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Valutazione degli apprendimenti nella formazione in alternanza e certificazione delle competenze Sezione 4

Valutazione degli apprendimenti nella formazione in ......gico, in quanto poniamo le premesse per fare male il nostro lavoro, e di natura culturale, poiché ali-menta un ideale distorto

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Page 1: Valutazione degli apprendimenti nella formazione in ......gico, in quanto poniamo le premesse per fare male il nostro lavoro, e di natura culturale, poiché ali-menta un ideale distorto

Valutazione degli apprendimenti

nella formazione in alternanza

e certificazione delle competenze

Sezione 4

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Page 2: Valutazione degli apprendimenti nella formazione in ......gico, in quanto poniamo le premesse per fare male il nostro lavoro, e di natura culturale, poiché ali-menta un ideale distorto

È inutile nascondersi che la valutazione degli apprendimenti che conseguono ai percorsi equivalenti della formazione in alternanza rappresenta l’aspetto più delicato dell’intera partita. Per tante ragioni:necessità di superare la tradizionale impostazione cognitivista della valutazione, urgenza di ampliare le competenze valutative dei docenti rispetto a componenti dell’apprendimento finora abbastanza estranee ai processi formativi scolastici, riorientamentodegli studenti e delle famiglie verso dimensioni nuove della valutazione,definizione del ruolo che nella valutazione svolge il tutor aziendale, ecc. Oltre alla valutazione, c’è poi il problema della certificazione dellecompetenze, senza la quale la valutazione non basta a sviluppare adeguatamente il percorso formativo.È dunque necessario approfondire le questioni e riflettere sulle esperienze, anche cercando di capire come ci si muove in ambienti analoghi. Gli interventi presentati in questa sezione coniugano, infatti,riflessioni teoriche ed esperienze pratiche nella prospettiva di un contributo utile a fare maggiore chiarezza.

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“Alternando si impara”

Paolo Bianchini, Università di Torino

1. Imparare coniugando teoria e pratica

2. L’apprendimento in alternanza va curato e valutato

3. Fondamentale è il ruolo del docente

4. L’alternanza non è una scorciatoia per il posto di lavoro

“Il sistema di descrizione, accertamento e certificazione delle competenze

della Regione Piemonte”

Sergio Viglierchio, Regione Piemonte

1. Il sistema di descrizione, accertamento e certificazione delle competenze della Regione Piemonte

2. Gli standard formativi nella Regione Piemonte

3. Presupposti sulle competenze

4. Il sistema informativo integrato di descrizione. Accertamento e certificazione delle competenze

della Regione Piemonte

5. Certificazione delle competenze acquisite in un percorso di alternanza scuola–lavoro

“Alcune ipotesi per la valutazione degli apprendimenti in alternanza scuola-lavoro

in un istituto tecnico commerciale”

Danilo Chiabrando, IIS Baldessano Roccati Carmagnola

1. Il contesto normativo di riferimento

2. Un’ipotesi per la valutazione in alternanza

3. Un esempio concreto

4. Alcuni dubbi

“Il consiglio di classe e la valutazione delle esperienze in alternanza”

Luisa Dal Paos, ITIS A. Avogadro Torino

1. Perché valutare le esperienze in alternanza?

2. Che cosa valutare?

3. I problemi

4. Come valutare?

5. I rapporti con il tutor aziendale

6. Quando valutare?

7. Conclusione del percorso: ultima riflessione

tt ii ttoolloolibro 69

Sommario

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1. Imparare coniugando teoria e pratica

Sono trascorsi quasi centocinquanta anni da

quando, subito dopo l’unificazione dell’Italia,

Pasquale Villari si recò ufficialmente in viaggio in

Germania e nei Paesi scandinavi al fine di carpire

i segreti delle locali scuole professionali. Le indi-

cazioni che egli ne trasse diedero nuovo slancio e

rinsaldarono le motivazioni della neonata istru-

zione tecnica italiana. Oltre un secolo più tardi,

siamo di nuovo chiamati a sperimentare a scuola

un nuovo connubio tra teoria e pratica per mezzo

dell’alternanza. Allora, è lecito chiedersi se i pre-

cedenti tentativi siano stati fallimentari e se sia

utile tentare una diversa modalità di interazione

con il mondo del lavoro.

È innegabile che la scuola italiana, ancora oggi

impregnata di idealismo, che la rende elitista e

strenua sostenitrice dell’astrazione, continua a

dimostrare diffidenza e superiorità nei confronti

della manualità e dell’apprendistato. Del resto è

tutta la cultura italiana – di destra e di sinistra –

a rimanere estranea al mondo del lavoro. Però, è

altrettanto vero che da Villari in poi la scuola ita-

liana di esperienze professionalizzanti ne ha fatte

così tante che la pratica ha ormai piena cittadi-

nanza nel mondo dell’istruzione, anche se esso

resta per molti aspetti il tempio dell’astrazione.

Per sgombrare il campo da equivoci, dichiaro

subito la mia convinzione: non solo è utile, ma

indispensabile provare a strutturare modalità

d’apprendimento per mezzo dell’alternanza e

verificarne seriamente le potenzialità. Tale tenta-

tivo è più che mai necessario non tanto perché si

tratta di un metodo d’insegnamento – e di

apprendimento – in uso già da tempo nei sistemi

scolastici di altri Paesi, ed è dunque probabil-

mente un metodo valido, ma soprattutto perché

anche in Italia sono cambiati sia gli studenti, sia

il mondo circostante, e la scuola deve necessaria-

mente provare a fare fronte a queste trasforma-

zioni.

Sono cambiati gli studenti, nel senso che

anche quelli delle scuole secondarie sono, per

fortuna, più numerosi, ma per questo sono dota-

ti di bagagli culturali e di capacità cognitive

molto differenti. E poi sono cambiati – e molto –

il nostro sistema produttivo e la nostra società,

nei quali la ricerca di un’occupazione è resa diffi-

cile dalla scarsità delle offerte di lavoro e da un

modello di adolescenza che si è prolungato inde-

terminatamente. Infine, seppur in modo tardivo e

non completamente soddisfacente, sono cambia-

te anche le leggi che regolano la scuola, preve-

dendo l’obbligo formativo sino al diciottesimo

anno di età e prescrivendo sin dalle scuole secon-

darie una più precoce professionalizzazione.

In questo contesto, a che cosa può servire l’al-

ternanza scuola-lavoro? Per capirlo sono convin-

to che sia necessario fare un passo indietro e rin-

tracciare il significato originario di “imparare in

alternanza”. Anche perché, come spesso accade

nella normativa scolastica italiana, preoccupata

di mettere d’accordo il maggior numero possibile

di componenti politiche e di lasciare spazio a

interpretazioni perlomeno variegate, l’articolo 4

della legge 53/03, che ha introdotto ufficialmen-

te l’alternanza nel sistema formativo, contribui-

sce a creare confusione.

alternanza scuola-lavoro: riflessioni, esperienze e strumenti

PPaaoolloo BBiiaanncchhiinnii ((UUnniivveerrssiittàà ddii TToorriinnoo))

Alternando si impara

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Allora è bene precisare che apprendere in

alternanza non significa soltanto sperimentare la

vita lavorativa o apprendere i rudimenti di un

mestiere. E a maggior ragione, non vuol dire cer-

care un posto di lavoro mentre ancora si frequen-

ta la scuola. L’alternanza non è neppure una

nuova versione dell'apprendistato (che rappre-

senta una materia contrattualizzata e che costi-

tuisce un rapporto di lavoro), né un "sotto-per-

corso" che potranno intraprendere soltanto gli

studenti della formazione professionale. Si tratta,

invece, di un modo diverso di imparare, di una

modalità di apprendimento che coniuga la teoria

e la pratica all'interno di un percorso formativo

unitario. Come tale, quindi, può essere scelta

anche da chi frequenta un liceo.

