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sommario In copertina: Mario Masperi “Mondina e vecchio salice” Olio su tela, 1962 Direttore Responsabile: CORRADO PADOVANI Comitato di Redazione: CORRADO POCATERRA LAURA SERVIDEI PIERPAOLO CORREGGIOLI Fotolito, Impaginazione e Stampa: SATE srl via Goretti, 88 - 44100 Ferrara tel. 0532 765646 fax 0532 765759 n. 3 2004 PERIODICO NON IN COMMERCIO VOGHIERA SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE COMUNICAZIONE AI DESTINATARI IN OMAGGIO DELLA RIVISTA CAMERALE «LA PIANURA» Ai sensi della Legge n. 675/96, si informa che il trattameto dei dati personali dei destinatari in omaggio della rivista camerale «La Pianura» viene svol- to al fine di dare esecutività alla spedizione del presente periodico. Tale trattamento avviene nel rispetto dei principi di riservatezza e sicurezza richie- sti dalla legge. Il titolare del trattamento è il Dirigente di Settore della Camera di Commercio I.A.A. di Ferrara 77 AA. VV. “Azienda, Economia, Impresa e Università” 77 A. Cavallaroni, G. Mantovani, A. Mascellani “Ferrara Illuminata” 78 Gianna Vancini “Testimone d’amore” di Gabriele Turola 80 Giorgio Alberto Finchi “ Al vin di nòstar cò - Storia e poesia dei vini del Delta” di Maria Cristina Nascosi 80 Paolo Micalizzi “ Al di là e al di qua delle nuvole. Ferrara nel cinema” di Lucio Scardino 83 Lucio Scardino “Tracce del passaggio, poesia ariostesca e non” di Gianni Cerioli 84 Giuliana Berengan “Favolosa Zucca” di Bruna Bignozzi Rivista quadrimestrale della Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Ferrara Telefono: 0532 783711 e-mail: [email protected] Autorizzazione Tribunale di Ferrara n. 41 del 18.03.1954 È vietata la riproduzione degli arti- coli e delle note senza citarne la fonte. Gli articoli firmati rispec- chiano soltanto il pensiero dell’Autore e non impegnano la Direzione. Gli articoli, anche se non pubblicati, non si restituiscono. Poste Italiane s.p.a. - Spedizio- ne in abbonamento postale - 70% D.C.B. - Ferrara NOTA Le foto dell’articolo di Andrea Poli pubblicata sul n. 2/2004, pag. 34, sono di Bruno Droghetti. La Redazione si scusa per l’omis- sione 3 Un territorio in fase di profonda trasformazione di Claudio Fioresi - Sindaco di Voghiera 7 La localizzazione traina lo sviluppo di Stefano Ciervo 9 Dalla decadenza alla rinascita: Belriguardo nel sistema delle Delizie estensi di Alberto Guzzon 19 Voghiera, la storia, le storie di Andrea Poli 21 In arrivo la D.O.P per l’Aglio di Voghiera di Maurizio Barbieri 22 Una scommessa per il futuro di Voghiera di Isabella Masina 26 Due ritratti inediti a Voghiera di Valentino Sani 27 L’isola che non c’è di Roberto Donati 29 Un percorso tattile all’avanguardia nel museo civico di Belriguardo di Ottorino Bacilieri 31 Spettacoli a Belriguardo di Ottorino Bacilieri 33 Le scuole medie ad indirizzo musicale di Voghiera di Dario Favretti 35 Voghiera, il “piccolo villaggio” dove si insediò la prima sede vescovile di Ferrara di Angelo Giubelli 37 Alla riscoperta di una “nuova” coltura di Roberta Rossi 39 Ambre e Sardonici di Mirella Golinelli 42 Ritrovate sculture ferraresi per la Libia di Gianni Cerioli 45 Cantata (poetica) per quattro voci (di donna) di Maria Cristina Nascosi 49 Mario Masperi un pittore metafisico della campagna ferrarese di Gabriele Turola 51 La “marina” di Augusto Tagliaferri di Luca Brunelli 52 Un paese “ferrarese” in Sardegna: Fertilia di Lucio Scardino 52 Sculture ed Argenta di Antonio P. Torresi 59 La dolce malinconia di Marisa Carolina Occari negli affetti e nell’arte di Bruna Bignozzi 63 Eros Giancarlo Cavazzini: un innovatore per la nostra agricoltura di Walter Matteucci 66 Avere 20 anni nel 2020. Scenari socio-economici in provincia di Ferrara di Andrea Gandini e Chiara Bertelli 70 Pensieri di igiene rustica di Giorgio Mantovani 73 Un progetto di recupero sul patrimonio documentario della Camera di Commercio di Sonia Monesi CULTURA CAMERA DI COMMERCIO PERSONAGGI FERRARESI

VOGHIERA - camcom.it41 del 18.03.1954 È vietata la riproduzione degli arti-coli e delle note senza citarne la ... 26 Due ritratti inediti a Voghiera ... Feltrinelli Editore Via Garibaldi,

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sommario

In copertina: Mario Masperi“Mondina e vecchio salice”Olio su tela, 1962

Direttore Responsabile:CORRADO PADOVANI

Comitato di Redazione:CORRADO POCATERRALAURA SERVIDEIPIERPAOLO CORREGGIOLI

Fotolito, Impaginazione e Stampa:SATE srlvia Goretti, 88 - 44100 Ferraratel. 0532 765646fax 0532 765759

n. 32004

PERIODICONON IN COMMERCIO

VOGHIERA

SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE

COMUNICAZIONE AI DESTINATARI IN OMAGGIO DELLA RIVISTA CAMERALE «LA PIANURA»Ai sensi della Legge n. 675/96, si informa che il trattameto dei dati personali dei destinatari in omaggio della rivista camerale «La Pianura» viene svol-to al fine di dare esecutività alla spedizione del presente periodico. Tale trattamento avviene nel rispetto dei principi di riservatezza e sicurezza richie-sti dalla legge. Il titolare del trattamento è il Dirigente di Settore della Camera di Commercio I.A.A. di Ferrara

77 AA. VV. “Azienda, Economia, Impresa e Università”77 A. Cavallaroni, G. Mantovani, A. Mascellani “Ferrara Illuminata”78 Gianna Vancini “Testimone d’amore” di Gabriele Turola80 Giorgio Alberto Finchi “ Al vin di nòstar cò - Storia e poesia dei vini del Delta” di Maria

Cristina Nascosi 80 Paolo Micalizzi “ Al di là e al di qua delle nuvole. Ferrara nel cinema” di Lucio Scardino 83 Lucio Scardino “Tracce del passaggio, poesia ariostesca e non” di Gianni Cerioli 84 Giuliana Berengan “Favolosa Zucca” di Bruna Bignozzi

Rivista quadrimestrale della Cameradi Commercio, Industria, Artigianatoe Agricoltura di FerraraTelefono: 0532 783711e-mail: [email protected]

Autorizzazione Tribunale di Ferrara n.41 del 18.03.1954

È vietata la riproduzione degli arti-coli e delle note senza citarne lafonte. Gli articoli firmati rispec-chiano soltanto il pensierodell’Autore e non impegnano laDirezione.

Gli articoli, anche se non pubblicati,non si restituiscono.

Poste Italiane s.p.a. - Spedizio-ne in abbonamento postale -70% D.C.B. - Ferrara

NOTALe foto dell’articolo di Andrea Polipubblicata sul n. 2/2004, pag. 34,sono di Bruno Droghetti.La Redazione si scusa per l’omis-sione

3 Un territorio in fase di profonda trasformazionedi Claudio Fioresi - Sindaco di Voghiera

7 La localizzazione traina lo sviluppodi Stefano Ciervo

9 Dalla decadenza alla rinascita: Belriguardo nel sistema delle Delizie estensidi Alberto Guzzon

19 Voghiera, la storia, le storiedi Andrea Poli

21 In arrivo la D.O.P per l’Aglio di Voghieradi Maurizio Barbieri

22 Una scommessa per il futuro di Voghieradi Isabella Masina

26 Due ritratti inediti a Voghieradi Valentino Sani

27 L’isola che non c’èdi Roberto Donati

29 Un percorso tattile all’avanguardia nel museo civico di Belriguardodi Ottorino Bacilieri

31 Spettacoli a Belriguardodi Ottorino Bacilieri

33 Le scuole medie ad indirizzo musicale di Voghieradi Dario Favretti

35 Voghiera, il “piccolo villaggio” dove si insediò la prima sede vescovile di Ferraradi Angelo Giubelli

37 Alla riscoperta di una “nuova” colturadi Roberta Rossi

39 Ambre e Sardonicidi Mirella Golinelli

42 Ritrovate sculture ferraresi per la Libiadi Gianni Cerioli

45 Cantata (poetica) per quattro voci (di donna)di Maria Cristina Nascosi

49 Mario Masperi un pittore metafisico della campagna ferraresedi Gabriele Turola

51 La “marina” di Augusto Tagliaferridi Luca Brunelli

52 Un paese “ferrarese” in Sardegna: Fertiliadi Lucio Scardino

52 Sculture ed Argentadi Antonio P. Torresi

59 La dolce malinconia di Marisa Carolina Occari negli affetti e nell’artedi Bruna Bignozzi

63 Eros Giancarlo Cavazzini: un innovatore per la nostra agricolturadi Walter Matteucci

66 Avere 20 anni nel 2020. Scenari socio-economici in provincia di Ferraradi Andrea Gandini e Chiara Bertelli

70 Pensieri di igiene rusticadi Giorgio Mantovani

73 Un progetto di recupero sul patrimonio documentario della Camera di Commerciodi Sonia Monesi

CULTURA

CAMERA DI COMMERCIO

PERSONAGGI FERRARESI

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AVVISO PER I LETTORI

“La Pianura” è in distribuzione gratuita, in numero limitato di copie, presso le seguenti librerie di Ferrara e provincia:

Libreria MelBook Store P.zza Trento Trieste, 1 Ferrara

Feltrinelli Editore Via Garibaldi, 30 Ferrara

Cartolibreria Montanari Via Guercino, 55 Cento

Rizzati Via Zappata, 11 Comacchio

Sognalibro Via Saraceno, 43 Ferrara

Argenta via Don Minzoni, 5 - tel. 0532 804067Berra via Garibaldi, 4 - tel. 0532 831040Bondeno via Mazzini, 10 - tel. 0532 893052Cento corso Guercino, 74 - tel. 051 902120Codigoro piazza Matteotti, 51 - tel. 0532 713015Comacchio via Marconi, 18 - tel. 0533 313312

Sede centrale: via Bologna, 637/BChiesuol del Fosso (FE)

tel. 0532 979111 fax 0532 979237e-mail: [email protected]

CONFAGRICOLTURAFERRARA

Copparo piazza del Popolo, 5/A - tel. 0532 860033Ferrara via Bologna, 637/B - Chiesuol del Fosso - tel. 0532979225Massafiscaglia via Matteotti, 42/C - tel. 0533 539496Migliarino via Forti, 59 - tel. 0533 52017Poggiorenatico via Fornasini, 14 - tel. 0532 825378

Uffici di delegazione

UNIONE PROVINCIALE DEGLI AGRICOLTORI

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Il territorio di Voghiera è sicuramente uncontesto che in questi ultimi anni è statooggetto di progetti e trasformazioni

importanti, in particolare nella riscoperta enella valorizzazione delle sue origini storicomonumentali. I ritrovamenti archeologicirisalenti ad epoca romana, e tutte le bellez-ze e delizie storiche, ne evidenziano un pas-sato da protagonista nelle civiltà nobiliariche negli ultimi due millenni hanno domi-nato la nostra realtà provinciale, suscitandofascino e stupore sia agli abitanti che a i turi-sti visitatori.Autonomo dal 20 gennaio 1960 a seguitodi scissione dal Comune di Portomaggiore,Voghiera è composto da cinque paesi chepresentano ciascuno peculiarità storiche.- Il capoluogo è caratterizzato dall’imponen-za del Castello del Belriguardo, residenzaestiva del casato degli Estensi; - Voghenza, immersa nel verde parco dellasettecentesca villa Massari-Mazzoni, offreinnumerevoli testimonianze di insediamentirisalenti all’epoca romana; - Montesanto porta ancora oggi la tracce diparticolari architetture e dei magnifici dossi,

una volta coltivati a vigneto, che sono statil’espressione dell’operato dei ContiGulinelli;- Gualdo e Ducentola, due piccole frazionidivise dall’attraversamento del raccordoFerrara-mare, vantano la presenza di villenobiliari risalenti al periodo 1700/1800.Questo contesto di ricchezza storica-monu-mentale rappresenta un’importantissimarisorsa per valorizzare un territorio che sitrova sicuramente in una fase di cambia-menti sotto il profilo culturale ed economi-co.

In questi ultimi anni l’attenzione e gli sforziprofusi dalle Pubbliche Amministrazioni, peril recupero delle delizie storiche non è cer-tamente mancato. Fin dagli anni Ottanta si èinvestito sul recupero dei resti del Castellodel Belriguardo utilizzando risorse locali econtributi extracomunali. Le Amministrazionipiù recenti hanno lavorato sulla valorizzazio-ne dei prodotti tipici come ad esempiol’Aglio di Voghiera, con il duplice scopo dicostituire dei percorsi enogastronomico-turi-stici e di sostenere il reddito dei produttori

VOGHIERA 3

Immagini del Castello delBelriguardo

Claudio FioresiSindaco di Voghiera

Un territorio in fase di profondatrasformazione

Il Sindaco di Voghiera

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VOGHIERA4

agricoli. Inoltre si sta investendo sui percorsiciclabili, finanziati con fondi comunali ecomunitari, che costituiscono un circuitostorico-naturalistico-ambientale di grandeinteresse. Questa politica di tutela, riqualificazione esviluppo evidenzia il mutare continuo dell’e-conomia di questo territorio, che da sempreha manifestato una connotazione pretta-mente agricola, con una popolazione deditain prevalenza alla coltivazione dei terreniche ha affinato questa professionalità suuna vasta gamma di specie nel tempo,come: l’orticoltura, la coltivazione dellacanapa, la cerealicoltura, la frutticoltura e lacoltivazione dell’aglio. Ma la situazioneattuale si presenta in prospettiva moltodiversa per il settore agricolo. La globalizza-zione del mercato e l’orientamento dei con-sumi fa si che gli addetti del settore prima-rio rimangano in numero limitato.Solamente le aziende che sviluppano unpercorso di coltivazioni di nicchia (AglioD.O.P. e floricoltura) e di reddito agricolointegrato (Agriturismo e Multifunzionalitàaziendale) sono in condizione di esercitare,per il futuro, in modo professionale edimprenditoriale il mestiere dell’agricoltore. Esaurite quindi le possibilità di sviluppo agri-colo, la popolazione inevitabilmente si river-sa sul settore terziario e avanzato.Di qui una evidente politica della PubblicaAmministrazione di riqualificare il territorioattraverso le valorizzazioni storico-culturali emonumentali, la valorizzazione dei prodottitipici, la ricerca di un elevato livello di quali-tà della vita. Alcune iniziative di rilevanteimportanza in questo senso sono la “Fieradell’Aglio di Voghiera” e la manifestazioneculturale “Estate a Belriguardo” che dannoprestigio e notorietà al territorio anche a

livello nazionale.

Altro fattore che sta provocando un cambia-mento sotto il profilo urbanistico, economi-co e sociale sul nostro territorio (e i risultatisono sotto gli occhi di tutti), è la vicinanzadell’insediamento del “Polo Ospedaliero diCona”.Ubicato a 1500 metri in linea d’aria dallefrazioni di Gualdo e Ducentola, eserciteràun’influenza rilevante sulla viabilità delnostro territorio, sugli insediamenti produt-tivi e su quelli abitativi. Il nuovo PianoOperativo Comunale, che si elaborerà dalprossimo anno ed andrà a sostituirà il PianoRegolatore vigente, non potrà inevitabilmen-te prescindere da questo fattore. Naturalmente questa influenza sul territorionon sarà che positiva, perché il baricentrodella città di Ferrara tenderà a spostarsiverso il comune di Voghiera con evidentivantaggi per i cittadini locali. Il capoluogo diprovincia si avvicinerà alla piccola comuni-tà, creando i presupposti per avere servizipiù facilmente accessibili e creerà nel con-tempo occasioni di sviluppo.Non a caso negli ultimi 5 anni, è decollatapresso Gualdo un’area produttiva di circa10 ettari, a ridosso della superstrada Ferrara-mare ed in coincidenza dello sbocco dellacirconvallazione est, un’arteria stradale dinuova costruzione che convoglierà granparte del traffico proveniente dall’intera pro-vincia al Polo Ospedaliero di Cona.

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Quest’area produttiva si è dimostrata in con-creto molto appetibile, esaurendo in fretta lapossibilità per imprenditori ed artigiani direperirvi aree disponibili, e creando i pre-supposti per un suo imminente amplia-mento sul quale l’AmministrazioneComunale di Voghiera sta già ragionando.

Molto elevato si presenta anche il livello diriqualificazione scolastica sul territorio; i variplessi delle scuole elementari presenti nellefrazioni del comune, sono stati riuniti nel2003 in un unico polo scolastico insiemealla scuole medie, mentre in quest’ultimegià da anni sono presenti progetti di educa-zione musicale, laboratori strumentali, labo-ratori linguistici e laboratori informatici.Questa struttura scolastica integrata dimoderna concezione presenta caratteristi-che particolarmente qualificanti tanto daattrarre studenti provenienti da località fuoridal nostro territorio comunale. Sul territorio opera inoltre una scuola mater-

na privata ,gestita daun’associazio-ne di volonta-riato locale,mentre è infase di costru-zione un asiloper la primainfanzia. E l’e-lenco dellestrutture cultu-rali e socialipresenti inVoghiera con-tinua: laB i b l i o t e c acomunale, ilm u s e o

archeologico, il museo del modellismo sto-rico, i corsi di orientamento bandistico, lepro-loco, insieme ad una fortissima presen-za di associazioni di volontariato che opera-no su un ampio ventaglio di settori: dalsociale all’economico, dal culturale al tempolibero. Sicuramente un territorio molto vivibile, confenomeni di problematiche giovanili pratica-mente inesistenti, ed una popolazioneanziana molto attiva nel volontariato. Questo è il quadro della situazione econo-mico culturale e sociale del Comune diVoghiera, che delinea la predisposizione diquesto territorio a diventare zona di periferiadella città di Ferrara, con elevata vivibilità. Unterritorio che, ben consapevole delle propriepotenzialità, punta su uno sviluppo abitati-vo e produttivo in modo equilibrato, al finedi mantenere quel livello di qualità di vitache vanta e che lo identifica come una sortadi “isola felice”.

VOGHIERA 5

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Camera di Commerciodi Ferrara

un riferimento sicuro per il Valoredell’agricoltura provinciale

I numeri dell’agricoltura ferrarese...

● 180 mila ettari di superficie agraria complessiva;● 9 mila imprese attive, il 27,6% del totale provinciale;● 14 mila occupati, il 12,3% dell’occupazione provinciale;● un valore aggiunto doppio rispetto alla media regionale e nazionale in

rapporto agli altri settori.

L’agricoltura rimane, così come lo è sempre stata storicamente, interlo-cutrice di ogni progetto di sviluppo provinciale, in sinergia con il settoreagro-alimentare.

La promozione dei nostri prodotti richiede un rafforzamento delle identitàtipiche, dei fattori di eccellenza, dei legami con un territorio dalle grandipotenzialità.

Per questo, la Camera di Commercio di Ferrara ha intensificato lapropria azione a sostegno della qualità e della certificazione dei prodottitradizionali ferraresi, valorizzati con nuovi marchi collettivi, a beneficiodei produttori e dei consumatori.

www.efer.it il portale

dell’Economia Ferrarese

www.fe.camcom.it

Camera di Commerciodi Ferrara

un riferimento sicuro per il Valoredell’agricoltura provinciale

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Il nuovo ospedale di Cona per ora èsolo un cantiere che va avanti a sin-ghiozzo, ma già oggi la zona attorno al

futuro Polo sanitario è un riferimentoimprescindibile per chi programma losviluppo del nostro territorio. Un primoesempio è rappresentato dalla zonaproduttiva di Gualdo, voluta dalComune di Voghiera per concentrare leattività artigianali, terziarie e industrialialla ricerca di spazi e servizi. La posizio-ne eccellente rispetto alle vie di comu-nicazione (il raccordo autostradale A13e la Ferrara-Lidi sono a poche centinaiadi metri) è sicuramente un fattoreimportante di localizzazione, ma avere aridosso il futuro Polo incide: “Le aziendeche s’insediano qui hanno quasi tutteinteressi e aspettative rivolte all’ospeda-le” sottolinea il Sindaco Claudio Fioresi.In più ci sono i vantaggi della localizza-zione in zona Obiettivo 2. Ecco spiegatii motivi del rapido esaurimento dei 26lotti disponibili, sui circa 10 ettari di ter-reno urbanizzato della prima variante alPrg, che consentono uno sviluppo mas-simo di oltre 404mila metri cubi dicapannoni, destinati ad ospitare soprat-tutto attività legate al settore edilizio.L’operazione-Gualdo è stata condotta indue fasi distinte, a partire dal 1995,tenendo conto anche dello sviluppo delBorgo delle Aie, un’area a destinazioneterziario-direzionale utilizzata da realtà

importanti come il“Consorzio aglio di Voghiera”o “Ferrara Frutta”. Le caratte-ristiche geo-morfologichedella zona richiedono parti-colare attenzione, e l’espe-rienza di altre aree del gene-re nel territorio provincialequalcosa ha insegnato. AGualdo, quindi, già in fase di

progetto è stato previsto, ad esempio,un sistema di smaltimento dei reflui indoppia linea: una raccoglie le acque pio-vane di piazzali, strade e marciapiedi, inuna cassa di laminazione collegata attra-verso un sistema di chiuse ad un con-dotto consorziale; l’altra smaltisce i refluiprodotti direttamente dalle aziende diprossimo insediamento, convogliandolial depuratore di Gualdo. La cassa dilaminazione, per inciso, ha una dimen-sione di circa 17mila metri quadrati,considerata sufficiente per far fronteanche alle bizze meteorologiche ultima-mente non così infrequenti. Non mancamolto alla consegna dell’area produtti-va: dei tre stralci nei quali sono statedivise le opere di urbanizzazione, uno ègià completato e gli altri due sono abuon punto. Il Comune non si è ferma-to qui, visto che, sia pure in una fase dibassa congiuntura come l’attuale, lerichieste d’insediamento fioccano. C’èanzitutto da perfezionare l’iter del primoampliamento, condotto attraverso lostrumento della variante al Piano regola-tore su di una superficie di 64mila metriquadrati. Non appena la Provincia daràvia libera, si comincerà ad attrezzare 10nuovi lotti produttivi e una nuova cassadi laminazione di circa 12mila metriquadrati, oltre a strade, marciapiedi everde pubblico, proprio di fronte alBorgo delle Aie. I nuovi lotti sono prati-camente già prenotati, quindi il SindacoFioresi ha in mente ulteriori amplia-menti con procedure molto semplifica-te: “Se un’azienda mostrerà interessead insediarsi nella zona, potrà sfruttarelo Sportello Unico, senza necessità diattendere il nuovo Piano regolatore”.Attorno alla nuova area produttiva visono infatti terreni della “FondazioneNavarra”, destinabili a questo scopo.

