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Cod. EM2U1 Vinificazione in bianco Rosario DI GAETANO Scuola Enologica di Conegliano

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Cod. EM2U1

Vinificazione in bianco

Rosario DI GAETANO Scuola Enologica di Conegliano

Caratteristiche generali

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La definizione non è legata alla colorazione delle uve ma alla

mancanza di macerazione delle bucce durante la fase fermentativa;

pertanto, tenendo presente che la gran parte dei composti che

caratterizzano gli aromi varietali o i loro precursori si trovano nella buccia,

- si possono vinificare in bianco uve rosse con polpa bianca (es. pinot nero);

- si possono effettuare macerazioni prefermentative a freddo;

- si può ritardare la raccolta delle uve per sfruttare le reazioni enzimatiche

indotte (come nel caso del marciume nobile);

tutto ciò per estrarre in maniera selettiva i costituenti migliori dell’acino ed

evitare, allo stesso tempo, quelli che potrebbero generare difetti olfattivi

e/o gustativi;

Tipologia di vinificazione in bianco

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Il vino bianco si caratterizza principalmente per la peculiarità aromatica derivante:

- dalla varietà;

- dalla tecnica di vinificazione adottata;

- dal tipo di vaso vinario.

- ecc.

Presentando una variabilità di gran lunga superiore a quella dei rossi.

Oggigiorno, anche per soddisfare esigenze di mercato, la vinificazione in bianco si indirizza verso uno dei modelli che caratterizzano le quattro grandi tipologie mondiali di produzione di vini secchi:

Bianchi neutri

Chardonnay

Sauvignon

Bianchi aromatici

Vini Bianchi neutri

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Sono caratterizzati da:

• Aromi varietali assenti

• Aromi fermentativi di vino giovane derivanti da esteri:

a) Esteri etilici (acidi grassi + alcol etilico )

b) Acetati (acido acetico + alcoli superiori)

* Composti prodotti dai lieviti alle temperature di 16 – 18 °C

- Sono vini pronti in brevissimo tempo, ma hanno durata limitata;

- Presentano freschezza acidica spiccata;

- Si giovano della presenza di CO2 ( 0,6 – 1,0 bar);

- In genere sono vitigni di grande capacità produttiva (Trebbiano, Bianchetta,

ecc.)

Possono rientrare in questa tipologia anche vitigni importanti se coltivati con ricche produzioni

Tipo Chardonnay

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Rientrano in questo gruppo gli standards produttivi dei grandi vini bianchi internazionali; capostipite sono i vini bianchi di Borgogna (Meursault – Chasagne-Montrachet, Chablis), considerati i più grandi vini secchi del mondo.

Possiedono notevole attitudine all’invecchiamento, durante il quale sviluppano un caratteristico bouquet di riduzione che gli conferisce una spiccata morbidezza.

Caratteri di base che devono possedere questi vini sono:

• elevato grado alcolico (13 % vol)

• acidità fissa intorno a 9 – 10 g/l

• pH 3,1 - 3,3

Il metodo tradizionale di elaborazione di questi vini prevede la fermentazione in barriques e l’affinamento sulle fecce (pratiche di origine borgognona)

Tipo Sauvignon

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Tipologia caratterizzata da vini secchi con aroma intenso e complesso, che ricorda il bosso e il pompelmo, dovuti a composti tiolici (4-

mercapto-4-metil,pentan-2-one; acetato di 3-mercapto-1-esanolo); e il peperone verde, dovuto a molecole appartenenti alle metossipirazine (2-metossi-3-

isobutilpirazina).

I precursori di tale aroma (sostanze inodori dell’uva) sono sensibili alle variazioni pedoclimatiche quindi risultano di difficile riproducibilità al cambiare della zona di coltivazione della vite.

L’attitudine all’invecchiamento è discreta e si può ricondurre a quella dello Chardonnay, ma rispetto al quale, l’affinamento sulle fecce si può effettuare sia in fusto che in vasca.

La FML di solito non viene svolta, cosicché gli aromi di fruttato e di vegetale fresco risultano complementari al bouquet d’invecchiamento.

