 - rame-costantana -200 +400 - platino-platino e

rodio - ~ +1500 -

ferro-costantana 0 +800 - a termocoppia

tungsteno-tungsteno e rodio oppure

iridio-iridio rutenio - +2000 -

Termometri elettrici

termistore semiconduttore 0,1°K +2000 10-4 °C

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Atri tipi di termometri: termometri speciali

clinico a mercurio +35 +42 0,1°C

paramagnetico nitrato di cerio e magnesio ~ 0°K 1°K 4×10-3 K vari tipi di sali > 10°K 0.05°K a risonanza

nucleare clorato di potassio 15°K 300°K 0.02°K a radiazione

totale non solo nella

finestra del visibile ~ 1000°C ~1,1% pirometro ottico a radiazione

parziale solo nella finestra

del visibile 1500 3000 ~10%

Appendice

Derivazione della legge della dilatazione volumica (k = 3λ )

Consideriamo un parallelepipedo omogeneo i cui spigoli, a 0°C, si misurano in

a0, b0 e c 0. In tali condizioni, il volume del parallelepipedo è uguale arodotto dei lati

V0= a0 b0 c0 . Alla temperatura t la lunghezza del primo spigolo (per esempio la

lunghezza), diviene per la legge di dilatazione lineare at= ao (1+ λ t ) dove λ è il

coefficiente di dilatazione lineare del materiale di cui il parallelepipedo è composto.

Formule analoghe valgono anche per b e c, le lunghezze degli altri due spigoli.

Ora siamo in grado di calcolare il volume Vt del parallelelpipedo alla temperatura t : Vt= a b c= ao (1+ λ t ) · bo (1+ λ t ) · co (1+ λ t )= a0 b0 c0 (1+ λ t )3

Si riconosce subito che il prodotto a0 b0 c0 è il volume V0 del

parallelepipedo a temperatura 0°C. Sviluppando il cubo del binomio, si ottiene :

Vt= V0 [1+3 λ t+3( λ t)2 +( λ t)3]

Questa formula può essere semplificata. In effetti, in tutte le situazioni pratiche

il valore λ t è molto molto piccolo (rispetto a 1 a cui va sommato). Ciò significa che i

due termini ( λ t)2 +( λ t)3sono ancora più piccolie, quindi, possono essere

trascurati.

In conclusione, la legge che descrive (con la precisione richiesta)

la dilatazione di un solido è: Vt= V0 (1+k t) che si riduce alla forma

Vt= V0 (1+3 λ t) ponendo k=3 λ .