Insisto nel ricercare il significato e il valore ori-

ginario dell’apprendimento in alternanza perché

questo mi sembra l’unico mezzo per evitare di

cadere in un duplice errore: di carattere metodolo-

gico, in quanto poniamo le premesse per fare male

il nostro lavoro, e di natura culturale, poiché ali-

menta un ideale distorto di scuola e di formazione.

L’errore di carattere metodologico deriva dal-

l’ingenua convinzione secondo cui l’esperienza

lavorativa è sempre e comunque formativa. In

realtà, chiunque abbia monitorato un tirocinio o

un periodo di apprendistato sa bene che il lavoro

in azienda può essere frustrante, oltre che dise-

ducativo. Inoltre, non di rado trasmette insegna-

menti e principi apertamente contraddittori

rispetto a quelli trasmessi dalla scuola, e risulta,

quindi, svalutante nei confronti dell’istruzione.

Per questi motivi, non è sufficiente organizza-

re uno stage per garantire ai nostri studenti un’e-

sperienza davvero arricchente e positiva. Per

essere formativo, l’apprendimento in situazione

deve permettere di imparare dalla pratica, tra-

smettendo insegnamenti su cui fondare nuove

conoscenze di carattere astratto. Insomma, per

costituire un’esperienza valida dal punto di vista

cognitivo, il lavoro manuale deve portare il

ragazzo a impossessarsi di saperi sia pratici, sia

teorici, nonché a sentire il bisogno di ricercarne

di nuovi.

2. L’apprendimento in alternanzava curato e valutatoCiò non solo significa che il tirocinio deve essere

progettato alla luce di obiettivi e strumenti

cognitivi ben precisi, ma vuol dire anche che la

scuola deve modulare i suoi programmi in funzio-

ne di quanto viene appreso attraverso il lavoro.

Alternanza vuol dire proprio che teoria e pratica

devono essere pensate e organizzate come due

momenti interdipendenti dell’agire formativo.

Altrimenti non si vede quale differenza esista con

il modo tradizionale di organizzare gli stage e i

tirocini in azienda, e si fa dell’alternanza uno slo-

gan. Il rischio opposto è quello di perpetuare un

ideale di istruzione radicatissimo nella scuola ita-

liana, ma ormai del tutto superato, secondo cui

l’unica vera forma di apprendimento è quella che

passa attraverso l’astrazione.

In realtà, l’essere umano è concepito per uti-

lizzare tutte le sue facoltà cognitive nel momen-

to in cui esplora il mondo. Anzi, per natura, le

prime che impara ad utilizzare sono quelle senso-

riali, legate all’azione, le quali gli permettono di

imparare mentre agisce. Alcuni individui restano

più legati all’apprendimento empirico e hanno

maggiori difficoltà a imparare in astratto. Altri,

invece, crescendo, acquisiscono familiarità con

l’astrazione, eleggendola a modalità suprema di

conoscenza. Questi ultimi normalmente traggono

maggior profitto dalla scuola, la quale è basata

perlopiù su insegnamenti teorici.

Per questi motivi, impostare la formazione in

maniera esclusiva solo su una delle due modalità

dell’apprendimento, la teoria o la prassi, limita lo

sviluppo delle facoltà dell’individuo. Alternare le

due fasi della conoscenza può, quindi, contribui-

re a garantire un più pieno sviluppo delle facoltà

cognitive dei ragazzi e a permettere una maggio-

re consapevolezza dei loro mezzi.

È chiaro che, dovendo soddisfare aspettative

così elevate, l’apprendimento in alternanza non

può essere improvvisato, ma va, invece, struttu-

rato in entrambe le sue fasi. In caso contrario, il

suo destino è segnato: alle grandi aspettative ini-

ziali degli studenti e dei tutor aziendali, seguono

le difficoltà derivanti dalla sperimentazione di un

contesto nuovo e spesso ostile, oltre che dalla

routine, che costituisce l’aspetto più difficile da

gestire nell’esperienza lavorativa. L’esito sarà, nel

migliore dei casi, un giudizio negativo dell’espe-

rienza, se non l’abbandono anticipato del posto

di lavoro.

Non esiste ancora – e probabilmente non esi-

sterà mai – un unico modello di apprendimento

in alternanza. Le esperienze sino ad ora condot-

VALUTAZIONE DEGLI APPRENDIMENTI NELLA FORMAZIONE IN ALTERNANZA E CERTIFICAZIONE DELLE COMPETENZE

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te in Italia e all’estero dimostrano, però, che

alcune strategie formative possono aumentare le

possibilità di successo e prevenire rovinosi falli-

menti. In partenza, è indispensabile valutare

approfonditamente tanto gli studenti, quanto le

aziende, al fine di delineare con realismo gli

obiettivi e i metodi dell’esperienza.

In questo senso può risultare utile operare un

bilancio delle competenze dei ragazzi, sia di

quelle profonde, come le motivazioni, le caratte-

ristiche fisiche e psichiche impiegabili nel lavoro,

l’immagine di sé e del mondo, sia di quelle super-

ficiali, ovvero le conoscenze e le skills. Ma è

altrettanto necessario esaminare le situazioni di

lavoro in cui essi andranno ad operare, appurando

che prevedano mansioni congrue con le capacità

dei tirocinanti e utili per la loro crescita professio-

nale, oltre al fatto che introducano i tirocinanti in

contesti umani e ambientali positivi.

Sempre nella fase di avvio della formazione in

alternanza può essere d’aiuto definire con preci-

sione le regole e le modalità di lavoro sia con gli

studenti, sia con le imprese. Con i primi risulta

spesso fruttuoso sottoscrivere un patto formativo,

in cui, dopo avere acquisito consapevolezza del

proprio bagaglio professionale e culturale, si fissa-

no tempi, modi e finalità del tirocinio. Le aziende,

invece, vanno sensibilizzate e coinvolte nel creare

condizioni facilitanti e realmente arricchenti per i

ragazzi, oltre che potenzialmente capaci di forma-

re personale qualificato e affidabile.

3. Fondamentale è il ruolo del docenteDeterminante è poi la gestione dell’alternanza,

la quale dipende in larga misura dalla qualità del

tutoraggio. Il ruolo dell’insegnante è fonda-

mentale sia nelle lezioni scolastiche, sia nella

conduzione delle relazioni con le imprese. È,

infatti, compito del docente strutturare rientri in

formazione in cui vengono ripresi, approfonditi

e chiariti gli apprendimenti conseguiti in azien-

da. Perché questo sia possibile è necessario che

egli sia a conoscenza di ciò che lo studente ha

fatto, aiutandolo a “smontare” le singole man-

sioni, per cogliere quanto di nuovo ha dovuto –

o avrebbe dovuto - apprendere al fine di portar-

le a compimento.

Per poter davvero riflettere sulle attività svol-

te in pratica non è sufficiente il colloquio con il

tirocinante. Sin dall’inizio dell’alternanza, è

necessario preventivare incontri periodici con il

tutor aziendale, volti non solo a verificare l’anda-

mento dell’esperienza (comportamento, assi-

duità, impegno, ecc.), ma soprattutto a ricostrui-

re le azioni compiute e a progettarne di nuove. In

questo senso, è chiaro che il tutor aziendale va

individuato non in un responsabile formale, ma

nella persona a cui viene quotidianamente affi-

dato il ragazzo.