Vini Bianchi aromatici

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A questo gruppo di vini bianchi secchi si annoverano i grandi

vitigni alsaziani e tedeschi molto presenti in Austria e nell’Europa

continentale: Riesling, Pinot Grigio, Gewurz-traminer.

I più noti restano i Moscati che sono conosciuti e coltivati in tutto il

mondo.

Sono caratterizzati da aroma specifico che si riscontra tal quale anche

nell’uva e nel mosto e le molecole di riferimento appartengono ai

terpenoli e agli isoprenoidi.

Questi vitigni possono dar luogo anche a grandi vini liquorosi a lunga

conservazione.

Macerazione pellicolare

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Da una parte permette di estrarre dalle bucce le sostanze che partecipano all’aroma, alla struttura e all’attitudine all’invecchiamento;

Dall’altra, però, si possono accentuare alcuni difetti: odori vegetali, amaro, astringenza,; e se le uve non sono sane, odori fungini, di muffa, di terra.

Se l’uva è sana, matura e con pH basso è conveniente attuarla, procedendo poi con pressatura lenta, il cui permeato separato dallo sgrondo può essere dosato per assemblaggi di mosti importanti (prodotti di qualità, crus, ….

Si attua ponendo a macerare, in atmosfera controllata (CO2), le uve pigiate e diraspate, possibilmente in presenza di enzimi specifici, per un periodo di 6 –12 ore, avendo cura di non solfitare e di controllare la temperatura (< 15 °C) per ridurre al minimo gli effetti negativi.

Essa comporta: diminuzione dell’acidità e aumento del pH, ad opera del K+

che liberato dalle bucce va a salificare l’HTH, aumento della D.O. a 280 nm, dell’indice di fenoli, degli amminoacidi, dei polisaccardi neutri

Criomacerazione

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Consiste nel raffreddare le uve intere a -2, -3 °C per un periodo

di circa 24 ore.

La pressatura comporta una crioselezione dei succhi dell’acino,

inizialmente fuoriescono quelli più pregiati, in seguito quelli

congelati, di minor qualità.

Le modificazioni strutturali delle bucce congelate comportano

una migliore estrazione dei componenti aromatici e una

diminuzione dei composti fenolici rispetto alla macerazione

pellicolare.

Questa tecnica indicata per i vini liquorosi, si sta dimostrando

interessante anche per vini bianchi secchi.

Macerazione prefermentativa a freddo

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Il processo consiste nel sottoporre il pigiato all’azione del freddo,

alla temperatura di circa 10 °C per 24 ore (max 36 ore).

Il freddo attenua i processi estrattivi ma in modo differenziato

secondo la natura delle varie sostanze.

I composti aromatici, rispetto ai polifenoli, si diffondono in una

soluzione acquosa con maggiore velocità.

La temperatura di 10 °C risulta il compromesso ideale tra velocità

di diffusione e selezione tra i componenti estrattivi dell’uva; cioè

dire, la velocità di estrazione diminuisce in assoluto per tutte le

sostanze, ma risulta ancora molto significativa per molte sostanze

dell’aroma, e trascurabile, invece, per i polifenoli.

Estrazione del mosto dalle uve

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In una vinificazione in bianco ci si propone di:

• Estrarre la parte liquida dell’acino velocemente e con un grado di

torbidità quanto più vicina a quella desiderabile per la fermentazione

(sotto i 200 NTU);

• Ottenere mosti poco fecciosi e operare la chiarifica nel tempo più

breve possibile;

• Favorire la diffusione della componente aromatica floreale e fruttata,

e dei suoi precursori;

• Limitare la dissoluzione del K+ e dei composti a odore erbaceo o

sapore amaro;

• Evitare l’ossidazione delle sostanze fenoliche estratte che

altererebbero il quadro aromatico complessivo;

Schema di Vinificazione

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a

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b

Conferimento uve in cantina

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Controlli:

Quantitativi,

• pesata su piattaforma

• pesata su bascula

Qualitativi,

• grado zuccherino

• valore acidico totale

• acidità volatile (in presenza di marciune acido)

• polifenoli totali (eventuale)

Aspetti enologici della V.B.

