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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PERUGIA Facoltà di Medicina e Chirurgia Corso di Laurea Specialistica in Biotecnologie Mediche Anno accademico 2010-2011 TESI DI LAUREA IDENTIFICAZIONE E CARATTERIZZAZIONE FUNZIONALE DI NUOVE MUTAZIONI GENETICHE NEI CANALI DEL POTASSIO Kir 4.1 (KCNJ10) IN PAZIENTI AFFETTI DA AUTISMO, EPILESSIA E RITARDO MENTA- LE. Laureanda Relatore Francesca Rollo Mauro Pessia

UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PERUGIA - Città di Mesagne - … · 2012-05-15 · la struttura di molti canali ionici, fornendoci informazioni preziosissime sul funzio- ... depolarizzazione

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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PERUGIA

Facoltà di Medicina e Chirurgia

Corso di Laurea Specialistica in Biotecnologie Mediche

Anno accademico 2010-2011

TESI DI LAUREA

IDENTIFICAZIONE E CARATTERIZZAZIONE FUNZIONALE DI NUOVE

MUTAZIONI GENETICHE NEI CANALI DEL POTASSIO Kir 4.1 (KCNJ10)

IN PAZIENTI AFFETTI DA AUTISMO, EPILESSIA E RITARDO MENTA-

LE.

Laureanda Relatore

Francesca Rollo Mauro Pessia

1

INDICE

SINTESI…………………………………………………………………………..4

INTRODUZIONE………………………………………………………………..5

Cenni di Storia della Neurofisiologia……………………………………………5

Canali del potassio………………………………………………………………..6

Canali Kir………………………………………………………………………....9

Struttura molecolare…………………………………………………………….10

Dominio transmembrana……………………………………………………….12

Dominio citoplasmatico………………………………………………………...12

Rettificazione Inward e funzione dei canali Kir……………………………...14

Regolazione del poro dei canali Kir…………………………………………..15

Fisiologia dei canali Kir4.x e Kir5.1…………………………………………..20

Localizzazione intracellulare…………………………………………………..24

Localizzazione nei microdomini di membrana……………………………….26

Funzioni fisiologiche…………………………………………………………...27

Farmacologia…………………………………………………………………..32

Canalopatie associate ai Kir4.1 e Kir5.1……………………………………..32

EPILESSIA……………………………………………………………………...35

Cause dell’epilessia…………………………………………………………….36

Patofisiologia dell’epilessia…………………………………………………….37

AUTISMO……………………………………………………………………….40

2

Cause dell’autismo……………………………………………………………..41

Manifestazioni cliniche dell’autismo………………………………………….42

Il fenotipo “autismo-epilessia”………………………………………………..44

RAZIONALE DELLO STUDIO………………………………………………45

MATERIALI E METODI……………………………………………………...47

PAZIENTI……………………………………………………………………….47

Reclutamento dei pazienti e indagini cliniche………………………………...47

ANALISI DI MUTAZIONI……………………………………………………..48

BIOLOGIA MOLECOLARE…………………………………………………..49

ANALISI STRUTTURA E FUNZIONE………………………………………50

ESPRESSIONE ETEROLOGA DEI CANALI IONICI……………………...51

Prelievo e selezione degli ovociti………………………………………………...53

Microiniezione di mRNA in ovociti……………………………………………..54

ELETTROFISIOLOGIA………………………………………………………..56

Two-electrode voltage-clamp…………………………………………………...56

Tecnica del patch-clamp………………………………………………………..59

RISULTATI……………………………………………………………………..61

3

Caratteristiche cliniche dei pazienti…………………………………………..61

Risultati delle analisi di mutazioni……………………………………………62

Caratterizzazione funzionale dei canali omomerici che presentano le mutazioni

R18Q e V84M……………………………………………………………………64

Caratterizzazione funzionale dei canali eteromerici che presentano le mutazio-

ni R18Q e V84M …………………………………………………………………...69

Modeling molecolare……………………………………………………………...72

Conferma dei risultati……………………………………………………………73

DISCUSSIONE……………………………………………………………………75

BIBLIOGRAFIA…………………………………………………………………80

RINGRAZIAMENTI………………………………………………………......111

4

SINTESI

Lo scopo di questa tesi è quello di verificare se mutazioni nel gene, che codifica per

il canale del potassio Kir4.1 (KCNJ10), inducono modificazioni nell’attività della

proteina, in pazienti appartenenti ad un particolare sottogruppo dello spettro autisti-

co, che è stato denominato come "fenotipo autismo-epilessia".

Per verificare se i canali Kir fossero responsabili del fenotipo oggetto di studio, il ge-

ne KCNJ10 è stato analizzato alla ricerca di mutazioni da DNA genomico estratto da

leucociti del sangue periferico dei pazienti e utilizzando tecniche standard di genetica

molecolare.

Successivamente attraverso studi funzionali, utilizzando la tecnica elettrofisiologica

del TEVC (two-electrode voltage-clamp) e del patch clamp, si è analizzato l’effetto

delle mutazioni identificate sull’attività del canale Kir4.1. I risultati ottenuti mostra-

no che queste mutazioni inducono una gain-of-function dell’attività del canale sia at-

traverso un aumento di espressione in superficie o della conduttanza della proteina.

I canali Kir 4.1 sono abbondantemente espressi negli astrociti in cui assieme al

Kir5.1 contribuiscono al buffering di K+. La disfunzione dell’omeostasi del K

+ indot-

ta dalle mutazioni del canale Kir4.1, in pazienti con DSA e suscettibilità all’epilessia,

potrebbe contribuire allo sviluppo del fenotipo autistico e degli attacchi epilettici, al-

terando l’eccitabilità e la funzione sinaptica, e potrebbe rappresentare un target per

nuovi approcci terapeutici.

5

INTRODUZIONE

Cenni di Storia della Neurofisiologia

Il potenziale d'azione (PA) è il fenomeno particolare che si manifesta nei neuroni, e

che prevede un rapido cambiamento di carica tra l'interno e l'esterno della membrana

cellulare. Nel corso dei secoli il lavoro pionieristico di alcuni scienziati ha permesso

di chiarire i fenomeni che sono alla base della generazione del PA e delle proprietà

elettriche delle cellule nervose.

Luigi Galvani, tra il 1791 ed il 1797, pubblicò il suo più famoso esperimento metten-

do le basi di una nuova scienza e proponendo la teoria sull’elettricità animale. Infatti

su un preparato di rana eseguì i primi esperimenti di elettrofisiologia. Successiva-

mente Alessandro Volta illuminato dai risultati di Galvani, inventò la prima batteria.

Gli effetti elettrici e fisiologici ottenuti da questo strumento su preparati di tessuto sia

umano che di rana, inaugurarono definitivamente l’era moderna della neurofisiologia

(Piccolino 1997 e 2000).

Cento anni dopo, Julius Bernstein ipotizzò l’esistenza di potenziali bioelettrici nelle

membrane eccitabili e propose che la permeabilità di queste strutture dovesse neces-

sariamente cambiare in seguito ad una stimolazione. Questa teoria venne confermata

alla fine del 1930 da Kenneth Cole e Howard Curtis. Con degli esperimenti che pre-

vedevano l’uso di un assone gigante di calamaro, i due ricercatori mostrarono che la

conduttanza della membrana aumentava durante un PA (Cole and Curtis 1939). Suc-

cessivamente Alan Hodgkin e Andrei Huxley osservarono che sorprendentemente il

potenziale della membrana superava il valore di 0mV e cambiava di segno durante

un impulso elettrico. Un decennio dopo Hodgkin e Katz dimostrarono inequivoca-

bilmente che l’entrata degli ioni sodio attraverso la membrana determinava la fase di

ascesa ed la propagazione del PA, così come il superamento dello zero (Hodgkin e

Katz 1949). Immediatamente dopo, utilizzando l’innovativa tecnica del Voltage-

Clamp, riuscirono a dissociare le correnti ioniche di sodio e di potassio negli assoni

stabilendo la loro voltaggio dipendenza, le loro proprietà cinetiche ed il ruolo nella

generazione e nella propagazione del PA (Hodgkin e Huxley 1952).

Hodgkin e Huxley dedussero il coinvolgimento di proteine contenenti dei pori nella

generazione del segnale elettrico nei neuroni. Sebbene l’esistenza dei pori fosse stata

originariamente proposta da Ernst Brücke nel 1843, solo nel 1970 vennero misurate

le correnti dei singoli canali quando Ervin Neher e Bert Sakmann svilupparono la

tecnica del patch-clamp (Neher e Sakmann 1976). Ed è grazie a queste affascinanti

6

scoperte che noi oggi sappiamo che le aperture e chiusure concertate di canali ionici

del sodio, del potassio e del calcio svolgono un ruolo di assoluta importanza nella

neurotrasmissione. In particolare loro generano e stabiliscono la forma dei PA, mo-

dulano il rilascio dei neurotrasmettitori, controllano l’eccitabilità, le proprietà elettri-

che e la frequenza di scarica dei neuroni sia centrali che periferici (Hille B. 2001).

Molti di questi canali sono stati clonati negli ultimi vent’anni. La ricchezza di infor-

mazioni ottenute hanno inaugurato un intenso periodo di analisi della struttura-

funzione di questi canali ionici. Inoltre, la dettagliata delucidazione della struttura dei

geni ha permesso di individuare delle mutazioni responsabili di canalopatie eredita-

rie. A coronamento di quest’era, studi di cristallografia hanno recentemente chiarito

la struttura di molti canali ionici, fornendoci informazioni preziosissime sul funzio-

namento di queste proteine.

Canali del potassio

I canali del potassio rappresentano la più antica famiglia di canali di membrana e so-

no espressi in molti tipi di cellule, sia nel regno animale che in quello vegetale oltre

che in lieviti e batteri (Hille B. 2001). Questi canali hanno la funzione fondamentale

di stabilizzare il potenziale di riposo di una membrana; intervengono nella fase di ri-

polarizzazione dopo un potenziale d'azione e sono importanti perché condizionano

l'intervallo tra un PA ed il successivo in caso di scariche ripetitive; hanno poi la fun-

zione di trasporto dei soluti negli epiteli e rimuovono gli eccessi di potassio dagli

spazi intercellulari, che è una funzione tipica delle cellule gliali.

Questi canali possono essere regolati da cambiamenti del potenziale di membrana e

dello stato metabolico della cellula o tramite trasmettitori e ormoni. Tale regolazione

è importante per le funzioni di signaling tra i neuroni e nei meccanismi di protezione

durante eventi stressanti quali anossia e ischemia. Questo giustifica il fatto che agenti

farmacologici che incrementano o diminuiscono l’attività dei canali al potassio pos-

sano essere utilizzati come potenziali anti-ischemici, antiaritmici, antipertensivi o an-

tianginosi.

L’importanza fisiologica della funzione dei canali al potassio è evidente dalle conse-

guenze che mutazioni possono generare. Mutazioni dei geni che codificano per tali

canali sono associati a malattie neurologiche come l’atassia episodica (Browne et al.

1994; Adelman et al. 1995) e l’aritmia cardiaca (Curran et al. 1995, Sanguinetti et al.

1995). Mutazioni nel gene che codifica per il recettore della sulfanilurea, una β subu-

7

nità del canale per il potassio ATP-dipendente nel pancreas, induce ipoglicemia ipe-

rinsulinemica infantile (Inagaki et al. 1995, Thomas et al. 1995).

Questi canali ionici conducono selettivamente lo ione K+ secondo gradiente elettro-

chimico ad una velocità di 106-10

8 ioni al secondo. Nello stato di riposo la concen-

trazione degli ioni potassio fuori dalla cellula è di circa 35 volte inferiore rispetto alla

concentrazione nei fluidi intracellulari ([K+]e=4mEq/l, [K

+]i=140mEq/l) e in seguito

all’apertura dei canali si genera un flusso di cariche positive verso l’esterno che per-

mettono la ripolarizzazione e/o l’iperpolarizzazione della membrana cellulare.

I canali del potassio mostrano una straordinaria eterogeneità dovuta in parte alla mol-

titudine di geni che codificano per i canali stessi, ma anche ad altri processi come lo

splicing alternativo, che da luogo alla formazione di mRNA multipli trascritti da un

singolo gene, o l’assemblamento eteromerico di differenti subunità principali come

anche possibili modificazioni post-traduzionali. Grazie ai progressi nel campo della

biologia molecolare ed alla conoscenza del genoma umano, negli ultimi anni sono

stati identificati più di 80 canali del potassio con i relativi geni anche se in ogni caso

è possibile identificare alcuni elementi strutturali comuni. I canali del potassio, infat-

ti, sono tutti complessi generati dal coassemblaggio di quattro subunità che possono

essere identiche o simili (isoforme) e che sono chiamate principali o α-subunità.

Queste subunità costituiscono il canale ionico. Tali proteine possono essere formate

da un numero variabile di segmenti transmembrana (TMs) uniti da loops intra ed e-

xtracellulari con il dominio amminico e quello carbossi-terminale localizzati nel lato

citoplasmatico.

I canali del potassio, quindi, sono tutti tetrameri e a seconda del numero di α-eliche

che costituiscono ogni dominio del tetramero si distinguono in tre categorie come si

può osservare nella figura seguente:

8

Fig. 1 Classificazione dei canali del K+

Canali del potassio a 6 α-eliche transmembrana (6 STM), che comprendo-

no:

o Canali rettificanti che si aprono con ritardo (o delayed rectifier). So-

no canali del potassio attivati dalla depolarizzazione della membrana.

Hanno la funzione di regolare la durata del potenziale d’azione.

o Canali che generano correnti transienti (KA). Sono canali che si apro-

no in modo transiente quando una cellula si depolarizza in seguito ad

un’iperpolarizzazione. La loro funzione è quella di stabilizzare il po-

tenziale di riposo delle cellule nervose e ridurre la frequenza dei treni

di potenziali d’azione.

o Canali del K+ calcio-dipendenti. Si distinguono in canali ad alta

(BKCa) e bassa conduttanza (SKCa). Nella cellula a riposo questi canali

sono chiusi a causa della bassa concentrazione di calcio. In seguito a

depolarizzazione si aprono i canali del calcio voltaggio-dipendenti.

Per cui, la concentrazione intracellulare di Ca2+

aumenta. Ciò provoca

l’apertura di questi canali del potassio che così può uscire dalla cellu-

la. Tipicamente, hanno un tempo di apertura prolungato ed il fusso di

ioni potassio verso l’esterno iperpolarizza la cellula e quindi riduce la

frequenza dei potenziali d’azione generati da un neurone.

Canali del potassio a 4 α-eliche transmembrana (4 TMs), ancora non ben

caratterizzati.

9

Canali del potassio a 2 α-eliche transmembrana (2 TMs). Sono canali che

permangono aperti in condizioni di iperpolarizzazione della membrana e si

chiudono quando questa si depolarizza. Tipici delle cellule muscolari cardia-

che, stabilizzano il potenziale quando la membrana è nello stato di riposo, ma

quando uno stimolo sovrasoglia induce un potenziale d’azione, i canali si

chiudono.

Fanno parte di questa famiglia i canali del potassio attivati da proteine G

(GIRK = G protein coupled inward rectifier K+ channels).

L’attività di questi canali è stimolata da numerosi recettori inibitori presenti a livello

del sistema nervoso centrale, del cuore e delle ghiandole endocrine, in cui svolgono

un ruolo di iperpolarizzazione con blocco dell’attività elettrica di membrana.

La loro attivazione richiede l’interazione della subunità βγ di proteine Gi con struttu-

re citosoliche del canale che determinano l’apertura del poro mediante una modifica-

zione conformazionale delle eliche che lo delimitano.

La caratteristica principale di questi canali è il filtro di selettività che permette il pas-

saggio degli ioni K+ solo se deidratati. Al centro del canale è presente una cavità pie-

na d’acqua.

Canali Kir

I canali del potassio a 2 α-eliche transmembrana inward rectifier (Kir) sono stati i-

dentificati in un’ampia varietà di cellule oltre ai miociti cardiaci (Beeler e Reuter

1970; Kurachi Y. 1985; McAllister e Noble 1966; Noble D. 1965; Rougier et al.

1968) ed ai neuroni (Brown et al. 1990; Gahwiler e Brown 1985; Lacey et al. 1988;

North et al. 1987; Takahashi T. 1990; Williams et al. 1988).

Infatti sono stati individuanti anche nelle cellule del sangue (Lewis et al. 1991;

McKinney e Gallin 1988), cellule endoteliali (Silver e DeCoursey 1990), osteoclasti

(Sims e Dixon 1989), e cellule gliali (Kuffler e Nicholls 1966; Newman EA. 1984) e

sono molto importanti per la regolazione del potenziale di membrana a riposo e per l’

attività elettrica cellulare.

Questi canali sono anche regolatori essenziali dei processi di trasporto del K+

nell’organismo e/o di secrezione di ormoni (KATP e insulina) (Nichols e Lopatin

1997; Reimann, e Ashcroft 1999).

I canali Kir, quindi, non solo controllano le proprietà elettriche attive e passive delle

cellule, ma intervengono anche nelle pathway intracellulari di recettori accoppiati a

10

proteine G (GPCR), rappresentando un punto di collegamento tra stato metabolico

cellulare ed eccitabilità di membrana.

A tutt’oggi sono stati identificati 15 geni codificanti per le subunità Kir, classificati

in sette famiglie (Kir 1.x-Kir 7.x). A loro volta queste famiglie possono essere orga-

nizzate in quattro gruppi funzionali come mostrato nella figura seguente:

Fig. 2 Famiglie dei canali Kir

1) Canali Kir classici (Kir2.x)

2) Canali Kir associati a proteine G (Kir3.x)

3) Canali K+ sensibili all’ATP (Kir6.x)

4) Canali di trasporto del K+ (Kir1.x, Kir4.x, Kir5.x e Kir7.x)

Struttura molecolare

I primi ad essere descritti già a partire dal 1993 sono stati i canali Kir 1.1 e i Kir 2.1.

La struttura primaria di questi canali è costituita da due domini transmembrana (TM1

e TM2) uniti da una sequenza aminoacidica che costituisce la porzione extracellula-

re del poro (H5), e da due domini citoplasmatici amino (NH2)- e carbossi (COOH)-

terminale.

Rettifica-

zioo-

ne,spiega

bene ora o

dopo

11

Fig. 3 Struttura primaria delle subunità dei canali Kir

Ogni subunità Kir contiene due domini transmembrana (TM1 e TM2), una regione

formante il poro del canale (H5) e le estremità citosoliche NH2- e COOH- terminali.

Il segmento H5 costituisce il filtro di selettività (Heginbotham et al. 1994) e presenta

la classica sequenza aminoacidica presente in tutti gli altri canali selettivi agli ioni

K+, T-X-G-Y(F)- G (Bichet et al. 2003). Le estremità NH2 e COOH esposte nel cito-

plasma, sono associate l’una all’altra in modo da costituire il dominio citoplasmatico

che è legato, ma comunque distinto, dal dominio transmembrana. Si pensa che pro-

prio il dominio citoplasmatico sia responsabile del meccanismo di gating del canale

(meccanismo per cui l’azione di un ligando in una regione del canale o una variazio-

ne del potenziale di membrana, inducono un cambiamento di conformazione del ca-

nale). Mediante cristallografia, si è osservato che questa struttura molecolare è co-

mune a tutti i canali Kir. Rispetto ai canali Na+, Ca

2+ (formati da 4 subunità, ognuna

a sua volta costituita da 6 eliche transmembrana) e K+ voltaggio dipendenti (che pos-

siedono 6 domini transmembrana), i canali Kir non possiedono il sensore del voltag-

gio. Di conseguenza lo stato di attivazione dei canali Kir non dipende dal potenziale

di membrana ma da meccanismi specifici per ogni tipo di canale (es. ATP determina

chiusura canali K-ATP dipendenti o proteina G causa attivazione canali KG). Dal

momento che la struttura primaria dei due domini transmembrana è insufficiente a

formare un canale ionico completo, i canali Kir funzionali sono costituiti da quattro

di queste subunità che si uniscono a formare un complesso tetramerico (Glowatzki et

al. 1995; Yang et al. 1995). In virtù della forte omologia e semplicità delle subunità, i

canali Kir possono essere sia omomerici, quindi costituiti dall’unione di 4 subunità

H2N+ COO-

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identiche, che eteromerici. In quest’ultimo caso, il canale è costituito da 4 subunità

differenti, normalmente appartenenti alla stessa famiglia (per esempio la subunità Kir

2.1 si può associare con un altro membro della famiglia Kir 2.x (Preisig-Muller et al.

2002; Schram et al. 2002), anche se possono verificarsi delle eccezioni come nel caso

del canale Kir4.1-5.1.

Dominio transmembrana

Come è stato descritto precedentemente, questo dominio è composto da due strutture

ad elica che attraversano la membrana, una esterna (TM1) e una interna (TM2), e da

due piccole eliche addizionali (―pore‖ e ―side‖ helix). Il poro del canale è delimitato

dall’elica TM2 di ognuna delle quattro subunità Kir. Il poro attraverso il quale passa-

no gli ioni può essere suddiviso, dal punto di vista funzionale, in tre regioni distinte:

il filtro di selettività, la cavità centrale piena d’acqua e la superficie interna del poro

costituita dalle basi delle quattro eliche TM2. La sequenza T-X-G-Y(F)-G, che rap-

presenta il filtro di selettività, separa la cavità centrale del canale dalla soluzione e-

xtracellulare.

