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Università degli Studi di Palermo Facoltà di Scienze della Formazione Corso di Laurea in Scienze della Formazione Primaria Indirizzo Scuola Primaria “La narrazione in matematica nell’insegnamento/ apprendimento in situazione di multiculturalità” Tesi di Laurea di: Relatore Carlino Daniela Anna Prof. Spagnolo Filippo Matricola: 0422537 Anno Accademico 2005/2006

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Università degli Studi di Palermo

Facoltà di Scienze della Formazione

Corso di Laurea in Scienze della Formazione Primaria

Indirizzo Scuola Primaria

“La narrazione in matematica

nell’insegnamento/ apprendimento in situazione

di multiculturalità”

Tesi di Laurea di: Relatore

Carlino Daniela Anna Prof. Spagnolo Filippo

Matricola: 0422537

Anno Accademico 2005/2006

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A mio fratello,

per l’ottimismo e l’incoraggiamento

dal principio alla fine del mio percorso di studi

Daniela

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INTRODUZIONE

Il presente lavoro è stato pensato, inizialmente, con un interesse particolare

verso i bambini di diversa cultura. Ho avuto numerose informazioni riguardanti

le loro straordinarie abilità in matematica, dell’intelligenza legata alla cultura

d’origine, dei bambini Cinesi integrati nelle nostre classi.

L’interesse nasce anche dalla lettura di un libro: “Nur e Chen entrano in

classe”.1 Un libro, in cui si studiano le difficoltà dei bambini Cinesi quando si

avvicinano alla narrazione. Quindi, la mia curiosità si è indirizzata verso le

capacità algoritmiche da una parte e la narrazione in matematica dall’altra. Da

ciò le esigenze di studiare la loro cultura, le loro caratteristiche e perché no, le

loro capacità in matematica. Per tale motivo, ho preferito indirizzare la ricerca

rilevando delle differenze tra gli alunni Italiani e Cinesi.

La scelta di portare avanti un’indagine sperimentale che ha come oggetto di

studio “un contenuto matematico,” non fluisce soltanto dalla necessità di

indagare sulle concezioni che gli alunni hanno sulla lunghezza e la misura, ma

attraverso la narrazione diviene argomento comune alle culture d’appartenenza.

Sicuramente un modo nuovo di fare matematica, in cui la presenza delle fiabe,

come strumento narrativo, ha suscitato curiosità e creatività, non soltanto negli

alunni sottoposti a sperimentazione, ma anche alle insegnanti presenti nelle

classi.

1(Cfr. Bodda A. 2004).

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Riguardo le ipotesi e gli obiettivi di ricerca, ho ritenuto opportuno suddividere

la tesi in cinque capitoli.

Il primo capitolo è prettamente teorico, poiché sono riportati dei concetti con

riferimento ad alcuni autori che si sono occupati della narrazione.

Nel secondo capitolo ho considerato una correlazione tra la narrazione e la

matematica. Si presta attenzione al valore aggiuntivo della narrazione per

l’insegnamento/ apprendimento in matematica, attraverso le rappresentazioni

linguistiche, che consentono di comunicare, di riflettere sul concetto e di

utilizzare, come strumento del pensiero, la narrazione nella risoluzione dei

problemi. Ho cercato di focalizzare l’attenzione sul linguaggio naturale, il

quale permette di comporre il pensiero, che sfruttando alcune considerazioni di

Vygotskji, ho cercato di approfondire l’importanza del linguaggio verbale,

all’interno della comunicazione matematica.

Il terzo capitolo presenta il lavoro sperimentale. È mostrata una fiaba, da me

creata per renderla più vicina alle esigenze del lavoro sperimentale, inoltre

sono presenti alcune fiabe inventate dai bambini, con l’ausilio del materiale

figurato. L’intenzione creativa di tutto il lavoro sperimentale ha sicuramente

dato origine ad una diversa concezione della matematica. Il capitolo è

abbastanza corposo e costituisce la descrizione dell’esperienza di ricerca in

didattica, condotta in ambiente multiculturale per configurare le differenze con

la cultura d’appartenenza nei confronti della narrazione. Nel capitolo sono

presenti le ipotesi di ricerca, il contesto sperimentale, il campione a cui

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destinare la ricerca, le strategie risolutive, attraverso l’analisi a- priori e a-

posteriori dei comportamenti attesi.

Nel quarto capitolo è stato riportato tutto il lavoro della sperimentazione,

attraverso i dati sperimentali con la presenza di grafici. L’analisi qualitativa ha

confermato dei risultati validi, riguardo la valenza della narrazione in

matematica. Pertanto, sono riportate alcune testimonianze della narrazione dei

bambini (un campione dei protocolli degli alunni Italiani e dei Cinesi sono stati

riportati, fedelmente, in appendice).

Il quinto ed ultimo capitolo è stato interamente dedicato alle conclusioni del

lavoro sperimentale ed alle riflessioni personali dell’esperienza vissuta con i

bambini.

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CAPITOLO I

LA NARRAZIONE NEI PROCESSI EDUCATIVI E NELLE SITUAZIONI

DI MULTICULTURALITÀ

In questo capitolo si enuncia un approfondimento sul concetto di narrazione,

con riferimento alle considerazioni d’alcuni autori, i quali danno una

terminologia appropriata a sostegno delle loro teorie, in qualche modo tra loro

affini. Attraverso il significato attribuito alla narrazione si scoprono gli effetti

dell’oralità e la struttura universale della narrazione, riscontrabile nelle fiabe e

in qualunque altro prodotto simbolico della cultura. La narrazione, così come

altri eventi della vita quotidiana ha un effetto socializzante, inoltre, mette in

evidenza i contributi della cultura d’appartenenza.

1. LE FORME DELLA NARRAZIONE

Con il termine “narrare” s’intende qualsiasi attuazione verbale mediata,

finalizzata a comunicare ad altri eventi e fatti.

Negli attuali orientamenti narrotologici si ha la tendenza a segnare un

discrimino tra tutto quanto concerne il “modo” e l’”azione” del narrare e le

altre valenze semantiche (narrazione- racconto, narrazione- storia, ecc.).

A tal proposito, diversi autori si sono occupati del significato e delle

caratteristiche della narrazione2:

2 Biagini E, Docente di storia della critica letteraria dell’Università di Firenze, cita delle considerazioni degli autori: Genette, Segre, Prince…, in Frabboni F. Maragliano R. Vertecchi B. (1982-84) Fare scuola/ 1. La narrazione. Quaderni di cultura didattica. Ed. La Nuova Italia, Pavia, p.11-19.

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G. Genette3

L’autore G. Genette, definisce la narrazione come “atto narrativo produttore”

del racconto. Infatti, nell’ambito delle riflessioni formalistico-semiologiche il

concetto di narrazione si presenta costantemente distinto da altri criteri- base

della narratologia4: storia- fabula, racconto, intreccio. Gèrard Genette propone

di chiamare storia il significato o contenuto narrativo, racconto propriamente

detto il significante, enunciato, discorso o testo narrativo stesso e per

estensione: l’insieme della situazione reale o fittizia in cui esso si colloca.

C. Segre5

L’autore specifica in termini più ampi che la narrazione, in linea di massima,

può essere vista sotto almeno due aspetti: il primo quello discorsivo, in

sostanza la narrazione stessa da considerare significante, il secondo il

contenuto, cioè il significato della narrazione. Questa dicotomia sembra

rispecchiata nella coppia oppositiva d’intreccio e di fabula, proposta dai vari

formalisti. L’incertezza terminologica dipende dal fatto che la dicotomia è

insufficiente a rendere conto del campo di ricerca: intreccio e fabula sono in

realtà due modi di rappresentarsi il contenuto di una narrazione, mentre occorre

un altro termine per indicarne l’aspetto significante. L’autore, così facendo,

3 Genette G. (1976) Figure III, Einaudi, Torino, p. 75. Questo lavoro (successivo a Figure. Retorica e strutturalismo, Figure II- ugualmente edito da Einaudi - ) può ancora ritenersi una compiuta poetica narratologica, anche per il suo indirizzo di formalizzazione retrospettiva (dei padri: Platone, Aristotele) di altri orientamenti teorici (anglosassoni, ad esempio: Booth, Friedmann, Lubbock…). 4 La Narratologia, nella critica letteraria, la si intende come teoria del racconto, cioè l’insieme dei metodi e dei modelli impiegati per analizzare in modo sistematico i testi narrativi e le loro strutture. (Enciclopedia (2003),La biblioteca del sapere, p. 605). 5 Segre C. (1974) Le strutture e il tempo, Einaudi, Torino, p. 3-4. Più vicino alle riflessioni formalistiche (francesi e russe) che Segre tornerà a riformulare. Il lavoro presenta una seconda parte applicata (in testi di Boccaccia, Garcilaso, Beckett, ecc.).

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adotta una tripartizione: discorso6 (il testo narrativo significante), intreccio (il

contenuto del testo nell’ordine stesso in cui viene presentato), fabula (il

contenuto o meglio i suoi elementi cardinali, riordinati in ordine logico e

cronologico). Inoltre, Segre afferma che la fiaba si muove nell’ambito

dell’immaginario: “Il narratore è un bugiardo autorizzato per ciò che attiene

all’opposizione vero o falso, perché instaura un mondo in cui le coordinate

reali sono annullate e sostituite da altre, secondo principi e paradigmi che è lui

stesso a definire”7.

E. Benveniste8

In Benveniste, la coppia storia- discorso non esclude un concetto diversamente

marcato di narrazione. Bisogna intendere il discorso nel suo senso più ampio:

ogni enunciazione presuppone un parlante ed un ascoltatore e l’intenzione nel

primo d’influenzare in qualche modo il secondo, anzitutto, è la varietà dei

discorsi orali, di ogni genere e di ogni livello. In tutti i generi, quando qualcuno

si rivolge a qualcun altro si enuncia come parlante e organizza quanto viene

dicendo nella categoria di persona. Ogni volta che all’interno della narrazione

compare un discorso, si passa ad un altro sistema temporale, quello del

discorso.

G. Prince9

Lo studio dell’atto del narrare in sé si rivolga essenzialmente ad aspetti

specificanti il discorso narrativo, in senso globale, cioè ai procedimenti di

6 Segre C.(1978) Discorso, in Enciclopedia, Einaudi, Torino, p. 1063, V. IV. 7. Segre C. (1979) Voce Finzione, in Enciclopedia, vol. VI , ed. Einaudi, Torino, p. 213. 8 Benveniste E. (1971) Problemi di linguistica generale, Il Saggiatore, Milano, p. 287-288. 9 Prince G (1984) La narratologia, Pratiche Ed. Parma, p. 13.

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emittenza e di ricezione (“chi”, “come”, “quando” e “a chi” si racconta), vale a

dire, quei segni del narrare individuati proprio da Prince, oppure l’ordine, che

fa riferimento alla dimensione temporale, il “modo”, che indica il punto di vista

o prospettiva di Genette, la voce, che riguarda la posizione del narratore, il

quale può essere al di fuori della storia (narratore extradiegetico), oppure un

personaggio interno alla storia (narratore intradiegetico). A seconda del livello

della narrazione la voce intradiegetica può essere “omodiegetica”, se un

personaggio della storia principale narra una storia di cui egli fa parte, oppure

“eterodiegetica”, se di quella storia non è un personaggio.

S. Chatman10

L’autore si riferisce alle strutture della trasmissione narrativa, quale aspetto

della forma dell’espressione. Allo stesso modo, si pongono in un contesto a

margine le forme tipologiche relative a strutture della narrazione, formulabili

sulla base delle considerazioni di tipi e generi di racconto.

2. LA STRUTTURA DELLA NARRAZIONE

Vi è almeno una narrazione in ogni racconto e questa narrazione può o non

essere esplicitamente designata da un insieme di segni. Nell’indagine di Prince

si segna l’approccio di definizione della struttura del narrare in sé, cui tocca

l’aspetto modale della narrazione, proprio sul piano più neutro: quello che

obbliga a tener conto dei segni di frontiera, esistenti tra il narrare e il discorso

10 Chatman S. (1981) Storia e discorso, Pratiche Ed. Milano.

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non marcato (in quanto massima unità linguistica, che ha un senso compiuto e

corrisponde ad una situazione comunicativa completamente svolta11).

I presupposti di definizione fanno parte di una riflessione teorica più generale,

circa gli elementi caratterizzanti la narratività12:

un narrativo è una raccolta di segni che possono essere raggruppati in varie

classi. Più precisamente, nella narrativa scritta certi tratti e combinazioni dei

segni linguistici che compongono il narrativo costituiscono i segni del narrare:

essi rappresentano la sua origine e la sua destinazione. Altri tratti e

combinazioni costituiscono i segni del narrato: rappresentano gli avvenimenti e

le situazioni raccontate. Ciascuna di queste due classi può, a sua volta,

dividersi in sotto- classi. In tal modo, tra i segni del narrare alcuni riguardano,

più specificamente, il narratore (la persona che narra), altri il narratorio (la

persona a cui è rivolto il racconto) ed altri ancora, la sua narrazione (l’atto

del suo narrare) e tra i segni del narrato alcuni riguardano i personaggi altri la

dimensione temporale, nella quale i personaggi agiscono ed altri ancora, lo

spazio in cui le loro azioni occorrono. Il personaggio è l’elemento essenziale

della narrazione, sia esso il protagonista o eroe, altrimenti una figura di

contorno o di secondo piano.

Il personaggio interagisce strettamente con il contesto narrativo e la sua

definizione caratteriale può essere ricavata attraverso il contributo del

11 Cfr. Segre C. (1978), opera citata, p. 1063. 12 Eco U. (1979) Lector in fabula, Bompiani, Milano, p. 108. Nell’ambito dei lavori teorici ( di semiotica e di narratologia) di Eco, che rendono superfluo ogni commento di qualificazione, questo è uno studio interamente rivolto alla definizione della natura e delle funzioni del narratorio ( e degli artefici di presupposizione di esso: il tema si trova, anche se non così dilungato, in Genette, Chatman, Prince,ecc.).

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narratore, che ne offre un ritratto, oppure dalle azioni o dalle voci delle figure,

compreso il personaggio stesso che agisce nella narrazione. Intorno alla figura

del personaggio e delle sue funzioni all’interno del racconto, la narratologia,

disciplina che analizza strutturalmente i modi della narrazione, ha elaborato

diverse teorie che ne hanno illustrato la complessità e al contempo la crucialità

della sua presenza. L’io racconto appare anche come la forma più usuale di

comunicazione narrativa orale: tutti i nostri racconti constano d’un io

manifesto, d’altro canto, però, la forma letteraria continua a presentarsi come

insostituibile nella sua veste di esemplarità.

La narratologia tende attualmente a distinguere la narrazione vera e propria

dalle altre parti narrative, come la descrizione: atto di definire, classificare,

descrivere delle somiglianze, delle differenze, delle caratteristiche, dei processi

o il commento, l’insieme delle note esegetiche che spesso corredano un testo,

inoltre, poiché la narrazione consiste nel raccontare eventi in sequenza

cronologica, indicando cause ed effetti, lo scopo di azioni, di eventi, ponendoli

in relazione fa riferimento al tempo, la quale è distinta in vari tipi: simultanea,

ulteriore o anteriore, coincidenza tra i tempi del narrato e i tempi della

narrazione. Nel primo caso, anteriorità dell’accaduto rispetto alla narrazione,

nel secondo, racconto al futuro, nel terzo, si troverà nella forma di narrazione

simultanea una sicura predominanza della forma mimetica rispetto a quella

diegetica13. La dimensione temporale definisce i rapporti temporali tra fabula e

intreccio, con tutte le varie dislocazioni temporali, tra cui la prolessi, cioè

13 Frabboni F./ Maragliano R. / Vertecchi B.(1982-1984).

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l’anticipazione di un accadimento futuro e l’analessi o evocazione di un

avvenimento anteriore al punto della storia in cui ci si trova.

3. CARATTERISTICHE DELLA NARRATIVITÀ

1) Storia

Secondo Foster,14 una storia per essere narrata deve suscitare il desiderio di

sapere cosa avverrà dopo ed inoltre, la storia ha l’esigenza d’essere trasmessa

in forma orale, comportare quella che lui chiama sospensione d’incredulità, cui

si aggiunge un atteggiamento disincantato che fa credere che tutto sia possibile.

L’elemento scatenante, quello che accende la creatività dell’autore e l’interesse

di chi legge o ascolta è qualcosa che produce un’inattesa deviazione all’interno

di un percorso che ci aspetta lineare. Qualcosa d’inaspettato, d’insolito, che

sollecita curiosità. La suspence è un ingrediente quasi indispensabile per far

funzionare una storia. Altre possono essere le richieste o le attese e altri

possono essere gli scopi del narrare. Un ingrediente ha a che fare, ad esempio,

con il desiderio di trasmettere dei messaggi forti, degli insegnamenti essenziali,

che s’imprimono in modo quasi permanente nella mente di chi li riceve15. Una

stessa storia può essere compresa in modo diverso da persone diverse. Le storie

che introducono in un mondo fantastico, meraviglioso, parlano attraverso i

molteplici colori della fantasia. In genere, una storia cattura l’interesse degli

ascoltatori se presenta un contenuto ricco, personaggi ben delineati, con

caratteristiche specifiche.

14 Forster E.M. (1968) Aspetti del romanzo, ed. Il Saggiatore, Milano. Citato in R. Valentino Merletti, (1998) Raccontar storie, Mondadori, Milano. 15 Merletti R. V. (1998) Raccontar storie, Mondatori, Milano, p. 25.

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La nascita delle storie si perde letteralmente nella notte dei tempi: ogni storia

ha richiesto conoscenza, immaginazione, fantasia, gusto della narrazione,

desiderio intenso di ascolto. La prima caratteristica che accomuna tutte le storie

è l’aspetto orale. La trasmissione orale ha costituito per molti secoli l’unico

modo di trasmettere insieme istruzione e cultura.

2)Racconto

Il racconto è la forma di esposizione orale che più facilmente può stimolare e

motivare la produzione espressiva, può assumere le forme anche di testo libero,

orale o racconto di vita.

A seconda del soggetto del racconto si può avere a scuola16:

• Il racconto di sé a partire dai piccoli fatti straordinari della vita di un

bambino, che egli sente il bisogno di comunicare agli altri.

• Il racconto di altri, cioè di fatti o di curiosità che riguardano altre

persone: consente un’estraniazione del bambino, che per farsi capire

deve uscire dal proprio linguaggio privato ed oggettivarsi il più

possibile.

• Il racconto d’invenzione consente la massima libertà di costruzione

narrativa, ma richiede anche la capacità di organizzare la narrazione

stessa sui canali (persone, luoghi, tempi, successione di fatti) che il

bambino stesso si è dato.

Il racconto è una narrazione che quasi sempre corrisponde alla realtà. In

genere, in esso l’elemento fantastico può comparire, ma è subordinato a quello

16 Zuccherini (1988) Manuale del parlare. Una retorica per i ragazzi, La Nuova Italia, Firenze.

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realistico e serve a rendere più vivace la narrazione stessa. Il racconto aggiorna

il bambino sui fatti che accadono intorno e tende a dare un’interpretazione ed

una valutazione dei fatti stessi, può aiutare lo sviluppo di un atteggiamento

critico costruttivo se sa cogliere gli elementi validi della realtà. Il racconto è un

discorso le cui frasi hanno scopi informativi, in grado di fornire la conoscenza

dell’oggetto- evento, cioè d’un evento vogliamo sapere quali sono le condizioni

che lo hanno reso possibile, il perché immediato, in che modo si è svolto, che

esito ha avuto17.

