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Diocesi di Adria-Rovigo VERSO IL SINODO DIOCESANO «Signore, che cosa dobbiamo fare?» (cf. Atti 2,37) 1. Quaderni del Sinodo Commissione preparatoria del Sinodo

VERSO IL SINODO DIOCESANO - Azione … del Vescovo Lucio Soravito de Franceschi Vescovo di Adria-Rovigo Carissimi fratelli e sorelle, con il prossimo anno pastorale 2008-2009 la Chiesa

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Diocesi di Adria-Rovigo

VERSO IL SINODO DIOCESANO

«Signore, che cosa dobbiamo fare?» (cf. Atti 2,37)

1. Quaderni del Sinodo

Commissione preparatoria del Sinodo

P R E S E N T A Z I O N E

Questo primo Quaderno del Sinodo è consegnato ai sacerdoti, agli animatori sinodali e agli operatori pastorali, religiosi e laici, quale strumento di lavoro per preparare i cristiani, credenti e non credenti, a vivere l’esperienza del Sinodo diocesano.

Dopo le pagine iniziali, che riportano la preghiera per il Sinodo, la lettera del Vescovo e la

composizione della Commissione preparatoria, il Quaderno: 1) illustra il Sinodo: che cos’è, perché si fa, come è maturata l’idea di farlo anche nella nostra

diocesi, quali obiettivi si propone di raggiungere, come si svolgerà;

2) riassume le motivazioni che hanno portato la nostra Chiesa diocesana a valorizzare questo strumento di conversione, di discernimento e di progettazione pastorale e propone lo “stile sinodale” con cui svolgerlo;

3) suggerisce le iniziative da attivare per far conoscere la natura, le finalità, il metodo di lavo-ro del Sinodo e per coinvolgere i cristiani in questo “cammino”;

4) presenta la lettera con cui il Vescovo convoca gli operatori pastorali alle Assemblee vicaria-li, che si terranno durante la Quaresima 2008, nonché il programma del loro svolgimento, allo scopo di individuare, sia pure in prima istanza, i problemi più importanti da affrontare nel cammino sinodale.

In appendice si riportano tre documenti di interesse storico e giuridico: - l’elenco del 26 Sinodi tenuti dalla Chiesa di Adria-Rovigo, a partire dal 1314; - il Sinodo diocesano nel “Direttorio dei Vescovi”; - il Sinodo diocesano nella legislazione canonica.

Si confida che quanti lo utilizzeranno, vi trovino un aiuto concreto per coinvolgere il numero più ampio di cristiani nel cammino sinodale.

per La Commissione preparatoria don Mario Lucchiari, segretario

PREGHIERA PER IL SINODO DIOCESANO 1. Signore, che guidi e proteggi la tua Chiesa, ti rendiamo grazie per averci rivelato il tuo amore e per averci chiamati a “camminare insieme” nella Chiesa, dietro il tuo Figlio Gesù. Tu ci chiami a testimoniare in questo tempo la tua Parola che ci fa vivere. 2. Dona alla Chiesa che è in Adria-Rovigo il tuo Spirito di sapienza, perché in questo Sinodo diocesano sappia leggere i segni dei tempi e rispondere agli interrogativi e ai problemi dei giovani e delle famiglie, dei poveri e dei sofferenti. 3. Sostieni la nostra speranza nelle difficoltà, donaci il coraggio del rinnovamento, il gusto della ricerca appassionata della verità, la pazienza nel dialogo e la gioia dell’ascolto. 4. Suscita in noi un nuovo slancio missionario perché sappiamo portare agli uomini di oggi la luce e la forza del tuo Vangelo e la Chiesa sia segno visibile della tua presenza e del tuo amore. 5. Maria, Madre della Chiesa, intercedi per noi: rafforza la nostra vita di comunione e fa’ che siamo nel nostro amato Polesine testimoni di gioia e annunciatori di speranza. Amen.

Stemma del Vescovo

Lucio Soravito de Franceschi Vescovo di Adria-Rovigo Carissimi fratelli e sorelle, con il prossimo anno pastorale 2008-2009 la Chiesa di Dio che è in Adria-Rovigo inizierà un cammino straordinario, che impe-gnerà le parrocchie e ciascun cristiano per un triennio: il Sinodo diocesano.

Il Sinodo diocesano è un cammino di conversione personale, di comunione ecclesiale e di progettazione pastorale,“da fare insieme”.

Perché fare un Sinodo diocesano?

Viviamo in un tempo di accelerato cambiamento. Molti valori, un tempo pacificamente condivisi, oggi sono messi in discussione. La stessa fede cristia-na, un tempo vissuta da una larga maggioranza di polesani, oggi è ritenuta da molti “irrilevante”

In questa situazione dobbiamo chiederci: Quale Chiesa costruire in questo contesto culturale? Quale missione svolgere in questo tempo? Come testimonia-re e annunciare il Vangelo in questo Polesine?

Dobbiamo saper rispondere a questi interrogativi, per essere una Chiesa fedele a Dio e all’uomo d’oggi. E dobbiamo rispondere insieme, perché nella Chiesa siamo tutti responsabili.

Per prepararci a questa straordinaria esperienza di ascolto, di discerni-mento e di progettazione pastorale, vi invito a partecipare agli incontri di presentazione del Sinodo diocesano che si terranno nelle famiglie, nei gruppi ecclesiali, nelle parrocchie, nei vicariati.

Soprattutto vi invito a pregare, perché il Signore, per intercessione di Ma-ria, Madre di Dio e della Chiesa, faccia scendere una nuova Pentecoste dello Spirito su tutta la nostra amata Chiesa polesana. Adria-Rovigo, 6 gennaio 2008

+ Lucio Soravito, vescovo

LUCIO SORAVITO DE FRANCESCHI Vescovo di Adria-Rovigo

28° Sinodo Diocesano

COMMISSIONE PREPARATORIA E SEGRETERIA Sentito il parere del Consiglio Presbiterale diocesano nella riunione del 4 maggio 2006, do-

po ampia consultazione di sacerdoti e laici, terminata la Visita Pastorale, si è pervenuti alla de-cisione di convocare, a norma del Codice di Diritto Canonico (cann. 460-468), un Sinodo dio-cesano che, collocandosi a 50 anni dall’ultimo celebrato, costituirà il 28° della serie dei Sinodi della nostra diocesi di Adria-Rovigo.

Per preparare i fedeli della diocesi allo svolgimento del Sinodo diocesano, che sarà uffi-cialmente indetto l’11 maggio 2008, solennità di Pentecoste, e aperto la domenica 21 settembre 2008, con il presente Decreto

C O S T I T U I A M O

la Commissione preparatoria e la Segreteria generale del 28° Sinodo diocesano nella nostra Chiesa di Adria-Rovigo con il compito di: - progettare e coordinare le iniziative utili per offrire ai cristiani della diocesi la necessaria in-

formazione circa la natura, le motivazioni e gli obiettivi del Sinodo; - raccogliere le proposte dei fedeli in ordine ai possibili contenuti del Sinodo (problemi, sfide,

attese del nostro Polesine oggi) e al metodo di lavoro da seguire; - promuovere la formazione di uno stile sinodale (educazione all’appartenenza, alla partecipa-

zione, alla corresponsabilità, alla comunione ecclesiale); - predisporre gli strumenti per l’informazione, la sensibilizzazione della diocesi e per il retto

svolgimento del Sinodo stesso.

La Commissione preparatoria è così composta:

a) Dai componenti della Presidenza del Consiglio Presbiterale DE STEFANI mons. Vittorio, Vicario foraneo di Lendinara-S.Bellino FURINI don Damiano, Segretario del Consiglio Presbiterale MASIERO can.co Luciano, Parroco di S. Antonio di Padova in Rovigo PASQUALINI mons. Torfino, Vicario foraneo di Badia-Trecenta

b) Dai componenti della Presidenza del Consiglio Pastorale Diocesano GALLINI Cristina, Vice-presidente del Consiglio pastorale vicariale di Castelmassa LUCCHIARI don Mario, Segretario del Consiglio Pastorale Diocesano PAVARIN dott. Paolo, Vice-presidente del Consiglio pastorale vicariale di Rovigo TOTOLO Andrea, Vice-presidente del Consiglio pastorale vicariale di Badia-Trecenta SMOLARI Renzo, Presidente della Consulta delle Aggregazioni laicali

c) Dagli “esperti” di alcuni Uffici pastorali ZIVIANI don Giampietro, ecclesiologo e Direttore dell’Ufficio Catechistico BELLINATI mons. Dante, Direttore della Caritas diocesana ZANCANELLA Sergio, dell’Ufficio di Pastorale Giovanile BOLDRINI Renzo e Claudia Catani, dell’Ufficio di Pastorale familiare CAPPATO mons. Bruno, Direttore “Ufficio Comunicazioni Sociali” e de “La Settimana”

d) Da alcuni membri di diritto o cooptati dal Vescovo GATTI mons. Claudio, Vicario Generale VALENTINI mons. Valerio, Cancelliere della Curia Vescovile BERNARDINELLO mons. Giulio, Vicario urbano di Rovigo BURATTO suor Germana, delle Serve di Maria Riparatrici di Adria

FRANZOSO Rita, Vice-presidente del Consiglio pastorale vicariale di Adria-Ariano Segretario Generale del Sinodo viene nominato il M.R. LUCCHIARI don Mario, ordinato presbitero il 26 aprile 1986.

Rovigo, 11 gennaio 2008

+ Lucio Soravito de Franceschi, vescovo

I. IL 28° SINODO DIOCESANO

In questi primi mesi dell’anno 2008 tutti noi fedeli della Chiesa di Dio che vive in Adria-

Rovigo, siamo chiamati a proseguire il cammino di fede per crescere come “discepoli di Gesù” e per diventare suoi “testimoni” sempre più credibili e convincenti.

Ma contemporaneamente siamo chiamati a chiederci che cosa fare perché anche la Chiesa diocesana, nel suo insieme, diventi “discepola e testimone di Cristo”. Siamo chiamati a chie-derci se il nostro modo di essere Chiesa, di testimoniare Gesù Cristo e di annunciare il Vangelo oggi nel nostro Polesine è adeguato alle esigenze del nostro tempo e di questo contesto sociale.

Come Chiesa di Dio che vive nel Polesine, siamo chiamati a “rivedere” il nostro modo di essere chiesa e la nostra azione pastorale, per dare una testimonianza più credibile e convincen-te e per contribuire a costruire una società più giusta, più fraterna e più solidale.

Per questo motivo, a partire dal mese di settembre 2008, inizieremo un cammino di ascolto, di discernimento e di progettazione, che si chiama “Sinodo diocesano”. In questi primi mesi del 2008 siamo invitati a prepararci a questa straordinaria esperienza di comunione e di proget-tazione ecclesiale.

I. CHE COS’È IL SINODO?

Il Sinodo diocesano è «l'assemblea consultiva, convocata e diretta dal vescovo, alla quale

sono chiamati, secondo le prescrizioni canoniche, sacerdoti e altri fedeli della Chiesa particola-re, per aiutarlo nella sua funzione di guida della comunità diocesana» (cf. Direttorio per il mi-nistero pastorale dei Vescovi 2004, n. 168).

Esso è un «atto di governo episcopale ed evento di comunione di primario rilievo» (ivi, n. 169). Il suo scopo principale è quello di educare i presbiteri, i religiosi ed i laici a “camminare insieme” (= syn-odos) per edificare una Chiesa che sia “popolo di Dio”, “Corpo di Cristo”, co-munione di fedeli riuniti insieme a immagine della Trinità.

Fare Sinodo significa imparare a “camminare insieme” dietro di Gesù, per costruire una Chiesa viva, capace di manifestare l’amore di Dio con la testimonianza dell’unità e della carità e capace di annunciare il Vangelo in modo credibile e convincente.

Mediante il Sinodo, la nostra Chiesa particolare: - cerca le sue radici storiche più genuine ed i suoi elementi spirituali più significativi; - si interroga sulla sua fedeltà alla missione che le è stata affidata, quale deve essere la sua

compaginazione interna e quale deve essere il suo servizio al mondo; - definisce il "volto proprio" e si “ridisegna” per evangelizzare gli uomini del nostro tempo in

modo più efficace.

II. DOVE NASCE L’IDEA DEL SINODO DIOCESANO?

L’esperienza del Sinodo non è una novità: essa appartiene alla natura stessa della Chiesa ed è stata vissuta, sia pure con modalità diverse, fin dall’inizio della vita della Chiesa. La prima esperienza “sinodale” è quella vissuta dagli Apostoli a Gerusalemme, nell’anno 48 circa, e nar-rata dall’evangelista Luca nel libro degli Atti (Atti 15,4-29).

Si hanno testimonianze di attività sinodale in Asia Minore tra il 160 e il 175, per affrontare l’eresia montanista. Sant’Agostino distingue tre specie di sinodi: universale, regionale e pro-vinciale. Ad essi si aggiunge nel IV secolo il sinodo diocesano, composto dai presbiteri di una diocesi, riuniti insieme al vescovo.

Il primo testo normativo per i sinodi diocesani nella Chiesa latina risale al Concilio Latera-nense IV (1215). Il Concilio di Trento impone ai vescovi l’obbligo della celebrazione addirittu-ra annuale del Sinodo (sess. XXIV, novembre 1563), anche se di fatto la loro frequenza è mol-to più contenuta. Questo spiega perché nella diocesi di Adria si sono celebrati ben 27 sinodi.

Si tratta tuttavia di Sinodi “brevi”, che coinvolgono solo i presbiteri con il loro vescovo e hanno una funzione eminentemente giuridica: devono adattare alla Chiesa diocesana le norme della Chiesa universale e della Santa Sede. La natura del Sinodo diocesano viene modificata radicalmente dalla ecclesiologia del Concilio Vaticano II (1962-65).