Anche la fine del periodo di alternanza ha un

grande valore formativo: non si può parlare di

un’esperienza realmente formativa senza una

valutazione basata sul confronto tra le compe-

tenze possedute all’inizio e quelle acquisite

durante il tirocinio, oltre che con quelle che

erano state preventivate. O, perlomeno, il valore

dello stage viene fortemente compromesso.

4. L’alternanza non è una scorciatoia per il posto di lavoroVeniamo adesso finalmente all’errore di carattere

culturale. Esso deriva da un ideale di alternanza

in cui l’esperienza lavorativa viene concepita

come il momento più importante dell’intero per-

corso formativo, sia per i suoi contenuti profes-

sionalizzanti, sia in quanto imperdibile occasione

per trovare un’occupazione.

Sulla necessità di attribuire pari dignità alla

teoria e alla prassi nell’ambito dell’istruzione ho

già insistito abbastanza e non credo sia il caso di

spendere altre parole. Invece, vorrei soffermarmi

sugli effetti di una formazione sbilanciata verso la

ricerca di un posto di lavoro. Esistono corsi di for-

mazione in cui l’assunzione da parte dell’azienda

in cui si è stati accolti in stage è l’obiettivo espli-

cito per docenti e alunni. Si tratta comunemente

di percorsi formativi rivolti ad adulti o a giovani

non più in età scolare, per i quali il reperimento

di un’occupazione è una priorità. In quei casi è

giusto e normale che l’attenzione sia rivolta prin-

cipalmente al lavoro in impresa.

Ma, a mio avviso, anche all’interno di forma-

zioni apertamente rivolte alla ricerca di un impie-

go non è inutile sottolineare l’importanza dei

rientri a scuola e dell’apprendimento teorico. Lo

stage può, infatti, concludersi senza assunzione

e l’intera esperienza rischia di venire giudicata

negativamente dall’allievo, il quale perde o sot-

tostima ciò che ha appreso.

alternanza scuola-lavoro: riflessioni, esperienze e strumenti72

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Il discorso diventa ancora più delicato quan-

do si parla di scuola secondaria o superiore. In

un sistema economico e produttivo in cui si è

costretti a cambiare sempre più frequentemen-

te non solo posto di lavoro, ma addirittura set-

tore d’impiego, e in cui l’età di pensionamento

continua ad essere innalzata, una professiona-

lizzazione precoce rischia di risultare contro-

producente. A differenza di quanto poteva

avvenire sino a qualche decennio fa, per un

giovane può essere utile non tanto farsi assu-

mere al più presto, quanto piuttosto apprende-

re ad imparare un mestiere, a qualificarsi e a ri-

qualificarsi, insomma a muoversi il più agevol-

mente e felicemente possibile nel mercato del

lavoro.

Questi risultati possono essere ottenuti

facendo della formazione in alternanza un’oc-

casione per dotarsi di competenze teoriche e

pratiche trasversali, ma soprattutto trasforman-

dola in un percorso di crescita personale, prima

che professionale, volto a rendere l’individuo

più consapevole dei propri mezzi e, magari, un

po’ più fiducioso nei confronti del futuro.

VALUTAZIONE DEGLI APPRENDIMENTI NELLA FORMAZIONE IN ALTERNANZA E CERTIFICAZIONE DELLE COMPETENZE

alternanza scuola-lavoro: riflessioni, esperienze e strumenti 73

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1. Il sistema di descrizione, accertamento e certificazionedelle competenze della Regione PiemonteGli orientamenti comunitari e l’attuale contesto

normativo pongono al centro delle politiche la

persona, con tutte le sue esigenze, i suoi bisogni

emergenti e la necessità di sviluppare/aggiorna-

re nel tempo le competenze necessarie a poter

agire in un contesto socio-economico flessibile e

in continua evoluzione. Attorno ad essa devono

ruotare, in un’ottica di integrazione, le politiche

dell’istruzione e della formazione professionale,

unitamente alle politiche per il lavoro e alle poli-

tiche sociali.

Il nuovo processo delineato necessita di una

trasformazione dei metodi tradizionali di educa-

zione, ormai inadeguati a fornire alle persone le

competenze e conoscenze di cui hanno bisogno

(qualità pedagogica che pone la persona al cen-

tro dell’attenzione educativa e qualità didattica

fondata sull’orientamento alle competenze, sul-

l’apprendere attraverso il fare, su un sistema di

valutazione che guidi la strategia di apprendi-

mento, sulla personalizzazione dei percorsi di

istruzione e di formazione).

Descrivere e certificare per competenze divie-

ne fondamentale per una formazione flessibile

lungo tutto l'arco della vita, per permettere al

lavoratore ed allo studente di capitalizzare le pro-

prie competenze, per consentire ai datori di lavo-

ro una lettura trasparente dei curriculum.

Per garantire effettivamente il passaggio fra i

sistemi nella formazione lungo tutto l’arco della

vita è necessario parlare di “un sistema per com-

petenze”, trasversale ai diversi sistemi, che utiliz-

zi uno stesso linguaggio per la descrizione degli

standard, la certificazione e la registrazione, in

relazione ai quali strutturare l’analisi dei fabbiso-

gni professionali e formativi, la progettazione e

l’erogazione dell’offerta formativa.

Si avverte pertanto la necessità di un sistema

nazionale di standard e di certificazione per assi-

curare il diritto degli studenti e dei lavoratori al

riconoscimento delle competenze acquisite nei

diversi contesti di studio e di lavoro, in ambito

regionale, nazionale e, in prospettiva, europeo.

Tale riconoscimento sta alla base del diritto alla

formazione permanente, che presuppone,

appunto, il riconoscimento dei crediti formativi

ovunque acquisiti e la capitalizzazione delle com-

petenze, da certificare nel libretto formativo.

Il passaggio concettuale della certificazione

delle competenze acquisite e del riconoscimento

dei crediti fa diventare effettivo e praticabile

questo nuovo processo rendendo “certe”, ossia

definite, classificate e riconosciute in maniera e

con linguaggio condiviso tra tutti i sistemi, le

competenze acquisite dalla persona nei vari pro-

cessi d’apprendimento, nello stesso tempo ren-

dendo flessibili e permeabili i vari sistemi di istru-

zione, formazione e lavoro.

In questo modo la questione della certificazio-

ne delle competenze diviene l’anello fondamen-

tale di tutto il processo, non intesa solo e sempli-

cemente come strumento metodologico, bensì

come un “sistema” di relazioni, accordi, intese

per la costruzione di un linguaggio condiviso e

trasversale ai vari Sistemi.

alternanza scuola-lavoro: riflessioni, esperienze e strumenti

SSeerrggiioo VViigglliieerrcchhiioo ((RReeggiioonnee PPiieemmoonnttee))

Il sistema di descrizione, accertamento e certificazione delle competenze della Regione Piemonte

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Per questo motivo nella nuova D.G.R. della

Regione Piemonte (DGR n.152-3672 del

02/08/2006), nel Titolo I – Principi e campo di

applicazione, all’articolo 1 – Principi generali,

viene riportato:

In piena sintonia con le Raccomandazioni UE

sulla mobilità dei cittadini e sulla trasparenza

delle certificazioni, i principi su cui si basa la

presente deliberazione sono:

a. il diritto della persona in qualunque conte-

sto al riconoscimento e valorizzazione delle

proprie competenze ovunque acquisite e il

conseguente dovere dei sistemi e delle isti-

tuzioni a garantire tale diritto, salvaguardan-

do l’unitarietà della persona

b. tale diritto è garantito dalla trasparenza delle certificazioni (cfr. la Decisione

n.2241/2004/CE del Parlamento Europeo e

del Consiglio del 15 dicembre 2004, relativa

ad un quadro comunitario unico per la tra-

sparenza delle competenze e delle qualifiche

- Europass), trasparenza intesa come chia-

rezza nelle medesime nel dettagliare le

competenze acquisite dalla persona, in

modo che tali competenze siano leggibili,

riconoscibili e messe in valore da tutti i siste -

mi (formazione, istruzione, lavoro) in cui la

persona medesima transita.