Si tratta di un’arte antica, basti pensare ad Omero, a come sono nate “Le mille

e una notte”, al “Decamerone”, per avere un’idea di quanto fosse importante la

narrazione nell’ambito delle relazioni umane. “Si dice che il raccontar storie è

quanto più ci caratterizza come esseri umani, è un’arte antica e risponde ad una

necessità profonda. Dare forma di storia all’esperienza vissuta significava,

allora come oggi, aver capito la necessità di dare ordine a quanto accade,

conservarne la memoria, creare un senso d’appartenenza”18. La narrazione ha

un suo significato profondamente umano: al gusto del narrare si unisce quello

dell’ascoltare, per cui narrare ed ascoltare diventano i due punti cardine di una

relazione. Chi narra e chi ascolta sono uniti dal medesimo gusto e piacere: la

storia diventa strumento di comunicazione e questa è la prima ragion d’essere

di una storia, la sua caratteristica fondamentale. Per tal motivo, la narrazione

come altri eventi della vita quotidiana ha un effetto socializzante19.

17 Parisi (1979), Per una educazione linguistica razionale, Il Mulino, Bologna, p. 237. 18 Cfr. Merletti R. V. opera citata, p. 8. 19 (Cfr. Costa A. M. 2002, p. 66-97).

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4. LA NARRAZIONE E L’IDENTITÀ CULTURALE

Autori come Sarbin, Bruner, hanno evidenziato che le strutture narrative non

sono altro che forme universali con cui gli individui comprendono e strutturano

la realtà, dandone forma, senso e significato.

Per Sarbin, la narrazione ha una struttura universale, riscontrabile, quasi

immutabile nei miti, nelle religioni, nelle fiabe e in qualunque altro prodotto

simbolico della cultura20.

Per Bruner, gli individui elaborano una costruzione narrativa della realtà, dove

l’esperienza e la memoria sono organizzate sotto forma di racconto. La

comprensione narrativa sul Sé non è uno dei tanti modi d’essere di questa

conoscenza. Il racconto che è una forma convenzionale elaborata e trasmessa

dalla cultura, a differenza delle procedure logiche e scientifiche che possono

essere falsificate, è una costruzione narrativa che può approssimarsi solo alla

verosimiglianza, per cui non è soggetta ad eventuale falsificazione. Il rapporto

tra modo narrativo del pensiero e forme narrative del discorso è circolare,

poiché ciascuno di essi dà forma all’altro,cosicché, la struttura del linguaggio e

la struttura del pensiero sono difficilmente districabili essendo necessariamente

interrelate21.

La narrazione si struttura su eventi, azioni, esperienze significative per la

persona, tramate emotivamente, sì che gli individui influenzano gli eventi con

20Sarbin T.R. (1990), Narrative psychology: The storied nature of human conduct, Praeger, New York; Nash C. (1986) Narrative in culture, Routledge, New York. 21 Bruner, J. La costruzione narrativa della realtà, in M. Ammaniti, D. Stern (a cura di), (1990), Rappresentazioni e narrazioni, cit, p. 17-42.

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le loro azioni, ma al contempo, sono condizionati da quelli, determinando una

circolarità tra il livello narrativo e la realtà22.

Per Bruner, il pensiero traduce il dato d’esperienza percettiva, alla luce di quei

modelli e concetti che ogni individuo assorbe dalla sua cultura d’appartenenza.

L’identità individuale è un Sé che esiste solo all’interno della capacità narrativa

dell’individuo, in altre parole, esiste solo nei discorsi che l’uomo intesse tra sé

e sé o tra sé e il mondo. È un sé la cui consistenza è narrativa, perché

interiorizza e restituisce storie vecchie e nuove, cosicché, rappresentando la

realtà al contempo costruisce la propria storia. È un’identità di una

ricomposizione dinamica sia intrapsichica sia socio- relazionale, che consente a

ciascuno d’interpretarsi nell’agire e nel pensare, che si muove dall’interno e

dall’esterno e viceversa o meglio, dalla cultura alla mente e dalla mente alla

cultura23.

5. EFFETTI DELL’ORALITÀ

La parola parlata in un contesto orale, ha un effetto ed un espressività diversa

dalla parola parlata in un contesto di cultura alfabetizzato o in un contesto

tecnologicamente avanzato come quello attuale.24 Nelle culture orali (i popoli a

tradizione orale) la parola ha un potere magico, è azione e possibilità di

cambiamento. Le fiabe originariamente connesse alle culture orali mantengono

in modo evidente tale legame, anche nel momento in cui, tradotte in un testo

22J.S. Bruner et al., (1970) La sfida pedagogica americana, ed. Armando, Roma, pagg. 111-112. 23 (Cfr. Bruner J, 1990). 24 Ong W. J. (1986) Oralità e scrittura, trad,. it., Il mulino, Bologna,.

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scritto sono state rimaneggiate, divenendo fiabe d’autore. Secondo Caprettini,25

la genesi orale della fiaba rende difficile parlare di questa come testo, poiché le

mancherebbe quella organicità che la rende inequivocabilmente testo. Infatti,

secondo l’autore, l’oralità non produce testi in senso stretti, ma effetti da

memorare, per cui un testo narrato ed ascoltato da altri è trasformato, non è più

identico all’originale e tuttavia, può continuare ad essere identificato con esso.

Ogni narrazione fiabica è sempre la “messa in discorso” di un mondo, è

momento di costruzione del testo, come se la fiaba non fosse mai esistita. In tal

senso, è necessario anche un approccio ambientale- biografico allo studio della

fiaba, che evidenzi i condizionamenti che ciascuna comunità esercita sui

narratori popolari e che spieghi delle variazioni sui temi che differenziano le

diverse narrazioni popolari e fiabiche26.

6. IL SIMBOLO FIABICO, PONTE TRA IL REALE E L’IMMAGINARIO

La lettura o la narrazione della fiaba consente di attivare la funzione“qui e ora”,

secondo le leggi del transfert, testimoniando il cambiamento attraverso la

narrazione e rivivendolo grazie al contenimento emotivo che la struttura

narrativa consente. Gli studi d’impostazione psicoanalitica, soprattutto quelli

Junghiani, hanno evidenziato nella fiaba la presenza di simboli originari,

connessi alla configurazione psichica di un indimostrabile inconscio collettivo

che trova il suo linguaggio originario della propria narrazione fiabica.

25 Caprettini G. P. (1983) Le orme del pensiero, in AA.VV., Il segno dei tre, Bompiani, Milano. 26 Cfr. Il diritto del più forte, in J. Zipes, Spezzare l’incantesimo, trad. it, Milano, Mondatori, 2004, p. 57-85.

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Il simbolo fiabico è interpretato tenendo conto dei differenti contesti e

situazioni in cui si manifesta.27 I simboli funzionano come la traccia, il segnale

che se interpretato ed elaborato restituisce il senso della narrazione, dà vita al

discorso narrativo. Per accedere alla lettura- interpretazione di un testo fiabico,

è necessario considerarlo nella sua particolarità d’universo mobile e non

rigidamente precostituito.28 Questa mobilità del testo è imprescindibile, sia che

si voglia interpretare il simbolo nella cultura sia che si tenga conto delle

esigenze che il soggetto dell’enunciazione mette in luce, indicando nella

narrazione orale o nella lettura della fiaba un suo privilegiato percorso di senso.

Il simbolo è portatore di significati anche contraddittori e complessi. Il

linguaggio è creatore della realtà o meglio un’attività naturale, lo diceva

Aristotele, che però riflette e riorganizza tutte le attività bio- cognitive, rese

specifiche dalla presenza del linguaggio. L’analisi dell’autore rafforza

l’interpretazione secondo la quale, la rappresentazione narrativa del mondo non

si configura come un’attività “strumentale per…”, bensì come donatrice di

senso, di pensiero, di emozioni e sentimenti, come rivelatrice della realtà del

testo29. Più precisamente, sarebbe corretto dire che è proprio la narrazione che

costruisce la realtà, perché immagina rapporti, collegamenti, connessioni,

mondi, sensi che al di fuori del linguaggio e della narrazione non sono

esistenti. La narrazione costruendo senso avvia una logica che trascende il

piano della nostra esperienza, creando altra esperienza ed altra realtà.

L’esperienza della narrazione si configura come indispensabile nella 27Musatti C. (1962)Trattato di psicoanalisi, , Boringhieri, Torino, pag. 245. 28Fromm E. (1983) Il linguaggio dimenticato, trad.it., , Bompiani, Milano, pag. 15-27. 29Lo Piparo F. (2003) Aristotele e il linguaggio, , Laterza, Roma- Bari, p. 25.

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costruzione di un’identità che apre ed accetta il dialogo con l’alterità, perché la

rappresentazione dei mondi che il racconto costruisce, si stende su un vuoto di

senso e di affetti. Il gioco della narrazione crea un ponte fra il mondo interiore

e la realtà, fra sé e il mondo, aprendo una fenditura capace di mettere in

comunicazione la realtà e l’universo, spesso come parte dell’inconscio.30 Freud

dice: “soltanto il desiderio della narrazione consente di costruire un ponte di

comunicazione tra reale e immaginario”, un ponte che delinea i confini di un

territorio intermedio tra l’interna scena mentale e la scena della vita, tra

l’intersoggettivo e l’intrasoggettivo. La narrazione va alla scoperta di questo

mondo intermedio, l’unico capace di mettere in comunicazione la nostra

interiorità e l’intersoggettività, il mio Io e il Tu che può anche diventare un

Noi31.

La costruzione narrativa usa la metafora e dato che il pensiero nasce quando la

metafora può prendere il posto dell’enigma, si potrebbe dire che la fiaba ed il

suo ingranaggio scenico, permette agli esseri umani di pensare e rappresentare

se stessi.

7. RIFLESSIONI CONCLUSIVE

Una delle richieste che oggi emergono come prioritarie nelle scuole è

sicuramente quella di un’educazione interculturale, che valorizzi i contatti fra i

gruppi umani, riconosca le ricchezze delle altrui culture e delle contaminazioni

culturali che da sempre caratterizzano l’esistenze degli individui e dei gruppi. È

necessario pertanto, individuare percorsi e metodologie didattiche che incidano 30(Cfr. Borruso F. 2005). 31Freud S. (1967-80) Il poeta e la fantasia, in Opere di Sigmund Freud, vol. 5, Boringhieri, Torino

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profondamente a livello cognitivo e contemporaneamente a livello emotivo ed

empatico. In questo senso, la narrazione è uno dei veicoli più appropriati, in

quanto, nel ritmo narrativo il lettore s’inserisce con i suoi tempi personali,

libera i suoi sentimenti, le sue emozioni, si misura con se stesso, con l’autore e

con i suoi personaggi, spostandosi agevolmente nel tempo e nello spazio. Ogni

lettore vive il testo in modo proprio e ciò può diventare un ottimo strumento

didattico capace di mettere a confronto opinioni diverse e tutte ugualmente

legittime. Si evidenzia così, il principio di relatività dei modi di pensare e se ne

dimostra il valore etico. La letteratura, in quanto “voce di protagonisti”, si

rivela uno strumento privilegiato per cogliere la complessità dei diversi sistemi

culturali, per farne ricerca di dialogo, di scambio e per decodificare il mondo

contemporaneo, andando oltre i facili schemi interpretativi, spesso fuorvianti.

Troppo spesso, le culture degli altri sono viste solo attraverso i cibi, i costumi,

mantenendo le distanze, le quali allontanano la conoscenza e rafforzano i

pregiudizi. Invece, la natura della cultura è ben più complessa e comprende

tutti gli aspetti della vita, tutti i problemi essenziali dell’essere umano che non

mutano con il mutare delle latitudini, ai quali però, ogni sistema culturale dà

una sua risposta originale e creativa che deve essere conosciuta e riconosciuta

nella sua dignità.

Comunicare, raccontare, narrare sono tutti strumenti che permettono di

entrare più agevolmente in contatto con gli altri, superando la paura e la fatica

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dell’incontro, sono i modi per ascoltare e farsi ascoltare e ciò è fondamentale

per un’educazione interculturale rivolta ai più piccoli32.

Nella didattica della narrazione è bene non cercare a tutti i costi le analogie con

la nostra cultura, ma accettare l’altro perché ci somiglia. Il lavoro

dell’insegnante è quello di cambiare la mentalità, innanzi tutto sua e poi dei

suoi alunni, saranno le diversità, le peculiarità delle altre culture a dover essere

riconosciute e valorizzate come “beni” di scambio. È importante elaborare

ipotesi metodologiche sull’uso possibile di questi prodotti culturali “altri”,

nell’ambito di una educazione aperta alla problematica della diversità, in cui si

rivela l’esistenza di stili di pensiero e di ragionamento non coincidenti con i

nostri.

32 Caizzi R. Mezzani M. (1998) Narrare, narrarsi, Itinerari di educazione interculturale nello spazio del racconto. Fiaba, mito, romanzo. Istituto Gramsci Emilia – Romagna Cospe CD/ LEI, CLUEB (Cooperativa Libraria Universitaria Editrice Bologna). P. 6.

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CAPITOLO II

LA NARRAZIONE NELL’INSEGNAMENTO/APPRENDIMENTO

IN MATEMATICA

Il seguente capitolo implica una correlazione tra narrazione e matematica, con

riferimento alla geometria, in particolare, la lunghezza e la misura come

argomento comune alle culture d’appartenenza, bensì l’argomento di ricerca è

la narrazione.

1. NARRAZIONE E MATEMATICA

Sentir parlare di narrazione nell’insegnamento/ apprendimento in matematica

sembrerebbe piuttosto fuorviante, non soltanto per gli adulti, ma soprattutto per

i bambini, i quali difficilmente legano la narrazione ad una disciplina come la

matematica, definita molto spesso ostica. Solitamente, la narrazione è

considerata prevalentemente in ambito letterario, perciò, narrare una fiaba in

matematica si mostra sorprendente.

La matematica attraverso le fiabe si riempie di espressioni, di emozioni ed il

bambino risolve la situazione- problema in maniera corretta solo se capisce il

contesto narrativo.

Tutti gli insegnanti sono coinvolti nel dovere di rivolgere, attraverso gli atti

linguistici e la capacità di verbalizzare in modo adeguato e corretto, prerequisiti

d’abilità più complesse relativi al saper descrivere, raccontare, argomentare. A

tal proposito, si utilizzano i termini:

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Descrizione: definire, classificare, descrivere somiglianze/ differenze,

caratteristiche, processi.

Narrazione: raccontare eventi in sequenza cronologica, tenendo conto di tutte

le possibili espressioni, non solo in linguaggio naturale.

Argomentazione: proporre il proprio pensiero, portare argomenti a sostegno di

ciò che si afferma.

La narrazione e la descrizione sono due momenti difficilmente separabili,

servono entrambe a rappresentare la realtà, ma la prima fornisce di questa

realtà una rappresentazione di tipo dinamica, la seconda invece di tipo statica.

Se la funzione è descrivere un certo oggetto precedentemente osservato, una

persona conosciuta, un luogo o un ambiente di vita, un’immagine o una figura,

ciascuna frase del parlante ha lo scopo di fornire conoscenze su un aspetto

particolare di quello specifico oggetto. Il parlante sceglie un criterio per fornire

certe informazioni descrittive e non altre. Quando il parlante decide di dare al

suo ascoltatore la conoscenza di un oggetto, non può e spesso non vuole

descrivere tutti gli aspetti, ma solo i più importanti. La descrizione di un evento

è ciò che comunemente si definisce narrazione o racconto.

Il testo argomentativo oltre ad esporre i fatti, li interpreta e li moralizza. Esso

prende posizione pro/contro qualcuno/ qualcosa e invita alla discussione.

Capire un testo argomentativo significa, innanzitutto, chiedersi di quale

problema tratti e quale soluzione dare a tale problema, vale a dire, quale tesi

esprimere su una questione controversa o controvertibile.

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Poiché un testo argomentativo è un’azione comunicativa può essere scomposto

in una successione di azioni, variamente concorrenti ad uno stesso scopo

persuasivo. Alcuni prerequisiti logici sono necessari per la produzione di un

testo argomentativo, prerequisiti che andrebbero esercitati sin dalla scuola

dell’infanzia per stimolare le operazioni mentali sottostanti, essi riguardano il

dominio delle relazioni di causa- effetto, la padronanza dei procedimenti

concettuali di deduzione ed induzione, la capacità di confrontare fatti e pareri

diversi, l’abilità di non cadere in contraddizione, la capacità di decentramento.

Si tratta di sviluppare procedure ed abitudini mentali che rendono l’individuo

autonomo nella ricezione e nella valutazione, poi nella produzione in proprio di

argomentazioni.33 Può essere pedagogicamente importante abituare i bambini a

distinguere ciò che è dato come acquisito, che s’insegna, da ciò che si propone

come opinione, che si sostiene.

Prendendo in considerazione il punto di vista della Semiotica, la matematica

può essere definita non esclusivamente un settore della conoscenza.

Il linguaggio matematico presenta tre livelli: le sintassi, che corrispondono alla

sistemazione formale dei linguaggi, la semantica, la quale fa riferimento al

problema del significato, la pragmatica, l’aspetto che rende in considerazione

le condizioni per un’interazione efficace e non disturbata della comunicazione.

L’approccio semiotico, proprio perché implica la distinzione di questi piani alle

matematiche, consente una migliore analisi dei fenomeni d’insegnamento/

apprendimento e per quanto più specificamente attiene l’argomentare. Permette

33 (Cfr. Colombo A. 1992).

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d’ipotizzare l’esistenza di un parallelismo tra argomentazione e dimostrazione.

L’elemento che differenzia i due registri linguistici è l’argomentazione come

mezzo per poter costruire catene deduttive, attraverso la messa a fuoco

dell’oggetto stesso, nel dominio del linguaggio naturale.

Nell’ambito della geometria34 è importante riferirsi alle rappresentazioni dello

spazio fisico35.

Per quanto riguarda la rappresentazione dello spazio, si tratta di un obiettivo

assai impegnativo, che investe abilità e processi mentali di natura diversa:

occorre che il bambino impari a far uso delle sue percezioni visive,

coordinandole con il pensiero (ad esempio, nel disegno di una scatola, il

bambino tende a rappresentare quello che pensa, prescindendo da quello che

vede e con la rappresentazione grafica nel disegno del percorso occorre che il

bambino, in più, coordini ricordi visivi che si collocano in momenti successivi

dell’uscita, come se si trattasse di ordinare cronologicamente fotogrammi

interni che possono affiorare in memoria in un ordine diverso da quello in cui

sono stati registrati). Un altro elemento decisivo nelle operazioni di

rappresentazione dello spazio è costituto dall’uso del linguaggio verbale o

rappresentazione verbale, come strumento d’analisi della realtà da

rappresentare, di progettazione ed organizzazione delle immagini, di controllo

sull’aderenza delle immagini alla realtà rappresentata.