1. L’ecclesiologia di comunione Secondo l’ecclesiologia di comunione del Concilio Vaticano II, la Chiesa è “popolo di Dio

radunato nell’unità del Padre e del Figlio e dello Spirito”, immagine della Trinità, segno e strumento di comunione. E’ “corpo di Cristo”, di cui Cristo è capo ed i battezzati sono le mem-bra; grazie al battesimo, tutti i battezzati hanno pari dignità e hanno nella Chiesa una responsa-bilità comune, anche se differenziata; questo comporta che tutti i fedeli sono chiamati a parte-cipare attivamente e responsabilmente alla vita della comunità ecclesiale. Questa visione eccle-siologica ha portato il Magistero della Chiesa a ridefinire anche la natura del Sinodo diocesano.

1) Il documento che parla del Sinodo diocesano già nel Concilio Vaticano II è il decreto Christus Dominus; esso esprime il desiderio che "la veneranda istituzione dei Sinodi e dei Concili riprenda nuovo vigore per provvedere più adeguatamente e più efficacemente all'in-cremento della fede e alla tutela della disciplina nelle varie Chiese, secondo le esigenze dei tempi" (n. 36).

2) Dopo il Concilio la natura dell'istituto sinodale viene precisata dalla Santa Sede nel Diret-torio dei Vescovi Ecclesiae Imago (1973) e nel nuovo Codice di Diritto Canonico (1983). Quest’ultimo definisce il Sinodo diocesano: "l'assemblea dei sacerdoti e degli altri fedeli della Chiesa particolare, scelti per prestare aiuto al vescovo diocesano in ordine al bene di tutta la comunità diocesana" (can. 460) e nei cann. 461-468 ne richiama le caratteristiche indicate dalla Ecclesiae imago.

3) Nel 1997 le Congregazioni per i Vescovi e per l’evangelizzazione dei popoli pubblicano una Istruzione sui sinodi diocesani, che raccoglie l’esperienza di molti sinodi celebrati negli ultimi decenni e chiarisce il ruolo dei vescovi all’interno dei sinodi stessi. Questa “Istruzione” afferma che i lavori sinodali “mirano a fomentare la comune adesione alla dottrina salvifica e a stimolare tutti i fedeli alla sequela di Cristo… a favorire il dinamismo apostolico di tutte le e-nergie ecclesiali… a migliorare il costume di vita e la formazione del clero”. “Il Sinodo, quin-di, non solo manifesta e attua la comunione diocesana, ma anche è chiamato a “edificarla” con le sue dichiarazioni e i suoi decreti… Il Sinodo contribuisce anche a configurare la fisionomia pastorale della Chiesa particolare”.1

4) Nel 2004 la Congregazione per i Vescovi dà nuovamente alcune indicazioni circa il Si-nodo diocesano nel Direttorio per il ministero pastorale dei Vescovi. In esso si legge che il Si-nodo è «l'assemblea consultiva, convocata e diretta dal vescovo, alla quale sono chiamati, se-condo le prescrizioni canoniche, sacerdoti e altri fedeli della Chiesa particolare, per aiutarlo nella sua funzione di guida della comunità diocesana. Nel Sinodo e attraverso di esso, il Ve-scovo esercita in forma solenne l’ufficio e il ministero di pascere il suo gregge» (n. 168).

Il Sinodo è un «atto di governo episcopale ed evento di comunione di primario rilievo», «mezzo idoneo per applicare e adattare le leggi e le norme della Chiesa universale alla situa-zione particolare della diocesi, indicando i metodi che occorre adottare nel lavoro apostolico diocesano, superando le difficoltà inerenti all'apostolato e al governo, animando opere e ini-ziative di carattere generale, proponendo la retta dottrina e correggendo se esistessero, gli errori sulla fede e la morale» (n. 169).

2. La fedeltà a Dio e all’uomo Un secondo motivo che ha portato le diocesi, dopo il Concilio Vaticano II, a valorizzare

l’esperienza sinodale è stata la necessità di svolgere più fedelmente alla propria missione, den-

1 Cf. CONGREGAZIONI PER I VESCOVI E PER L’EVANGELIZZAZIONE DEI POPOLI, I sinodi diocesani, in “Regno/Documenti” n. 17/1997, pp. 519-525.

tro una società in rapido cambiamento. Molte diocesi hanno sentito il bisogno di “ridisegnare” il loro volto per rispondere meglio alle mutate esigenze dei tempi e per evangelizzare gli uo-mini del nostro tempo in modo più significativo ed incisivo.

Il documento conciliare Gaudium et Spes ha fatto crescere nelle Chiese particolari la con-vinzione di essere "parte" della società e di essere chiamate a portare in essa la loro te-stimonianza di fede e il loro aiuto morale. Con il Sinodo la Chiesa diocesana si interroga sulla sua fedeltà alla missione che le è stata affidata: quale deve essere la sua nuova configurazione interna e quale deve essere il suo servizio al mondo.

Questa preoccupazione ha determinato anche la scelta dei contenuti dei Sinodi. Ad esempio: - il Sinodo di Vicenza ha concentrato la riflessione attorno a quattro le priorità: la rievangeliz-

zazione degli adulti, la comunione e la promozione dei ministeri; la povertà e il servizio ai poveri, la formazione e l'impegno socio-politico.

- Il Sinodo di Udine è ruotato attorno a due temi di fondo (adulti nella fede, comunità cristiane adulte) e a cinque gli ambiti di vita: famiglia, giovani, poveri, cultura, lavoro e politica.

- Questa istanza missionaria è presente anche nel sinodo di Ivrea: il regno di Dio, la parola di Dio, la Chiesa comunione e la liturgia in rapporto ai problemi del nostro tempo.

- Anche il Sinodo di Verona, dopo aver trattato della “corresponsabilità e della partecipazione nella Chiesa”, ha incentrato i suoi lavori attorno ad alcuni ambiti di vita: la famiglia, i giova-ni, i mondi del disagio, il dialogo e l’annuncio nella pluralità culturale, sociale e religiosa.

- La diocesi di Belluno, oltre a riflettere sulla parrocchia, sull’annuncio e sull’iniziazione cri-stiana, si è soffermata sulla famiglia, sull’accoglienza dei poveri, sulla salvaguardia del crea-to, sui problemi del lavoro, sull’impegno socio-politico e la pace.

L’esperienza sinodale in questi ultimi 30 anni ha interessato in Italia un centinaio di diocesi. Quale incidenza hanno avuto in esse i sinodi diocesani? Le diocesi italiane che hanno vissuto l’esperienza sinodale attestano che il Sinodo: - ha favorito una visione “condivisa” di Chiesa” e un metodo pastorale comune; - ha promosso una maggiore comunione tra presbiteri, religiosi e laici e maggiore unità; - ha favorito la crescita qualitativa degli operatori pastorali e la loro corresponsabilità; - ha aiutato ad elaborare alcune linee pastorali comuni e condivise; - ha irrobustito la pastorale zonale e vicariale.

L’esperienza sinodale viene definita dai responsabili diocesani come un prezioso apprendi-stato di vita ecclesiale, di accoglienza del pluralismo, di ecumenismo, di lavoro dialogante.

A questo si aggiunge il valore delle Costituzioni sinodali: queste diventano un punto di rife-rimento molto importante per la pastorale diocesana. La loro diffusione e la loro utilizzazione sono legate anche al loro taglio propositivo e incoraggiante e al loro tono pastorale.

III. PERCHÉ UN SINODO ANCHE NELLA CHIESA DI ADRIA-ROVIGO?

L’idea di tenere un Sinodo nella nostra Chiesa diocesana – dopo quello celebrato nel 1958 –

è stata proposta da mons. Giovanni Sartori ancora nei primi mesi del suo ministero episcopale (1977). L’idea cominciò a prendere forma alla fine della sua Visita pastorale, nel 1986. La pro-posta venne accolta dal Consiglio Presbiterale diocesano nella seduta del 3 settembre 1986. In esso si precisarono le caratteristiche che avrebbe dovuto avere il Sinodo diocesano: - l’ecclesialità: promuovere la partecipazione responsabile ed attiva di tutte le componenti della

Chiesa diocesana, nella progettazione della pastorale diocesana; - la pastoralità: riflettere sulla comunità ecclesiale, ciò che essa è e ciò che deve diventare; - la missionarietà: essere attenti alle persone e alle situazioni concrete della diocesi; - la spiritualità: fare un “cammino di fede” insieme a tutta la diocesi: Dio che cammina con noi.

Si costituì un gruppo di lavoro che studiò quali dovevano essere: - i contenuti del Sinodo: evangelizzazione, liturgia, carità, comunione e servizi pastorali - il metodo di lavoro: prevedeva due fasi di lavoro:

nella prima fase (preparazione) tutta la comunità diocesana e le Commissioni sinodali dove-vano riflettere sulle mediazioni ecclesiali;

nella seconda fase (celebrazione) l’Assemblea sinodale doveva definire orientamenti e norme. - i tempi del Sinodo: un anno di sensibilizzazione (1987-88); due/tre anni per la fase di prepara-

zione (1988-1991); un anno per la celebrazione (1991-92). Ma nel 1988 il Vescovo venne trasferito a Trento e tutto si fermò. Il Vescovo Soravito è stato sollecitato a riproporre il cammino sinodale al Consiglio Presbi-

terale dalla relazione inviata dalla nostra diocesi alla Santa Sede prima della sua elezione. La proposta è rimbalzata anche nelle due settimane residenziali di Borca dell’estate 2005; è

stata discussa e approvata dai sacerdoti nelle riunioni vicariali dei primi mesi del 2006; è stata discussa ed accolta dal Consiglio Presbiterale diocesano nella riunione del 4 maggio 2006 e dal Consiglio Pastorale diocesano nella riunione del 25 maggio 2006.

IV. QUALE SINODO PER LA NOSTRA DIOCESI?

Il Consiglio Presbiterale diocesano nella riunione del 4 maggio 2006 e il Consiglio Pastorale

nella riunione del 25 maggio 2006 hanno delineato – in prima istanza – la natura del Sinodo, gli obiettivi di fondo da raggiungere e le modalità di svolgimento. La configurazione che dovrà avere il nostro Sinodo diocesano sarà definita in questi mesi dalla Commissione preparatoria. Questa valorizzerà il contributo che verrà offerto dalle Assemblee vicariali degli operatori pa-storali, che si terranno durante la Quaresima 2008.

1. Obiettivi del Sinodo 1) Conoscere la situazione socio-culturale del territorio e cogliervi le chiamate di Dio, median-

te un discernimento comunitario (In quale contesto sociale viviamo?). 2) Delineare il modello di Chiesa missionaria richiesto dalla situazione attuale: la sua vita di

comunione e il suo modo di essere tra gli uomini di oggi (Quale Chiesa vogliamo essere?). 3) Progettare il modo di testimoniare e annunciare il Vangelo nei vari ambiti della vita quotidiana,

con la partecipazione di tutti i cristiani (Quali scelte pastorali prioritarie dobbiamo fare?).

2. Contenuti del Sinodo Di per sé non possono essere definiti prima di iniziare il Sinodo, ma vanno individuati stra-

da facendo, a partire dai problemi, dalle sfide, dalle esigenze che emergeranno: - dall’analisi della situazione sociale, culturale e religiosa del nostro ambiente, - letta alla luce del progetto di uomo, di società e di Chiesa, offerto dalla parola di Dio e dal

Magistero ecclesiale. Ciò non impedisce di segnalare in prima istanza i problemi sociali, culturali, religiosi emer-

genti nel nostro territorio e le esigenze pastorali ritenute più urgenti. 3. Tempi del Sinodo

a) Preparazione del Sinodo I mesi da gennaio a giugno 2008 saranno dedicati a dare ai fedeli della diocesi la necessaria

informazione circa la natura, gli obiettivi e il metodo di lavoro del Sinodo e a creare le strutture parrocchiali e vicariali necessarie per il suo svolgimento.

b) Svolgimento del Sinodo Il lavoro sinodale vero e proprio inizierà con il mese di settembre 2008 e si svolgerà

nell’arco di un triennio, in tre fasi consecutive: 1ª Fase - Anno pastorale 2008-09: La Chiesa si mette in ascolto, per OSSERVARE E DI-

SCERNERE la situazione sociale, culturale e religiosa del Polesine e la situazione pastorale della nostra Chiesa diocesana.

2ª Fase - Anno pastorale 2009-10: La Chiesa riscopre la sua identità; per questo si impegna a VALUTARE E A PROGETTARE il suo modo di essere Chiesa nell’attuale contesto socia-le, culturale e religioso palesano.

3ª Fase - Anno pastorale 2010-11: La Chiesa annuncia il Vangelo; per questo SCEGLIE E DECIDE gli orientamenti pastorali e le indicazioni operative per rispondere ai problemi no-dali individuati nella prima fase.

4. Modalità di svolgimento a) Nel primo anno (2008-2009) i cristiani - all’interno delle parrocchie - saranno invitati a

prendere coscienza della situazione socio-culturale, religiosa e pastorale del Polesine e a fare il necessario discernimento. La Commissione preparatoria, coadiuvata dalla Segreteria Genera-le, predisporrà gli strumenti di riflessione necessari per tale discernimento.

Nelle domeniche di marzo 2009 (8, 15, 22, 29) si terranno le Assemblee vicariali per rias-sumere le riflessioni dei cristiani e di tutte le persone di buona volontà, fatte nelle parrocchie. In maggio i sacerdoti ed i rappresentanti religiosi e laici - eletti dalle parrocchie in base alle indi-cazioni del CDC - si riuniranno nella 1ª Assemblea diocesana per individuare, alla luce delle ri-flessioni avvenute nelle Assemblee vicariali, i problemi attorno a cui concentrare il discernimen-to e la progettazione pastorale.

Per ciascun problema si costituirà una Commissione sinodale. Le Commissioni sinodali ela-boreranno gli strumenti necessari per aiutare i cristiani a svolgere questa riflessione.

b) Nel secondo anno (2009-2010) i cristiani saranno chiamati - all’interno di ciascuna par-rocchia - a individuare le risposte da dare ai problemi nodali emersi nella prima Assemblea diocesana, limitandosi a definire l’identità che la Chiesa deve assumere di fronte ad essi.