Fig. 4 Dominio trans membrana

Nella figura sono mostrate alcune strutture secondarie del dominio transmembrana,

importanti per il funzionamento dei canali Kir. Il dominio transmembrana comprende

tre eliche: TM1, ―pore helix‖ e TM2. Sul lato citoplasmatico della membrana c’è an-

che l’elica anfipatica ―side helix‖. I residui mostrati in giallo sono responsabili

dell’interazione con Mg2+

e poliammine e, quindi, coinvolti nei meccanismi di retti-

ficazione. Nei canali Kir ci sono due diversi meccanismi di gating, lento e veloce.

Filtro di selettività

“pore helix”

TM2

TM1

“side helix”

Residui che intera-

giscono con Mg2+

e

poliammine

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Nelle registrazioni delle correnti di singolo canale, il gating lento corrisponde a rapi-

de aperture (bursts) intervallate da lunghi periodi di chiusura, mentre il gating veloce

corrisponde a rapide aperture e chiusure del canale.Diverse analisi svolte sui canali

Kir hanno mostrato che entrambe le eliche TM1 e TM2 sono coinvolte in questi

meccanismi di gating.

Dominio citoplasmatico

Il dominio citoplasmatico dei canali Kir è costituito dalle estremità NH2 e COOH

delle quattro subunità Kir. Ogni terminazione è ricca di filamenti β, i quali si unisco-

no a formare tre foglietti β. In realtà il dominio citoplasmatico è costituito principal-

mente dalle terminazioni COOH, mentre le terminazioni NH2 contribuiscono alla

formazione dell’interfaccia tra le subunità posizionandosi tra le estremità COOH a-

diacenti. Ogni terminazione NH2 contiene un singolo filamento β (βA) che si unisce

a due filamenti β (βL e βM) nell’estremità COOH per formare un foglietto β. Tutto

ciò è importante per conferire stabilità all’intera struttura citoplasmatica del canale.I

quattro gruppi formati dall’associazione delle terminazioni NH2 e COOH costitui-

scono una struttura cilindrica che circonda il cosiddetto poro citoplasmatico. Questa

architettura è caratteristica dei canali Kir e determina un prolungamento di ≈30 Å

della pathway di conduzione (Nishida e MacKinnon 2002). Quindi in questi canali, il

potassio deve percorrere più di 60 Å attraverso il poro composto dal dominio tran-

smembrana e citoplasmatico.

Fig. 5 Dominio citoplasmatico

membrana

N217D

S225E

E300

D260

S256D

H222

R52 R190

R219

L262

G336

L333

H57

14

In BLU sono mostrati i residui aminoacidici coinvolti nel legame del PtdIns(4,5)P2,

necessario per l’apertura del canale. Questi sono distribuiti sulla superficie del domi-

nio citoplasmatico, a contatto con la membrana. La parte centrale del dominio cito-

plasmatico è costituita da una cavità acquosa che contribuisce alla permeazione degli

ioni. A livello di tale cavità sono localizzati alcuni residui coinvolti nella rettificazio-

ne inward (mostrati in ROSSO). I canali Kir3.x sono attivati dall’interazione diretta

con la subunità βγ delle proteine G e i canali contenenti le subunità Kir3.2 e Kir3.4

possono essere attivati anche dal Na+. Gli aminoacidi responsabili di queste intera-

zioni sono rispettivamente indicati in VERDE e in ROSA.

La regione citoplasmatica dei canali Kir è importante anche perché permette il lega-

me del fosfatidilinositolo 4,5 bifosfato (PtdIns(4,5)P2), necessario per il corretto fun-

zionamento del canale (Bendahhou et al. 2003; Hilgemann e Ball 1996; Huang et al.

1998; Lopes et al. 2002; Shyng e Nichols 1998; Zhang et al. 1999), così come di altre

proteine di trasporto degli ioni come lo scambiatore Na+/Ca

2+ e i canali del Ca

2+ vol-

taggio-dipendenti (Hilgemann e Ball 1996; Hilgemann et al. 2001; Suh e Hille

2005). E’ stato proposto che l’azione del PtdIns(4,5)P2 coinvolga numerosi residui

basici e privi di carica nella regione citoplasmatica del canale, in particolare a livello

della superficie rivolta verso la membrana (Du X et al. 2004; Fan e Makielski 1997;

Huang et al. 1998; Schulze et al. 2003; Shyng et al. 2000; Zhang et al. 1999). Anche

nella regione transmembrana sono presenti residui che partecipano all’associazione

tra il PtdIns(4,5)P2 ed il canale, si tratta di residui basici raggruppati nella parte più

bassa dell’elica interna TM2 e residui privi di carica localizzati, invece, sulla ―slide

helix‖ (Lopes et al. 2002; Roha´cs et al. 2002). Tuttavia il meccanismo d’azione del

PtdIns(4,5)P2 non è ancora del tutto compreso.

La modulazione della conformazione delle terminazioni NH2 e COOH e la loro inte-

razione gioca chiaramente un ruolo fondamentale nella regolazione del gating dei ca-

nali Kir.

Rettificazione Inward e funzione dei canali Kir

Inizialmente le correnti Kir sono state definite correnti rettificanti ―anomale‖ del po-

tassio. Infatti la relazione tra queste correnti e il potenziale di membrana non segue la

cinetica descritta da Hodgkin-Huxley (Hagiwara S. 1983) e il loro comportamento

sembra dipendere principalmente dal gradiente elettrochimico del potassio (potenzia-

le di membrana (Em) meno potenziale di equilibrio del K+ (EK)). Infatti, la rettifica-

15

zione Inward delle correnti dei canali Kir è dovuta al blocco del poro del canale da

parte di Mg2+

e poliammine intracellulari quando il potenziale di membrana (Em) è

maggiormente depolarizzato rispetto al potenziale di equilibrio del potassio (EK)

(Hagiwara e Takahashi 1974). Molti dei residui aminoacidici responsabili di questo

blocco sono stati individuati a livello dell’elica interna TM2, ma ne sono stati identi-

ficati anche altri a livello della parete del poro nel dominio citoplasmatico. Nelle cel-

lule che esprimono elevate quantità di questi canali, quindi, ci si aspetta un potenzia-

le di membrana prossimo al potenziale di equilibrio del potassio e mancanza di attivi-

tà elettrica spontanea. Proprio queste caratteristiche, insieme alla voltaggio indipen-

denza, rendono i canali Kir molto importanti per la regolazione del potenziale di

membrana a riposo.

L’attività fisiologica dei canali Kir dipende da diversi fattori tra i quali l’apertura del

poro e il flusso ionico. Anche la localizzazione del canale in particolari regioni della

cellula (per esempio a livello della membrana pre- o post-sinaptica per quanto ri-

guarda i neuroni), o in microdomini della membrana cellulare (ad esempio in prossi-

mità di altre molecole trasportatrici), da un contributo importante al ruolo funzionale

dei canali Kir nei diversi organi o tessuti.

Regolazione del poro dei canali Kir

Ci sono diversi fattori che regolano il flusso ionico e le cinetiche di apertura del poro,

i principali sono ioni, poliammine, nucleotidi, lipidi e diverse proteine intracellulari

che nella maggior parte dei casi interagiscono direttamente con componenti fonda-

mentali del canale.

Mg2+

intracellulare e poliammine.

La capacità rettificante dei canali Kir è il risultato dell’interazione tra due so-

stanze intracellulari, Mg2+

e poliammine (in particolare spermidina e spermi-

na), e la regione citoplasmatica del poro del canale (Lopatin et al. 1994; Ma-

tsuda et al. 1987). Depolarizzazioni di membrana fanno si che queste sostanze

blocchino la fuoriuscita del potassio legandosi a residui localizzati a livello

dei domini transmembrana o citoplasmatici dei canali. Diversi studi hanno

dimostrato che la rettificazione in realtà è il risultato dell’azione combinata di

questo blocco mediato dal Mg2+

intracellulare e di un processo di attivazione

intrinseco, il meccanismo sterico del gating (Ishihara et al. 1989; Kurachi

Y.1985; Matsuda H. 1988; Matsuda et al. 1987). Ad esempio, nel caso delle

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correnti dei canali Kir cardiaci, gli ioni Mg2+

determinano una rettificazione

inward istantanea, seguita dall’aumento tempo-dipendente della rettificazio-

ne dovuto al meccanismo intrinseco di gating. Mediante registrazioni di

patch-clamp nella configurazione ―inside-out‖, si è osservato che, nel caso in

cui venga meno, questo meccanismo intrinseco di gating può essere ripristi-

nato mediante l’applicazione, a livello della porzione intracellulare del cana-

le, di poliammine (spermidina e spermina) in concentrazioni sub-micromolari

(Fakler et al. 1995; Ficker et al. 1994; Lopatin et al. 1994; Yamada e Kurachi

1995). Grazie a questa osservazione e dal momento che le poliammine sono

presenti in concentrazioni sub-millimolari nella cellula, si può affermare che

il meccanismo di gating è il risultato della capacità delle poliammine di bloc-

care e sbloccare lentamente i canali Kir ( in modo tempo-dipendente). Quindi,

in condizioni di depolarizzazione (precedentemente chiamata ―deattivazio-

ne‖) si ha inibizione tempo-dipendente delle correnti outward (correnti in u-

scita dalla cellula) dovuta all’azione bloccante delle poliammine. In caso di

iperpolarizzazione invece, le correnti inward del potassio inizialmente au-

mentano in modo indipendente dal tempo a causa del rapido sblocco del ca-

nale per rimozione degli ioni Mg2+

e continuano poi ad aumentare in modo

tempo-dipendente per lo sblocco dovuto alle poliammine. Quest’ultima fase

viene definita ―attivazione‖(Lopatin et al. 1995).

Non tutti i tipi di canali Kir comunque presentano lo stesso grado di rettifica-

zione inward, esistono infatti ―forti rettificatori‖ (canali Kir 2.1 e Kir3.x),

―rettificatori intermedi‖ (Kir 4.x) e ―deboli rettificatori‖ (Kir 1.1 e Kir 6.x).

Diversi studi di questi canali hanno permesso di identificare la posizione 172

del secondo dominio transmembrana (TM2) come sito critico nel determinare

la capacità rettificante dei canali Kir. Si è giunti a questa conclusione osser-

vando che in questa posizione nei forti rettificatori Kir 2. 1 è presente un re-

siduo di Aspartato (D) carico negativamente, mentre nei rettificatori deboli

Kir 1.1 c’è un residuo di Asparagina (N) privo di carica (Lu Z e MacKinnon

1994; Stanfield et al. 1994; Wible et al. 1994; Yang et al. 1995). Per questo

motivo il sito 172 del dominio TM2 è stato definito ―D/N site‖ ed è stato di-

mostrato che sostituendo questo residuo di Asparagina con l’Aspartato si ot-

tiene un forte aumento dell’affinità dei Kir 1.1 per il Mg2+

e di conseguenza

un aumento della rettificazione.

17

Fig. 6 Caratteristiche elettrofisiologiche dei canali del potassio Kir

Concentrazione extracellulare di K+.

La conduttanza di tutti i canali Kir, ad eccezione del Kir7.1 (Doring et al.

1998; Krapivinsky et al. 1998), aumenta all’aumentare della concentrazione

extracellulare di potassio ([K]o). Ad esempio, la conduttanza del canale

Kir2.1, in assenza di Mg2+

e poliammine, dipende dalla radice quadrata della

[K]o, suggerendo che questa dipendenza possa essere una proprietà del poro

dei canali aperti (Lopatin e Nichols 1996). Tale proprietà implica che il pas-

saggio di ioni attraverso i canali Kir non segue la legge di permeabilità di

Goldman-Hodgkin-Katz (secondo la quale gli ioni influenzano il potenziale

di membrana in base alla loro permeabilità relativa e si muovono attraverso il

poro in maniera del tutto indipendente l’uno dall’altro), ma piuttosto è in ac-

cordo con il modello del ―poro multi-ione‖ secondo il quale il poro del canale

può essere occupato contemporaneamente da più di uno ione (Hille e

Schwarz 1978). A tal proposito, uno studio di Hagiwara e collaboratori ha

18

proposto che il poro dei canali Kir avrebbe almeno 2 siti di legame per il K+

(Ciani et al. 1980; Ciani et al. 1978).

Fosfatidilinositolo 4,5-bifosfato.

Il fosfatidilinositolo 4,5-bifosfato [PI(4,5)P2] è un lipide ancorato alla mem-

brana cellulare che è molto importante per la funzionalità della maggior parte

dei canali Kir (Hilgemann et al. 2001). Le analisi mutazionali di questi canali

hanno mostrato che il PI(4,5)P2 si lega a livello di residui aminoacidici cari-

chi positivamente a livello dell’estremità carbossi-terminale (Huang et al.

1998; Lopes et al. 2002). Molto spesso quando si effettuano registrazioni di

patch-clamp su frammenti di membrana separati dalla cellula, l’attività dei

canali Kir diminuisce progressivamente, ma può essere ripristinata mediante

l’applicazione di ATP sulla superficie intracellulare della membrana poiché

l’ATP ripristina il PI(4,5)P2 mediante l’attivazioni di chinasi lipidiche (Hil-

gemann e Ball 1996). Tutto ciò dimostra quindi l’importanza del PI(4,5)P2

per la funzionalità dei canali Kir.

Ulteriori sostanze

La funzionalità di alcuni tipi di canali Kir, in particolare i Kir 1.1, Kir 2.3 e i

Kir contenenti la subunità 4.1, può essere regolata anche da variazioni del pH

intracellulare e/o extracellulare. Generalmente l’abbassamento di pH (acidifi-

cazione) determina la riduzione dell’attività del canale.

I canali Kir associati a proteine G (KG) che contengono la subunità Kir3.2 o

Kir3.4 possono essere attivati dal sodio intracellulare (Nai+) (Ho e Murrell-

Lagnado 1999; Petit-jacques et al. 1999).

I canali Kir ATP - dipendenti (KATP), che sono costituiti da una subunità 6.x e

dal recettore ausiliario della sulfonilurea (SURx), sono inibiti dall’ATP intra-

cellulare che interagisce direttamente con le regioni citoplasmatiche della su-

bunità Kir 6.2 per regolare la funzione del poro del canale (Anticliff et al.

2005; Cukras et al. 2002; John et al. 2003; Li et al. 2000). Invece i nucleotidi

difosfato intracellulari (NDPs) attivano i KATP legandosi al recettore della sul-

fonilurea il quale a sua volta influenza la funzione del poro in modo tale da

aumentare la probabilità di apertura del canale (Babenko et al. 2000; Shyng et

al. 2000; Ueda et al. 1997).

19

Fosforilazione

L’attività dei canali Kir può essere modulata anche da proteine chinasi, in

particolare proteina chinasi A e C, mediante la fosforilazione delle loro subu-

nità. Alcuni esempi di questa regolazione sono: la fosforilazione della subuni-

tà Kir1.1 da parte della PKC che risulta nella soppressione dell’attività del

canale (Lin et al. 2002); la fosforilazione delle subunità 6.1 e SUR2B dei ca-

nali KATP nel muscolo liscio da parte della PKA , che determina invece un

aumento della loro attività (Quinn et al. 2004; Shi et al. 2007); la fosforila-

zione della subunità Kir1.1 da parte di una chinasi serica regolata da gluco-

corticoidi (SGK) che promuove la sua espressione sulla superficie cellulare

(Yoo et al. 2003).

Interazione proteina-proteina

Le interazioni proteina-proteina coinvolte nella regolazione della funzione

del poro dei canali Kir includono l’interazione tra le subunità βγ delle protei-

ne G (Gβγ) e la subunità Kir 3.x, l’associazione del recettore SUR con Kir 6.x

e il legame di proteine di ancoraggio della membrana a diverse subunità Kir. I

canali KG sono attivati dall’associazione diretta della subunità Kir 3.x e della

subunità Gβγ rilasciata da recettori accoppiati a proteine Gi/o (Chan et al.

1997; He et al. 1999). I canali KATP per essere funzionali necessitano

dell’associazione tra le subunità del recettore per la sulfonilurea e le subunità

6.x per formare strutture etero-ottameriche (Inagaki et al. 1996; Inagaki et al.

1995). I domini citoplasmatici di SURx interagiscono con Kir 6.x per modifi-

care l’attività del canale (Babenko e Bryan 2002; Reimann et al. 1999).

Inoltre, proteine di ancoraggio come PSD-95,SAP97 e Nexina27, giocano un

ruolo chiave nel determinare la localizzazione di alcuni canali Kir sulla super-

ficie cellulare (Alewine et al. 2007; Horio et al. 1997).

20

Fisiologia dei canali Kir4.x e Kir5.1

I Kir4.x e i Kir5.1 fanno parte del gruppo dei canali trasportatori del K+. Inizialmente

diversi gruppi di ricerca hanno identificato il canale Kir4.1 da librerie di cDNA del

cervello, assegnandogli diversi nomi quali BIR10 (Bond et al. 1994), KAB-2 (Takumi

et al. 1995), BIRK1 (Bredt 1995) e Kir1.2 (Shuck et al. 1997). Analisi immunoisto-

chimiche di ibridazione in situ hanno dimostrato che il canale Kir4.1 era espresso so-

prattutto nelle cellule gliali del cervello. Quindi, Kir4.1 è stato considerato il respon-

sabile della conduttanza al K+ di queste cellule che è responsabile del processo chia-

mato ―K+-Buffering‖, fondamentale nel controllo della funzione neuronale (Kuffler

e Nicholls 1996; Newman EA. 1984).

La sequenza aminoacidica del Kir4.1 ha rispettivamente il 53, 43 e 53% di identità

con la sequenza dei Kir1.1, Kir2.1 e Kir3.1. Invece, il Kir5.1 mostra rispettivamente

il 39, 50 e 40% di identità con gli stessi canali.

Quando il canale Kir4.1 è espresso da solo in cellule eterologhe, costituisce un tetra-

mero e suscita una corrente K+ (Pessia et al. 1996), al contrario di quanto accade in-

vece quando è il Kir5.1 ad essere espresso da solo. Infatti, le subunità Kir 5.1 sem-

brano non formare canali omomerici in cellule eterologhe, mentre formano canali e-

teromerici con le subunità Kir4.1 e Kir4.2 (Pessia et al., 1996; Tucker et al., 2000). I

canali eteromerici Kir4.1-5.1 esistono anche in forma tetramerica (Pessia et al. 1996)

e sono stati individuati a livello di vari tessuti, inclusi reni e cervello. Per quanto ri-

guarda i Kir5.1 omomerici, è stato osservato che questi sono espressi nel citoplasma

di cellule come i fibrociti della coclea dove però non sembrano formare canali fun-

zionali sulla superficie della membrana cellulare.

I Kir4.2 sono stati isolati per la prima volta nel rene umano (Shuck et al. 1997), ma

sono espressi anche nel fegato, nei fibrociti embrionali e nelle cellule endoteliali mi-

crovascolari. Mediante il sequenziamento della regione q22.2 del cromosoma 21, re-

sponsabile della sindrome di Down, è stato possibile identificare il gene della subuni-

tà Kir4.2 (Gosset et al. 1997). Il Kir4.2 mostra un’identità del 62% con il Kir4.1.

Un’importante differenza tra le due subunità sta nel fatto che il Kir4.1 possiede un

dominio legante ATP (Walker type A ATP-binding cassette) nell’estremità COOH

(Takumi et al. 1995), mentre il Kir4.2 ne è sprovvisto (Pearson et al. 1999).

Il Kir4.2 è in grado di formare un canale funzionale anche se è espresso da solo, ma

l’eteromero Kir4.2-5.1 presenta una differente conduttanza del singolo canale e una

21

maggiore espressione sulla superficie cellulare che determina un aumento della cor-

rente dell’intera cellula (Pearson et al. 1999; Pessia et al. 2001).

Struttura e funzione del poro

Kir4.1 e Kir5.1

I canali omomerici Kir4.1 e gli eteromerici Kir4.1-5.1 presentano differenze

nella conduttanza del singolo canale, probabilmente perché essi mostrano sta-

ti multipli di subconduttanza. La conduttanza degli omomeri Kir4.1 è com-

presa tra 20 e 40pS (Lourdel et al. 2002; Tanemoto et al. 2000; Yang et al.

2000), mentre quella degli eteromeri Kir4.1-5.1 è compresa tra 40 e 60pS. I

Kir4.1 sono classificati come ―rettificatori intermedi‖, mentre i Kir5.1 sono

dei rettificatori molto più forti. I residui a livello del sito D/N sono il glutam-

mato (Glu) nei Kir4.1 e l’asparagina (Asn) nei Kir5.1. Nelle registrazione di

patch-clamp è stato osservato che nei Kir4.1 anche in presenza di alte concen-

trazioni di spermina, rimane una conduttanza residua del 10-15%. Questa ap-

parente insensibilità potrebbe essere dovuta alla parziale permeazione della

spermina attraverso il poro del canale Kir4.1 (Kucheryavykh et al. 2007), in-

fatti la filantotossina, una poliammina che ha una coda voluminosa, blocca

completamente le correnti outward attraverso questo canale.

Per la formazione del canale eteromerico è necessaria la presenza del residuo

E177 nella regione prossimale dell’estremità COOH proprio al di sotto del

dominio TM2 (Konstas et al. 2003).