Con le nuove disposizioni regionali si esce da

un periodo di sperimentazione e di frammenta-

rietà dei provvedimenti, riunendo in una visione

di sistema tutte le componenti riguardanti le

figure e i profili professionali, le qualifiche, la

descrizione e certificazione dei profili professio-

nali per competenze, sino alla compilazione del

libretto formativo del cittadino, creando un siste-

ma regionale organico e riconoscibile e in piena

sintonia con l'evoluzione a livello nazionale.

Purtroppo in Italia non esistono repertori com-

pleti né di competenze, né di profili professiona-

li, ma solo repertori parziali.

La Regione Piemonte, come affermato nell’art.

3 del Titolo I della DGR summenzionata “coordi-

na la propria azione con quelle in atto da parte

delle altre regioni all’interno del progetto interre-

gionale ‘Descrizione e certificazione dei profili

per competenze e famiglie professionali’, proget-

to di cui la Regione Piemonte è capofila. Tali

azioni sono complessivamente rivolte alla defini-

zione di princìpi e standard di architettura comu-

ni, al fine di garantire la riconoscibilità , la certi-

ficabilità e la trasferibilità delle competenze acqui-

site e possedute dal singolo individuo nell’ambito

dei diversi sottosistemi, su tutto il territorio nazio-

nale e, in prospettiva, europeo.”. Lo scopo è quel-

lo di costruire dei repertori di standard minimi con-

divisi a livello nazionale e declinabili a livello regio-

nale a seconda delle specificità locali.

2. Gli standard formativi nella Regione PiemonteLa nuova DGR n.152-3672 del 02/08/2006

ridefinisce tutta la disciplina riguardante gli

Standard Formativi della Regione Piemonte, cioè

quell’insieme di regole che governano la descri-

zione delle qualifiche in esito ai percorsi di for-

mazione professionale, le modalità didattiche di

erogazione dei corsi, i requisiti di accesso e le

modalità di certificazione delle competenze e di

riconoscimento dei crediti formativi, in funzione

delle trasformazioni in atto e della costruzione

del sistema nazionale di descrizione delle figure e

dei profili professionali per competenze.

“Gli standard formativi costituiscono il riferi-

mento metodologico per sviluppare flessibilità ed

adattabilità all’interno di regole certe che favori-

scano la capitalizzazione dell’esperienza formati-

va, la sua riconoscibilità nel tempo e il suo suc-

cessivo sviluppo nell’ottica di formazione lungo

tutto l’arco della vita.” (Punto 1.2 dell’allegato A

alla Delibera).

Il Sistema regionale della Formazione

Professionale prevede la costruzione e l’aggior-

namento di repertori in condivisione con gli altri

sistemi del lavoro e dell’istruzione:

● repertori delle competenze e delle attività,

declinate in capacità e azioni;

● repertorio delle professioni, come insieme di

competenze riferite a specifici processi lavorati-

vi, integrato con l’auspicato repertorio naziona-

le, contenente gli standard professionali minimi;

● repertorio dei profili formativi contenenti gli

standard formativi, cioè la descrizione dei

“requisiti, in termini di processo relativi a per-

corsi formativi formali finalizzati al consegui-

mento di competenze proprie di profili/figu-

re/aree professionali”, suddivisi in profili pro-

fessionali di riferimento e in obiettivi formativi.

I profili formativi prevedono qualifiche, specializ-

zazioni, eventualmente specificate e/o differen-

ziate in indirizzi, e frequenze.

VALUTAZIONE DEGLI APPRENDIMENTI NELLA FORMAZIONE IN ALTERNANZA E CERTIFICAZIONE DELLE COMPETENZE

alternanza scuola-lavoro: riflessioni, esperienze e strumenti 75

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Le qualifiche e le specializzazioni vengono

suddivise in quattro categorie:

● standard

● standard valicate dalle parti sociali e/o in

● rapporti interistituzionali

● in osservazione

● nuove e/o sperimentali

La definizione e l’aggiornamento costante

degli standard formativi avviene garantendo il

coinvolgimento dei soggetti istituzionali e sociali

interessati al processo.

L’operatività è garantita dalle commissioni tec-

niche afferenti il Settore Standard Formativi della

Regione Piemonte (allegato B della DGR).

I Profili formativi Standard, descritti per

Competenze e Attività, sono attualmente 138,

quelli in Osservazione sono 53, quelli Nuovi, pro-

dotti dagli Enti di formazione per proporre nuovi

percorsi aderenti alle realtà territoriali in risposta

ai bandi, sono 5185.

3. Presupposti sulle competenze

Il formato descrittivo delle competenze scelto

dalla Regione Piemonte si basa sull’individuazio-

ne di una serie di requisiti:

Competenza come oggetto linguistico, e in quan-to tale negoziabile

È un "oggetto linguistico", in quanto creato da

noi umani per descrivere un insieme. È “negozia-

bile”, nel senso che sono negoziabili il suo signi-

ficato ed i suoi attributi, è negoziabile il concor-

dare cosa essa "veramente" sia.

Competenza come oggetto complessoQualsiasi teoria sulla competenza la descrive

come un mix di capacità, saperi, strategie valori,

abilità, ecc.

La competenza è sia contestuale che trasferibileLa competenza è contestuale, nasce, cresce e

si evolve applicata a un contesto:

● si apprende in un contesto;

● si applica in un contesto;

● si aggiorna costantemente in un contesto.

La competenza si apprende in un contesto, ma

il "nocciolo duro" (il meta-apprendimento) è tra-

sferibile e il meta-apprendimento è una compo-

nente fondamentale della competenza in quanto

oggetto complesso.

● utilizzabile in un altro contesto;

● ricontestualizzabile;

● tale da consentire scambi tra contesti diversi.

La trasferibilità della competenza (o meglio delmeta-apprendimento sotteso)

È fondamentale per il passaggio fra i sistemi,

ed è fondamentale per capire l'impostazione

delle prove di passaggio.

La competenza è ciò che resta in maniera per-

manente dopo un percorso di vita o di istruzione

o di formazione o di lavoro, ma la competenza è

altra cosa dal percorso fatto per acquisirla.

Il confronto dunque non è sui percorsi (che

sono “occasione” di apprendimento), ma su

“cosa” e “come” si verificano le competenze.

La competenza è un oggetto che permane nella"memoria lunga”

Concetti che ci permettono di leggere, infor-

marci, collegare i dati, interpretarli: queste sono

le competenze che permangono nella memoria

lunga, mentre le nozioni, che sono state l"'occa-

sione" di apprendimento, si dissolvono, anche se

resta la capacità di reperirle.

Dunque la competenza, in quanto meta-

apprendimento, è ciò che permane nel tempo,

mentre il dato contestuale, in quanto presente

nella memoria immediata, svanisce.