Per rappresentazione verbale, s’intende di rappresentare verbalmente con un

lessico sempre più preciso, posizioni, relazioni e situazioni dello spazio fisico. 34 Il riferimento alla geometria è stato opportuno per la scelta del lavoro sperimentale, con un argomento di natura geometrica, in particolare, la lunghezza e la misura. 35 AA.VV. [1996-1997].

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La rappresentazione verbale è funzionale alla messa in ordine delle immagini

richiamate dalla memoria. Si tratta di un’attività importante, ai fini dello

sviluppo del controllo dei propri processi di pensiero. Si tratterebbe di un

apprendimento logico- linguistico e geometrico. Nel lavoro sulla lunghezza e la

misura, la verbalizzazione è in stretto collegamento con il pensiero, che

ricostruisce la successione logica dei multipli e sottomultipli della misura

adeguati. Nel descrivere i procedimenti per una precisa misura della lunghezza

il bambino deve richiamare alla memoria i vari riferimenti ed ordinarli in base

alla loro successione temporale. La verbalizzazione è quindi il risultato di un

atto di pensiero, ma ne è anche l’elemento facilitatore e scatenante. Ad

esempio, con la “lunghezza” i bambini devono misurarsi più volte con le

proprie capacità linguistiche, anche sotto l’aspetto della precisione lessicale,

ovvero, chiarezza e pertinenza espositiva dei termini, soprattutto dell’unità di

misura appropriata. In ambito geometrico si presta bene la ricostruzione,

attraverso successive esperienze ed approssimazioni della struttura della

lunghezza. La verbalizzazione offre la possibilità di conoscere meglio il

pensiero degli allievi e farlo maturare attraverso l’interazione verbale con

l’insegnante e con i compagni.

2. LA COSTRUZIONE DEI CONCETTI DELLA GEOMETRIA

Alcune attività sulla rappresentazione piana d’oggetti e situazioni dello spazio,

contribuiscono alla costruzione e alla padronanza dei concetti della geometria.

Per approfondire il tema della concettualizzazione, in geometria è necessario

precisare cosa s’intende per concetto. Una definizione di concetto è stata

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elaborata da Vergnaud negli anni ’80 e pubblicata nell’articolo “La matematica

e la sua didattica”. Secondo Vergnaud, si possono individuare tre componenti

di un concetto36:

1.l’insieme delle situazioni di riferimento per il concetto,

2. l’insieme degli invarianti operatori,

3. l’insieme delle rappresentazioni linguistiche.

Le situazioni di riferimento sono le situazioni problematiche esperite dal

soggetto (dentro e fuori la scuola), che restano associate al concetto nella

memoria a lungo termine e sono depositarie del “senso” con cui il concetto

viene vissuto dal soggetto.

Gli invarianti operatori sono le proprietà del concetto su cui si basano gli

schemi, comportamenti invarianti per classi di situazioni simili che il soggetto

mette in opera per risolvere i problemi che dovrà di seguito affrontare. Questi

invarianti operatori possono essere posseduti dal soggetto a diversi livelli di

esplicitazione e di consapevolezza.

Le rappresentazioni linguistiche sono parole e frasi, segni geometrici, formule,

che consentono di comunicare, di riflettere sul concetto e di utilizzare, come

strumenti del pensiero, il concetto nella risoluzione dei problemi. La teoria di

Vergnaud, a proposito dei concetti, appare utile per l’insegnamento-

apprendimento della matematica, in quanto consente di progettare ed analizzare

l’apprendimento di un concetto secondo le tre componenti.

36 Vergnaud G, (1990), La thèorie des champs conceptules, Recerches en Didactique des Mathèmatiques, 10, 133-170.

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La padronanza di un concetto è un’acquisizione complessa che procede per

gradi lungo le tre componenti, con possibili squilibri e carenze che possono

riguardare una o più componenti. Spesso accade che tale padronanza sia solo

parziale: possono non essersi ancora formati schemi adeguati, oppure mancare

le situazioni di riferimento, in cui l’alunno non sa fare un uso autonomo del

concetto, anche se sa recitarne una definizione e se sa svolgere i soliti esercizi

abitudinari. L’attività di costruzione concettuale si svolge all’interno di campi

di esperienza,37 con riferimento all’esperienza extrascolastica degli alunni,

opportunamente riproposta in classe con attività realistiche. Il “campo

d’esperienza” è un settore dell’esperienza umana, identificabile con una breve

esperienza verbale, omogeneo per quanto riguarda i copioni di comportamento

attivati. Dal punto di vista dell’insegnamento e dell’apprendimento a scuola,

ogni campo di esperienza è costituito da tre “contesti” che evolvono nel tempo:

_ contesto esterno: oggetti, regole sociali di comportamento, vincoli oggettivi,

espressioni linguistiche relative al campo d’esperienza,

_ contesto interno dell’allievo: le sue concezioni, le sue conoscenze, i suoi

invarianti operatori, relativo al campo d’esperienza,

_ contesto interno dell’insegnante: le sue concezioni, le sue conoscenze e

anche le sue esperienze, i progetti e le attese riguardanti l’uso didattico del

campo d’esperienza.

37 AA.VV. [1999].

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Quello che si constata nella realtà delle classi della scuola primaria è il

numero elevato di bambini privi dei livelli linguistici, adeguati alla necessità di

apprendimento. L’intervento di mediazione individualizzata dell’insegnante

riesce, in molti casi, a trasferire al bambino modi di organizzare in testo il suo

pensiero e forme espressive adeguate allo scopo. L’ipotesi di Nelson e French

riguarda la rilevanza dei campi d’esperienza, proposti al bambino nel forzare

l’acquisizione di forme espressive adatte a rappresentare la complessità e

l’articolazione delle situazioni da verbalizzare.38

Nella ricostruzione individuale delle fasi di una produzione realizzata in classe,

la mancata espressione della contemporaneità con cui si devono svolgere certe

azioni, potrebbe essere utilizzata didatticamente, attraverso la riproduzione del

processo produttivo, seguendo fedelmente la verbalizzazione del bambino per

evidenziare una violazione delle regole, secondo le quali il bambino si aspetta

che si svolga il processo. In questo modo, il bambino diventa disponibile a

rappresentare con una forma linguistica suggerita dall’insegnante, fino allora

non utilizzato in forma attiva quel particolare legame di contemporaneità. La

fase d’uso forzato, per qualche connettivo, si vale di opportuni “campi

d’esperienza” e comporta interventi di mediazione individualizzata con i

bambini che manifestano difficoltà espressive, in questo caso, sono necessarie

più esperienze di verbalizzazione.

Il passaggio a livello lessicale e d’astrazione deve essere favorito gradualmente

dall’insegnante, attraverso la mediazione dei termini tecnici della geometria ed

38 (Cfr. lavori di K. Nelson e L.A. French, 1999).

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attraverso la molteplicità delle situazioni problematiche esperite in classe. In

tale percorso verso la geometria ufficiale, non va perduto il riferimento alle

situazioni di riferimento concrete, collegate alle esperienza extrascolastica ed a

significative attività manipolative, altrimenti, il bambino rischia di non essere

in grado di compiere dei ragionamenti. Il ruolo dell’insegnante è quello di

intervenire, secondo la prospettiva Vygotskiana, nella zona dello sviluppo

prossimale39 degli allievi, con un duplice obiettivo: guidarli verso la conquista

dell’autonomia, nel risolvere problemi di cui sono in grado di cogliere il senso,

utilizzando i suggerimenti per affrontarli e insieme fornire loro strumenti

linguistici, modelli culturali adatti per affrontare, successivamente, problemi

più avanzati di quelli che oggi sono oggetto d’intervento. Quindi, l’insegnante

propone in classe situazioni problematiche, significative per gli alunni,

sollecitandoli a risolvere individualmente, ad utilizzare le soluzione come

spunto per discussioni che servono a socializzare le idee emerse, a renderne

consapevoli gli allievi, ad introdurre forme linguistiche adeguate per gestire e

sfruttare tali idee, infine, pervenire ad una sintesi che può essere realizzata sulla

base di proposte individuali di sintesi elaborate dagli allievi, ossia, costruita

direttamente con una discussione di bilancio40.

39 Vygostkij definisce la Zona di Sviluppo Prossimale come la distanza fra il livello di sviluppo attuale, definito dal tipo di abilità mostrata da un soggetto che affronta individualmente un compito, e il livello di sviluppo di cui un soggetto dà prova quando affronta un compito del medesimo tipo, con l’assistenza di un adulto o di un coetaneo più abile. (Cfr. Vygostkij, 1980). 40 XXII Convegno UMI- CIIM (2001), Matematica 2001, materiali per un nuovo curricolo di matematica con suggerimenti per attività e prove di verifica, (scuola elementare e scuola media), Ischia, p.15- 17.

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3. RIFLESSIONI CONCLUSIVE

Il ruolo della narratività nell’esperienza scientifica si è un po’ perso negli anni.

La maggior parte della gente vive in uno stato pregalileiano e non manca di

nozioni bensì di modi di ragionare. Questi modi di ragionare si possono

raccontare ed è quello che faceva Galilei con i suoi colleghi. Raccontare ha una

funzione fondamentale nella formazione del pensiero scientifico, purché chi

racconta sia capace di mostrare come la scientificità passa attraverso le scelte

che portano agli elementi del racconto.

Sarà bene precisare che purtroppo fino ad oggi non esistono delle teorie che

confermino il valore della narrazione nell’ambito della matematica, al contrario

sull’argomentare e congetturare esistono delle teorie davvero promettenti e

soddisfacenti. La narrazione è da interpretare attraverso l’algoritmo risolutivo

che il bambino s’impegna nel governare i suoi processi di ragionamento, in

riferimento alla comprensione del contesto individuato e attraverso i diversi

linguaggi utilizzati, (linguaggio iconico, narrativo…).

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CAPITOLO III

L’IPOTESI E IL CONTESTO SPERIMENTALE

In questo capitolo si evince il cuore della sperimentazione. Il capitolo più

importante, in cui emergono risultati consolidanti la fase di ricerca della

narrazione in matematica, in situazione multiculturale. Nello specifico, dai

risultati finali ottengo una differenza tra gli alunni di cultura Italiana e gli

alunni di cultura Cinese, in concomitanza con le ipotesi iniziali. Differenze che

si riflettono sul piano cognitivo, motivazionale, contestuale, culturale, spazio-

temporale e dell’uso dei diversi tipi di linguaggio (linguaggio naturale,

narrativo, iconico). Un capitolo ricco d’invenzione e di creatività, in quanto mi

sono identificata come autrice di una fiaba: “Poldo un castoro costruttore”

(oggetto della prima fase sperimentale) e creato del materiale iconografico per

favorire la narrazione in matematica (oggetto della seconda fase sperimentale),

in ciò, si osserva un’inversione dei ruoli da parte degli alunni che diventano

piccoli autori di fiabe, riferendosi ad un unico contesto, attraverso l’ausilio del

materiale iconografico.

1. PRESENTAZIONE DEL LAVORO SPERIMENTALE

Il lavoro sperimentale parte dalle ipotesi:

• Ipotesi generale

“Se la narrazione è l’elemento unificante nei contesti multiculturali, allora

ci saranno dei comportamenti omogenei”.

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Alunni di 8-9 anni possiedono le prime concezioni spontanee sulla lunghezza e

la relativa misura.

• Ipotesi alternativa

Le difficoltà di comprensione della consegna potrebbero non consentire agli

alunni un regolare svolgimento dei loro processi di ragionamento e di

narrazione.

• Ipotesi nulla

L’inesistenza del linguaggio narrativo potrebbe non consentire un risultato

valido della consegna.

• Ipotesi operativa

• Il concetto di lunghezza favorisce l’approccio costruttivo della misura

• Saper trovare un’unità di misura che si adatta allo scopo

• Riportare tante volte l’unità di misura sulla grandezza da misurare fino

a ricoprirla interamente

• Contare il numero di volte in cui si è riportata l’unità di misura

• Esprimere la lunghezza come numero e unità di misura, visto che il

numero non ha senso senza l’unità di misura

• Eseguire con sicurezza il confronto e l’ordinamento delle lunghezze

• Eseguire conversioni da una unità di misura all’altra

• Individuare le lunghezze dal punto di vista quantitativo

• Misurare lunghezze con unità di misura arbitrarie

• Misurare lunghezze con unità di misura convenzionali.

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• Obiettivo generale

Scoprire le concezioni spontanee sulla lunghezza e la sua misura come prima

grandezza, con le quali gli alunni hanno maggiore esperienza extrascolastica, si

tratta di un elemento unificante delle diverse culture, per favorire la narrazione

come oggetto sperimentale. Inoltre, le situazioni reali, il linguaggio quotidiano,

sono caratterizzati da una pluralità di manifestazioni e di espressioni per la

lunghezza.

• Obiettivo specifico

Gli alunni reagiscono e rispondono alla situazione problematica proposta, che è

inusuale rispetto ai normali problemi scolastici, ovvero la narrazione, veicolata

dalla fiaba in matematica.

• Campione

L’indagine è stata rivolta a circa 100 alunni (8-9 anni), 92 alunni Italiani e 8

alunni Cinesi delle classi quarte, in due plessi di scuola elementare: M. Amari e

F. Ferrara di Palermo41.

2. CONTESTO SPERIMENTALE

La scelta delle situazioni- problema, da somministrare agli alunni interessati, è

stata scrupolosa e dettagliata, con lo scopo di introdurre, in maniera diversa, i

bambini nei confronti della matematica e soprattutto, l’invenzione di una fiaba,

creata intenzionalmente per condurre i bambini alla narrazione, ha dato dei

risultati validi, ottenendo concrete differenze tra le culture a confronto.

41 Si tratta di tre quarte ed una terza classe nel circolo didattico “M. Amari” e di tre quarte classi del circolo didattico “F. Ferrara”, entrambe di Palermo. La ricerca sperimentale si è svolta nei mesi di aprile- maggio 2005.

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Per le situazioni- problema, ho ritenuto opportuno considerare l’argomento

sulla lunghezza e la misura, pensato come argomento comune alle culture

d’appartenenza, il quale non crea dei comportamenti disomogenei, bensì

l’elemento discriminante è la narrazione.

La sperimentazione si è avvalsa di due fasi:

• La prima fase sperimentale è stata progettata mediante la creazione di una

fiaba: “Poldo un castoro costruttore”, in funzione della narrazione,

ottenendo delle strategie di soluzione all’algoritmo di riferimento ed

esplorando la cultura d’appartenenza dei bambini. Ho dato valore ai dati

ottenuti, classificandoli per tipologie di alunni e differenziando i dati degli

Italiani e dei Cinesi, mediante l’analisi a- priori dei comportamenti attesi.

Gli alunni hanno svolto la consegna singolarmente e narrato in funzione

dell’algoritmo risolutivo. La narrazione degli alunni è stata registrata e

discussa in classe, creando una discussione di bilancio per la chiara

comprensione della situazione- problema (“Poldo un castoro costruttore”).

• La seconda fase sperimentale è stata pensata con l’intento di concentrare

l’attenzione sul racconto d’invenzione, in cui si osservano gli alunni come

piccoli autori di una fiaba, con l’ausilio delle immagini/fumetto. Ciò ha

consentito la massima libertà di costruzione narrativa, richiedendo anche la

capacità di organizzare la narrazione sui canali (persone, luoghi, tempi,

successione di fatti) che il bambino stesso si è dato. Per la realizzazione di

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questa fase sperimentale ho creato delle immagini affinché tutti i bambini,

Italiani e Cinesi, potessero inventare loro una breve fiaba, riferendosi ad un

unico contesto narrativo.42 Questa seconda fase sperimentale è stata confermata

da due situazioni- problema, la prima con l’invenzione della fiaba e la seconda

con l’individuazione di una chiave in funzione delle indicazioni in linguaggio

naturale, osservando le strategie di soluzione, le capacità percettive e

metacognitive, per giungere alla soluzione corretta. La seconda fase

sperimentale è stata oggetto di studio mediante l’analisi a- priori e a- posteriori

dei comportamenti attesi dagli alunni, procedimento analogo alla prima fase

sperimentale. L’analisi a- priori è uno strumento essenziale per affrontare

ricerche in campo didattico, in quanto permette di rilevare in modo adeguato i

dati utili e di analizzarli con gli strumenti della statistica (l’analisi descrittiva,

mediante il programma Excel per registrare la presenza/assenza di tali

comportamenti, invece l’analisi delle similarità e l’analisi implicativi, con il

supporto del programma Chic). A completamento dell’analisi quantitativa dei

dati, ho effettuato un’analisi qualitativa delle risposte, attraverso la verifica dei

protocolli del campione di alunni Italiani e Cinesi.

3. LA FIABA NEL CONTESTO SPERIMENTALE

È possibile insegnare la matematica attraverso le fiabe, per insegnare varie

abilità, dalla conoscenza delle sequenze temporali alla comprensione della

matematica.

42 Per ciascuna situazione- problema ho dato un tempo di circa un’ora, da risolvere singolarmente.

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I bambini sono attratti da tutto ciò che li stimola e li diverte. In tal senso,

esistono tre elementi essenziali che permettono ai bambini di percepire gli

stimoli proposti. Il primo è l’attenzione verso tutto ciò che è diverso ed

originale, il secondo è il legame con il proprio vissuto e la propria esperienza, il

terzo risiede nella motivazione e nell’interesse verso le proposte ricevute. La

fiaba riesce a stimolare, nello stesso tempo, l’attenzione, la memoria e la

motivazione, perché importanti nel processo d’apprendimento. Narrazione ed

apprendimenti procedono di pari passo e il bambino legge o ascolta la fiaba, si

esercita con le schede operative, per poi produrre insieme ai compagni, nuove

sequenze narrative e altro materiale didattico, consolidando gli apprendimenti

in modo significativo e socializzato. Il giudizio e le risposte dei bambini sono il

mezzo più valido per capire se una proposta didattica è funzionale agli obiettivi

per la quale è stata costruita.

L’idea di poter trasformare le fiabe ed inventare nuove sequenze narrative,

permette a tutti di liberare la propria fantasia ed inediti accostamenti con la

matematica.

Le fantasie, i sogni, le paure, i desideri, fanno parte del mondo del bambino.

Insegnare la matematica attraverso le fiabe, per esempio, potrebbe essere un

valido sistema per avvicinare una disciplina, storicamente ostica, agli interessi

e ai desideri dei bambini che abbiamo di fronte.

La fiaba, soprattutto se creata dai bambini, mette in campo la sfera affettiva,

per questo produce un passaggio naturale dalla concretezza all’astrazione.

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L’aspetto interessante dell’indagine sperimentale è la narrazione, che attraverso

la fiaba accomuna gli interessi dei bambini di diverse culture, riferendosi

sicuramente a dei contesti differenti.