Una proprietà fondamentale dei canali eteromerici Kir4.1/Kir5.1 è la loro

sensibilità alle variazioni di pH intracellulare (pHi) negli intervalli fisiologi-

ci. Questa caratteristica li rende particolarmente importanti come regolatori

dei flussi di K+ attraverso le membrane in funzione delle concentrazioni in-

tracellulari di H+ (Yang e Jiang, 1999; Tsai et al., 1995; Tucker et al., 2000;

Pessia et al., 2001; Tanemoto et al., 2000). L’accoppiamento funzionale tra

variazioni di pH e flusso di K+ coordinata da questi canali potrebbe regolare

l’eccitabilità neuronale (Giebisch G. 2001). E’ stato osservato che i canali e-

teromerici Kir4.1/Kir5.1 sono molto più sensibili alle variazioni intracellulari

di pH rispetto ai canali omomerici Kir4.1. Infatti, quando i valori di pH si

mantengono fisiologicamente tra 6.5 e 8.0, l’attività del canale Kir4.1 è inibi-

ta dall’acidificazione con una pKa=6.1, mentre l’attività dei canali eteromerici

22

è drammaticamente soppressa anche da una lieve acidificazione intracellulare

e aumentata da un’alcalinizzazione con pKa di ≈ 7.4 (Pessia et al., 2001; Ta-

nemoto et al., 2000; Xu et al., 2001). Alla luce di queste osservazioni, è pos-

sibile affermare che la eteropolimerizzazione del Kir 4.1 con il Kir5.1, in

qualche modo, modula le proprietà intrinseche del sensore del pH del canale

(Pessia et al., 2001). Sono stati individuati diversi residui aminoacidici della

subunità Kir4.1 sia nei canali omomerici che negli eteromeri Kir4.1-5.1 che

sono responsabili della sensibilità alle variazione di pHi, tra questi ci sono il

residuo E158 nella regione TM2 (Xu et al. 2000), il K67 nell’estremità cito-

plasmatica NH2 (Yang et al. 2000) e l’H190 nella regione COOH-terminale

(Casamassima et al. 2003).

Fig.7 Sensibilità del Kir4.1-Kir5.1 alle variazioni citoplasmatiche di pH.

(In alto) Tracce rappresentative di registrazioni di ovociti di Xenopus Leavis microi-

niettati con mRNA di Kir4.1-Kir5.1, e Kir4.1 da solo. Le correnti son evocate da i-

perpolarizzazioni da un potenziale di mantenimento di -10 mV a -110mV per 4 s in

una soluzione di K+ 90mM. L’acidificazione citoplasmatica determina una riduzione

marcata della corrente nell’eterodimero Kir4.1/Kir5.1. Viceversa, l’effetto

sull’omodimero Kir4.1 è molto minore. (In basso) Curva dose risposta di inibizione

della corrente di Kir4.1-Kir5.1 e Kir4.1 a diversi valori di pHi.

23

Fig. 8 Registrazioni di patch-clamp di Kir4.1-Kir5.1 a diverse concentrazioni di pHi.

Nella figura sono mostrate registrazioni di patch-clamp in configurazione in-out da

ovociti di Xenopus Leavis microiniettati con mRNA di Kir4.1-Kir5.1. Sulla mem-

brana sono presenti diversi canali. Cambiando il pH della soluzione a contatto con la

porzione citoplasmatica del canale l’attività dello stesso viene modificata.

L’acidificazione riduce la probabilità di apertura del canale, mentre

l’alcalinizzazione determina un aumento della probabilità.

Una caratteristica che differenzia ulteriormente i canali eteromerici Kir4.1-

5.1 dai Kir4.1 omomerici è la sensibilità al Na+. Infatti, l’attività dei canali

Kir4.1-5.1 è aumentata dal Na+ (Rosenhouse-Dantsker et al. 2008) e questa

proprietà sembra dipendere dal residuo D205 localizzato a livello della regio-

ne citoplasmatica COOH-terminale. Questo residuo non è presente nella su-

bunità Kir4.1 e per questo motivo i canali omomerci Kir4.1 non sono sensibi-

li al Na+.

24

Localizzazione intracellulare

Kir4.x e Kir5.1

Localizzazione sulla membrana cellulare

Tessuto epiteliale

Quando il canale Kir4.1 è espresso nelle cellule epiteliali renali MDCK (Ma-

din Darby Canine Kidney), esso si trova a livello della membrana basolatera-

le (Tanemoto et al. 2005) dove interagisce con una proteina PDZ associata al-

la membrana, la guanilato kinasi (MAGI-1) (Tanemoto et al. 2008).

L’interazione avviene tra il quinto dominio PDZ della MAGI-1 e il motivo

legante il PDZ dell’estremità COOH del Kir4.1. La fosforilazione di un resi-

duo (S377) di questo motivo legante il PDZ, distrugge l’interazione e deter-

mina lo spostamento del Kir4.1 dalla membrana basolaterale a compartimenti

perinucleari nelle cellule MDCK (Tanemoto et al. 2008). Per quanto riguarda

invece la subunità Kir5.1, quando è espressa da sola nelle cellule MDCK, es-

sa rimane nei compartimenti intracellulari, mentre la coespressione con la su-

bunità Kir4.1 ne determina la localizzazione sulla membrana basolaterale

(Tanemoto et al. 2005). Ciò è stato dimostrato anche da analisi di immunoi-

stochimica e registrazioni patch-clamp che hanno messo in evidenza come i

Kir4.1 e Kir5.1 formino canali eteromerici sulla membrana basolaterale di al-

cune cellule epiteliali renali (Ito et al. 1996; Lourdel et al. 2002; Tanemoto

et al. 2005; Tucker et al. 2000).

A livello dello stomaco, invece, i canali omomerici Kir4.1 sono localizzati

sulla membrana apicale delle cellule parietali (Fujita et al. 2002; Kaufhold et

al. 2008). In particolare, specifiche analisi hanno dimostrato che tali canali

sono espressi sui microvilli della superficie della membrana apicale ma non

nel sistema tubulo-vescicolare (intracellulare). Il meccanismo che determina

questa specifica localizzazione dei Kir4.1 nelle cellule parietali rimane, però,

ancora sconosciuto.

Il pattern di distribuzione dei Kir4.1 e Kir5.1 nella coclea dell’orecchio inter-

no, che contiene una varietà di cellule epiteliali, è unico (Hibino e Kurachi

2006). Entrambe le subunità sono espresse nella parete laterale cocleare, ma

in diversi modi. I Kir4.1 sono localizzati nel tessuto epiteliale nella stria va-

scolare (Hibino et al. 1997); in particolare, tecniche di immunoistochimica ad

alta risoluzione hanno evidenziato l’espressione di questi canali nel polo api-

25

cale delle cellule intermediate (Ando e Takeuchi 1999; Hibino et al. 2004). I

Kir5.1, invece, sono espressi nei fibrociti del legamento spirale e sono loca-

lizzati soprattutto a livello intracellulare piuttosto che sulla superficie della

membrana (Hibino et al. 2004).

Cellule gliali

Nel sistema nervoso centrale (SNC) e nella retina, le subunità Kir4.1 e Kir5.1

sono prevalentemente espresse nelle cellule astrogliali, dove formano canali

omomerici Kir4.1 ed eteromerici Kir4.1-5.1. Entrambi i tipi di canale mostra-

no un pattern di distribuzione unico in diversi tipi di cellule. La subunità

Kir4.1 è maggiormente espresso negli astrociti del SNC, sia a livello cerebra-

le che del midollo spinale (Brady et al. 1996; Kaiser et al. 2006; Li et al.

2001; Neusch et al. 2006; Olsen et al. 2006; Poopalasundaram et al. 2000;

Takumi et al. 1995). Anche la subunità Kir5.1 è espressa negli astrociti del

cervello (Benfenati et al. 2006; Hibino et al. 2004; Lichter-Konecki et al.

2008), inoltre entrambe le subunità sono presenti nelle cellule di Muller della

retina(Ishii et al. 2003; Ishii et al. 1997; Nagelhus et al. 2004). Nella cortec-

cia cerebrale, a livello dei processi astrocitari che circondano le sinapsi (pro-

cessi perisinaptici), si evidenzia la presenza sia dei canali omomerici Kir4.1

che degli eteromerici Kir4.1-5.1, mentre nei processi perivascolari (―end fe-

et‖), sono espressi solo gli eteromeri. Nelle cellule di Muller della retina, so-

no presenti sia i canali omomerici Kir4.1, localizzati negli ―end feet‖, che i

canali etromerici Kir4.1-5.1 nei processi perisinaptici.

Il meccanismo responsabile dell’espressione di ogni canale a livello di diffe-

renti macrodomini di membrana non è stato ancora completamente chiarito.

Numerosi studi suggeriscono che il complesso proteico associato alla distro-

fina ha un ruolo importante nel determinare la localizzazione dei canali

Kir4.1 negli ―end feet‖. Infatti, topi mutanti che non possiedono distrofina

(topi knockout o ―topi mdx3CV‖ ), mostrano una ridotta espressione dei

Kir4.1 a livello degli ―end feet‖ delle cellule di Muller (Connors et al. 2002;

Dalloz et al. 2003), mentre non è influenzata l’espressione di questi canali

sulla membrana perisinaptica, suggerendo che la localizzazione dei canali

Kir4.1 in quest’area è determinata da un meccanismo diverso.

Le cellule satelliti sono un altro sottotipo di cellule gliali che esprimono i ca-

nali Kir4.1. Queste cellule circondano i corpi cellulari di vari neuroni con

26

multipli strati di guaina mielinica. In particolare, i Kir4.1 sono espressi sulla

guaina mielinica che circonda i gangli spirali cocleari, i gangli del trigemino e

i gangli cervicali superiori (Hibino et al. 1999; Vite t al. 2006; Vite t al.

2008; Zou et al. 2009).

Fig. 9 Localizzazione dei canali Kir nelle cellule astrogliali.(a sinistra) Distribuzione

dei canali Kir4.1 omomerici e dei Kir4.1-5.1 sulla membrana degli astrociti. A livello

dei processi perisinaptici sono espressi sia i Kir4.1 che i Kir4.1-5.1, mentre negli

―end feet‖ sono espressi esclusivamente gli eteromeri. (a destra) Cellule di Muller.

Queste cellule esprimono i canali eteromerici nei processi perisinaptici e i Kir4.1 a

livello dei processi perivascolari e degli ―end feet‖. Sia negli astrociti che nelle cellu-

le di Muller i canali Kir sono espressi in associazione all’acquaporina 4 (AQP4).

Localizzazione nei microdomini di membrana

I canali Kir4.1 sono concentrati in particolari microdomini della membrana delle cel-

lule astrogliali, i DRMs (Hibino et al. 2007). Analisi biochimiche e immunistochimi-

che hanno evidenziato che i Kir4.1 sono abbondanti in domini DRMs non-caveolari

del cervello, così come in astrociti messi in coltura e in cellule T HEK293 quando

espressi esogenamente. Nelle cellule T HEK293, la deplezione del colesterolo di

membrana mediante metil-β-ciclodestrina (MβCD) risultava nella perdita di associa-

zione tra il Kir4.1 e i DRMs e nella perdita di funzionalità del canale. Quindi, la lo-

27

calizzazione dei canali Kir4.1 nei domini DRMs non-caveolari sensibili alla MβCD

sembra essere vincolante per la funzionalità del canale. Anche i canali acquosi AQP4

si trovano a livello dei DRMs nelle cellule astrogliali, ma questi microdomini sono

insensibili alla MβCD e questa caratteristica ha suggerito che in queste regioni la

membrana fosse povera di colesterolo. Analisi immunoistochimiche hanno dimostra-

to che questi differenti DRMs si trovano in stretta vicinanza nella membrana degli

astrociti e proprio questa vicinanza potrebbe essere coinvolta nell’accoppiamento del

trasporto di K+ e acqua.

Funzioni fisiologiche

Kir4.x e Kir5.1

Reni e stomaco

Nei reni, l’epitelio del tubulo contorto distale (DCT) gioca un ruolo importante nel

riassorbimento del Na+

(Hebert et al. 2005). Questo trasporto è mediato da canali del

Na+ localizzati a livello della membrana apicale (Costanzo LS. 1984), la cui attività

si associa a quella delle pompe Na+-K

+-ATPasi presenti sulla membrana basolaterale.

I canali del K+ sulla membrana basolaterale sono fondamentali in questo processo di

riassorbimento del Na+ perché mantengono costante la concentrazione del K

+ sul lato

extracellulare delle Na+-K

+-ATPasi in modo da mantenerle attive. Questo meccani-

smo è chiamato ―K+ recycling‖. Infatti, bloccando i canali del K

+ della membrana

basolaterale con Ba2+

si ottiene l’inibizione del trasporto di Na+ stimolato dalla vaso-

pressina (Schafer e Troutman 1987).

Nella membrana basolaterale delle cellule del tubulo contorto distale di topo (Lour-

del et al. 2002) e coniglio (Taniguchi et al. 1989) sono stati individuati canali Kir con

conduttanza unitaria di 37-40pS. Nel modello murino, è stato osservato che i canali

sono inibiti da un abbassamento del pH intracellulare con una pKa di ≈7.6. E’ stato

dimostrato che questi canali sono eteromeri Kir4.1-5.1 e/o Kir4.2-5.1 (Lourdel et al.

2002; Tanemoto et al. 2000; Tucker et al. 2000), la cui sensibilità alle variazioni del

pHi suggerisce che essi fungono da sensori del pHi stesso e che sono coinvolti nel

trasporto di ioni pHi-dipendente nelle cellule renali.

Nel DCT, sia i Kir4.1 che i Kir4.2 possono interagire direttamente con un recettore

sensore del Ca2+

a livello della membrana basolaterale (Huang et al. 2007). Questa

interazione riduce significativamente la corrente che attraversa entrambe le subunità.

28

Sebbene il ruolo fisiologico di questa interazione sia ancora sconosciuto, si pensa che

possa essere coinvolta nel controllo dell’omeostasi salina a livello renale.

Recentemente è stato dimostrato che a livello della membrana basolaterale delle cel-

lule principali nel dotto collettore (CCD) sono presenti dei canali eteromerici Kir4.1-

5.1 (Lachheb et al. 2008) con una conduttanza unitaria di ≈40 pS che potrebbero ave-

re la stessa funzione dei canali Kir presenti nel DCT.

Nelle cellule parietali dello stomaco, i canali omomerici Kir4.1 sono localizzati sulla

membrana apicale insieme alle H+-K

+-ATPasi (Fujita et al. 2002; Kaufholf et al.

2004). Queste pompe secernono H+ all’esterno scambiandoli con il K

+ che entra co-

sì nella cellula. Questi canali Kir4.1, potrebbero essere coinvolti nel mantenimento

dell’attività delle pompe H+-K

+-ATPasi rifornendo di K

+ il compartimento extracel-

lulare, probabilmente in modo simile a quanto si verifica nelle cellule epiteliali renali

per il mantenimento dell’attività delle pompe Na+-K

+-ATPasi. Tale ipotesi è confer-

mata dall’evidenza che applicando Ba2+

alle cellule parietali, che induce il blocco

dei canali Kir4.1, si ottiene una ridotta secrezione protonica da parte di queste cellule

(Fujita et al. 2002).

Coclea

La coclea dell’orecchio interno contiene due tipi di fluido extracellulare: la perilinfa

e l’endolinfa. La composizione ionica della perilinfa è pressoché identica al comune

fluido extracellulare. L’endolinfa, invece, contiene K+ (≈150mM) e possiede un po-

tenziale altamente positivo di ≈+80mV (potenziale endococleare) (Hibino et al. 2006;

Von Bekesy G. 1951; Von Bekesy G. 1952) rispetto al sangue o alla perilinfa. Que-

sto ambiente eccezionale dal punto di vista del potenziale e della composizione ioni-

ca è essenziale per una corretta capacità uditiva.

Il potenziale endococleare si pensa sia mantenuto per mezzo del passaggio di K+ dal-

la perilinfa all’endolinfa attraverso la parete cocleare laterale. Questa è costituita da

due componenti, la stria vascolare e il legamento spirale. E’ stato osservato che

l’applicazione di Ba2+

a livello della stria vascolare sopprime il potenziale endoco-

cleare (Marcus et al. 1985). L’unico tipo di subunità Kir presente a livello della stria

vascolare è il Kir4.1 (Hibino et al. 1997) ed è probabile che questi canali, espressi

specificatamente sulla membrana apicale delle cellule intermediate della stria (Ando

e Takeuchi 1999), determinino il passaggio di un’ampia corrente di ioni K+ attraver-

so la membrana e che quindi siano responsabili di una importante frazione del poten-

ziale endococleare (Hibino e Kurachi 2006; Nin et al. 2008; Takeuchi et al. 2000).

29

Questa ipotesi è supportata dal fatto che topi knockout per il Kir4.1 sono sordi e mo-

strano un potenziale endococleare prossimo a 0 mV con una riduzione di ≈ 50% della

[K+] nell’endolinfa (Marcus et al. 2002).

Nel legamento spirale, i fibrociti che sono bagnati dalla perilinfa esprimono canali

omomerici Kir5.1 (Hibino et al. 2004). La maggior parte di questi canali sembra es-

sere localizzata nel compartimento intracellulare, ma dal momento che la perfusione

di Ba2+

attraverso la perilinfa aumenta leggermente il potenziale endococleare, è pos-

sibile che una piccola popolazione di canali Kir5.1 possa essere localizzata sulla

membrana cellulare e che possa regolare negativamente la circolazione di K+ (Hibi-

no et al. 2004; Marcus DC 1984).

Cellule gliali

Gli astrociti cerebrali e le cellule di Muller della retina proiettano i loro processi non

solo sulle sinapsi e sul soma dei neuroni, ma anche verso i vasi sanguigni, e l’umore

vitreo. Queste cellule astrogliali hanno diversi ruoli nel controllo della funzione si-

naptica. Una delle più importanti funzioni degli astrociti è il mantenimento

dell’ambiente ionico e osmotico nello spazio extracellulare. Queste cellule conduco-

no ampie correnti Kir che sono coinvolte nel trasporto del K+ dalle regioni con alta

[K+], dovuta all’eccitazione sinaptica, a quelle con bassa [K

+] (Kuffler e Nicholls

1966; Newman EA 1984). Dal momento che un’eccessiva [K+] provocherebbe uno

stato di depolarizzazione continua nei neuroni, alterando quindi la trasmissione dei

segnali nervosi (Newman EA 1984; Orkand et al. 1966), la rapida clearance del K+

da parte degli astrociti è essenziale per il corretto funzionamento delle sinapsi. Tale

trasporto polarizzato è conosciuto come ―spatial buffering of K+‖ nel cervello e ―K

+-

siphoning‖ nelle cellule di Muller della retina. Per espletare queste funzioni di ―K+-

buffering‖, le cellule astrogliali si servono dei canali Kir localizzati a livello di speci-

fici domini della membrana. I canali Kir4.1 sono abbondantemente espressi nelle cel-

lule astrogliali e sono i principali responsabili della loro conduttanza al K+ nel cervel-

lo, nel midollo spinale e nella retina (Higashi et al 2001; Ishii et al. 2003; Ishii et al.

1997; Kaiser et al. 2006; Li et al. 2001; Naghelus et al. 2004; Neusch et al. 2006;

Olsen et al. 2006; Poopalasundaram et al. 2000; Takumi et al. 1995). Infatti, la dele-

zione o la mutazione del gene Kir4.1 determina un forte aumento della resistenza agli

input, riduzione della conduttanza al K+ e/o depolarizzazione del potenziale di ripo-

so nelle cellule astrogliali (Djukic et al. 2007; Kofuji et al. 2000; Neusch et al.

2006; Olsen et al. 2006). Il fenotipo dei topi knockout per il gene Kir4.1 evidenzia

30

l’importanza di questo gene per la funzione di ―K+-buffering‖ delle cellule astroglia-

li. Con un elettroretinogramma (ERG) è possibile osservare che nella retina di topi

mutanti, la risposta lenta da stimolazione luminosa è assente (Kofuji et al. 2000). Dal

momento che questa risposta si pensa sia generata da una diminuzione, evocata dalla

luce, della [K+] nella porzione distale della retina, essa potrebbe essere attribuita al

flusso di K+ dalla regione distale a quella prossimale della retina in risposta

all’iperpolarizzazione dei fotorecettori nella quale giocano un ruolo i canali Kir4.1.

Anche l’ippocampo nei topi knockout per il gene Kir4.1 mostra un ridotto assorbi-

mento di K+ in risposta all’eccitazione neuronale (Djukic et al. 2007) e ciò suggeri-

sce che i Kir4.1 sono coinvolti nel ―K+-buffering‖ non solo nella retina ma anche nel

cervello. I canali omomerici Kir4.1 e quelli eteromerici Kir4.1-5.1 sono distribuiti in

maniera differente nelle cellule astrogliali di cervello e retina (Hibino et al. 2004; I-

shii et al. 2003). Negli astrociti corticali del cervello, sia i canali omomerici che quel-

li eteromerici sono localizzati nei processi perisinaptici, mentre solo gli eteromeri

sono espressi a livello degli ―end feet‖. Ciò suggerisce che, negli astrociti corticali, il

K+ è assorbito attraverso canali omomerici ed eteromerici ed espulso solo attraverso

canali eteromerici. Per quanto riguarda, invece, gli astrociti del talamo e

dell’ippocampo, che possiedono numerose sinpasi, essi esprimono principalmente i

canali omomerici Kir4.1. Le cellule di Muller della retina, esprimono gli eteromeri

Kir4.1-5.1 a livello dei processi perisinaptici e i Kir4.1 alle loro estremità in contatto

con l’umore vitreo e i piccoli vasi sanguigni. Quindi, in questa regione si verifica

l’espulsione del K+, mentre l’assorbimento avviene a livello dei processi perisinapti-

ci. Come descritto precedentemente, la principale differenza tra Kir4.1 omomerici e

Kir4.1-5.1 e la sensibilità al pHi.