La competenza è un oggetto declinabile su diver-si livelli

Il tema "performance" introduce, anche se non

esaurisce, l'argomento dei livelli. Posso infatti

agire una competenza con diversi livelli di perfor-

mance, che possono derivare:

● dall'intensità con cui riesco ad agire quella

competenza;

● dal collegamento di quella competenza con

altre competenze.

La competenza ha un valore d'uso (in termini dispendibilità professionale) strettamente legatoalle attività

Le attività connotano le azioni che una perso-

na deve concretamente compiere, quelle che un

osservatore esterno può vedere, denotano il pro-

dotto (rispondono alla domanda “cosa fa?”),

mentre la competenza connota il processo inter-

no che la persona mette in atto per raggiungere

quel prodotto, processo che attinge a risorse,

alternanza scuola-lavoro: riflessioni, esperienze e strumenti76

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strategie, saperi, (rispondono alla domanda

“Come fa a fare quello che fa?”). L’attività è il

prodotto visto da un osservatore esterno, la com-

petenza è "il film" che la persona "gira" mental-

mente, il processo che mette in atto.

Lo schema di riferimento scelto per coniugare

un profilo professionale è costituito dalla scheda

“matrice” che permette di correlare tra loro atti-

vità e competenze, favorendo la personalizzazio-

ne dei percorsi formativi.

4. Il sistema informativo integratodi descrizione. Accertamento e certificazione delle competenzedella Regione PiemontePer rendere effettivamente praticabile la descri-

zione, l’accertamento e la certificazione delle

competenze acquisite la Regione Piemonte ha

predisposto un Sistema Informativo articolato in

componenti in base ai vari livelli di dominio,

interconnesse tra loro.

● Il Sistema “Collegamenti” contenente profili

professionali e formativi descritti per compe-

tenze, gli obiettivi formativi, i repertori di

competenze e attività, le attività di validazio-

ne e monitoraggio delle attività di definizione

di profili e/o obiettivi, la progettazione dei

percorsi formativi, le prove di valutazione, la

gestione di tutte le attività di

comparazione/confronto tra profili professio-

nali e profili formativi individuali.

● LIBRA, che costituisce il sistema amministrativo

per la gestione della formazione professionale.

● S.INF.O.D. che costituisce il sistema di filtro ed

interfaccia tra Collegamenti e LIBRA, per la

presentazione e valutazione dei progetti sui

bandi, per l’orientamento e per la certificazio-

ne finale.

● Il MOTORE COMPETENZE, cioè l’applicazione

basata sull’interazione dei tre sistemi, che

consente la ricostruzione di tutte le compe-

tenze certificate e possedute, la loro correla-

zione con le qualifiche presenti sul sistema.

Costituisce la base del Libretto Formativo del

cittadino.

Per quanto riguarda la certificazione, il Sistemainformativo integrato consente:● di certificare l'intero percorso ad esito finale

positivo (qualifica o specializzazione) per

competenze e attività;

● di certificare solo le competenze e/o capacità

o la padronanza di attività e/o azioni acquisi-

te, sia in caso di intero percorso in cui l'esito di

qualifica non sia positivo, sia in caso di abban-

doni, sia in caso di accertamento in ingresso;

● di certificare le attività o la padronanza di alcu-

ne azioni all'interno delle attività; con l’indub-

bia utilità, all'interno di percorsi per il disagio, di

consentire sempre e comunque di attestare una

qualche padronanza, e innestare una logica di

utilizzo positivo della valutazione, in un'ottica

di conferma e rimotivazione del soggetto;

● di certificare con le stesse modalità le compe-

tenze apprese in percorsi formali e non forma-

li, i crediti e i passaggi fra i sistemi, di registra-

re in un apposito database regionale informa-

tizzato le certificazioni e/o competenze acqui-

site, costituendo la base per il libretto forma-

tivo del cittadino.

La nuova DGR al Titolo IV definisce con preci-

sione le tipologie, i soggetti, le procedure e i

dispositivi di certificazione delle competenze

adottati dalla Regione Piemonte, uscendo da

un’ottica di sperimentazione e frammentarietà

dei provvedimenti.

5. Certificazione delle competenzeacquisite in un percorso di alternanza scuola–lavoroL’articolo 6 del D.L. n° 77 del 15/04/2005,

"Definizione delle norme generali relative all'al-

ternanza scuola-lavoro, a norma dell'articolo 4

della legge 28 marzo 2003, n. 53", prevede la

valutazione, certificazione e riconoscimento delle

competenze acquisite nei percorsi in “alternan-

za”. Tale certificazione costituisce crediti per il

proseguimento del percorso scolastico o formati-

vo e per gli eventuali passaggi tra i sistemi.

Nel protocollo d’intesa tra Ufficio Scolastico

Regionale, Regione Piemonte, UPP, ANCI,

Unioncamere, Confindustria, città di Torino, pro-

vincia di Torino, sulla progettazione, attuazione e

valutazione di modelli sperimentali di alternanza

scuola-lavoro, l’obiettivo diviene quello di forni-

re ai giovani studenti piemontesi una nuova

modalità per acquisire competenze, attraverso un

percorso formativo flessibile e integrato tra edu-

cazione formale e esperienza lavorativa.

L’esperienza in azienda va progettata, gestita,

controllata, monitorata e valutata nel quadro

VALUTAZIONE DEGLI APPRENDIMENTI NELLA FORMAZIONE IN ALTERNANZA E CERTIFICAZIONE DELLE COMPETENZE

alternanza scuola-lavoro: riflessioni, esperienze e strumenti 77

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degli obiettivi curricolari dei diversi percorsi.

L’alternanza costituisce così un veicolo di integra-

zione, su un versante dove la lunga esperienza

accumulata in materia dalle Agenzie Formative in

Regione Piemonte assume un rilievo primario,

connotandosi già, a pieno titolo, come parte inte-

grante dei percorsi formativi.

In particolare, all’articolo 3 del protocollo d’in-

tesa, la Regione Piemonte si impegna a mettere a

disposizione il proprio sistema di certificazione

delle competenze affinché le competenze acquisi-

te durante i percorsi in alternanza possano costi-

tuire crediti sia per la prosecuzione del percorso

scolastico o formativo sia per gli eventuali passag-

gi tra i sistemi.

Occorre dunque attivare le procedure, concor-

date tra tutte le istituzioni che fanno parte dell’in-

tesa sull’alternanza a livello regionale, per la defi-

nizione di una griglia di competenze da inserire

nella progettazione dei percorsi in azienda su cui

costruire il monitoraggio, la valutazione e la certi-

ficazione delle competenze acquisite.

alternanza scuola-lavoro: riflessioni, esperienze e strumenti78

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tt ii ttoolloolibro 79

DDaanniilloo CChhiiaabbrraannddoo ((IIIISS BBaallddeessssaannoo RRooccccaattii,, CCaarrmmaaggnnoollaa))

Alcune ipotesi per la valutazione degliapprendimenti in alternanza scuola-lavoroin un istituto tecnico commerciale

1. Il contesto normativo di riferimento

L’art. 6 del d.lgs. 15.04.2005, n. 77 , in materia di

valutazione, certificazione e riconoscimento dei

crediti dispone quanto segue:

11.. i percorsi in alternanza sono oggetto di verifica

e valutazione da parte dell’istituzione scolastica

o formativa;

22.. fermo restando quanto disposto dall’art. 4 della

l. 28.03.2003, n. 53, e dalle norme vigenti in

materia, l’istituzione scolastica o formativa,

tenuto conto delle indicazioni fornite dal tutor

formativo esterno, valuta gli apprendimenti

degli studenti in alternanza e certifica, sulla base

del modello di cui all’art. 3, c. 3, lettera e), le

competenze da essi acquisite, che costituiscono

crediti, sia ai fini della prosecuzione del percorso

scolastico o formativo per il conseguimento del

diploma o della qualifica, sia per gli eventuali

passaggi tra i sistemi, ivi compresa l’eventuale

transizione nei percorsi di apprendistato;

33.. la valutazione e la certificazione delle compe-

tenze acquisite dai disabili che frequentano i

percorsi in alternanza sono effettuate a norma

della l. 5.02.1992, n. 104, con l’obiettivo prio-

ritario di riconoscerne e valorizzarne il potenzia-

le, anche ai fini dell’occupabilità;

44.. le istituzioni scolastiche o formative rilasciano, a

conclusione dei percorsi in alternanza, in

aggiunta alla certificazione prevista dall’artico-

lo 3,c.1, lettera a), della l. 53 del 2003, una cer-

tificazione relativa alle competenze acquisite

nei periodi di apprendimento mediante espe-

rienze di lavoro.