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Estrazione del mosto dalle uve

• senza pigiatura

• con pigiatura

• macerazione pellicolare

• crio-macerazione

Protezione del mosto dalle ossidazioni

Chiarifica del mosto

Fermentazione

• in vasca

• in barrique

Modalità operative

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Senza pigiatura, necessaria nel caso di:

• mosti bianchi da uve nere

• uve con avanzato stato botritico o marciume acido

• uve provenienti da macerazione carbonica

negli altri casi , invece, é preferibile

Con pigiatura

• accresce le percezioni erbacee (esanolo, cis-3-esenolo, trans-2-esenolo)

• diminuisce la velocità di sgrondo

• aumenta nel mosto la presenza di proteine termo-labili quindisi richiedono dosi più elevate di bentonite

In conclusione è da attuarsi nel caso di macerazione pellicolare.

Diraspatura e Pigiatura

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Queste due operazioni possono essere organizzate

e attuate con diverse opzioni in funzione dello stato delle

uve e delle finalità produttive.

• Nessuna delle due

• Solo diraspatura

• Diraspa-pigiatura

• Pigia-diraspatura

Operazioni parziali

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Nessuna delle due operazioni - E’ indicata per uve

bianche quando si vogliono ridurre al minimo il

maltrattamento delle vinacce e i processi di ossigenazione del

mosto. In particolare si attua in presenza di uve poco sane,

attaccate da marciume acido o muffa grigia (Botrytis).

Solo diraspatura - E’ indicata per uve destinate alla

produzione di vini rossi giovani; l’elevato numero di acini

interi durante la fermentazione fa aumentare i profumi di

ciliegia, fragola e lampone per effetto di una parziale

fermentazione intracellulare caratteristica della macerazione

carbonica.

Diraspa-pigiatura

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Rispetto alle altre opzioni questa consente

di controllare meglio l’operazione di

schiacciamento dell’acino riducendo al minimo i

maltrattamenti e le perdite, purchè le regolazioni

siano condotte con attenzione e cura.

I raspi separati prima dello schiacciamento rimangono più interi ed escono meno bagnati di mosto

Gli acini separati dal raspo diventano indipendenti nei

movimenti, quindi si vanno a disporre in strato uniforme tra i due

rulli pigianti, col risultato di costituire uno spessore minore e

quindi uno schiacciamento più morbido e omogeneo di tutta la

massa

Diraspa-pigiatura

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Diraspa-Pigiatura Pigia-Diraspaturaura

Pigia-diraspatura

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Presenta i contro citati come pro con la diraspa-

pigiatura. Tuttavia risulta più snella nelle operazioni quando

si devono lavorare grandi quantitativi di uve e/o si vogliono

recuperare tutti gli acini del grappolo.

Il non poter regolare facilmente il grado dell’azione

pigiante significa incidere poco sul livello qualitativo del

vino a cui le uve sono destinate.

Infatti, per uve rosse destinate alla produzione di vini

rossi giovani è preferibile che la percentuale di acini interi,

dopo la pigiatura, sia elevata; al contrario quando le stesse

uve sono destinate alla produzione di vini rossi a lunga

maturazione.

Pigia-diraspatrice

verticale centrifuga

(Per grandi cantine)

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Diraspa-pigiatriceCon possibilità di regolare

il numero di giri

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Trasferimento del pigiato

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A questa operazione spesso non viene data peso o

comunque l’importanza che essa merita. Il fatto di trovarsi

con un prodotto semi-solido e il trasporto risulta meno

agevole del liquido puro, le pompe che meglio risolvono il

problema non sempre preservano la massa da maltrattamenti,

producendo tassi di fecciosità superiori all’usuale. In questa

maniera vengono vanificati tutti gli accorgimenti attuati sino

a quel momento nel processo vinificatorio.

L’impiego di pompe rotative e volumetriche a basso

regime di giri, che imprimono alla massa un movimento

continuo, soffice, e a minima oltre che costante pressione

idraulica, risultano le più indicate per evitare gli

inconvenienti citati in precedenza.

…… mediante pompe

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?

…… mediante nastri

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A

B

?