Gli astrociti esprimono diversi sistemi di trasporto degli ioni, incluso il cotrasportato-

re Na+-HCO3

-. L’attivazione di questo trasportatore, determinando l’ingresso nella

cellula di uno ione Na+ e di due o tre ioni HCO3

- (Anderson e Swanson 2000; Blau-

stein et al. 2002), induce l’alcalinizzazione intracellulare e l’iperpolarizzazione di

membrana. L’eccesso di K+ extracellulare, dovuto all’attivazione sinaptica, accelera

l’attività di questo trasportatore tramite la depolarizzazione della membrana degli a-

strociti. La conseguente alcalinizzazione intracellulare potrebbe aumentare l’attività

dei canali eteromerici Kir4.1-5.1 facilitando, quindi, l’assorbimento di K+. Invece,

gli astrociti dell’ippocampo e del talamo, che esprimono principalmente i canali o-

momerici Kir4.1, possiedono solo una piccola quantità dei cotrasportatori Na+-

31

HCO3- (Schmitt et al. 2000). Il ruolo fisiologico dell’eterogenicità dei canali Kir e-

spressi nei processi perisinaptici degli astrociti cerebrali non è ancora conosciuto.

Nei processi perivascolari degli astrociti cerebrali e delle cellule di Muller della reti-

na, i canali Kir sono colocalizzati con i canali dell’acqua AQP4 (Hibino et al. 2004;

Ishii et al. 2003; Nagelhus et al. 1999; Nagelhus et al. 2004). Nei modelli murini, la

delezione della proteina AQP4, rallenta l’assorbimento del K+ da parte degli astrociti

(Padmawar et al. 2005). Nei topi konockout per l’α-Sintrofina, che mantengono i

canali Kir4.1 ma perdono i canali AQP4 nei processi perivascolari delle cellule a-

strogliali, la clearence dell’eccesso di K+, indotta dalla stimolazione neuronale, è ri-

tardata (Amiry-Moghaddam et al. 2003). Questa osservazione evidenzia l’esistenza

di un collegamento tra il trasporto di acqua e di K+.

I canali Kir4.1 posso anche essere funzionalmente accoppiati a trasportatori del glu-

tammato. Nelle cellule astrogliali i Kir4.1 sono espressi insieme ai trasportatori GLT-

1 e GLAST del glutammato (Djukic et al. 2007; Olsen et al. 2007). Infatti, la dele-

zione o la mutazione del gene Kir4.1 determina una riduzione dell’assorbimento del

glutammato negli astrociti (Djukic et al. 2007; Kucheryavykh et al. 2007). Quando è

funzionale, il trasporto di glutammato depolarizza la membrana. L’espressione di ca-

nali Kir4.1 funzionali iperpolarizza la membrana, e potrebbe quindi facilitare

l’influsso di glutammato nella cellula attraverso il trasportatore.

Nei primi stadi postnatali, il midollo spinale esprime i canali Kir4.1 a livello sia della

materia grigia che della materia bianca (Dibaj et al. 2007; Neusch et al. 2001). Dato

che i Kir4.1 non sono espressi nei neuroni, questa osservazione suggerisce che essi

sono localizzati negli oligodendrociti così come negli astrociti. Nel periodo postnata-

le i Kir4.1 vengono espressi solo negli astrociti (materia grigia) del midollo (Dibaj et

al. 2007; Kaiser et al. 2006).

L’espressione dei canali Kir4.1 potrebbe, quindi, essere necessaria per lo sviluppo

precoce degli oligodendrociti (Neusch et al. 2001). Un possibile ruolo dei Kir4.1 du-

rante lo sviluppo potrebbe essere quello di iperpolarizzare la membrana e determina-

re così l’ingresso di Ca2+

attraverso i canali permeabili a questo ione, come nel caso

dell’associazione con il Kir2.1 (Konig et al. 2004).

I Kir4.1 sono stati identificati negli oligodendrociti di animali adulti, nel nervo ottico

e nel cervello dove questi canali sono localizzati a livello dei corpi cellulari degli oli-

gondrociti e più raramente nei loro processi (guaine mieliniche) (Kalsi et al. 2004;

Poopalasundaram et al. 2000). Questo tipo di distribuzione implica che i Kir4.1 negli

oligondendrociti adulti non sono coinvolti nel ―K+-buffering‖.

32

I canali omomerici Kir4.1 espressi nelle guaina mielinica delle cellule satelliti, cir-

condando i neuroni gangliari. In questa regione ci si aspetta che i Kir4.1 si comporti-

no come nelle cellule astrogliali assorbendo l’eccesso di K+ extracellulare indotto

dall’eccitazione dei gangli (―K+-buffering‖) (Hibino et al. 1999). Grazie al silenzia-

mento del Kir4.1 mediante le tecnologia ―RNA-interference‖ (RNAi) è stato possi-

bile chiarire il ruolo fisiologico di questi canali nelle cellule satelliti del ganglio tri-

geminale di ratto (Vit et al. 2008). Infatti, la distruzione del Kir4.1 comporta la ridu-

zione della soglia nocicettiva e porta a comportamenti facciali sia spontanei che evo-

cati meccanicamente simili alle reazioni suscitate da uno stimolo doloroso. Un possi-

bile meccanismo è che l’attenuazione del ―K+-buffering‖ delle cellule satelliti au-

menti la concentrazione di K+

nello spazio extracellulare dei gangli, incrementando la

loro eccitabilità.

Farmacologia

I canali Kir che contengono le subunità Kir4.1 e Kir4.2 sono bloccati dagli ioni Ba2+

e Cs+ (Konstas et al. 2003; Takumi et al. 1995; Tanemoto et al. 2000). Oltre a questi

bloccanti non selettivi dei canali Kir, alcuni antidepressivi triciclici (TCAs) come

nortriptilina, amitriptilina, desiprismina e imipramine, bloccano i canali Kir4.1 (Su et

al. 2007). L’azione inibitoria della nortiptramina dipende dalla differenza di voltag-

gio rispetto all’EK ed ha un maggiore effetto sulle correnti outward. Anche inibitori

selettivi del riassorbimento della serotonina (SSRIs), come fluoxentina, sertralina e

fluvoxamina, bloccano i canali Kir4.1 in modo voltaggio-indipendente (Ohno et al.

2007). Questi farmaci hanno solo un debole effetto sulle correnti del K+ attraverso i

canali Kir2.1 e Kir1.1. Il fatto che i TCAs e dei SSRIs bloccano i canali Kir nelle cel-

lule astrogliali potrebbe contribuire all’azione terapeutica e/o agli effetti collaterali di

questi composti. Studi recenti hanno dimostrato che questi antidepressivi possono in-

teragire con i residui T128 e E158 che sono a contatto con la cavità centrale del poro

dei canali Kir4.1 (Furutani et al. 2009).

Canalopatie associate ai Kir4.1 e Kir5.1

Il fenotipo dei topi knockout per i Kir4.1 suggerisce che questi canali sono responsa-

bili di una varietà di condizioni patofisiologiche. Per prima cosa, i topi knockout per

i Kir4.1 mostrano una perdita della risposta lenta da stimolo luminoso nell’ ERG

33

(Kofuji et al. 2000). Inoltre, la distruzione dei canali Kir4.1 che sono abbondante-

mente espressi negli oligodendrociti durante il primo sviluppo postnatale (Kaiser et

al. 2006), induce un rilevante danneggiamento delle capacità motorie nei topi

(Neusch et al. 2001). Le basi cellulari di questo fenotipo sembrano essere: ipomieli-

nazione a livello del midollo spinale associata a una grave vacuolizzazione spongi-

forme, gonfiore e degenerazione assonale. Questi topi sono anche sordi a causa del-

la mancanza del potenziale endococleare e della perdita del K+ endolinfatico (Marcus

et al. 2002).

Recentemente è stato ipotizzato che l’anormalità del funzionamento dei canali Kir4.1

nel cervello potrebbe indurre l’epilessia. L’analisi delle membrane di cellule gliali ot-

tenute da pazienti affetti da forme intrattabili di epilessia talvolta mostrano una per-

dita quasi completa della conduttanza Kir (Bordey e Sontheimer 1998), riduzione

della rettificazione inward (Hinterkeuser et al. 2000) e della capacità di clearance del

K+ (Gabriel et al. 1998; Jauch et al. 2002). Studi precedenti, hanno dimostrato che il

gene Kir4.1 potrebbe essere coinvolto nelle crisi epilettiche. Analisi di Linkage han-

no permesso di identificare mutazioni nel gene dei canali Kir4.1 umani (R271C) che

potrebbe essere associata con le crisi epilettiche generalizzate (Buono et al. 2004).

Comunque, mutazioni equivalenti del gene Kir4.1, espresso da solo o con il Kir5.1,

suscitano una corrente K+ praticamente identica a quella generata dai canali wild-

type (Shang et al. 2005). Una recente analisi genetica ha permesso di identificare

numerose mutazioni del gene Kir4.1 in pazienti affetti da crisi epilettiche,sordità sen-

so neuronale, atassia, ritardo mentale e squilibrio elettrolitico (Bockenhauer et al.

2009; Scholl et al. 2009). Gli organi interessati da questo tipo di patologie sono gli

stessi in cui sono particolarmente espressi i canali Kir4.1. Grazie ad analisi elettrofi-

siologiche in vitro, si è osservato che alcune mutazioni riscontrate in queste patolo-

gie (R65P e G77R), determinano una rilevante riduzione della corrente attraverso i

Kir4.1 (52). In particolare la mutazioni R65P sembra coinvolgere anche il sito di le-

game del PI (4,5)P2 determinando quindi la perdita di funzionalità del canale (Scholl

et al. 2009).

Topi knockout che non possiedono canali Kir4.1 nelle cellule astrogliali sono affetti

da una severa forma di atassia e crisi indotte dallo stress (Djukic et al. 2007), inoltre

l’ablazione del gene Kir4.1 induce sordità nei topi (Marcus et al. 2002), supportando

l’ipotesi della relazione patofisiologia tra danneggiamento dei canali Kir4.1 ed epi-

lessia e disordini uditvi.

34

Recentemente alcuni esperimenti hanno dimostrato che i Kir4.1 sono potenzialmente

coinvolti nella protezione delle cellule atsrogliali da gravi danneggiamenti in caso di

lesioni cerebrali (Dibaj et al. 2007). L’esperimento consisteva nell’applicazione a li-

vello del midollo spinale di una soluzione ipotonica (al 30%), questa, nelle cellule a-

strogliali, determinava un rigonfiamento che però interessava esclusivamente i corpi

cellulari, mentre non aveva alcun effetto sugli ―end feet‖. Nei topi knockout per il

Kir4.1, invece, si osservava il rigonfiamento ipotonico anche degli ―end feet‖ astro-

citici. Il meccanismo mediante il quale i canali Kir4.1 prevengono il rigonfiamento

dei processi astrociti è però ancora sconosciuto.

In alcuni casi, lesioni del midollo spinale possono determinare condizioni di ipotoni-

cità che causano accumulo di fluido e quindi edema.

Inoltre, in seguito a eventi ischemici della retina, l’espressione dei canali Kir4.1 è

down regolata (Pannicke et al. 2005). La conseguente riduzione della funzione di

―K+-buffering‖ dei canali Kir, potrebbe essere coinvolta nella formazione

dell’edema.

Infine, il gene Kir4.2 è localizzato in stretta vicinanza al locus DCR1 (regione cro-

mosomica 1 della sindrome di Down). Ciò suggerisce un possibile collegamento tra

questa patologia e la disfunzione dei canali Kir4.2 , sebbene l’espressione della pro-

teina Kir4.2 nel cervello dei pazienti sani e di quelli affetti dalla sindrome di Down

sia praticamente la stessa (Ferrando-Miguel et al. 2004).

35

EPILESSIA

L'epilessia è causata dall'abnorme alterazione dell'attività elettrica di alcuni neuroni,

generalmente localizzati a livello della corteccia cerebrale (lo "strato più esterno"

dell'encefalo). Ciò comporta ad un'insieme di manifestazioni caratterizzate da brevi

episodi di perdita di conoscenza (assenze) e da alterazioni sensitive, psichiche o mo-

torie, più o meno accompagnate da spasmi o da contrazioni della muscolatura sche-

letrica di tipo convulsivo. Gli attacchi epilettici muscolari possono essere distinti in:

MIOCLONICI: spasmi di lieve entità;

TONICI: contrazioni più intense;

TONICI/CLONICI: violenti spasmi muscolari seguiti dal rilassamento della

stessa muscolatura.

L'alternanza di questi due stati è responsabile delle tipiche scosse muscolari ritmiche

('convulsioni') associate alla crisi epilettica.

Si definiscono foci epilettogeni i punti in cui originano gli attacchi epilettici; in tale

sede si concentra la popolazione neuronale con attività anomala. Questi foci possono

rimanere silenti per periodi prolungati dal momento che i neuroni sani che li circon-

dano tendono ad inibirne o neutralizzarne le scariche elettriche anomale. Quando

l'attività di questi neuroni viene sopraffatta e la cosiddetta "soglia di convulsività"

superata, insorgono i sintomi tipici della malattia. Da notare che tale soglia varia da

individuo ad individuo ed è particolarmente bassa negli epilettici.

In letteratura sono stati descritti oltre 150 tipi di epilessia, classificabili in parziali e

generalizzati:

EPILESSIE PARZIALI: il focus epilettogeno interessa soltanto un emisfero

cerebrale. Possono essere ulteriormente classificate in semplici o complesse.

Nel primo caso si caratterizzano per attacchi leggeri, che non si traducono

mai in perdite di conoscenza; al contrario, le epilessie complesse comportano

manifestazioni più severe, sempre accompagnate da perdita di conoscenza

(generalmente di breve durata - pochi secondi -) e da contrazioni muscolari

più intense.

EPILESSIE GENERALIZZATE: i neuroni che causano gli attacchi interes-

sano entrambi gli emisferi. Si accompagnano quasi sempre a perdita di cono-

scenza (assenza) associata a manifestazioni contrattili e spasmi di tipo mio-

clonico/tonico e tonico/clonico.

36

Si definisce stato epilettico il succedersi di manifestazioni epilettiche in modo fre-

quente e duraturo (vari episodi si possono notare anche nell'arco di alcune ore). In

questo caso ci troviamo di fronte ad una vera e propria emergenza medica che va

trattata il prima possibile, onde evitare la morte del soggetto per insufficienza respi-

ratoria.

Cause dell'epilessia

Le cause che portano un encefalo normale ad attivarsi in maniera parossistica fino a

provocare una crisi epilettica sono ancora in parte oscure: le ultime ricerche si stanno

rivolgendo verso il ruolo dei canali per gli elettroliti transmembrana voltaggio-

dipendenti. Vi sono evidenze che portano a considerare in difetti a carico dei carriers

per il sodio ed il calcio, dei punti di partenza interessanti per capire la fisiopatologia

del neurone epilettico. Ciò per due ragioni: la scoperta di mutazioni genetiche a cari-

co di canali voltaggio-dipendenti per questi elettroliti come substrato per numerose

sindromi epilettiche giovanili; l'evidenza dell'attività antiepilettica di numerose mo-

lecole che agiscono a questo livello molecolare.Dal punto di vista clinico, invece, si è

soliti suddividere le epilessie dal punto di vista eziologico in tre famiglie: genetiche,

sintomatiche e criptogenetiche. Le epilessie genetiche sono quelle nelle quali si è

trovato una specifica mutazione genetica: la più importante sarebbe quella per l'epi-

lessia mioclonica giovanile, il cui gene mutato mapperebbe nel cromosoma 6 e codi-

ficherebbe per una subunità per un canale del Sodio voltaggio-dipendente.

Le epilessie sintomatiche, sono quelle numericamente più diffuse. Costituiscono

quelle epilessie la cui causa è riscontrabile anatomicamente in una lesione parenchi-

male visibile alle neuroimmagini (principalmente la risonanza magnetica). Le cause

sono veramente tante di cui le principali sono costituite da:

lesioni pre-peri natali, che possono essere traumi da parto oppure complican-

ze come l'anossia perinatale; infezioni perinatali (specialmente da Cytomega-

lovirus - CMV), malformazioni (come la lissencefalia, o l'eterotopia);

malattie cerebrovascolari, che modificano l'architettura cellulare a livello del-

la lesione, con alterazioni anche a carico della rete dei neurotrasmettitori (ad

esempio per il glutammato). A volte, una crisi epilettica può essere indice

premonitore di sofferenza di una determinata regione cerebrale, ed essere un

"campanello d'allarme" per l'insorgenza futura di un accidente cerebrovasco-

37

lare; neoplasie, di cui spesso la crisi epilettica, più frequentemente di tipo

parziale, è il sintomo di esordio;

traumi cranici specialmente quelli aperti rispetto a quelli chiusi;

malattie infiammatorie come encefaliti, meningiti o infezione da virus HIV;

patologie degenerative, come il morbo di Alzheimer.

L'epilessie criptogenetiche sono epilessie che non hanno una causa organica visibile.

Sono un'evenienza statisticamente alta. Nella maggioranza dei casi l'epilessia è cau-

sata da una sofferenza organica del cervello, ad eccezione di una discreta percentuale

di casi idiopatici, di cui peraltro ancora si discute, che può guarire spontaneamente

durante l'età dello sviluppo (quando l'epilessia è di tipo semplice).

Patofisiologia dell’epilessia

L'attività sincrona parossistica di estesi aggregati neuronali (‛aggregati neuronali e-

pilettici'; Ajmone-Marsan, 1961) è espressione tipica della presenza di attività epilet-

tica nel cervello. Ne consegue che le anormalità bioelettriche registrabili con la elet-

troencefalografia rappresentano sintomi importanti dell'epilessia. Negli ultimi cin-

quant'anni sono stati compiuti ripetuti tentativi per ricondurre l'epilessia a un disordi-

ne metabolico primario e per dare una definizione dei caratteri specifici di tale di-

sturbo. Un’ influenza metabolica o biochimica capace di modificare la predisposizio-

ne epilettica è rappresentata dal livello di polarizzazione della membrana del neurone

o, in altri termini, dalla differenza di potenziale tra l'interno e l'esterno della cellula.

Il livello di polarizzazione della membrana neuronale è mantenuto dal trasporto atti-

vo di ioni, specialmente di quelli sodio e potassio. Le mutazioni in geni che codifi-

cano per le subunità proteiche dei canali ionici voltaggio-dipendenti e ligando-

dipendenti sono stati associati con le forme di epilessia generalizzata e sindromi se-

questro infantile. Infatti un meccanismo ipotizzato per alcune forme di epilessia ere-

ditaria sono le mutazioni dei geni che codificano per le proteine del canale del sodio;

questi canali del sodio difettosi rimangono aperti per troppo tempo rendendo il neu-

rone iper-eccitabile. Il glutammato, un neurotrasmettitore eccitatorio, può quindi es-

sere rilasciato da questi neuroni in grande quantità che, legandosi con i neuroni vicini

glumtamanergici attiva un eccessivo rilascio di Ca + + in queste cellule. Tale ecces-

sivo rilascio del calcio può essere neurotossico alla cellula colpita. Un altro possibile

meccanismo coinvolge la ‛pompa del sodio'. La principale sorgente dell'energia ne-

cessaria per assicurare il gradiente di membrana è rappresentata dal processo di ossi-

38

dazione del glucosio. Una depolarizzazione della membrana può essere provocata da

un'insufficienza relativa della pompa del sodio con conseguente accumulo di ioni so-

dio nell'interno del neurone. La membrana può inoltre essere depolarizzata, ripolariz-

zata ed iperpolarizzata dall'azione delle sinapsi eccitatorie e inibitorie. I segnali si-

naptici sono trasmessi da mediatori chimici; tra essi l'aceticolina è impiegata in pre-

valenza dalle sinapsi eccitatorie e l'acido gamma-ammino-butirrico (GABA) è, con

tutta probabilità, il mediatore delle sinapsi inibitorie. Queste inducono una iperpola-

rizzazione della membrana, mentre quelle eccitatorie la depolarizzano. Gli agenti

biochimici epilettogeni possono interferire su ognuno di questi meccanismi fonda-

mentali della polarizzazione della membrana neuronale. Ciò spiega perché, ad esem-

pio, la soglia epilettica può essere abbassata da differenti condizioni patologiche che

diminuiscono l'apporto al tessuto nervoso di ossigeno o di glucosio, sostanze indi-

spensabili per il metabolismo generatore dell'energia necessaria al trasporto attivo di

ioni. In campo clinico si descrivono vari casi nei quali si verificano crisi epilettiche

in conseguenza di insufficienza o arresto di circolazione ematica cerebrale, di ipossia

cerebrale (eccessiva altitudine) o di ipoglicemia (terapia con insulina, adenomi del

pancreas,ecc). La catena metabolica preposta alla sintesi del GABA sembra avere

una speciale importanza nella biochimica dell'epilessia. Tale sostanza, oltre a svolge-

re funzioni di mediatore chimico ad effetto inibitorio, concorre al metabolismo ossi-

dativo del glucosio, garantendo una alternativa al ciclo ossidativo di Krebs o rappre-

sentandone un processo collaterale, e pertanto concorre alla produzione neuronale di

energia. La piridossina (vitamina B6) entra nel ciclo metabolico del GABA. La grave

ipovitaminosi B6 da carenza dietetica, o la cattiva utilizzazione metabolica di tale so-

stanza, sono talora causa di epilessia. Fattori metabolici, farmacologici o tossici pos-

sono inoltre interferire con la sintesi, il deposito, l'attivazione e l'inattivazione dei

mediatori chimici delle sinapsi favorendo di conseguenza i processi epilettici. Per e-

sempio il diisopropilfluorofosfato (DFP) e il tetraetilpirofosfato (TEPP) bloccano l'i-

nattivazione provocando crisi epilettiche. Altri fattori metabolici possono direttamen-

te influenzare il trasporto di ioni attraverso la membrana neuronale. Ciò può realiz-

zarsi ad esempio a seguito di disordini del ricambio idrosalino che s'accompagnano

ad alterazioni ormoniche e metaboliche. In particolare tutte le condizioni cliniche che

inducono una ritenzione di acqua e di NaCl nell'organismo possono favorire o indur-

re attacchi convulsivi. Recentemente sono state offerte prove convincenti sul difetto-

so funzionamento della pompa del sodio nei neuroni epilettici e sulla capacità dei

farmaci anticonvulsivi (specialmente dintoina e suoi derivati) nel migliorare tale fun-

39

zione ( Woodbury, 1969). Ulteriori delucidazioni dei meccanismi biochimici coin-

volti nella genesi dell'epilessia sicuramente contribuiranno a far progredire la terapia

farmacologica di questa malattia.