VOGHIERA 7

Stefano Ciervo

La localizzazione traina lo sviluppo

Il futuro polo sanitario rappresenterà un “volano” per l’economia e pergli investimenti

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VOGHIERA - DOCUMENTI 9

degrado che ne avevano completamente

fatto perdere la cognizione, è stata via

via restituita alla dignità che le spetta,

anche se a tutt’oggi è ancora lontana dal

potersi riproporre nello splendore origi-

nario, in quanto i progetti che la inte-

ressano non sono certo definitivamente

conclusi e alcune parti significative del

palazzo (tra cui la Sala delle vigne)

sono ancora cantieri aperti.

A seguito dei primi parziali interventi,

nella situazione attuale sono intervenu-

ti fatti nuovi e straordinari, che sottoli-

neano lo sforzo che le Amministrazioni

interessate hanno fatto per la tutela e la

valorizzazione del loro patrimonio: il

centro storico di Ferrara, il territorio

provinciale e le dimore estensi sono

state riconosciute come patrimonio uni-

versale dell’Unesco.

Dalla decadenza alla rinascita: Belriguardo nel sistema delle Delizie estensi

Queste note sono tratte dalla relazione illustrativa che accompagna il progetto di restauro e recupero strutturale dell’anticaDelizia Estense conosciuta come Castello di Belriguardo, elaborato dal progettista arch. Paolo Arveda, con ricostruzioni virtuali

di Nicolò Alessandri

Voghiera vanta un posto di gran-

de rilievo nel contesto culturale

ferrarese visto come sistema

turistico locale in quanto, oltre agli

importanti siti archeologici, può vanta-

re la presenza di una delle più suggesti-

ve e per certi versi misteriose dimore

estensi del periodo rinascimentale, la

delizia di Belriguardo. Giunta fino a

pochi anni fa in condizioni di grande

di Alberto Guzzon

Finestra a bifora restaurata vista dal basso con il nuovo serramento

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VOGHIERA - DOCUMENTI 10

ficato che nell’alternarsi di un periodo

storico ad un altro le strutture preesi-

stenti dovessero apparire inadeguate ai

nuovi bisogni del momento, e quindi

fossero radicalmente trasformate o rele-

gate ad usi impropri, spesso casuali e

marginali.

Castelli trasformati in abitazioni popo-

lari, chiese e palazzi ridotti a caserme,

monumenti classici divenuti cave di

materiali edilizi, ecc., sono esempi dif-

fusi di queste situazioni.

Fortunatamente vi sono altri casi, non

meno eclatanti, che esaminati quali sin-

goli episodi edilizi si trovano a passare

quasi inosservati, inquadrati come fatti

locali, mentre se visti nel loro insieme

appaiono come un fenomeno territoria-

le assai rilevante, capace di segnare in

modo inequivocabile un paesaggio fer-

rarese, facendone un caso pressoché

unico nel panorama nazionale ed euro-

peo.

E’ il caso delle delizie estensi che, spar-

se nel territorio provinciale, offrono la

loro nobile condizione di separatezza

per nuove opportunità di attrazione e di

sviluppo turistico e culturale.

E’ importante allora che si sia indagato

storicamente il fenomeno della loro rea-

lizzazione in epoca estense, che se ne

sia diffusa una maggiore conoscenza,

affinché risultasse sempre più inade-

guato e inaccettabile il precario stato di

conservazione in cui alcune di esse si

trovavano, specialmente in quei casi

che oggi possiamo elencare tra quelli di

sventato pericolo di crollo, come

appunto quelli di Belriguardo e di

Benvignante.

Laddove se ne è approfondita la cono-

scenza, infatti, ci si è resi conto che si

trattava di vere e proprie perle dell’ar-

chitettura rinascimentale, che richiede-

vano di essere tutelate anche nel caso in

cui fossero già intervenuti nei secoli

precedenti manomissioni o restauri

malaccorti a rimuoverne elementi costi-

In questo nuovo clima di grande fervo-

re culturale, oltre al costante impegno

dell’Amministrazione Comunale di

Voghiera, altre risorse sono state reperi-

te dall’Amministrazione Provinciale di

Ferrara convogliando i progetti di recu-

pero nell’ambito dell’obiettivo 2, per il

castello del Belriguardo a Voghiera

appunto, per quello del Verginese nel

comune di Portomaggiore e per la deli-

zia di Benvignante di Argenta.

Altre volte, nei secoli passati, si è veri-

Sala delle Vigne, particolare di una delle “cariatidi”

Ala del palazzo nello stato antecedente ai lavori...

... e vista dopo i lavori

Particolare di una finestra a bifora prima del restauro

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VOGHIERA - DOCUMENTI 11

sistemazione di campi e giardini.

Alcuni dati salienti della diffusione terri-

toriale delle delizie ferraresi sono estra-

polabili da una tesi di laurea sull’argo-

mento di Luca Tosi (relatore il prof.

Romeo Ballardini – Università di

Venezia).

Da detto studio risulta che il fenomeno

Delizie è parte di un programma urba-

tutivi importanti, come interi corpi di

fabbrica, o di finitura, come gli intona-

ci originali, le antiche porte e i serra-

menti, le decorazioni e i paramenti d’o-

gni tipo, fino alla modifica del contesto

paesaggistico, dei corsi d’acqua, della

Particolare di una finestra a bifora restaurata

Sala delle vigne

Crolli nel corpo di fabbrica tra le due corti

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VOGHIERA - DOCUMENTI 12

Ricostruzione grafica al computer delle Delizie di Belriguardo, opera di Nicolò Alessandri

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VOGHIERA - DOCUMENTI 13

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VOGHIERA - DOCUMENTI 14

nistico, territoriale, quindi economico,

militare oltre che artistico, in continuo

svolgimento, che ha avuto inizio nel

1385 ed è terminato forzatamente nel

1598 con la devoluzione del Ducato

allo Stato Pontificio.

Le Delizie di Belriguardo, di

Consandolo, di Comacchio e di

Fossadalbero, edificate tra il 1435 ed il

1437, furono poste a capo di grandi

possedimenti allodiali estensi, organiz-

zati in aziende agricole. I canali ed i

fiumi sulle cui sponde i palazzi furono

eretti, costituivano le vie più veloci per

il trasporto a Ferrara dei prodotti colti-

vati nelle castalderie, ma detti percorsi

fluviali erano anche vie commerciali e

militari e le Delizie dovevano provve-

dere al loro presidio: Consandolo al

controllo del Primaro, via d’acqua in

grado di collegare Ferrara con la

Romagna estense; Comacchio a difesa

delle valli, del Porto di Magnavacca e

Planimetria storica del giardino al 1598 (tratto da una stima del Benmabri)

Planimetria catastale che evidenzia l’elevata suddivisione delle proprietà private nelle parti non comunali

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VOGHIERA - DOCUMENTI 15

progetto delle tre principali Delizie

extraurbane: Belriguardo, di Copparo e

di Comacchio.

L’ipotizzato progetto è supportato dalla

Corografia dei Ducati Estensi di

Marc’Antonio Pasi del 1571, il quale

oltre a rappresentare il citato Polesine

ormai bonificato, raffigura il circuito

murario della Mesola, iniziato dal 1578,

contemporaneamente ai lavori di

ristrutturazione della Delizia di

Belriguardo e di Comacchio, condotti

dallo stesso Pasi ed evidenziate nella

stessa Corografia.

Le Delizie di Belriguardo, di

Comacchio e di Copparo, anch’esse

proprietà’ allodiali del Duca, come

Mesola, mantengono il loro valore eco-

nomico, probabilmente pero’ non più’

in rapporto a Ferrara, ma a Mesola,

nuova città estense, nel futuro territorio

‘straniero’ dello Stato della Chiesa.

Con la Devoluzione, le Delizie della

cerchia urbana vengono abbandonate o

distrutte, quali simbolo di un altro pote-

re ed il progetto territoriale di Alfonso

II viene guastato dalla perdita di

Comacchio, delle sue valli e dal taglio

del Po a Porto Viro, effettuato dai vene-

ziani, tra il 1599 ed il 1604, per difen-

dere la laguna Veneziana. Il taglio

causò l’inevitabile ‘allontanamento’ dal

mare di Mesola, e fece così venire

meno la possibilità di affacciarsi sul

mare, condizione indispensabile affin-

ché ’Mesola divenisse città’.

Persa Comacchio con le sue valli e sfu-

mata l’ipotesi di Mesola come Porto-

Città-Delizia, a livello territoriale que-

ste imponenti strutture conservarono

solamente la funzione di tenimento,

oppure vennero completamente abban-

donate come nei casi di Belriguardo e

di Copparo.

Progetto di recupero storico-filo-

logico delle due corti dell’ex

delizia estense

A priori, l’obiettivo del progetto è in

ogni modo quello di mantenere la frui-

bilità pubblica e privata degli spazi non

costruiti, sia della prima “corte”, sia

della seconda, garantendo le funzioni

quotidiane dei residenti e al contempo

consentire lo svolgimento di quegli

eventi, di carattere culturale e sociale,

che ormai da anni hanno trovato sede

ed identificazione proprio in questo

luogo.

A supporto delle varie parti del proget-

to è stata avviata una fase esplorativa

d’indagine archeologica e conoscitiva

dei substrati superficiali delle due zone

quindi delle saline; Belriguardo fu eret-

ta sulla sponda destra del Sandolo

all’incrocio con un’importante strada di

terra, in grado di collegare la Delizia

con il Po di Primaro. Questa lunga stra-

da graficamente fu accennata solamente

nel 1571 nella Corografia di

Marc’Antonio Pasi, evidenziata con la

dicitura “vista del palazzo” e successi-

vamente dall’Aleotti nella corografia

del 1603. E’ inoltre da notare come

all’incrocio tra la strada in questione ed

il fiume Sandolo, nel 1462, Borso deci-

se di scavare una grande peschiera-

porto di cui rimane traccia ancora oggi,

di fronte al castello.

Successivamente iniziò la fase di deca-

denza, in seguito alla devoluzione del

Ducato allo Stato della Chiesa.

Ciononostante fu confermata la validi-

tà’ dell’intero sistema ‘delizioso’ della

città di Ferrara, che non fu mutato o

reinterpretato strutturalmente, ma solo

adeguato alle nuove necessita’ difensi-

ve. Mentre nel territorio esterno l’ulti-

ma fase di sviluppo si concluse con un

importante progetto territoriale che,

oltre a prevedere la bonifica del

Polesine di San Giovanni Battista, pre-

vedeva la realizzazione di un’altra

Delizia estense, quella del Castello di

Mesola e l’inserimento all’interno del

Sezione del progetto con ripristino dell’altezza necessaria a liberare lebifore da un solaio aggiunto successivamente

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VOGHIERA - DOCUMENTI 16

filologico per una rilettura contempo-

ranea dell’unicità spaziale di questa

importantissima emergenza architetto-

nica.

Gli scavi dovranno essere eseguiti in

punti prestabiliti e ritenuti nodali in

quella che doveva essere l’antica distri-

buzione planimetrica dei diversi corpi

di fabbrica ed esplorare il sottosuolo

sino ad individuare eventuali pavimen-

tazioni od elementi strutturali di fonda-

zione.

In seguito, facendo riferimento ai risul-

tati degli scavi, oltre ai predetti requisi-

ti, sarà probabilmente possibile dise-

gnare, con elementi a terra, (attraverso

variazioni delle pavimentazioni, o

mediante una diversificazione dello

spazio a verde, o ancora con una parti-

colare illuminazione artificiale), la

proiezione di quello che poteva essere

l’impianto architettonico nella sua

interezza.

L’importanza di questo progetto non è

dunque legata alla semplice necessità

d’inserire oggetti di arredo urbano,

quanto a quella di proporsi come ele-

mento unificatore d’immediata perce-

a verde racchiuse fra l’edificato, corri-

spondenti alle antiche “corti” quadran-

golari della Delizia estense di

Belriguardo: il progetto definitivo sarà

successivamente elaborato in base

all’esito di tale indagine.

La necessità di verificare, sotto lo stra-

to di riporto, la presenza di tracce o di

reperti archeologici significativi dal

punto di vista storico, documentario e

conoscitivo più in generale, dei periodi

successivi al crollo e del progressivo

stato di abbandono, potrebbe sicura-

mente aiutarci a ricostruire il percorso

Tracce di decorazioni pittoriche rinvenute sugli strati dell’intonaco originario.

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VOGHIERA - DOCUMENTI 17

getto, innanzi tutto è stata affrontata la

necessità di porre un sicuro arresto del

degrado, prevedendo almeno un inter-

vento urgente di messa in sicurezza

dell’immobile, possibilmente senza

creare vincoli ad un possibile futuro

progetto complessivo di riutilizzo, arri-

vando a concepire un intervento di

restauro strettamente conservativo

dello stato di fatto quale premessa indi-

spensabile ad ogni altro progetto.

Gli interventi proposti possono essere

elencati sinteticamente nell’ambito del

risanamento e consolidamento dell’in-

volucro e più precisamente rivolti al

riordino strutturale della copertura, alla

ricostruzione della zona del portico

crollata, sul fronte verso la seconda

corte, alla bonifica e alla ricostruzione

delle travi (considerato che questi ele-

menti costituiscono un utile riferimen-

to comparativo di quelle che erano le

dimensioni volumetriche originarie

degli ambienti interni al piano terra).

In particolare il cantiere è stato conce-

pito anche come occasione approfondi-

mento della conoscenza attraverso la

pulizia e catalogazione degli elementi

lignei del solaio lo studio e il ripristino

delle strutture murarie e i sondaggi sul

paramento e sui giunti di malta laddove

il degrado abbia prodotto disgregazio-

ne. L’intervento prevede inoltre il ripri-

stino delle eleganti bifore, con restauro

del fregio in cotto e degli ornamenti in

calcare bianco. L’operazione di ripristi-

no e pulizia di queste finestre monu-

mentali appare quantomeno indispen-

sabile sia per la necessità di consolida-

mento e protezione delle parti orna-

mentali in cotto e marmo bianco di cui

esse sono arricchite, sia per tentare di

ridare un maggiore equilibrio composi-

tivo ai prospetti. Internamente, la

rimozione parziale del solaio interme-

dio in corrispondenza delle suddette

aperture e la riproposta a tutta luce

delle bifore, garantirà senz’altro la per-

cezione dimensionale originaria di

quelli che dovevano essere gli spazi al

piano terra della Delizia.

Le indagini eseguite anche sugli ele-

menti marmorei decorativi delle bifore

riveleranno se in epoche successive,

anche recenti, su di essi sono stati ese-

guiti interventi di ripristino o restauro,

in quanto, a vista, la superficie presen-

ta delle incoerenze sia dal punto di

vista materico che cromatico.

Sala delle Vigne

L’ambiente più suggestivo per le sue

superbe superfici affrescate è la sala

delle vigne per la quale sono stati pre-

visti lavori di ripristino della copertura,

nonché di restauro e recupero delle

pareti esterne, di parte dell’ala nord-

ovest della seconda corte interna.

L’intervento è relativo ai lavori di rifa-

cimento del manto impermeabile della

copertura soprastante la Sala delle

Vigne (che ha denunciato preoccupanti

infiltrazioni di acqua piovana, dal

tetto), al recupero delle strutture prin-

cipali di copertura (capriate e travi), al

rifacimento, con sostituzione parziale

degli elementi lignei secondari, al risa-

namento dell’ambiente utilizzato come

magazzino comunale attiguo alla pre-

detta Sala delle Vigne, infine al

restauro dei paramenti murari di

entrambi i prospetti esterni.

In conclusione si ritiene che con l’in-

tervento programmato si possano otte-

nere i necessari benefici conservativi

per l’intera struttura, senza con questo

precludere o vincolare una prossima e

futura programmazione ad ampio

respiro, improntata sul recupero e sul-

l’integrazione delle parti monumentali

residue e la valorizzazione di quelle dal

più semplice carattere rurale. Sia le

une sia le altre, nella loro successione e

mescolanza danno origine e carattere

ad un insieme architettonico che appa-

re per la sua forma tipologica e per la

dimensione architettonica, come un epi-

sodio straordinario per la cultura del ter-

ritorio ferrarese, un bene da recuperare

rispettosamente senza comprometterne i

sottili equilibri fra tecnica costruttiva ed

improvvisazione empirica.

zione, per cercare di offrire nuovamen-

te ai visitatori l’equilibrio perduto nel

tempo fra l’architettura costruita ed il

luogo in cui essa si inserisce nonostan-

te l’attuale eterogeneità del contorno.

Progetto di restauro del corpo

centrale fra le due corti

La parte dell’ala sud-est estesa dallo

scalone che porta alla cappella del

primo piano sino alla mezzeria dell’an-

drone di passaggio è di proprietà

dell’Amministrazione Comunale di

Voghiera (ad esclusione di una limitata

zona di proprietà privata).

Non rientrano nella proprietà dell’ente

pubblico nemmeno le parti terminali a

sud-est, più direttamente interessate

dall’intervento e ancora abitate da

alcuni nuclei familiari e nemmeno la

parte opposta che si trova a nord-ovest,

di proprietà privata e restaurata in anni

recenti.

Nonostante la volontà del Comune di

Voghiera sia senz’altro quella di con-

vogliare tutte le iniziative in forma

sinergica verso un programma coordi-

nato ed unitario di intervento, nella

fase in cui ci troviamo, sono ancora

molti i vincoli dovuti alla proprietà

promiscua che non consentono di

affrontare un progetto organico com-

plessivo all’interno del quale indivi-

duare le metodologie d’intervento e le

possibili funzioni di riutilizzo architet-

tonico

Per quanto concerne le informazioni di

carattere storico, esse sono state appro-

fondite nel progetto generale e nel

piano particolareggiato di recupero,

depositati presso il Comune di

Voghiera e trasmesso alla Soprinten-

denza per i Beni Architettonici e per il

Paesaggio, come pure per il rilievo

dello stato conservativo e l’analisi del

degrado per il quale è stata raccolta

un’ampia documentazione dal Dipar-

timento di Architettura dell’Università

di Ferrara, tramite il Consorzio Ferrara

Ricerche.

Per quanto concerne le priorità del pro-

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VOGHIERA 19

Narrarvi di Voghiera e dei suoi perso-naggi è un piacere sottile a cui nonrinuncerei per niente al mondo.

Davvero: gli ultimi vent’anni della mia vitasono strettamente intessuti con le vicendedi questa comunità. Apparentemente son-nacchiosa, immersa com’è nella quieteipnotica della bassa padana; in realtà ribol-lente di fermenti politici e culturali di straor-dinaria intensità, come del resto ben si con-viene a genti che abitano un territorio nellecui viscere scorre la Storia, quella con laesse maiuscola. Un passato addirittura glo-rioso squadernato con (finta) nonchalancesotto l’occhio stupito del passante, il quale -indagando tra corti coloniche e androni- puòscorgere al posto degli usuali nanetti ingesso imponenti sarcofaghi in marmo colloro bel coperchio riccamente scolpito daabili artisti di un paio di migliaia di anni fa.Segni di una grandezza antica che riemer-gono dal passato con facilità disarmante:basta solo che un agricoltore decida di ararela terra ad una profondità appena appenapiù marcata rispetto al normale, che, puff!,spuntano anfore, balsamari, mosaici, cera-miche graffite, steli funerarie. Tutto meritodi un fiume dal nome invero poco nobile, ilSandalo. Oddio, fiume: probabilmente piùsimile a un rigagnolo d’acqua fangoso chead un corso d’acqua come dio comanda, ilSandalo ha fatto la fortuna di Voghiera e diVoghenza, che dal capoluogo di comune èdivisa da un pacato campanilismo e dalparco monumentale di Villa Massari, anticadinastia di conti un rampollo dei quali impal-mò Maria Waldmann, cantante lirica predi-letta da Verdi. Prima consentendo l’insedia-mento romanico di Voghenza -adeguata-mente documentato dalla straordinarianecropoli da cui provengono sarcofaghi,steli funerarie e compagnia cantante di cuisopra- cui seguì la nomina a prima sedevescovile ferrarese; e poi dando luogo, inepoca rinascimentale, alla costruzione dellaresidenza estiva più fastosa degli estensi,quella Delizia di Belriguardo che ancora cat-tura il visitatore col suo fascino ma che ai

suoi vecchi bei tempi doveva essere unacosa da rimanere a bocca aperta, se vennechiamata la “Versailles degli Estensi” e senon sono pochi gli abitanti di Voghiera pron-ti a mettere la mano sul fuoco sul fatto cheproprio Belriguardo, coi suoi favolosi giardiniacquatici dei quali si è di recente riscopertoil tracciato, ispirò i re francesi -da sempregrandi amici ed alleati della signoria ferrare-se- nella costruzione della famosa reggiaalle porte di Parigi. Vero o no che sia, fatefinta di crederci quando Luigi Randoli, entu-siasta custode del museo della necropoli,ospitato proprio nella torre di Belriguardo (ilmuseo, intendo, Randoli abita a casa sua),fra la dotta descrizione di un reperto e l’al-tro, vi racconterà la suggestiva storia. Magarivi racconterà pure, essendo agricoltore, chequi è nato e prospera il Consorzio per lavalorizzazione dell’aglio di Voghiera, e suquesto gli potete credere sulla parola. Agliofamoso e temutissimo dalla concorrenzanazionale perchè è più grosso di qualsiasialtro grazie a decenni e decenni di sapientiselezioni operate dagli agricoltori della zonae può contare su una fiera di carattere regio-nale e su di una Denominazione di OrigineProtetta in arrivo dall’Unione Europea. Conl’aglio siamo già ai giorni nostri; e ai fermentipolitici, che cominciano quando, una decinadi anni fa, il tranquillo tran tran dei governidi sinistra piena -comunisti e socialisti- vienescosso alle fondamenta da liti furibonde trai due partiti della coalizione e infine sbara-gliato da una lista civica capitanata dalla bat-tagliera Neda Barbieri. Che si guadagna ilrispetto anche degli avversari applicando unmetodo politico davvero inusuale in questitempi infelici: attenzione alle esigenze ditutti, impegno a risolvere i problemi anchepiù minuti, rispetto della coalizione avversa-ria, coinvolgimento nella gestione della cosapubblica di gente al di fuori del tradizionalecircuito dei partiti. In sintesi, l’essenza stessadella politica: governo della polis, cioè dellacomunità, così come viene spiegato neimanuali di educazione civica. Partita laBarbieri per esportare il modello Voghiera

Andrea Poli

Voghiera, la Storia, le storie

Viaggio fra sarcofaghi e varia umanità

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VOGHIERA20

La tradizionale festa di Ferragostonel cortile di Belriguardo

alle elezioni provinciali(con risultati inferiori alleaspettative, a onor delvero), cambia la guida delComune (Claudio Fioresi)ma non la maggioranza enemmeno la civiltà delconfronto fra le oppostefazioni. Succede così cheper onorare le straordina-rie doti umane di OttimoBacilieri, comunista di anti-ca data, la Giunta comuna-le, contro la quale lui hafatto campagna elettorale ,inventi la nomina diGovernatore di Belriguar-do. Lui, che abita davveronella Delizia e per tutti haun sorriso e una grappinaalla liquirizia sulla cui origi-ne è alquanto vago, com-menta così l’inaspettatoonore: “I miei compagninon mi avevano mai fattoun regalo così”. O che,all’opposto, “La voce diVoghiera”, periodico delPCI prima e dei DS oggi,diretto con venature cesa-riste dall’amico MarioGessi, che quest’anno festeggia i diciassetteanni di pubblicazioni (a proposito, Mario:complimenti), lungi dall’essere un grigiobollettino di partito sia in realtà un vero epulsante giornale del territorio, che dà vocea tutti, esponenti della maggioranza e del-l’opposizione, che pubblica senza censuraalcuna i lavori dei ragazzini delle elementarie delle medie e che financo in campagnaelettorale, a dispetto del conclamato settari-smo del direttore, ha offerto cinquanta righeal candidato dell’Ulivo e altrettante -e nonuna di meno- a quello della lista civica. Inquesto clima non stupisce che, quando c’èda rimboccarsi le maniche, capiti di vederegente che sta da una parte e dall’altra suda-re di comune accordo ai fornelli per lemagnifiche sorti e progressive delVoghierese; la tradizionale festa diFerragosto nel cortile di Belriguardo, adesempio: mille e trecento pasti in una solaserata non sono uno scherzo. Trascorrendoai fermenti culturali, cito per brevità due for-mazioni musicali, entrambe frequentate dalsindaco Claudio Fioresi che qui, in veste diottimo trombettista, può giustamente van-tarsi di suonarle a tutti. La Banda Filarmonicadi Voghenza, che sopravvive, sia pure fra

mille e una difficoltà, da oltre centocinquan-t’anni; attualmente diretta da AntonioSovrani, che viene dall’estero (Gambulaga,frazione di Portomaggiore) e al quale final-mente riuscirò forse a scucire, grazie allapresente citazione, un caffè. Che ha una suascuola per insegnare la musica ai giovanissi-mi; e che ai concerti può schierare, fidanza-te permettendo, una quarantina di fiati dietà variabile tra i quattordici e i novant’anni.Inutile specificare che la storia delle fidanza-te decima soprattutto le giovani leve, essen-do quelle -diciamo- più stagionate felicissi-me di sfuggire per una sera alle grinfie dellemogli e le mogli altrettanto felici che i loromariti si levino dai piedi anche solo perqualche ora. Chi è sposato da tanto (dicia-mo almeno un paio di mesi) sa di cosaparlo. E una formazione di fiati eccelsa, laBig One Band diretta da Massimo Rubbi,che è composta da un due dozzine abbon-danti di musicisti diplomati al conservatorioe che è capace di far innamorare di unamusica difficile come il jazz persino un ossoduro come il sottoscritto. So per certo chequalcuno mi si arrabbierà per non aver cita-to gli spettacoli di Estate a Belriguardo, maquelli li conoscono tutti, che gusto c’è.