Nelle domeniche di Quaresima del 2010 (28 feb. e 7, 14, 21 mar.) si terranno le Assemblee vicariali per riassumere le riflessioni dei cristiani e di tutte le persone di buona volontà, fatte nelle parrocchie. Quindi le Commissioni sinodali raccoglieranno le riflessioni emerse nelle As-semblee vicariali e, alla luce di quelle riflessioni, stenderanno una prima bozza di orientamenti pastorali e di indicazioni operative, per “edificare” una Chiesa capace di attuare efficacemente la sua missione evangelizzatrice. I “sinodali” - tutti i presbiteri ed i religiosi e laici eletti - riu-niti nella 2ª Assemblea diocesana, esamineranno quegli orientamenti pastorali e quelle indica-zioni pratiche, le sottoporranno a votazione e le consegneranno al Vescovo.

c) Nel terzo anno (2010-2011) i cristiani saranno chiamati a esaminare nelle parrocchie i problemi emersi nel 1° anno del Sinodo, riguardanti i vari ambiti della vita, e a individuare - con l’aiuto degli strumenti preparati dalle rispettive Commissioni sinodali - le risposte da dare a questi problemi, nonché a proporre le indicazioni operative, per una adeguata evangelizza-zione dei vari ambiti della vita.

Durante il terzo anno i “sinodali” si riuniranno in successive Assemblee diocesane, per e-saminare e votare gli orientamenti pastorali e le indicazioni sinodali, relativi ai vari ambiti della vita. Al termine di queste Assemblee le Commissioni sinodali consegneranno al Vescovo an-che questi orientamenti pastorali e queste indicazioni operative. Il Vescovo provvederà a pub-blicarle nel Libro delle Costituzioni Sinodali.

5. Partecipanti al Sinodo Il Sinodo vuole promuovere un ascolto attento e un dialogo aperto fra tutti gli uomini e le

donne di buona volontà - credenti e non credenti - che operano nei diversi “ambiti” della vita. Gli incontri avverranno a tre livelli: in parrocchia (o nell’unità pastorale), in vicariato, in diocesi. a) In parrocchia

Agli incontri sinodali che si terranno nelle parrocchie, nelle unità pastorali e nelle associa-zioni ecclesiali sono chiamati a partecipare tutti i cristiani, credenti e non credenti, praticanti e non praticanti, soprattutto i giovani, le coppie-sposi, gli operatori pastorali e i membri delle aggregazioni ecclesiali. b) In vicariato

Alle Assemblee vicariali parteciperà un numero adeguato di persone, rappresentanti degli operatori pastorali e dei vari gruppi di persone che si sono incontrati nelle parrocchie. c) In diocesi

Alle Assemblee diocesane parteciperanno i rappresentanti eletti da ciascuna parrocchia, in base ai criteri che saranno dati dalla Commissione Centrale.

II. VERSO IL SINODO CON UNO STILE «SINODALE»

Introduzione

Nella veglia di Pentecoste di quest’anno, sabato 10 maggio 2008 (ore 21), nel Duomo Concat-tedrale di Rovigo, faremo l’indizione solenne del Sinodo diocesano. Nella domenica 21 settem-bre 2008 (ore 16), nella Cattedrale di Adria, lo apriremo solennemente.

Come prepararci a questo straordinario evento diocesano? Quali atteggiamenti e quali atti-tudini maturare in noi e nelle nostre comunità, perché il Sinodo diventi uno strumento efficace di rinnovamento della nostra Chiesa diocesana e della nostra azione pastorale, e non costituisca un motivo di ansia o di angoscia?

Lasciamoci interpellare da Cristo. In questo tempo di rapido accelerato cambiamento,

Cristo ci chiede: Che cosa state facendo del mio Vangelo? Come lo annunciate? La Chiesa che è in Adria-Rovigo, mia Sposa, è capace di interpellare gli uomini di oggi? Chi riuscite a rag-giungere con l’annuncio del Vangelo?

Sono queste alcune delle domande che Gesù fa risuonare dentro di noi in questo tempo di rapido e accelerato cambiamento. Esse non sono segno di smarrimento o di incertezza o di delu-sione, ma sono espressione dell’amore verso Dio e verso l’uomo che il Signore Gesù ha posto dentro di noi; sono manifestazione del nostro desiderio di essere fedeli al progetto di Dio e al servizio dell’uomo d’oggi.

Tutto parte da Gesù Cristo, dall’essere visitati dalla sua grazia, dall’essere chiamati a conti-

nuare la sua missione nel mondo. «È nella consapevolezza del Risorto tra noi, che ci poniamo oggi la domanda rivolta a Pietro a Gerusalemme, subito dopo il suo discorso di Pentecoste: Che cosa dobbiamo fare?» (cf. NMI 29).

Gesù ci dice: «Fate bella la Chiesa, mia Sposa, fatela diventare una comunità fraterna e so-lidale, specchio della Trinità, gloria vivente di Dio, manifestazione, epifania dell’amore del Pa-dre e del Figlio nella gioia dello Spirito».

Ecco il primo atteggiamento da coltivare, per prepararci al Sinodo: dare ascolto alle domande che Cristo Sposo fa risuonare dentro di noi, membri della Chiesa, sua Sposa. Ma a queste do-mande e a questo invito vogliamo che rispondano insieme tutti i battezzati della nostra Chiesa diocesana, perché tutti siamo responsabili della vita della nostra Chiesa e della sua missione.

Lo stile di vita che deve caratterizzare la comunità ecclesiale è la “sinodalità”. La sinodalità

è una dimensione fondamentale della Chiesa, che si manifesta nella comunione ecclesiale, nel-la collaborazione vicendevole (partecipazione), nel discernimento comunitario dei “segni dei tempi”, nella ricerca condivisa della volontà di Dio. Di fatto, ogni volta che ci riuniamo all’interno della Chiesa per esprimere la nostra identità di credenti e per pensare il nostro agire in sintonia con il Vangelo, noi viviamo la dimensione “sinodale” della Chiesa.

Il sinodo diocesano è una espressione della sinodalità della Chiesa ed è al servizio della si-nodalità; quello ha un carattere straordinario, questa ha una carattere permanente.

A fondamento della sinodalità della Chiesa ci sono tre fattori: - l’ecclesiologia di comunione, - la corresponsabilità e la partecipazione ecclesiale, - l’impegno per la missione nel mondo. 1. L’ecclesiologia di comunione Il primo interlocutore al tavolo della sinodalità è l’ecclesiologia di comunione. 1) La sinodalità invoca una concezione di Chiesa-comunione, quale emerge prima di tutto

dall’esperienza della comunità apostolica e dalle prime comunità cristiane.

! Durante la sua vita pubblica Gesù avvia con i discepoli un’esperienza di comunione e di missione. Il gruppo dei discepoli fin dall’inizio è itinerante con il Maestro: Gesù «ne costituì dodici perché stessero con lui e per mandarli a predicare» (Mc 3,14-15). Qui lo «stare» non è la premessa dell’invio, ma indica il modo di «andare», indica una missione che non è mai una impresa solitaria, ma si realizza sempre nella compagnia dei discepoli con il Maestro. È “stando” con Gesù che si comprende perché andare, dove andare, per quale annuncio. Ed è “andando” che si vive la compagnia fraterna con Gesù.

! Nella missione stessa di Gesù Cristo si comprende come il modello principale dell’annun-cio evangelico è la vita trinitaria, il mistero di Dio. Infatti nella vita di Gesù il primato della sua relazione con Dio Padre prende forma concreta nei suoi rapporti con gli uomini. Ai di-scepoli insegna che la qualità della relazione con Dio si riconosce nel modo con cui si tesso-no relazioni autenticamente fraterne. Si tratta della connessione indissolubile tra l’amore di Dio e l’amore del prossimo (cf. 1 Gv 4,20-21).

! Anche la missione dei discepoli di Gesù deve essere sostenuta dalla testimonianza della comunione ecclesiale, in sintonia con la preghiera di Gesù: “Padre, ti prego per quelli che crederanno in me, grazie alla parola dei discepoli: che tutti siano una cosa sola..., perché il mondo creda che tu mi hai mandato” (Gv 17,20-21). Anche l’apostolo Paolo nella lettera ai Filippesi ricorda che la missione esige la comunione ecclesiale: "Siate uniti e concordi nel-l'amore... Abbiate gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù... Siate irreprensibili e sem-plici figli di Dio, immacolati in mezzo a una generazione perversa e degenere, nella quale dovete splendere come astri nel mondo, tenendo alta la parola di vita" (Fil 2,2-5. 13-16). E’ questo ideale di comunione che ispira la vita delle prime comunità cristiane, come ci testimo-nia l’evangelista Luca (Atti 2,42-48; 4,32-35).

2) L’ecclesiologia di comunione emerge con chiarezza dai testi portanti del Concilio Vati-

cano II: Dei Verbum, Lumen Gentium, Gaudium et Spes. Essi presentano la Chiesa con la cate-goria di “popolo di Dio”.

La Chiesa, popolo di Dio, è fatta a immagine della Trinità ed è costituita nel mondo come segno di quella comunione straordinaria “che lega il Padre al Figlio e il Figlio al Padre nel vin-colo amoroso dello Spirito” (ChL 12). Perciò la Trinità è la fonte e il modello della vita della Chiesa. Ciascuna comunità ecclesiale deve lasciarsi plasmare da queste relazioni che intercor-rono fra le tre divine Persone e deve far crescere le relazioni interpersonali secondo questo "modello" trinitario. Ce lo comanda Gesù: “Io ho fatto conoscere loro il tuo nome e lo farò co-noscere, perché l'amore col quale mi hai amato sia in essi e io in loro” (Gv 17, 26).

La Lumen Gentium afferma che Dio ha costituito la Chiesa come “popolo adunato nell'unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo” (LG 4), perché sia “segno e strumento dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano” (LG 1). Mediante la Chiesa la Trinità of-fre agli uomini la possibilità di partecipare alla sua comunione; così tutti quelli che cercano Dio con cuore sincero, lo possono incontrare (cf. GS 24).

3) L’identità di Chiesa-comunione trova la propria radice anche nella rinnovata concezione

della rivelazione, emersa dal Concilio: «Piacque a Dio nella sua bontà e sapienza rivelare se stesso e far conoscere il mistero della sua volontà mediante il quale gli uomini per mezzo di Cri-sto, Verbo fatto carne, nello Spirito santo hanno accesso al Padre e sono resi partecipi della divi-na natura. Con questa rivelazione Dio invisibile nel suo immenso amore parla agli uomini come ad amici e si intrattiene con essi, per invitarli e ammetterli alla comunione con sé» (DV 2).

Questa decisione di Dio di venire incontro a noi uomini nella storia, per invitarci a un rap-porto di comunione tra noi e con Lui, comincia a realizzarsi nella comunione ecclesiale. Ecco perché la vita cristiana è vita di comunione. Trovarci insieme a condividere la fede non è né at-teggiamento facoltativo, né pura convenienza, ma è la via che corrisponde al modo di venirci incontro da parte di Dio. Pertanto lo stile del “camminare insieme” (synodos) è una esigenza di ogni vera comunità e contribuisce di per sé a costruire una Chiesa-comunione.

Per questo, dopo il Concilio Vaticano II, che ha descritto la Chiesa come “mistero di comu-nione” e come “popolo di Dio” (LG cap. I e II), la dimensione della sinodalità è diventata sem-pre più presente sia nella teologia che nella prassi pastorale, tanto da essere riconosciuta come una dimensione essenziale della Chiesa.

4) La sinodalità emerge come tratto distintivo della natura della Chiesa, intesa anche come

“corpo di Cristo”. La Chiesa è «corpo di Cristo», è la comunità attraverso la quale si manifesta la presenza di Cristo Risorto nel mondo oggi. Questa comunità è un corpo unico, fatto da molte membra, che sono le singole persone. I singoli credenti sono le membra reali di Cristo. Non si tratta di una metafora, ma di una realtà che risale a Gesù. Quando Gesù nell'ultima cena dice: "Prendere e mangiate: questo è il mio corpo dato per voi", egli dona se stesso per costruire quel Corpo reale che è la Chiesa; questa comunità diventa segno, manifestazione della sua pre-senza nel mondo.

In ogni Eucarestia ci sono due epiclesi, due grandi invocazioni dello Spirito: una precede la consacrazione: «Manda il tuo Spirito a santificare i doni che ti offriamo, perché diventino il corpo e il sangue di Cristo». L’altra viene dopo la consacrazione: «E a noi che ci nutriamo del corpo e sangue di Cristo, dona la pienezza dello Spirito Santo, perché diventiamo in Cristo un solo corpo e un solo spirito». Noi crediamo alla prima epiclesi che cambia il pane nel Corpo eucaristico di Cristo. Non crediamo forse abbastanza alla seconda epiclesi, che vuol cambiare la comunità nel corpo mistico di Cristo. Se ci credessimo di più, usciremmo di chiesa cambiati, trasformati dalla potenza dello Spirito.

5) La Chiesa è presentata anche come “tempio dello Spirito”: è lo Spirito che riunisce i cre-

denti a formare “un corpo solo”. Egli è l’“anima” della comunità ecclesiale. Ogni giorno essa nasce dall’alto, dallo Spirito del Signore, che rende capace ogni persona di vivere da credente (cf. At 5,32). La presenza dello Spirito è un fatto perenne nella Chiesa. La costituzione Lumen Gentium al n. 4 lo afferma con verbi densi di mistero: «Lo Spirito dimora nella Chiesa e nei cuori dei fedeli come in un tempio, in essa prega e rende testimonianza…, unifica la Chiesa nella comunione e nel ministero, la dirige con diversi doni gerarchici e carismatici, la abbelli-sce dei suoi frutti…, la fa ringiovanire, la rinnova continuamente e la conduce alla perfetta u-nione con il suo Sposo». C'è da restare stupiti e consolati.

Proprio in ragione di questo sua origine, la Chiesa non è uno dei tanti luoghi di incontro, ma è l’ambito privilegiato in cui si riconosce la manifestazione della comunità redenta e salvata, che partecipa dei doni diversi di Dio, a servizio dell’unica Parola.