40

AUTISMO

I disturbi dello spettro autistico (DSA) sono caratterizzati da diversi gradi di com-

promissione dell'interazione sociale, della comunicazione verbale e non verbale, e da

caratteristici schemi di interessi e comportamenti. I DSA sono diffusi in tutto il mon-

do. In Italia, non ci sono tassi di prevalenza chiari, ma le stime sono di circa 60 casi

per 10.000 bambini come in molti paesi occidentali, con una prevalenza nei maschi

che sembra essere 3-4 volte superiore a quello delle femmine (American Psychiatric

Association, 2000). In molti bambini, l’inizio di autismo è graduale; comunque circa

il 30% ha un inizio ―regressivo‖. Il 50% dei bambini con autismo sono definiti men-

talmente ritardati dal test del QI. Circa il 25% dei bambini ai quali è diagnosticato

l’autismo all’età di 2-3 anni riesce a raggiungere i vari gradi di comunicazione e a

mescolarsi con la popolazione generale intorno ai 6-7 anni. Il rimante 75% continua

a chiedere supporto parentale, scolastico e sociale. Attualmente i DSA sono conside-

rati disturbi eterogenei rispetto alla eziologia, biologia e fenotipo. Si ritiene infatti

che l'autismo sia una condizione "multifattoriale", data cioè dal coinvolgimento

combinato di diversi fattori genetici, e dalla loro possibile interazione con altri fattori

di rischio non genetici, non ancora conosciuti. Un certo numero di condizioni prena-

tali o postnatali, anomalie cromosomiche (in particolare, delezioni e duplicazioni del

cromosoma 16p e 15q) (Shen Yet al., 2010), e malattie monogeniche (ad esempio, la

Sindrome dell’X Fragile e la Sclerosi tuberosa) sono state associate a DSA. Tuttavia,

con l'eccezione della sindrome di Rett (RS), che è principalmente dovuta a mutazioni

del gene che codifica per la proteina dimetil-CpG-binding 2 (MECP2), l'eziologia dei

DSA rimane in gran parte sconosciuta. Circa il 90% dei casi sono considerati idiopa-

tici e, nonostante la mancanza di ereditarietà mendeliana, si ritiene possano essere

trasmessi geneticamente. Tuttavia, non sono stati identificati i geni associati con l'au-

tismo idiopatico, a conferma della difficoltà di trovare comuni meccanismi genetici e

molecolari che possono spiegare questa patologia eterogenea. Parecchi esperimenti

suggeriscono che la predisposizione a DSA sia dovuta a variabili genetiche. Si consi-

dera un’ elevata concordanza di DSA in gemelli monozigoti (90%) che gemelli dizi-

goti (10%)(Bailey A et al., 1995). Inoltre i genitori e i fratelli dei bambini colpiti mo-

strano spesso la manifestazione di DSA più delicata e subclinica, definita ― vasto fe-

notipo di autismo‖ (Piven J et al., 1997), suggerendo che DSA sia legato a fattori

comuni di suscettibilità genetica. Tuttavia, sebbene vari studi genetici sono stati ese-

guiti, nessun gene è stato associato al fenotipo di autismo idiopatico, confermando la

sua complessità.

41

Cause dell’autismo

La prima ipotesi sviluppata sulle cause dell'autismo, ormai sostanzialmente abbando-

nata nella ricerca scientifica ma ancora frequentemente citata, è quella di Leo Kan-

ner, che per primo, nel 1943, pubblicò uno studio abbastanza esaustivo sulla sindro-

me. Nonostante avesse concluso trattarsi di un disturbo innato, Kanner che aveva in-

dividuato nelle famiglie con figli autistici molti genitori, nonni, e parenti di alto livel-

lo culturale, ipotizzò che l'ossessività fosse una sorta di caratteristica fondamentale di

queste famiglie.

Eisenberg, suo stretto collaboratore, più tardi sottolineò quanto fosse difficile non

considerare la configurazione affettiva del nucleo famigliare, ipotizzando che il com-

portamento dei genitori non aiutasse né stimolasse il bambino a uscire dal suo guscio

di "refrigerazione affettiva".

I primi studi sull'autismo successivi a quello di Kanner si sono poi concentrati preva-

lentemente sul ruolo dei genitori. Molti e diversi sono però i fattori osservati che pos-

sono contribuire allo sviluppo della sindrome, e comprendono sia fattori ereditari che

non ereditari ( Charles JM et al., 2008). Poiché nel 60% dei casi due gemelli omozi-

goti risultano entrambi affetti, con tutta probabilità una componente genetica esiste

(Muhle R et al., 2004) anche se non è il solo fattore scatenante (altrimenti il 100%

dei monozigoti svilupperebbe la sindrome); si ipotizza quindi una causa di tipo mul-

tifattoriale, con elementi genetici e ambientali. L'autismo può inoltre presentarsi in

comorbilità ad altre sindromi già note: sindrome dell'X-fragile (Zingerevich C et al.,

2008), sclerosi tuberosa, fenilchetonuria (non trattata) e rosolia congenita.

È invece ormai completamente discreditata la vecchia ipotesi della causa vaccinale,

che era stata erroneamente e frodatoriamente avanzata, in uno studio poi ritrattato e

basato sulla manipolazione di dati sperimentali, da Andrew Wakefield; il quale, se-

condo il British Medical Journal (Brian Deer, 2011), asserisce scorrettamente di aver

trovato un'ipotetica correlazione fra il disturbo e l'assunzione del vaccino trivalente

(contro morbillo, parotite e rosolia) (Wakefield AJ et al, 1998); questo studio, poi ri-

velatosi basato su dati falsi e completamente manipolati, spinse ad avviare una serie

di altri studi su una più ampia popolazione, per comprendere se realmente esistesse

una correlazione o meno. Nessuno studio confermò i dati, che erano del tutto errati,

di Wakefield.

Ad esempio, un noto studio condotto su tutti i bambini nati

in Danimarca dal 1991 al 1998, ai quali venne iniettato il vaccino (a quasi mezzo mi-

lione di bambini), non trovò alcuna differenza di incidenza dell'autismo con i bambi-

42

ni non vaccinati (Madsen KM et al., 2002). Quella non fu l'unica smentita di tale af-

fermazione: nel corso del tempo si sono avuti molti studi similari. Inoltre è stato an-

che escluso il ruolo negativo del thimerosal (Immunization Safety Review Commit-

tee, 2004) .Infine, l'ipotesi ha subìto un'ulteriore forte smentita a opera d'uno studio

giapponese (Honda et al., 2005), nel quale si è evidenziato che, nonostante la sospen-

sione completa di tale vaccinazione nel 1993, l'incidenza della patologia è continuata

ad aumentare.

Manifestazioni cliniche dell’autismo

Normalmente i sintomi si manifestano come un ritiro autistico (nel senso di compor-

tamenti notevolmente anomali e non sempre comprensibili, a causa dei quali la per-

sona si trova esposta a un alto rischio di isolamento sociale), dovuto a gravi altera-

zioni nelle aree funzionali descritte qui di seguito:

Comunicazione verbale e non verbale

Il 50% dei soggetti autistici non è in grado di comunicare verbalmente. I soggetti che

sono in grado di utilizzare il linguaggio si esprimono in molte occasioni in modo biz-

zarro; spesso ripetono parole, suoni o frasi sentite pronunciare (ecolalia). L'ecolalia

può essere immediata(ripetizione di parole o frasi subito dopo l'ascolto), oppure eco-

lalia differita (ripetizione a distanza di tempo di frasi o parole sentite in precedenza).

Anche se le capacità imitative sono integre, queste persone spesso hanno notevoli

difficoltà a impiegare i nuovi apprendimenti in modo costruttivo a situazioni diverse

da quelle che li hanno generati in prima istanza.

Interazione sociale

Gli autistici mostrano un'apparente carenza di interesse e di reciprocità relazionale

con gli altri; tendenza all'isolamento e alla chiusura sociale; apparente indifferenza

emotiva agli stimoli o, al contrario, ipereccitabilità agli stessi; difficoltà a instaurare

un contatto visivo diretto: il bambino che intorno ai due anni di età continua a evitare

lo sguardo degli altri mostra, secondo diversi studi, una maggiore possibilità di svi-

luppare l'autismo. Gli autistici hanno difficoltà nell'iniziare una conversazione o a ri-

spettarne i "turni", oltre a difficoltà a rispondere alle domande e a partecipare alla vi-

ta o ai giochi di gruppo. Non è infrequente che bambini affetti da autismo vengano

inizialmente sottoposti a controlli per verificare una sospetta sordità, dal momento

che non mostrano apparenti reazioni (proprio come se avessero problemi uditivi)

quando vengono chiamati per nome.

43

Immaginazione o repertorio di interessi

Di solito un limitato repertorio di comportamenti viene ripetuto in modo ossessivo; si

possono osservare posture e sequenze di movimenti stereotipati (per es. torcersi o

mordersi le mani, sventolarle in aria, dondolarsi, compiere complessi movimenti del

capo, ecc.) detti appunto stereotipie. Queste persone possono manifestare eccessivo

interesse per oggetti o parti di essi, in particolare se hanno forme tondeggianti o pos-

sono ruotare (palle ovali, biglie, trottole, eliche, ecc.). Talvolta la persona affetta da

autismo tende ad astrarsi dalla realtà per isolarsi in una sorta di "mondo virtuale", in

cui si sente di vivere a tutti gli effetti (dialogando talora con personaggi inventati).

Pur mantenendo in molti casi la consapevolezza del proprio fantasticare, è con fatica

e solo con delle sollecitazioni esterne (suoni improvvisi, richiami di altre persone)

che riesce a essere in varia misura partecipe nella vita di gruppo.

Importanza dell'ordine

Si riscontra una marcata resistenza al cambiamento, che per alcuni può assumere le

caratteristiche di un vero e proprio terrore fobico. Questo può accadere se viene al-

lontanato dal proprio ambiente (camera, studio, giardino, ecc.), o se nell'ambiente in

cui vive si cambia inavvertitamente la collocazione di oggetti, del mobilio o comun-

que l'aspetto della stanza.

Lo stesso può verificarsi se si lasciano in disordine oggetti (sedie spostate, finestre

aperte, giornali in disordine): la reazione spontanea della persona autistica sarà quella

di riportare immediatamente le cose al loro ordine o, se impossibilitato a farlo, mani-

festare comunque inquietudine. La persona può allora esplodere in crisi di pianto o di

riso, o anche diventare autolesionista e aggressiva verso gli altri o verso gli oggetti.

Altri soggetti, al contrario, mostrano un'eccessiva passività, aprassia motoria

e ipotonia, che sembra renderli impermeabili a qualsiasi stimolo

44

Bambino affetto da autismo che si manifesta nel suo intento continuo di dare un dato ordine

alle cose.

Il fenotipo “autismo-epilessia”

In questo progetto abbiamo deciso di investigare il meccanismo molecolare di un

particolare sottogruppo all'interno dello spettro autistico, che è stato denominato co-

me "fenotipo autismo-epilessia". La forte correlazione tra autismo e epilessia ha

permesso di identificare il fenotipo ―autismo-epilessia‖( Tuchman R et al.; 2009). Il

rischio di attacchi epilettici nell’autismo è fra il 5% (Bryson SE et al.; 1988) e il 46%

(Hughes JR et al.; 2005), superando di gran lunga la percentuale che si associa alla

popolazione generale (0.5-1%). Infatti in letteratura la prevalenza di autismo nella

popolazione epilettica è riportata per essere circa 50 volte superiore rispetto la popo-

lazione generale (Clarke DF et al.; 2005). Sebbene il significato patofisiologico di

questa relazione non è stato ancora del tutto chiarito, esso offre le tracce adeguate per

individuare i possibili meccanismi molecolari e genetici che accomunano gli attacchi

epilettici e le disfunzioni socio-comunicative che caratterizzano l’autismo.

Un locus di suscettibilità per l'autismo è stato mappato in prossimità di un cluster di

geni che codificano per canali del sodio voltaggio-dipendenti (SCN1A e SCN2A),

sul cromosoma 2, che sono anche geni di suscettibilità per l'epilessia (Bryson SE et

al., 1988). Inoltre, uno squilibrio fra i sistemi eccitatori ed inibitori GABAergici e

glutamatergici, e varianti in geni che codificano per le subunità del recettore GABA,

sono stati associati alla suscettibilità per autismo e convulsioni, suggerendo che la

classificazione dei geni per l'epilessia può essere d’aiuto anche nell’identificare geni

candidati per l'autismo (Hughes JR et al., 2005; Clarke DF et al., 2005; Weiss LA et

al., 2003).

45

RAZIONALE DELLO STUDIO

Attualmente suscita enorme interesse come possibile responsabile del fenotipo ―auti-

smo-epilessia‖ il canale del potassio inwardly-rectfying Kir 4.1 localizzato nel cer-

vello.

I canali Kir4.1 e Kir5.1 sono stati clonati inizialmente da cervello (Powell EM et al.,

2003) , in cui sono espressi principalmente nelle cellule gliali (Delahanty RJ et al.,

2011), inclusi sia oligodendrociti che astrociti (Collins AL et al., 2006). In particola-

re i canali Kir4.1, sono convolti nel mantenimento dell’ambiente osmotico e ionico

dello spazio extracellulare promuovendo il trasporto di K+

da regioni ad alta [K+]o,

che risulta dall’eccitazione sinaptica, a regioni con bassa [K+]o. Questo trasporto po-

larizzato di K+

negli astrociti, svolge un ruolo importante nel "buffering spaziale"

della concentrazione extracellulare K+ ([K+]o) che è essenziale per il mantenimento

dell'attività neuronale.

In studi passati è stato dimostrato che la subunità Kir5.1 è in grado di co-assemblare

selettivamente con la subunità Kir4.1, conferendo al canale eteromerico una condut-

tanza di singolo canale molto più grande, una più forte rettificazione, una ―relaxa-

tion‖ tempo-dipendente ed una maggiore sensibilità ai cambiamenti del pHi. Il ruolo

fisiologico dei canali Kir4.1/Kir5.1 negli astrociti è ancora sconosciuto, tuttavia que-

ste differenze funzionali fanno ipotizzare che entrambi i tipi di canali abbiano una

specifica funzione nel buffering di K+ nella glia. I canali eteromerici Kir4.1/Kir5.1,

in particolare, sono abbondantemente espressi nel tronco encefalico, soprattutto nel

locus coeruleus (Fakler B et al., 1996), dove la loro elevata sensibilità ai cambiamen-

ti in pHi contribuisce alla chemiosensibilità di questa regione del cervello. Nella neo-

corteccia di topo, i Kir4.1 ed i Kir5.1 sono espressi esclusivamente negli astrociti, e

non nei neuroni. Sia canali eteromerici Kir4.1/5.1 che canali omomerici Kir4.1 sono

stati identificati in prolungamenti astrocitari che circondano le sinapsi (processi peri-

sinaptici). Al contrario, solo il canale eteromerico è presente in processi astrocitari

connessi alla pia e ai vasi sanguigni (terminazioni periferiche) e potrebbe essere re-

sponsabile dell'estrusione di un eccesso di K+ intracellulare.

Varie evidenze sperimentali suggeriscono che il canale del potassio inward-rectifying

del cervello Kir4.1 (KCNJ10) sia tra i possibili meccanismi fisiopatologici che giusti-

ficano la copresenza di epilessia e di disturbo dello spettro autistico. Inoltre, una serie

di dati in letteratura indicano che la disfunzione delle correnti Kir negli astrociti pro-

voca malattie invalidanti, anche se, il ruolo fisiologico e patologico dei canali Kir in

queste cellule rimane in gran parte sconosciuto. Registrazioni da biopsie di pazienti

46

affetti da epilessie intrattabili hanno mostrato una riduzione significativa della con-

duttanza dei Kir negli astrociti e una ridotta capacità di rimozione del potassio (Wu J

et al., 2004; Bordey A et al, 1998 ). I topi knockout per il Kir4.1 mostrano mortalità

precoce e convulsioni scatenate da stress. Mutazioni nel gene KCNJ10 sono state ri-

scontrate in pazienti affetti da convulsioni, atassia, sordità neurosensoriale, tubulopa-

tia (sindrome EST (Jauch R et al., 2002), sindrome di SESAME (Djukic B et al.,

2007)). In generale, sembra che sia la riduzione o l'assenza di Kir4.1 causi epilessia.

Il rapporto tra i canali Kir e disturbi dello spettro autistico è meno semplice. Tuttavia,

una maggiore espressione di Kir4.1 è stata riscontrata nel locus coeruleus (LC) di to-

pi knock-out per la proteina MECP2, un modello animale di RS (Ferraro TN et al.,

2004). Questo risultato sembra essere alla base dei comportamenti autistici osservati

nei pazienti con sindrome di Rett, dovuto ad una alterata neuromodulazione dei neu-

roni LC. Infine, uno studio recente su un pedigree finlandese ha proposto di estende-

re il gene KCNJ10 come candidato per i DSA (Shang L et al.,2005).

Pertanto cambiamenti nel funzionamento dei canali Kir astrocitari (Kir4.1, Kir5.1)

dovuti a mutazioni nel KCNJ10, potrebbero causare un’alterazione nella regolazione

dell'omeostasi del K+ nel cervello e contribuire alla comparsa di autismo con suscet-

tibilità a crisi epilettiche.

47

MATERIALI E METODI

PAZIENTI

Reclutamento dei pazienti e indagini cliniche

Poiché i disturbi dello spettro autistico sono disturbi eterogenei dal punto di vista cli-

nico è opportuno selezionare accuratamente i pazienti da includere nello studio. In

questo progetto si è deciso di investigare il meccanismo molecolare di un particolare

sottogruppo all'interno dello spettro autistico, che è stato denominato come "fenotipo

autismo-epilessia". E’stato reclutato un totale di almeno 150 pazienti divisi in tre

gruppi: I) DSA idiopatico, con storia di crisi epilettiche; II) DSA idiopatico senza

storia di crisi epilettiche, ma con elettroencefalografia (EEG) parossistico; III) DSA

idiopatico, con nessuna storia di crisi epilettiche, né anomalie EEG. La caratterizza-

zione dei fenotipi è stata effettuata attraverso colloqui clinici, revisione di precedenti

dati clinici, esame clinico generale, dismorfismi, valutazione neurologica, psichiatri-

ca e neuropsicologica, analisi di laboratorio (compresi i livelli di elettroliti nel pla-

sma e nelle urine), esame neurofisiologico e, ove mancante, risonanza magnetica

(MRI) del cervello. I criteri di esclusione erano la presenza di DSA e\o epilessia se-

condari a squilibri cromosomici, mutazioni di geni noti o secondari ad altre patolo-

gie. La diagnosi di DSA è stata effettuata secondo i criteri diagnostici del DSM-IV-

TR e ulteriormente confermata con l'uso di strumenti come ADOS-G e ADI-R. La

valutazione clinica e neuropsicologica comprendeva anche le scale Wechsler o Leiter

International Performance Scale-R e la scala Vineland del comportamento adattivo.

Registrazioni video-EEG di superficie sono effettuate attraverso un sistema di moni-

toraggio video-EEG. Al fine di caratterizzare il fenotipo epilettico, sono stati effet-

tuati lunghi monitoraggi con video-EEG durante il sonno e la veglia, per registrare

episodi critici. Gli elettrodi sono posizionati sul cuoio capelluto secondo il sistema

10-20. I segnali sono acquisiti e analizzati off-line. Il fenotipo epilettico viene classi-

ficato in base ai criteri ILAE (Commission of Classification and Terminology-

International League Against Epilepsy, 1981;1989).