L’art. 6 del d.lgs. 15.04.2005, n. 77 contribui-

sce, insieme ad altri elementi legislativi, a dare

indicazioni circa la valutazione delle competenze

acquisite in sistema di alternanza scuola-lavoro.

Data l’incertezza derivante dall’applicazione del

complesso della riforma Moratti, trascuriamo al

momento gli altri elementi legislativi e riferiamoci

solamente all’art. 6.

Da esso provengono una serie di indicazioni che

sono:

● la verifica e la valutazione dei percorsi di alter-

nanza sono di competenza delle istituzioni

scolastiche;

● la valutazione degli apprendimenti acquisiti in

alternanza è certificata da parte dell’istituzio-

ne scolastica, tenendo conto delle indicazioni

fornite dal tutor aziendale, sia ai fini del pro-

seguimento del percorso scolastico, sia per il

conseguimento del diploma o della qualifica;

● le istituzioni scolastiche rilasciano, al termine

dei percorsi di alternanza, una certificazione

relativa alle competenze acquisite nei periodi

di apprendimento mediante esperienze di

lavoro.

I livelli di valutazione paiono quindi essere tre:● uno finalizzato al conseguimento di un voto da

riportare ai fini della promozione o della boccia-

tura;

● uno, in itinere, finalizzato alla certificazione

delle competenze acquisite attraverso l’espe-

rienza di lavoro e utile al proseguimento degli

studi;

● uno, al termine del percorso, finalizzato alla cer-

tificazione delle competenze acquisite in alter-

nanza.

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2. Un’ipotesi per la valutazione in alternanza

Ai fini di una buona valutazione è necessario che

gli obiettivi espressi nel progetto siano chiari,

concreti e misurabili.

Una progettazione che definisce in modo pre-

ciso le competenze che si vogliono andare a for-

mare e a valutare in alternanza è quindi assoluta-

mente importante.

Se la competenza è costituita da conoscenze,

capacità e comportamenti, occorre quindi definire:

● quali conoscenze vogliamo formare in alter-

nanza

● quali tipi di competenze vogliamo formare in

alternanza

● quali tipi di comportamenti vogliamo valutare

Un’ulteriore opportuna distinzione va fatta tra

competenze di base, quelle professionali e quel-

le trasversali che si vogliono verificare.

Stabiliti in fase di progettazione gli obiettivi in

termini di competenze, si pongono adesso una

serie di questioni relative alla valutazione:

11.. dove valutare? A scuola ? In azienda?

22.. quando valutare? In itinere? Al termine del

percorso di stage? Al termine del percorso di

alternanza?

33.. come valutare?

Possiamo ipotizzare le seguenti risposte:

11.. Stabilita una precisa definizione degli obiettivi

in sede di progettazione possiamo immagina-

re di individuare competenze verificabili a

scuola ed altre in azienda. Ritengo che tutte le

competenze siano verificabili sia a scuola, sia

in azienda, ma questo afferisce al come valu-

tare, di cui parleremo dopo.

22.. Anche qui la relazione stretta tra progettazio-

ne e obiettivi in termini di competenze mi per-

mette di decidere quando valutare; es. se si

tratta di competenza propedeutica nell’ambito

del percorso posso decidere di farlo in itinere.

Si tenga presente che abbiamo comunque

necessità di valutazioni intermedie per espri-

mere un giudizio circa il percorso scolastico

dello studente.

33.. Abbiamo tre livelli di valutazione, nell’ambito

della definizione di competenza:

- conoscenza

- capacità

- comportamenti

Non tutte sono valutabili nello stesso modo

ovvero si prestano a diversi tipi di valutazioni.

La valutazione di una conoscenza può, ad esem-

pio, avvenire nel modo tradizionale scolastico:

- colloquio orale

- test scritto

- problem solving ecc.

Non è detto che il metodo tradizionale ci permet-

ta di valutare solo l’aspetto della conoscenza;

rispetto a come lo studente si pone nell’affronta-

re la verifica potremmo ricevere indicazioni signi-

ficative rispetto alle altre due componenti della

competenza, ovvero la capacità (saper fare) e il

comportamento (saper essere).

Analogamente noi potremmo pensare, questo

al termine del periodo di stage, di verificare le

competenze dello studente attraverso una vera e

propria “messa in situazione”; se l’obiettivo era il

raggiungimento di alcune competenze di tipo

“professionale” che naturalmente implicano anche

le conoscenze necessarie per realizzarle, la simula-

zione di una situazione lavorativa all’interno della

quale il nostro studente vada ad affrontare il “pro-

blema” lavorativo ci può dare indicazioni sulle sue

conoscenze, capacità e comportamento.

Un’ulteriore possibilità di valutazione può

essere quella che definiremo a “dossier”: rispet-

to al proprio periodo di stage il nostro studente

prepara un vero e proprio dossier all’interno del

quale dichiara quali sono le conoscenze, capacità

e comportamenti che ritiene di avere acquisito in

azienda; successivamente noi, con il tutor azien-

dale, utilizzando sia gli strumenti tradizionali, sia

la “messa in situazione” potremo valutare quali

effettivamente sono stati acquisiti ed a quale

livello sono stati acquisiti.

Questo tipo di valutazione presuppone, all’ini-

zio del percorso di alternanza, una piena condivi-

sione degli obiettivi con lo studente; il dossier

potrebbe comunque anche contenere indicazioni

provenienti dallo studente circa lo scostamento

tra obiettivi dichiarati ed ottenuti, oppure com-

petenze diverse da quelle concordate, che ritiene

di aver acquisito.

3. Un esempio concretoProviamo adesso a cimentarci con un esempio con-

creto, anche se di carattere assolutamente indicati-

vo, una proposta insomma per confrontarci e ragio-

nare sugli aspetti della valutazione in alternanza.

alternanza scuola-lavoro: riflessioni, esperienze e strumenti80

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VALUTAZIONE DEGLI APPRENDIMENTI NELLA FORMAZIONE IN ALTERNANZA E CERTIFICAZIONE DELLE COMPETENZE

alternanza scuola-lavoro: riflessioni, esperienze e strumenti 81

Stabilito nei nostri obiettivi che il nostro studen-

te di un ITC andrà in azienda per imparare a com-

pilare una fattura, noi dovremo poter valutare:

● conoscenze

● capacità

● comportamenti

che andranno a comporre la competenza “compi-

lare fattura” dello studente.