Pressatura

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Presse orizzontali pneumatiche tipo Willmes

Pressa orizzontale a piatti Vaslin

Pressa orizzontale a piatto idraulico DM

Torchio idraulico a piatto ascendente o discendente

Torchi continui

Aspetti enologici della pressatura

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Pressione di esercizio

• vino di sgrondo ( 0 - 0,2 bar )

• vino di pressatura ( 0,2 - 2,0 bar )

• vino di torchiatura ( 2 - ..3...5.. 7... bar )

Omogeneità della pressatura• con piatti rigidi

• con macchine pneumatiche

Tempo di sgrondo

• percorso della fase liquida in pressione

• tipologia e stato sanitario delle uve

(con raspi, botrytizzate, passite)

Fattori di sgrondo

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Pigiato in pressione

Distanza che deve percorre un

volume x di mosto

Volume di liquido che attraversa

ogni sezione del percorso

Forma dei canalicoli

Intasamento per deposito

successivo di microparticelle

Trasferimento mosto

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Il mosto appena ottenuto da pressatura è torbido per la presenza in esso

di frammenti di tessuti vari provenienti principalmente dalla polpa

dell’acino, ma non si escludono parti di tutti i componenti del grappolo.

La presenza di queste particelle più o meno grossolane, che verranno

asportate con la chiarifica andando a costituire le fecce di mosto, deve

indurre a fare attenzione sul tipo di meccanismo da impiegare per il

trasferimento dalla pressa; una pompa poco adatta (es. quella centrifuga)

causerebbe un’ulteriore frantumazione di queste particelle con l’aumento

delle fecce fini e quindi, anche dopo chiarifica, ci sarebbe una presenza

maggiore di solidi in sospensione che prenderebbero parte al processo di

fermentazione, con tutti gli aspetti negativi che ne deriverebbero.

L’Ossigenazione dei mosti

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È assodato che occorre evitare il contatto del vino con l’ossigeno, per il mosto, invece, l’ossigeno può essere uno strumento tecnologico per raggiungere alcuni scopi prettamente enologici.

Operando in riduzione, si proteggono i composti fenolici dalla ossidazione enzimatica, il mosto conserva la colorazione bianca o verdastra caratteristica del vitigno, come pure i profumi fruttati; lo scopo viene raggiunto con l’impiego di sostanze fortemente riducenti dei quali la solforosa è il composto più rappresentativo.

Operando in iperossidazione, invece, il mosto viene trattato con ossigeno puro o con travasi all’aria, così da apportare 50-60 mg/l di ossigeno per ossidare i polifenoli, farli precipitare durante la sfecciatura, ed eliminarli prima della fermentazione.

Questo secondo modo di operare consente di ottenere vini più stabili nei confrondi delle ossidazioni, e di conseguenza permette di impiegare, in futuro, basse dosi di solforosa. Di contro però, ha un’azione energica sui profumi primari, per cui l’aroma varietale risulta notevolmente ridotto o addirittura azzerato.

Protezione del mosto dalle ossidazioni

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Solfitazione, per bloccare la tirosinasi occorrono 50 mg/l di SO2 e 70 mg/l in caso di mosti provenienti da uve rosse; si raccomanda di somministrare la dose in unica soluzione altrimenti si riduce l’efficacia e aumenta la produzione di composti solforati da parte dei lieviti.

Acido ascorbico, si impiega (10 g/hl) quando si vuole evitare l’azione estraente della solforosa sui polifenoli, tuttavia non possiede attività nei confronti degli enzimi ossidasici.

Impiego del freddo, limita il consumo di ossigeno da parte dei mosti, (a 12 °C il consumo risulta 1/3 rispetto a 30 °C.). Le pressature sotto 0°C in ambiente saturo di CO2 forniscono i migliori risultati.

Riscaldamento a 60 °C per qualche minuto per distruggere le ossidasi, deve essere effettuato tempestivamente

Operazioni di cantina al riparo dall’aria

Sfecciatura, elimina l’attività tirosinasica associata alle parti solidi.

Chiarifica del mosto

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Il mosto appena ottenuto si presenta più o meno torbido, a causa di:

• frammenti di buccia e di raspi;

• terra

• residui cellulari della polpa

• residui insolubili dei trattamenti

• colloidi vari (proteine, pectine, ecc.)