Le analisi di mutazioni nel gene KCNJ10 sono state eseguite su cinquantadue pazien-

ti (trentaquattro ragazzi e diciotto ragazze, età media 10.0±4.9 anni, range 2.3-2.4

anni) con epilessia a ―causa sconosciuta‖ associata a compromissione di una delle a-

bilità comunicative o cognitive o entrambe. Il termine epilessia a ―causa sconosciuta‖

indica che gli attacchi non sono il risultato di un danno cerebrale noto, anomalie

strutturali o altri disordini neurologici; inoltre i risultati clinici e quelli ottenuti

dall’elettroencefalogramma non sono caratteristici delle sindromi epilettiche idiopa-

48

tiche. In questo studio la risonanza magnetica del cervello risultava normale in tren-

tanove pazienti, considerando che tredici soggetti avevano delle anomalie medie

(quattro presentavano demielinizzazione, due manifestavano ipoplasia cerebellare e

in altri due soggetti si era riscontrato la manifestazione di entrambi; in due microce-

falia, ipoplasia del corpo calloso in altri due soggetti, ipoplasia del tronco cerebrale

in un paziente). Tuttavia i risultati ottenuti dalla risonanza magnetica erano insuffi-

cienti per definire l’eziologia specifica dell’epilessia. Al comparire dell’epilessia,

ventitre bambini presentavano spasmi infantili, venti avevano attacchi focali e nove

pazienti manifestavano attacchi generalizzati (tonico, tonico-clonico, mioclonico, as-

senze atipiche) in aggiunta alle crisi tutti i pazienti avevano segni neurologici gravi,

come ad esempio disabilità o handicap mentale di comunicabilità o difficoltà cogni-

tive o entrambe. Si è valutato che la disabilità mentale era presente in quarantacinque

pazienti (lieve-moderata in ventidue, grave-profonda in ventitre), considerando che

tre soggetti avevano un livello cognitivo normale. Questi ultimi casi avevano gravi

problemi comunicativi e relazionali, non giustificati soddisfacentemente dal processo

epilettico. Vari gradi di compromissione delle funzioni motorie sono state osservate

in trentuno pazienti (ritardo motore/goffagine in dicianove, atassia in due, disordine

motorio in un caso, tetraparesi spastica in nove pazienti).

ANALISI DI MUTAZIONI

Per verificare se i canali Kir fossero responsabili del fenotipo oggetto di studio, il ge-

ne KCNJ10 è stato analizzato alla ricerca di mutazioni. Dopo aver purificato il DNA

genomico da leucociti del sangue periferico, la ricerca di mutazioni dei geni KCNJ10

(Kir4.1), KCNJ16 (Kir5.1) è stata realizzata utilizzando tecniche standard di genetica

molecolare, compresa l'analisi dHPLC seguita dal sequenziamento diretto degli esoni

codificanti e delle sequenze a margine utilizzando il sistema Big Dye 3,1. La PCR

quantitativa in tempo reale (q-PCR) o un test MLPA (Multiplex ligation-dependent

Probe Amplification) sono utilizzati per l'individuazione di delezioni o duplicazioni

di esoni multipli nel gene. Linee cellulari (fibroblasti della pelle o linfoblasti) sono

analizzate tramite q-PCR per valutare i livelli di espressione di mRNA o per verifica-

re gli effetti delle mutazioni sullo splicing, ove possibile. Le variazioni nucleotidiche

individuate sono convalidate utilizzando metodologie standard basate sulla PCR, in-

cluso il sequenziamento capillare, effettuato nei parenti affetti e nei parenti sani ed

escluse in almeno 400 cromosomi sani. L’analisi di segregazione nei parenti sarà e-

seguita per verificare se le mutazioni sono ereditate o sono mutazioni de novo.

49

BIOLOGIA MOLECOLARE

I canali di membrana vengono generalmente studiati utilizzando tecniche elettrofisio-

logiche e tecniche di biologia molecolare. Una delle possibilità d’utilizzo di tali tec-

niche è attraverso lo studio di canali mutanti, espressi eterologamente in ovociti di

Xenopus leavis i quali sono particolarmente agevoli poiché ci permettono di lavorare

su cellule di dimensioni notevoli. La tecnologia del DNA ricombinante, più nota col

nome di ingegneria genetica, consente la creazione di combinazioni geniche comple-

tamente nuove, cioè non presenti negli organismi che esistono in natura. Tale costru-

zione si ottiene incorporando una molecola di acido nucleico in un virus, in un pla-

smide batterico o in un altro tipo di sistema vettoriale; il vettore inserisce poi il co-

strutto di DNA in un organismo ospite, all’interno del quale il gene esogeno riesce a

riprodursi. I vettori finora sviluppati per il trasferimento di geni sono o vettori pla-

smidici (basati su piccole unità di DNA, distinte dai cromosomi) o batteriofagi (cioè

derivanti dai batteriofagi, i virus dei batteri) e devono essere in grado di penetrare

nella cellula ospite e di replicarsi al suo interno. I vettori che offrono le maggiori

possibilità di applicazione sono quelli plasmidici. Il DNA codificante per la proteina

viene inserito nel vettore utilizzando endonucleasi di restrizione, che tagliano la mo-

lecola di DNA a livello di specifiche sequenze di basi, dando così origine a frammen-

ti particolari. Alcune endonucleasi di restrizione tagliano i filamenti del DNA in pun-

ti non identici, generando in questo modo delle corte regioni a singola elica

all’estremità della molecola di DNA (estremità coesive); altre tagliano i due filamenti

in punti identici producendo estremità piatte. I frammenti di DNA ottenuti dalla dige-

stione del DNA stesso con gli enzimi di restrizione possono poi essere separati in ba-

se al peso molecolare. L’enzima DNA ligasi salda il frammento utile (gene) con il

vettore, purché trattato con lo stesso enzima di restrizione (ciò dà origine a estremità

complementari, che possono poi unirsi). Una volta costruito, il DNA ricombinante

può essere introdotto nella cellula ospite mediante un processo di trasformazione. Se

è compatibile con l’ospite, il DNA inserito si replicherà, cioè sarà clonato conte-

stualmente al processo di divisione cellulare dell’ospite. La popolazione delle cellule

batteriche contenenti DNA ricombinante è numerosa; alcune di esse ospitano proba-

bilmente al loro interno plasmidi non ricombinanti che riacquistano spontaneamente

una forma circolare dopo la digestione operata dall’endonucleasi. Il problema è dun-

que quello di selezionare un clone cellulare che possieda il gene desiderato. Bisogna,

per prima cosa, selezionare i ricombinanti. Uno dei metodi più semplici e più usati è

quello di adoperare vettori plasmidici resistenti ad uno o più antibiotici. Supponiamo,

50

ad esempio, di poter disporre di un cDNA e di inserirlo in uno di questi vettori. Suc-

cessivamente ai processi di amplificazione del plasmide ibrido mediante il suo trasfe-

rimento in cellule competenti (trasformazione), le cellule trasformate che hanno in-

corporato il plasmide ibrido potranno essere facilmente individuate facendole cresce-

re su piastre contenti l’antibiotico per cui il vettore plasmidico è resistente. Le colo-

nie individuate saranno quindi propagate, si procederà dunque all’estrazione del

DNA, che sarà infine testato per la sua correttezza (analisi di restrizione). Questo

DNA può essere utilizzato come tale o utilizzato come stampo per ottenere RNA

mediante un processo di trascrizione in vitro.

Nei nostri esperimenti, le mutazioni sono state introdotte nel cDNA del canale Kir4.1

usando il kit di mutagenesi QuikChangeTM Site-Directed Mutagenesis Kit (Strata-

gene) secondo le istruzioni riportate (D’Adamo et al., 1998). La sequenza di nucleo-

tidi di tutte le subunità sono state determinate utilizzando un sequenziatore automati-

co. Gli oligonucleotidi sono stati ottenuti da EUROBIO, Milano, Italia. Tutti i cDNA

utilizzati sono stati subclonati nel vettore di espressione per ovociti pBF, che presen-

ta le regioni non tradotte al 5’ e 3’ del gene della beta globina di Xenopus, vicino ad

un polylinker che contiene molti siti di restrizione. L’RNA codificante per il canale

Kir4.1 è stato sintetizzato in vitro usando la RNA polimerasi SP6 .

ANALISI STRUTTURA FUNZIONE

In questo studio la struttura 3D dell’etero-tetramero Kir4.1/5.1 è stata costruita attra-

verso modelli comparativi usando il software Modeller (Sali and Blundell, 1993). La

struttura a raggi X della chimera Kir3.1-canale procariote Kir (PDB id.: 2QKS) è sta-

to usato come modello (Nishida et al., 2007). Lo studio dell’allineamento di sequen-

za del frammento di interesse in contrapposizione con il campione è stato eseguito

usando ClustalX e perfezionato con Muscle (Edgar, 2004); la percentuale di identità

calcolata nelle sequenze allineate era di 36,7% mentre la similarità era 66,3%; solo i

residui 25-349 della struttura primaria Kir4.1 e i residui 31-347 della sequenza

Kir5.1 potevano essere allineati con i segmenti corrispondenti dei campioni analizza-

ti ai raggi X. I modelli omologhi generati sono stati venti, fra loro i cinque modelli

con energia più bassa sono stati selezionati e analizzati usando Procheck (Laskowski

et al., 1993). Il modello finale è stato scelto rispettando la percentuale più alta di re-

sidui nella regione definita dai diagrammi Ramachandran (>90%). Il modello è stato

poi immerso nel palmitoyl-oleoyl-fosfatidilcolina (POPC) lipide del doppio strato e

tutte le molecole di sovrapposizione sono state rimosse. Infine il mutante V84M è

51

stato generato sostituendo la catena laterale Val84 con la metionina usando VMD

(Humphrey et al., 1996). Il modello finale è stato definito mimetizzando con GRO-

MACS4 e GROMOS96 (Hess et al., 2008) l’ingombro sterico degli atomi limitrofi.

ESPRESSIONE ETEROLOGA DEI CANALI IONICI

Il sistema di espressione eterologa in ovociti di Xenopus è stato introdotto nel 1971

da Gurdon, per lo studio del controllo dell’epressione genica (Gurdon et al., 1971). È

comunque nel 1982 che Miledi e coll. hanno dimostrato che vari tipi di recettori e

canali ionici possono essere espressi negli ovociti iniettando al loro interno mRNA

opportunamente isolato a partire da appropriati tessuti.

Alcuni tra i più comuni tipi di studio che utilizzano l’espressione di canali ionici e

recettori esogeni negli ovociti di Xenopus includono:

1. analisi delle proprietà di canali ionici mutati, per comprendere le relazioni

struttura-funzione dei canali ionici

2. studio dei processi post-traduzionali e dell’assemblaggio dei recettori e dei

canali multisubunità

3. comparazione delle proprietà dei canali espressi in differenti tessuti, in un

ambiente comune

4. esame della modulazione delle funzioni di canali e recettori da parte di se-

condi messaggeri

5. screening funzionale dei geni clonati codificanti recettori e canali

La specie Xenopus laevis, anfibio artigliato del Sud Africa, è un membro della fami-

glia dei Pipidae, dell’ordine degli anuri. Esistono sei specie di Xenopus, tutte indi-

gene dell’Africa, ma solo la Xenopus laevis è utilizzata comunemente nei laboratori

di ricerca. Gli Xenopus laevis si distinguono per la presenza di tre dita dotate d’artigli

in ogni zampa dell’animale, da cui il nome improprio di ―rana artigliata‖.

52

Figura 10. Esemplari di Xenopus laevis adulti.

Sono note quattro sottospecie di Xenopus laevis, denominate Xenopus laevis laevis,

Xenopus laevis petersi, Xenopus laevis victorianus e Xenopus laevis borealis. Tutti

gli Xenopus sono aerobici, ma la loro vita è completamente acquatica, hanno quindi

necessità di respirare aria, ma non necessitano di una qualsiasi vita terrestre, sono

molto suscettibili alla disidratazione, e possono morire se poste al di fuori

dell’ambiente acquatico anche per poche ore.

Normalmente presentano pigmentazione scura sul lato dorsale e sono dotate di cellu-

le cromatofore che permettono di variare rapidamente colore in risposta all’ambiente

in cui si trovano. Questi anfibi secernono sia un liquido muco-simile sia una sostanza

tossica di proprietà affini all’epinefrina, ma questi strumenti di difesa non sono peri-

colosi ai fini del maneggio da parte dell’uomo. La dieta di mantenimento è costituita

da polmoni, reni e cuore di bue, anche se per gli animali provenienti da allevamenti è

possibile utilizzare mangimi sintetici specifici. La stabulazione degli Xenopus avvie-

ne in vasche o acquari di polipropilene con acqua priva di cloro, ad una temperatura

di circa 20°C, esponendole ad un ciclo luce-buio di 12h. Generalmente per la scelta

degli esemplari per la produzione degli ovociti si tende a prediligere soggetti di sesso

femminile, di grandi dimensioni e sessualmente maturi, che sono maggiormente in-

dicati nella produzione degli ovociti allo stadio V, ma anche d’ovociti in altri stadi.

Per sincronizzare lo sviluppo degli ovociti è eventualmente possibile iniettare gona-

dotropina corionica umana che stimola l’ovulazione e la deposizione delle uova, ma

giacché è necessario attendere due mesi dopo la somministrazione e che in ogni caso

è possibile ottenere ovociti anche da esemplari non iniettati, è preferibile evitare tale

operazione.

53

Prelievo e selezione degli ovociti

Gurdon et al. hanno per primi dimostrato che gli ovociti di Xenopus possono essere

utilizzati per l’espressione di mRNA esogeno, quando è microiniettato nel citopla-

sma. Molti ricercatori hanno utilizzato, da allora, questa proprietà per studiare

l’espressione di un vasto numero di molecole. L’asportazione degli ovociti avviene

in un ambiente adeguatamente trattato ed utilizzando strumenti sterili. Si estraggono

le ovaie e si preleva la quantità di ovociti desiderati.

Figura 11. Xenopus laevis durante la fase di prelievo degli ovociti

Gli ovociti prelevati vengono inseriti in una capsula Petri, lavati con una soluzione di

OR-2 (NaCl 82,5 mM, KCl 2 mM, MgCl2 1 mM, Hepes 5 mM; pH 7,5-7,55 con

NaOH) aiutandosi con un pasteur senza punta ed avendo cura di evitare che gli ovo-

citi vengano a contatto con l’aria che potrebbe danneggiarli. Mediante l’uso di un a-

gitatore si digerisce la membrana follicolare con collagenasi alla concentrazione fina-

le di 2 mg/ml per 20 minuti. Gli ovociti vengono lavati tre volte con ND-96 (NaCl

96 mM, KCl 2 mM, CaCl2 1,8 mM, MgCl2 1 mM, Hepes 5 mM, Na-piruvato 2,5

mM, teofillina 0.5 mM, gentamicina 50μg/ml) e selezionati, al IV stadio di matura-

zione, utilizzando uno stereo microscopio. La selezione degli ovociti avviene sce-

gliendo quelli che si presentano nelle condizioni migliori e allo stato di maturazione

ottimale per poter essere iniettati. Se sono in buona salute, essi appaiono di forma ro-

tondeggiante, piuttosto turgidi e con una netta separazione tra il polo vegetale e quel-

lo animale, che deve avere una pigmentazione scura ed omogenea.

54

Alcuni ovociti possono essere ancora ricoperti dalla membrana follicolare che deve

essere rimossa in modo da evitare disagi al momento dell’iniezione e durante le regi-

strazioni elettrofisiologiche. Infatti, la presenza di canali ionici endogeni localizzati a

livello del follicolo è fonte di correnti che possono disturbare la rilevazione di quelle

studiate. Una volta selezionati, gli ovociti sono conservati in capsule di Petri a 18° C

in attesa di essere iniettati.

Figura 12. Ovociti di Xenopus

Microiniezione di mRNA in ovociti

Un ovocita isolato è in grado di tradurre efficientemente mRNA esogeno iniettato nel

citoplasma. Generalmente gli ovociti sono capaci di modificare (tramite fosforilazio-

ni, glicosilazioni, ecc.) correttamente i polipeptidi tradotti da mRNA iniettato. Inoltre

è stato dimostrato che gli ovociti sembrano in genere convogliare correttamente

all’appropriato compartimento subcellulare proteine espresse eterologamente. La ca-

pacità degli ovociti di tradurre efficientemente e fedelmente informazioni genetiche

estranee associata all’abilità di assemblare i complessi oligomerici recettore/canale e

di inserirli nella membrana plasmatica per generare risposte rilevabili elettrofisiolo-

gicamente, fanno di essi un potente mezzo per le indagini molecolari neurobiologi-

che. Due possono essere gli approcci utilizzati per l’espressione di proteine di tra-

sporto di membrana: il primo comporta l’iniezione di mRNA poli(A+) isolato da cel-

lule che esprimono la proteina d’interesse; in alternativa, quando è reperibile un

cDNA della proteina in questione, questo può essere utilizzato per generare un

mRNA sintetico da adoperare per la successiva iniezione. L’RNA è facilmente de-

gradato da RNAsi ambientali quindi è necessario prendere una serie di precauzioni

per evitare che questo avvenga. Gli elettrodi per l’iniezione vengono prodotti tirando

capillari in vetro con un puller, la punta viene poi tagliata a becco di clarino e

l’elettrodo viene riempito di paraffina e successivamente di mRNA.

55

Figura 13. Iniezione di RNA e formazione della proteina in ovociti di Xenopus

La quantità di RNA da iniettare è regolata tramite un codice a quattro numeri posto

sull’iniettore. Utilizzando una Petri, sul cui fondo è stata applicata una reticella con

maglie di 1 mm di larghezza, utile a tenere fermi e ordinati gli ovociti durante

l’iniezione, si precede alla microiniezione. Nei nostri esperimenti gli ovociti sono

stati iniettati ciascuno con 50nl di RNA codificante per le subunità da iniettare. Negli

esperimenti di co-iniezione uguali quantità di RNA codificante per le diverse subuni-

tà sono iniettate in rapporto 1:1. Gli ovociti iniettati sono conservati in gruppi di 20

in capsule di Petri contenenti ND-96 ed incubati a 18°C per un periodo di tempo va-

riabile (1-6 giorni) necessario affinchè la proteina sia espressa.

56

ELETTROFISIOLOGIA

Two-electrode voltage-clamp

Il blocco del voltaggio (voltage-clamp) permette allo sperimentatore di fissare o

bloccare il valore del potenziale di membrana mantenendolo fisso a livelli stabiliti.

L’apparato consta di un generatore di corrente connesso a una coppia di elettrodi (Fi-

gura 14). Misurando la quantità di corrente che è stato necessario erogare per mante-

nere il potenziale di membrana al suo nuovo valore, si misura automaticamente an-

che la corrente di membrana che passa attraverso i canali ionici. Il voltaggio di mem-

brana è registrato mediante un elettrodo di potenziale relativamente ad un valore di

riferimento mentre l’elettrodo di corrente inietta corrente nella cellula. Lo sperimen-

tatore stabilisce un potenziale imposto (holding voltage, Vh o command potential) e il

voltage clamp utilizza un sistema a feedback negativo per mantenere la cellula a que-

sto valore. Gli elettrodi sono connessi ad un amplificatore che misura il potenziale di

membrana e invia il segnale all’amplificatore a feedback. Questo amplificatore rice-

ve anche un input dal generatore di segnali che decide il potenziale imposto, e sottrae

il potenziale di membrana dal potenziale imposto (Vh-Vm), amplifica questa differen-

za ed invia un output all’elettrodo di corrente. Ogni volta che la cellula devia dal po-

tenziale imposto, l’amplificatore genera un segnale di errore, che è la differenza tra il

potenziale imposto e il potenziale della cellula, il circuito a feedback invia corrente

nella cellula per ridurre a zero il segnale di errore. In questo modo il circuito del vol-

tage clamp produce una corrente che è uguale ed opposta alla corrente che passa at-

traverso i canali ionici nella membrana. Il metodo del blocco del voltaggio è ancora

oggi ampiamente utilizzato per studiare le correnti ioniche nei neuroni e in altre cel-

lule. La versione attualmente più diffusa di questa tecnica è il metodo del potenziale

imposto ad un frammento di membrana (patch-clamp), una tecnica che si può appli-

care praticamente a qualunque tipo di cellula e che offre un potere di risoluzione suf-

ficientemente elevato da permettere di misurare le microcorrenti elettriche che attra-

versano singoli canali ionici. Per effettuare registrazioni di corrente macroscopica

sugli ovociti abbiamo utilizzato la tecnica elettrofisiologica del two-electrode volta-

ge-clamp, con un elettrodo intracellulare per registrare il potenziale intracellulare ed

un secondo elettrodo per il passaggio della corrente necessaria a mantenere il poten-

ziale desiderato. La corrente necessaria per mantenere un potenziale dato è il parame-

tro misurato.

57

Figura 14. Two-electrode voltage-clamp

Figura 15. Two-electrode voltage-clamp

La maggior parte dei set-up di voltage-clamp utilizzano anche un elettrodo per la re-

gistrazione del potenziale della soluzione esterna (elettrodo di riferimento). Questo

evita errori di polarizzazione derivanti dalla corrente che passa attraverso l’elettrodo

di terra. In questa configurazione, il potenziale transmembrana è ricavato dalla diffe-

renza tra il potenziale dell’elettrodo intracellulare e l’elettrodo di riferimento. In que-

sto modo è possibile correggere i piccoli errori derivanti dalla non esatta corrispon-

denza del potenziale della soluzione esterna con il potenziale di terra. Nel nostro ca-

so, gli elettrodi sono connessi ad un amplificatore GeneClamp 500 (Axon Instru-

ments) collegato ad un computer tramite un’interfaccia ITC-16 (Instrutech). Le cor-

renti sono registrate e analizzate con il software Pulse+PulseFit (HEKA Elektronic).