Ebbene, il Sinodo, in quanto espressione della sinodalità della Chiesa, costituisce l’epifania

della Chiesa. Questa si costituisce in assemblea non in virtù di una forza umana, ma per l’azione di Cristo risorto, che nello Spirito rende presente la chiamata salvifica del Padre per tutti gli uomini. Ogni Sinodo, in tal senso, è annuncio profetico del mistero di Dio e si colloca a servizio della Chiesa, che del mistero di Dio non è solo annuncio, ma manifestazione.

Il Sinodo è un evento che va oltre la semplice struttura istituzionale e trova la sua colloca-zione nell’esigenza di esprimere la Chiesa, mistero di comunione. Anch’esso entra nella dina-mica sacramentale propria della Chiesa. Se da una parte esso è una struttura storica, dall’altra trascende questa dimensione, per essere segno dello stesso mistero di Dio che si manifesta sa-cramentalmente in essa. In questa prospettiva si può affermare che il Sinodo è rappresentazione della Chiesa e ne esprime l’identità. Il Sinodo è un evento della vita della Chiesa; non è la Chiesa e non si identifica con essa, ma è uno specifico servizio ad essa.

2. La corresponsabilità e la partecipazione ecclesiale

Al tavolo della sinodalità si presenta un secondo interlocutore: si tratta dell’attuazione della comunione nella forma della partecipazione. Se la comunione ecclesiale non si traduce in una

reale partecipazione, essa si risolve in una pia intenzione, che provoca disagio e fa diventare inutili le stesse strutture di partecipazione.

Il Concilio Vaticano II afferma che tutti i membri della Chiesa, popolo di Dio e corpo di Cri-sto, in forza dei sacramenti della iniziazione cristiana, hanno uguale dignità; comune è la grazia di figli, comune la vocazione alla santità; una sola la salvezza, una sola la speranza ed una sola carità senza divisioni (cf. LG 32).

Questa uguale dignità comporta però che tutti partecipino all’unica missione della Chiesa. A questa missione non chiama né il vescovo, né il parroco, ma il Signore! «L’apostolato dei laici è la partecipazione alla stessa salvifica missione della Chiesa; ed a questo apostolato sono tutti destinati dal Signore stesso, per mezzo del battesimo e della confermazione» (LG 33).

Pertanto essere cristiani e partecipare alla missione della Chiesa è la medesima cosa. Questo sta a significare che c’è un principio fondamentale, in forza del quale tutti sono corresponsabili nella Chiesa. Certo, corresponsabilità non significa identità di compiti. All’interno della Chiesa c’è una diversificazione di compiti, ma la missione da attuare è la stessa.

È possibile allora stabilire una tipologia di questi compiti per l’unica missione? Lo facciamo assumendo il disegno della Lumen Gentium: si incomincia con la descrizione della Chiesa inte-sa come mistero, cioè come attuazione del piano di Dio; questo mistero fa sorgere un popolo e in questo popolo c’è il compito dei ministri ordinati, il compito dei laici e quello dei religiosi.

Chi appartiene alla gerarchia ha il compito di essere memoria dell’origine e garanzia della fedeltà; la successione apostolica è indispensabile per la vita della Chiesa; alla successione a-postolica appartengono coloro che hanno ricevuto il sacramento dell’Ordine.

Nello stesso tempo, però, la Chiesa per realizzarsi ha bisogno di essere presente alla storia: questo aspetto viene richiamato dai laici.

La Chiesa è orientata verso il suo compimento, verso l’escaton: questo aspetto è raffigurato dai religiosi.

Queste tre dimensioni sono presenti in ogni cristiano: nel battesimo ogni cristiano confessa la fede apostolica, si impegna a vivere come figlio di Dio nella storia, in attesa della vita eterna. Ogni fedele, in questo senso, riproduce in sé stesso tutte le dimensioni della Chiesa.

Il Concilio Vaticano II, per parlare della comune responsabilità dei battezzati nella Chiesa,

utilizza l’immagine del «corpo di Cristo», nel senso indicato dalle lettere paoline (Corinti e Romani), dove l'apostolo Paolo fa vedere che il corpo di Cristo è un corpo costituito da molte membra. Grazie al dono dello Spirito Santo, ricevuto nel battesimo, i fedeli cristiani appar-tengono al "corpo reale" di Cristo, che è la Chiesa (cf. 1 Cor 12,17) e sono resi partecipi dell'a-more del Figlio verso il Padre e del suo amore-servizio verso i fratelli.

Ciascuno di loro, unito a Cristo mediante la fede e il battesimo, è chiamato a fare dono della sua vita agli altri; a rendere attuale il dono che Cristo ha fatto di se stesso, attraverso il proprio servizio nella Chiesa e nella società; a essere per gli altri segno dell'amore di Dio per l'umanità e stimolo all'amore vicendevole (ChL 23).

Perché i fedeli cristiani possano svolgere il loro servizio nella Chiesa e nella società, lo Spirito Santo, mediante il battesimo e gli altri sacramenti, dà loro i suoi doni o carismi: “Vi sono diversi-tà di carismi, ma uno solo è lo Spirito. Vi sono diversità di ministeri, ma uno solo e il Signore. Vi sono diversità di attività, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti” (1 Cor 12,4-6).

I carismi non sono dati perché facciano propaganda a se stessi, né per la loro personale gra-tificazione all’interno della Chiesa, ma per l’“utilità comune”, cioè per edificare la comunità ecclesiale, corpo di Cristo. “E a ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito, per l'utilità comune” (12,7). Perciò l'esercizio dei carismi è subordinata alla crescita di tutta la comunità ecclesiale; per questo tale esercizio viene regolato dai ministri ordinati o pastori della comunità.

I cristiani hanno ciascuno il proprio dono (charisma), “secondo la misura del dono di Cri-sto” (cf. 1 Cor 7,7; Ef 4,7). Tutti devono collaborare alla costruzione della Chiesa e del Regno di Dio, perché non ci possono essere nella comunità membri inattivi, formando tutti un corpo solo, in cui le singole membra danno il loro apporto al benessere di tutto il corpo.

Il Concilio Vaticano II afferma che lo Spirito Santo “dispensa pure tra i fedeli di ogni ordine e grado grazie speciali” (LG 12), “in modo che tutti concordemente cooperino, nella loro misu-ra, al bene comune” (LG 30). “Straordinari o semplici e umili, i carismi sono grazie dello Spiri-to Santo che hanno, direttamente o indirettamente, un'utilità ecclesiale, ordinati come sono al-l'edificazione della Chiesa, al bene degli uomini e alle necessità del mondo” (ChL 24).

In conclusione, “carismi sia umili che eccelsi vengono concessi ai laici sotto molteplici for-me” (PO 9) e ciò in vista dell'apostolato: “Per l'esercizio di tale apostolato lo Spirito Santo... largisce ai fedeli anche doni particolari, distribuendoli a ciascuno come vuole, affinché metten-do ciascuno a servizio degli altri il suo dono al fine per cui l'ha ricevuto, siano anch'essi buoni dispensatori della multiforme grazia di Dio, per l'edificazione di tutto il corpo nella carità. Dall’aver ricevuto questi carismi, anche i più semplici, sorge per ogni credente il diritto e il do-vere di esercitarli per il bene degli uomini e a edificazione della Chiesa, sia nella Chiesa stessa che nel mondo” (AA 3).

I carismi vanno accolti con gratitudine da parte di chi li riceve, ma anche da parte di tutti nella Chiesa. Sono infatti una singolare ricchezza di grazia per la vitalità apostolica e per la santità dell'intero Corpo di Cristo. Ma per valorizzarli efficacemente in vista dell'edificazione della comunità ecclesiale è sempre necessario il discernimento da parte dei Pastori della Chiesa (cf. LG 30). Ai Pastori è affidato il compito di regolare l'esercizio dei carismi, affidando ai cri-stiani ministeri e servizi pastorali corrispondenti ai carismi ricevuti dallo Spirito.

Da questa comune responsabilità che i cristiani hanno verso la Chiesa e il mondo, deriva il dovere di partecipare tutti, attraverso il Sinodo, anche al rinnovamento della Chiesa diocesana.

3. La missione della Chiesa nel mondo

Il terzo interlocutore al tavolo della sinodalità è la missionarietà della Chiesa. La Chiesa non

esiste per sé, ma per la realizzazione del regno di Dio, che è “impiantato nel cuore del mondo”. A questo riguardo il Concilio ha portato la Chiesa, da una posizione di difesa, ad una posi-

zione di dialogo con il mondo. Il mondo per certi versi è cattivo, perché è posto nel maligno (cf. Gv 17,15); ma per altri versi è buono, perché è fatto da Dio, retto da Dio, destinato a Dio: «C'è una compenetrazione tra città terrestre e città celeste…che costituisce il mistero della sto-ria» (GS, 40). Questo mondo Dio lo ha tanto amato da dare il suo unigenito Figlio e da manda-re i suoi discepoli a portare il Vangelo. Per evangelizzare il mondo bisogna amarlo. Non si e-vangelizza se non si ama. Nel nuovo rapporto con il mondo la Chiesa ha gettato tre ponti:

1) Il primo ponte è il nuovo rapporto tra fede e cultura. L'uomo in passato era definito so-prattutto come "natura". La cultura era considerata qualcosa di superficiale, di accessorio, co-me un vestito. La Chiesa si era posta in passato più di fronte all’uomo astratto che concreto; più di fronte alla natura che alla cultura; più di fronte all'eternità che alla storia. Questo spiega certi ritardi di fronte alle grandi trasformazione del mondo contemporaneo. Scopo della ricerca fu conoscere queste trasformazioni per innestarvi le certezze della fede.

Ora si è scoperto l'importanza della cultura intesa come sistema di valori attorno ai quali un popolo vive e organizza la sua esistenza. In questo senso la cultura serve a umanizzare l'uomo o a disumanizzarlo. La fede non si identifica con la cultura, ma si incarna nella cultura; di essa si serve per esprimere la ricchezza del Vangelo (cf. Gaudium et Spes, 58).

2) Un secondo ponte è il nuovo rapporto tra fede e storia. Dio infatti per rivelarsi al mondo non ha scelto le vie ardue della filosofia, ma il terreno concreto della storia. È il Dio di Abra-mo, di Isacco, di Giacobbe e di Gesù Cristo.

Il protestantesimo aveva portato la Chiesa cattolica a concentrare ogni sforzo per difendere il deposito della fede e della tradizione. Questa preoccupazione, certamente necessaria ed es-senziale, ha comportato il rischio di annunciare una "dottrina astratta", con un metodo dedutti-vo dei principi, che non parlava abbastanza alla mente e al cuore dell'uomo contemporaneo.

Il Concilio ha incoraggiato il metodo induttivo, la lettura dei segni dei tempi (cf. GS n. 4). Il Sinodo si propone di discernere i “segni dei tempi”, perché la fede non corra sopra la storia o

fuori della storia, ma sia una fede che si situa nella storia, che fa storia, che cambia la storia, perché la storia della salvezza divenga la salvezza della storia.

3) Il terzo ponte verso il mondo è un nuovo rapporto tra fede e vita. Impressiona la povertà di fermenti evangelici nelle strutture sociali e politiche dello Stato, alla cui creazione hanno avuto una larga parte anche i cristiani. La ragione è che i cristiani spesso vivono la fede in du-plice edizione, con una doppia coscienza parallela: in chiesa seguono la coscienza religiosa; fuori chiesa una coscienza che si conforma alla cultura dominante, ispirata spesso a principi an-tievangelici. «La dissociazione tra la fede e la vita è uno dei più gravi errori del nostro tempo» (GS 43).

I nuovi rapporti chiesa-mondo, più che sui trattati e sui concordati, corrono sul filo delle co-scienze dei credenti, chiamati a fare sintesi tra fede e vita. Ma la Chiesa nel suo insieme è chiamata a stabilire rapporti di dialogo e di servizio nei confronti del mondo.

! La Chiesa esiste per annunciare il Regno con la Parola e per essere nella storia come un

segno vivente del Regno di Dio, attraverso uno stile fraterno di vita comunitaria, che ha al suo centro il Signore Gesù. E’ una comunione con Dio che non può rimanere confinata nel-l’intimo delle coscienze, ma deve essere vissuta nella comunicazione fraterna dell’esperienza di Cristo e deve porsi nel mondo come segno della piena comunione degli uomini con Dio.

! La comunione ecclesiale è una “comunione aperta”. Se la Chiesa ha come norma l’avveni-mento storico di Gesù, ha davanti a sé un mondo nuovo da scoprire, da valorizzare e da servire, in cui cogliere i segni della presenza e dell’azione dello Spirito, dovunque esso si manifesti.

! L’esigenza di esprimersi in un vero dialogo col mondo nel suo complesso, con i suoi valo-ri e le sue ambiguità; di fronte al mondo la Chiesa si pone in atteggiamento di dialogo amo-revole, di ricerca della comunione fraterna, riesprimendo con la propria testimonianza l’amore gratuito e incondizionato del Padre;

! La realizzazione di una comunità capace di scrutare e di anticipare nella speranza il futuro che Dio va consegnandole, accogliendo gli appelli che salgono dal presente.

4. Il discernimento comunitario

La volontà di Dio è che la Chiesa sia espressione storica di Gesù Cristo e continui la sua

missione nel mondo. In forza del battesimo e della cresima, tutti i cristiani sono chiamati a par-tecipare a questa missione. La missione della Chiesa è quella di annunciare il Vangelo e di col-laborare con Dio nella realizzazione del suo Regno, già impiantato nel cuore del mondo.

La Chiesa si è sempre impegnata per attuare questo compito, ma il modo di realizzarlo è va-riato nel corso dei secoli; oggi esso non può essere identico a quello di tre o quattro secoli fa. “Per svolgere questo compito, è dovere permanente della Chiesa scrutare i “segni dei tempi” e interpretarli alla luce del Vangelo, così che, in un modo adatto a ciascuna generazione, possa rispondere ai perenni interrogativi degli uomini sul senso della vita presente e futura e sul loro reciproco rapporto” (GS 4).

La realizzazione della missione ecclesiale esige una profonda conoscenza del presente mo-mento storico e dell'attuale contesto socio-culturale; questo va analizzato non solo mediante i sussidi offerti dalle scienze umane, ma soprattutto va interpretato alla luce della fede.