Tale riflessione, se acquista un ruolo centrale per qualsiasi esperienza

d’apprendimento in matematica, diventa condizione indispensabile ed

assolutamente necessaria, nel momento in cui ci troviamo ad operare con

particolari contenuti come la lunghezza e la misura. Essa, inoltre, permette

all’alunno non solo di approcciarsi alla lunghezza e la misura con curiosità, ma

cosa più importante, lo motiva ad apprendere in modo naturale e secondo un

approccio creativo ed euristico. In questo senso, la fiaba: “Poldo un castoro

costruttore” si propone:

_un mezzo privilegiato, attraverso il quale gli alunni possano vivere con un

atteggiamento diverso l’esperienza matematica,

_un mondo fantastico dove tutto si può osare ed immaginare,

_il punto di partenza per raggiungere le competenze di saper inventare e

raccontare una storia, ovvero la narrazione, in questo caso, ci si concentra più

sugli eventi che sull'interpretazione in sé,

_un modo nuovo di fare matematica.

4. PRIMA FASE SPERIMENTALE

La fase iniziale della sperimentazione ha previsto la somministrazione di una

situazione-problema, la fiaba: “Poldo un castoro costruttore”, con l’obiettivo di

rilevare le strategie risolutive dell’algoritmo e le possibili narrazioni, in

funzione dell’algoritmo risolutivo.

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La situazione- problema è stata proposta attraverso la lettura della fiaba in

classe, con la specifica richiesta di dedicare interesse alla fiaba ascoltata

ed alle specifiche indicazioni:

La fiaba: “ Poldo un castoro costruttore”

C’era una volta… Tanto tempo fa, un giovane castoro: Poldo, che viveva tutto

solo, abbandonato dalla sua famiglia non appena aveva iniziato ad imparare a

leggere e a scrivere, a correre agilmente e rifugiarsi per paura di esser

catturato dai suoi peggiori nemici.

Un bel giorno il piccolo Poldo si rese conto che non poteva continuare tutta la

sua esistenza a rifugiarsi ovunque, fra immense foreste buie e piene di ostacoli.

Finalmente prese una chiara decisione, quella di costruirsi una bellissima

diga in un corso d’acqua. Preso dall’entusiasmo cominciò a lavorare.

Lavorava così tanto da non avere più il tempo per mangiare e per dormire.

Passarono giorni, mesi… Finalmente il giovane Poldo riuscì a terminare il suo

lavoro. Aveva costruito la diga più bella dell’intera foresta. Stanco, ma

soddisfatto, osservava per ore la sua bella diga e se ne meravigliava del suo

maestoso capolavoro. In un preciso momento delle sue osservazioni, un giorno

giunse a nuoto una simpatica anatra, un po’ vecchiotta, ma molto

chiacchierona, Poldo la salutò e le disse: _ “Buongiorno signora anatra,

regina dei corsi d’acqua, che te ne pare della mia diga da poco costruita?

Risponde l’anatra: bene, bene, è proprio bella. Immagino saprai la lunghezza

di questa diga? Sapresti misurarla?

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Poldo: Al momento non seppe rispondere, rimase pietrificato. Pensò, ma cosa

vuole dire questa buffa anatra, perché mi fa questa domanda?

Anatra: Va bene, ho capito, ripasserò un’altra volta, ma mi aspetto una

risposta! Ciao, cerca di pensare…

L’anatra riprese la sua rilassante nuotata e Poldo pensò: ho costruito una

grande diga e non so quanto misura? “Che figura”, si ripete! Ci sono voluti

mesi per costruirla e ce ne vorranno altri per misurarla! Eppure ci sarà un

modo per sapere come si misura? Chissà forse una formula, una magia, o mio

Dio che confusione!

Ma fiducioso non perse le sue speranze. Passarono giorni, mesi, finalmente

qualcosa venne fuori…

Poldo:_“So che per misurare occorre uno strumento, questo deve essere

omogeneo alla grandezza da misurare e più piccola di essa. Io utilizzo come

strumento i miei piedi e precisamente, conto 10passi. Pronunciate queste

parole il castoro si entusiasmò.

Ritornò l’ anatra e gli chiese se questa volta può rispondere alle domande

precedenti, il castoro contento risponde:

- l’ho misurata contando i miei passi e ho riportato per 10 volte i miei passi.

Anatra:_ Bene! Ma voglio provare anch’io a misurare questa lunghezza.

L’anatra esce dall’acqua e si mette a contare con i suoi passi, contando scopre

che non sono 10 i passi, ma 20 passi. Il castoro stupito risponde: ma non può

essere, io ho misurato bene, ho controllato tante volte.

Anatra:_ Anch’io e l’hai pure visto con i tuoi occhi!!!

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Il castoro al che si mise a piangere, dicendo che non ci sarebbe mai riuscito …

• 1 passo antico = 5 piedi

• 1 piede del castoro =30cm

• Quanto misura in cm un passo?

• Quanto misurano 10passi del castoro in metri?

• Quanto misura 1piede dell’anatra?

• Quanto misurano 20passi dell’anatra in metri?

Trova tu la soluzione, se hai capito la fiaba!

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5. ANALISI A- PRIORI DELLE STRATEGIE RISOLUTIVE DEGLI ALUNNI

L’analisi a- priori permette di determinare le possibili strategie risolutive, in

riferimento alle situazioni-problema. Questo tipo di analisi permette di tabulare

i dati emersi dalla somministrazione della situazione problematica ed inoltre,

risulta funzionale ai fini valutativi, mettendo ben in evidenza una serie di

aspetti interessanti, cioè l’insieme delle possibili risposte che si possono

ipotizzare in uno specifico contesto.

Qui di seguito è riportata l’analisi a- priori dei contenuti messi in gioco, a

seguito della somministrazione delle situazioni- problema al campione dei 100

alunni, divisi in alunni Italiani e Cinesi dei due plessi di scuola primaria, “M.

Amari e F. Ferrara, per una più accurata differenziazione dei dati.

ALUNNI ITALIANI (SCUOLA M. AMARI)

S1. 10 passi del castoro → misura la diga

1passo= 5piedi

1piede= 30cm

1passo= 150cm (perché 30cm ripetuto per 5 volte è

150)

10passi=1500cm

(150+150+150+150+150+150+150+150+150+150)

1500cm in metri sono 15, quindi la diga misura

15m.

Poi misuro 20passi dell’anatra:

1piede dell’anatra siccome è più piccolo, misura

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15cm, la metà di 30cm

15*5=75

75*20=1500cm=15m

S2. 30*5=150cm

150+10+10+10+10+10+10+10+10+10+10= 250cm

250cm*150= 37500cm → 37,5m

30-15= 15cm

15*5= 75cm

75+20+20+20+20+20+20+20+20+20+20+20+

20+20 +20+20+ 20+20+20+ 20+20+20= 475cm

475*150= 71250cm → 71,250m

150+1000= 1150m è 1000 volte più grande del cm

1piede dell’anatra = 15cm

15*5= 75

1*20= 20

S3. 30cm* 5= 150cm

150cm* 10= 1500cm

1500cm= 15,00m

150+1000= 1150m (perché m è mille volte più grande del cm)

1 piede dell’anatra = 15cm

15*5= 75

1*20= 20

S4. 5*10= 50

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30*5 = 150

150*10 = 1500cm → 15m

150*20 = 3000cm

20- 5 = 15cm

15*20 = 300

75* 20 = 3800cm → 38m

S5.30*5 = 150cm

150* 10 = 1500cm

1500cm = 15m

20* 5 = 100

10* 20= 2000cm

2000cm = 20m

S6. 30+30+30+30+30 =150cm

150+150+150+150+150+150+150+150+150+150=

1500cm=15m

30/2 = 15cm

15* 5= 75

75* 20= 1500cm →15m

S7. 30*5 = 150cm

150*10= 1500cm= 15m

150/20= 7,5m

S8. a)30*5 = 150 misura per un passo

10+ 5 = 15, quindi 10 passi misurano 15m

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10* 5 = 50, quindi 10 passi misurano 50m

b)15cm è il piede dell’anatra perché è la metà di quello

del castoro,

15+5 = 20, per me un passo misura 20 cm

20- 5 = 15, per me 20 passi misurano 15cm

S9. a) 1 passo misura 3om, 10 passi = 150 perché

30* 5 =150

b)15* 5 = 75cm

75+ 20= 95cm = 9,5m

S10.a) Dati: 1 passo = 5piedi, 1piede = 30cm.

Risolvo

1 passo è 150cm “lo so perché con le dita contavo a quanto ero arrivato e in

mente contavo in cm e ho fatto un’addizione…”

10 passi misurano 15,30m “ogni 5 dita facevo un passo, poi 10 volte 5 dita e

me venuto 15,30 e ho fatto l’addizione, se vuoi un esempio te lo faccio cosi

capisci quello che ti voglio dire….. 30+30+30+30+30= 150cm, la misura di un

passo.

b)Dati:20 passi, 1 piede =15cm

Risolvo

1 passo è 75cm, “ lo so perché intanto per me, un 1 piede è = 15cm, perché più

piccolo di quello del castoro, quindi ho cominciato così… Con le dita contavo

a quanto ero arrivato e in mente contavo i centimetri e ho fatto alla fine una

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moltiplicazione perché mi seccavo rifare come nel castoro l’addizione, qui i

numeri sono grossi…..es. 75*20= 1500cm.

ALUNNI CINESI (SCUOLA M. AMARI)

SC1 a)30*5 =150cm

150*1= 150, 150*2= 300, 150*3= 450, 150*4= 600

150*5= 750, 150*6= 900, 150*7=1050, 150*8=

1200, 150*9= 1350, 150*10=1500cm

1500cm= 15,00m

b) 30/2= 15cm

15*5= 75cm

75*1= 75, 75*2= 150, 75*3= 225, 75*4= 300,

75* 5= 375, 75*6= 450, 75* 7= 525, 75*8= 600,

75* 9= 675, 75*10= 750, 75*11= 825, 75*12= 900,

75* 13= 975, 75*14= 1050, 75*15= 1125,

75*16= 1200, 75*17= 1275, 75*18= 1350,

75*19= 1425, 75*20 = 1500cm

1500cm = 15,00m

SC2. a)5* 30= 150 cm = 1,5m

1,5* 10= 15m

1 passo = 1,5m

10 passi = 15m

b) 30 / 2 = 15cm (perché il piede dell’anatra è la metà

di quello del castoro, me ne accorgo perché il

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castoro ne fa 10passi e l’anatra ne fa 20passi, quindi

il doppio del castoro.)

5* 15= 75cm = 0,75m

0,75* 20 = 15m

1piede = 15cm, 1 passo = 0,75m, 20 passi = 15m

SC3. a)1passo= 5piedi del castoro

10passi= 50piedi

50piedi= 1500cm perché 30cm piede ripetuto

50volte= 1500cm trasformato in metri= 15m

b) 1passo= 2,5piedi dell’anatra

20passi= 100piedi

30/2= 15cm perché il piede dell’anatra è la metà di

quello del castoro,

100piedi=1500cm perché 15cmripetuto*100volte=

1500cm, trasformato in metri= 15m= alla misura del

castoro. Quello che cambia è lo strumento di misura,

ma la misura della diga rimane sempre 15m.

ALUNNI ITALIANI (SCUOLA F. FERRARA)

S1. a) 30* 5= 150cm

150cm* 10= 1500cm

1500cm= 15m

b) 10/2= 15cm ( perchè il piede dell’anatra è più piccolo

di quello del castoro, quindi la metà)

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15*5= 75cm

75cm* 20= 1500cm

1500cm= 15m.

S2. a) 30* 5= 150cm

150*10= 1500cm

cm1500= 15m

b) 1piede= 15c

15*5= 75cm

10* 75= 750cm

750cm= 75m

1passo misura 75cm; 20passi misurano 75m.

S3. a) 30*5= 150cm

150cm*10= 1500

1000= 1500m (In tutto misura 1500)

b) 1piede= 15cm

15*5= 155cm

155*20= 1550 (In tutto misura 1550).

S4. a) 30*5= 150cm

150*10= 1500cm

1500cm= 15m.

b) 15*5= 155

155*20= 1550cm

1550cm= 15,50m.

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S5. a) 30*5= 150cm

150/5= 30cm

150+150+150+150+150+150+150+150+150+150=

1500cm= 15m

b) Un piede dell’anatra misura 15cm, perché la metà

del castoro.

15*5= 75cm

75/5= 15c

75+75+75+75+75+75+75+75+75+75+75+75+75+

+75+75+75+ 75+75+75+75= 1500cm.

75*20= 1500cm

1500cm= 15m.

S6. a) 30+30+30+30+30= 150cm

150+150+150+150+150+150+150+150+150+150= 1500cm

1500cm in metri = 15m.

b) 15*5= 75cm

75*20= 1500cm →15m.

S7. a) 30*10= 300

150+150+150+150+150+150+150+150+150+150= 15,00m

1passo misura 120cm

10passi misurano 15,00m

b)15+15+15+15+15= 80cm

15+15+15+15+15+15+15+15+15+15+15+15+15+

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+15+15+15+15+15+15 +15= 30,00m

1passo misura 80cm

20passi misurano 30,00m.

S8. a) 30*5= 150cm

10*50= 500cm

b) 15+5= 20passi.

S9. a) 30*5= 150cm

b) 15*5= 75cm.

20*15= 100cm

100+200= 300cm

1passo misura 75cm

20passi misurano 300cm.

S10. 30*5=150cm

10*50= 500cm

1500*15= 22500

15*5= 75cm

75*20= 1500cm in m= 15m.

S11. 10passi= 50piedi

30p*50p= 1500cm, in m = 15

20passi* 5p= 100piedi.

100p*15p= 1500cm, che in metri = 15.

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ALUNNI CINESI (SCUOLA F. FERRARA)

S1= S1 degli Italiani.

S2.a) 1passo misura 150cm u 30cm u 150cm

10passi misurano 1500cm

1500cm=15m.

b) 1piede= 15cm perché più piccolo

1passo= 75cm u 15cm u 75cm

20passi misurano 1500cm

1500cm= 15m.

S3. a)1passo= 150cm, (strategie eseguita con calcolo

mentale).

10passi=1500cm, in metri =15.

b) 1piede= 15cm

1passo=75cm, in metri = 0,75

20passi=15m.

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6. ANALISI A- POSTERIORI DEI COMPORTAMENTI ATTESI

Questa analisi a posteriori è nata da una prima lettura dei dati ottenuti

dalla 1° fase sperimentale ed è stata dettata dalla necessità di capire, ma

soprattutto, di far emergere i processi attraverso i quali gli alunni hanno

risolto la situazione- problema, nonché le motivazioni che hanno spinto

quest’ultimi a procedere in un determinato modo, in relazione allo

stimolo proposto, ma soprattutto, osservare come la narrazione ha influito

sull’algoritmo risolutivo. A dare ancora più significato a questo lavoro è

stata l’analisi del testo, svolta di pari passo, in funzione della quale è

stato possibile interpretare i risultati di questo primo intervento in modo

non equivoco, fungendo da feedback per il successivo intervento

sperimentale (2° fase sperimentale).

ALUNNI ITALIANI (SCUOLA M. AMARI)

S1. 10 passi castoro → misura la diga

1passo = 5piedi

1piede = 30cm

1passo = 150cm (perché 30cm ripetuto per 5 volte fa 150)

10passi = 1500cm

(150+150+150+150+150+150+150+150+150+150) =

1500cm in metri sono 15, quindi la diga misura 15 m,

poi 20passi anatra

1piede dell’anatra, siccome è più piccolo misura 15cm, la

metà di 30cm.

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15*5=75

75*20=1500cm=15m.

I dati 30cm e 5piedi sono considerati i dati più importanti, quelli che

porteranno alla soluzione. Gli alunni hanno acquisito il concetto di utilizzare il

risultato della moltiplicazione e quindi, lo utilizzano per trovare i 10 passi in

metri, addizionando il risultato di 150 riportato per 10 volte. Ciò significa, che

riportano tante volte l’unità di misura della grandezza da misurare fino a

ricoprirla interamente e quindi, contare il numero di volte per cui si è riportata

l’unità di misura, inoltre, il risultato ottenuto, ovvero, 1500cm è convertito in

metri. Nella seconda parte della situazione- problema, i bambini percepiscono

che il piede dell’anatra è più piccolo del castoro, per cui lo individuano come la

metà.

I dati 15cm e 5piedi sono utilizzati per moltiplicare il risultato per il numero di

volte dei passi, cioè 20 passi. Il risultato è uguale a quello del castoro, 15m.

I bambini hanno chiaro il concetto della diga di ugual misura, sia per il castoro

sia per l’anatra, ciò che cambia è lo strumento di misura.

S2. a) 30* 5=150cm

150+10+10+10+10+10+10+10+10+10+10=250cm

250cm*150= 37500cm→ 37,5m

30-15= 15cm

15*5=75cm

75+20+20+20+20+20+20+20+20+20+20+20+20+

20+20+20+20+20+ 20+20+20+20= 475cm

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475*150= 71250cm → 71,250m

150+1000= 1150m

m è 1000 volte più grande del cm

1piede dell’anatra = 15cm

15*5= 75

1*20= 20

I dati 30cm e 5piedi sono considerati i dati più importanti, i quali

serviranno per trovare l’unità di misura di un passo in cm, il risultato di

150cm è utilizzato con la proprietà additiva, addizionando il numero dei

passi per 10 volte. Gli alunni, in questo modo, non riscontrano una logica

nei calcoli che il testo propone, non curano di riflettere sul senso che loro

stessi hanno, infatti, il risultato è assurdo, ciò significa, che si trova prima

la misura di 10passi e poi lo si va a moltiplicare per 150cm. La strategia

adottata è scorretta e sostenuta da una falsa logica. Lo stesso metodo lo

applicano per ottenere la misura dei passi dell’anatra, il risultato è

abnorme, rispetto alla prima parte della situazione. Ciò che differenzia la

prima dalla seconda parte è il fatto di utilizzare il dato 30cm sottraendolo

con 15, dato astratto, così da ottenere la misura del piede, procedendo

per intuizione, senza dare una spiegazione logica e concreta, facendo di

tutto pur di falsificare l’ipotesi.

S3. 30cm* 5= 150cm

150cm* 10= 1500cm

1500cm= 15,00m

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150+1000= 1150 m (perché m è mille volte più grande del cm)

1piede dell’anatra = 15cm

15*5= 75

1*20= 20

La prima parte è uguale alla S1, soltanto dopo aver ottenuto il risultato

esatto di 15 m lo addizionano con 1000, perché per loro il metro è 1000

volte più grande del cm. Questo sta a significare che gli alunni non hanno

acquisito bene la conversione da un’unità di misura ad un’altra. Nella

seconda parte, intuitivamente, ottengono il risultato del piede dell’anatra

di 15cm, quest’ultimo dato è stato moltiplicato per 5piedi, quindi è stato

acquisito il concetto per ottenere la misura di 5piedi, concludendo, hanno

moltiplicato 1piede per 20 passi, considerando il piede un fattore

importante nella risoluzione. I bambini, così facendo, hanno falsificato le

ipotesi per trovare un risultato più semplice e privo di ragionamento,

senza riflettere sul contenuto della fiaba.