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Il nuovo anno dovrebbe portare la tanto atte-sa Dop (Denominazione di origine protetta)per l’aglio di Voghiera. Dopo un iter iniziato

un paio di anni fa finalmente siamo in diritturad’arrivo. La Dop impone che la produzione ela trasformazione avvenga nel territorio checomprende il comune di Voghiera e parte deicomuni di Ferrara (Gaibanella e Cona) ePortomaggiore. Da quattro anni è attivo ilConsorzio Aglio di Voghiera. Il Presidente èAlessandro Benini. Ventiquattro le aziendeagricole aderenti per un totale di una qua-rantina di ettari e quattromila quintali di pro-dotto.Non è questa però l’unica novità per un pro-dotto che vede la produzione del 50% dell’a-glio ferrarese nel comune di Voghiera.Il consorzio avrà nei prossimi mesi una nuovasede nel cosiddetto Borgo delle Aie di Gualdosulla via Provinciale di fronte alla zona artigia-nale. Si tratta di un complesso di sei cascinali eun’enorme aia di proprietà della FondazioneNavarra. Grazie ad un accordo tra la stessaFondazione, Ferrara Frutta e il ConsorzioProduttori Aglio il luogo diventerà un centro diformazione agricola e commercializzazione deiprodotti tipici e centro per manifestazionioltre alla sede dello stesso Consorzio dove tro-verà sede il laboratorio di lavorazione e lo stoc-caggio dell’aglio oltre ad una sala riunioni ed aivari uffici.Ricordiamo che il Consorzio ha messo apunto, in collaborazione con la Regione, un

progetto per la tutela dei diritti dei consumato-ri che ha lo scopo di indicare sull’etichetta delprodotto, la caratteristica della rintracciabilitàdella produzione, un sistema che garantisce laqualità di provenienza del prodotto e la qualitàdella lavorazione fino al raggiungimento dellatavola del consumatore.Il Consorzio parteciperà anche nel 2005 avarie manifestazioni sia locali che nazionali.Riconfermato l’oramai tradizionale sagra del-l’aglio che si svolge in luglio nella stupenda cor-nice della Delizia del Belriguardo. «Stiamo pen-sando di partecipare a manifestazioni enoga-stronomiche di carattere nazionale - spiega ilpresidente Alessandro Benini - magari allaBiteg di Riva del Garda o al salone del Gustodi Torino al fine di dare una maggiore visibilitàal nostro prodotto che da qualche anno a que-sta parte è sempre piu’ apprezzato anche al difuori dei confini strettamente provinciali». Datempo è in atto una collaborazione tra ilComune di Voghiera e l’Università di Ferrara, inparticolare con la cattedra di Chimica degli ali-menti, professor Vincenzo Brandolini, chesegue le varie fasi del processo produttivo.«L’aglio di Voghiera - conclude AlessandroBenini - rappresenta quel prodotto di nicchiache, nel nostro territorio, ha permesso alleaziende produttrici di avere fino ad oggi unreddito garantito». Voghiera è uno dei due cen-tri tipici di produzione dell’aglio per eccellen-za. L’altro è Monticelli d’Ongina in provincia diPiacenza.

VOGHIERA 21

In arrivo la tanto attesa DOP perl’aglio di VoghieraFoto: Paolo Zappaterra (tratto da“Agenda Gastronomica”, 1996,CCIAA Ferrara)

MaurizioBarbieri

In arrivo la D.O.P. per l’aglio di Voghiera

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VOGHIERA22

Isabella Masina

L’azienda florovivaistica Quarella

Il settore agricolo del comune diVoghiera, in una realtà economica inmovimento ed in un mercato agricolo

sempre più globalizzato, si orienta versonicchie di produzione differenziate rispettoalle colture tradizionali cerealicole e frutti-cole. Non a caso questo territorio vantaun’elevata concentrazione di aziende flo-rovivaiste.Abbiamo incontrato alcuni di questi ope-ratori e chiesto loro come hanno intrapre-so quest’ attività e quali sono le proble-matiche relative alle produzioni intensiveche sviluppano nelle loro realtà aziendali.

Cristina Quarella è componentedell’Azienda florovivaistica a condu-zione familiare “Quarella Graziano”

Da chi è composta la vostra Azienda e daquanti anni svolgete quest’attività?L’Azienda di famiglia è nata, per scommes-sa, circa quindici anni fa. Nostro padre par-lando con un amico disse: “Vedrai cheriesco anch’io a fare le stelle di Natale”.Così abbiamo costruito la prima serra; l’an-no seguente le serre sono diventate due,per una produzione complessiva di quat-trocento stelle di Natale. Mio padre sioccupava della serra più grande ed io diquella piccola.Così è nata la nostra passione: è davvero

una grossa soddisfazione coltivare e farcrescere una pianta per poi vendere unprodotto di ottima qualità, anche se c’èmolto da lavorare. Abbiamo serre di varie dimensioni per un

totale di sedici.Siamo passatidalle quattrocen-to stelle dei primianni ad una pro-duzione di seimi-la-settemila pian-te dello stessog e n e r e .Attualmente, adoccuparci delleserre, siamo inquattro fratelli,più nostra madre.

Come mai, così giovani, avete sceltoquesto tipo d’attività e quanto vi impe-gna?Abbiamo tentato di costruire un’attività checi consentisse di lavorare tutto l’anno.Durante l’estate ci occupiamo del terrenocoltivato, tredici ettari in parte di proprietàed in parte in affitto, durante l’inverno cidedichiamo alle serre, aperte da aprile aottobre. Tra le due attività prevale, comun-que, la floricoltura: per quanto impegnati-va, rende di più. Per una famiglia numero-sa come la nostra l’agricoltura non dà suf-ficiente reddito. Se non avessimo intrapre-so l’attività di florovivaismo, alcuni di noiavrebbero dovuto cambiare lavoro.Nei periodi in cui le richieste sono mag-giori, come il periodo dei crisantemi, svi-luppiamo meno attività nell’azienda agri-cola, ed arriviamo a lavorare in serra ancheventi ore al giorno.

Che tipo di prodotti trattate?Noi produciamo sia fiori che ortaggi, inparticolare pomodori, meloni e cocome-ri. La nostra produzione floreale si aprecon i ciclamini, seguono i crisantemi, lestelle di Natale, le viole, le primule ed infi-ne i gerani. Inoltre, trattiamo tutti i tipi difiorito annuale: come petunie e begonie,per citarne alcune. Grazie ad alcuni finan-ziamenti statali, oltre ad aver costruitouna nuova serra, abbiamo ampliato l’atti-vità investendo in tecnologie comeattrezzature innovative per la semina e itrapianti. Ciò ha consentito di aumentareconsiderevolmente la produzione: graziealle meccanizzazioni introdotte, infatti, èstato possibile quintuplicare la quantità diprodotti realizzati ogni giorno.

Quali aspettative avete per la vostraAzienda?Per il momento non ci sono segnali chefacciano presumere uno stop. Ci aspettia-mo, quindi, che il florovivaismo continui agenerare i profitti attuali se non addirittura,incrementarli. Per tale motivo, una delleopzioni da noi presa in considerazione èquella di ampliare, indubbiamente nellungo periodo, l’attività.

Una scommessa per il futuro diVoghiera

Il settore florovivaismo, una interessante “nicchia” di produzione agricola

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Auro Lazzari è il proprietario di“Vitaverde” una piccola Azienda floro-vivaistica di Voghiera

Com’è nata l’idea di intraprendere l’attivi-tà di florovivaismo? La nostra attività è iniziata nel 1997.Attualmente me ne occupo con l’aiuto dimio padre e di un dipendente. L’Azienda è composta da tre unità, per unasuperficie di 1.200 mq di coperto, oltre aduna parte esterna a vivaio in cui si coltiva-no varietà differenti di piante, come arbu-sti, magnolie, pini e piante ornamentali ingenere, fino al momento del trapianto inun luogo stabile.L’idea di aprire un’attività del genere ènata, in un primo momento, per inco-scienza. Allora le piante erano un hobby,ma, finito gli studi, ho intrapreso quest’atti-vità, per trasformare la mia passione inlavoro, senza focalizzarmi troppo sull’a-spetto economico.

Che tipo di problematiche ha dovutoaffrontare per intraprendere l’attività?L’attività è iniziata in modo sperimentale,non ho fatto indagini di mercato.Le difficoltà più consistenti che abbiamoincontrato sono state nel modo di colti-vare le piante, in quanto nessuno, infamiglia, si era mai occupato di florovivai-smo.Ci siamo, quindi, avvalso delle consulen-ze di un tecnico. Soprattutto nei primiperiodi di attività è stato fondamentale:sarebbe stato impossibile improvvisarsifloricoltore. La consulenza è di vitaleimportanza per ottenere un prodotto diqualità, appetibile sul mercato.

Ha avuto difficoltà nel trovare un propriospazio sul mercato?La realtà florovivaistica del territorio con-sente ancora di instaurare rapporti tra idiversi produttori; personalmente non hoavuto grandi difficoltà a crearmi una clien-tela, ovviamente del luogo. E’ una que-stione di offerta e di servizio: il cliente vacurato con una certa attenzione.Sappiamo benissimo quanto sia difficile,soprattutto per un’attività di piccole dimen-sioni, crearsi un proprio pacchetto clienti.Si tratta, giustamente, di affrontare la situa-zione con questi presupposti; in conclu-sione, posso sostenere che l’attività è beninserita nel settore di produzione e vendi-ta di piante.

Da chi è composta la vostra clientela?Esiste un mercato prevalente?

Il target cui ci rivolgiamo perla collocazione delle piantedi vivaio sono privati inte-ressati ad alcuni lavoretti faida te e, quindi, all’acquistodi piante da sistemare ingiardino. La clientela è, inconclusione, limitata a que-sta tipologia. Non abbiamo un mercatoprivilegiato, la percentualeper la vendita al dettaglio oall’ingrosso, come movi-mento di materiali, è lastessa. In azienda produciamotutto il ciclo del fioritoannuale. Per quanto riguar-da le produzioni più consi-stenti numericamente par-tiamo dalle primule a gen-naio, poi gerani e tutti i pro-dotti tipici della stagione pri-maverile, infine ciclamini estelle di Natale. A fianco di essi abbiamotanti piccoli prodotti, definibili “di nicchia”,per differenziare la produzione e per offri-re un maggiore assortimento.

Cosa si aspetta, nel futuro, dalla sua atti-vità?Penso che, se l’andamento è quello attua-le, sarebbe già un buon risultato mante-nere questi livelli di produttività. Non credoci sia, al momento, la possibilità di un’e-spansione, almeno nel mio caso. Alla base di un eventuale ampliamentofuturo vi è la necessità di accrescere il mer-cato di riferimento; sarebbe, infatti, contro-producente produrre più di quello che sivende; attualmente però, secondo il mioparere, ciò che impedisce ai florovivaisti diaccrescere la loro azienda è la forte dipen-denza dalla clientela fissa.La situazione è, in conclusione, abbastan-za stazionaria, anche se ci sono, logica-mente, anni in cui i livelli di produzione dialcune piante variano sensibilmente; sullabase, soprattutto, delle richieste e dei risul-tati ottenuti l’anno precedente.

Tecnoverde Azienda Agricola di BonoraRenzo e Tecnoverde Landscape &Garden di Bonora Rodolfo

Rodolfo Bonora ci parla di “TecnoverdeAzienda Agricola di Bonora Renzo” e dellasua “Tecnoverde Landscape & Garden”,impegnate nella progettazione e realizza-zione di opere verdi.

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I floricoltori espongono le lorocomposizioni sul “listone” diFerrara

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Quando è nata la vostra Azienda?L’attività è stata iniziata molti anni fa da miopadre, l’Azienda era prima completamentefrutticola poi si è trasformata in azienda flo-ricola con la costruzione di serre, quindicolture protette. Dopo di che si è spostatasulla coltivazione di piante da esterno,vivaismo da esterno e contemporanea-mente si è iniziato con la realizzazione emanutenzione di opera verde in generale.Quest’ultima adesso è l’attività prevalente.

Quali attività svolgete?Noi lavoriamo in tre settori tra loro correla-ti: Tecnoverde Vivai si occupa della produ-zione di piante da esterno per la realizza-zione di giardini, quale attività prevalente, epoi “annuali fiorite” e piante da interno.Tecnoverde Landscape & Garden realizzagiardini, comprese tutte le opere comple-mentari, gestisce aree verdi in genere,costruisce impianti di irrigazione ed infineoffre servizi di potatura e abbattimento dialberi di grosse dimensioni mediante tec-niche quali il tree-climbing e la piattaformaaerea. Tecnoverde Studio Di Paesaggistica,attività in cui io stesso metto a disposizio-ne le mie competenze specifiche sui temidella paesaggistica, per consulenze allepubbliche amministrazioni sul verde orna-mentale, la progettazione di giardini perprivati, e l’insegnamento presso ScuoleProfessionali del settore.In occasione della visita della Regina diNorvegia a Ferrara, abbiamo realizzato unallestimento temporaneo per conto delComune di Ferrara.

Qual è il vostro mercato di riferimento?In un primo momento ci occupavamo siadi vendita al minuto che all’ingrosso. Daquando si è sviluppata l’attività di realizza-zione di opera verde ci occupiamo solo divendita al minuto. La produzione di pianteda interno e di annuali da fiore è diminui-ta come importanza, ed è dedicata preva-lentemente al mercato locale. Noi puntia-

mo soprattutto sullanuova attività per la qualeabbiamo investito inmodo consistente anchedal punto di vista dellaformazione.

Ritiene che il vostro setto-re sia in espansione?Personalmente penso disì, soprattutto per la pre-senza dei primi segnali diriconoscimento della pro-fessionalità in questo set-

tore, impensabile alcuni anni fa. Inoltre, losviluppo dell’edilizia residenziale ha favori-to l’aumento delle richieste di realizzazio-ne e manutenzione di aree verdi.L’interesse verso il settore sta aumentan-do, in base alle necessità di progettazionee realizzazione di aree verdi, mentre, inalcune zone del nord Italia, il settore è con-solidato da diversi anni. Per contro, laddo-ve la cultura del bello è più consolidata siha una concorrenza molto più spietatarispetto alla nostra.Il problema attuale è prevalentemente lacarenza di manodopera.Purtroppo sono sempre meno le personeinteressate a questo tipo di lavoro. Almomento abbiamo due extracomunitari,anche in questo settore, infatti, la mano-dopera straniera sta entrando prepotente-mente, mancando quella locale.

Quali sono i suoi obiettivi?Ottenere una crescita graduale e sosteni-bile per le nostre capacità di investimentoe spero soprattutto che possa maturare lamentalità del consumatore, dell’utentefinale sia a livello pubblico che privato.

Michele Boarini è il proprietario diuna grande azienda florovivaista:“Floricoltura Boarini”

Mi può raccontare come è nata la suaAzienda?L’Azienda nasce nel 1987. Un elementoimportante, che ha caratterizzato la nascitadella nostra attività, sta nel fatto che, primadi iniziare a produrre, Ci siamo preoccupa-ti di crearci un mercato. Ciò è abbastanzainusuale in quanto un agricoltore, solita-mente, si mette a produrre sperando divendere i suoi prodotti. Innanzitutto abbiamo individuato i merca-ti; i prodotti al momento non disponibilivenivano acquistati. Abbiamo puntatomolto sui servizi, per servizi intendo inoleggi e i servizi di vario genere rivolti ainegozianti; ci siamo accorti, infatti, che irivenditori avevano necessità di averesempre un prodotto fresco, quindi unarotazione molto veloce. Il nostro intento èstato, per tutti questi motivi, quello di daresicurezza al commerciante, di proporresempre un prodotto qualitativamenteeccezionale, bello, nel momento in cuiconsumatore finale ne fa richiesta. Perché,proprio per vocazione, piante e fiori si ven-dono solo per la bellezza.Le prime difficoltà sono state legate alla

limitata conoscenza del settore, tali pro-blematiche si sono risolte nel momento in

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cui abbiamo creato un mercato, e quindiun pacchetto clienti che richiedevano ser-vizi, attivando, così, la produzione inAzienda.

L’idea di occuparsi di floricoltura nasce perpassione o per la volontà di costruire unapropria attività?Per entrambi i motivi. La mia famiglia lavo-rava già in questo settore, non specificata-mente nella floricoltura, la loro azienda,tuttora esistente, è più votata alla orticoltu-ra. Io sono cresciuto in azienda, il mestie-re mi piaceva; e poi ha contato moltoanche la voglia di fare, perché a vent’annidi voglia di fare se ne ha tanta.Essendo partito con un’Azienda in affitto,le difficoltà sono state prevalentementelegate all’erogazione di prestiti da partedegli istituti bancari. Mancando le garanzie,per un giovane come me, partito comple-tamente da zero, è stato difficilissimo. Gliistituti bancari hanno cominciato a farmicredito quando ho acquistatoquest’Azienda.

Alcuni problemi attuali?Ci sono alcune difficoltà di tipo gestiona-le. Essendo l’unico responsabile è miocompito seguire in maniera diretta ogniaspetto della produzione e distribuzionedei prodotti. Inoltre, ogni anno, abbiamoun incremento delle richieste, e quindidella produzione, in media del 30-40%.È molto, per certi versi troppo, in quantodifficile da sostenere economicamente.Ciò comporta molti sacrifici. Tuttora iovivo in Azienda, faccio da custode e lanotte devo tenere sotto controllo gliimpianti non ancora tutti automatizzati.Sabato e domenica ricevo gli arrivi dall’e-stero e quindi, gran parte del mio tempo,lo passo qui. Le difficoltà sono, come hodetto, molteplici, è comunque mia inten-zione tentare di trasferirmi in paese eassumere un custode per migliorare lamia qualità di vita.

Trovare un proprio spazio sul mercato, alivello competitivo, è stato un problema?Non è stato un problema perché quandoho iniziato, negli anni Ottanta, non eranoin tanti a voler intraprendere quest’attività.I primi anni, con i miei mezzi, ho giratotutta Europa cercando dei fornitori. Oggi lacompetizione è forte a livello nazionale,dove ci sono città con bacini d’utenzamolto più grandi rispetto alla nostra, lì leaziende hanno avuto molte più opportu-nità di crescere e, di conseguenza, sonodiventate molto più forti. La competizione

è anche più spietata a causa di politichedel passato che hanno favorito questofenomeno. Inspiegabilmente ci sonoaziende di città collocate fuori dal nostroterritorio, ad esempio di Latina, cheriescono a portare i loro prodotti da noi aprezzi più vantaggiosi dei nostri, che pro-duciamo sul luogo, nonostante i costi deltrasporto. Considerando che, il trasportodella pianta, incide mediamente nellapercentuale del 15-20% sul prezzo divendita. Ciò significa che, queste aziende,riescono a produrre a costi inferiori.Questo è uno dei grossi guai che ha crea-to questo sistema economico.

Esiste qualche produzione su cuil’Azienda si sta specializzando?

Gli articoli di punta che vengono prodottisono di tipo stagionale: ad esempio gera-ni, ciclamini, stelle di Natale e, in genera-le, i prodotti destinati alle ricorrenze. Ilnostro punto forte sta nell’aver individua-to, in partenza, il nostro mercato, infatti, laproduzione non è mai stata sufficienteper accontentare le richieste dei clienti.Per tale motivo l’Azienda ha aumentato lesue dimensioni.In ogni caso non pensiamo ad una pro-duzione specializzata, ci siamo sempreproposti come un’Azienda flessibile aseconda delle esigenze di mercato.Abbiamo dei progetti su un certo tipo diprodotto: stiamo pensando ad un tipo dipianta aromatica, biologica, rivolta allemassaie, da poter tenere sulla finestradella cucina, in modo da fornire aromati-che fresche all’occorrenza e, quando fini-sce, sarà possibile acquistarne la ricaricabiologica in negozio o al supermercato.

Ha alcune esperienze o iniziative impor-tanti che ci vuole raccontare? Un’esperienza significativa dal punto divista lavorativo risale ad alcuni anni fa.Insieme ad altre persone abbiamocostruito, in una comunità di tossicodi-pendenti gestita dall’USL, un’area in cuifacevamo lavorare i ragazzi in una serra, iofornivo loro le piante, gli insegnavo il lavo-ro, loro producevamo e acquistavo i loroprodotti per rivenderli. Il progetto è duratoquindici anni poi, purtroppo, la comunitàè stata chiusa. È stata un’esperienzamolto importante per me.Tra le iniziative più recenti voglio ricordarela costituzione, insieme ad un’altra azien-da del settore floricolo, di un consorzioche gestisce rapporti con importanti cen-tri di distribuzione.