“Il popolo di Dio, mosso dalla fede, ... cerca di discernere negli avvenimenti, nelle richieste e nelle aspirazioni, cui prende parte insieme con gli uomini del nostro tempo, quali siano i veri segni della presenza o del disegno di Dio. La fede infatti tutto rischiara di una luce nuova e svela le intenzioni di Dio sulla vocazione integrale dell'uomo, e perciò guida l'intelligenza ver-so soluzioni pienamente umane” (GS 11). La Chiesa, perciò, deve saper cogliere mediante un discernimento comunitario i “germi di bene” presenti nel suo contesto storico e culturale e deve saperli valorizzare.

La necessità del discernimento comunitario oggi è accentuata dalla situazione di accelerata trasformazione in cui la Chiesa si trova a vivere. La Chiesa è chiamata ad essere fedele alle persone e alla realtà sociale in cui si trova, adeguando la sua azione alla diversità delle situa-zioni e al mutamento socio-culturale accelerato dei nostri tempi. La Chiesa tradirebbe il suo compito non solo quando deformasse il messaggio evangelico, ma anche quando rendesse vana la sua azione pastorale, a causa dell'improvvisazione, della superficialità, del pressappochismo, della non-attenzione alle esigenze dei tempi.

Non ci si può ostinare a ripetere automaticamente le azioni di sempre in un contesto sociale e culturale in continua trasformazione. Ce l’ha ricordato il papa Giovanni XXIII con l’indi-zione del Concilio Vaticano II: "La Chiesa oggi assiste ad una crisi in atto della società. Mentre l'umanità è alla svolta di una nuova era, compiti di un'ampiezza immensa attendono la Chiesa, come nelle epoche più tragiche della storia. Si tratta infatti di mettere a contatto con le energie vivificatrici e perenni del Vangelo il mondo moderno: mondo che si esalta delle sue conquiste nel campo tecnico e scientifico, ma che porta anche le conseguenze di un ordine temporale, che da taluni si è voluto riorganizzare prescindendo da Dio... (cf. la Costituzione Apost. "Humanae Salutis", del 25.12.1961).

La Chiesa che esiste in un determinato territorio ha un compito: portare a compimento le

ricchezze presenti in questo territorio. La Lumen Gentium n. 13 afferma: «La Chiesa introdu-cendo il Regno di Cristo nulla sottrae al bene che è presente nei popoli, ma lo assume, lo puri-fica e lo porta a compimento».

Ciò significa che la Chiesa particolare non può pensarsi come separata rispetto alla storia di questo tempo; piuttosto è in simbiosi con esso. Non ci sarebbe la Chiesa particolare senza que-sto innesto reciproco tra gli elementi teologici e quelli culturali. Ma se questo è vero, nel trac-ciare il cammino di questa Chiesa bisognerà che tutti i fedeli di questa Chiesa siano coinvolti, perché il rapporto tra questa Chiesa e la storia concreta di questo territorio è costruito dalle per-sone nelle loro diverse vocazioni.

La Chiesa deve discernere i “segni dei tempi”, deve cioè lasciarsi interpellare dalla situazio-ne, mediante la quale Dio le può indicare come debba camminare. Come si fa a discernere i se-gni dei tempi? Come si fa a capire cosa Dio vuole? La ricerca della volontà di Dio, per la Chie-sa, comporta che si cammini insieme. Il discernimento è frutto di un processo collettivo.

«Se la missione della Chiesa è quella di collaborare con Dio nella realizzazione del suo Re-gno, già impiantato nel cuore del mondo, essa ha il dovere di individuare nella storia i “segni del Regno” attraverso il discernimento comunitario e di assecondarli (cf. CV 34). E tutti devo-no essere coinvolti in questo discernimento comunitario, per poi progettare e agire insieme» (Progetto, n. 9).

«Ascoltare le attese più intime dei nostri contemporanei, prenderne sul serio desideri e ri-cerche, cercare di capire che cosa fa ardere i loro cuori e cosa invece suscita in loro paura e dif-fidenza, è importante per poterci fare servi della loro gioia e della loro speranza. Non possiamo affatto escludere, inoltre, che i non credenti abbiano qualcosa da insegnarci riguardo alla com-prensione della vita e che dunque, per vie inattese, il Signore possa in certi momenti farci senti-re la sua voce attraverso di loro» (CV 34)

Questo è il senso del Sinodo. Il Sinodo è espressione del comune sentire, prodotto dallo Spi-

rito in vista della missione. Il Sinodo dovrà avere allora tre dimensioni fondamentali: - La dimensione celebrativa: la nostra Chiesa polesana è chiamata a ringraziare e a lodare il

Signore per essere stata costituita nel Polesine quale segno e strumento del piano salvifico di Dio. Anche la celebrazione liturgica è determinante agli effetti del Sinodo. La dimensione ce-lebrativa implica il riconoscimento lodante della propria identità.

- La dimensione valutativa: la nostra Chiesa polesana cerca di capire che cosa lo Spirito Santo oggi le chiede. Questo comporta la lettura della situazione; chiede che la nostra Chiesa faccia il punto della situazione e si domandi: Perché la nostra pastorale è inefficace? È colpa

del mondo o è colpa della nostra incapacità? Perché il nostro annuncio del Vangelo non rag-giunge le coscienze? Indagare vuol dire studiare attentamente la situazione.

- La dimensione progettuale: la nostra Chiesa è chiamata a delineare il cammino da intra-prendere, con il coinvolgimento di tutti i fedeli. I cammini da intraprendere vanno pensati in-sieme. Conclusione

Guardiamo il cammino sinodale come un atto di amore verso Dio e verso l’uomo, come un

impegno condiviso di essere fedeli al progetto di Dio e di servire l’uomo del nostro tempo! Ma iniziamo il cammino sinodale anche con l’atteggiamento della speranza, come ci suggeri-

sce la Lettera apostolica Novo millennio ineunte: «Andiamo avanti con speranza! Un nuovo mil-lennio si apre davanti alla Chiesa come oceano vasto in cui avventurarsi, contando sull’aiuto di Cristo. Il Figlio di Dio che si è incarnato duemila anni or sono per amore dell’uomo, compie an-che oggi la sua opera: dobbiamo avere occhi penetranti per vederla e soprattutto un cuore grande per diventarne noi stessi strumenti» (NMI 58).

Un peccato che spesso noi facciamo è quello di farci portare dalla delusione e dallo scorag-giamento; è peccato perché lascia trasparire che affidiamo la nostra esistenza agli esiti della no-stra attività anziché al Signore Gesù! L’atteggiamento di speranza non è un ingenuo “ci penserà il Signore!”, ma è piuttosto l’atteggiamento di chi sa che il Signore continua ad operare.

Chiediamo al Signore che ci dia occhi per vedere, fede per discernere e cuore grande per amare. Chiediamo che ci aiuti ad amare con amore sincero la nostra Chiesa, sposa di Cristo, senza la pretesa di risolvere tutti i problemi, ma affrontando le questioni principali e cercando di risolverle, certi che il Signore non smetterà di accompagnarci lungo questo cammino.

III. LA PREPARAZIONE AL SINODO DIOCESANO

Nei mesi da gennaio a giugno 2008 tutte le parrocchie sono chiamate a prepararsi al Sinodo,

puntando ai seguenti OBIETTIVI: 1) dare a tutti i cristiani, praticanti e non praticanti, le informazioni opportune circa la natura,

gli obiettivi e il metodo di lavoro del Sinodo; 2) raccogliere proposte sui contenuti del Sinodo (problemi, sfide, attese), sul metodo con cui

svolgere il Sinodo e sul modo di coinvolgere le persone; 3) suscitare curiosità, interesse, attese per questa straordinaria esperienza ecclesiale; 4) promuovere uno stile sinodale, cioè una più intensa vita di comunione, il senso di apparte-

nenza e di corresponsabilità ecclesiale, l’atteggiamento di ascolto, di confronto, di dialogo; 5) creare le strutture parrocchiali e vicariali, nonché gli strumenti necessari per lo svolgimen-

to del Sinodo. E’ importante prepararsi a vivere il cammino sinodale come un atto di amore verso la nostra

Chiesa diocesana, con serenità, senza ansia, con fiducia. I parroci avranno cura di conciliare il cammino sinodale con la pastorale “ordinaria”, inse-

rendo la riflessione sinodale negli incontri abituali che si tengono in parrocchia e nelle aggre-gazioni ecclesiali e facendo un calendario dei vari impegni parrocchiali, vicariali e diocesani.

Per raggiungere questi obiettivi i sacerdoti incontrati nei Vicariati dal 16 gennaio al 9 feb-

braio 2008 e la Commissione preparatoria hanno proposto diversi suggerimenti circa: - i “contenuti” da proporre in questo tempo pre-sinodale (che cosa dire?), - le iniziative da attuare per sensibilizzare, informare, preparare i fedeli (che cosa fare?), - le persone da informare, interessare, coinvolgere nel cammino sinodale (chi coinvolgere?), - i luoghi in cui incontrare le persone per informarle e sensibilizzarle (dove incontrarsi?), - gli strumenti da utilizzare per questa informazione e sensibilizzazione (quali strumenti?), - gli animatori che hanno il compito di promuovere cammino sinodale in parrocchia (chi anima?).

I. CHI COINVOLGERE NEL CAMMINO SINODALE?

Il Sinodo vuole promuovere un ascolto attento e un dialogo aperto fra tutti gli uomini e le donne di buona volontà - credenti e non credenti - che operano nei diversi “ambiti” della vita, con modalità diverse, che vanno individuate paese per paese: - i Consigli pastorali e gli operatori pastorali, per farli diventare “animatori sinodali”; - i membri delle aggregazioni ecclesiali e tutti i fedeli che frequentano la parrocchia; - le famiglie che abitano in paese o nel quartiere, i giovani e gli sposi giovani; gli insegnanti, i

professionisti e gli studenti universitari; gli imprenditori ed i lavoratori delle fabbriche; - le associazioni civili (sportive, ricreative, culturali) ed i gruppi di volontariato; gli ammini-

stratori comunali; i cristiani non praticanti e le persone non credenti… Per incontrare queste persone, per informarle e sensibilizzarle, è bene valorizzare i luoghi

più opportuni: i luoghi abituali di incontro dei fanciulli, ragazzi, giovani, adulti, sposi, genitori in parrocchia; i “centri di ascolto” nelle case; gli incontri conviviali con gruppi particolari; i luoghi pubblici per i giovani, gli studenti, i lavoratori; le sedi dei gruppi e delle associazioni sportive, ricreative, sociali e culturali, ecc.

II. CHE COSA DIRE IN QUESTO TEMPO DI PREPARAZIONE?

E’ necessario illustrare la natura, le motivazioni, gli obiettivi, il metodo del cammino sino-dale, come è presentato sul depliant del Sinodo. In particolare è bene sottolineare le motivazio-ni per cui la Chiesa di Dio che è in Adria-Rovigo si prepara a celebrare il Sinodo diocesano: Il Signore ci chiede di rendere la Chiesa sua Sposa più “bella” e “accogliente”. Vogliamo: - scoprire i nostri pregi e i nostri limiti; ci chiediamo: “Chi siamo?” - crescere come “popolo di Dio” e “corpo di Cristo”: “Chi dobbiamo essere?”. - promuovere la corresponsabilità e la partecipazione attiva di tutti i cristiani.

- essere fedeli a Dio: per questo ci mettiamo in ascolto più attento della sua parola. - essere fedeli all’uomo: ci mettiamo in ascolto degli uomini e delle donne di oggi. - essere una Chiesa “aperta”, estroversa”, in dialogo e al servizio di questa società. - fare diventare abituale lo stile “sinodale”: comunione, partecipazione, servizio. - promuovere più intense relazioni interpersonali. - formare cristiani adulti, responsabili ed attivi.

Per dare le necessarie informazioni, in paese o nel quartiere, si valorizzino gli strumenti dispo-nibili. Innanzitutto si faccia pervenire in tutte le famiglie il depliant informativo del Sinodo dioce-sano. Il parroco porti nelle famiglie che incontrerà per la benedizione in questi mesi l’apposito “fo-glio della benedizione”. Si curerà un piccolo questionario sinodale da distribuire a tutte le famiglie.

Un altro strumento da utilizzare in paese, per dare le necessarie informazioni sul Sinodo e sulle iniziative collegate, è il bollettino parrocchiale e il foglio settimanale della parrocchia.

Si favorisca l’abbonamento dei fedeli e soprattutto degli operatori pastorali al settimanale dioce-sano “La Settimana”, che curerà servizi settimanali sul Sinodo.

Al momento opportuno si valorizzi, mettendolo sulla facciata della chiesa, il manifesto che annuncia il Sinodo III. CHE COSA FARE per informare e coinvolgere tutti nel cammino sinodale?

a) IN PARROCCHIA Per i fedeli delle parrocchia - Dare la necessaria informazione sul Sinodo agli operatori pastorali e a tutti i fedeli - dai fan-

ciulli agli adulti, dai giovani agli anziani - durante i normali incontri parrocchiali. - Pregare per il Sinodo, utilizzando anche la preghiera apposita, e celebrare periodicamente la

S.Messa per il Sinodo; organizzare qualche pellegrinaggio locale, valorizzando santuari vicini. Per gli operatori pastorali - Far partecipare gli operatori pastorali all’Assemblea vicariale sul Sinodo. - Formare gli “animatori sinodali”, inviandoli ai corsi vicariali, perché imparino a parlare del

Sinodo “a tu per tu”, organizzino gli incontri in paese, collaborino nel vicariato, ecc. - Formare gli operatori pastorali e in particolare i membri del Consiglio pastorale, dando loro

una carica spirituale forte, perché diventino “animatori sinodali” fieri, gioiosi e coraggiosi. Per le famiglie - Distribuire a tutte le famiglie il depliant che illustra il Sinodo e utilizzare nella benedizione

delle famiglie il foglio appositamente preparato. - Distribuire alle famiglie un questionario circa i problemi più rilevanti del Polesine oggi.