S4. 5*10= 50

30*5 = 150

150*10 = 1500cm→ 15m

150*20 = 3000cm

20- 5 = 15cm

15*20 = 300

75* 20 = 3800cm → 38m

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Il dato 5piedi è moltiplicato per 10. L’alunno attua un primo tentativo di

considerare l’uguaglianza dei 10 passi con 50piedi, però questo dato

viene considerato a sé, non attua una logica di proseguimento, inizia a

ritenere importanti i dati 30cm e 5piedi ed ottenere così il risultato di un

passo, proseguendo fino alla soluzione esatta di ripetere 150cm per 10

volte, quanti sono i passi. Nella seconda parte della situazione per la

misura dell’anatra, il bambino moltiplica la misura del passo 150cm per

20 passi, non soddisfatto del risultato prosegue, sottraendo i 20 passi con

5piedi, moltiplicando il risultato per 20 passi e alla fine utilizzando il

numero 75 senza alcuna coerenza con i risultati ottenuti, moltiplicandolo

a sua volta per 20 passi. Ciò significa, che il bambino non ha compreso

che il testo richiede un susseguirsi a catena dei risultati ottenuti, ma

applica un susseguirsi di strategie perché non riesce a percepire la logica

delle operazioni effettuate, questo provoca una confusione nel capire lo

strumento di misura in passi e in piedi, ciò porta a non riflettere sulla

misura della diga, la quale deve essere uguale in entrambi le parti del

testo.

S5. a)30*5 = 150cm

150* 10 = 1500cm

1500cm = 15m

b)20* 5 = 100

10* 20= 2000cm

2000cm = 20m

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La prima parte della situazione coincide con i risultati della S1, nella seconda

parte si ha un disorientamento, i 20 passi vengono moltiplicati per 5 volte,

questo succede per il fatto di non considerare che lo strumento di misura

cambia nel corso della situazione ed infine, i 10 passi del castoro sono

moltiplicati con i 20 passi dell’anatra. In questo modo, il bambino non ha

compreso che non si può ottenere una misura corretta utilizzando due strumenti

di misura diversi.

S6. 30+30+30+30+30 = 150cm

150+150+150+150+150+150+150+150+150+150= 1500cm= 15m

30/2 = 15cm

15* 5= 75

75* 20= 1500cm →15m

Questa strategia è una delle poche eseguite con un metodo diverso rispetto alla

S1, ma molto similare nel ragionamento, ovvero, anche qui si ha la concezione

di riportare tante volte l’unità di misura fino a ricoprire interamente l’oggetto

da misurare, ma prevale la proprietà additiva, invece la seconda parte è uguale

alla S1.

S7. 30*5 = 150cm

150*10= 1500cm= 15m

150/20= 7,5m

Questa strategia nella prima parte prosegue in maniera ragionata ed esauriente,

soltanto nella seconda parte relativa all’anatra, non viene acquisito chiaramente

ciò che il testo richiede. Si tratta di una non chiara lettura del testo. Infatti, la

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misura di un passo del castoro è diviso per i 20passi dell’anatra, questo

succede, perché non si è acquisito il concetto di utilizzare un solo strumento di

misura adeguato per una specifica misura e non più di uno.

S8. a)30*5 = 150 misura per un passo

10+ 5 = 15, quindi 10 passi misurano 15m

10* 5 = 50, quindi 10 passi misurano 50m

b)15cm è il piede dell’anatra perché è la metà di quello del

castoro,

15+5 = 20, per me un passo misura 20cm

20- 5 = 15, per me 20 passi misurano 15cm.

Il dato 150cm, che corrisponde alla misura di un passo è facilmente

individuabile, proseguendo però, i 10passi vengono addizionati con i 5piedi ed

il risultato di 15 è indicato come la misura di 10passi in metri. Il risultato

coincide con il numero reale, soltanto che i dati vengono confusi perché 5piedi

si considerano come un dato utile, invece è solo un’uguaglianza di un passo.

Successivamente, i dati 10 e 5 sono moltiplicati anziché addizionati, questo per

esprimere la conversione da cm a m, ottenendo un risultato al di fuori del

contesto.

Nella seconda parte del problema, il piede dell’anatra assume il dato di 15, il

quale, a sua volta, è addizionato con i 5piedi. Concludendo, scopro che in

questa strategia non si è ottenuta la conversione da un’unità di misura ad un’

altra.

S9. a)1 passo misura 30cm

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10 passi = 150 perché 30* 5 = 150

b)15* 5 = 75cm

75+ 20= 95cm = 9,5m

In questa strategia si nota una confusione nella lettura dei dati, perché non è

stato acquisito che i 30cm sono la misura di un piede, che moltiplicati per 5

volte danno la misura di un passo. Nella seconda parte della situazione-

problema il piede dell’anatra è stato intuito come più piccolo, moltiplicandolo

per 5 volte, alla fine il risultato è stato addizionato con i 20passi dell’anatra.

Questo è successo, perché non applicando un ragionamento concreto nella

prima parte, nella seconda si è avuto un disorientamento nella logica dei

risultati conseguiti.

S10.a) Dati: 1 passo = 5 piedi, 1 piede = 30 cm.

Risolvo

1 passo è 150cm “lo so perché con le dita contavo a quanto ero arrivato e in

mente contavo in cm e ho fatto un’addizione ...”

10 passi misurano 15,30m “ogni 5 dita facevo un passo, poi 10 volte 5 dita e

me venuto 15,30 e ho fatto l’addizione, se vuoi un esempio te lo faccio cosi mi

capisci quello che ti voglio dire… 30+30+30+30+30= 150cm, la misura di un

passo.

b)Dati:20 passi, 1piede =15cm

Risolvo

1 passo è 75 cm “ lo so perché intanto per me un 1 piede è = 15cm, perché più

piccolo di quello del castoro, quindi ho cominciato così… con le dita contavo a

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quanto ero arrivato e in mente contavo i centimetri e ho fatto alla fine una

moltiplicazione, perché mi seccavo rifare come nel castoro l’addizione, qui i

numeri sono grossi…..es. 75*20= 1500cm.

Questa strategia è una delle poche in cui è stato dato un significato alle

operazioni eseguite, è presente una descrizione del ragionamento conseguito.

Al ragionamento si unisce l’azione del contare i passi con le dita, per cui le 5

dita vengono utilizzate per formare un passo, in questo modo, il problema

viene fatto proprio ed attuata una logica nelle azioni, anche se ci sono delle

imperfezioni nella soluzione dei 10 passi del castoro che dice che è = 15,30m,

considero una strategia corretta, perché il bambino ha elaborato un processo

mentale molto significativo e convincente, poi, se si va a considerare la

perfezione nella misura risulta difficile, perché se ci rendiamo conto, quando si

effettua una misura la diamo approssimativamente, ma in realtà, i difetti e gli

eccessi in mm, in cm ….ci sono sempre.

ALUNNI ITALIANI (SCUOLA F. FERRARA)

S1. a) 30* 5= 150cm

150cm* 10= 1500cm

1500cm= 15m

b) 10/2= 15cm ( perchè il piede dell’anatra è più piccolo di

quello del castoro, quindi la metà)

15*5= 75cm

75cm* 20= 1500cm

1500cm= 15m.

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Questa strategia è uguale alla strategia elaborata dagli alunni del plesso M.

Amari, si rispecchia la stessa logica nell’esecuzione dei calcoli.

S2. a) 30* 5= 150cm

150*10= 1500cm

cm1500= 15m

b) 1piede= 15cm

15*5= 75cm

10* 75= 750cm

750cm= 75m

1passo misura 75cm; 20passi misurano 75m.

Nella prima parte della situazione, si riverbera una logica nell’elaborazione dei

calcoli, invece nella seconda parte, si evince che la misura di un passo

dell’anatra sia moltiplicato per i 10 passi del castoro, ciò significa, che il

bambino ha utilizzato, contemporaneamente, due strumenti di misura diversi,

non avendo chiaro che la misura della diga non corrisponde con quella

misurata dai passi del castoro, giustificando con convinzione due misure

diverse per i due personaggi della fiaba.

S3. a) 30*5= 150cm

150cm*10= 1500

1000= 1500m (In tutto misura 1500)

b) 1piede= 15cm

15*5= 155cm

155*20= 1550 (In tutto misura 1550).

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Questa strategia possiede un errore di fondo, ovvero, poca comprensione con il

sistema metrico decimale, oltre agli errori nei calcoli. Infatti, ciò che falsifica

l’ipotesi è proprio la non familiarità nella conversione da un’unità di misura ad

un’altra.

S4. a) 30*5= 150cm

150*10= 1500cm

1500cm= 15m.

b) 15*5= 155

155*20= 1550cm

1550cm= 15,50m.

Questa strategia è molto simile alla S3, perché eseguita con ragionamento

simile, l’elemento differenziante dalla S3 è dovuto alla conversione ben

acquisita da cm a m.

S5. a)30*5= 150cm

150/5= 30cm

150+150+150+150+150+150+150+150+150+150=

1500cm=15m

b) Un piede dell’anatra misura 15cm, perché la metà del

castoro.

15*5= 75cm

75/5= 15cm

75+75+75+75+75+75+75+75+75+75+75+75+75+

+75+75+75+ 75+75+75+75= 1500cm.

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75*20= 1500cm= 15m.

Questa strategia è una delle poche in cui prevale la proprietà additiva. Strategia

corretta ma molto complessa nel calcolo. Si aggiunge un’operazione, quale, la

divisione utilizzata come prova del nove per la verifica del processo.

S6. a) 30+30+30+30+30= 150cm

150+150+150+150+150+150+150+150+150+150=

1500cm = 15m.

b)15*5= 75cm

75*20= 1500cm → 15m.

La prima parte è risolta con la proprietà additiva, la seconda per ridurre il

procedimento e renderlo più semplificato, si utilizza la moltiplicazione, è nella

seconda parte della situazione- problema che si comprende il procedimento da

sviluppare.

S7. a)30*10= 300

150+150+150+150+150+150+150+150+150+150=

15,00m

1passo misura 120cm

10passi misurano 15,00m

b)15+15+15+15+15= 80cm

15+15+15+15+15+15+15+15+15+15+15+15+15+

15+15+15+15+15+15+15= 30,00m.

1passo misura 80cm

20passi misurano 30,00m.

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In questa strategia prevalgono dati astratti e privi di un nesso logico. Il dato

30cm di un piede è moltiplicato per 10passi. I dati 150cm e 120cm non hanno

alcun legame con gli altri dati eseguiti, non riuscendo a spiegare il perché dei

risultati ottenuti.

S8. a)30*5= 150cm

10*50= 500cm

b)15+5= 20passi.

Strategia molto riduttiva nei calcoli. Il dato 150cm è scisso in due parti, 10 e

50, ottenendo un dato astratto, lontano dalla soluzione logica e ragionata. I dati

sono tutti sconnessi tra di loro e privi di ragionamento.

S9. a)30*5= 150cm

b)15*5= 75cm.

20*15= 100cm

100+200= 300cm

1passo misura 75cm

20passi misurano 300cm.

Nella prima parte, i dati 30cm e 5 portano direttamente alla soluzione, ovvero,

alla misura della diga. Nella seconda parte, invece i dati 15 e 5 danno la misura

di un passo dell’anatra, ma il dato ottenuto non viene utilizzato per ottenere la

soluzione finale. Non c’è una successione temporale nei calcoli.

S10. 30*5=150cm

10*50= 500cm

1500*15= 22500

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15*5= 75cm

75*20= 1500cm in metri = 15m.

In questa strategia s’ipotizza la misura di un passo del castoro, ma è

considerato come un dato a sé. Sono moltiplicati i dati 10* 50, perché si tratta

di un calcolo rapido con base 10, lo si osserva pure con il numero 1500,

eseguito con ugual procedimento (100* 15). Nella seconda parte tutto si

semplifica, di facile comprensione, dai calcoli chiari e corretti, ma non risulta

chiaro tutto il procedimento della situazione problema, perché anche la prima

parte doveva corrispondere alla seconda parte.

S11. 10passi= 50piedi

30p*50p= 1500cm, in m = 15

20passi* 5p= 100piedi.

100p*15p= 1500cm, che in metri = 15.

Questa strategia è una delle poche in cui si considera l’uguaglianza di un passo

con i 5piedi, per cui si arriva con semplicità alla soluzione corretta. Questa

strategia rispecchia chiare competenze dell’alunno e ciò induce ad evitare

lunghi ed incerti calcoli. Si evince una fluidità, una sicurezza nell’esecuzione

dei calcoli.

ALUNNI CINESI (SCUOLA M. AMARI)

S1. a)30*5 =150cm

150*1= 150, 150*2= 300, 150*3= 450, 150*4= 600,

150*5= 750, 150*6=900, 150* 7= 1050, 150*8= 1200, 150*9=

1350, 150*10= 1500cm

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1500cm= 15,00m

b)30/2= 15cm

15*5= 75cm

75*1= 75, 75*2= 150, 75*3= 225, 75*4= 300, 75* 5=

375, 75*6= 450, 75* 7= 525, 75*8= 600, 75* 9= 675,

75*10= 750, 75*11= 825, 75*12= 900, 75*13= 975,

75*14= 1050, 75*15= 1125, 75*16= 1200, 75*17=

1275, 75*11350, 75*19= 1425, 75*20= 1500cm

1500cm = 15,00m.

In questa strategia 30cm e 5piedi sono considerati dei dati molto importanti,

per il proseguimento delle operazioni successive. Il risultato della prima

operazione è stato utilizzato effettuando un calcolo mentale da 1 a 10 (numero

dei passi del castoro), attraverso le tabelline. Dal risultato è stata operata la

conversione da cm in metri. Nella seconda parte della situazione, il bambino si

è calcolato la misura del piede dell’anatra, 15cm, perché ha ben compreso che

il piede dell’anatra è la metà di quello dell’anatra, infine, per trovare la misura

di 20 passi, ha utilizzato lo stesso procedimento così come la prima parte della

situazione- problema. L’alunno è riuscito a capire che per i due personaggi

della fiaba la misura della diga è uguale, ciò che cambia è lo strumento di

misura.

S2. a) 5* 30= 150cm = 1,5m

1,5* 10= 15m

1 passo = 1,5m

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10 passi = 15m

b) 30/2=15cm (perché il piede dell’anatra è la metà di quello del

castoro, me ne accorgo perché il castoro ne fa 10passi e l’anatra ne fa

20passi, quindi il doppio del castoro.)

5* 15= 75cm = 0,75m

0,75* 20 = 15m

1piede = 15cm, 1 passo = 0,75m, 20 passi = 15m.

Anche questa strategia induce ad una soluzione corretta così come la S1, però

entrambi si differenziano per il fatto che in questa seconda strategia l’alunno

riesce a risolvere la situazione in maniera molto semplice e snellisce il lavoro

durante i risultati ottenuti, il fatto di fare la conversione da cm a m per trovare

la misura di 1 passo, semplifica e facilità il lavoro e quindi i calcoli. Questa

strategia verifica l’ipotesi operativa, mediante un ragionamento logico.

S3. a) 1passo= 5piedi del castoro

10passi= 50piedi

50piedi= 1500cm perché 30cm piede ripetuto * 50volte=

1500cm trasformato in metri= 15m

b) 1passo= 2,5piedi dell’anatra

20passi= 100piedi

30/2= 15cm perché il piede dell’anatra è la metà di quello del castoro,

100piedi= 1500cm perché 15cm ripetuto *100volte =1500cm,

trasformato in metri = 15m= alla misura del castoro. Quello che cambia è

lo strumento di misura, ma la misura della diga rimane sempre 15m.

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Questa strategia a differenza delle altre, invece di partire dalla soluzione di un

passo ipotizza che 10 passi = 50piedi, visto che un passo è = 5piede, da questo

dato ritenuto importante il bambino si calcola direttamente la misura di 10passi

del castoro. Per la seconda parte del problema 1 passo = 2,5piedi dell’anatra, il

bambino ritiene che la misura del piede è dimezzata e così dimezza anche alla

misura di un passo, 20passi =100 piedi, conclude moltiplicando la misura di

15cm * 100, tanti quanti sono i piedi.

ALUNNI CINESI (SCUOLA F. FERRARA)

S1= S1 degli italiani.

S2.a) 1passo misura 150cm u 30cm u 150cm

10passi misurano 1500cm

1500cm=15m.

b) 1piede= 15cm perché più piccolo

1passo= 75cm u 15cm u 75cm

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20passi misurano 1500cm

1500cm= 15m.

Questa strategia permette di manifestare il calcolo mentale, attraverso la

rappresentazione grafica dell’unità di misura, unica strategia in cui si

comprende l’adozione dell’unità di misura costante e riproducibile in ugual

misura.

S3. a)1passo= 150cm

10passi=1500cm, in metri=15.

b)1piede= 15cm

1passo=75cm, in metri= 0,75

20passi=15m.

Questa strategia è stata eseguita con rapidità e calcolo mentale, priva di

operazioni in colonna.

Attraverso le strategie analizzate, ho percepito la narrazione, come incide

profondamente sull’algoritmo risolutivo.

Trovate le soluzioni al problema è stato chiesto di narrare liberamente sulla

consegna, con una domanda specifica: “Se tu fossi stato Poldo come avresti

misurato la diga: racconta…”

7. SECONDA FASE SPERIMENTALE

La seconda fase della sperimentazione ha previsto due situazioni- problema

con l’invenzione di una fiaba prodotta dai bambini: “La chiave magica” e

l’esercizio “A chi appartiene la chiave”, per un ulteriore conferma delle

differenze culturali, in termini di narrazione in matematica tra alunni Italiani e

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70

Cinesi, mediante l’utilizzo di uno strumento di mediazione, quale il linguaggio

figurato.

La fiaba, creata dai bambini, ha messo in campo la sfera affettiva, mia, in

quanto ho organizzato la creatività, cercando di creare dei canoni uguali per

tutti ed eseguire così uno stesso esercizio, per quanto riguarda gli alunni, la

fiaba ha consentito un passaggio naturale dalla concretezza all’astrazione.

Quindi, maggiore acquisizione del concetto di lunghezza e relativa misura.

Nella prima fase si è osservato come la fiaba: “Poldo un castoro costruttore” ha

consentito un’estraniazione del bambino, che per farsi capire è dovuto uscire

dal proprio linguaggio privato ed oggettivarsi il più possibile, in cui narrare una

fiaba ascoltata è divenuto faticoso se non, addirittura, impossibile. Riuscire ad

estrapolare in una fiaba una situazione- problema, il cui tema principale: la

lunghezza attraverso la misura, ne ha quasi impedito l’approccio costruttivo

non tanto nella risoluzione dell’algoritmo, ma quello che ha interessato

primariamente come ipotesi di ricerca, ovvero, la narrazione in situazione di

multiculturalità. Il tentativo è stato quello di ovviare le difficoltà della prima

situazione problema che aveva portato gli alunni ad agire, in relazione alla

fiaba/ problema, un determinato modo di accostarsi alla narrazione.

8. DESCRIZIONE DELLE SITUAZIONI- PROBLEMA

Le due situazioni – problema, ideate, sono state presentate al campione nella

forma che segue:

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1° Situazione- problema

“La chiave magica”

Osserva le immagini ed individua:

_ i personaggi,

_ i luoghi,

_ le azioni dei personaggi.

Adesso inventa una breve storia, attraverso le immagini osservate!!!

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2° situazione- problema

A chi appartiene la chiave?