I diversi elementi che compongono la competen-

za possono rispondere alle seguenti domande:

● conoscenze che cosa sa lo studente?● capacità che cosa sa fare lo studente?● comportamenti come fa a fare ciò che fa?Per essere in grado di valutarle dovremo declina-

re le conoscenze necessarie per compilare una

fattura, ad esempio:

● conoscenza del modello di fattura

● conoscenza degli elementi da inserire nel

modello di fattura

● conoscenza di parte della normativa IVA.

Dovremo declinare le capacità che lo studente

dovrà agire per poter compilare una fattura, ad

esempio:

● saper individuare le parti della fattura da com-

pilare

● saper eseguire i calcoli necessari per la compi-

lazione della fattura

Dovremo declinare i comportamenti utili per la

compilazione della fattura:

● identifica gli elementi della fattura

● identifica le quantità delle merci ed i relativi

valori numerari

● individua gli aspetti della fattura.

Ad ognuno di questi aspetti noi potremo dare

una valutazione che ci definisce il livello di com-

petenza acquisita. Ad esempio:

Relativamente alle conoscenze:Livello 1 - fatica ad individuare gli aspetti

caratteristici della materia

Livello 2 - identifica in modo certo e sicuro gli

aspetti caratteristici della materia

Livello 3 - dimostra piena padronanza della

materia

Relativamente alle capacità:Livello 1 - esegue sulla base di istruzioni date,

singole operazioni

Livello 2 - pianifica ed esegue in autonomia

operazioni in vista di un risultato

Livello 3 - agisce monitorando il processo

Relativamente ai comportamenti:Livello 1 - applica saltuariamente

Livello 2 - utilizza con continuità

Livello 3 - correla ad altre esperienze

Questo tipo di valutazione si può ottenere

attraverso una “messa in situazione”, ovvero

ricostruendo, in azienda o a scuola, una situa-

zione lavorativa all’interno della quale lo stu-

dente debba compilare una fattura. La valuta-

zione deve tenere conto sia dei risultati prodot-

ti, sia degli atteggiamenti dello studente misu-

rabili attraverso l’osservazione durante lo svol-

gimento del lavoro; deve essere accompagnata

dal tutor aziendale, più esperto di noi nell’os-

servare i comportamenti di un lavoratore.

In questo modo noi possiamo definire il livel-

lo di competenza acquisita dal nostro studente

ed otteniamo una valutazione utilizzabile:

● per il curricolo, ai fini della promozione, ovve-

ro ci permette di dare un voto; nulla ci vieta

inoltre di valutare queste conoscenze prima o

dopo attraverso strumenti tradizionali;

● per la certificazione finale del percorso, che ci

da indicazioni sulle competenze acquisite

dallo studente.

4. Alcuni dubbiLe indicazioni per la valutazione in alternanza

date sinora non hanno certo la pretesa di esse-

re esaustive, ma semplicemente sono un contri-

buto per il dibattito ed il confronto.

In questo senso restano ulteriormente aperte

alcune questioni.

Ad esempio ai fini del percorso scolastico

sono valutabili solo le conoscenze o anche la

competenza complessiva acquisita?

La valutazione delle competenze trasversali

completa la misura della competenza disciplina-

re o costituisce oggetto di una valutazione a se?

E se si come? Dove?

Possiamo prevedere che le competenze si

traducano in crediti per l’esame di Stato?

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1. Perché valutare le esperienze in alternanza?

Ogni nuova metodologia didattica si sviluppa e si

modifica grazie ai risultati delle esperienze realiz-

zate, per cui la valutazione dell’esperienza è un

aspetto di primaria importanza in ogni progetto.

In particolare ricordiamo che:

a. la valutazione è un dovere dei docenti (Art.6

del Decreto Legislativo del 15 aprile 2005,

n.77);

b. la valutazione è per gli studenti uno stimolofondamentale (quante volte ci lamentiamo

perché i nostri alunni studiano solo in vista dei

compiti in classe?) e può indurre una sana

forma di competizione che consente di rag-

giungere risultati che spesso superano le

nostre previsioni;

c. la valutazione ci permette di capire la validità

del percorso, di individuarne i punti deboli e

riprogrammare gli obiettivi qualora si riscontri-

no criticità insormontabili o impreviste.

I criteri di valutazione, beninteso, devono essere

il più possibile oggettivi, esplicitati fin dall’inizio,

condivisi da tutti i docenti del consiglio di classe.

2. Che cosa valutare?Il consiglio di classe deve valutare:

a. L’esperienza di alternanza in base al raggiun-gimento degli obiettivi attesi: in pratica, la

validità del processo e del prodotto realizzato.

Il mancato o parziale raggiungimento di alcuni

obiettivi non deve essere visto come un falli-

mento, soprattutto in questa fase di sperimen-

tazione in cui non vi sono molti processi con-

solidati a cui fare riferimento, ma uno spunto

per rivedere la programmazione o gli obiettivi

stessi.

b. Il rapporto con le aziende, gli enti, le istitu-zioni che partecipano al progetto.I percorsi in alternanza sono sotto la responsa-

bilità dell’istituzione scolastica o formativa, gli

studenti non vengono “mandati in azienda”

come avviene durante uno stage o un tiroci-

nio, ma l’azienda partecipa alle attività di for-

mazione sia all’interno della scuola sia nella

propria sede: le aziende sono invitate a colla-

borare nella scelta dei percorsi, ma non posso-

no imporre i loro metodi, i loro tempi o conte-

nuti che il consiglio di classe non ritiene ade-

guati al progetto educativo/formativo elabo-

rato.

c. La crescita di ogni studente coinvolto nelprogetto. Ogni studente deve essere valutato tenendo

conto delle sue capacità e attitudini, del suo

learning style e dei suoi interessi. Vanno osser-

vati soprattutto i cambiamenti che si riferisco-

no a fattori non riproducibili nella vita d’aula e

attinenti ad esperienze lavorative/professio-

nali che possono fornire indicazioni utili per

l’orientamento del ragazzo nelle scelte che

dovrà compiere dopo il diploma.

d. Conoscenze e abilità: valutazioni oggettive,da inserire nel portfolio dello studente.A questo proposito il D.L. del 15/4/05 speci-

fica che gli apprendimenti degli studenti in

alternanza e le competenze da essi acquisite

non devono essere soltanto oggetto di valuta-

alternanza scuola-lavoro: riflessioni, esperienze e strumenti

LLuuiissaa DDaall PPaaooss ((IITTIISS AA.. AAvvooggaaddrroo,, TToorriinnoo))

Il consiglio di classe e la valutazionedelle esperienze in alternanza

82

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Page 17: Valutazione degli apprendimenti nella formazione in ......gico, in quanto poniamo le premesse per fare male il nostro lavoro, e di natura culturale, poiché ali-menta un ideale distorto

zione per quanto riguarda il conseguimento

del diploma e della qualifica, quindi all’interno

dell’istituzione scolastica che ha progettato e

realizzato il percorso, ma devono anche forni-

re dei crediti per la prosecuzione del percorso

scolastico, per eventuali passaggi o percorsi di

apprendistato, cioè devono fornire una certifi-

cazione delle competenze che possa essere

riconosciuta da altri enti ed istituzioni.

3. I problemia. Quali conoscenze/competenze/abilità devo-

no contribuire alla formulazione del voto diogni disciplina? Finora il voto dato da ogni insegnante è stato

fortemente legato all’apprendimento dei con-

tenuti disciplinari, e poco sensibile al ricono-

scimento delle abilità trasversali apprese dallo

studente. Per una corretta formulazione del

voto nei percorsi in alternanza si richiede di

valutare tutti gli aspetti importanti per la cre-

scita dell’individuo.

b. Quali conoscenze/competenze/abilità devo-no essere oggetto di una certificazione rico-nosciuta a livello universitario o da altri entidi formazione? E come può la scuola garanti-

re la spendibilità delle competenze certificate?