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Presso il municipio di Voghiera sonoconservati due dipinti inediti del 1777,provenienti dalla villa Massari di

Voghenza e donati in anni recenti da MariaTeresa Massari. Olii su tela, essi misuranocm 80 x 60 e raffigurano i cugini Giovannie Vincenzo Massari: sono stati solo citati daLucio Scardino nel suo recentissimo volume“ La collezione d’arte di Antonio Santini”(pag. 25), ma mai pubblicati. Vengonoquindi riprodotti in questo numero della“Pianura” con una scheda biografica sugli

importanti effigiati, tratta dal librodi Valentino Sani “La rivoluzionesenza rivoluzione. Potere e societàa Ferrara dal tramonto della lega-zione pontificia alla nascita dellaRepubblica Cisalpina (1787-1797)”, edito da Franco Angeli aMilano nel 2001, secondo classifi-cato al “Premio Niccolini” nel 2003.

Giovanni Massari (1758-1837)Mercante. Nato a Ferrara da Antonioe Teresa Travagli. Volontario dellaprima Guardia civica ferrarese nel-l’agosto 1796, fu tra i 30 deputati alprimo congresso cispadano diModena. Durante la Repubblicacisalpina fu membro del Consiglio

amministrativo della GN di Ferrara e capobattaglione della stessa. Deputato ai comizi

di Lione, morì in seguito a Milanonella propria residenza di PalazzoBelgioioso nel 1837. Sposò la con-tessa Beatrice Aventi e, in secondenozze, la contessa Bianca Garbini.Cfr. archivio Storico Comunale diFerrara, Bandi IV, 76/V, 64/XIX, 51;Militari e guerre, b. 465: Guardianazionale.Atti (1796-98); elenchiGN, legione prima, battaglionesecondo; I deputati emiliano roma-gnoli ai comizi di Lione, a cura diFranco Boiardi, Bologna, 1989,p.156; C. Zaghi, L’Italia diNapoleone p.478 dalla Cisalpina alRegno, Torino,1986.

Vincenzo Massari (1759-1832)Mercante. Nato a ferrara da Gianbattista eVittoria Casoni. A scritto alle accademie degliIntrepidi (1783) e degli Ipocondriaci(1787), dalla fine di luglio 1796 all’agosto1797 fu a Parigi come membro della depu-tazione ferrarese presso il Direttorio.Durante la Cisalpina fu a Milano nelConsiglio degli Juniori del CL fino al colpo distato del generale Brune. Tornato a Ferrarain ottobre, vi rimase anche in seguito, puressendo stato riconfermato nella preceden-te carica dall’ambasciatore francese pressola Cisalpina, François Rivaud. Nell’aprile1799 venne inviato in missione a Milanoinsieme a Vincenzo Bertelli, in qualità dideputato dell’AC del Basso Po presso ilDirettorio cisalpino. Deputato ai comizi diLione del 1802, negli anni del Regno d’Italiafu consigliere del primo distretto del BassoPo, membro del Collegio elettorale dei pos-sidenti e cavalieri della corona ferrea.Durante la restaurazione pontificia vennecreato conte sotto il pontificato di Leone XII.Morì a Ferrara il 6 maggio 1832 a 73 anni,dopo aver fatto parte del governo provviso-rio rivoluzionario ferrarese durante i moti delfebbraio-marzo 1831. All’inizio del 1798aveva sposato Teresa Zagaglia, figlia delmarchese Carlo, dando così vita al ramo deiMassari-Zavaglia, poi insignito del titoloducale. Cfr. Ferrara, Ariostea , Pasi Famiglie.B.14, fasc.955; Massari, b. 8c, fascc. 1-5 eall. 1-2; R.Belvedere, La deputazione ferra-rese a Parigi…, in “Nuova rivista storica1950,f.6, pp.1-28; I deputati emiliano-romagnoli …, cit.,pp.157-158 ( la data dinascita figura erroneamente posticipata dalBoiardi al 1760); (G.Mazzolani), Diario fer-rarese per l’anno 1809, p. 42; C. Zaghi,L’italia di Napoleone…, cit.,p.478; C.Zaghi,Lamissione …,cit.; (G.Mazzolani), Diario delbasso Po per l’anno 1831, Ferrara s.d., p.27;Bcafe, Mss. Classe I, 682:Giornale dal 1823al 1827, 24 agosto 1824; F. Quintavalle, Unmese di rivoluzione a Ferrara, Bologna1900; Registri dei morti, ad datam.

Vincenzo Massari

Valentino Sani

Due ritratti inediti a Voghiera

Giovanni Massari

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Enoi giochiamo! Non vogliamo micaperdere la felicità, almeno quelpoco che il mondo oggi ci lascia.

Siamo insieme da trenta e passa anni econtinuiamo a giocare e sapeste come èbello! Si fa così: si spegne la televisione, anzinon si accende nemmeno, si va nellaboratorio che ti sei ricavato in un ango-lo della casa, qui le mani cominciano amuoversi, plasmano, saldano, fondono,tagliano, incollano, dipingono ed alla finenasce una cosa che prima non c’era.Una magia. Occhio però qui il modellismo è ricerca storicae tecnica, non cercate navi nelle bottiglie.Cominciammo che non c’era ancora il divor-zio, non c’erano nemmeno le Regioni, e passi,ma perdere quattro a uno col Brasile questosecca. Cominciammo a Ferrara ma non si èmai profeti in Patria. Ma “Patria est ubicumqueest bene “ la Patria è dovunque si sta bene. Enoi stiamo bene qui dove ci hanno aperto leporte, mentre altrove si chiudevano, offrendo-ci un’occasione.Il museo era una vecchia scuola, andandocialla mattina presto, nel silenzio, senti ancora lacampanella ed il frusciare delle scope dei

bidelli, ma poi i fantasmi si dissolvo-no, nel laboratorio si accende il sibi-lo del tornio, mentre al piano terre-no sbuffa il treno che cammina fra lemontagne catturando gli occhionidei bambini increduli che salviamo,per alcuni minuti, dal rincretinimen-to dei videogiochi.I visitatori più attenti ci chiedono l’o-rigine dei modelli e degli arredi. Imodelli vengono da mezzo pianeta,ma vetrine ed allestimenti sono natitutti qui. Abbiamo tolto il guinzaglioalla fantasia e questa ha cominciatoa correre lungo i muri e su e giù perle scale riempiendo dei suoi coloriquanto toccava: scherzi, giochi,dipin-ti e ghirigori alle pareti, vetrine, tantevetrine, piene di navi, aerei, auto edantichi guerrieri,una fornita biblioteca

ove documentarsi, scene della vita estensecon armigeri dalle coloratissime vesti. LucreziaBorgia cavalca la sua mula fra due ali di folla eva al matrimonio col nostro Duca, transitandodavanti alla chiesa di S. Antonio Abate, men-tre il Nautilus del capitano Nemo mostra i rostrimicidiali alla nave fluviale dei Signori di Ferrara,che se ne beffa, perché chiusa in un’altra vetri-na. Le auto da record vicine l’una all’altra scal-dano i motori mentre assumono sempre piùle sembianze di missili, pronte ad incidere ilsuolo, con ruote come lame, in lontani laghisalati.Un vecchio baule da viaggio di un ufficiale del-l’aeronautica contiene la nostra bandiera, madi fronte, gareggia in colori quella inglese,impressa sui motoscafi da record di Campbell,

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Modelli ed arredi contenuti nelmuseo

Roberto Donati

L’isola che non c’è

“Il bambino che non gioca non è un bambinol’adulto che non gioca ha perso per sempre la felicità.”

J.L.Borges

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Segrave e Cobb, lampi sull’acqua, spuma finecome nebbia, sfida al pericolo. Nel laboratorio si scaldano i fornelli per fonde-re il piombo, versato negli stampi diventerà unsoldatino. Sul tavolo della biblioteca i progetti

di una nave russa degli inizi del secolo: com-passi, calibri e l’elenco dei materiali da com-prare, fra qualche mese galleggerà nel laghet-to del giardino, piccolo specchio d’acqua in cuisi protendono i rami di giovani salici, ed in cuisi specchia il melo cotogno, che dà tutti gli annii frutti per la marmellata che Mene prepara eche consumiamo con qualche visitatore amezzo pomeriggio, raccontando le nostre sto-rie con un sorriso. Perché “Chi non sa sorride-re non apra bottega” dicono i cinesi. I pittori roteano lentamente nelle mani il bustodi un guerriero acheo o di un conquistatorespagnolo e nell’aria si spande il profumo deicolori ad olio, un curioso segue i lavori coninteresse, lontano qualcuno segnala la presen-za in una vetrina proprio della Fiat 500 dellasua gioventù, quella con cui andava sul Po conMirella. Altri sfogliano i libri delle presenze, sor-ridono leggendo i commenti e vengono attrat-ti dalle firme importanti: quelle di una delega-zione della Syracuse University, che è venutain sopraluogo, dato che devono progettare unmuseo del giocattolo, i figli di Ettore Bugatti, ilRettore dell’Università Lateranense, dopo quel-le di una III° F, l’autografo del Vicepresidentedella Camera dei Deputati e gli schiribizzi deigiapponesi. Già, i giapponesi; e pensare che invia Vignatagliata forse non ci conoscono.Sopra si spegne il tornio e si abbassano le luci,anche questa settimana è finita, domani sitorna a correre, senza sapere perchè, ma l’ap-puntamento è qui per la prossima apertura.Siamo fieri di gestire questo angolo di serenità,questo museo unico al mondo, rifugio e ripo-so per poche ore per noi e per chi ci visita,un’isola lontana, la nostra “Isola che non c’ è.”

Grazie Borges.

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Sono trascorsi più di due anni daquel 13 dicembre, Santa Lucia,quando nel Museo Civico di

Belriguardo, si è compiuto un ulterioree significativo passo avanti nella qualifi-cazione dei Beni Culturali del Comunedi Voghiera, nonché nella direzione diulteriori possibilità di fruizione culturalee turistica per i meno fortunati. Il pro-getto per i non vedenti, infatti, portatoa termine dall’ assessorato alla Culturain stretta collaborazione con l’UnioneItaliana dei Ciechi di Ferrara e con ilcontributo anche dellaAmministrazione Provinciale, è ancoroggi uno dei pochissimi esistenti sulterritorio nazionale per il settorearcheologico e l’assessorato ricevespesso richieste di informazioni da altriEnti Museali che vogliono dotarsi dianaloghi percorsi. Il progetto è scaturi-to dalla necessità di far si che le strut-ture preposte alla conservazione edalla divulgazione della cultura possanofinalmente essere seguite ed apprezza-te anche da utenti portatori di handi-cap particolari e fortemente invalidanticome appunto la cecità. Questa realizzazione ha quindi reso acces-

sibili le informazionisui principali Beniarcheologici e sulTerritorio anche ai nonvedenti, in un percor-so di visita apposita-mente strutturato perloro, nella partearcheologica delmuseo civico diVoghiera dedicata allanecropoli romana diVoghenza (I-III secd.C.), in cui i visitatoriseguono una banda arilievo posta sul pavi-mento con segnali disosta particolari neipunti di interesse,

dove si può usufruire di spiegazioni in alfa-beto Braille ed audiocassette, nonché toc-care con mano le riproduzioni dei principa-li reperti contenuti nelle bacheche delmuseo, come le lucerne, i balsamari, leceramiche ed i materiali da costruzione. Lungo il percorso di visita sono ancheappositamente segnalate e facilmenteaccessibili al tatto tutte le iscrizioni funera-rie del museo ed i marchi laterizi riprodu-centi il nome della fornace fabbricante edell’Imperatore regnante. Un viaggio neltempo della durata di circa un’ora che, aparere di chi lo ha provato, risulta estrema-mente suggestivo e valido dal punto divista anche dell’apprendimento e quindidell’arricchimento culturale di chi lo com-pie. La struttura è inoltre dotata di materia-li stampati a fortissimo ingrandimento perfavorire così la vista anche agli ipovedenti.Il percorso fu inaugurato significativamentenel giorno della Santa Patrona dei nonvedenti alla presenza del Sindaco di allora

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A sinistra, il Presidentedell’Unione Ciechi MarcoTrombini con l’assessore Prof.Ottorino Bacilieri

Ottorino BacilieriAssessore alla cultu-ra del Comune diVoghiera

Un percorso tattile all’avanguardianel Museo Civico di Belriguardo

Turismo accessibile anche per i non vedenti

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Neda Barbieri, dell’Assessore provincialealla Cultura Rita Cinti Luciani e delPresidente dell’Unione Ciechi di Ferrara,Marco Trombini che ha tagliato il nastroinaugurale con l’aiuto di chi scrive, investe di Assessore alla Cultura, quindi harivolto toccanti parole di ringraziamentoper la sensibilità e l’attenzione riservatada Voghiera ai disabili, affermando ancheche da oggi noi ci sentiamo un po’ menociechi e più simili agli altri.Il museo di Voghiera si pone quindi ad unlivello straordinario di fruizione e sicura-mente all’avanguardia anche in camponazionale ed è oggetto di una intera pagi-

na nel sito internet www.superabile.it chesi occupa specificamente del mondodella disabilità.In questi due anni di attività il museo èstato meta di numerose visite di nonvedenti, anche bambini, e si sono svoltesignificative giornate dedicate a loro,come la presentazione ufficiale del per-corso alle associazioni ciechi dell’EmiliaRomagna e delle Regioni limitrofe, chehanno potuto così anche usufruire deimeravigliosi spazi dell’antica corte esten-se di Belriguardo, non disdegnandoanche l’assaggio di alcune specialità tipi-che ferraresi.

Il museo offre ai non vedenti unlivello davvero straordinario difruizione

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Una “vetrina” di arte, spettacolo e valorizzazione dei prodotti tipici

La ex reggia estense di Belriguardo ospi-ta ogni estate una rassegna di spettacolied eventi che hanno contribuito nel

tempo ad attrarre la pubblica attenzionesullo storico manufatto e rafforzato le ragio-ni di un suo indispensabile recupero. “Estatea Belriguardo” è divenuta così una delleprincipali vetrine ferraresi di arte, spettacolo,gastronomia e valorizzazione di prodottitipici, grazie al costante impegno delle varieamministrazioni comunali, anche di segnopolitico opposto, che si sono succedutenegli ultimi 23 anni. Chi trascorre una sera-ta nella grande corte corniciata dalle splen-dide finestre ad arco acuto, già descritte daSabadino Degli Arienti nel 1496, sente diappartenere ad un diversa dimensione,dove lo spazio ed il tempo sembrano irreali– e forse si comprende perché la metafisicaabbia avuto origine proprio a Ferrara – doveè stato tutto così abilmente realizzato checinque secoli di ingiurie hanno tolto poco onulla al fascino del luogo, così come volleroi principi estensi e per cui misero al lavorole menti più luminose del loro tempo. Bastaentrare nella splendida Sala della Vignadurante una visita guidata ed ascoltare icommenti stupiti dei visitatori davanti alle

illusioni degli affreschi, per rendersi contodella forza che ancora emanano questeopere ed il sito che le conserva. L’idea di farriprendere, dopo cinque secoli, la vita cultu-rale tra le vecchie mura di Belriguardo ètutta da ascrivere alla luminosa e vulcanicamente del compianto Mario Roffi, quandonel 1981, nella sua veste di Presidente delComitato Ferrarese Manifestazioni Culturali,pensò di tenere una breve rassegna estiva,ospitando per la prima niente meno chel’Orchestra dell’Emilia Romagna diretta dalgrandissimo Peter Maag, uno di più grandidirettori d’orchestra del mondo, purtroppoanch’egli scomparso. Fu l’inizio di una inin-terrotta serie di manifestazioni estive chevedono succedersi lirica, operetta, teatro,ballo, musica di ogni tipo ed epoca, conve-gni scientifici e manifestazioni popolari cherendono estremamente vivaci le corti del-l’antica reggia nel periodo estivo.Lo scopo, tramite le manifestazioni, di attira-re l’attenzione sulle grandi necessità struttu-rali di Belriguardo, inteso come sito di gran-de interesse storico, architettonico ed artisti-co, è stato perseguito pienamente e daquell’ormai lontana estate 1981 di passiverso il recupero ne sono stati fatti tanti,

Ottorino BacilieriAssessore alla cultu-ra del Comune diVoghiera

Spettacoli a Belriguardo

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inserendo anche nel complesso istituzionipermanenti come il Museo Civico e giun-gendo ad ottenere finanziamenti europeidi notevole consistenza, che stanno oraconsentendo il recupero integrale dell’altacorte (nella porzione di proprietà pubblica),con le splendide finestre gotiche in marmoche hanno ritrovato uno splendore perdutoda secoli.Le varie amministrazioni comunali succedu-tesi in questo quarto di secolo hanno sem-pre puntato su un livello qualitativo medio-alto nelle proposte di spettacolo e nel corti-le di Belriguardo si sono alternate anchecompagnie ed artisti di livello assoluto; nonsono mancate addirittura prime rappresen-

tazioni di spettacoli che poihanno trovato successo intutta la penisola. Un sodali-zio fortunato è stato quelloche dura da almeno quindicianni con il noto attore e can-tante Roberto Bencivenga,della Compagnia ilPalcoscenico, di Roma, unasorta di consulente artisticograzie al quale attori e can-tanti lirici di altissimo livellohanno calcato le tavole delpalcoscenico di Belriguardo,magari strappando qualcheora di tempo alle prove diimportanti complessi comel’Arena di Verona o famosiEnti Teatrali italiani.Da alcuni anni poi si è ancheconsolidata una consistente

collaborazione con la Provincia di Ferrara,inserendo le manifestazioni di Belriguardonel cartellone generale di quelle provincialisotto il titolo “Delizie Destate”, che costitui-sce un ghiotto pacchetto di proposte per ituristi che si trovano a poter scegliere ognisera spettacoli diversi, di ottimo livello esempre in sedi prestigiose, comeBelriguardo, Il Verginese, La rocca Possente,Cento ecc…Il palcoscenico della delizia è da sempre poia disposizione di gruppi minori per spetta-coli autogestiti, offrendo cosi la possibilitàanche alle compagnie amatoriali di farsiconoscere in una cornice accattivante e pre-stigiosa.

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Dario Favretti

Una foto d’epoca dell’AsiloGaleazzo Mazzari

“E’ una realtà recente, ma molto vivace eormai consolidata, autentico punto di rife-rimento nella vita culturale della comuni-tà”. Così Massimiliano Urbinati – pianistae docente titolare di pianoforte – defini-sce l’indirizzo musicale delle ScuoleMedie di Voghiera, un programma di studitriennale che dal 1991 ha visto coinvol-gere gran parte della popolazione scola-stica. Forse fare musica con tutti era aVoghiera un destino già scritto, visto chela comunità ha tuttora in attività un corpobandistico di eccellenza e che dal 1877 alungo vi soggiornò il mezzosoprano MariaWaldmann – l’Amneris prediletta di Verdi– dopo aver sposato il conte Massari.Quella di Voghiera è una delle cinquecen-to Scuole Medie a Indirizzo musicale dellapenisola, divenute nell’agosto 1999 istitu-zionali dopo venticinque anni di speri-mentazione didattica: una mini-rivoluzio-ne, di quelle silenziose ma forse destina-te a lasciare un segno profondo nella vitascolastica italiana, dove l’istruzione musi-cale è stata sempre ripudiata con aristo-

cratica e letteraria diffidenza e dove lamusica si studia tuttora solo inConservatorio, anacronisticamente sepa-rata dal resto della cultura. Il senso dell’indirizzo musicale - diVoghiera come delle altre scuole medieitaliane di questo tipo - consiste proprionell’imparare a suonare uno strumentocon la consapevolezza di intraprendereun percorso più profondo che un sempli-ce passatempo e di accedere al diritto diricevere un’istruzione musicale non piùsolo se si è talentati. E’ ancora Massimiliano Urbinati a descri-vere la concreta realtà dei corsi: “qui siimpara uno strumento musicale a sceltatra quattro: pianoforte, chitarra, clarinettoe violino. Chi vuole si iscrive in primamedia e deve superare una piccola provamentre è ancora in quinta elementare:niente di selettivo, solo un modo per noiinsegnanti di orientare i ragazzi alle lororeali attitudini. Dalla prima classe allaterza i ragazzi ammessi vengono da noidue pomeriggi alla settimana.”

Le scuole medie a indirizzo musicaledi Voghiera

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Accade così dal 1991 che la quasi totalitàdegli studenti medi – oltre cinquecentoallievi da allora a tutt’oggi – si sia trovataa studiare pianoforte con MassimilianoUrbinati, chitarra con Paolo Rosini, clari-netto con Domenico Marcello Urbinati eviolino con Massimo Mantovani: imomenti più significativi di questo per-corso sono quelli di musica d’assiemeche sfociano ormai d’abitudine nella par-tecipazione ad un concorso nazionale –quello di Città di Castello dove gli allievi diVoghiera sono soliti mietere successi – enell’organizzazione di un saggio musicaledi fine anno scolastico che tutta Voghieraattende con trepidazione e vive come unappuntamento di assoluto rilievo locale.In effetti, lo strumento musicale nellascuola media di Voghiera è una materiache ha conservato alcuni preziosi e col-laudati aspetti della tradizione d’insegna-mento dei Conservatori come l’imposta-zione individuale della lezione di stru-mento e nel contempo ne ha innovato lemetodologie arricchendosi di moltepliciattività d’insieme (orchestra, coro), al cen-tro di progetti multidisciplinari di qualitàelevatissima. “E’ una vera fortuna –aggiunge Massimiliano Urbinati - che duedocenti della scuola, Paolo Rosini eMassimo Mantovani, si occupino anche di

composizione e di arrangiamento, perchéuno dei principali problemi di questescuole è che non sempre è facile trovareun equilibrio tra la didattica dello stru-mento e l’esigenza di costituire un atteg-giamento verso la musica non necessaria-mente rivolto al professionismo. Faremusica d’assieme con brani scritti ad hocdiventa fondamentale. A riprova dell’inno-vativa concezione dell’indirizzo musicale,centrato sulla richiesta degli alunni, varicordato poi come realizzi la sua funzioneformativa anche orientando coloro che nehanno interesse e attitudini verso la pro-secuzione degli studi musicali. Sono moltii nostri ex allievi ad essersi iscritti alConservatorio.” Come fondamentale è stato in questi annicoprire con attività capillari – da parte deidocenti di strumento della scuola media– l’assenza di musica alle scuole ele-mentari, uno degli altri grandi “buchi neri”del sistema scolastico italiano, e comeimportantissimo sarà, sempre in attesa diriforme “dall’alto”, l’ultimo progetto che aVoghiera dovrebbe partire con il patroci-nio dell’Amministrazione Comunale: quel-lo di una scuola di musica permanenterivolta a tutta la popolazione scolastica, ingrado di far proseguire l’esperienza dellostrumento anche dopo la terza media.