Se davvero vuoi scoprire

quale chiave ti può aprire,

cerca con il tuo righello

la chiave del castello!

Quale può esser la sua misura?

La risposta sia sicura!

La chiave che apre il castello:

- è lunga meno di 7cm e mezzo

- è lunga più di 60mm

- la sua misura in centimetri non è un numero intero

- è la più corta fra quelle rimaste.

Qual è la chiave che apre il castello?______

Motiva la risposta________________________________________

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9. ANALISI A PRIORI DEI COMPORTAMENTI ATTESI: “LA CHIAVE MAGICA”

Per l’analisi a- priori della situazione problema: “La chiave magica”, ho

preferito accorpare in un'unica analisi i dati ottenuti, attraverso la narrazione

dei bambini Italiani e di quelli Cinesi, quest’ultimi dati (dei Cinesi) sono stati

analizzati separatamente dai risultati degli alunni Italiani, nelle due scuole di

riferimento, ottenendo così, delle differenze sostanziali che hanno modificato

l’ipotesi di ricerca. A differenza della prima fase sperimentale, in cui l’analisi a

priori è stata effettuata dettagliatamente, attraverso l’analisi delle varie strategie

risolutive, nella seconda fase sperimentale sono stati studiati i contesti di

riferimento, attraverso la quale è stata posta in rilievo la narrazione dei

bambini43.

Per l’analisi a priori si è presa in considerazione la domanda:

“Adesso inventa una breve storia, attraverso le immagini osservate!!!”

C1. Il contesto è riconosciuto completamente

C2. Il contesto è riconosciuto sufficientemente

C3. Il contesto non è riconosciuto.

ALUNNI ITALIANI (SCUOLA M.AMARI E F. FERRARA)

C1. Il contesto è riconosciuto completamente

La maggioranza dei bambini ha saputo riconoscere il contesto ed inventato una

storia rispettando i canoni proposti.

C2. Il contesto è riconosciuto sufficientemente

43 Vedi allegati in appendice 2, sono riportati fedelmente i protocolli degli alunni classificati per tipologie.

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Una parte degli studenti ha riconosciuto il contesto sufficientemente, perché

non hanno saputo ben organizzare la struttura narrativa della storia.

C3. Il contesto non è riconosciuto

Una minoranza di alunni non ha saputo dedurre la storia- contesto.

ALUNNI CINESI (SCUOLA M.AMARI E F. FERRARA)

C1. Il contesto è riconosciuto completamente

Soltanto uno degli otto alunni Cinesi ha saputo riconoscere il contesto ed

inventato una storia rispettando i canoni proposti, anche se con difficoltà nel

linguaggio.

C2. Il contesto è riconosciuto sufficientemente

Una parte degli studenti ha riconosciuto il contesto sufficientemente, ma a

causa delle difficoltà linguistiche, non si sono avventurati più di tanto, nel

esprimere la loro creatività.

C3. Il contesto non è riconosciuto

La maggioranza dei bambini non ha saputo dedurre la storia- contesto, dovuto

ad una conoscenza limitata della lingua Italiana, cui molti si sono valsi della

loro lingua cinese per descrivere quel poco che sono riusciti a capire.

Dalla somministrazione della situazione- problema è stato possibile attuare dei

confronti e configurato le analogie e le differenze emerse dalle narrazioni,

ascoltate durante la situazione a- didattica.

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10. ANALISI A-PRIORI DEI COMPORTAMENTI ATTESI: “A CHI APPARTIENE LA

CHIAVE”

Quest’analisi a- priori, in concomitanza con la precedente, ha permesso non

solo di trovare la chiave esatta del castello, quindi le strategie risolutive messe

in atto dai bambini di culture diverse, ma soprattutto, il fattore più importante

in questa situazione è scaturito dalla domanda: “Motiva la risposta”, in cui si è

osservato come gli alunni riconoscono il profilo della chiave e giustificano i

processi ottenuti.

ALUNNI ITALIANI (F.FERRARA E M.AMARI)

F1. Riconosce il profilo della chiave

_Risposta corretta: chiave D

F2. Non riconosce il profilo della chiave

Chiave A

Chiave B

Chiave C

Chiave E

Chiave F

F3. Giustifica i processi con coerenza

La chiave corretta è la D, perché ho seguito le indicazioni e ho misurato bene.

F4. Giustifica i processi senza coerenza.

La chiave corretta è la D, perché è la più lunga fra quelle rimaste.

_Ho misurato le chiavi e ho visto che, la D è meno lunga di 7cm ed è più lunga

di 6cm, poi non è un numero intero.

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La chiave corretta è la E, perché l’ho misurato ed è la più piccola delle altre e

poi, perché mi piace.

La chiave è la D, prima ho scelto a caso e poi con i numeri.

La chiave è la F, perché è la più grande e l’ho misurata.

Ho scelto la D per simpatia.

La chiave è la C, perché l’ho misurata con il righello, seguito le indicazioni che

dicevano che era più corta di 7cm e mezzo e allora, la B e la E non erano, poi

le indicazioni dicevano che era più lunga di 60 mm, allora, la A e la E non

erano, alla fine mi sono rimaste la C e la D, poi dicevano che era la più corta

allora è la C.

ALUNNI CINESI (SCUOLA F.FERRARA E M.AMARI)

F1. Riconosce il profilo della chiave

Risposta corretta: chiave D

F2. Non riconosce il profilo della chiave

Questa ipotesi è nulla, in quanto tutti riconoscono il profilo della chiave.

F3. Giustifica i processi con coerenza

Ho letto le indicazioni

Perché è la più corta tra A, B, C, D e F

Ho capito perché è l’unica che è 6,5cm

Primo ho misurato secondo scritto i numeri

Perché sono 6,5, perché minore di 7cm, maggiore di 60mm= 6cm, 60+ 0,5=

6,5cm, 7- 0,5=6,5cm.

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Perché ha detto lungo meno di 7cm, allora la A, la B e la F si toglie, poi ha

detto più di 60mm, uguale di 6cm e così la C e la F non può essere, allora è

rimasta la chiave D di 6,5cm, numero che non è intero.

F4. Giustifica i processi senza coerenza.

Perché ho letto le lettere sotto le chiavi.

11. RIFLESSIONI PERSONALI

In questa seconda fase sperimentale ho potuto osservare delle situazioni

importanti, come fulcro della tesi, ovvero la narrazione, elemento che comporta

delle differenze tra gli alunni Italiani e Cinesi. Analizzando il particolare

all’interno delle situazioni- problema, sono stata in grado di dedurre delle

differenze, dal tempo impiegato per la rappresentazione figurata alla narrazione

in linguaggio naturale, quindi nel saper rilevare una storia dal conteso, alle

difficoltà emerse nel rispondere alle situazioni, nell’individuare una chiave

frastagliata, attraverso le indicazioni. Sempre in linguaggio naturale, sono

riuscita ad intuire in che modo la cultura d’appartenenza incide profondamente

sulla narrazione, scoprendo come il contesto narrativo, rappresentato attraverso

le figure che rispecchiano il nostro modo di narrare le fiabe, sia ben chiaro agli

Italiani e non ai Cinesi, invece, quest’ultimi svelano una grande capacità

nell’individuare, attraverso il dato percettivo, una chiave in funzione delle

indicazione in linguaggio naturale.

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CAPITOLO IV

I DATI SPERIMENTALI

ANALISI QUANTITATIVA E QUALITATIVA

In questo capitolo presento la storia di tutto il lavoro sperimentale, il quale mi

ha condotta alla rilevanza delle differenze tra gli alunni di cultura Italiana e

Cinese, nei confronti della narrazione in matematica. Differenze che si

evincono maggiormente con l’analisi dei dati sperimentali. Il seguente capitolo

illustra una suddivisione dell’analisi qualitativa in richiamo ai 4 contesti44 di

riferimento, analizzati scrupolosamente, per far si che la narrazione ha i suoi

fattori discriminanti tra le culture d’appartenenza. Per quanto riguarda l’analisi

quantitativa, ho riportato i risultati relativi alla somministrazione dei dati

sperimentali, con la dimostrazione dei contesti in esame.

1. ANALISI QUANTITATIVA DEI DATI SPERIMENTALI

L’analisi dei dati sperimentali è stata svolta mediante l’analisi a- posteriori dei

comportamenti attesi, attraverso l’applicazione della statistica descrittiva, con

l’uso delle tabelle EXCEL e con l’uso dello CHIC (Classificazione Gerarchica

Implicativa). Un’analisi quantitativa che ha consentito di visualizzare i rapporti

d’implicazione e di similarità tra gli item analizzati, composto da un software

44 1. Dalla narrazione all’algoritmo risolutivo

2. Dall’algoritmo risolutivo alla narrazione

3. Dalla rappresentazione figurata alla narrazione in linguaggio naturale

4. Individuazione di una chiave frastagliata in funzione delle indicazioni in linguaggio naturale.

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su PC, che permette differenti statistiche, quali l’analisi della similarità di

Lerman e l’analisi delle implicazioni di R.Gras.45 Questi strumenti risultano

fondamentali all’interno della ricerca in didattica della matematica.

In questo tipo di analisi, ho riportato una prima analisi descrittiva, in cui si

osserva una percentuale di dati che confermano le differenze ed una seconda

analisi implicativa che implica i quattro contesti nell’insieme.

1.2 ANALISI DESCRITTIVA

Analisi quantitativa della 1° fase sperimentale

L’analisi dei dati rilevati, in riferimento al 1° contesto dalla narrazione

all’algoritmo risolutivo, dimostra la seguente condizione:

45 (Cfr. Spagnolo F. 1998).

1° contestoScuola M.Amari (PA)

44%

0%

2%6%2%

23%

3% 11%

3% 3%

0% 2%

2%

0%

0%

0%

2%

S1 S2 S3 S4 S5 S6 S7 S8 S9 S10 S11 S12 S13 S14 S15 S16 S17

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• Il 67% degli Italiani (S1+ S6) riconosce l’algoritmo risolutivo in

funzione della narrazione, conferendo all’algoritmo una sistematicità

nei calcoli e riconoscendo l’unità di misura adeguata.

• Il 30% degli Italiani (S3+ S4+ S5+ S7+ S8+ S9+ S10) non riconosce

l’algoritmo risolutivo, perché non riflette sul contenuto della fiaba,

quindi, presta poca attenzione all’aspetto narrativo, procedendo nei

calcoli per intuizione, in assenza di un principio di coerenza nel

ragionamento.

• Il 6% dei Cinesi (S12+ S13+ S14) mostra una grande capacità di sintesi

nel racconto narrativo, dando una strategia risolutiva diversa rispetto

agli Italiani. Si osserva un’ originalità nei calcoli risolutivi ed una

sistematicità nell’utilizzo dell’unità di misura, riportata, tutte le volte,

accanto al numero.

• Lo 0% di alunni utilizza le strategie risolutive quali:(S15+ S16+ S17),

cui derivano dalle strategie dei Cinesi della scuola F. Ferrara, ancora

una volta diverse dagli altri alunni.

1° contestoScuola F.Ferrara (PA)

17%

7%

3%

3%10%

7%7%3%7%

10%

7%

0%

0%

0%

7%7% 3%

S1 S2 S3 S4 S5 S6 S7 S8 S9 S10 S11 S12S13 S14 S15 S16 S17

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• Circa il 51% degli Italiani (S1+ S5+ S6+ S10+ S11) risolve l’algoritmo

perché acquisito il concetto di misura della diga, che rimane uguale, a

differenza dello strumento di misura che invece cambia. Il valore del

51% si riferisce soltanto alla soluzione dell’algoritmo dopo ripetute

soluzioni giungono a quella esatta. Questo, perché non hanno prestato

attenzione al contenuto della fiaba.

• Il 23% degli Italiani (S2+ S3+ S4+ S7+ S8+ S9) risolve l’algoritmo in

maniera errata, dovuta ad una incapacità d’utilizzo dell’unità di misura

adeguata e al fatto che non riescono a porre attenzione alla narrazione

per la soluzione dell’algoritmo risolutivo, si precipita direttamente alla

risoluzione della situazione problematica, senza badare al contenuto

della fiaba.

• Il 17% (S15+ S16+ S17) dei Cinesi risolve l’algoritmo in funzione

della narrazione, mostrando ancora una volta una capacità di sintesi nel

racconto.

• Lo 0% (S12+ S13+ S14) non corrisponde agli algoritmi degli alunni,

perché fa riferimento alle strategie risolutive degli alunni Cinesi della

scuola M. Amari.

Dai dati si osserva che la maggior parte degli alunni Italiani riconosce

l’algoritmo risolutivo, ma non in funzione della narrazione, ma dopo una

serie di tentativi giunge alla soluzione corretta, impiegando un tempo

maggiore rispetto ai Cinesi che invece, quest’ultimi mostrano una capacità

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di sintesi immediata nel racconto, riportando una sistematicità nei calcoli. I

dati degli Italiani sono abbastanza corposi e tenderebbero a falsificare le

ipotesi di partenza, ma ritengo opportuno giustificare il dato dei Cinesi per

il semplice fatto che in entrambi le classi delle due scuole, sottoposte a

sperimentazione, i Cinesi sono in presenza minoritaria rispetto agli Italiani,

purtroppo, è impossibile nei nostri contesti scolastici un numero maggiore

di Cinesi all’interno di una classe, ragion per cui, bisogna attenersi alle

situazioni scolastiche.

In riferimento al 2° contesto, ossia dall’algoritmo risolutivo alla

narrazione, si configura la seguente condizione:

• Il 20% (N1+ N2) degli alunni Italiani narra, ammettendo gli errori

nella soluzione dell’algoritmo risolutivo, dovuti all’incapacità di

sintesi del racconto della fiaba.

2° contestoScuola M.Amari (PA)

10%10%

10%

12%12%5% 8%

8%

7%

7% 7% 0% 5% 0%0%0%0%0%0%0%

N1 N2 N3 N4 N5 N6 N7 N8 N9 N10 N11 N12 N13 N14 N15 N16 N17 N18 N19 N20

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• Circa il 44% (N4+ N5+ N6+ N9+ N10+ N11+ N12) degli Italiani

narra, in funzione dell’algoritmo risolutivo, riconoscendo il concetto di

lunghezza, cui favorisce l’approccio costruttivo della misura.

• Il 31% (N3+ N7+ N8+ N13) degli Italiani narra, riconoscendo

un’incapacità nella risoluzione dell’algoritmo.

• Il 37% (N14+ N17+ N19) degli Italiani narra ed identifica lo

strumento appropriato per la misura di lunghezza della diga.

• Il 6% (N16+ N19) dei Cinesi narra, in misura parziale, attraverso una

rievocazione dei ricordi, esprimendo delle opinioni sull’utilizzo di

diversi strumenti di misura adeguati.

• Lo 0% rappresenta una percentuale di alunni per maggioranza Cinesi

che non hanno saputo narrare.

2° contestoScuola F.Ferrara (PA)

0%0%0%0%0%0%0%0%0%0%0%0%0% 17%

17%

3% 17%

38%

3% 3%

N1 N2 N3 N4 N5 N6 N7 N8 N9 N10 N11 N12 N13 N14 N15 N16 N17 N18 N19 N20

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Dai dati si evidenzia, che il 138% della narrazione degli alunni Italiani è contro

il 6% degli alunni Cinesi, mostrasi un dato rilevante per gli Italiani abituati alla

narrazione. Soltanto due Cinesi, forzati alla narrazione, espongono le proprie

opinioni, ma con molta difficoltà d’espressione.

Analisi quantitativa della 2° fase sperimentale

In riferimento al 3° contesto, dalla rappresentazione figurata alla narrazione in

linguaggio naturale, si evince la seguente condizione:

• Circa il 79% (C1) degli alunni Italiani riconosce completamente il

contesto, dimostrando ancora una volta un ottimo risultato narrativo.

• L’1% (C1), un dato in riferimento ad un solo alunno Cinese che

riconosce completamente il contesto, rispettando i canoni proposti,

anche se con difficoltà nel linguaggio naturale.

• Il 16% (C2) degli alunni Italiani riconosce sufficientemente il contesto

narrativo, perché non ha saputo ben organizzare la struttura narrativa

della storia.

3° contestoScuola M.Amari (PA)

80%

17% 3%

C1 C2 C3

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• L’1% (C2) un dato in riferimento ad un solo alunno Cinese, dovuto

alle difficoltà linguistiche.

• Il 3% (C3) degli Italiani e dei Cinesi non ha saputo dedurre la storia-

contesto.

• Il 76% (C1) degli Italiani riconosce il contesto narrativo.

• Circa il 9% (C2) degli Italiani riconosce a sufficienza il contesto,

perché non riesce bene ad organizzare la struttura narrativa del

contesto.

• L’1% (C2), un dato che fa riferimento ad un solo alunno Cinese, cui

quest’ultimo, tenta d’inventare la fiaba.

• Circa il 14% (C3) dei Cinesi non riesce a capire il contesto, un dato

che testimonia una conoscenza limitata della lingua Italiana, ma

soprattutto di un contesto poco chiaro.

Dalle percentuali emerge il dato evidente, il 171% degli Italiani riconosce più o

meno il contesto narrativo, contro il 17% degli alunni Cinesi che hanno

3° contestoScuola F.Ferrara (PA)

76%

10% 14%

C1 C2 C3

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bisogno di contesti più chiari. Ancora una volta, questi dati sembrerebbero

falsificare l’analisi qualitativa, dovuto al dislivello del campione d’alunni

considerato tra Italiani e Cinesi, ma nel momento della sperimentazione, ho

potuto dimostrare che la maggioranza dei Cinesi ha impiegato più tempo a

capire il contesto e molti di loro non l’hanno riconosciuto completamente.

In riferimento al 4° ed ultimo contesto, dall’individuazione di una chiave

frastagliata in funzione delle indicazioni in linguaggio naturale, si evidenzia la

seguente condizione:

• Il 32%, (F1) degli alunni, sia gli Italiani sia i Cinesi riconoscono il

profilo della chiave.

• Il 18% (F2) dei soli alunni Italiani non riconosce il profilo della

chiave.

• Il 3% (F3) degli alunni giustifica i processi con coerenza, tutti i Cinesi

presenti nella classe giustificano i processi di soluzione, soltanto due

sono gli alunni Italiani a giustificare con coerenza.

4° contestoScuola M. Amari (PA)

32%

18%3%

47%

F1 F2 F3 F4

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• Il 47% (F4) degli alunni Italiani non giustifica i processi con coerenza,

perché non ha risolto la situazione problema con la strategia esatta.

• Il 29%, (F1) tra alunni Italiani e Cinesi riconoscono il profilo della

chiave.

• Il 25%, (F2) dei soli alunni Italiani non riconosce il profilo della

chiave.

• Il 5% (F3) dei soli alunni Italiani giustifica i processi con coerenza.

• Il 41%, (F4) tra alunni Italiani e Cinesi non giustificano i processi con

coerenza. Gli Italiani non giustificano con coerenza, perché non hanno

saputo riconoscere il profilo della chiave, invece, i Cinesi riconoscono

il profilo della chiave, ma non giustificano con coerenza.