Solo il consolidamento dell’esperienza e una

collaborazione costruttiva con enti, istituzioni

e aziende possono permettere una certifica-

zione delle competenze accurata e corretta, ed

è auspicabile che questa sia spendibile almeno

sul territorio nazionale.

4. Come valutare?Per tutti gli aspetti sopra citati esistono modelli e

griglie la cui compilazione è abbastanza sempli-

ce, ma che non risolvono il problema dei docen-

ti: come ricondurre tale valutazione ad un voto

che possa essere utilizzato per lo scrutinio dell’al-

lievo? Nel caso in cui si riconoscano delle pecche

nella realizzazione del progetto, come fare per-

ché questo non incida negativamente sul profit-

to? Se invece il progetto si completa con risulta-

ti brillanti, togliendo però del tempo ai contenu-

ti disciplinari tradizionali, come tener conto della

crescita dello studente senza far pesare le sue

inevitabili lacune?

È fondamentale che tutti gli insegnanti rico-

noscano la validità della metodologia didattica

dell’alternanza, ne condividano gli obiettivi e si

sentano ugualmente coinvolti e responsabili.

Non è possibile svolgere i programmi didattici nel

modo tradizionale quando una buona percentua-

le delle ore di lezione curricolari viene dedicata

alle attività con le imprese, per cui siamo tenuti a

fare delle scelte in ambito disciplinare. Ancora più

importante è concordare una scala di priorità che

dia maggior valore alla crescita dell’individuo in

termini di responsabilità, correttezza di compor-

tamento nell’ambiente scolastico ed extra-scola-

stico, capacità di affrontare i problemi, saper

chiedere aiuto, riconoscere i giusti suggerimenti

e metterli in pratica, lavorare in modo cooperati-

vo e collaborativo. Dobbiamo realizzare un curri-

colo che formi il cittadino del nuovo secolo,

meno preparato dal punto di vista nozionistico

ma pronto a cogliere i mutamenti del mondo in

cui vive, flessibile, dinamico e intraprendente. Al

tradizionale compito della scuola insegnare ad

apprendere dobbiamo aggiungere insegnare ad

adattarsi: la conoscenza della realtà produttiva, la

comprensione delle dinamiche di un ambiente di

lavoro, l’accettazione di regole generalmente

molto più rigide di quelle familiari o scolastiche

saranno un valido punto di partenza per l’inseri-

mento nel mondo del lavoro al termine del corso

di studi.

5. I rapporti con il tutor aziendaleNormalmente il tutor esterno – aziendale – non ha

familiarità con la valutazione scolastica e non si

assume volentieri questo compito che ritiene

estraneo al suo lavoro.

Spesso teme che la “paura del voto” falsi il rap-

porto con gli studenti che si inseriscono nell’azien-

da e che diminuisca la possibilità di interagire

costruttivamente. Normalmente, infatti, la scuola

non incoraggia la cultura dell’errore come elemen-

to positivo, in grado di evidenziare difetti e correg-

gere problemi da superare, e questo spinge gli stu-

denti a non esporsi in prima persona e, dove pos-

sibile, a copiare anziché essere originale.

Vi sono, però, elementi di valutazione impor-

tanti per il consiglio di classe che devono essere

ottenuti dall’osservazione del professionista del-

l’azienda in base agli standard di qualità previsti

nell’ambiente di lavoro, per cui è importante for-

VALUTAZIONE DEGLI APPRENDIMENTI NELLA FORMAZIONE IN ALTERNANZA E CERTIFICAZIONE DELLE COMPETENZE

alternanza scuola-lavoro: riflessioni, esperienze e strumenti 83

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Page 18: Valutazione degli apprendimenti nella formazione in ......gico, in quanto poniamo le premesse per fare male il nostro lavoro, e di natura culturale, poiché ali-menta un ideale distorto

nire fin dall’inizio al tutor aziendale una griglia da

compilare per ogni studente. Deve poi essere

considerata l’opportunità o meno di far parteci-

pare al consiglio di classe anche il tutor azienda-

le, tenendo presente sia il fatto che il professio-

nista difficilmente può dedicarci anche questo

tempo, sia il fatto che la responsabilità della

valutazione è, come più volte ripetuto, esclusiva-

mente del consiglio di classe.

6. Quando valutare?Per individuare delle tappe che possano essere

oggetto di valutazione per quanto riguarda il

processo e il prodotto realizzato, possiamo

immaginare l’alternanza scuola-lavoro come un

modulo da sviluppare su due anni scolastici suc-

cessivi, nel corso dei quali si svolgono unità

didattiche con scopi ben definiti da realizzarsi in

ambienti diversi, all’interno della scuola o in

azienda. In particolare individuiamo:

a. Pubblicizzazione del progettoLe esperienze precedenti hanno dimostrato

che l’organizzazione delle attività è molto più

semplice se riusciamo a coinvolgere classi inte-

re; in altri casi, invece, quando non si ha a

disposizione un numero di aziende sufficienti

o queste sono troppo piccole per accogliere

tutti gli studenti, si devono fare delle scelte in

base al progetto educativo d’istituto. Le ade-

sioni da parte di tutti gli studenti si ottengono

con attività di informazione in classe e con un

incontro con alunni, famiglie, dirigenti delle

aziende, docenti e dirigente scolastico che

mettano in evidenza la valenza formativa di

tale metodologia didattica e le opportunità

offerte dal percorso. La valutazione di tale

intervento è data semplicemente dal numero

di adesioni al progetto, che deve essere il più

possibile vicino al numero considerato ottima-

le per il progetto.

b. Interventi di formazione rivolti ai docentiLa formazione può riguardare aspetti educativi

o contenuti disciplinari, e può essere effettuata

da docenti della scuola o da esperti esterni. È

utile predisporre una scheda che fornisca una

misura della necessità dell’intervento, la coe-

renza del momento scelto e della sua durata

rispetto alle attese, la validità del formatore.

c. Interventi di formazione rivolti agli studentid. Produzione in istitutoe. Produzione in azienda

Valgono le stesse indicazioni fornite per il

punto b, con l’aggiunta di una valutazione di

tipo disciplinare che servirà come contributo

per il voto in sede di scrutinio.

f. Presentazione dei lavori svolti Gli studenti realizzano due presentazioni

diverse: una rivolta ai loro compagni di scuola

del biennio, con lo scopo di orientamento, la

seconda rivolta a docenti, genitori, aziende

alla conclusione del percorso. È possibile

misurare l’efficacia di tali presentazioni.

7. Conclusione del percorso: ultima riflessioneL’obiettivo dei percorsi in alternanza è mettere

gli studenti in contatto con le realtà produttive

del territorio in cui vivono, ma dobbiamo ricor-

dare che da quando inizia la progettazione a

quando il percorso si chiude trascorrono almeno

due anni: in un periodo così lungo può cambia-

re la situazione delle aziende partner, possono

cambiare i tutor aziendali, o alcuni alunni pos-

sono aver lasciato il percorso o cambiato il loro

atteggiamento. Una corretta valutazione dei

risultati ci permetterà di capire se abbiamo

saputo sfruttare al meglio questa opportunità, e

se eventuali problemi erano assolutamente

imprevedibili o se siamo stati noi a volare trop-

po alto inizialmente.

alternanza scuola-lavoro: riflessioni, esperienze e strumenti84

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