• in caso di Botrytis, polisaccaridi ( -glucano)

Tutto il residuo si distingue in fecce grossolane e fecce fini e tra esse prevalgono i polisaccaridi insolubili: cellulosa, emicellulosa, sostanze pectiche; si trovano pure Sali minerali e lipidi provenienti dalle membrane cellulari (fosfolipidi)

La separazione delle fecce grossolane è coadiuvata dall’aggiunta di enzimi esogeni

Vantaggi derivanti dalla Chiarifica del mosto

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I vini provenienti da mosti sfecciati presentano:• meno alcoli superiori (C6);• più esteri etilici degli acidi grassi;• più acetati di alcoli superiori;• meno aromi erbacei;• gusto meno amaro;• colore più stabile.

Gli alcoli a C6 derivano da esanali che si formano dagli acidi linoleico e linolenico per ossidazione enzimatica, al momento della pigiatura. Tali aldeidi essendo insolubili si addensano alle particelle solide e con la sfecciatura vengono eliminate.

La limpidezza eccessiva però (< 100 NTU), conduce a mosti poveri in acidi grassi insaturi a catena lunga, per cui i lieviti producono dosi elevate di acido acetico.

La torbidità superiore a 250 NTU favorisce l’eccesso di acidi grassi e quindi la formazione di composti solforati da parte dei lieviti, alcuni stabili quale il metionolo (3-metiltiopropan-1-olo – odore di cavolo cotto)

Relazione tra sfecciatura e fermentazione

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Con la sfecciatura si impoverisce il mosto di microflora e si riduce, inoltre, lo stimolo fermentativo, perché le particelle di fecce:

• Fungono da centri di nucleazione per le bolle di CO2 che hanno azione inibente verso i lieviti;

• Servono da supporto per la moltiplicazione dei lieviti;

• Forniscono sostanze alimentari (fosfolipidi);

• Assorbono, essendo idrofobi, gli acidi grassi tossici (C8, C10, C12)

Gli arresti di fermentazione sono spesso imputabili ad eccessivo illimpidimento dei mosti, col conseguente aumento dell’acidità volatile.

Sistemi di sfecciatura

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Le frazioni di mosto: di sgrondo, di prima pressatura e di ultima pressatura, in genere vanno sfecciati separatamente e vengono riunite poi solo le prime due frazioni.

Per la pulizia si può operare con sistemi naturali oppure meccanici:

• Decantazione statica a freddo ( 5 ÷ 10 °C)

• Decantazione enzimatica (Aspergillus Niger)

• Centrifugazione

• Flottazione

• Filtrazione

Il mosto limpido deve iniziare la fermentazione con una torbidità di 100 – 250 NTU. Il controllo si effettua mediante nefelometro.

A volte conviene illimpidire molto i mosti di pressatura (10 – 15 NTU) per poi utilizzarli in assemblaggio, tenendo presente: bontà organolettica, colore meno ossidato possibile, tenore zuccherino, pHInfine, il recupero di mosto dalle fecce di decantazione (filtropresse, filtri sottovuoto, …) può risultare vantaggioso ai fini economici.

Sistemi meccanici di sfecciatura

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Hanno lo scopo di allontanare dal mosto di pressatura, in pochissimi

minuti o secondi, le particelle grossolane in sospensione:

Centrifugazione

• Centrifuga

• Decanter

Flottazione

Filtrazione

• Filtro a cartoni

• Filtro a tele

• Filtro a filtrina

• Filtro rotativo sottovuoto

Centrifuga

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Equazione di Stokes

D2(2- 1)2r

V= 18

2rG =

g

D - diametro delleparticelle

2- 1 differenza di

densità: corpo / fluido

- viscosità del liquido

g - acceler. di gravità

G - multiplo della gravità

Decanter

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Flottatore

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Flottatore in funzione

Torbido feccioso in superficie

Stratificazione

Filtro a piastre

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Mosto da filtrare

Mosto filtrato

Piastra

Condotto di entrata

Condotto di uscita

Sezione

Filtro rotativo sottovuoto

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Formazione del prepanello

Filtrazione

Schema di funzionamento

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Valvole a sfera chiuse Flusso aria per disidratazione panello

Liquido da filtrareFlusso liquido filtrato

Valvole aperte

Zona disidratazionepanello

Zona di aspirazione