Per la Scuola e Università - Fare memoria del ruolo che ha avuto e ha tuttora la parrocchia a livello sociale, culturale e

educativo, richiamando personaggi storici significativi e iniziative di carità, illustrando beni artistico-culturali, promuovendo studi storici sulla comunità locale, delineando itinerari turi-stico-religiosi, ecc.

Per non credenti e non praticanti - Parlare del Sinodo alla gente, incontrandola là dove vive e lavora. - Valorizzare il “passa parola” per far conoscere il Sinodo. - Suscitare in tutti l’interesse verso il Sinodo; promuovere ricerca, dialogo, confronto, dibattito. - Aprire degli “agorà”, delle “piazze”, dei luoghi di incontro e di confronto sui problemi della

nostra provincia e della nostra Chiesa diocesana. b) IN VICARIATO

1) Costituire il gruppo di coordinamento e di animazione dei lavori sinodali da fare nel vica-riato (può essere la stessa Presidenza del CPV).

2) Organizzare e realizzare l’Assemblea vicariale (febbraio-marzo 2008). 1) Reperire animatori e segretari per i lavori di gruppo dell’Assemblea sinodale, soprattutto

tra i giovani laureati, gli universitari, gli insegnanti giovani. 2) Raccogliere e sintetizzare le riflessioni dei gruppi di studio delle Assemblee vicariali. 3) Organizzare la scuola vicariale per “animatori sinodali”. 4) Organizzare dei pellegrinaggi ai luoghi religiosi più significativi del Vicariato. 5) Organizzare la partecipazione degli operatori pastorali e dei fedeli del Vicariato:

- alla celebrazione di “indizione” (Rovigo, 10 maggio 2008, ore, 21, veglia di Pentecoste) e - alla celebrazione di “apertura” del Sinodo (Adria, 21 settembre 2008, ore 16).

c) IN DIOCESI 1) Si terranno gli incontri dei membri delle associazioni, movimenti e gruppi ecclesiali presenti

in diocesi, divisi per settore (formativo-spirituale, culturale, sociale). 2) Sono previsti tre incontri di studio su tre periodi del passato “remoto” della Chiesa polesana:

1818-1870; 1870-1915; 1915-1950. 3) Sono in programma due incontri di studio su due periodi del passato “prossimo” della Chie-

sa polesana: 1950-1980 e 1980-2000. 4) Si curerà una collana di storia ecclesiastica di alcuni periodi della vita della diocesi o di sin-

gole comunità. 5) Si prepareranno degli itinerari di turismo artistico-religioso. 6) Si curerà la celebrazione per l’indizione del Sinodo diocesano nella veglia di Pentecoste:

Rovigo, 10 maggio 2008, ore 21. 7) Sono previsti tre giorni di studio dei presbiteri sul Sinodo: Seminario di Rovigo, 16-18 giu-

gno 2008. 8) La Commissione preparatoria curerà la preparazione degli strumenti di lavoro per il primo

anno del Sinodo. 9) Si svolgerà il pellegrinaggio interdiocesano a Lourdes: dal 25 al 31 agosto 2008. 10) Si curerà la celebrazione di apertura del Sinodo diocesano: Cattedrale di Adria, 21 settem-

bre 2008.

IV. ASSEMBLEE VICARIALI DEGLI OPERATORI PASTORALI

«PREPARIAMO INSIEME IL SINODO DIOCESANO» Quaresima 2008

LETTERA DEL VESCOVO AGLI OPERATORI PASTORALI

Carissime collaboratrici parrocchiali. Carissimi collaboratori parrocchiali.

nel prossimo anno pastorale 2008-2009 inizieremo un «cam-mino straordinario», che impegnerà le parrocchie e ciascun cristiano della nostra diocesi per un triennio: il Sinodo diocesano. Il Sinodo diocesano è un cammino di conversione personale, di comunione ecclesiale e di progettazione pastorale, che“faremo insieme”, per “ridisegnare” il volto della nostra Chiesa particolare, per renderla sempre più bella ed accogliente, capace di testimoniare l’amore di Dio agli uomini del nostro tempo in modo credibile e convincente.

Viviamo in un tempo di accelerato cambiamento, che mette in crisi valori umani e religiosi

un tempo pacificamente condivisi. La stessa fede cristiana oggi è ritenuta da molti “irrilevan-te”. Quale Chiesa dobbiamo essere in questo contesto culturale? Come testimoniare e annun-ciare il Vangelo oggi nel nostro Polesine? Quale contributo possiamo dare oggi al nostro Pole-sine, per costruire una società più giusta, più fraterna e più solidale?

Per essere una Chiesa fedele a Dio e all’uomo d’oggi, dobbiamo saper rispondere a questi interrogativi. E dobbiamo rispondere “insieme”, perché nella Chiesa siamo tutti responsabili.

Per prepararci a questa straordinaria esperienza ecclesiale e per collaborare concretamente

nella sua preparazione, vi chiedo di partecipare all’Assemblea vicariale degli operatori pastora-li, che si terrà nel vostro Vicariato, in una delle domeniche di Quaresima sotto indicate.

L’Assemblea vicariale di quest’anno ha un valore straordinario per la preparazione del Sinodo

diocesano e, quindi, per il futuro della nostra diocesi. Essa: 1) vi offre una adeguata informazione circa la natura, le motivazioni, le finalità, le modalità

di svolgimento del Sinodo e lo stile con cui vivere questo straordinario evento ecclesiale; 2) vi chiede di indicare, in prima istanza, i problemi sociali, culturali, religiosi e pastorali,

con cui la nostra Chiesa diocesana è chiamata a confrontarsi oggi nel nostro Polesine; 3) vi invita a suggerire le proposte più opportune, per coinvolgere nel cammino sinodale i

cristiani presenti sul territorio, soprattutto giovani e famiglie, praticanti e non praticanti. Pertanto vi chiedo di partecipare tutti all’Assemblea che si terrà nel vostro Vicariato. Le Assemblee vicariali si svolgeranno nelle sedi e nelle domeniche seguenti:

! Vicariato di Adria-Ariano: a Adria 17 febbraio 2008, dalle ore 15 alle 18,30 ! Vicariato di Villadose: a Villadose 17 febbraio 2008, dalle ore 15 alle 18,30 ! Vicariato di Lendinara-S.Bellino: a Lendinara 24 febbraio 2008, dalle ore 15 alle 18,30 ! Vicariato di Badia-Trecenta: a Baruchella 24 febbraio 2008, dalle ore 15 alle 18,30 ! Vicariato di Castelmassa: a Castelmassa 2 marzo 2008, dalle ore 15 alle 18,30 ! Vicariato di Stienta: a Stienta 2 marzo 2008, dalle ore 15 alle 18,30 ! Vicariato di Crespino-Polesella: a Crespino 9 marzo 2008, dalle ore 15 alle 18,30 ! Vicariato di Rovigo: a Rovigo-Duomo 9 marzo 2008, dalle ore 15 alle 18,30

Vi invito a pregare, perché il Signore, per intercessione di Maria, Madre di Dio e della Chie-sa, faccia scendere una nuova Pentecoste dello Spirito su tutta la nostra amata Chiesa polesana.

Adria-Rovigo, 31 gennaio 2008

+ Lucio Soravito, il vostro vescovo

ASSEMBLEE VICARIALI DEGLI OPERATORI PASTORALI P R O G R A M M A

1. Obiettivi delle Assemblee vicariali 1) Dare agli operatori pastorali una adeguata informazione circa la natura, le motivazioni, le

finalità, le modalità del Sinodo e lo stile con cui vivere questo evento straordinario di co-munione ecclesiale, di ascolto, di discernimento e di progettazione pastorale.

2) Raccogliere dagli operatori pastorali i problemi sociali, culturali, religiosi e pastorali, con cui la nostra Chiesa diocesana è chiamata a confrontarsi oggi nel nostro Polesine.

3) Raccogliere le proposte più opportune circa il coinvolgimento nel cammino sinodale di tutti i cristiani presenti sul territorio, soprattutto giovani e famiglie, praticanti e non praticanti.

2. Invitati alle Assemblee vicariale

Alle Assemblee vicariali sono invitati a intervenire tutti gli operatori pastorali del Vicariato: - i cristiani che collaborano in parrocchia su mandato del parroco nei diversi settori pastorali;

inoltre i membri dei Consigli pastorali ed i membri delle aggregazioni ecclesiali; - i cristiani che sono disposti ad assumere in parrocchia qualche impegno pastorale.

3. Coordinatori e animatori delle Assemblee vicariale 1) Il Vicario foraneo e il vice-presidente del Consiglio pastorale vicariale: convocano l’As-

semblea, la presiedono e - con l’aiuto della segreteria e degli animatori di gruppo - ne rias-sumono i risultati e li inviano alla Segreteria Generale del Sinodo (presso la Curia), entro la settimana successiva all’Assemblea vicariale.

2) Il Consiglio di Presidenza del CPV: spedisce gli inviti agli operatori pastorali, raccoglie le sintesi dei lavori di gruppo, collabora nella stesura della sintesi conclusiva.

3) Gli animatori dei gruppi di studio: il presbitero-presidente, l’animatore-moderatore e il segretario-verbalista.

4. Modalità di svolgimento dell’Assemblea vicariale Ore 15.00 : Riunione degli operatori pastorali in una sala del centro vicariale. Preghiera. Presentazione del cammino sinodale: natura, motivazioni, finalità, metodo di la-

voro, tempi (a cura del Vescovo o del Vicario Generale). Ore 16.00 : Lavori di gruppo (non più di 20 persone per gruppo). I. Problemi sociali, culturali, religiosi, pastorali del nostro Polesine oggi.

II. Proposte circa il coinvolgimento dei cristiani nel cammino sinodale. Ore 17.45 : Conclusione dei lavori di gruppo e ritorno in Assemblea. Ore 18.00 : Riunione assembleare per il momento conclusivo (presieduta dal Vicario Gene-

rale o dal Vescovo). Gli animatori di gruppo segnalano i problemi ritenuti più im-portanti e le proposte più condivise per il coinvolgimento dei cristiani.

Ore 18.30 : Chiusura dell’Assemblea. 5. Domande per il lavoro di gruppo 1ª DOMANDA Quali sono oggi nel Polesine i principali problemi sociali, culturali, religiosi e pastorali, con cui la nostra Chiesa diocesana oggi è chiamata a confrontarsi? 2ª DOMANDA Quali proposte riteniamo più opportune per coinvolgere nel cammino sinodale i cristiani pre-senti sul territorio, soprattutto giovani e famiglie, praticanti e non praticanti?

Appendice

I SINODI DELLA DIOCESI DI ADRIA-ROVIGO I – 1314, 3 aprile Celebrato nel Palazzo vescovile di Lendinara dal Vescovo Fr. Giovanni IV (Giovanni dei Ma-laucelli da Genova). In plena sinodo generali furono promulgate Costituzioni divise in 31 Tito-li e 130 Capitoli, de consensu et voluntate Capituli maioris Ecclesiae Adriensis. II – 1447, 28 giugno Celebrato In Ecclesia Majori S. Petri di Adria, ubi totus Clerus Adriensis coadunatus erat, dal Vescovo Biagio Novello.

III – 1452, 28 giugno Celebrato in Cattedrale dal Vicario dello stesso Vescovo Biagio Novello. Omnibus clericis dioecesis adrien. Ibidem constitutis, furono promulgate Costituzioni divise in 7 titoli e altret-tanti Capitoli. IV – 1525, 4 ottobre Celebrato in Cattedrale dal Vescovo Giovanni Battista Bragadin. V – 1535, 4 ottobre Celebrato in Cattedrale da Gian Pietro Ferretti, Vicario Gen. del Vescovo Card. Gian Domeni-co De Cuppis. VI – 1541, 24 febbraio Celebrato nel Palazzo vescovile di Rovigo da Bartolomeo Zerbinato, Vic. Gen. del Card. G. D. De Cuppis. Furono promulgate Costituzioni divise in 20 capoversi. Degna di nota, per la sua vivacità, una esortazione al Clero. Sacerdoti presenti: c. 54. La scelta del luogo (Rovigo) non fu gradita al Capitolo di Adria, e provocava interruzioni e controver-sie. I decreti riguardano in particolare la disciplina del clero. VII – 1544, 24 aprile Celebrato in S. Stefano di Rovigo da B. Zerbinato, Vic. Gen. del Card. G.D. De Cuppis. Furo-no promulgate Costituzioni divise in 13 capoversi e aggiunte alle precedenti del 1541. Per la prima volta registriamo casi riservati: 51. Insiste sulla questione morale del clero, e ricorda ai parroci la necessità di adempiere ai propri doveri con maggiore responsabilità, eliminando atteggiamenti e abitudini troppo legate al mondo secolare. VIII – 1546, 29 giugno Celebrato in Cattedrale da B. Zerbinato, Vic. Gen. del Card. G.D. De Cuppis. Sacerdoti presen-ti c. 71. IX – 1554, 21 settembre Celebrato in Cattedrale da B. Zerbinato, Vic. Gen. del Vescovo Sebastiano Pighini. Sacerdoti presenti c. 58. X – 1561, 30 settembre Celebrato in Cattedrale da B. Zerbinato, Vic. Gen. del Vescovo Giulio Canani. Sacerdoti pre-senti: c. 58; assenti giustificati: 13. Le direttive sono pubblicate in volgare “per istruzione, avvertimento e ammaestramento a tutti li Preti, Chierici e altre persone Religiose della nostra Diocese”. Particolare attenzione è riservato al sacramen-to della confessione.

XI – 1564, 7 settembre Celebrato in Diocesi (ignoriamo il luogo) dal Vescovo Giulio Canani. Primo, dopo il Concilio di Trento, è di grande importanza. Furono promulgate costituzioni divise in 41 Titoli e 60 Ca-pitoli. Casi riservati: 47. XII – 1566, 4 ottobre Celebrato in Cattedrale da G. Canani. Ancora preoccupazione per la condotta del clero; decisione definitiva dell’istituzione del seminario e l’inizio della raccolta dei fondi a tale scopo. XIII – 1567, 1 ottobre Celebrato in S. Stefano di Rovigo da G. Canani. Sacerdoti presenti: c. 79. Assenti: 10. Stabilisce tra l’altro che ogni parroco acquisti entro un mese una copia del catechismo del Concilio di Trento, da poco stampato XIV – 1569, 21 aprile Celebrato in S. Stefano di Rovigo da G. Canani. Sacerdoti presenti c. 85.