Dall’analisi dei dati, espressi in percentuale, posso concludere che gli Italiani

non mostrano capacità di comprensione del dato percettivo, questo induce a

4° contestoScuola F.Ferrara (PA)

29%

25%5%

41%

F1 F2 F3 F4

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non applicare i principi di coerenza alle indicazioni di riferimento. I Cinesi,

invece mostrano una caratteristica immediata del dato percettivo e riescono a

comprendere le indicazioni nel linguaggio naturale con molta semplicità.

1.3 ANALISI IMPLICATIVA

Albero della similarità (scuola M. Amari)

S 1 N 1 N 2 N 9 F 2 S 3 N 3 S 6 N 5 S 1 2 C 2 S 1 3 N 6 S 2 S 4 N 8 F 4 S 9 S 5 S 7 N 1 1 S 8 N 1 3 S 1 0 N 4 F 1 N 7 C 1 N 1 0 S 1 4 C 3 F 3 S 1 1 S 1 5 S 1 6 S 1 7 N 1 2 N 1 4 N 1 5 N 1 6 N 1 7 N 1 8 N 1 9 N 2 0

Albero delle similarità : C:\Documents and Settings\Spagnolo\Desktop\Scuola M.Amari.csv

Dal grafico della similarità si delineano essenzialmente sei gruppi di item:

• Nel primo gruppo si osserva un buon grado di similarità tra i contesti

S14 e C3, le quali si correlano con F3,

• Nel secondo gruppo, i contesti N4 e F1 mostrano similarità,

correlandosi con N7 e C1 ed in maniera trascurabile con N10,

• Nel terzo gruppo fanno parte i contesti S8 e N13 con alta similarità,

• Nel quarto gruppo i contesti S7 e N11 mostrano un’elevata similarità

tra di loro, correlandosi con S5,

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• Nel quinto gruppo, i contesti S12 e C2 mostrano similarità e si

correlano con S13 ed in maniera trascurabile con N6,

• Nel sesto gruppo, i contesti similari cui mostrano un buon grado di

similarità sono S3 e N3 che si correlano in maniera trascurabile con il

gruppo (S1, N1, N2, N9, F2).

_ Del primo gruppo fanno parte le strategie dell’alunno Cinese, ancora una

volta, si conferma l’ottima risoluzione dell’algoritmo risolutivo in funzione

della narrazione, che si correla con la giustificazione dei processi con coerenza,

in riferimento al quarto contesto, ossia di riconoscere il profilo della chiave,

invece la similarità sembrerebbe paradossale con C3, cui deriva dal fatto che

non riconosce il contesto proposto, proprio perché a bisogno di contesti più

chiari.

_ Del secondo gruppo fanno parte le strategie degli Italiani, i quali mostrano

similarità, perché riconoscono perfettamente il concetto della misura di

lunghezza dei sistemi arbitrari e convenzionali, applicando i multipli e/o

sottomultipli, mostrano un buon approccio alla narrazione.

_Del terzo gruppo, le strategie degli italiani mostrano similarità, in riferimento

al fatto di essere tra di loro riduttive nel contenuto.

_ Nel quarto gruppo, le strategie degli Italiani sono simili, perché non

riconoscendo l’algoritmo risolutivo la narrazione è povera nel contenuto.

_ Del quinto gruppo fanno parte le strategie dell’ alunno Cinesi, a differenza

del primo alunno Cinese posto in analisi, risolve sempre l’algoritmo risolutivo

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in funzione della narrazione, ma in questo caso, riconosce sufficientemente il

contesto della rappresentazione figurata.

_ Del sesto ed ultimo gruppo fanno parte le strategie degli Italiani, i quali non

hanno acquisito la conversione da un’unità di misura ad un’altra, osservando

nella narrazione la medesima confusione.

Grafo implicativo (scuola M. Amari)

S1

F4

F2S6

S8N4N5 N2 N1 N7 N11N9

S7

F3

F1

N13C3

Grafo implicativo : C:\Documents and Settings\Spagnolo\Desktop\Scuola M.Amari.csv99 95 90 85

Dall’analisi del grafico implicativo si individua la seguente condizione:

• L’item S7 implica la variabile N11 al 90%, in cui gli alunni Italiani

dimostrano di saper riconoscere l’unità di misura adeguata, ma non

hanno acquisito l’utilizzo di un solo strumento di misura per ottenere

la soluzione.

• L’item N13 implica la variabile S8, si evince una riduttività

nell’algoritmo risolutivo, conseguente nella narrazione.

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• L’item C3 implica la variabile F3, strategie degli alunni Cinesi, in cui

non riconoscono il contesto della storia, ma riescono a giustificare i

processi con coerenza, a sua volta la variabile F3 implica F1, perché

riconoscono il profilo della chiave.

• Gli item N7, N1, N2 ed N4 implicano la variabile F1, perché le

narrazioni implicano fortemente il riconoscimento della chiave.

• L’item N4 implica le variabili F1 e S1, in quanto si osserva una

coerenza con le corrette strategie risolutive.

• L’item N9 implica le variabili S1 e F2, perché gli alunni riconoscono

lo strumento di misura adeguato per la misurazione, ma mostrano

un’insicurezza nell’uso e quindi, deriva il fatto di non riconoscere il

profilo della chiave, a sua volta F2 implica F4, ossia non riescono a

giustificare i processi con coerenza.

• L’item N5 implica le variabili S6 e F2, ciò significa, gli alunni che

hanno utilizzato queste strategie, utilizzano la proprietà additiva, un

processo lungo nel calcolo, riportando tante volte l’unità di misura fino

a ricoprirla interamente, il fatto di implicare item F2 deriva da una

confusione nei processi quantitativi e ciò comporta un’implicazione

della variabile F4, cioè non riescono a giustificare i processi con

coerenza.

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Albero della similarità (scuola F.Ferrara)

S 1 F 3 N 1 4 S 9 F 1 S 1 5 N 1 6 C 3 S 7 S 1 0 N 1 8 S 1 1 S 8 S 1 6 N 1 9 F 4 S 2 C 1 S 5 N 1 7 S 6 S 3 N 1 5 S 4 F 2 S 1 7 N 2 0 C 2 S 1 2 S 1 3 S 1 4 N 1 N 2 N 3 N 4 N 5 N 6 N 7 N 8 N 9 N 1 0 N 1 1 N 1 2 N 1 3

Albero delle similarità : C:\Documents and Settings\Spagnolo\Desktop\Scuola F.Ferrara.csv

Dal grafico della similarità si osservano quattro gruppi:

• Nel primo gruppo tra le strategie S17 e N20 esiste un’alta similarità,

cui si correlano con C2,

• Nel secondo gruppo le strategie S3 e N15 mostrano similarità ed una

correlazione con S4 e in maniera trascurabile con F2,

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• Nel terzo gruppo le strategie S16 e N19 mostrano un buon grado di

similarità, correlandosi in maniera trascurabile con F4,

• Nel quarto gruppo, le strategie S1 e F3 sono fortemente similari, cui

trovano legame con N14.

Per un ulteriore chiarimento del grafico, ritengo opportuno spiegare ogni

singolo gruppo.

_ Il primo gruppo fa riferimento alle strategie utilizzate da un alunno

Cinese, che risponde correttamente all’algoritmo risolutivo in funzione

della narrazione e mostra un buon approccio alla narrazione, perché spinto

da una forte motivazione al ricordo della Cina, nella memoria episodica,

dimostra un riconoscimento sufficiente del contesto- storia.

_ Del secondo gruppo, le strategie dimostrano poca comprensione del

Sistema Metrico Decimale, oltre agli errori nella soluzione dell’algoritmo,

mostrando poca familiarità nella conversione da un’unità di misura ad

un’altra.

_ Del terzo gruppo, le strategie degli Italiani segnalano una similarità,

dovuta al fatto di non comprendere il sistema metrico decimale e di non

riconoscere l’utilizzo di un solo strumento di misura.

_ Il quarto gruppo mostra un ottimo grado di similarità, rivelando una

conoscenza appropriata dell’algoritmo risolutivo, dovuto ad un’ottima

acquisizione del concetto di misura, mostrando una sicurezza nella

narrazione.

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Grafico implicativo (scuola F. Ferrara)

F1F4

N18 N17

S10 S5 S6

F2S1 N14

F3 N15

Grafo implicativo : C:\Documents and Settings\Spagnolo\Desktop\Scuola F.Ferrara.csv99 95 90 85

Dal grafico implicativo si osservano chiaramente gli item che si implicano con

le variabili tra loro connesse:

• Gli item S5 e S6 implicano la variabile N17, ciò dimostra una chiara

comprensione dell’algoritmo risolutivo in funzione della narrazione.

• L’item N15 implica la variabile F2, a dimostrazione di una riduttiva

comprensione del concetto di misura della lunghezza e dei multipli e

sottomultipli del metro.

• L’item F3 implica le variabile N14 e S1, quest’ultima variabile implica

F1, ciò significa un ottimo approccio alla narrazione, in funzione

dell’algoritmo risolutivo.

• L’item S10 implica le variabili N18 e F4, risultando una difficoltà di

risoluzione dell’algoritmo in funzione della narrazione, ovvero poca

attenzione al racconto.

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Con i grafici rilevati dal programma CHIC, ho dato piena conferma delle

differenze, in altre parole, è visibile il legame esistente tra i contesti analizzati,

con la convinzione che la narrazione può essere uno degli elementi importanti

per discriminare le due culture. Inoltre, dai risultati evidenziati si evincono i

quattro contesti legati alla 1° e alla 2° fase sperimentale, importanti per la

rilevazione dell’analisi qualitativa:

1. Dalla narrazione all’algoritmo risolutivo

2. Dall’algoritmo risolutivo alla narrazione

3. Dalla rappresentazione figurata alla narrazione in linguaggio naturale

4. Individuazione di una chiave frastagliata in funzione delle indicazioni

in linguaggio naturale.

2. ANALISI QUALITATIVA DEI DATI SPERIMENTALI

In questo paragrafo si osserva la ripartizione dei quattro contesti di riferimento.

Tali contesti sono stati analizzati scrupolosamente, dopo una precedente analisi

quantitativa. Leggendo il paragrafo si pone in rilievo il legame esistente tra i

contesti analizzati, in cui più di una volta confermo la narrazione come

elemento differenziante, dovuto alla cultura di appartenenza.

2.1 PRIMO CONTESTO

Dalla narrazione all’algoritmo risolutivo

ALUNNI ITALIANI (SCUOLA M. AMARI E F. FERRARA)

Dai risultati delle strategie adottate dagli alunni si deduce che gli studenti

Italiani possiedono sicuramente una grande capacità narrativa, perché la nostra

cultura determina il desiderio di narrare, raccontare, però si osserva il fattore

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forse più importante all’interno del contesto scolastico, vale a dire, i bambini

Italiani hanno compreso il testo nella seconda fase del questionario, quando gli

si chiedeva di condurre l’attività metacognitiva sull’algoritmo. Soltanto allora,

hanno compreso il testo della narrazione.

Dall’analisi a- posteriori ho avuto la certezza che gli Italiani non mostrano

molta attenzione al testo di una situazione problema, poiché li conduce a

forviare le strategie di soluzione ed inoltre, l’essere disattenti impedisce loro di

mostrare la sistematicità delle operazioni, la quale conduce alla soluzione

dell’algoritmo risolutivo.

ALUNNI CINESI (SCUOLA M.AMARI E F.FERRARA)

Dai risultati delle varie strategie ipotizzate emerge che gli alunni Cinesi a

differenza degli alunni Italiani possiedono capacità di ragionamento e di

attenzione particolari, dovute ad una grande capacità di ascolto e di

focalizzazione immediata dell’argomento proposto, inoltre sono molto precisi

nel produrre le soluzioni e nel riportare le misure con il numero e unità di

misura accanto. Una possibile interpretazione è quella secondo la quale, ciò

permette loro di evitare disorientamenti nell’esecuzione della situazione-

problema e di snellire i processi di soluzione.

Maggiori approfondimenti dovrebbero essere fatti in questo senso. Nella

cultura cinese, infatti, l’unità di misura viene percepita come definizione

specifica del contesto e non elemento della grammatica, del linguaggio della

misura. Negli Italiani non si evince questo bisogno.

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Dagli studi si possono trarre delle conclusioni, che le differenze culturali nelle

attività cognitive dipendono più dalle condizioni in cui specifici processi

cognitivi vengono attivati, piuttosto che da differenze cognitive fra gruppi.46

Le differenze appartenenti a culture diverse e soggetti appartenenti ad una

medesima cultura non sono interpretabili in modo univoco, i risultati

documentano l’influenza delle diverse modalità di presentazione del medesimo

compito, del diverso significato che ciascun compito assume agli occhi di

popolazioni diverse ed infine, il livello di scolarizzazione su alcune abilità

cognitive e soprattutto quelle che assumono rilevanza nel curricolo scolastico.

2.2 SECONDO CONTESTO

Dall’algoritmo risolutivo alla narrazione

ALUNNI ITALIANI (SCUOLA M.AMARI E F. FERRARA)

Le strategie adottate dagli alunni Italiani nella 1° fase sperimentale:”Poldo un

castoro costruttore”, dimostrano differenti modi di ragionamento deduttivo.

Alcune strategie adottate dai bambini sono errate per la non familiarità e

legame con il concetto di mantenere la stessa lunghezza della diga per i due

personaggi della fiaba. La maggioranza degli studenti cerca di giungere alla

soluzione, senza rendersi conto che la diga deve avere soltanto una misura e

non due. Ciò significa, che i bambini Italiani hanno compreso il testo nella

seconda fase della situazione-problema, quando gli si chiedeva di condurre

l’attività metacognitiva sull’algoritmo. Soltanto in quella occasione, hanno

compreso il testo della narrazione.

46 (Cfr. Cole et al, 1971).

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Per quanto la fiaba ha innescato negli alunni molte riflessioni e svariate ipotesi

di soluzione sull’argomento, gli studenti hanno dovuto fare i conti con le

difficoltà nell’algoritmo risolutivo.

Agli alunni è stato chiesto di narrare liberamente sulla consegna, con la

specifica richiesta di cercare di esprimere tutte le idee, compresi i dubbi, in

relazione alla situazione problema proposta, cercando d’immedesimarsi nella

fiaba e sentirsi protagonisti, rispettando un ordine temporale nella loro

discussione47.

Se tu fossi stato Poldo come avresti misurato la diga: racconta…

N1. “ Io un giorno decido di costruirmi una diga e mi trovo come Poldo in una

foresta deserta dove non c’è nessuno che mi può aiutare, non ci sono muratori,

non c’è mio papà, mio fratello, a questo punto mi prenderei un legno e lo

utilizzerei per misurarmi tutta la diga, però mentre la costruisco, così non

faccio brutta figura se viene una che non si fa i fatti suoi come l’anatra,

perché, secondo me maestra, quest’anatra non gli doveva dire niente è stata

proprio stupida l’ha fatto mettere a piangere, ma poi voglio sapere una cosa

maestra, ma come ha fatto a costruirla senza misurare, io prima ho sbagliato a

fare i calcoli, però mi rendo conto che sia per l’anatra che per il castoro la

misura doveva essere la stessa, perché quella è la misura, non può cambiare.

N2. Un bel giorno di sole prima mi sarei sdraiato sopra l’erba, giocato un po’

e poi, mi sarei messo a misurare la bella diga di Poldo con le mani, perché io

mi ricordo, che quando l’ho imparato con i miei compagni ho misurato il

47 Le narrazioni sono state fedelmente registrate. Dopo un’attenta analisi, sono state trascritte e classificate per tipologie di alunni.

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banco con la mano, giravo e giravo la mano fino ad arrivare alla fine…Io

maestra, se vuoi la verità ho sbagliato la soluzione perché mi sono confusa nei

calcoli però ora ho capito che il cm è più piccolo del metro, prima ho fatto i

calcoli perché mi veniva meglio a calcolare così. Ho scelto di farlo semplice…

N3. Se io fossi stato Poldo invece di fare brutta figura davanti all’anatra,

avessi calcolato e scritto durante la costruzione, così appena arrivava

l’anatra, Poldo gli rispondeva subito e gli faceva pure le smorfie…Comunque,

siccome sono più furbo di Poldo, mi sarei fatto aiutare da qualcuno della

foresta, non pensò c’era solo lui nella foresta, in due si sarebbero difesi

meglio…

N4. Comunque, l’anatra ha fatto bene a dirglielo come si fa a misurare la

diga, altrimenti non avrebbe mai imparato….Se io un bel giorno decidessi di

costruire una diga prima mi taglierei la legna tutta della stessa misura poi,

prenderei un legno e pian piano misurerei mentre la costruisco.

N5. Maestra ho pensato, ma invece di ammazzarsi la vita a salire sopra la

diga, contare con i passi, confesso che io l’ho capito ora che 1passo è largo

quanto 5piedi messi insieme, ma questo Poldo non poteva prendere una corda

e metterla da un estremo ad un altro e poi appena la toglieva sopra la diga

prendeva un righello e si misurava la corda, invece di fare tutte questi passi,

perché a me è venuto difficile calcolare, perché non ho capito come era il

passo…

N6. C’era una volta …Tanti anni fa una bambina piccola come me,

passeggiavo e mi sono trovata in un bosco dove c’erano tanti alberi e piante,

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mi fermai e costruii una diga come quella di Poldo, prima presi un bastone

lungo quanto da arrivare alla fine della diga, mi prese il metro della mamma,

perché la mia mamma fa la sarta no…,comincio a misurarlo, così poi, saprò

quanto deve misurare la diga prima di misurarla, perché con i passi, mi

confondo e poi, se cado nell’acqua come faccio ad uscire, ma maestra, una

curiosità, non si spaventava che la diga si rompesse, quando l’ha costruita

come ha fatto?

N7. Maestra, ma prima posso raccontare come io penso, perché non riesco a

raccontare la storia….Allora, secondo me il castoro doveva fare una cosa,

farsi dire dai più grandi quanto misurava il corso d’acqua e poi gli sapeva

rispondere all’anatra…

N8. “Maestra questo doveva essere un muratore perché non erano i muratori

a costruirsi la diga?Allora c’era una volta un certo Poldo che viveva tutto

solo, non aveva fratelli, papà erano morti e così si volle costruire una casa in

mezzo all’acqua……però come se la costruì in mezzo all’acqua, no……aspetta

facciamo così non se la costruisce in mezzo all’acqua se no cade….Allora la fa

partire dalla terra e poi arriva dall’altra parte e si prepara tanti legni e

poi…Boh…

Come fa, non lo so….Aiutami maestra…

N9. Quando diventerò grande come mio papà penserò di costruirmi una casa

come la mia, però non potrei fare come il castoro, perché come farei a salire

sopra la casa e contare i passi, ma userò il metro, io lo so perché mio papà fa

il muratore e io glielo visto. Se verrà una signora come l’anatra e mi dirà

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come ho fatto a misurarla gli dirò subito che ho usato il metro dei muratori e

così lei utilizzerà lo stesso metro e non ci complicheremo le cose…

N10. C’era una volta Poldo che viveva tutto solo, abbandonato, triste, decise

di costruirsi una casa in mezzo all’acqua. Per costruirla utilizzò della legna,

tutta della stessa misura, cioè 150cm, fino ad arrivare all’altra estremità del

fiume. Un giorno arrivò un’anatra e gli disse sai quanto misura questa bella

diga? Il castoro rispose:

Ogni legno misura 150cm, iniziamo a contare dal primo all’ultimo legno e così

sappiamo quanto misura. Appena l’anatra se ne va Poldo gli dice da dietro e ti

ho fregato…

N11. C’era una volta Poldo che voleva costruire una diga nell’acqua. Dopo

che l’ebbe costruita un giorno arrivò a nuoto un’anatra, che voleva sapere

quanto misurasse la sua diga. Poldo si è fatto prestare un metro, quello che

usano i muratori, di quelli che si tirano e si allungano, lo poggiò sopra la diga

e subito seppe quanto misurava, l’anatra rimase a bocca aperta.