Gli elettrodi intracellulari standard contengono una soluzione interna di KCl 3M o di

solfato di potassio (o aspartato) 0.5M e KCl 30mM. La soluzione di KCl 3M può es-

ser utilizzata per svariate applicazioni; le soluzione di aspartato/solfato sono utili

quando si vuole ridurre il carico di Cl- all’interno degli ovociti, in questo caso la pre-

senza di KCl è comunque necessaria per l’elettrodo Ag/AgCl. Tipicamente il diame-

tro della punta dell’elettrodo desiderato per questo tipo di esperimento dovrebbe tro-

58

varsi in un range da 1 a 5μm, con resistenza da 0.4 a 2MΩ. Il contatto elettrico con la

soluzione di riempimento è assicurata da un elettrodo di cloruro d’argento. Tale elet-

trodo può essere fabbricato a partire da un filo di cloruro d’argento, da un filo

d’argento immerso in cloruro d’argento fuso o da un pellet composto da argento e

cloruro d’argento. La durata degli elettrodi menzionati è in funzione del diametro del

filo utilizzato. Molti amplificatori per il voltage clamp incorporano uno strumento di

misurazione per la resistenza degli elettrodi, comunque in mancanza di tale strumen-

tazione è possibile misurare tali valori applicando un impulso di corrente (ΔI) attra-

verso l’elettrodo Ag/AgCl e misurando il salto di potenziale indotto. La resistenza

dell’elettrodo sarà ΔV/ΔI. Finché gli elettrodi mantengono valori di bassa resistenza

possono essere utilizzati per diversi ovociti. Data la notevole dimensione degli ovoci-

ti, gli elettrodi possono essere posizionati semplicemente con un comune micromani-

polatore. E’ comunque importante che il set-up sia privo di vibrazioni, poiché le o-

scillazioni possono produrre lacerazioni nella membrana, nel punto di penetrazione

degli elettrodi. Un tavolo isolato dalle vibrazioni non è solitamente necessario se il

terreno è sufficientemente tranquillo. Una gabbia di Faraday non è essenziale per

questa tecnica, ma può comunque limitare il rumore di fondo presente nel laborato-

rio. Il microscopio non necessita ingrandimenti eccessivi, può quindi essere semplice

(obiettivo 5-10X), sia invertito che non. Una volta che gli elettrodi sono immersi nel-

la soluzione, bisogna compensare il potenziale degli elettrodi a valori compresi tra

±1mV. È consigliabile effettuare questa regolazione dopo ogni esperimento, per assi-

curare che non ci siano scostamenti dal valore di potenziale imposto agli ovociti. Gli

ovociti vengono a tal punto impalati prima con l’elettrodo della corrente, poi con

quello del potenziale. L’avvenuta penetrazione da parte dell’elettrodo del potenziale

può essere verificata tramite i valori di potenziale registrati compresi in un range di -

30/-60 mV. Più complesso è il monitoraggio della penetrazione dell’elettrodo della

corrente. Si valuta l’ampiezza delle variazioni di potenziale in risposta a stimoli da

parte dell’elettrodo della corrente. Ampiezze minime lasciano intendere che l’ovocita

non contiene molti canali. Negli esperimenti riportati in seguito, la corrente che passa

attraverso la membrana degli ovociti è stata registrata 1-6 giorni dopo le iniezioni di

mRNA e le correnti di ―leak‖ e capacitive sono state sottratte applicando un protocol-

lo P/4. Questo metodo sviluppato da Armtrong e Bezanilla nel 1977, prevede la regi-

strazione di quattro correnti evocate da uno step iperpolarizzante di ampiezza pari ad

un quarto dell’ampiezza dello step depolarizzante di registrazione. La media di que-

59

ste quattro correnti viene quindi sottratta alla corrente evocata dello step depolariz-

zante di registrazione:

Ii=It+∑4

i=1 Is

La soluzione di registrazione utlizzata contiene (mM): NaCl 96, KCl 2, MgCl2 1,

CaCl2 1.8, HEPES 5, pH=7.4.

Il software di registrazione Pulse+Pulsefit ci consente di creare una serie di protocolli

sperimentali in cui il voltaggio è bloccato al valore di volta in volta desiderato, e, di

seguito, di misurare il flusso di ioni potassio che passa attraverso i canali espressi

sulla membrana dell’ovocita. Variando il protocollo e registrando la corrente otte-

niamo informazioni su diverse caratteristiche del canale. Il parametro che è stato ana-

lizzato nei nostri esperimenti è il livello di espressione o ampiezza della corrente in

risposta ad una depolarizzazione della membrana.

L’analisi delle correnti e la statistica è stata fatta con il software KaleidaGraph,

Synergy Software, USA.

Tecnica del patch-clamp

Lo studio delle correnti elettriche originate dai flussi ionici nelle cellule eccitabili ha

avuto una svolta epocale quando, negli anni settanta, grazie alla tecnica del patch-

clamp è stato possibile analizzare l’attività dei singoli canali ionici da frammenti di

membrana. Gli ideatori di questa metodica, Ervin Neher e Bert Sakmann, sono stati

insigniti del premio Nobel per la fisiologia e la medicina nel 1991, per la messa a

punto di questa tecnica. Il patch-clamp, concettualmente semplice, ha però richiesto

anni d’elaborazione e perfezionamento. L’estremità di una sottile pipetta di vetro

(1μm) è fatta aderire perfettamente ad una membrana cellulare, permettendo così

d’isolare meccanicamente ed elettricamente una piccola area della membrana stessa e

i canali ionici in essa presenti. Come nelle altre tecniche di voltage-clamp, il proble-

ma fondamentale, nelle misurazioni su di un singolo canale, è dato dal rumore di

fondo, ben superiore all’esile corrente da misurare. Tale problema fu risolto dagli au-

tori praticando una lieve aspirazione attraverso la pipetta e portando, così, la resi-

stenza della saldatura (seal) a più di un miliardo di Ohm, il che rappresentò un mi-

glioramento di parecchi ordini di grandezza. È proprio la scoperta del gigaseal, ovve-

ro la creazione, attraverso l’aspirazione, di una zona sigillata tra la pipetta e la mem-

brana cellulare, con elevatissima resistenza, che ha permesso alla registrazione di

singoli canali ionici di divenire una tecnica ad alta risoluzione. Attualmente la tecni-

ca del patch-clamp è utilizzata per studiare cellule eccitabili come neuroni, fibre mu-

60

scolari e cellule endocrine. Inoltre è stata usata per caratterizzare canali ionici batte-

rici in particolari sistemi cellulari artificiali. A differenza di altre tecniche di voltage-

clamp, questa tecnica utilizza un singolo elettrodo per bloccare il potenziale della

cellula. Questo consente di mantenere il voltaggio costante e misurare i cambiamenti

della corrente o, in alternativa, di bloccare la corrente e osservare le variazioni di po-

tenziale della cellula. Esistono diverse possibili configurazioni per le registrazioni di

corrente in seguito alla formazione di un gigaseal ed è possibile cambiare la compo-

sizione della soluzione di riempimento dell’elettrodo per studiare i canali in differenti

condizioni sperimentali (Hamil et al., 1981; Fig.16). Nella configurazione cell-

attached, l’elettrodo rimane legato al frammento di membrana. Questa configurazio-

ne consente di registrare correnti attraverso singoli canali nel patch di membrana o di

verificare sui canali l’effetto di farmaci o ligandi presenti nella soluzione

dell’elettrodo. Applicando ulteriore suzione in modo da rompere la porzione di

membrana interna all’elettrodo, si passa nella configurazione whole-cell, in cui

l’elettrodo ha accesso al contenuto intracellulare della cellula. Le configurazioni

inside-out ed outside-out sono anche chiamate tecniche di excised-patch, perché il

frammento di membrana è rimosso dal corpo cellulare. In questo modo è possibile

studiare la modulazione dei canali dal lato intra- ed extracellulare.

Figura 16. Configurazioni della tecnica del patch-cla

61

RISULTATI

Caratteristiche cliniche dei pazienti

I disturbi dello spettro autistico sono disturbi eterogenei dal punto di vista clinico ed

è quindi opportuno selezionare accuratamente i pazienti da includere nello studio.

Famiglia A:

I pazienti A-III:1 e A-III:2 (Fig.17A) sono gemelli monozigoti di otto anni. A cinque

mesi si era notata la presenza di ipotonia, difficoltà durante il sonno, disabilità

nell’interazione sociale per entrambi. Durante il settimo mese per entrambi, nell’arco

delle ventiquattro ore si verificavano spasmi epilettici curati con somministrazione di

ACTH. A dieci mesi, il paziente A-III:2 non manifestava attacchi epilettici, mentre il

fratello presentava crisi persistenti che sono state attenuate verso il dodicesimo mese

di età, sottoponendolo a terapia con valproato e topimarato. I bambini mostravano

deficit posturale, ipotonia, nistagmo e assenza di parola. Gli elettroencefalogrammi

erano normali mentre erano svegli; le registrazioni durante il sonno mostravano atti-

vità ritardata, normalizzata successivamente in entrambi all’età di tre anni. Le analisi

di laboratorio (inclusi gli esami del siero e delle urine), il cariotipo ad alta definizio-

ne, il CGH-array e le analisi mutazionali ARX erano normali. La rappresentazione

somatosensoriale dei potenziali uditivi evocati nel tronco cerebrale era irrilevante. Il

paziente A-III:1 presentava deficit motorio persistente, confusione e ha pronunciato

le sue prime parole all’età di cinque anni; il soggetto ha anche manifestato un severo

deficit nell’interazione sociale, stereotipi, e atteggiamenti ripetitivi. Questi sintomi

rientrano nella diagnosi di DSM-IV-TR caratteristiche del DSA. Un’ ultima valuta-

zione, all’età di otto anni ha permesso di rilevare deficit negli atteggiamenti comuni-

cativi e sociali, movimenti ripetitivi, confusione e moderato ritardo mentale (IQ: 43).

La maggior parte dei sintomi, anche se in maniera meno severa, si è verificata anche

nel paziente A-III:2, il quale mostrava anche comportamenti rituali. Abilità sociali al-

terate, ansia, depressione, disordini ossessivi-compulsivi e ritardo mentale moderato

(IQ:58). La madre di quarantotto anni (soggetto A-II:1) aveva un tic multiplo, sinto-

mi ossessivi-compulsivi, cambiamenti d’umore con impulsività e confusione moto-

ria. Però non presentava attacchi epilettici.

Famiglia B:

Il soggetto di quattordici anni (B-III:1; Fig.17A ) è il primo bambino sano di genitori

non consanguinei. Lo sviluppo psicomotorio era normale fino all’età di 12 mesi, in

seguito l’alterazione del sonno, l’assenza dello sviluppo del linguaggio, la non rispo-

62

sta al nome e la manifestazione di comportamenti rituali sono diventati evidenti. A

diciotto mesi gli è stato diagnosticato DSA. In quel periodo l’elettroencefalogramma,

la tac al cervello, la risposta del tronco cerebrale, il fondo oculare, il cariotipo e il test

del X fragile erano normali. All’età di sei anni, ha avvertito gli attacchi epilettici par-

ziali che parzialmente rispondevano al valproato. Gli elettroencefalogrammi hanno

mostrato i parossismi frontali bilaterali sia da sveglio sia durante il sonno, mentre la

risonanza magnetica del cervello risultava normale. Le analisi del sangue e valori

chimici (inclusi elettroliti e test dell’urine) erano considerati nella norma. Le caratte-

ristiche autistiche peggioravano nei giorni, con severo deficit nell’abilità comunicati-

va e sociale, atteggiamenti ripetitivi e stereotipati, severo ritardo mentale, e compor-

tamenti nocivi per se stesso e per gli altri. La sorella più giovane (B-III:2) e il nonno

paterno (B-I:1) sono sani ma non non stati esaminati.

Fig.17. (A) Albero genealogico della famiglia A e della famiglia B e analisi di se-

quenza. albero genealogico di due famiglie portatrici delle nuove mutazioni in

KCNJ10. I quadrati rappresentano i maschi e i cerchi le femmine. I simboli neri rap-

presentano i soggetti che hanno la mutazione; i tagli denotano un individuo deceduto.

(B) Sequenziamento della mutazione. Elettroferogramma dell’esone 2 fiancheggiante

la mutazione in KCNJ10 in individui non affetti (WT) e soggetti affetti (A-III:1, B-

III:1). La posizione della mutazione eterozigote è indicata dalla freccia e la conse-

guenza della mutazione è mostrata sotto. Paziente A-III:1 manifesta una mutazione

eterozigote c.53G>A, prevedendo una nuova mutazione V84M.

Risultati delle analisi di mutazioni

Per verificare se i canali Kir fossero responsabili del fenotipo oggetto di studio, il ge-

ne KCNJ10 è stato analizzato alla ricerca di mutazioni. Dopo aver purificato il DNA

63

genomico da leucociti del sangue periferico, la ricerca di mutazioni dei geni KCNJ10

(Kir4.1), KCNJ16 (Kir5.1) è stata realizzata utilizzando le tecniche di genetica mo-

lecolare già descritte.

Nei pazienti A-III:1 e A-III:2 (Fig.17A) si è individuata una mutazione eterozigote

c.53G>A in KCNJ10, prevedendo una variante p. R18Q nell’estremità-N-terminale

citoplasmatica del canale Kir4.1 (Fig. 17B, D). Il paziente B-III:1 presentava una

mutazione eterozigote c250G>a (V84M) nel primo dominio di transmembrana di

KCNJ10 (Fig. 17B, D). Le due mutazioni non sono state individuate in 528 cromo-

somi sani. Entrambe le mutazioni sono state ereditate dalla madre. Nella famiglia A,

la nonna materna (A-I:2) era wild-type. Nella famiglia B, la mutazione era anche in-

dividuata in B-I:1 e B-III:2. Le due mutazioni identificate erano nuove e non erano

presenti in dbSNP. Queste mutazioni colpiscono i residui altamente conservati nei

mammiferi e in Xenopus tropicalis (Fig 17C). In questo studio, si è anche identificato

una mutazione eterozigote p.R271C in due bambini. Questa variante si riscontra ge-

neralmente nei bambini sani (Buono et al., 2004) e sono state studiate le conseguenze

funzionali di questa mutazione sulla funzione del canale e sulla sua struttura (Shang

et al.2005). Inoltre sono state individuate due altre mutazioni in KCNJ10 (g.250T>C

e g.83_88dup6). L’analisi di mutazione di KCNJ16 ha individuato una variante poli-

morfica eterozigote (rs34408089) in quattro pazienti, incluso il caso B-III:1.

Fig.17. (C) Analisi bioinformatiche. Sequenza proteica ortologa e paraloga del gene

KCNJ10 di vertebrato sono state allineate usando ClustalW algoritmo. I numeri di

accesso in Gene Bank per le sequenze ortologhe e paraloghe sono: NP_002232.2

(human KCNJ10), XP_001115293.2 (macaca), XP_513920.2 (pantroglodytes),

NP_001034573.1 (mouse), NP_113790.1 (rattus), NP_001075070.1 (bos taurus),

AAW30192.1 (sus scrofa), NP_001072312.1 (Xenopus tropicalis). (D) Rappresenta-

zione schematica della sub unità umana Kir4.1, composta da un poro delimitante la

64

regione (S1-H5 loop-S2), con le estremità sia C-terminale sia N-terminale poste

all’interno della cellula. La variante R18Q è situata nel dominio citoplasmatico N-

terminale, mentre la variante V84M è localizzata nel dominio di transmembrana M1.

Caratterizzazione funzionale dei canali omomerici che presentano le mutazioni

R18Q o V84M.

Per verificare l’effetto delle mutazioni identificate sull’attività del canale Kir4.1 sono

state effettuate registrazioni in voltage-clamp con due elettrodi (TEVC) da ovociti di

Xenopus che esprimono il canale Kir4.1 wild-type e mutato o co-espresso con Kir5.1.

Il cDNA dei canali Kir è stato clonato in un vettore di espressione specifico per ovo-

citi. Il cDNA che codifica per il canale mutato è stato generato mediante mutagenesi

sito-diretta.

Per confrontare le differenze nelle proprietà intrinseche e nel livello di espressione

del canale conseguenti alle mutazioni, uguali quantità di RNA codificante per il ca-

nale wild-type e per i mutanti è stato iniettato nel sistema di espressione eterologo di

ovociti di Xenopus e le correnti macroscopiche sono state registrate con la tecnica

del voltage-clamp. L’espressione di entrambi i canali R18Q o V84M presentava cor-

renti con cinetiche evidenti simili al WT (Fig.18A-C). Tuttavia, il rapporto corren-

te/voltaggio per entrambi i canali mutati presentava ampiezze più grandi rispetto a

quelle del WT quando ugual quantità di WT o RNAs mutati erano espressi sulla

membrana (n= 129; Fig.18D, F). Per mimare lo stato eterozigote della malattia,

RNAs WT e R18Q o V84M sono stati co-iniettati (1:1 ratio) e presentavano ampiez-

ze di corrente intermedia tra l’omomerico WT e R18Q o V84M (Fig. 18E, G). Il gra-

fico a barre riportato (Fig. 18E) rappresenta 4 esperimenti indipendenti eseguiti fa-

cendo uso di serie differenti di ovociti. Il numero totale di ovociti del gruppo esami-

nato è approssimativamente 120. Si noti che l’ampiezza delle correnti è strettamente

legata alla quantità di cRNA iniettata. Le mutazioni R18Q e V84M aumentano no-

tevolmente le ampiezze di corrente sia dei canali omomerici sia eteromerici. I dati

sono la media di 80-120 cellule ± SEM. Il significato statistico delle differenze os-

servate è stato valutato paragonando ogni risultato con il controllo e usando il test di

Student. valori P<0.005, valori P<0.01. Le correnti di singolo canale sono state e-

saminate per mezzo di registrazioni di patch-clamp in configurazione cell-attached o

in-out, per determinare differenze funzionali come conduttanza, probabilità di apertu-

ra, tempi medi di apertura e chiusura. Le registrazioni pacth clamp di un singolo ca-

nale rilevavano che la mutazione V84M incrementava la conduttanza di circa 1.5

65

volte rispetto al WT (Fig.19; n=14). Non sono state osservate differenze evidenti nel-

la probabilità e nel tempo di apertura tra il canale WT e il canale V84M (risultati non

mostrati). La mutazione R18Q non alterava la conduttanza unitaria (Fig.19; n=8) o i

parametri di altri singoli canali (risultati non mostrati). Considerando i risultati, si e-

vince che le mutazioni R18Q e V84M colpiscono le ampiezze delle correnti princi-

palmente aumentando l’espressione del canale in superficie e la sua conduttanza.

66

67

Fig. 18 (A, B, C) Espressione dei canali Kir4.1 wild type, canali R18Q e V84M.

Correnti registrate in configurazione TEVC da ovociti di Xenopus che esprimono u-

gual quantità di mRNA Kir4.1 WT, R18Q o V84M. Le correnti di K+

rettificano

fortemente, si attivano rapidamente e si riducono nel tempo a potenziali iperpolariz-

zati. Le correnti sono evocate da un potenziale di holding -10mV variando il poten-

ziale di membrana con incrementi di -10mV da +50 a -150mV. Il protocollo speri-

mentale è mostrato come inserzione in A. Le linee orizzontali tratteggiate indicano il

livello di corrente uguale a 0. (D, F) Curva corrente-voltaggio (I/V) per canali WT

(●) e R18Q (○) (D) o WT (●) e V84M (○) (F), quando uguale quantità di cRNA per

ogni tipo di canale è stata espressa. Si noti che la relazione I/V sia per R18Q sia per

V84M presenta ampiezze più grandi rispetto ai canali WT.(E, G) Grafico a barre che

mostra la quantità di corrente media registrata a -100mV negli ovociti che esprimo-

no i canali indicati. La quantità di cRNA iniettata in ogni gruppo è indicata in paren-

tesi.

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Fig. 19. (A, B, C)Registrazioni si patch-clamp dei canali Kir4.1 WT, R18Q e

V84M. Tracce rappresentative ottenute da registrazioni dei canali WT (A), R18Q (B)

e V84M (C) a -80mV in configurazione cell-attached. Le tracce in basso sono mo-

strate su una scala di tempo ampliata. Le aperture del canale sono indicate con de-

flessioni verso il basso e le frecce indicano il livello di chiusura (C) e apertura (O).

Le tracce delle correnti sono state filtrate a 0.5kHz.Analisi della conduttanza dei ca-

nali Kir4.1 WT, R18Q e V84M. (D, E, F) Istogramma delle correnti unitarie registra-

te a -80mV da ovociti che esprimono i canali WT, (D) R18Q (E) e V84M (F). Gli i-

stogrammi sono costruiti utilizzando le registrazioni in cui è presente un solo canale.

(G) Le correnti registrate a vari voltaggi, sono state analizzate e plottate per calcolare

la conduttanza del canale.Non ci sono differenze nella conduttanza del canale WT

(25.8pS; nero) e R18Q (26.1pS; blu), mentre è significativamente aumentata la con-

duttanza della mutazione V84M (39.5 pS; arancione).

Caratterizzazione funzionale di canali eteromerici Kir4.1-Kir5.1 che presentano

le mutazioni R18Q e V84M

La subunità Kir5.1 co-assembla con la subunità Kir4.1, conferendo importanti pro-

prietà al canale eteromerico Kir4.1/Kir5.1 rispetto al canale omomerico Kir4, quali

ad esempio una più piccola corrente istantanea, una ―relaxation‖ tempo-dipendente a

potenziali iperpolarizzati e un drammatico aumento della sensibilità alla inibizione

tramite H+

intracellulare (pHi) (Pessia et al.1996) (confrontare Figs. 18A e 20A). Per

verificare se entrambe le mutazioni influenzano le proprietà biofisiche e la sensibilità

al pHi dei canali eteromerici Kir4.1/Kir5.1, RNA codificante per canali wild-type e

mutanti è stato iniettato in ovociti di Xenopus Laevis e le correnti relative sono state

registrate con la tecnica del TEVC. Entrambe le mutazioni incrementavano la corren-

te istantanea e annullavano la componente lenta della ―relaxation‖ dei canali

Kir4.1/Kir5.1. Per contro, la loro sensibilità al pHi non mostrava cambiamenti

(Fig.20A-I).