XV – 1571, 8 maggio Celebrato in S. Sofia di Lendinara da G. Canani. Vi furono pubblicate le Costituzioni del primo Sinodo provinciale di Ravenna, tenuto il 1° maggio 1568 dall’Arc. Card. Giulio Della Rovere con l’intervento di G. Canani. XVI – 1574, 27 ottobre Celebrato in S. Stefano di Rovigo da G. Canani. Fu promulgata un’addizione alle Costituzioni del 1564, divisa in 11 Titoli e 23 Capitoli. Sacerdoti presenti: c. 70; assenti ingiustificati: 2. XVII – 1578, 3 giugno Celebrato in S. Stefano di Rovigo da G. Canani. Sacerdoti presenti: più di 80. XVIII – 1583, 4 maggio Celebrato in S. Stefano di Rovigo da G. Canani. Fu promulgata una seconda addizione alle Co-stituzioni del 1564, divisa in 78 capoversi. Seguono ordini circa l’osservanza delle Feste ecc. Casi riservati: 17. Sacerdoti presenti c. 106.

XIX – 1592, 17 settembre Celebrato in Cattedrale dal Vescovo Fr. Lorenzo Laureti. Furono promulgate Costituzioni divi-se in 5 titoli e 152 capoversi. Seguono alcuni documenti pontifici. Casi riservati: 31. Sacerdoti presenti: c. 80. Argomento principale De disciplina ecclesiastica. Si deliberava anche per l’erezione del Seminario, argomento già trattato dal Canani ma deciso in via definitiva dal Laureti. Le costituzioni toccavano cinque argomenti: la fede, le festività, le chiese, i sacramenti, le confraternite e i luoghi pii. XX – 1594, 1 settembre Celebrato in S. Stefano di Rovigo dal L. Laureti. Furono promulgate Costituzioni divise in 8 Titoli e 69 capoversi. Sacerdoti presenti c. 100. Si discute in modo particolare del Seminario, già eretto, e delle cure che tutti i rappresentanti del mon-do ecclesiastico sono chiamati a dedicargli. XXI – 1597 Celebrato da L. Laureti. Non risultano documenti. XXII – 1627, 31 maggio – 1 giugno Celebrato in S. Stefano di Rovigo dal Vescovo Ubertino Papafava. Furono promulgate Costitu-zioni divise in 3 parti, 24 titoli e altrettanti Capitoli. Casi riservati: 13.

Le costituzioni toccano i temi consueti: costumi del clero, mancanza di pratica cristiana, scarsa parte-cipazione del popolo alla messa e alle celebrazioni liturgiche. XXIII – 1657, 24 maggio Celebrato in Cattedrale dal Vescovo Bonifacio Agliardi. Furono promulgate Costituzioni divise in 3 parti, 33 Titoli e altrettanti Capitoli. Casi riservati: 12. Insiste sui costumi e sui doveri del clero. XXIV – 1863, 27 – 28 -29 ottobre Celebrato in Cattedrale dal Vescovo Camillo Benzon. Furono promulgate Costituzioni divise in 3 parti, 26 Titoli e 27 Capitoli. Appendice. Casi riservati: 12. XXV – 1925, 28-29-30 ottobre Celebrato in Cattedrale dal Vescovo Anselmo Rizzi. Furono promulgate 700 Costituzioni divi-se in 8 capitoli e 41 Titoli, Seguono 18 appendici. Il Sinodo è indetto dal Vescovo in data 10 luglio 1925: Sacrorum Canonum monitis obtemperantes, ad Dei Omnipotentis maiorem gloriam… XIV (sic) Synodum Dioecesanam indicimus in Nostra Ecclesia Cathedrali ad dies XXVIII, XXIX, XXX proximi mensis Septembris, correntis anni MCMXXV. Così il vescovo stesso lo presenta al clero e al popolo: Certo non vi è nessuno tra voi che non compren-da la ncessità e l’importanza dell’avvenimento. (…) L’ultimo Sinodo per la Diocesi Nostra fu promul-gato nell’ottobre del 1863, dall’illustre nostro Predecessore Mons. Benzon… Da quell’epoca sono passati sessantadue anni, ed in questo periodo quanti mutamenti sono venuti a modificare i costumi ed il metodo di vita delle popolazioni! E putroppo costumi e metodo di vita non sono diventati migliori, anzi hanno peggiorato e non poco. (…) Ecco a cosa tendono i Sinodi diocesani. In essi nulla viene definito, poiché questo spetta solo alla Su-prema Autorità della Chiesa; loro compito è quello di correggere, di istruire, di stabilire regole di co-stumi. Ed è questa precisamente la ragione per cui, con santa letizia, Ci accingiamo alla celebrazione del Nostro Sinodo Diocesano. XXVI – 1941, 28 -29-30 aprile Celebrato in Cattedrale dal Vescovo Guido Maria Mazzocco. Furono promulgate 430 Costitu-zioni, divise in tre parti e otto Capitoli. Seguono 19 appendici. Il Sinodo è indetto dal Vescovo in data 4 gennaio 1941: Synodum dioecesanam in Nostra Cathedrali Ecclesia, diebus XXVIII – XXIX – XXX mensis Aprilis proxime futuris, indicimus celebrandum. Così il vescovo stesso lo presenta nell’omelia tenuta in Cattedrale nel giorno dell’Epifania: Nella lettera della passata quaresima… vi abbiamo manifestato il proposito di celebrare il Nostro primo sinodo per rivedere e aggiornare le leggi diocesane che riguardano la disciplina del clero e del popolo, coordi-nando e perfezionando le disposizioni date dal Bollettino Diocesano e decreti emanati per le singole Parrocchie in occasione della Sacra Visita. A Sinodo concluso il vescovo illustra le leggi sinodali: Le costituzioni del sinodo diocesano… non sono che l’applicazione ai bisogni particolari della nostra diocesi di quanto è sapientemente comandato nel codice di diritto canonico, nei Decreti del Concilio Povinciale Veneto e negli atti ufficiali della Santa Sede. (…) Il sinodo (Cost. 31-35) determina il modo di esprimere amore, rispetto e obbedienza al Santo Padre e, fra l’altro, dispone che ogni anno si celebri solennemente la festa del Papa. (…) In alcune Co-stituzioni sinodali (36-45) sono determinati i doveri dei fedeli verso il vescovo… giacché soltanto la di-scplina può attirare sulle parrocchie la benedizione di Dio e incrementare nelle anime la vita cristiana. (…) Una parte notevole delle Costituzioni sinodali riguardano la disciplina del clero (7-30) e l’esercizio dei doveri annessi alle varie mansioni che gli sono affidate (61-130, 385-386 e 395-398). (…) Il sinodo ricorda singolarmente i doveri dei parroci (89-113). Un apposito capitolo tratta dell’Azione Cattolica (159-164). Per quello che riguarda i Sacramenti e i Sacramentali, accettate, figliuoli carissimi, con perfetto spirito di obbedienza quanto è stabilito nelle costituzioni sinodali (165-276). Per evitare le facili deviazioni cui può dar luogo talora il cattivo gusto e l’ignoranza, il sinodo tratta dei luoghi sacri, cioè delle Chiese, Oratori, Altari, Cimiteri (277-300) e degli arredi ed oggetti che servono al culto (351-358). L’ultima parte del Sinodo contiene le costituzio-ni che devono regolare la retta amministrazione dei beni ecclesiastici (410-430).

XXVII – 1958, 21 -22-23 ottobre Celebrato in Cattedrale dal Vescovo Guido Maria Mazzocco. Furono promulgate 502 Costitu-zioni, divise in tre parti e otto capitoli (De Clericis, De Religiosis, De Laicis, De Sacramentis, De locis et temporibus sacris, De cultu divino, De Ecclesiae Magistero, De bonis ecclesiasti-cis.Seguono 19 appendici. Il Sinodo è indetto dal Vescovo in data 15 agosto 1958: ad honorem SS. Trinitatis, Domini Nostri Jesu Christi, Beatae Mariae Virginis Immaculatae… Synodum Dioecesanam in nostra Cathedrali Ecclesia diebus XXI, XXII, XXIII mensis octobris proxime futuri indicimus celebrandam. Così il vescovo presenta al Santo Padre il nuovo Sinodo: sono ormai trascorsi oltre 17 anni da quando nella Cattedrale di Adria ho potuto, con la grazia di Dio, celebrare il sinodo diocesano nei giorni 28-29-30 aprile 1941. Molte cose da allora sono mutate: il volto della diocesi è pressoché trasformato. Allora infuriava la guerra che seminò anche tra noi lutti e distruzioni. Seguì il dopoguerra con le sue agitazioni. Nel no-vembre 1951, per la tremenda rotta del Po, oltre due terzi del territorio del Polesine venne travolto e coperto dalle acque limacciose… Venne poi la ricostruzione… Sono poi sorte opere meravigliose e provvidenziali: la Casa del Clero, la Villa per gli Esercizi Spiritua-li, Asili infantili, Oratori per la gioventù, Centri sociali, Centri di addestramento professionale, colonie estive. Il Seminario fu migliorato dal lato edilizio;gli alunni ora sono quasi raddoppiati (circa 170). Anche politicamente siamo di molto migliorati e ciò è stato confermato anche nelle ultime elezioni. Nel frattempo furono emanate nuove disposizioni dalla Santa Sede riguardo alla Pastorale, alla Liturgia ed inoltre venne celebrato il Terzo Concilio Provinciale Veneto nel 1951. Per tutti questi motivi credo, non solo opportuna, ma necessaria la celebrazione del Sinodo Diocesano (che sarà il 26° della serie dei Si-nodi Diocesani e il 2° del mio Episcopato), nei giorni 21-22-23 del prossimo mese di ottobre nella Chiesa Cattedrale.

IL SINODO DIOCESANO nel «Direttorio per il Ministero pastorale dei Vescovi» (2004)

67. Criteri dell’esercizio della funzione legislativa. Nell’esercizio della funzione legislativa,

il Vescovo diocesano terrà presenti alcuni principi basilari: a) Il carattere personale: la potestà legislativa nell'ambito diocesano appartiene esclusiva-

mente al Vescovo diocesano. Tale grave responsabilità non impedisce, anzi comporta, che il Vescovo ascolti il consiglio e ricerchi la collaborazione degli organi e dei consigli diocesani prima di emanare norme o direttive generali per la diocesi. Il Sinodo diocesano è lo strumento per eccellenza per prestare aiuto al Vescovo nel determinare l'ordinamento canonico della Chiesa diocesana (cf. CDC can. 460).

b) Autonomia: come conseguenza della natura stessa della Chiesa particolare, il significato della potestà legislativa non si esaurisce nella determinazione o applicazione locale delle norme emanate dalla Santa Sede o dalla Conferenza Episcopale, quando esse siano norme giuridica-mente vincolanti, ma si estende anche alla regolazione di qualunque materia pastorale di ambi-to diocesano che non sia riservata alla suprema o ad altra autorità ecclesiastica (cf. CDC ca, 381). Cionondimeno, la potestà legislativa sia sempre esercitata con discrezione, in modo che le norme rispondano sempre a una reale necessità pastorale.

c) Soggezione al diritto superiore: il Pastore diocesano sa bene che la sua potestà è soggetta alla suprema autorità della Chiesa e alle norme del Diritto Canonico. Per questo, nel disporre quanto convenga al bene della diocesi, deve sempre assicurare la necessaria armonia tra le di-sposizioni e gli orientamenti pastorali locali e la disciplina canonica universale e particolare de-terminata dalla Conferenza Episcopale o dal Concilio Particolare (cf. CDC can. 135).

d) Cura nel redigere le leggi: Il Vescovo avrà cura che i testi legislativi e i testi canonici siano redatti con precisione e rigore tecnico-giuridico evitando le contraddizioni, le ripetizioni inutili o la moltiplicazione di disposizioni su una stessa materia…

167. Atto di governo ed evento di comunione. Secondo una norma di attività pastorale tra-

smessa attraverso i secoli e poi codificata dal Concilio di Trento, ripresa dal Concilio Vaticano II e prevista dal Codice di Diritto Canonico, al vertice delle strutture di partecipazione della diocesi, nel governo pastorale del Vescovo il Sinodo diocesano occupa un posto di primario rilievo.2 Esso si configura come un atto del governo episcopale e come evento di comunione che esprime l'indole della comunione gerarchica che appartiene alla natura della Chiesa.3

168. Natura del Sinodo. Il Sinodo diocesano è una riunione o assemblea consultiva, convo-

cata e diretta dal Vescovo, alla quale sono chiamati, secondo le prescrizioni canoniche, sacer-doti e altri fedeli della Chiesa particolare, per aiutarlo nella sua funzione di guida della comuni-tà diocesana. Nel Sinodo e attraverso di esso, il Vescovo esercita in forma solenne l'ufficio e il ministero di pascere il suo gregge.

169. Applicazione ed adattamento della disciplina universale. Nella sua duplice dimensio-

ne di «atto di governo episcopale ed evento di comunione», il Sinodo è mezzo idoneo per ap-plicare e adattare le leggi e le norme della Chiesa universale alla situazione particolare della diocesi, indicando i metodi che occorra adottare nel lavoro apostolico diocesano, superando le difficoltà inerenti all'apostolato e al governo, animando opere e iniziative di carattere generale, proponendo la retta dottrina e correggendo, se esistessero, gli errori sulla fede e la morale.

2 Circa la disciplina del Sinodo diocesano, cf. Codex Iuris Canonici, cann. 460-468; CON-GREGAZIONE PER I VESCOVI E CONGREGAZIONE PER L’EVANCELIZZAZIONE DEI POPOLI, Istruzione sui Sinodi diocesani. 3 Cf. GIOVANNI PAOLO Il, Esortazione apostolica post-sinodale Pastores Gregis, 44; Ome-lia del 3 ottobre 1992, in « L’Osservatore Romano», 4 ottobre 1992, pp. 4-5.