N12. Se un giorno mi dovessi costruire una diga come ha fatto Poldo, prima

misurerei quanto è largo il fiume da un punto all’altro e poi saprei quanta

legna ci vorrebbe. Mi chiedo: come mai, Poldo non ci abbia pensato?

N13. Mi secca raccontare, non lo so come dovrei fare per costruirmi una diga.

N14. Non lo so, perché me lo chiedi se già abbiamo trovato il risultato, perché

dobbiamo dire ancora come doveva misurarla, con i passi non va bene? È

sempre uno strumento.

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N15. Io penso che questo castoro ha sbagliato in quel tempo, io lo so perché

invece di costruirsi una diga poteva costruirsi una barca e nascondersi dentro

di essa al momento della sua caccia, così pure si poteva spostare.

N16. C’era una volta Poldo che viveva tutto solo,abbandonato dalla sua

famiglia era stanco di scappare ogni volta, durante la sua caccia, così pensò di

costruirsi una diga. Pensò, ma come farò a costruirla. Un giorno arrivò

un’anatra molto più intelligente, Poldo le chiese il suo aiuto nella

realizzazione. L’anatra contenta accetta la sua proposta e gli disse: prendiamo

una corda, misuriamo la larghezza del fiume e così possiamo vedere quanta

legna bisogna e quanti metri dovrà essere. Poldo felice e spensierato, dopo

averla realizzata saltellava per ore sopra la diga.

N17. C’era una volta Poldo che viveva in una foresta, questo castoro era triste

non aveva genitori perché lo avevano abbandonato. Questo doveva rifugiarsi

da qualche parte e pensò di costruirsi una bella diga. Iniziò a lavorare e

quando terminò il suo lavoro arrivò a nuoto un’anatra e gli chiese come

poteva misurarla, Poldo le disse: con le braccia appena arrivo verso la fine ti

dirò la sua misura. L’anatra gli risponde: io lo faccio con i passi e Poldo le

dice ma stupida che sei, tu hai le zampe piccole, non sono come le mie braccia.

L’anatra arrabbiata gli risponde: perché come la misuri tu? Io non ne sarei

capace. Poldo risponde: mi dirai un numero maggiore di quello che dico io.

L’anatra: ma stupido sarai tu, lo so che ti dirò un numero maggiore, ma poi in

metri sarà uguale, si dovranno eseguire delle operazioni…….

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N18. L’anatra però doveva venire prima di costruirla, così vista la sua

intelligenza gli spiegava come doveva fare per misurarla.

N19. Cerchiamo d’esseri veloci. Poldo doveva prendersi un metro, del resto lo

sanno tutti che ci vuole un metro per misurare.

N20. C’erano una volta Poldo e un’anatra, questi dovevano sapere quanto

misurasse la diga costruita, ma non sapevano come fare perché litigavano

sempre. Un bel giorno decisero di finirla e di misurare la diga, soltanto una

persona, evitando confusione. Poldo si mise a misurare contando i suoi piedi

uno dietro l’altro.

ALUNNI CINESI (SCUOLA M. AMARI E F. FERRARA )

La narrazione dei bambini Cinesi non è stata così facile, in alcune occasioni

sono apparsi poco propensi a comunicare e ad interagire, perché educati alla

riservatezza e alla riflessione.

A differenza degli Italiani non possiedono lo strumento linguistico, ma sono

molto attenti ai messaggi non verbali, la maggior parte di loro è sempre

immobile, non ha espressione e non reagisce, ma ascolta e capisce, attribuisce

significati e trasferisce concetti.

Raccontare per loro non è facile, affinché parlino devono essere spinti dal

bisogno di esternare il proprio stato d’animo, senza lasciarsi condizionare dal

fatto che non si esprimano correttamente, mettere insieme le parole che

possiedono per narrare e condividere l’emozione. Per far sì che ciò avvenga, si

deve stimolare in loro una forte motivazione sul proprio vissuto. La volontà di

comunicare è ciò che gli appartiene e che rileva la nostalgica lontananza

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spazio- temporale. L’ausilio della figura disegnata è stato di buon auspicio per

una più chiara comprensione, un modo per indurli ad un racconto che trovi

un’analogia con la loro terra d’origine. “Le immagini come i suoni e gli odori

evocano sensazioni e sollecitano, attraverso la memoria episodica, la

narrazione di storie personali”.48 Quanto detto è evidente che la prima e la

seconda fase sperimentale falsificano quanto è stato detto, perchè non narrano,

in quanto il contesto narrativo proposto non rispecchia alcuna analogia con la

loro terra d’origine.

Dai risultati della scuola F. Ferrara, soltanto 2 alunni su 8 Cinesi testimoniano

la narrazione, attraverso una paziente mediazione didattica, coinvolgendo i due

bambini nei ricordi e nelle similitudini con la loro terra d’origine.

Ho stimolato la loro memoria episodica facendo osservare l’immagine e

rivelando le differenze e le somiglianze con il loro ambiente, i bambini hanno

iniziato così:

N1. In Cina non ci sono queste dighe, ci sono le barche lunghe, io da piccolo

andavo sempre dove c’erano queste barche, nei fiumi ci sono tante persone,

tanti serpenti, animali, non come il castoro, più grossi. Il castoro può mettersi

vicino alla diga con la barca è vedere se è uguale. Poi può misurare con un

bastone lungo.

N2. In Cina abbiamo i fiumi lunghi e bassi, ci sono le barche lunghe, tanti

animali. Si può misurare la diga con un serpente si mette sopra e si misura, noi

facciamo tante cose con i serpenti, oppure prendiamo un pesce e si misura con

48 [Bodda A. (2004), scheda 2, p. 73].

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questo, tante volte. La Cina è bella, però noi a scuola eravamo tutti bravi in

matematica, perché ci facevano fare più compiti e poi eravamo di più, questi

vostri compiti sono facili li facciamo subito.

Incuriosita dalle capacità di ragionamento nei calcoli ho chiesto ad uno di

loro:

_“ Ma come fate a fare così veloce i calcoli”,

Il bambino risponde:

_ Boh, subito, subito pensiamo e scriviamo è facile.

Dalla narrazione dei due bambini si osserva una capacità di sintesi nel

racconto, che però non si evince una sequenza temporale delle azioni, per una

diversa concezione del tempo,49 forse perché non abituati al nostro modo di

narrare, di raccontare le fiabe, partendo dalle esperienze concrete arrivano a dei

concetti che per noi sembrano assurdi e privi di significato, (misurare la diga

utilizzando come strumento di misura gli animali, ad esempio, il pesce, il

serpente…).

2.3 TERZO CONTESTO

Dalla rappresentazione figurata alla narrazione

in linguaggio naturale

In questo tipo d’analisi, si evincono in maniera dettagliata le differenze tra gli

Italiani e i Cinesi, nell’individuare il contesto attraverso la rappresentazione

figurata.

49 A differenza della nostra cultura, i cinesi percepiscono il tempo in maniera circolare e non lineare.

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I Cinesi hanno bisogno di contesti più precisi, non riescono ad interpretare il

nostro contesto narrativo (castelli, re, regine…) quindi, per comprenderlo a

parità di tempo impegnato dagli Italiani, nell’inventare una fiaba dalle

immagini osservate impiegano più tempo e soltanto in pochi riescono a portare

a termine la situazione proposta, perché non rispecchia la loro cultura

d’origine.

Gli Italiani condividono il contesto narrativo proposto, perché parte della

cultura d’appartenenza, perciò giungono alla narrazione con la massima

spontaneità e creatività, nel minor tempo possibile.

2.4 QUARTO CONTESTO

Individuazione di una chiave frastagliata in funzione delle

indicazioni in linguaggio naturale

In quest’ultima analisi posso dedurre, in maniera abbastanza esplicita, la

considerazione delle differenze cognitive tra le culture d’appartenenza. I Cinesi

mostrano una capacità immediata del fatto percettivo, in altre parole,

dimostrano di saper individuare una chiave in funzione delle indicazioni.

L’ipotesi che posso fare in questo senso è strettamente legata alla lingua

Cinese. Il riconoscimento dei caratteri della lingua naturale ha consentito ai

Cinesi di discriminare velocemente anche le più piccole differenze visuo-

percettive. Il dato che mi sembra rilevante è la comprensione della nostra

lingua naturale, in un contesto narrativo di tipo olistico. Infatti, ritornando alla

prima fase sperimentale della fiaba: “Poldo un castoro costruttore”, rivelano

una sintesi nel racconto e di lettura delle indicazioni.

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CAPITOLO V

CONCLUSIONI

1. CONCLUSIONI DEL LAVORO SPERIMENTALE

Al termine della sperimentazione posso definire le due situazioni- problema, le

quali hanno costituito l’indagine sperimentale, come importanti processi di

verifica delle ipotesi di ricerca, anche se in modo diverso.

La prima fase sperimentale, la fiaba: “Poldo un castoro costruttore” ha

permesso al campione degli alunni coinvolti nella sperimentazione, Italiani e

Cinesi, di dedicarsi in maniera spontanea alla narrazione in matematica,

sfruttando l’algoritmo risolutivo. Si consideri che la narrazione espressa nella

lingua Italiana non risulta sempre chiara per i Cinesi. Il racconto, espresso in

circa due pagine di testo, pone problemi nella capacità di cogliere

sinteticamente il senso del discorso, in pratica, nell’applicazione dell’algoritmo

risolutivo. Il risultato sorprendente è stato quello dei bambini Cinesi, anche se

non hanno compreso il testo nella sua interezza, hanno saputo interpretarlo nel

trasferimento all’algoritmo risolutivo. I bambini Italiani hanno compreso il

testo nella seconda fase del questionario, quando gli si chiedeva di condurre

l’attività metacognitiva sull’algoritmo. Soltanto allora, hanno compreso il testo

della narrazione.

La seconda fase sperimentale, attraverso le due situazioni- problema: “La

chiave magica” e “A chi appartiene la chiave?”, è stata una successiva

conferma del lavoro fatto sulla “narrazione”.

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Per quanto riguarda i Cinesi, si sono riscontrate delle difficoltà, concernenti la

presentazione della situazione-problema: “La chiave magica”, perché riportava

a contesti tipici della cultura occidentale (castelli, re, regine, etc).

Nella situazione- problema “a chi appartiene la chiave”, i bambini Cinesi

hanno risolto egregiamente il problema, fornendo le soluzioni corrette molto

velocemente, forse per un’abitudine culturale a vedere globalmente le

immagini strutturate.

In particolare, l’ordinamento delle chiavi è stato anch’esso immediato,

motivando brevemente le loro risposte (vedi protocolli allegati in appendice).

Gli Italiani hanno dimostrato pienamente delle lacune sul concetto di lunghezza

e la sua misura, esprimendo nella maggioranza dei casi i processi senza

coerenza.

Mettendo a confronto le due fasi sperimentali è possibile affermare che

entrambi hanno favorito la rilevanza delle differenze tra gli alunni Italiani e gli

alunni Cinesi, registrando un divario evidente, sia per la narrazione sia per le

capacità dimostrate in matematica. Il primo intervento ha permesso di

stimolare la creatività nel raccontare le loro opinioni, le loro capacità inventive,

permettendo un coinvolgimento alla situazione proposta e alla narrazione, il

secondo intervento, invece, come conferma per stimolare la creatività e

l’inventiva nel narrare una fiaba in proprio, strumento di verifica del contesto

narrativo.

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Con riferimento alle riflessioni appena enunciate, è possibile affermare che

l’ipotesi: “Se la narrazione è l’elemento unificante nei contesti multiculturali,

allora ci saranno comportamenti omogenei”, è stata falsificata.

Con i grafici analizzati è visibile il legame esistente tra i contesti analizzati, con

la convinzione che la narrazione potrebbe essere uno degli elementi importanti

per discriminare le due culture.

1.2. PROBLEMI APERTI

L’indagine sperimentale ha dato la possibilità di scoprire l’approccio dei

bambini alla narrazione in matematica. Però, rimangono aperte alcune

questioni non analizzate in questo lavoro, ma che potrebbero fornire in futuro

utili informazioni sulla narrazione in culture differenti:

• Il pensiero “olistico” dei Cinesi, permette di vedere la fiaba

(testo scritto ed immagini) in una successione ordinata d’eventi

e/o in una visione unitaria?

• Come strutturare meglio, anche in relazione alla cultura di

origine, il contesto della narrazione?

• Se i registri linguistici di rappresentazione della fiaba cambiano,

abbiamo risultati differenti?

Tali domande, se da un lato scaturiscono la necessità di valicare il lavoro

sperimentale dall’altro determinano l’esigenza di una possibile continuazione

della ricerca.

Ciò significa, che il presente lavoro non ha esaurito tutte le questioni connesse

al tema della narrazione in ambito matematico, né ha la pretesa di porre i propri

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risultati come verità universali, sicuramente ci saranno delle analisi di altri, più

accurate, che possono notare variabili e questioni non considerate e tutto ciò

che può dare ancora più significato al mio tentativo di ricerca in campo

educativo.

2. CONCLUSIONI PERSONALI

Una sincera riflessione mi porta a definire il lavoro sperimentale un’occasione

unica. L’interesse per la cultura orientale ha sempre spinto il mio desiderio di

scoprire la cultura altrui, attraverso delle attività metacognitive dei bambini

impegnati nel risolvere delle situazioni- problema in matematica, creando così,

un qualcosa d’originale da portare in delle classi multiculturali.

Il presente lavoro ha dato la possibilità d’essere protagonista del processo

d’insegnamento- apprendimento, un processo all’interno del quale ho cercato

di non limitare la propria azione alla conoscenza di determinati comportamenti,

ma di ricercare costantemente il perché e le cause. Molti sono stati gli aspetti

importanti, fra questi, una conoscenza approfondita della cultura orientale, la

gestione della classe in ambiente multiculturale, la possibilità di compiere una

ricerca con la consapevolezza che l’educazione non si promuove applicando

regole precostituite, ma esplorando la realtà scolastica, all’interno della quale

ho lavorato, stimolata da un autentico desiderio di scoperta.

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APPENDICE 1

In quest’appendice sono riportate le tabulazioni dei dati, (utilizzando il

programma, Microsoft office excel), inerenti ai quattro contesti di riferimento,

esaminati durante le fasi sperimentali, dando l’opportunità di rilevare i dati dai

grafici, presenti nelle pagine del quarto capitolo.

Contesti:

1. Dalla narrazione all’algoritmo risolutivo

2. Dall’algoritmo risolutivo alla narrazione

3. Dalla rappresentazione figurata alla narrazione in linguaggio naturale.

4. Individuazione di una chiave frastagliata in funzione delle indicazioni in

linguaggio naturale.

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APPENDICE 2

In questa seconda appendice sono riportati, fedelmente, i protocolli degli

alunni, suddivisi per un campione classificato per tipologie di alunni Cinesi e

Italiani, inerente la prima e la seconda fase sperimentale.

1. PRIMA FASE SPERIMENTALE: “POLDO UN CASTORO COSTRUTTORE”

PROTOCOLLI: ALUNNI CINESI (SCUOLA M. AMARI E F. FERRARA)

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PROTOCOLLI: ALUNNI ITALIANI (SCUOLA M. AMARI E F. FERRARA)

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2. SECONDA FASE SPERIMENTALE: “LA CHIAVE MAGICA” E L’ESERCIZIO “A CHI

APPARTIENE LA CHIAVE?”

PROTOCOLLI: ALUNNI CINESI (SCUOLA M. AMARI E F. FERRARA)

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PROTOCOLLI: ALUNNI ITALIANI (SCUOLA M. AMARI E F. FERRARA)

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INDICE

INTRODUZIONE 3

CAPITOLO I 6

LA NARRAZIONE NEI PROCESSI EDUCATIVI

E NELLE SITUAZIONI DI MULTICULTURALITÀ

1. LE FORME DELLA NARRAZIONE 6

2. LA STRUTTURA DELLA NARRAZIONE 9

3. CARATTERISTICHE DELLA NARRATIVITÀ 12

4. LA NARRAZIONE E L’IDENTITÀ CULTURALE 15

5. EFFETTI DELL’ORALITÀ 16

6. IL SIMBOLO FIABICO, PONTE TRA IL REALE 17

E L’IMMAGINARIO

7. RIFLESSIONI CONCLUSIVE 19

CAPITOLO II 22

LA NARRAZIONE NELL’INSEGNAMENTO/ APPRENDIMENTO

IN MATEMATICA

1. NARRAZIONE E MATEMATICA 22

2. LA COSTRUZIONE DEI CONCETTI DELLA GEOMETRIA 26

3. RIFLESSIONI CONCLUSIVE 31

CAPITOLO III 32

L’IPOTESI E IL CONTESTO SPERIMENTALE

1. PRESENTAZIONE DEL LAVORO SPERIMENTALE 32

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2. IL CONTESTO SPERIMENTALE 34

3. LA FAVOLA NEL CONTESTO SPERIMENTALE 36

4. PRIMA FASE SPERIMENTALE 38

5. ANALISI A- PRIORI DELLE STRATEGIE RISOLUTIVE 42

6. ANALISI A- POSTERIORI DELLE STRATEGIE RISOLUTIVE 52

7. SECONDA FASE SPERIMENTALE 69

8. DESCRIZIONE DELLE SITUAZIONI- PROBLEMA 70

9. ANALISI A- PRIORI DEI COMPORTAMENTI ATTESI: 73

“LA CHIAVE MAGICA”

10. ANALISI A- PRIORI DEI COMPORTAMENTI ATTESI: 75

“A CHI APPARTIENE LA CHIAVE”

11. RIFLESSIONI CONCLUSIVE 77

CAPITOLO IV 78

I DATI SPERIMENTALI

ANALISI QUANTITATIVA E QUALITATIVA

1. ANALISI QUANTITATIVA DEI DATI SPERIMENTALI 78

1.2 ANALISI DESCRITTIVA 79

1.3 ANALISI IMPLICATIVA 88

2. ANALISI QUALITATIVA DEI DATI SPERIMENTALI 95

2.1 PRIMO CONTESTO 95

2.2 SECONDO CONTESTO 97

2.3 TERZO CONTESTO 105

2.4 QUARTO CONTESTO. 106

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CAPITOLO V 107

CONCLUSIONI

1. CONCLUSIONI DEL LAVORO SPERIMENTALE 107

2. PROBLEMI APERTI 109

3. CONSIDERAZIONI PERSONALI 110

APPENDICE 1 111

APPENDICE 2 136

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI 169

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