Teatrino della Villa MassariMazzoni

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VOGHIERA 35

Angelo Giubelli

Voghenza, chiesa di S. Leo

Il turista che dal capoluogo della nostraprovincia si dirige verso la pregevole deli-zia estense di Belriguardo, lungo la stra-

da provinciale, talvolta dimentica che lì, aVoghenza, a qualche centinaio di metri èsorta la prima diocesi di Ferrara. Con pocaapprossimazione si può dire che il primovescovo si è insediato nella diocesi diVoghenza nell’anno 330 d. C., primo, in suc-cessione, di altri quattordici che si sussegui-rono fino alla metà del VII secolo quando lasede diocesana si trasferì a Ferrara. Tutti cisiamo chiesti come mai la prima sedevescovile ferrarese abbia trovato collocazio-ne in quello che ora potrebbe essere consi-derato soltanto un piccolo villaggio. Le ragio-ni sono molteplici, ma intanto, per capiremeglio bisogna calarsi a ritroso di 17 secolie cercare di focalizzare che cosa rappresen-tasse, all’epoca, quel “piccolo villaggio”. Unarisposta di ordine pratico viene dalla Scuolasuperiore dell’Amministrazione degli Interniche in un suo documento recente, ricorda:“Voghiera ha anche l’invidiabile primato diaver ospitato nel suo territorio, esattamen-te nella località di Voghenza, la prima sedevescovile della provincia di Ferrara ma sba-glierebbe chi pensasse che la decisione diridimensionarla a vantaggio di quel piccoloborgo che poi ne sarebbe divenuto il capo-luogo, assunta nel secolo VII, sull’onda dei

conflitti non soltanto teologici che all’epocaopponevano la Chiesa di Roma all’arcive-scovo ravennate, non fosse stata frutto diprofonda meditazione. Infatti, Voghenzaera stata importante centro amministrativoe commerciale in epoca romana, aveva vis-suto intensamente le esperienze culturali didue mondi, quello pagano, nei secoli delmassimo splendore e poi dell’impero decli-nante, nonché quello paleo-cristiano, assor-bendo in profondità il fascino del nuovomessaggio religioso”. Un altro aspetto chespiega la collocazione della prima sedevescovile a Voghenza è certo di ordine spi-rituale e lo sostiene l’autorevole studiosomonsignor Antonio Samaritani che, trattan-do delle “Radici della spiritualità ferrarese”nel 1993 scrisse: “Storia istituzionale e sto-ria della spiritualità non hanno ragione dicorrere parallele; c’è una compenetrazio-ne profonda, per cui l’istituzionale non sicapisce senza lo spirituale, mentre lo spiri-tuale ha la sua evidente esplicazione istitu-zionale. Purtroppo, devo essere fugacissi-mo nel dare degli stimoli. Occorrerebberodei seminari di studio sulla storia dellanostra chiesa mai scritta compiutamente.Non è che si vada alla ricerca di note pecu-liari che non abbiano riscontro in altre chie-se locali, ma si tratta di evidenziare comel’incarnazione di certe tematiche universali

assume una colorazione par-ticolare nella chiesa locale.Avanti che la chiesa ferraresenascesse c’ era una spirituali-tà padana, lagunare, che rag-gruppava zone che sono poistate sedi delle nostre dioce-si”.Giova ricordare che ultimovescovo di Voghenza fu quelmonaco, successivamentesantificato, quel San Maurelioche dopo il trasferimentodella sede vescovile a Ferrarane venne messo a capo.Serve a meglio capire la situa-zione di quei tempi una siapure sintetica storia dellanomina a vescovo di SanMaurelio e per far questo è

Voghenza, il “piccolo villaggio” dovesi insediò la prima sede vescovile aFerrara

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doveroso citare la relazione “San Maureliotra agiografia e storia” tenuta nel maggio del2004 a Ferrara, dal professor GiorgioPicasso, preside della Facoltà di Lettere eFilosofia dell’Università Cattolica del SacroCuore di Milano. In quella circostanza, comeviene riportato dal sito della Cassa diRisparmio di Ferrara, si ricorda come, “Lafigura di San Maurelio deve essere compre-sa nel contesto spirituale del VII secolo, chechiude in Europa il periodo della tarda anti-

chità romana, solcata da residue culturepagane e da insorgenti eresie sulla natura diCristo. In questo clima - poiché l’arcivescovodi Ravenna sembra sposare le tesi bizantinepiù che quelle romane - la Santa Sede,verso la metà del VII secolo, provvede adalcune nomine episcopali strategiche, nell’a-rea orientale e nell’esarcato bizantino raven-nate in Italia. Nella diocesi di Voghenzaviene inviato un vescovo di alta levatura teo-logica, in grado di contrastare le dottrine reli-giose imposte da Bisanzio: è il papa-mona-co Teodoro I che nel 642, appena salito alSoglio Pontificio, inizia una capillare opera didifesa della politica ecclesiastica, affidandola strategica diocesi di Voghenza al fidatomonaco Maurelio. Egli era quindi un confra-tello del Papa, esule dall’oriente come lui,fermo nella volontà di difesa della dottrina edella disciplina canonica della Chiesa diRoma. Voghenza diventa quindi un avam-posto ottimale di Roma, prossimo aRavenna e servito da vie di comunicazionesia terrestri che fluviali. La memoria di SanMaurelio è apparsa e appare quindi fonda-mentale nella dialettica politico-religiosadella medievale città di Ferrara, erede diVoghenza, come documenta un saggio pub-blicato nel 2000 da Romeo Sgarbanti nellarivista “Bizantinistica” del Centro Italiano diStudi sull’Alto Medioevo.

Recinto funerario nella necropoliromana di Voghenza

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VOGHIERA 37

Roberta Rossi

Coltivazione della canapa ,foto di Paolo Zappaterra,Ferrare è Agricoltura, 2002

Svegliatasi da un lungo letargo, lacanapa di produzione ferraresefa capolino sul mercato.

Passando per la fase di sperimenta-zione, intrapresa a partire dal 1997nella zona del Basso Ferrarese, la col-tura ha gradualmente “guadagnatoterreno” in tutta la provincia ottenen-do, anno dopo anno, risultati semprepiù incoraggianti fino a conquistare,nel 2003, un posto effettivo tra le col-tivazioni locali. Eccellente risultatoenfatizzato dall’ attivazione, nello stes-so anno, dell’ impianto di trasforma-zione situato a Comacchio, anellomancante della filiera di produzione.In realtà, la fibra è tutt’ altro che una“new entry” per Argenta,Portomaggiore e Voghiera e più, ingenerale, per la provincia di Ferrara,poiché, già dai primi dell’ 800, lenostre campagne producevano unacanapa altamente collocabile sul mer-cato nazionale ed estero per via delcolore cristallino, della morbidezza edella resistenza del tiglio, caratteristi-che mai eguagliate dalle fibre concor-renti.Fino alla seconda metà degli anni ’60,periodo che segnò la scomparsa dellacoltura dalle campagne della provin-cia, la cannabis sativa deteneva il

primo posto nell’ economiadel Ferrarese ed il metodotradizionale di coltivazione edi primo approntamento,manuale e scrupolosissimo,investiva pressoché tutta l’annata agricola con livelli dioccupazione della manodo-pera specializzata elevatissi-mi.Nitidi sono ancora i ricordidei canapini del tempo, cheraccontano, come fosse ieri,delle estenuanti fatiche a cuierano sottoposti, delle lun-

ghe giornate di lavoro, dell’ insoppor-tabile calura di agosto che rendevapiù difficoltosa la raccolta, dei troppiindumenti da portare, per evitare ilcontatto con le infiorescenze dellapianta (altamente urticanti) e deimaleodoranti maceri, per concludereimmancabilmente con l’ enorme sod-disfazione ed il sollievo provati, quan-do, la fibra grezza in “mannelle” veni-va finalmente depositata nei magazzi-ni in attesa dei compratori. La rilevanza economica della fibraprodotta nelle principali provincecanapicole d’ Italia (tra le qualiFerrara) era tale che, con lo scoppiodella seconda guerra mondiale ed ilconseguente maggior fabbisogno diprodotti ottenibili dal tiglio, viene aformarsi un settore a sé stante: cana-pa e cotone. Quest’ ultimo, assiemeagli altri tre settori, lana, bachicoltura,lino e fibre varie sostituisce il settoreunico delle fibre tessili.Come ogni coltura, la canapa naziona-le, in passato è stata protagonista difasi congiunturali negative e la neces-sità di risollevare tale prodotto strate-gico rese indispensabile, negli anni’20, la costituzione di forme associati-ve di produttori da una parte e diindustriali canapieri dall’ altra.Nel 1931, con un decreto ministeria-le viene a costituirsi il ConsorzioProvinciale per la Difesa dellaCanapicoltura di Ferrara con un pro-prio statuto volto al controllo ed allaregolamentazione della produzione edel commercio nazionale ed interna-zionale della canapa e del seme.Tra le previsioni dello statuto eranocompresi gli obblighi di denuncia alConsorzio del quantitativo di canapa eseme prodotti e di ammassamentototalitario degli stessi presso i magaz-zini consortili; si passa quindi dal libe-ro mercato al monopolio.

Alla riscoperta di una “nuova” coltura

La canapa, reintrodotta anche nel territorio di Voghiera

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Nel 1933, i Consorzi provinciali davolontari divengono obbligatori, causala preoccupante crisi di mercato dellafibra, per riunirsi poi in Federazione(Federcanapa) nel 1935.I prezzi vengono stabiliti di concertodal Ministero dell’ Agricoltura e delleForeste e dal Ministero delleCorporazioni su proposta dellaFederazione che ha potere di vetosulla conclusione dei contratti di com-pravendita di fibra grezza, sottopro-dotti e seme.L’ Ente Nazionale EsportazioneCanapa (E.N.E.C.) istituito nel 1941affianca Federcanapa regolamentandoe controllando le esportazioni.Tale contesto rimarrà nella sostanzapressoché immutato fino al marzo del1979, quando il Consorzio NazionaleProduttori Canapa, sostitutivo diFedercanapa e dell’ E.N.E.C., vienesoppresso con trasferimento di beni epersonale alle regioni.Ed ecco, facendo un balzo di una cin-quantina d’ anni, la versatilissimacanapa è pronta a trasformarsi in cartafinissima o grossolana, abitiall’ultima moda, cordami, borse e ten-daggi, prodotti cosmetici per la curadel corpo, medicinale efficace, fertiliz-zante naturale per la terra, biocarbu-rante, solvente ed olio combustibile,foraggio e lettiera per il bestiame, ali-mento completo sulle nostre tavole epersino fonte energetica alternativarinnovabile.La pianta a basso impatto ambientaleha fatto parlare di sé anche

all’ultimo Convegno a tema tenutosinel marzo del 2004 a S. Martino diBentivoglio, sede del Museo dellaciviltà contadina; segno questo di uncrescente interesse verso una colturache in futuro potrebbe sostituirnealtre meno redditizie.Nonostante il grosso scoglio alla rein-troduzione della canapa costituitodall’ attuale normativa vigente sulledroghe (occorre tenere presente chela pianta è molto simile a quella dacui si ricava la sostanza stupefacente),i dati ufficiali dell’Ufficio statistica dellaProvincia di Ferrara registrano per il2003 un totale di 520 ettari coltivaticon una produzione complessiva di16.000 quintali.I coltivatori, essendo la canapa unacoltura PAC, hanno beneficiato di uncontributo europeo di € 328 per etta-ro coltivato ed il prodotto grezzo èstato venduto ad un prezzo medio di€ 22 al quintale. L’ impegno teso al raggiungimento diuna quantità in grado di far funziona-re a pieni regimi l’impianto diComacchio viene portato avantianche nel 2004 ed Argenta ePortomaggiore danno un significativocontributo in termini di ettarato. Dai dati forniti da Ecocanapa, societàche gestisce lo stabilimento di trasfor-mazione della fibra, emerge per i dueComuni un totale di 280,65 ettari col-tivati, pari al 71% circa degli ettaricomplessivi nel Ferrarese cheammontano a 393,24.Nel Comune di Argenta, le quattroprincipali aziende agricole che hannoscommesso sulla canapa, raggiungo-no nell’ insieme i 170,61 ettari, men-tre nel Comune di Portomaggiore gliettari sono 110,04 distribuiti in ottoaziende.La strada della canapa ferrarese versoil riottenimento dell’ antico prestigioposseduto è quindi ormai spianata,con l’ augurio che, in un prossimofuturo, grazie alle ricerche sulla sele-zione del seme, si possa ottenere unavarietà autoctona e, perché no, rico-nosciuta a livello comunitario comeprodotto DOP/IGP da aggiungere aglialtri fiori all’ occhiello della nostra pro-vincia.

Fase di lavorazione della canapa,immagine scattata in occasionedella prima fiera di Ferrara nel1947

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VOGHIERA 39

Mirella Golinelli

Anello di Ambra

L’elemento decorativo che si aggiungeper conferire maggior bellezza, splen-dore ed eleganza, ad un mobile, un

brano musicale o al corpo umano, sia essosuppellettile, nota o gioiello, di per sé nonha alcuna esigenza di carattere funzionale,ma accresce magia, simbolismo e distinzio-ne, qualità, atte ad indicare la posizionesociale dell’individuo. Un pizzico di vanità,gusto e piacere è insito in ciascuno di noi e,lo era anche nelle popolazioni primitive, secosì possono essere considerate, vista lamagnificente fattura degli oggetti personalirinvenuti nella Necropoli Romana diVoghenza.Voghenza, situata nel basso ferrarese, alcentro di un vasto possedimento sorto nel-l’antico delta, alla confluenza con il Volano,incrementando per via della posizione geo-grafica favorevole il commercio, divenne unimportante centro amministrativo governatoda funzionari imperiali. L’ originario nomeromano del nucleo ubicato sul Sandalo, eraVicus Aventinus o Vico Habentia.Nel secolo VII° e precisamente nel 657 d.C., la città di Ferrara divenne sede vescovilee San Giorgio la prima cattedrale (1),togliendo a Voghenza, il primato di arcaicasede cristiana della fascia territoriale, cre-sciuta come “Vicus romano” . Le ville delDuca Massari, marito del mezzosopranoMaria Waldmann (2) e della Famiglia Dioli,ancora oggi mirabilmente visibili, sono stateedificate su di un terreno che per via di par-ticolari manifestazioni ambientali e dissestiidrogeologici, come cedimenti ed inonda-zioni, rese Voghenza meno protetta e difesastrategicamente e, militarmente parlando.

Da qui la fortuna diFerrara. E’ stato nel-l’occasione della“Festa dell’aglio”durante la visita alMuseo di Belriguardo,il quale dal 1994 con-serva molto del mate-riale riscoperto duran-te gli scavi dellaNecropoli, che l’atten-zione è caduta, tramanufatti in pietra,

ceramiche, vetri opalescenti, sarcofagi conepigrafi, statuette, lucerne, monete,ecc…sui monili indossati dagli ex viventi. Incodesta raccolta, sono presenti, come nellamaggior parte delle tombe, oggetti in oro,ovvero; foglie ritagliate su lamina d’oro(Tomba23), orecchini (Tomba 36), spillone(Tomba 61) orecchini a pelta ed un ciondo-lo a lavorazione sbalzata tratti dalla tomba67, ma gli accessori più entusiasmanti inambra e sardonica sono quelli ritrovati nelleTombe 23, 37, 45, 58, e 61. Giànell’Odissea (XVIII, 361 –363 —Eurimacoun monile addur si fece d’oro e intrecciatod’ambra, opra da insegne mastro sudatache splendea qual sole..) la pregiata ambragialla era apprezzata,quanto all’Età della pie-tra, come pure nella grandi civiltà egiziana,cretese, micenea e romana. Fu l’uomo prei-storico perciò, ad utilizzare l’ambra per fab-bricare “ornamenti preziosi”. Queste meravi-glie erano in uso presso gli Assiri ed iBabilonesi ed Aristotele (384 – 322 a. C.)scoprì la sua derivazione vegetale, mentreTalete di Mileto (VI° secolo a.C.), che aveva,dopo lo sfregamento, la proprietà d’attirare icorpi leggeri. La resina fossile si è formatada giacimenti di lignite composti da primiti-ve foreste di conifere del Periodo Terziario,che in quell’Era producevano resina inmaniera molto più abbondante che attual-mente ed erano situate lungo le coste sud– orientali del Baltico. L’ambra si staccanaturalmente dal fondale marino e, permerito della sua leggerezza, risale, fino aposarsi sulla spiaggia. Soltanto dopo il VI°secolo a.C. ci si rese conto dell’elettricità cheemanava questa resina e, da allora, i Grecila chiamarono elektron – cosa splendente.Per Roma e Pompei era simbolo di immen-sa ricchezza possedere ambra, vista la raritàed essendo i giacimenti molto lontani.Nerone per quante spedizioni organizzò,tracciò la ”via dell’ambra” , che passava perla Moravia e L’Austria. L’ambra diventò unimportantissimo oggetto di scambio e lostesso Plinio il Vecchio, che scrisse trattatisulle pietre era dello stesso parere diAristotele. Come non menzionare la famosa“camera d’ambra” che conservava un’ altret-tanto superba collezione, la quale venne

Ambre e Sardonici

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regalata da Federico II°(1712 – 1786) alloZar di tutte le Russie, Pietro il Grande (1672– 1725) e che, purtroppo, l’ evento bellicodella seconda Guerra Mondiale ci ha strap-pato! In tutte le lingue, l’ambra acquisisceuna denominazione che identifica le suequalità di trasparenza, leggerezza, metallobrillante, succo (sucimun – romano)…….L’ambra la cui storia ha inizio nei paesinordici, si presenta in sassolini, sfere e grani,può pure essere traslucida e torbida, ma haun neo, la fragilità, mentre la trasparenzaaumenta con il calore. Ora, la natura ci hadonato anche ciottoli del peso variante tra 8e 10 chilogrammi di questa resina fossileamorfa (dal greco a = senza – morfa =forma), che ha come durezza sulla Scala diMosh, 2 – 2,5 ed un peso specifico di 1,0– 1,1. L’ambra si trova anche in Sicilia in for-mazione dal colore blu o verde fluorescen-te ed è definita simenite ed è più apprez-zata di quella baltica.. Solo nel XVI° e XVII°secolo si ebbe la riscoperta di questo orga-nolite(3) - resina, con la quale ancora oggisi fanno gioielli ed oggetti artistici, come arti-coli per fumatori, collane, braccialetti edanelli. Molti di questi ”pezzi” sono ottenutiscaldando e sottoponendo la resina, laquale diventa “ambroide”, ad una forte pres-sione. Il lungo discorso è per indurvi a sti-mare e valutare l’immane lavoro che si celadietro questi monili rintracciati nelle quattrotombe site nella Necropoli voghenzana.Incominciamo con il descrivere lo scettro inopaca ambra rossa della lunghezza di unaventina di centimetri circa, venuto alla lucenella Tomba 23. Esso presenta alcunescheggiature ed è suddiviso in due parti, lafattura è molto piacevole e comprende nellaparte rigida 23 cerchietti cilindrici, mentrenella parte cedevole, le irregolari perle sono32. Chissà forse è un numero

simbolico,visto che la somma inentrambi è cinque e, 5 + 5 = 10! (4)Nella Tomba 37, una rilucente collanain ambra bicolore rossa e gialla, forma-ta da 2 perle vitree e 30 grani sfaccet-tati e modellati, raffiguranti, un gran-chio, un delfino, un colombo, unalepre, vari tipi di frutta, fà bella mostradi sé. Un incanto è per l’occhio vederecon quanta maestria siano stati scolpi-ti questi piccoli pezzi d’ambra.Ricostruita, è la spatola in ambra rossatrasparente della tomba 45, con unalunghezza di circa 15 cm, è formata daun cucchiaio ed una presa a baston-cello. Ancora due anelli di pregevolissi-ma esecuzione, scovati, durante ilsetaccio della fanghiglia che si era for-mata nella Tomba 58, offrono allosguardo, il primo, in un ambra rossa di

circa 4,5 cm. di diametro, un amorino cheguida una biga di cavalli, il secondo invece,un dolce viso di donna, con acconciatura. Ilnome Sardonice, pietra dura con la qualenella Tomba 61 è stato ritrovato un balsa-mario, deriva da un porto dell’Asia Minore,attualmente Sart, da cui venne importata inGrecia. La Sardonice, o onice, o anche cor-niola, ha una durezza di 7 sulla scala Mohs(5) ed è forse tra le agate, la più variegata.Le striature o zonature, sono formate dastrati di opale, quarzo, calcedonio, ed in pic-cole quantità da limonite,clorite verdastra,ematite e quando l’agata (in questo caso) èraffinatamente e squisitamente stratificata,può comprendere una tavolozza di coloreche in natura, ben poche altre pietre laeguagliano e per questo motivo ben si adat-ta all’ esecuzione di oggetti da ornamento. Ilbalsamario ritrovato nella Tomba 61 ha unaltezza di circa 6 cm., una base di 2, mentreil diametro della bocca di circa 1,5 cm. poi,ai lati di essa due piccoli manici per solle-varlo.Giunto sino ai nostri tempi integro,quindi oggetto raro e ricercato dai piùimportanti collezionisti, ha una forma nonusuale e, probabilmente, è giunto aVoghenza da Aquileia. Il colore delle venatu-re della Sardonice è grigio, marrone chiaro escuro. Sicuramente sparsi, ovvero non attri-buibili con precisione ad una Tomba, fino adoggi catalogata, sono i due impareggiabilicastoni in Agata zonata. Fin dall’antichitàquesta gemma era associata, a seconda delcolore, alla Luna od al pianeta Mercurio e,molte popolazioni, nelle sue venature, scor-gevano figure mitologiche, oppure attribui-vano ad essa poteri straordinari, per la con-quista femminile e, pare, impedisse l’eson-dare dei fiumi. E’ considerata importantissi-ma per la pesca perlifera, in quanto, gettan-do a mare un filo con un’agata appesa essa

Lepre, elemento di collana

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Balsamario in Sardonice

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si posizionerebbe sul fondo proprio vicinoalla perla e non la lascerebbe più. Inoltre un’agata striata di nero conferirebbe al suo pos-sessore, una difesa dalle cose spiacevoli edun cuore forte. La forma dei due castoniuno dei quali è ancora incassato in un anel-lo di bronzo è ovaloide a superficie distesae nel primo vi è raffigurata una leonessa conuna stellina sul dorso, mentre nel secondo,quello ancora incastonato nell’anello bron-zeo, trovasi un capo femminile il cui mantodi capelli è raccolto da una benda sul collo.Nel Lapidario civico, sorto nella ripristinataChiesa di Santa Libera, in Ferrara, è conser-vato molto altro del materiale archeologicorinvenuto durante gli scavi effettuati intornoal 1700, ma si è ritenuto porre all’attenzio-ne del lettore questi piccoli “ornamenti”,facenti parte del vivere quotidiano di fami-glie sicuramente agiate, per lasciare nelcuore di ciascuno di noi la meraviglia di untempo passato, nel quale però, grazia,gusto, diletto, amore per le bellezze delladonateci dalla Madre Terra, facevano diVoghenza prima e di Ferrara poi, agglomera-ti urbani, collocati in suolo deltizio, quindigrandi centri commerciali da e per PaesiLontani.

NOTE:

1) Frizzi = Memorie per la storia di Ferrara –Vol. II° - Storia della prima Cattedrale diFerrara, San Giorgio, pagg. 9,42,54,85,122, 161

2) Maria Waldmann = in “ La Pianunra” N°1 del 2001 di Mirella Golinelli – pagg. 67– 68 – 69 – 70. Nella rivista specializ-zata “Gli amici della musica” mese diagosto 2004

3) Organolite = Composizione organica cheserve per fabbricare acido e olio diambra ed isolanti per apparecchi elettrici.La silice d’ambra è usata in farmacia.Colori = gialla, rossastra, bruna o verda-stra, anche grigia. L’ambra grigia è unescremento del capodoglio, probabil-mente una formazione di calcoli del/nelsuo intestino. Quando viene bruciataemana odore di muschio ed è special-mente usata in profumeria. I gioielli inambra pare abbiano la funzione di spa-ventare ed allontanare ogni tipo di fanta-sma o creatura demoniaca, inoltre, laresina, toglierebbe dolori reumatici emal di capo. Le ambre affilate, nell’anti-chità vennero considerate le lacrime di

Fetonte, figlio di Elio (dio Sole). Gli abi-tanti della Cina credevano che l’ambrafosse “l’anima della tigre” che risorgevadalla Terra, ed è associata al pianetaMercurio.