70

71

Fig. 20. (A,B, C) Effetti delle mutazioni R18Q e V84M sulla funzione del canale ete-

romerico Kir4.1/Kir5.1. (A) Tracce rappresentative di correnti registrate da ovociti

che esprimono i canali Kir4.1 (WT)/Kir5.1, (B) Kir4.1(R18Q)/Kir5.1, e (C) Kir4.1

(V84M)/ Kir 5.1. Le correnti sono evocate secondo la descrizione in Fig. 2. Le linee

orizzontali tratteggiate indicano il livello di corrente 0. Si nota la tipica ―relaxation"

tempo-dipendente (componente lenta) della corrente del canale Kir4.1 (WT)/Kir 5.1

(A). Le tracce di corrente mostrano una corrente istantanea (Iinst) e una corrente allo

stato stazionario (Iss) (inserzione in A). Invece, in entrambe le correnti di

Kir4.1(R18Q)/Kir5.1 (B) e Kir4.1 (V84M)/Kir5.1 (C) le componenti Iinst e Iss hanno

una ampiezza simile (inserzione in B e C), denotando un incremento di Iinst e comple-

ta assenza della ―relaxation‖ lento tempo-dipendente. Curva corrente-voltaggio (D,

E).Rappresentazione della media dei rapporti Iinst/V (D) e Iss/V (E) per i canali

Kir4.1(WT)/ Kir5.1(●), Kir4.1 (R18Q)/Kir5.1 (○) e Kir4.1(V84M)/Kir5.1 (□).I dati

sono la media di 80-120 cellule ± SEM. Il significato statistico delle differenze os-

servate è stato valutato paragonando ogni risultato con il controllo e usando il test di

Student. valori P<0.005, valori P<0.01.(F) Il grafico a barre mostra che a -100mV

sia Iinst sia Iss per Kir4.1 (R18Q)/Kir5.1 (blu) e Kir4.1(V84M)/Kir5.1(viola) sono più

ampie rispetto a quelle dei canali Kir4.1(WT)/Kir5.1 (rosa), quando un ugual quanti-

tà di cRNA per ogni tipo di canale è stata espressa. (G) Iss Iinst / calcolato a -100mV

per i canali Kir4.1(WT)/Kir5.1 (rosa), Kir4.1(R18Q)/Kir5.1 (blu), o

Kir4.1(V84M)/Kir5.1 (viola). Questa analisi denota che la componente lenta rappre-

senta il 40% della corrente totale per WT, mentre è quasi assente nei canali muta-

ti.(H) La componente lenta dell'attivazione dei canali Kir4.1 (WT)/Kir5.1 è fittata

con una funzione esponenziale e la costante di tempo media è rappresentata in un

grafico a barre; questo valore non può essere calcolato per i canali mutati.I grafici a

barre riportati rappresentano quattro esperimenti indipendenti usando serie differenti

di ovociti. Il numero totale di ovociti esaminati per ogni gruppo è approssimativa-

72

mente 100. Questi risultati indicano che le mutazioni R18Q e V84M aumentano le

ampiezze della corrente del canale eteromerico e che le correnti inwardly-rectifying

K+

hanno cinetiche di attivazione più veloce rispetto al WT. (I) Inibizione della cor-

rente in funzione del pH intracellulare dei canali omomerici Kir4.1 (WT) (●),

Kir4.1(R18Q) (▲), Kir4.1(V84M) (■), e dei i canali Kir4.1(WT)/Kir5.1 (○),

Kir4.1(R18Q)/Kir5.1( ),e Kir4.1(V84M)/Kir5.1 (□). I risultati sono stati ottenuti da

correnti registrate a -100mV con la tecnica del TEVC durante la perfusione con una

soluzione di acetato di K+ che riduce il pH intracellulare degli ovociti al valore in-

dicato (mean±S.E.M. di 6–8 ovociti). La linea continua mostra il ―fit‖ con

l’equazione 1/[1+([H+]i/K)

n] dalla quale il valore di pKa è stato calcolato. Si noti che

le mutazioni R18Q e V84M non cambiano la sensibilità al pHi del canale Kir4.1 o

del canale Kir4.1/Kir5.1. I dati sono la media di 80-120 cellule ± SEM. Il significato

statistico delle differenze osservate è stato valutato paragonando ogni risultato con il

controllo e usando il test di Student. valori P<0.005, valori P<0.01.

Modeling molecolare

Basandosi sui risultati ottenuti dalla struttura cristallina, si è generato un modello 3D-

omologo del canale eteromerico Kir4.1/Kir5.1. L’analisi di questo modello indicava

che la mutazione V84M era localizzata vicino all’interfaccia membrana/acqua del

primo segmento trans membrana (TM1) e rivelava che gli atomi della catena laterale

Met-84 erano posizionati verso le molecole lipidiche del doppio strato di membrana

(Fig.21). Tuttavia la posizione del residuo Arg-18 nella regione N-terminale non è

stata determinata per mancanza di risultati strutturali.

73

Fig.21. Modello 3D-omologo del canale Kir4.1/Kir5.1 in cui è indicata la posizione

di Val-84. (A)La struttura cristallina mostra la regione a forma di cono del canale

immerso nel doppio strato fosfolipidico di membrana (rappresentati a forma di ba-

stoncini di colore blu chiaro). Gli elementi della struttura secondaria sono indicati

come nastri. Le catene blu e rosse si riferiscono ai monomeri Kir4.1 e Kir5.1. (B)

Immagine in primo piano del canale in cui è indicata la posizione di Val-84 nel pri-

mo dominio transmembrana che è stata mutata in metionina. Si nota

che gli atomi della catena laterale di Met 84 sono rivolti verso le molecole del dop-

pio strato che sono state posizionate a una distanza di ~3,0 Å. La posizione del resi-

duo Arg-18 nella regione N-terminale non è stata rappresentata a causa della man-

canza di dati strutturali. Il primo residuo disponibile nel sistema cristallino è Arg-

27(indicato come un bastone).

Conferma dei risultati

In collaborazione con l’ Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS)

fondazione Stella Maris di Pisa, si sono eseguiti esperimenti di conferma usando sia

la tecnica del western blot sia le tecniche di immufluorescenza. Il western blot è stato

fatto con anticorpi anti-Kir e anti-istidina su estratti di citosol e membrane delle linee

cellulari U251, mentre per le immunofluorescenze si è usato sempre l’anti-istidina e

un marcatore per l’actina. In questo modo è stato possibile identificare dove vengono

espresse le proteine ricombinanti e valutare se ci sono differenze tra mutanti e WT.

74

Da una prima analisi (Fig.22.) si è dedotto che la mutazione R/Q del Kir4.1 è mag-

giormente espressa sia nel citosl che nelle membrane mentre la mutazione V/M è e-

spressa a livelli più bassi rispetto al WT. C’ è poi un effetto anche sulla morfologia

delle cellule che potrebbe essere dovuto all’espressione dei canali Kir4.1 WT e muta-

ti indifferentemente. Quindi ciò permette di confermare la deduzione del nostro stu-

dio: le mutazioni R18Q e V84M colpiscono le ampiezze delle correnti rispettivamen-

te aumentando l’espressione del canale in superficie e la sua conduttanza.

U251overesprimenti:

HIS_Kir4.1 WT – R/Q – V/M

IF HIS/ACTIN WB: antiHIS

WB: antiKir4.1

51 -

64 -

39 -

CITOSOLMEMBRANE

U251

CITOSOLMEMBRANE

51 -

64 -

39 -

HIS_Kir4.1 WTHIS_Kir4.1 WT

HIS_Kir4.1 R/Q

HIS_Kir4.1 V/M

Fig.22. Caratterizzazione mediante western blot e immunofluorescenza delle linee

cellulari U251 overesprimenti i canali Kir4.1 WT e mutanti.

75

DISCUSSIONE

In questo studio abbiamo individuato per la prima volta mutazioni nel gene che codi-

fica per il canale del potassio Kir4.1 associate ad attacchi epilettici, DSA e deficit in-

tellettivo. Inoltre abbiamo dimostrato che queste mutazioni, che cambiano residui al-

tamente conservati nella struttura, alterano l’attività del canale sia attraverso un au-

mento di espressione della proteina in membrana sia attraverso un aumento di con-

duttanza del canale.

E’ noto che epilessia e DSA sono fortemente associati. La prevalenza degli attacchi

epilettici è infatti maggiore nei malati con DSA (5-6%) (Bryson et al., 1988; Hughes

and Melyn, 2005), rispetto alla popolazione generale (0.5-1%). La presenza di auti-

smo nei pazienti epilettici è approssimativamente del 32%, un valore circa cinquanta

volte superiore rispetto a quello riscontrato nella popolazione generale (Clarke et al.,

2005). Pertanto, è stato definito il fenotipo ―autismo-epilessia‖ e i meccanismi pato-

genetici comuni sono statti ipotizzati (Tuchman et al., 2009). Nel nostro studio sono

state identificate due famiglie portatrici delle nuove mutazioni in KCNJ10.

Una penetranza ridotta è stata osservata in tre portatori apparentemente asintomatici

delle mutazioni (B-I:1, B-II: 1 e B-III: 2, Fig.17A) ed in uno che era leggermente

colpito dalla mutazione (A-II:1,Fig.17A). La penetranza incompleta è possibile nelle

― canalopatie‖ (Camerino et al., 2008; Li and Lester, 2001), in particolare quando

colpiscono il sistema nervoso centrale (Gargus, 2009). Alternativamente, dovrebbe

essere considerata la presenza di mutazioni del gene KCNJ10 in uno scenaro multi-

genico più complesso (Abrahams and Geschwind, 2008; Toro et al., 2010). Tuttavia

non si può escludere che altri meccanismi, quali metilazione di un allele paterno o ef-

fetto genitore di origine o altri fattori genetici o epigenetici possano contribuire

all’espressione clinica delle variabili indotte dalle mutazioni del gene KCNJ10. Per

esempio, i fattori epigenetici sono considerati possibili cause della penetranza ridotta

delle mutazioni in KCNJ11 (Pinney et al., 2009). D’altra parte, i DSA non seguono le

classiche leggi di Mendel (Gupta and State, 2007) e il tasso di concordanza tra ge-

melli monozigoti può essere basso (40%) (Rosenberg et al., 2008). Le manifestazioni

psichiatriche osservate nel caso A-II:1 indicano la diagnosi della sindrome di Touret-

te e disordini ossessivi-compulsivi. I risultati suggeriscono che questi disordini psi-

chiatrici e DSA condividono delle similarità in fenomenologia, struttura del cervello,

caratteristiche famigliari e genetiche (Hollander et al., 2009). I genitori e i fratelli dei

pazienti autistci mostrano spesso manifestazioni di autismo subcliniche, il così detto

―fenotipo di ampio autismo‖(Pive net al., 1997), suggerendo che DSA è associato

76

debolmente con le varianti preesistenti nei genitori. La possibilità che KCNJ10 possa

essere non correlato con il fenotipo, non può essere esclusa. I DSA non erano fra le

caratteristiche cliniche associate con EAST/sindrome SeSAME e la mutazione auto-

somica recessiva del gene KCNJ10 e la disabilità intellettuale non erano obbligato-

riamente una manifestazione della malattia. Mutazioni bialleliche in EAST/sindrome

SeSAME compromettevano la funzione del canale attraverso differenti meccanismi

di loss-of-function, quali una riduzione dell’espressione in superficie del canale, ri-

duzione del tempo di apertura medio e uno spostamento della sensibilità al pH ad un

range alcalino (Reichold et al., 2010; Sala-Rabanal et al., 2010; Tange t al., 2010).

Questi difetti funzionali sono stati proposti per essere alla base delle manifestazioni

renali della malattia, includendo alcalosi metabolica ipokaliemica e attivazione del

sistema renina-angiotensina-aldosterone.

I nostri pazienti esibiscono un fenotipo neuropsichiatrico puro, senza manifestazioni

di danni renali o inibizione dell’udito. I meccanismi molecolari sono diversi, grazie

ai quali le nuove mutazioni del gene KCNJ10 contribuiscono alla malattia. In partico-

lare, la mutazione V84M che è localizzata in TM1, vicino alla superficie membra-

na/acqua, incrementava la conduttanza del canale producendo un effetto di gain-of-

function. Questo risultato strutturale e funzionale suggerisce che questa mutazione al-

tera il gating del canale o l’interazione tra il canale e i lipidi del doppio strato di

membrana. Interessante notare che la mutazione dei canali Kir3.2 in TM1 (N94H) ri-

sulta nei canali costitutivamente attivi e le correnti di base sono circa 30 volte più

ampie rispetto WT (Yi et al., 2001). D’altra parte, la mutazione R18Q, localizzata

nella parte N-terminale dei canali Kir4.1, genera una gain-of-function del canale pro-

vocando un aumento dell’ampiezze della corrente whole-cell, senza cambiare la con-

duttanza del canale, la probabilità di apertura e il tempo medio di apertura. Tutto ciò

suggerisce che la mutazione R18Q aumenta l’espressione della proteina sulla super-

ficie cellulare. Questa conclusione è supportata dai risultati di struttura funzione ot-

tenuti dai canali Kir3.2. La mutazione S9A in Kir3.2 incrementava l’ espressione in

superficie di circa 3 volte rispetto al WT in cellule HEK293 senza cambiamento della

conduttanza del canale (Chung et al., 2009). Gli allineamenti di sequenza hanno rile-

vato che sia la mutazione S9A in Kir3.2 e la mutazione R18Q in Kir4.1 risiedono in

un dominio simile in posizione N-terminale del canale e probabilmente condividono

meccanismi di azione comuni. Le mutazioni R18Q e V84M causavano un drammati-

co incremento della correnti istantanee del canale eteromerico Kir4.1/Kir5.1 e aboli-

vano quasi completamente la componente lenta della corrente, denotando una rispo-

77

sta più veloce e più efficiente dei canali mutati. Il fatto che la sensibilità al pHi dei

canali mutati Kir4.1/Kir5.1 è simile al WT dimostra che l’assemblaggio delle subuni-

tà mutate Kir4.1 ha luogo normalmente, indipendentemente dalla mutazione. Una se-

rie di evidenze convalidano che le mutazioni in KCNJ10 dovrebbero contribuire alla

disfunzione del cervello, suscettibilità agli attacchi e DSA. Kir4.1 svolge un ruolo

importante nel "buffering spaziale" della concentrazione extracellulare K+

([K+]o) che

è essenziale per il mantenimento dell'attività neuronale (Chever et al., 2010). Gli a-

strociti sono il 90% delle cellule che compongono il cervello umano e ogni astrocita

controlla l’attività di molte sinapsi (circa 140000 nell’ippocampo) (Benarroch, 2009).

La manifestazione sia di epilessia sia di ASD in pazienti portatori di mutazioni gain-

of-function del gene KCNJ10 suggerisce che la disfunzione del buffering di K+ a-

strociti-dipendenti da K+

dovrebbe essere un meccanismo comune che contribuisce

sia agli attacchi sia alle caratteristiche nei ASD. Inoltre le registrazioni su campioni

di pazienti con epilessie intrattabili hanno dimostrato una riduzione della conduttanza

dei canali Kir negli astrociti (Bordey and Sontheimer, 1998) e della rimozione del

potassio (Jauch et al., 2002). Topi knockout per Kir4.1 mostrano attacchi indotti da

stress (Djukic et al., 2007). Gli attacchi e il ritardo mentale sono parte dello spettro

clinico delle mutazioni loss-of-function in Kir4.1. (Bockenhauer et al., 2009; Scholl

et al., 2009). La relazione tra KCNJ10 e ASD sembra poco lineare. Tuttavia, uno stu-

dio recente di linkage su una famiglia Finlandese ha proposto KCNJ10 come gene

candidato per ASD (Kilpinen et al., 2009). KCNJ10 è stato considerato un possibile

responsabile sia di ASD e sia dei topi privi di MECP-2, in modelli animali della sin-

drome di Rett (Zhang et al., 2010). E’ stato proposto che la mutazione loss-of-

function dovrebbe favorire l’accumulo extracellulare di K+, contribuendo

all’ipereccitabilità neuronale e epilessia (Chever et al., 2010; Orkand et al.,1966).

Nelle cellule gliali knock-out per i canali Kir4.1, non sono state osservate delle va-

riazioni del potenziale di membrana durante l’incremento di [K+]o indotto da stimo-

lazione nervosa (Chever et al., 2010). Recentemente, è stato dimostrato che un epi-

sodio isolato di iperattività locale neuronale scatena un grande aumento di calcio ne-

gli astrociti vicini. Gli astrociti attivati rieccitano i neuroni generando la scarica sin-

crona tipica dell’attacco epilettico. L’analisi funzionale effettuata in questo studio

suggerisce, come un meccanismo patogenetico alternativo, che l’incremento e il più

veloce flusso di K+ negli astrociti attraverso i canali Kir4.1 durante l’intensa attività

neuronale, dovrebbe aumentare la depolarizzazione di membrana e aumentare la

concentrazione di calcio in queste cellule. Le elevate concentrazione di calcio negli

78

astrociti sono connesse con il rilascio di gliotrasmettitori, come glutammato e D-

serina che attivano la scarica dei neuroni, promuovendo un’ attività epilettica e la

sincronia neuronale locale (Angulo et al., 2004; Bezzi et al., 1998; Felli net al., 2004;

Mothet et al., 2005; Parpura et al., 1994; Pasti et al., 2001; Tian et al., 2005). Quindi

il ciclo eccitatorio ricorrente neurone-astrocita-neurone dovrebbe svilupparsi in un si-

to ristretto del cervello, come conseguenza della gain-of-function dei canali Kir4.1 e

contribuire allo sviluppo degli attacchi. L’alto livello di espressione dei canali Kir4.1

e Kir5.1, canali eteromerici presenti sui neuroni del Locus Coeruleus (LC)

(D’Adamoet al., 2010), suggerisce che queste mutazioni dovrebbero alterare il siste-

ma noradrenergico (NA) del cervello. (LC-NA) (Samuels and Szabadi, 2008). Il LC

produce e trasporta tutta la noradrenalina (NA) nella corteccia cerebrale e nell'ippo-

campo e la maggior parte delle fibre NA in altre parti del nevrasse, compreso il cer-

velletto. Una alterazione nello sviluppo di questa rete potrebbe causare comporta-

menti autistici negli uomo (MeHler and Purpura, 2009). Inoltre, l’ upregolazione di

Kir4.1 è stata individuata nei neuroni LC di topi knock-out per MECP-2. Questa so-

vraespressione di Kir4.1 altera la neuromodulazione dei neuroni LC, inducendo

comportamenti autistici che si verificano nella sindrome di Rett (Zhang et al., 2010).

Sia le caratteristiche autistiche sia quelle conoscitive possono essere legate a eventi

di sviluppo postnatali, dovuti a cambiamenti nella attività sinaptica coinvolti nei

meccanismi di plasticità sinaptica per l’apprendimento e la memoria (Hong et al.,

2005; Zoghbi, 2003). L’attività dei canali Kir4.1 mostra una regolazione durante lo

sviluppo, che correla sia con la differenziazione delle cellule e sia con la regolazione

durante lo sviluppo delle dinamiche extracellulare di K+

(Connors Et al., 1982; Ma-

cFarlane and Sontheimer, 2000; Neusch et al., 2001). Inoltre le sostanze neuroattive

rilasciate dagli astrociti regolano varie funzioni tra le quali l’eccitabilità neuronale

(D’Adamo et al., 2010; Tian et al., 2005), la trasmissione sinaptica eccitatoria e inibi-

toria e la plasticità (Beattie et al., 2002; Fiacco and McCarthy, 2004; Kang et al.,

1998; Pascual et al., 2005; Yang et al., 2003), come anche la sinaptogenesi e i colle-

gamenti neuronali (Collazos-Castro and NietoSampedro, 2001; Elmariah et al., 2005;

Fase net al., 2003; Ullian et al., 2004).

Quindi i possibili effetti delle mutazioni R18Q sull’aumento di espressione e V84M

sulla conduttanza del singolo canale, alterano i diversi meccanismi correlati

all’omeostasi del K+

, alla differenziazione cellulare e alla plasticità sinaptica.

79

I risultati suggeriscono che il meccanismo molecolare che contribuisce all’ auti-

smo/epilessia con disabilità mentale si correla a un incremento di espressione in su-

perficie o della conduttanza dei canali Kir4.1, o entrambi gli aumenti.

Gli astrociti dovrebbero rappresentare un target cruciale del controllo farmacologico

per alterazioni sinaptiche e scariche elettriche anormali.

80

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RINGRAZIAMENTI

Ringrazio sentitamente:

Il Prof. Mauro Pessia per i preziosi consigli e per l’importante supporto al

mio studio;

La Dott.ssa Cristina D’Adamo per l’aiuto fornitomi durante l’esperienza di

laboratorio;

La Dott.ssa Paola Imbrici che oltre ad essermi stata vicina con grande dispo-

nibilità e cortesia nella parte pratica della tesi, mi è stata di valido aiuto du-

rante la stesura.