170. Composizione a immagine della Chiesa particolare. Sempre nel rispetto delle prescri-zioni canoniche (cf. CDC can.463) è necessario fare in modo che la composizione dei membri del Sinodo rifletta la diversità di vocazioni, di impegni apostolico, di origine sociale e geogra-fica che caratterizza la diocesi, procurando però di affidare ai chierici un ruolo prevalente, se-condo la loro funzione nella comunione ecclesiale. Il contributo dei sinodali sarà tanto più va-lido quanto più emergano per rettitudine di vita, prudenza pastorale, zelo apostolico, compe-tenza e prestigio.

171. Presenza degli osservatori delle altre Chiese o comunità cristiane. Per introdurre la

preoccupazione ecumenica nella pastorale diocesana, il Vescovo, se lo ritiene opportuno, può invitare come osservatori alcuni ministri o membri di Chiese o Comunità ecclesiali che non so-no in piena comunione con la Chiesa cattolica. La presenza degli osservatori contribuirà a far crescere la reciproca conoscenza, la carità vicendevole e, possibilmente, la fraterna collabora-zione. Per la loro individuazione, di solito, converrà procedere d'intesa con i capi di tali Chiese o Comunità che segnaleranno la persona più idonea a rappresentarle.

172. Diritti e doveri del Vescovo nel Sinodo. Spetta al Vescovo convocare il Sinodo dioce-

sano, quando, dopo aver sentito il Consiglio Presbiterale, a suo giudizio, le circostanze della diocesi lo suggeriscano. Spetta a lui decidere la maggiore o minore periodicità di convocazione del Sinodo. Il criterio che deve guidare il Vescovo in tale decisione sono le necessità della dio-cesi e del governo diocesano. Il Vescovo, tra i motivi, terrà conto anche della necessità di pro-muovere una pastorale d'insieme, la necessità di applicare norme o orientamenti superiori in ambito diocesano, particolare problemi della diocesi che necessitano di una soluzione condivi-sa, la necessità di una maggiore comunione ecclesiale.

Nel valutare l'opportunità della convocazione sinodale, il Vescovo terrà conto dei risultati della visita pastorale che, più delle indagini sociologiche o inchieste, gli consente di conoscere i bisogni spirituali della diocesi. Spetta, inoltre, al Vescovo anche individuare l'argomento del Sinodo ed emanare il Decreto di convocazione, che annunzierà in occasione di una festa litur-gica di particolare solennità. Chi guida la diocesi interinalmente non ha la facoltà di indire il Sinodo diocesano. Se il Vescovo ha la cura pastorale di più diocesi, come Vescovo proprio o come Amministratore, può convocare un solo Sinodo diocesano per tutte le diocesi affidategli.

Il Vescovo fin dall'inizio del cammino sinodale dovrà chiarire che i sinodali sono chiamati a prestare aiuto al Vescovo diocesano con il loro parere e con il voto consultivo. La forma con-sultiva del voto sta ad indicare che il Vescovo, pur riconoscendone l'importanza, è libero di ac-cogliere o meno le opinioni dei sinodali. D'altra parte, egli non si discosterà da opinioni o voti espressi in larga maggioranza, se non per gravi motivi di carattere dottrinale, disciplinare o li-turgico. Il Vescovo chiarisca subito, qualora ve ne fosse bisogno, che non si può mai contrap-porre il Sinodo al Vescovo in forza di una pretesa rappresentanza del Popolo di Dio. Una volta convocato il Sinodo, il Vescovo, pur potendo delegare il Vicario Generale o quello episcopale a presiedere singole sessioni, lo diriga personalmente. In esso come maestro della Chiesa inse-gna, corregge, discerne in modo che tutti aderiscano alla dottrina della Chiesa.

E’ dovere del Vescovo sospendere e sciogliere il Sinodo diocesano, qualora gravi motivi dottrinali, disciplinari o di ordine Sociale, a suo giudizio, perturbino il pacifico svolgimento del lavoro sinodale. Prima di emettere il Decreto di sospensione o di scioglimento, è opportuno che il Vescovo senta il parere del Consiglio Presbiterale, pur rimanendo libero di prendere la deci-sione che egli riterrà giusta. Il Vescovo farà in modo che i testi sinodali siano redatti con for-mule precise, evitando di restare nel generico o in mere esortazioni. Le dichiarazioni e i decreti sinodali dovranno essere sottoscritti soltanto dal Vescovo. Le espressioni usate nei documenti devono mostrare chiaramente che nel Sinodo diocesano l'unico legislatore è il Vescovo dioce-sano. Il Vescovo tenga presente che un decreto sinodale contrario al diritto superiore è giuridi-camente invalido.

173. Preparazione del Sinodo. Il Vescovo deve sentirsi profondamente impegnato nella preparazione, programmazione e celebrazione del Sinodo, con forme rinnovate e adattate alle attuali necessità della Chiesa. A questo scopo il Vescovo si atterrà all'Istruzione sui Sinodi dio-cesani emanata dalle Congregazioni per i Vescovi e per l’Evangelizzazione dei Popoli. Affin-ché si svolga bene e risulti veramente fecondo per la crescita della comunità diocesana, il Sino-do deve essere adeguatamente preparato. Per tale finalità, il Vescovo costituisca una commis-sione preparatoria come organismo che, durante la fase di preparazione lo assista ed esegua quanto viene disposto. In questo modo si proceda all'elaborazione del regolamento del Sinodo.

174. Suggerimenti, preghiera ed informazioni nella preparazione del Sinodo diocesano. Il

Vescovo inviti i fedeli a formulare liberamente suggerimenti al Sinodo e, in particolare, solleci-ti i sacerdoti perché trasmettano proposte relative al governo pastorale della diocesi. Sulla base di questi apporti e con l'aiuto di gruppi di esperti o di membri del Sinodo già eletti, il Vescovo fissi le diverse questioni da proporre alla discussione e deliberazione sinodale. Fin dall'inizio dei lavori preparatori, il Vescovo si preoccupi perché tutta la diocesi sia informata sull'evento e non tralasci di chiedere abbondanti preghiere per il suo felice esito. Può anche disporre una ca-pillare catechesi, offrendo adeguati sussidi per la predicazione sulla natura della Chiesa, sulla dignità della vocazione cristiana e sulla partecipazione di tutti i fedeli alla sua missione sopran-naturale, alla luce degli insegnamenti conciliari.

175. Celebrazione del Sinodo. Il carattere ecclesiale dell'assemblea sinodale si manifesta in

primo luogo nelle celebrazioni liturgiche, che ne costituiscono il nucleo più visibile. E oppor-tuno che tanto le solenni liturgie eucaristíche di apertura e di conclusione del Sinodo, come le celebrazioni quotidiane, siano aperte a tutti i fedeli.

Gli studi e i dibattiti sulle questioni o gli schemi proposti sono riservati ai membri dell'as-semblea sinodale, sempre alla presenza e sotto la direzione del Vescovo o del suo delegato. «Tutte le questioni proposte si sottoporranno alla Libera discussione dei membri nelle sessioni del Sinodo» (CDC can. 465) ma «il Vescovo ha il dovere di escludere dalla discussione sinoda-le tesi o posizioni - magari proposte con la pretesa di trasmettere alla Santa Sede «voti» in me-rito - discordanti dalla perenne dottrina della Chiesa o del Magistero Pontificio o relative a ma-terie disciplinari riservate alla suprema o ad altra autorità ecclesiastica».4

Al termine degli interventi, il Vescovo affiderà a diverse commissioni la redazione dei pro-getti di documenti sinodali, dando le opportune indicazioni. Infine, esaminerà i testi preparati e, come unico legislatore, sottoscriverà i decreti e le dichiarazioni sinodali e li farà pubblicare con la sua personale autorità (cf. CDA can. 466).

Concluso il Sinodo, il Vescovo disporrà la trasmissione dei decreti e delle dichiarazioni al Metropolita e alla Conferenza Episcopale, per favorire la comunione e l'armonia legislativa tra le Chiese particolari di uno stesso ambito, ed invierà, attraverso la Rappresentanza Pontificia, ai Dicasteri interessati della Santa Sede, particolarmente alla Congregazione per i Vescovi e a quella per l'Evangelizzazione dei Popoli, il Libro del Sinodo. Se i documenti sinodali di carat-tere soprattutto normativo non si pronunziano circa la loro applicazione, sarà il Vescovo a de-terminare le modalità di esecuzione, affidandola anche agli organismi diocesani.

4 CONGREGAZIONE PER I VESCOVI E CONGREGAZIONE PER L’EVANGELIZZAZIONE DEI POPOLI, Istruzione sui Sinodi diocesani, IV, 4.

IL SINODO NELLA LEGISLAZIONE CANONICA

I. Codice di diritto canonico (can. 460) «Il Sinodo diocesano è l’assemblea di sacerdoti e di altri fedeli della Chiesa particolare,

scelti per prestare aiuto al Vescovo diocesano in ordine al bene di tutta la comunità diocesana».

II. Direttorio per il ministero pastorale dei Vescovi (2004) «Secondo una norma di attività pastorale trasmessa attraverso i secoli e poi codificata dal

Concilio di Trento, ripresa dal Concilio Vaticano II e prevista dal Codice di Diritto Canonico, al vertice delle strutture di partecipazione della diocesi, nel governo pastorale del Vescovo il Sinodo diocesano occupa un posto di primario rilievo. Esso si configura come un atto del governo epi-scopale e come evento di comunione che esprime l’indole della comunione gerarchica che ap-partiene alla natura della Chiesa» (Direttorio per il ministero pastorale dei vescovi).

A differenza del codice del 17, che ne parlava in relazione alla potestà del vescovo, il sino-

do viene presentato come un evento ecclesiale all’interno di un nuovo modo di intendere il rapporto tra il vescovo e la sua chiesa particolare. Costituisce il momento più significativo per l’esercizio della corresponsabilità di tutti i fedeli nella chiesa particolare. Precedentemente il sinodo riguardava solo i chierici.

Il fine ultimo del sinodo è il bene di tutta la comunità diocesana a cui tendono gli orien-tamenti e le norme elaborate dall’assemblea e poi promulgate dal vescovo. Il sinodo ha un ca-rattere pastorale da non contrapporsi a quello giuridico: gli orientamenti pastorali elaborati nel sinodo esigono di tradursi in norme obbligatorie per tutti e aventi quindi un valore giuridico. Questo lo distingue da altre forme di partecipazione ecclesiale, quali i convegni ecclesiali.

III. Istruzione sulle modalità di condurre i sinodi diocesani (1997)

1. Composizione del sinodo Membri di diritto Il vescovo che lo presiede Il vicario generale e i vicari episcopali e giudiziale I membri del consiglio presbiterale Membri elettivi I fedeli laici eletti dal consiglio pastorale nel modo e nel numero da determinarsi dal vesco-

vo diocesano Almeno un presbitero per ciascun vicariato Superiori degli istituti religiosi Sinodali di libera nomina episcopale

2. Convocazione Il Sinodo è convocato dal vescovo diocesano. Per valutare l’opportunità della convocazione

risultano di particolare importanza le informazioni ottenute nelle visite pastorali.

3. Commissione preparatoria e regolamento Fin dai primi momenti il vescovo costituisca una commissione preparatoria (sacerdoti e laici

scelti dal vescovo) Sarà compito della commissione preparatoria prestare aiuto al Vescovo principalmente nel-

l'organizzazione e nell'offerta di sussidi per la preparazione del sinodo, nell'elaborazione del relativo regolamento, nella determinazione delle questioni da proporre alle delibere sinodali e nella designazione dei sinodali. Le sue riunioni saranno presiedute dallo stesso Vescovo o, nel caso di suo impedimento, da un delegato.

Il regolamento stabilisce: la composizione del sinodo, le norme per le elezioni, uffici e commissioni, modo di procedere nelle riunioni.

4. Fase di preparazione I lavori preparatori sono tesi a facilitare al vescovo l’individuazione delle questioni da pro-

porre alle delibere sinodali. - Preparazione spirituale, catechetica e informativa. - Consultazione della diocesi (offrire ai fedeli la possibilità di manifestare necessità, desideri e

pensiero circa l’argomento del sinodo). - Fissazione delle questioni (il vescovo provvede a fissare le questioni su cui verteranno le de-

libere). 5. Svolgimento del sinodo Il vero sinodo consiste nelle sessioni sinodali. La trattazione dei vari argomenti sarà intro-

dotta da brevi relazioni illustrative che li mettano a fuoco. Durante le sessioni più volte occor-rerà sollecitare i sinodali a manifestare la loro opinione mediante votazione. Il vescovo resta libero nel determinare il seguito da dare all’esito delle votazioni. Il vescovo affiderà a diverse commissioni di membri la stesura delle bozze dei testi sinodali.

6. Le dichiarazioni e i decreti sinodali Terminate le sessioni del sinodo, il Vescovo procede alla redazione finale dei decreti e delle

dichiarazioni, li sottoscrive e ne ordina la pubblicazione. Con le espressioni "decreti" e "dichiarazioni", il Codice ravvisa la possibilità che i testi si-

nodali consistano, da una parte, in vere norme giuridiche - che potranno venir chiamate "costi-tuzioni" o in un altro modo - oppure in indicazioni programmatiche per l'avvenire, e dall'altra, in affermazioni convinte delle verità di fede o della morale cattolica, specie negli aspetti di maggiore incidenza nella vita della Chiesa particolare.

I N D I C E Presentazione del 1° Quaderno Preghiera per il Sinodo Lettera del Vescovo La Commissione preparatoria del Sinodo. Decreto di nomina 1. Il Sinodo diocesano 2. Verso il Sinodo con uno stile “sinodale” 3. La preparazione al Sinodo diocesano 4. Le Assemblee vicariali Appendice 1. I Sinodi della diocesi di Adria-Rovigo 2. Il Sinodo diocesano nel “Direttorio dei Vescovi” 3. Il Sinodo nella legislazione canonica