4) Cinque = Questo importantissimo princi-pio numerico, è riscontrabile nelPentagramma musicale, nel Pentateuco -i primi 5 libri dell’Antico Testamento:Genesi, Esodo, Levitico, Numeri eDeuteronomio e forma la TORAH, nei “5sensi”, nei ”5 dei della fortuna giappone-se”, nei “5 gradi di nobiltà”, nei “5 domi-natori mitici del passato”, nei “5 cerea-li”….Mentre il 7 è considerato la perfe-zione umana, 10, è la PERFEZIONESUPREMA.

5) Scala di Mohs = La durezza è la resi-stenza che la superficie di un cristallooppone alla scalfittura. La durezza vienemisurata con lo sclerometro, che è unpiccolo apparecchio, dove nella parteinferiore, porta una punta di diamante laquale preme su di un carrello mobiledove è posta la pietra da scalfire. Perindividuare il grado di durezza dei mine-rali, sono state pensate molte scale , mala più usata ed attendibile è la Scala diMohs:

Minerali teneri Talco (1)Gesso (2)

Minerali semiduriCalcite (3)Fluorite (4)Apatite (5)

Minerali duriOrtoclasio (6)Quarzo (7)Topazio (8)Corindone (9)Diamante (10) la durezza è segnalata inordine crescente, perciò ogniMinerale, scalfisce il precedente ed è scalfi-to dal seguente.

Scettro in ambra rossa

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Acavallo tra 2004 e 2005 si è tenutapresso il Palazzo Ducale di Massa lamostra “Due scultori e un monumen-

to”, dedicata al restauro, ad opera degli allie-vi dell’Istituto d’Arte “Felice Palma”, delMonumento a Garibaldi modellato dal fio-rentino Ezio Ceccarelli nel 1906 e che sitrova in una piazza della città toscana.La questione non sembra dover coinvolgereapparentemente il lettore ferrarese, eppurefelici coincidenze attorno a questo eventoespositivo hanno rivelato una serie assaiinteressante di rapporti con l’arte locale delNovecento e permesso, infine, una correttalettura di alcuni rilievi che il Genio Civile nel-l’immediato dopoguerra aveva collocatopresso l’Istituto Palma a Massa.Si tratta di cinque bassorilievi in marmo diCarrara, opera di scultori ferraresi, depositatida circa sessant’anni presso la scuola d’arte(quattro decorano l’esterno dei laboratori,uno l’interno) e che hanno trovato soltantooggi una loro giusta collocazione storico-arti-stica.Proprio al gerarca ferrarese Italo Balbo nelsuo periodo di governatorato della Libia(1934-1940) si deve la committenza dialmeno tre di queste sculture, destinate ad

ornare le fontane votive predisposte nellepiazze dei nuovi villaggi agricoli che acco-glievano le famiglie dei coloni italiani, moltidei quali erano di origine ferrarese.Le lastre dovevano commemorare le figuredi personaggi eroici, i quali avevano fattosacrificio della loro vita per un ideale.L’intenzionalità del committente condizionògli artisti ferraresi ad evidenziare l’elementoillustrativo nelle loro opere.Due di questi bassorilievi appartengono alcatalogo di Enzo Nenci (Mirandola, 1903-Virgilio, 1972) ed erano considerati irrime-diabilmente perduti sia nei cataloghi dellerecenti mostre mantovane dello scultore,che nel volume di Lucio Scardino “Dentro efuori le mura. Quattro testi sull’arte ferraresemoderna” (2003). Di essi restavano solo testimonianze foto-grafiche; illustravano, infatti, un’intervista rila-sciata dall’artista in occasione della morte diBalbo ad un giornalista che si nascondevasotto lo pseudonimo di Observator. La qual cosa permetteva, per l’appunto, didatare l’ideazione delle lastre tra il 1939 edil giugno del 1940. Quella più grande èdedicata alla memoria dell’aviatore IvoOliveti, morto in Etiopia, mentre quella più

Enzo Nenci, fontana votiva per ilVillaggio Oliveti. Il primo perso-naggio sulla destra è Italo Balbo

Gianni Cerioli

Ritrovate sculture ferraresi per l’Africa

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piccola, di formato quadrato(cm 100x100) al più famo-so Francesco Baracca. Nell’ampio catalogo dedica-to ad una retrospettiva itine-rante dello scultore nel2003, primo centenariodella sua nascita, il criticoLuciano Caramel ha sottoli-neato l’aura mitopoietica incui vengono trasferiti i dueCaduti ed il conseguentericorso “nell’iconografia, alnudo eroico, agli esseri alati;nella composizione alrispecchiamento speculare(nel memoriale di Oliveti) eal chiasmo dell’orizzontalefunebre con la diagonaledell’elevazione oltre lamorte (in quello a Baracca);e nella forma a stilemi diimmobile freddezza, di lenti-colare calibratura degli equi-libri e della definizione dellesuperfici, in cui Nenci fa dinuovo tesoro della lezionewildtiana”.Occorre precisare che EnzoNenci, il quale non ha avutouna formazione artistica tra-dizionale, era stato allievoprivatamente di EzioCeccarelli nel suo studio fiorentino. Proprio mediante la visione del catalogopresentato da Caramel, il curatore dellamostra e il direttore dell’Istituto “Palma” diMassa hanno potuto riconoscere i due bas-sorilievi anonimi recentemente restaurati

dagli allievi del corso triennale di “arte erestauro di opere lapidee”.Un altro bassorilievo, l’unico ad essere fir-mato e datato (XIX dell’era fascista), è diUlderico Fabbri (Marrara, 1897-Ferrara,1970). In un intervista apparsa sul “Corriere

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Enzo Nenci, fontana votiva per ilVillaggio Baracca

Giuseppe Virgili, Lastra

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Padano” nel 1940, lo scultore si dice al lavo-ro per una fontana votiva da collocare nelvillaggio “Fabio Filzi”. La suggestiva lastra,infatti, rappresenta il sacrificio del giovaneeroe impiccato per la liberazione delle terreirredente nel 1916. Ricordato con una retrospettiva allestita aCasa Cini nel 1989, Fabbri fu alquanto atti-vo nel campo monumentale: oltre alla fon-tana per la Libia, ricordiamo la tomba Bovellinella Cattedrale di Ferrara, la pala del SacroCuore nel Duomo di Milano, la “Via Crucis” nelchiostro del cimitero della Certosa di Ferrara. Infine, due bassorilievi anonimi, che rappre-sentano non un eroe specifico ma movi-menti di popolazioni tra le due sponde delMar Mediterraneo.Al di là degli stilemi compositivi, per questibassorilievi si può ragionevolmente propor-re il nome dello scultore Giuseppe Virgili(Voghiera, 1894-Bologna, 1968). Una recentissima testimonianza orale delfiglio Francesco lo dice impegnato in opereper l’Eritrea, su committenza dell’imprendi-tore ferrarese Rossetti; questa circostanzamotiverebbe la differenza con le altre lastre.Stilisticamente esse ricordano, nella defini-zione delle figure e nei motivi decorativi (leonde del mare), il suo monumento aiCaduti di Vergato, nell’Appennino bologne-se. A Virgili, come risaputo, il Comune diVoghiera ha dedicato uno spazio perma-nente nel torrione della Delizia diBelriguardo. Molte sono le ragioni per cui le opere sonorimaste a Massa e non hanno preso al viadelle Colonie. Le operazioni sul fronte afri-cano avevano modificato completamente ilquadro politico che aveva giustificato la lorocommittenza, così come il bombardamentodel porto di Genova nel febbraio del 1941può aver interrotto una naturale via di trans-ito: i rilievi erano stati infatti realizzati in unlaboratorio del marmo della Toscana, presu-

mibilmente a Querceta. In effetti intorno alla statua di GiuseppeGaribaldi dello scultore Ceccarelli a Massa sisono ritrovate non fortunate coincidenze,ma felici “concorrenze”, in quanto sono trop-pi gli elementi che hanno giocato a favoredi una giusta conclusione della vicenda. Anzitutto bisogna tener conto della grandetenacia con cui Giorgio Nenci, figlio di Enzo,sollecita la conoscenza dell’opera paterna. Va poi dato merito all’Istituto “Felice Palma”di aver saputo organizzare un corso specifi-co per il restauro di opere lapidee e di avercominciato a salvare proprio i marmi esternial suo laboratorio, dimostrando in tal modouna notevole capacità pedagogica e profes-sionale.Infine, è giusto segnalare un gruppo di stu-diosi che amano confrontarsi con percorsi diricerca meno battuti e che hanno appronta-to il catalogo della mostra sul restauro delMonumento di Garibaldi: Antonio P. Torresi,autore della scheda sulle opere monumen-tali di Ceccarelli, il quale ha scoperto, tra l’al-tro, che il centese Stefano Galletti era il pre-sidente della giuria nel concorso vinto dalloscultore fiorentino, Anna Vittoria Laghi, laquale si è occupata del laboratorio Cuturi-Tombesi, che ha eseguito materialmente l’o-pera su modello del Ceccarelli, MassimoBertozzi e Giuseppe Silvestri. Infine, Lucio Scardino, che ha già curato nel1990 una mostra di Ceccarelli nel chiostrodella basilica fiorentina di Santa Croce, mache è stato un po’ il motore di tutta l’opera-zione. In catalogo il critico ferrarese si occu-pa degli allievi di Ceccarelli, citando inoltre icinque rilievi africani e il loro ritrovamento.Un approfondimento del tema il lettore inte-ressato potrà trovarlo negli atti delConvegno Nazionale su Italo Balbo, tenuto-si a Ferrara nel dicembre 2000, e, finalmen-te, di prossima pubblicazione presso la Casaeditrice “il Mulino” di Bologna.

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Giuseppe Virgili, Lastra

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Maria CristinaNascosi S

crivere di donna.

In uno scorcio di fine 2004 ed inizio 2005,il primo dedicato dalla nostra città allaDonna, l’altro che – ci si augura – foriero diuna lunga teoria di anni “dedicati ed oltre eper sempre” alla Donna, alle opportunità chele si vorrà, potrà, dovrà offrire più o menoalla pari e comunque nuove, positive, inelu-dibili, piace prendere in considerazione, inquesta sede, alcune opere al femminile,parti scrittòri di Autrici di quella parte dellaprovincia di Ferrara collocata traPortomaggiore e dintorni, zona particolar-mente fertile per quanto riguarda la creativi-tà su carta.“…Possiamo scrivere a qualunque ora –scriveva Margherite Duras – la liberazione èquando si fa buio…”Ecco, non serve, forse, …”a room of one’sown – una stanza tutta per sé”, come si osti-nava ad affermare Virginia ( Woolf ), lo spa-zio ce lo possiamo prendere comunque e adiscapito, purché ci se lo ritagli nel momen-to più cónsono.E su questo/ i spazio / i che ‘ragionano’ escrivono quattro Autrici come Valentina DallaTorre di Portomaggiore, Verbena Romagnolidi Portoverrara, Raffaella Tonegutti diPortomaggiore e Graziella Vezzelli, ancora diPortomaggiore, madre di Valentina.Quattro donne, quattro menti, quattro talen-ti tutti diversi: generazioni che si narrano, cheparlano e che talvolta non si parlano, mache, in ogni caso, sono riuscite ad esprimer-si su carta.Valentina Dalla Torre è una giovanedonna, matura da molto tempo: l’avere ini-ziato il lavoro presto, l’essere divenuta madrepresto, l’aver vissuto insomma così intensa-mente da subito, ha spinto la sua mano atrasporre, tangibilmente, quanto l’animava.E “un arzzelèst ad pensiér - un arcobalenodi pensieri” viene sciorinato in una delle trepoesie, “Sól un ricòrd”, che si propongono aseguire.

SÓL UN RICÒRD

Quand che i ann i sarà passàe i segn dal témp i avrà ssgnà la mié fazza,avrò zzarcà ad scurdàr,mò am vanzzarà ancora un belìssim ricord.Anch adèss che a ssón chi mi ssóla int al ssilénzzi, sól con la cumpagnédal mié respir,a dèdich a ti una part ad mi stéssa,un cantón dla mié anima,un arzzelèst ad penssiér e ad paròl mai dìti.Grazie, par aver capì al mié bisógn ad dol-cézza,ad tenerézza, ad calór.Grazie, par al calór ch’a t’am dà, parché atssént avsìn.E squaciàr inssiém la nostra incossiénza, lanostra passión.La paura ad dir “at vói ben”, par an riussìr piùa smétar,vivénd intensamént chi ’sti àtim ad grandfelizzità.Sól, lus d’un ssentimént pur,mò, int al stéss témp, teribilmént sfurtunà.Egoisticamént a pénss che pó a starò mal,mò se an fuss acssì, adèss an putrév brìsaèssar acssì cunténta.E quand che an gh’avrò più gnènt ad quélach g’ò adèss,am ssentirò stranamént spuiàda, vóda, inù-tila.E tut al vanzzarà ssól un magnific ricòrd,fat ad baticuór e ad nòt inténssi passàdia ’scultàr al mar.Un magnific ricòrd,sól un ricòrd………..

MEDITAZZIÓN

Un ciarór luntan:l’alba.La gioia ch’la casca int un incubad dulór.

Cantata (poetica) per quattro voci (di donna)

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Mill pezz sbaglià dal mosàich dla vitai rùzzla par tèra,int un nègar e fond abìss,un bus.Suói.Al sól al tramonta.Un sól che al n’e’ mai nat.

TRAMÓNT

Al sól al tramonta int la bassóra,al vent al sùpia alziér, alziére al fa sdundlàr il spigh dal frumént.In luntanànzza ’na cà vècia,cunturnàda d’atrézz da cuntadìn,e là, santà sui sò scalìn,un vèc, con la barba lunga,con un par ’d bragh còl pèzze ’na capèla in cò.

Al sò sguard l’è luntàn, ssóra penssiér,e sla sò fazzaa par ’d védar al témp ch’al passa.’Na fazza stufa cóm il brazzach’il lavarà e, forse ancóra,il lavurarà più ch’il putrà.Póvar vèc, l’è come al sól al tramónt:fin ch’al riéss a dar un razz ad lusal vòl tgnir bòta,mò anch par lu ormai l’è sìra.

Redige in lingua dialettale ferrarese,Valentina, come la madre, GraziellaVezzelli, che però ha declinato liriche ecanzoni (è, infatti, pure cantautrice) anchein italiano: dense, le loro due scritture,eppure con spessori che non paiono profa-nare il limine della levità, del poco ( appa-rente ) in tanto (effettivo ).Entrambe vincitrici di concorsi letterari, tro-vano nel sermo familiaris il medium piùautentico per la loro espressività.

’NA MÀDAR

Cussa sàla la zéntdal tò vestì négar,dal tò fazzulét tirà bass in sla frónt,di tò òcc infussà,dla tò vós sémpar bassa,

di tò pugn sarà strich,dil tò man sémpar vódi,ad cal bén che t’a pèrss,ad cal vód ch’al n’ass cólmagnanch con tut l’univèrss,ad cla mòrssa ch’at strìcada la banda dal cuóre ad cla man che t’agh pogpar calmàr al dulórquand ch’at pénss a cal fiòl,a cla vita rubàdae davanti da ti cl’esisténzza acssì vódach’ l’ è da vìvar par fòrzafin a l’ultim suspìrmentr’at pénss che al tò vìvar l’è più brut che murìr.

IL STÉLI CADÉNTI

Ma parché in ’sta nòt incantàdaan casca gnanch ’na stéla?Agh’ o ’na péna imménsasarà dentr’ int al cuór,intant ch’a guard al zziél.Il jè là ch’il brìlacome ’na quèrta ad diamanta mìla e mìla,però nessuna ass móv.Il tréma in mèz al bluda parér tant avsìn che quasi il ss’pòl tucàr.I dis che i desidèrisol una stéla ach cascala i pòl realizàr.Dai! Casca, stéla,travèrsa l’arch dal zziéle va pian, pian.Fa ch’an m’incanta brìsaintant ch’at véd passàr.Dam al témp giust ch’agh vòla esprìmar un desidèri,prima che ass a smòrzzala ssìa dla tò lus.

QUADRÉT D’AUTÙN

La bat ai védar ’na spiuvsìna fìna,’t arméntar che ’na vcìna,fagànd al sò calzzét,l’è pèrsa in mill penssiér ad témp luntàne la sò man,

Strada bianca

CULTURA46

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CULTURA 47

di tant in tant, l’indùsia int ’na carézzasla testa d’n’ vnudìn ’ch zóga li ’d banda.Santà dnanzz al camìncoi pié pugià sl’aròla,fumand al sò tuscàn,un vèc al guarda al zzòch ch’al brusa piane ogni tant al ssciuplìss in mill ssintìllch’il ss’pèrd int un istànt,e dòp, baligànd,la vampa sól agh vanzza,che calànd e carssénd,la cùna adàsi, adàsil’incànt ad cal mumént.Fóra ’n sbruflòt ad véntal spàzza via il fói séchi come gnénte i ram quas nud ’d ’n àrbula par ch’iss a scarmìssaint al squassàr.Là sóta al fnil i pùi col pén rufàdi i spiocra tut a mucc par star più cald.Al can al sta cucìcol mus pugià sui piée al prìla sól i occ guardand in zir.Là, sóra ‘na cariòla,un pó ardupà,un gat pigrón al dorm inrudlàcon ’na zampina sui òcc par far capirche ad quél ’ch zzuzzèd lì intóranan gh’intarèssa gnént…e intant al vént, passànd in préssiasóra ’st al bèl quadrét d’autùn,al fa pruvàr un sgrisulìn ’d malincunìa.

Diversa la cifra stilistica ( ma non così tantoquella contenutistica) di VerbenaRomagnoli.Madre ‘a tutto tondo’ , ‘tirato su’ l’adoratofiglio fino alla laurea ed al conseguimentodel posto di lavoro che l’ha portato lontanoda casa, l’Autrice ha cercato ( e trovato ) ilmodo di colmare questa dolente ‘lacuna’scrivendo.Ed i motivi del suo scrivere, quelli che l’han-no stimolata, lei li ha ritrovati nel suo vissu-to quotidiano, nelle petit choses di tutti igiorni, un ‘mondo piccolo’ fatto di grandisensazioni, emozioni che solo le piccolecose di ‘poco conto’ sanno dare.Allora una lirica come “Il tempo riempì ilvuoto” diventa “Al témp l’à inpinì al vód” edambedue le versioni sono metaforicamentee simbolicamente referenti, ma non uguali,

solo due facce di una stessa luna trasfigura-ta per l’occasione, testimoni di una vója advìvar come la poesia che da essa pren-de…il nome.

VÓJA AD VÌVAR

Cóm dill criniér al vénta sligarò i mié cavìch’j’è intarzzàcon desidèri e dill fadìgh.A mitrò a nud un póchdal mié passà e a vastiròal vél d’aria pura.A mitrò j òcc sul righ scrìti:la mié man la scrivaràquél ch’la vrà dir.E sunànd la tastiéradal mié témp,ogni dì invantarò la vita.

IL TEMPO RIEMPI’ IL VUOTO

Io fatta in casa, non ho mai bevuto in un calice d’argento.Io, vestita d’aria,a piedi scalzi ho preso argilla dai fossi, con quella mi son fatta i giochi.Ho soffiato sulla piumache andasse leggeraper l’azzurro cielo,nel tuo cassetto c’era anche l’arcobaleno.

Il tempo riempì il vuoto,io accettai il tempo.

Ora ti ritrovo,come tanti insieme a me,ad implorar la vitache ti scappa tra le dita.

AL TEMP L’À INPINÌ AL VÓD

Mi fàta in cà,an ò mai buèst int un càlizz d’arzént.Mi, vastìda d’aria,a pié scalzz a i ò tolt suói dai fòsse con quél am són fata i zógh.

Poesie di:Valentina Della TorreGraziella VezzelliVerbena RomagnoliRaffaella Tonegutti

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A i ò supià s’na péna,che l’andéss alziéra par l’azùr dal zziél,int al cassét ti at gh’avév l’arczzalèst.

Al témp l’à inpinì al vód,mi a i ò azzetà al témp.

Adèss at tróv,cóm tanti insiém a mi,a inpluràr la vitache l’at scàpa tra il dìda.

Last but not least, Raffaella Tonegutti,un’altra giovane donna, un’altra personalità:irruente, sanguigna, viscerale, stila poesie initaliano ed in dialetto.Esprimendosi con il secondo, il suo linguag-gio spesso s’arricchisce di voluti ed oppor-tuni neologismi che ricreano atmosfereestemporanee e contemporanee, riferiteagli affetti, alle gioie, ai dolori dell’esistenza.A seguire, tre sue opere, due in italiano, unanella lingua di latte, per parlare del propriolatte materno, rivolto alla creatura che portain grembo, nel suo particolare ‘essereDonna’.

VORREI E NON VORREI

Vorrei e non vorreisorprendere arcuatalo sguardo incertostralunato dal capirela solitudine.

Vorrei e non vorreiscompigliare le bigliegiostrare i filidell’esserequando il destinos’è fatto.

COLLETTO BIANCO RECISO

Voli irrequieti trameandri cromati di tubiridotti in pollice.

Calzoni ogni giornoparole, numeri sfiatatigarbi in cornice.

Studi bucati,virate incoscientiignorando l’Eden.

Scivolo su specchid’esperienzariflessi da spicchid’orgoglio.

Inediti virgultiadornano ilcolletto bianco reciso.

A TI, FIÒL

Carssarà fort int al mié véntar sicùr,at darò la luna e il stéll, se ta li vrà.A i ò preparà tanti fòl da cuntàr,indóv al bén scunfìz al mal,indóv al giust prevàl.S’incaminarém par i sentiér dla vita, cuiénd il ròs ad gentil primavera.Ti at furarà col spin, ma brìsa avér guai:a sarò pronta a curàr il frid,at cunsularò dal dulór, dal spavént,at sufucarò d’atenzzión, d’afètt,parché at póssa èssarfiér ad te stéss.Slungarò la man al capitàrd’ogni tò cascàda,ti, putìn, brìsa avér paura.Quanti fòl il i è pronti par éssar urciàdi,stòri ad tuti i dì, racónt ad vita.Purassà quèi at dév imparàr, brìsa sémpar agh è amór tra la zént,spéss la cópa, pò l’ass pént.Quant quèi che a dév insgnàrat,quant quèi ch’a dév incóra imparàr…Ma ti, par adèss,carsarà fort int al mié véntar sicur,sibén an cgnóssa brìsa al culór di tò òcce an so gnanch il tò sumigliànzz,sav, putìn mié, che mi at vrò bén,fin d’adèss, mi a t’am!!!.

CULTURA48

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CULTURA 49

Gabriele Turola La pittura metafisica, le cui origini risal-gono al soggiorno del grande de Chiricoprima a Firenze, poi nella città estense

durante il periodo della grande guerra, trovain Antenore Magri un suo ideale e degnissi-mo continuatore. Ma se entrambi rappre-sentano piazze, città, oppure spazi incantati,trasfigurati, non identificabili geograficamen-te, ci sembra che Mario Masperi rientri inquesta corrente apportandovi un suo parti-colare contributo, cioè effettuando una con-taminazione fra realtà e sogno, introducen-do gli enigmi metafisici all’interno di un pae-saggio ben riconoscibile, padano, quellospecifico della Bassa, delle Valli.L’artista, nato a S. Biagio d’Argenta nel 1931e scomparso nel 1992, ha frequentatol’Istituto d’Arte Dosso Dossi di Ferrara sottola guida di Nemesio Orsatti dal 1947 al1951; si è poi diplomato al Liceo Artistico diVenezia; dal 1960 ha insegnato educazioneartistica presso le scuole medie di Argenta,Terni e, per oltre un trentennio, diPortomaggiore.Ha tenuto mostre personali a Ferrara,Chivasso, Foggia, Bologna, Argenta,Portomaggiore, Terni, Belluno, Auronzo diCadore, Venezia, Ravenna, Este, Padova,Torino, Monselice. Nei suoi paesaggi e nellesue marine regna quel senso di dolce soli-tudine e di incanto che costituisce unapeculiarità della pittura metafisica.Ampi orizzonti pervasi di una magicasospensione, spazi silenti, cieli piatti. ciriconducono alle atmosfere metafisiche diAntenore Magri. Inoltre, come de Chiricoproponeva i manichini quali personaggi-chiave del suo mondo enigmatico, cosìMasperi introduce nei suoi paesaggi desertila figura dello spaventapasseri e delle mon-dine, prive di tratti fisionomici. Proprio comei manichini di de Chirico, le mondine diMasperi col volto interamente coperto dacappelli di paglia, ridotte a silhouettes quasiastratte, vanno intese come personificazionidi un paesaggio straniante dove la storia e iltempo si intrecciano con una dimensionesurreale. Le mondine di Masperi, come leMuse inquietanti del pictor optimus, rappre-sentano il mistero della condizione umana,sono le custodi, le vestali della campagna, in

particolare della Bassa padana, dove lerisaie, i campi di grano, le nevicate, gli albe-ri, i salici dai tronchi nodosi e scavati evoca-no atmosfere magiche, spettrali, ben lonta-ne dai paesaggi postimpressionisti, solari esanguigni di Cattabriga. La campagna diMasperi corrisponde alle piazze deserte,oppresse da ombre cupe, di de Chirico oagli orizzonti sconfinati di Magri, dove la pre-senza umana è del tutto abolita, sostituitada radi alberelli scheletriti, da barche chesembrano salpare verso i mari del sogno oda palloncini, sottratti alla forza di gravità,che volano in un cielo fiabesco.Un altro arista che senz’altro ha influenzatoMasperi risulta Virgilio Guidi, soprattutto perquel che riguarda le sue celeberrime“Marine”, dove cielo e acqua si fondono for-mando un tutt’uno e dove la ricerca dellaluce, intesa secondo un’accezione filosofica,hegeliana, trasforma le vedute di Venezia inpure astrazioni; non a caso il Maestro diver-rà un protagonista del movimento spazialeinsieme a Fontana e Deluigi.Masperi, a differenza di Guidi, non abban-dona mai il riferimento al dato reale e anchein ciò si scorge una sua matrice tipicamentepadana, terragna, però innestata nel solco diuna pittura aggiornata, metafisica e fauve,riflessiva e solare ad un tempo.Venezia costituisce per lui un luogo dellamemoria, una fonte d’ispirazione, proprio alLiceo artistico della città lagunare il pittoreargentano si è diplomato negli anni ‘50,inoltre egli denota un evidente aggancio coni pittori che si muovono in area veneta:Guidi per la sintesi e il lirismo essenziale,spoglio, Saetti per il motivo ricorrente delsole ridotto ad elemento astratto, Borsatoper i contrasti cromatici fauves, il gusto dellanarrazione attraverso immagini icastiche,incisive. Masperi ama raffigurare non solo lacampagna ferrarese, ma anche le marineveneziane. Quindi la sua formazione artisti-ca comprende gli stimoli ricevuti dai pittoridi due città: Venezia e Ferrara. Nel secondocaso egli, oltre a tenere presente la lezionedi Antenore Magri, come abbiamo accenna-to, ama guardare indietro nel tempo, infattiha reso un doveroso omaggio a un Maestrodell’Officina ferrarese, Omaggio a Francesco

Mario Masperi, un pittore metafisicodella campagna ferrarese

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del Cossa, acrilico su legno, 1987. Il dipintoin questione rappresenta un frammento delMese di Marzo di Schifanoia, reinterpretatoin chiave personale: appare un contadinoche pota una vite, accostato a un enorme enodoso salice, l’opera è stata esposta nellamostra Per Schifanoia, allestita presso ilCastello estense di Ferrara nel 1987, curatada Lucio Scardino. Fra parentesi va aggiuntoche gli affreschi di Schifanoia danno luogo aquello stile visionario e fiabesco, magico estregonesco, tipico della Scuola ferrarese incui affonda le radici la Pittura Metafisica.Non a caso, anzi per un segno evidente deldestino, de Chirico durante il suo soggiornoa Ferrara ai tempi del primo conflitto mon-diale, amava visitare il Salone dei Mesi e siispirò proprio ai ciclopi del Mese diSettembre, dipinti da Ercole de’ Roberti, percreare i suoi manichini inquietanti dalla testaa forma di uovo. Prendiamo ora in esamealcune opere significative di Masperi chefanno parte della collezione GiuseppeStagni di S. Bartolomeo in Bosco. InMondine, 1979, olio su tela cm 20?30, spic-ca una tavolozza accesa, tipicamente fauve;strisce di colore denso, pastoso e intensovengono stese con la spatola, le mondine sipresentano di spalle, la gamma vivace deigialli, rossi, verdi ci ricorda questa frase:“Una commozione di colore puro”, comeebbe a dire De Pisis a proposito della pittu-ra di Melli. In Venezia, 1979, olio su tela, cm20x30, il gusto della sintesi ci riporta alleMarine di Virgilio Guidi, l’acqua della lagunaè resa con un blu di Prussia cupo, nell’isoladella Giudecca sorge la chiesa delRedentore colpita da una luce tersa, fatta dicaldi tonalismi, la barca in primo piano rove-sciata, tagliata prospetticamente, conferisceun senso di metafisica solitudine.In Mondine e vecchio salice, senza data, oliosu tela, cm 30x40, l’al-bero dai colori intensirichiama il salice del suoOmaggio a Francescodel Cossa, il campo digrano in scorcio, dispo-sto in diagonale, lasciaintravedere una mondi-na col volto completa-mente coperto da unenorme cappello dipaglia, che la rendesimile a uno spaventa-passeri, il sole sembrauna moneta d’oro getta-ta nel cielo piatto,metallico. InfineNevicata del 1989, oliosu cartone, cm 20x30,ci propone un sole palli-

do, montagne desolate, alberi coperti dineve, intrisi di una poetica malinconia, assi-milabile ai paesaggi struggenti del grandeMusic o alle nevicate di Magri.Nel 1991 è stato pubblicato un catalogodedicato a Mario Masperi, un anno primache morisse, con introduzione di GiuseppeInzerillo, allora Provveditore agli Studi diFerrara, con testi di Antonio Caggiano, RinoBoccaccini, del sottoscritto e di ManlioBacosi, pittore umbro al quale Masperi sem-bra ispirarsi allorché dipinge le sue naturemorte materiche degli anni ‘80. Ma cipreme soprattutto sottolineare due testimo-nianze importanti riportate nel detto catalo-go: la prima è di Virgilio Guidi che nel com-mentare le Marine veneziane di Masperi, incui compare, a volte in primo piano, la figu-ra di un vescovo, vi riconosce “una conce-zione religiosa del mondo per l’unità dellecose”.Infatti l’artista argentano affronta a volte sog-getti sacri, come ad esempio Cristo, 1990,acrilico di impronta matissiana. InfineAntenore Magri, col quale Masperi espose aFerrara nel 1976 presso la Galleria Loma divia Contrari (la mostra comprendeva tre arti-sti, fra cui anche Celati), scrive: “Masperi si ècreato un’astrazione sua, un linguaggio per-sonalissimo per una pittura che ritrae archi-tetture, personaggi e cose in un mondod’incanto”.Si tratta di una nota critica amichevole cheesprime affinità elettive, il comune interesseper una pittura meditativa, metafisica, in cuila forma e il contenuto si sposano armonio-samente.

Desideriamo ringraziare GiuseppeStagni per la sua amichevole collabo-razione.

Mario Masperi: “Mondina evecchio salice”. Olio su tela, cm30x40, collezione GiuseppeStagni

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Luca Brunelli

Il biglietto-invito, ancora conser-vato sul retro del quadro

Il misterioso sincronismodegli eventi mi ha fattovarcare la porta di casa

Padovani un pomeriggio d’e-state inoltrata.Luisa Padovani e MarisaOccari: due amiche che dis-corrono.La loro piacevole conversa-zione in giardino, in quelgiardino così ermeticamentericordato da Folco Quilicinella sua introduzione allamonografia “Corrado Padovani” a cura diLucio Scardino, mi ha magicamente proiet-tato nella dimensione di un tempo che nonc'è più.Ricordi, rievocazioni delle stagioni di unaFerrara animata dai salotti intellettuali.Tutto svanito.No, fortunatamente no. All’interno di quellacasa, nel vissuto di quelle stanze si conser-vano vivi, intatti, i frammenti della vita diquel tempo e i protagonisti di allora conti-nuano a parlarci.Ci parlano attraverso le loro opere: moleco-le d’arte purissima, materia molecolare viva.E così, giocando con la fantasia, incontroCorrado Padovani e all’angolo del corridoio,con grande sorpresa, Augusto Tagliaferri, ilpittore porottese prematuramente e tragica-mente scomparso nel 1909; una “marina”:pastello dai colori sfumati, inafferrabili,acquistato da Corrado nel 1922.Nella primavera di quell’an-no infatti, il critico-pittore par-tecipò, come é documentatodal biglietto-invito ancoraconservato sul retro del qua-dro, alle celebrazioni com-memorative in occasione delcinquantesimo anniversariodella nascita Tagliaferri.Al teatro “Verdi” di Porotto,l’omonima società coraleallestì per l’evento unamostra delle opere del pitto-re porottese, e il discorso di

presentazione fu affidato a Ferruccio Luppis,altro poliedrico artista ferrarese, che ne curòe pubblicò anche la relativa monografia.Nel Maggio successivo, l’esposizione vennepoi replicata anche a Ferrara nelle sale di“Palazzo Crema” e proprio in quella circo-stanza Corrado Padovani acquistò la “mari-na”: la notizia appare sulla “GazzettaFerrarese” del 18 maggio 1922.Ma ora continuiamo a fantasticare e... chis-sà... un giorno non lontano gli abitanti della“città delle meraviglie” potranno ammirare,in una sede prestigiosa, una grande mostracome quella allestita nel 1928 nelle sale di“Palazzo S. Anna” (in occasione dell’inaugu-razione della Torre della Vittoria) sfatandocosì, almeno per una volta, il pensiero diAugusto Droghetti: “... Ciò che é nostrano, erimane nostrano sarà una fatalità, pare nonabbia valore... “.

La “marina” di Augusto Tagliaferri

La “marina” di Augusto Tagliaferri

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Alle propaggini di Alghero, verso PuntaNegra, sorge una località novecente-sca, Fertilia, la cui genesi ha molto a

che fare con Ferrara.Il 7 ottobre 1933 venne infatti ufficialmenteistituito l’”Ente Ferrarese di Colonizzazione”,a cui furono attribuiti 13.000 ettari nella pro-vincia di Sassari (1).Per risanare i terreni dell’Algherese, zona“desertica e ventosa”, furono qui inviati varicontadini della provincia di Ferrara.L’Ente che li raggruppava era stato “istituitoproprio negli anni cruciali della campagnaruralista, attraverso un provvedimento atto adecongestionare il Ferrarese, una zona poli-ticamente pericolosa per la presenza di unelevato numero di braccianti disoccupati”(2).Questa sorta di atteggiamento “repressivo”s’avverte ancor più nella scheda su Fertiliaredatta da Sergio Polano: “affidata in gestio-ne all’”Ente Ferrarese di Colonizzazione”, labonifica della Nurra parte dall’insediamentodi una serie di bagni penali, per i quali è pre-vista, in un secondo tempo, la sostituzionedei detenuti con i coloni, scelti direttamentedal commissariato dell’Ente e sottoposti adun rigido contratto, la cui trasgressione com-porta la rescissione” (3).Più o meno lo stesso avvenne contempora-neamente nell’Agro Pontino e, qualchetempo dopo, in Libia, dove sorsero neldeserto centri agricoli intestati a personaggiferraresi (Arturo Breveglieri, operaio ferito amorte a Pontelagoscuro nel 1921), coltivatidai loro conterranei e talora decorati da arti-sti provenienti dalla provin-cia ex-estense (4).Secondo il decreto istitutivol’Ente di Colonizzazionedoveva trapiantare inSardegna, in zone a bassoindice demografico, fami-glie di coloni ferraresisoprattutto “al fine di costi-tuire la piccola proprietàcoltivatrice”.Il progetto, quindi, vide una

sorta di collaborazione implicita fraEdmondo Rossoni, da Tresigallo, Ministrodell’Agricoltura e delle Foreste, del ferrareseItalo Balbo, allora Ministro dell’Aeronautica edell’onorevole sardo Mario Ascione, il qualevoleva bonificare il territorio della Nurra,acquitrinoso, malarico e spopolato.Dopo un paio di anni di faticoso lavoro, abase di decespugliamento, irrigazione e dis-sodamento (nonchè messa a coltura di olivi,mandorli, viti e cereali), fu deciso di costitui-re un villaggio nel cuore del territorio: l’8marzo 1936 fu così posta la prima pietra diFertilia. L’onorevole Ascione (che tra il 1934e il 1943 fu il direttore dell’Ente) fece redi-gere una sorta di piano regolatore da untecnico di sua fiducia, l’ingegner ArturoMiraglia: ma, circostanza ignorata del tuttodagli storici concittadini, contemporanea-mente veniva affidato il medesimo incaricoad un professionista ferrarese, l’ingegnerGiorgio Gandini. La notizia si evidenzia grazie ad un articoloapparso sulla rivista mensile “L’EconomiaNazionale”, diretta dal senatore Livio Tovini:nel numero del’ottobre 1936 (quindi ad unsemestre dall’inaugurazione del paese) viapparve un lungo testo siglato EcNaz e dedi-cato per l’appunto a Fertilia, “ultima fra lecittà create dal Fascismo”. Ebbene, l’articoloè corredato da quattro disegni progettuali(per la Residenza Comunale, la Casa delFascio, la Casa del Balilla, gli Uffici Agrari diBonifica che dovevano sorgere nella Piazza9 maggio), tutti firmati per la nuova borgatada Giorgio Gandini.

Giorgio Gandini, Progetto per laResidenza Comunale di Fertilia.

Lucio Scardino

Un paese “ferrarese” in Sardegna:Fertilia

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Questo ingegnere aveva avuto modo didistinguersi nella Ferrara “balbiana” grazie aiprogetti della Casa del Fascio e della sededel “Corriere Padano”, invero alquanto eclet-tici e soprattutto per uno dei capolavori delRazionalismo nostrano, il Palazzodell’Aeronautica, edifici tutti posti sull’arteriadi viale Cavour.Nato a Ferrara il 1° marzo 1893, dopoessersi laureato in Ingegneria, Gandini erastato assunto dall’Istituto Autonomo CasePopolari, di recentissima fondazione, qualeprincipale progettista. Ma oltre a realizzarevari casamenti “popolari” a Ferrara (sia incentro che in periferia), l’ingegnere avevadelineato progetti per altre committenzepubbliche, anche per i sindacati: si ricorda-no in particolare i disegni per le case sinda-cali di Madonna Boschi, nei pressi diPoggiorenatico e a Tripoli, entrambi raziona-listi.Pur non avendo aderito ufficialmente alM.I.A.R. egli infatti progettò vari edifici inquello stile ed ebbe spiccate simpatie per leAvanguardie, come rivelano scenografie percommedie di Luigi Pirandello (che egliconobbe personalmente) e la sua adesioneal Futurismo (5).Al di là di alcuni disegni progettuali non lon-tani da Sant’Elia, nel 1941 egli espose aFerrara nella sala futurista predisposta dal“Gruppo Savarè” la propria scultura “Il fab-bro”, in terracotta (6), assieme ad opere deiconiugi Korompay, Antenore Magri eGaetano Sgarbi.Eclettico ed intelligente, colto e vivace,Gandini lavorò per la Sardegna a più riprese,anche se i suoi interventi isolani sono staticonfusamente ripercorsi: ad esempio, i suoiquattro progetti per Fertilia sono stati ripub-blicati nel 1998 da Giorgio Peghin ed EmilioZoagli, senza indicarne l’autore nelle dida-scalie relative, salvo poi postillare in unanota che questi disegni “sono stati progetta-ti dall’architetto Giorgio Gandini, anche senon esiste nessun riscontro documentariocirca questa attribuzione”, quasi ad ipotizza-re una sorta di “millantato” da parte del loroautore (7).Nello stesso volume del ‘98 un testo diMarco Rinaldi sembra poi voler attribuire idisegni a Miraglia, accusando quasi i redat-tori della vecchia rivista di un’inesattezza(8). Ma poi Giorgio Muratore scrive che fra imigliori architetti operanti nella Sardegnafascista fu Gandini, “sicuramente il menonoto tra i nomi ricordati, ma non per questomeno significativo. Attivo collaboratore al

primo progetto urbanisti-co per il nuovo centro diFertilia e all’unico edificiorealizzato di quel piano,la scuola (in realtà, diMiraglia, n.d.a.), figuraimportante nell’ambitoferrarese e non lontanodalle posizioni di Grossi,di Cianetti e di Balbo, fuuno dei personaggi diriferimento nel dibattitosindacale ed economicosull’abitazione; realizzònegli stessi anni, nellasua città, il primo prototi-po di abitazione (perl’I.A.C.P., n.d.a.) dal qualederiverà nel secondodopoguerra l’intero mec-canismo di finanziamen-to del piano Fanfani. Inanalogia e in sintomaticoparallelismo con l’espe-rienza plastica e figurativadi Montuori, Gandinilavora sul tema della casa e dei relativi mec-canismi tecnici e finanziari anticipando dicirca un decennio e, anzi, realizzando difatto il primo campione “al vero” di unmodello di intervento squisitamente “corpo-rativo” che verrà poi travasato, in praticasenza sostanziali mutazioni, nel più impor-tante piano che l’Italia della “ricostruzione”varerà definitivamente negli ultimi quarantaanni sotto l’egida del “piano” Fanfani” (9).L’ambigua e quasi schizofrenica visione sto-riografica di questi studiosi cozza contro lacircostanza oggettiva che Gandini contem-poraneamente nell’isola stesse progettandol’Aeroporto militare di Elmas, a Cagliari,come rilevato dal catalogo di una importan-te mostra romana, allestita di recente nellePiccole Terme Traianee.La scheda è incentrata soprattutto sullaCaserma degli Avieri, “con la sua facciataanimata da quattro agili pilastri... uno deglistabili più interessanti dell’intera area.Un’elegante rampa elicoidale domina l’in-gresso centrale” (10). Questo motivo mettein stretto rapporto Gandini con uno deimigliori e più giovani architetti della “scuolaromana”, il famoso Luigi Moretti: basti vede-re la scala elicoidale nella sua Casa dellaGioventù a Trastevere, progettata nel 1933(11). Nella bibliografia del catalogo capitolino èquindi citato un interessantissimo libro diFranco Masala sull’architettura contempora-

Fertilia in una cartolina recente:sul fondo, il Palazzo del Comune.

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nea in Sardegna, dovel’aeroporto di Elmas èben descritto e foto-grafato. Gandini erastato nominato consu-lente dell’ufficio tecni-co del DemanioAeronautico di Cagliari,presumibilmente - sirileva - quale “protégédi Balbo”, ferraresecome lui. Al di là delleraccomandazioni ditipo campanilistico, inquesta cittadella dell’a-ria Gandini dimostròintelligenza funzionale,ordinata simmetria,sensibile adesione aglischemi modernisti,impeccabile gustodecorativo (12).Balbo può averlo certoimposto, come nelcontempo ha tentatodi “ferraresizzare” l’ar-

chitettura della Libia (dove fu Governatoredal 1934 al 1940), ma è anche vero, osser-vando con attenzione il medesimo volumesardo (p. 167), che proprio il Modernismotendeva a codificare una sorta di omologa-zione del linguaggio, come si vede nelPalazzo delle Poste di Nuoro, in cui l’archi-tetto Angiolo Mazzoni propose i medesimimascheroni teatrali della facciata di quello diFerrara, infischiandone degli elementi autoc-toni “isolani”, così come di quelli decorativineo-estensi.

Ma torniamo a Fertilia, dove nè Gandini nèMiraglia ebbero la soddisfazione di vedererealizzati i propri disegni urbanistici: la bor-gata fu infatti costruita a partire dal 1936seguendo le direttive imposte da un gruppocomposto dagli architetti Petrucci e Tufarolie dagli ingegneri Paolini e Silenzi, ossia glistessi che avevano contemporaneamentevinto il concorso per i piani regolatori diAprilia e di Pomezia, nella nuova provincia diLatina (13).Una constatazione: furono proprio questinuovi paesi laziali, ed ancor più il BorgoPasubio di Pontinia ad accogliere un grannumero di contadini (circa 900 famiglie)provenienti dalla provincia di Ferrara (14).Il gruppo romano (denominato “2PST”)rielaborò notevolmente i progetti iniziali, manella località per noi ferraresi è da registrare(sentimentalmente?) una eco delle soluzio-ni ideate da Gandini (15), anche se ilMunicipio turrito è diversamente risolto, cosìcome il prospiciente monumento “marcia-no” dinanzi al mare. Ma nel paese, con idue “blocchi di edifici, rigorosamente sim-metrici e porticati (che) costituiscono laparte centrale dell’abitato e (che) ricorronoal repertorio “metafisico” del Classicismoripulito di ogni elemento superfluo per con-tare soltanto su forme semplici” (Masala)(16), visitato nel corso di caldissime giorna-te estive, è riemerso il ricordo sia dellecostruzioni dechirichiane che delle strade diTresigallo, paese contemporaneamente ri-costruito per l’impegno del ministro Rossonie dell’ingegner Frighi.Il Miraglia, l’altro sconfitto dai “romani”, siprese almeno una rivincita, come rilevato,nella bella scuola elementare di Fertilia,razionale e internazionalista, simile allacoeva scuola “Alda Costa” di Ferrara, erettadai fratelli ingegneri Savonuzzi.La costruenda, autarchica e quasi dimessaarchitettura di Fertilia (“pregevole comples-so” secondo Polano) conobbe una certanotorietà, quando, alla fine del 1938, fu pre-sentata nel padiglione dell’”Ente Ferrarese diColonizzazione”, allestito da Saverio Muratoriall’interno della Mostra della BonificaIntegrale, al Circo Massimo di Roma.L’opuscolo edito a corredo iniziava infor-mando i lettori che “l’Ente Ferrarese diColonizzazione, sorto per la solidarietà delleassociazioni professionali della Provincia diFerrara, che hanno contribuito in modo tota-litario alla costituzione del capitale iniziale,ha il compito di fissare il maggior numeropossibile di famiglie coloniche, tratte dallaProvincia di Ferrara, in Sardegna...”.

Una recente cartolina di Fertiliacon una duplice veduta: in alto, laChiesa parrocchiale.

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La lapide in memoria del pittoreGiuseppe Biasi, posta sulla faccia-ta della Chiesa di Fertilia (il ritrattoè opera di Gavino Tilocca).

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Ma così non fu: l’ennesima utopia ferraresesi infranse non soltanto con le difficoltà dellaguerra, ma anche con altre sfortunate circo-stanze. La Società divenne infatti “EnteSardo di Colonizzazione” e la costruzionedel paese nel golfo di Alghero fu completa-ta dai profughi giuliani, in fuga dallaJugoslavia di Tito. I nuovi abitanti (so-prattutto pescatori) ter-minarono, ad esempio, la chiesa parrocchia-le nel 1955, dedicandola a San Marco ederigendo vari altari in ceramica eseguiti daGiuseppe Silecchia con veneteggiante ico-nografia.Permangono nell’abside i mosaici diGiuseppe Biasi (ricordato altresì all’esternodella chiesa da un bronzeo ritratto di GavinoTilocca) (17), raffiguranti il “Cristo risorto” fradue Angeli (1941).In quest’opera musiva, di vago ricordo“funiano”, il grande pittore novecentistainsulare, nei cui ultimi quadri s’evidenziano“le linfe amare del pessimismo, del disin-canto, della malinconia esistenziale”, perdirla con Vittorio Sgarbi (18), ha lasciato unasorta di testamento spirituale.Non riuscirà a completare la decorazionedella chiesa e dovrà trasferirsi in Piemonte:qui, il 20 maggio 1945, sarà ucciso a sassa-te da un antifascista.Alla sua memoria è dedicato quest’articolo,così come ai tanti coloni ferraresi “morti difatica” bonificando il territorio attorno aFertilia.

Note

(1) E. A. Valsecchi, Nella Nurra del Sud: Fertilia3, Sassari, 1999, p. 35.(2) M. L. De Felie, Le città di fondazione fasci-sta, in “Le città di fondazione in Sardegna”,Cagliari, 1998, p. 105.(3) S. Polano, Guida all’architettura italianadel Novecento, Milano, 1991, p. 563.(4) Cfr. L. Scardino, Dentro e fuori le mura.Quattro testi sull’arte ferrarese moderna,Ferrara, 2003.(5) Il dizionario del Futurismo, a cura di EzioGodoli, Firenze, 2001, ad vocem.

(6) A. P. Torresi, I futuri-sti ferraresi del gruppoSavarè, in “La Pianura”,n. 2, 2000.(7) G. Peghin - E.Zoagli, Fertilia. Storia efondazione di una cittàmoderna, in “Le città difondazione inSardegna”, Cagliari,1998, p. 175, nota 24.(8) M. Rinaldi, Le ulti-me città, in “Le cittàdi fondazione inSardegna”, cit., p. 95,nota 22. (9) G. Muratore, Cittànuove in Sardegna, in“Le città di fondazionein Sardegna”, cit., p.125. (10) Ritratto di un’idea.Arte e architettura nelFascismo, a cura diRossana Bossaglia,Roma, 2002, p. 80.(11) Cfr. Luigi Moretti,a cura di SalvatoreSantuccio, Bologna, 1986, p. 28.(12) F. Masala, Storia dell’arte in Sardegna.Architettura dall’Unità d’Italia alla fine del‘900, Nuoro, 2001, pp. 157-161.(13) AA. VV., Futurismo e Agro pontino, Latina,2000.(14) C. Rossetti, I ferraresi nella colonizzazio-ne dell’Agro pontino, Roma, 1994, p. 172.(15) G. Pellegrini, Da Mussolinia a Carbonia,le Città di fondazione in Sardegna, in“Metafisica costruita”, Milano, 2002, p. 144,rileva lo “schietto stile razionalista” di Gandininei progetti per gli edifici pubblici a Fertilia. Della località sarda parlava anche S. Ruinas,Viaggio per le città di Mussolini, Milano, 1939,p. 25: “l’Ente Ferrarese di colonizzazione offrìgeneroso le necessarie energie collo scopo difissare il maggior numero di famiglie, trattedalla provincia di Ferrara, in Sardegna e in altrezone a scarso indice demografico, al fine dicostituire la piccola proprietà coltivatrice”. (16) Masala, cit., p. 218.(17) L’opera, del 1961, non è citata nel cata-logo Tilocca sculture, a cura di Gianni Murtas,Sassari, 1998. Gavino Tilocca, di formazioneaccademica carrarese, visse a Sassari dal 1911al 1999.(18) V. Sgarbi, L’arte vera non deve essere: è,in “Giuseppe Biasi”, Nuoro, 2001, p. 30.Biasi decorò anche Villa Argentina a Viareggio

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“San Marco”, ceramica all’internodella Chiesa di Fertilia (opera diGiuseppe Silecchia).

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CULTURA56

Antonio P.Torresi

Vittorio Caradossi, medaglione diClementina Pasi. Cimitero di S.Nicolò.

Sculture ad Argenta

Antonio P. Torresi

Prefissomi lo scopo di indagare la sta-tuaria esistente nel Comune di Argenta,mi sono accorto che essa è stata varia-mente analizzata negli ultimi anni, acominciare dalle sculture presenti nellaCivica Pinacoteca (1), per finire a quellenella principale chiesa, dedicata a S.Nicolò: dal monumento a don GiovanniMinzoni, capolavoro novecentesco diAngelo Biancini (2), all’immagine delsanto patrono (datata 1728), di recenterecuperata dal cortile dell’Istituto diBeneficenza “Manica” ed ora posta nel-l’atrio della chiesa stessa.Ho quindi preferito, per presentare ailettori de “La Pianura” qualche operainedita, rivolgere la mia attenzione allastatuaria di tipo funerario, svolgendouna ricerca in alcuni cimiteri del

Comune. Ma mentre aBoccaleone non horintracciato alcun’ope-ra, sono stato invecefortunato nel cimiterodi San Nicolò, la primafrazione argentana chesi trova partendo daFerrara. Sotto l’arco della nobi-le famiglia Pasi hoinfatti rintracciato benquattro sculture firmateda importanti artistioperanti a Firenze nelprimo Novecento. Ciòsi spiega con la circo-stanza che questafamiglia fosse alquan-to legata all’ambientetoscano. Malagù rac-conta che la loro villadi S. Nicolò venne tra-sformata “nello stiledelle grandi magioni

toscane. Più che imitazione è la fedeletrasposizione degli elementi che si nota-no in molte case dei dintorni di Firenzee nella città stessa. Si ha l’impressionedi girare verso Settignano e di arrivare avilla Riccarda o alla Capponcina, di dan-nunziana memoria, per trovare riscontrodel largo bugnato in pietra serena tornoa torno alle finestre arcuate e al corona-mento dei finti vasi fioriti. Nella villa nonc’è nessun errore di proporzione perchéil committente ebbe l’avvertenza diimportare il capo-mastro (del quale èsconosciuto il nome) assieme alle mae-stranze”(3). Ma il Malagù commette unerrore attribuendo questo singolareesempio imitativo di architettura filo-toscana alla committenza dell’agricolto-re Giuseppe Casazza, subentrato ai Pasicome proprietario dell’edificio negli anniTrenta. Più correttamente Giglioli scriveche “la facciata è recente e fonda tuttala struttura in un unico armonico con lefinestre arcuate e i finti vasi fioriti. Laristrutturazione fu commissionata dallasignorina Pasi nel 1932 ad artisti fioren-tini importando capomastro e mae-stranze” (4). La signorina Teresa Pasi era l’ultimadiscendente della nobile famiglia e perfar eseguire i medaglioni in marmo deiparenti defunti si rivolse per l’appunto ascultori fiorentini. Sotto l’arco spiccaanzitutto il medaglione di ClementinaPasi, firmata “Prof. V. Caradossi. Firenze”:quindi il ritratto marmoreo è anteriore al1918, anno della scomparsa di VittorioCaradossi. Nato a Sesto Fiorentino nel1861, questo scultore, dopo aver fre-quentato l’Accademia di Belle Arti diFirenze, ne fu nominato “accademicocorrispondente”(5). Il suo capolavoro èil monumento allo scultore rinascimen-tale Desiderio, collocato nel 1904 nel-l’omonima piazzetta di Settignano, di ungustoso revival “neo-mediceo”. MaCaradossi, che aveva esposto in impor-tanti mostre collettive a Parigi e San

Sculture ad Argenta

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Francisco è soprattutto noto per la suaattività di scultore funerario: ricordiamoperlomeno la sobria figura della Fedenella Cappella Salvadori e il busto bron-zeo di Annunziata Dolfi, entrambi nelcimitero monumentale di San Miniato aFirenze, il medaglione marmoreo delcelebre letterato Niccolò Tommaseo, nelcimitero di Settignano e il cippoKomapoblkon in quello degli Allori, allaperiferia di Firenze. L’inedita opera per S. Nicolò raffigurauna fanciulla elegantemente vestita econ il perfetto ovale impreziosito da gra-ziosi orecchini a pendente, con richiamial Verismo appreso dal suo maestroAugusto Rivalta. Lo scultore fiorentino maggiormenterappresentato sotto l’arco Pasi è però ilpiù noto Alimondo Ciampi, che per S.Nicolò eseguì il medaglione di LuigiPasi, firmato e datato “Firenze. 1935” equello della consorte Angela, firmato edatato allo stesso modo; nella parteellittica del monumento funenario è poiun medaglione in marmo firmato edatato nel 1935 sempre dal Ciampi,che raffigura una giovane monaca nonmeglio identificabile, sovrastante ilmedaglione di ignoto che effigiaGiambattista Pasi, scomparso nel 1864. E’ comunque da rilevare che tutta latomba Pasi versa in cattive condizioni: lelettere bronzee con i nomi dei defuntisono state in gran parte asportate, cosìcome un medaglione marmoreo, raffi-gurante Angela Rossi Foschi Pasi e ascri-vibile, secondo il parroco don AngeloZerbini, forse alla mano dello scultoremirandolese Enzo Nenci.Ricavati verosimilmente da fotografie, itre medaglioni del Ciampi non sono inverità da annoverarsi tra i suoi capola-vori, tuttavia si fanno apprezzare per lacaratterizzazione psicologica, l’accura-tezza dell’esecuzione e la resa dellestoffe degli abiti e dei capelli. Alimondo Ciampi nacque a San Mauroa Signa nel 1876 e morì a Firenze nel1939. Qui frequentò l’Accademia diBelle Arti; realizzò numerosi monumen-ti, espose in varie occasioni (ma nel1924 fu presente anche alla Biennale diVenezia) (6) e soprattutto si dedicò acomposizioni di carattere liberty-simbo-lista, come ha rivelato una recente retro-spettiva allestita nella chiesa di S.Lorenzo a Signa (7).Per quanto riguarda i nobili Pasi (8), è

da aggiungere chefurono anche filantropi:di fronte alla chiesa diS. Nicolò sorge ancoroggi l’”Asilo Pasi”, gesti-to dall’Opera PiaNagliati Braghini, men-tre la loro villa tosca-neggiante è oggi unpiccolo ricovero peranziane. Un’altra opera di artistitoscani ho rintracciatonel cimitero di Argenta:si tratta della tombadella famiglia Manica,ennesimi benefattoridella zona, imparentaticon i nobili Zavaglia diFerrara. Benchè nonfirmato, il monumentomarmoreo ricorda for-temente l’opera di dueornatisti toscani trasfe-riti in Romagna, ossia ipisani Virgilio e RanieriMontanelli. Basti osservare le loro opererintracciabili nel cimitero monumentaledi Ravenna: molto simile al sepolcroargentano è il disegno per la tombaPileri-Brunetti di Ranieri, recentementeriprodotto (9). D’impostazione squisita-mente neorinascimentale, il manufattopresenta raffinate decorazioni floreali (ifiori di papavero, palmette, ghirlande)sapientemente distribuite nel candoredel marmo. Ma l’opera più pregevole nel cimiteroargentano è il grandioso monumentodell’avvocato Giuseppe Vandini, altrobenefattore: nel 1860 fece apporre aproprie spese una balaustrata in ferrofuso nella parrocchiale di S. Nicolò,mentre ancora oggi l’ospedale argenta-no in via Nazionale è dedicato a“Mazzolani-Vandini”. Il primo nome siriferisce a quello della moglie EmiliaMazzolani, la quale commissionò ilgrandioso monumento funebre delmarito nel 1891 allo scultore cesenateTullo Golfarelli, facendosi effigiare leistessa inginocchiata alla base in unafigura marmorea a grandezza naturale,affiancata ad un sarcofago ricoperto darose e da una croce. In alto è posto ilbusto dell’amato consorte, dallo sguar-do nobile e incisivo. L’opera è in sintoniacon i moduli espressivi contemporanea-mente diffusi a Ferrara dallo scultore

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Alimondo Ciampi, medaglione diLuigi Pasi. Cimitero di S. Nicolò.

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Luigi Legnani, mentrepare dissimile da altrimonumenti, più sim-bolisti, nel cimiteromonumentale diCesena, come latomba Mori e la cap-pella Roverella (10).Nella città romagnolalo scultore era nato nel1852 e, dopo gli studiartistici compiuti aRoma, si trasferì defini-tivamente a Bolognaattorno ai quarant’anni.Ma fu assai legatoall’ambiente di Ferrara,città in cui nel 1906-1907 realizzò ilMonumento aGaribaldi (11) nei giar-dini di viale Cavour edil “Busto di GiosuèCarducci con le noveMuse dolenti” nellaBiblioteca Comunale.

Nel 1913 espose in una collettiva alle-stita al Palazzo dei Diamanti dalla socie-tà “Benvenuto Tisi”. Successivamente, poco prima di morire(scomparve nel 1928) il cesenate ese-guì nel cimitero di Cento il bronzeomonumento alla scrittrice Jolanda (12).Ma fu attivo anche nelle località limitro-fe: nel 1913 realizzò il medaglionebronzeo di Alberto Giolo, collocato aRovigo, in un padiglione dell’OspedaleCivile progettato dall’ingegner AntonioMazza di Ferrara, come si apprendedalla “Gazzetta Ferrarese” del 23 aprile1913, mentre in un recente articolo ildisegno è erroneamente attribuito all’in-gegner Attilio Muggia (13).

NOTE

(1) La Pinacoteca Civica di Argenta.Catalogo generale, a cura diGiordano Viroli, Bologna, 1987.

(2) L. Scardino, Biancini nel ferrarese,in “La Pianura”, n. 2, 2003.

(3) U. Malagù, Ville e “delizie” delFerrarese, Ferrara, 1972, p. 61.

(4) D. Giglioli, Argenta e i suoi dintorni,II vol., Ferrara, 1984, p. 244.

(5) A.P.Torresi, Scultori d’Accademia.Dizionario biografico di maestri,allievi e soci dell’Accademia di BelleArti a Firenze (1750-1915), Ferrara,2000, p. 43.

(6) Il “Dizionario Faini”, a cura diAntonio P. Torresi, Ferrara, 1997, p.61.

(7) Alimondo Ciampi, a cura di OrnellaCasazza e Marco Moretti, Signa,1998.

(8) F. Pasini Frassoni, Dizionario storicoaraldico dell’antico ducato diFerrara, Roma, 1914, pp. 407-408,763.

(9) A. P. Torresi, Artisti toscani per ilCimitero Monumentale di Ravenna,in “Romagna arte e storia”, n. 64,2002, p. 78.

(10) R. Pieri, Lo scultore Golfarelli fra ilPascoli e il Carducci, Cesena,1989, pp. 91, 97.

(11) Un busto di Garibaldi di energicacaratterizzazione espressiva eforse erratico, è conservato nelcimitero di Argenta, ma non è fir-mato.

(12) L. Scardino, Alcuni ritratti di lette-rati, in “La Pianura”, n. 3, 1999.

(13) A. Nave, Virgilio Milani e gli altri. Lascultura nel Polesine degli anniDieci, in “Libero”, n. 19, primavera2002, pp. 3, 9-10.

Tullo Golfarelli, tomba Vandini-Mazzolani. Cimitero di Argenta.

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Mi avevano colpito i modi coi quali salu-tava il padre. Essi non contenevano uncomune affetto filiale, ma qualcosa di

assai più ricco, qualcosa di straordinario.Includevano un rispetto velato di malinconiache si manifestava, pur non detto, nelmomento del commiato. Lui, il padre, quella sera, stava seduto davantialla casa, su una seggiola bassa da cortile. Zittoe fiero nella sua tristezza. Portava in testa un cappello di paglia leggero,come usavano gli uomini di campagna. Eindossava una giacchetta di lana nonostante ilclima estivo. La luce ormai vespertina ne sottolineava il pro-filo del volto, ingentilito dalla linea diritta delnaso greco. Volgeva le spalle alla sua grande casa polesa-

na dai camini sporgenti dai muri, che mi face-vano pensare alla cucina del castello di Frattadi nievana memoria. Le imposte chiuse comea riparo dall’afa pomeridiana, ma anche a direche ormai tutte le donne se ne erano andate.Dapprima le ragazze, una ad una, per crearenuove famiglie, poi la moglie, per un luogosenza ritorno. Il giardino che attorniava la casa era ricco dipiante: due grandi ontani dispensatori diombre, rosai fioriti dai colori decisi, cespugli diortensie rosa e azzurre, oleandri rossi dischiusiad ombrello, gerani rossobandiera, zinniecomposite dai forti petali, serenelle, gelsominie un bianco caprifoglio dispensavano bel-

lezza e profumi. E di lato, oltre la rete metalli-ca, l’annoso imponente ciliegio. Laggiù in fondo l’argine del Po, il cui fiancoerboso mitigava il rosso del tramonto, impe-dendo la vista dell’acqua che a quell’ora, si sa,è infuocata dai raggi solari.“Ci rivediamo presto” diceva lei salendo inmacchina. Lui annuiva con un piccolo cennodel capo. Sapeva che la figlia sarebbe tornata il primapossibile, per stargli vicino e per lavorare inpace nel suo luogo d’elezione. Infatti, proprio là, nella casa paterna, Marisaaveva iniziato a muovere i primi passi del suocammino d’artista. Dapprima con soggetti variper poi approdare a quelli paesaggistici che, atutt’oggi, sono i suoi prediletti.

Il Maestro, Giorgio Morandi, le aveva asse-gnato un compito, ossia lo studio di un par-ticolare di una famosa incisione di Giovanni

Benedetto Castiglione detto il Grechetto (sec.XVII).Raffigura “Diogene che cerca l’uomo”. Diogenedi Sinope, detto il Cinico. Infatti, si dice, chequesto antico filosofo (V sec. a. C.) camminas-se, lacero, per le vie di Atene tenendo in manouna lanterna, in pieno mezzogiorno, mentreandava dicendo “ Cerco l’uomo”.Non era impazzito anche se, pur con rispetto,lo chiamavano “Socrate pazzo”. Egli si compor-tava coerentemente al suo pensiero filosoficoche riduceva al minimo le necessità dell’uomosaggio e virtuoso. Da qui, appunto, la copia realizzata da Marisa,fedele al modello nella qualità del segno, matravalicante la pura esercitazione. Essa, infatti,include un’impronta di sicura marca artistica,tanto che il Docente la elogiò affermando chequello era “il modo corretto d’incidere”.Una sera, la solerte allieva pensò di crearequalcosa che fosse al di fuori dalle mere proveaccademiche. E, poiché disponeva di unalastrina di zinco, incise, di getto, un mazzo digarofani e di felci a mollo in un vaso. La luce era incerta, perché l’erogazione dell’e-lettricità in quella sua strada discosta dal paeseandava a sbalzi, tuttavia non tale da impedirledi fare. L’indomani, sottopose il lavoro, pronto per la

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Bruna Bignozzi

La dolce malinconia di MarisaCarolina Occari negli affetti e nell’arte

Le valli da Comacchio a Campotto, il Po da Stienta alla foce

Le immagini sono tratte dalCatalogo: “Carolina MarisaOccari” Catalogo delle incisioniEd. Marsilio 2004A cura di Laura Gavioli

Zucca e pere, 2002

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stampa, al giudizio del Professore che, con unleggero tocco del palmo della mano, tolse unpo’ di “patina” per conferirgli maggiore lumi-nosità.Ne uscì una stampa delicatissima, una vera fili-grana, con variazioni chiaroscurali di notevoleeffetto.Erano i primi anni Cinquanta, quelli della rottadel Po. Il grande fiume, infatti, aveva spaccato gli argi-ni nel novembre del ’51, nei pressi diOcchiobello, lasciandovi a lungo i suoi segniluttuosi. Ma anche Stienta, il paese di Marisa,non ne era uscito indenne. Tuttavia, dopo che la furia delle acque si eraquietata e le ansie della gente si erano ricom-poste, pur nell’attesa che queste ricomincias-sero a defluire e il terreno sempre più adassorbirle, la Nostra ravvisò in quel singolarepaesaggio un oggetto di ispirazione.Salì sull’argine e lo percorse, munita di lastre ebulino, di fogli da disegno, matita nera, sangui-gna e seppia. Lavorò per un lungo periodo realizzando varieincisioni e vari disegni che, oltre al pregio arti-stico, costituiscono, oggi, una testimonianzastorica di un tragico fatto naturale e umano. La campagna ricoperta dalle acque, inondantianche la parte più bassa delle case coloniche,un uomo solitario che si dirige verso una gran-de stalla, i tronchi potati di alberi vedovi sonogli elementi di un’acquaforte che esprimemolto efficacemente il senso di desolazionedel luogo. Intitolata “Case ad Occhiobello”, essa si trovaora, insieme a diverse altre, presso l’Accademiadei Concordi di Rovigo,.Mentre, alcuni disegni, eloquenti più delleparole, premiati nell’ambito di una mostra perla ricostruzione del Polesine ( allestita in occa-sione della visita del Presidente del Consigliodei Ministri, Alcide De Gasperi) sono statiacquistati dalla Cassa di Risparmio di Rovigo.

Frattanto, le acque del Po, pian piano, si

erano in gran parte ritirate e la vita quoti-diana era tornata, più o meno, alla nor-

malità.Le ferite materiali e umane si stavano rimargi-nando ed erano incominciati diversi lavori siaper riparare quanto era stato danneggiato siaper costruire nuove opere, atte ad evitare l’e-ventuale ripetersi di una tale catastrofe.L’animo di Marisa poteva, ora, rivolgersi versonuovi soggetti. A quei particolari soggetti, nutri-ti di profondi echi pascoliani. Quelli, cioè, degliaffetti domestici, così importanti nella sua sen-sibilità di donna da condizionare, in futuro, losvolgersi della sua carriera artistica.“Le sorelle che cuciono” è uno dei lavoro di

questo periodo, forse il più citato dai diversiosservatori. Sedute all’aperto, in quello stesso giardino fio-rito di cui si è parlato all’inizio, pudicamentecoperte secondo l’uso di allora, esse sembra-no cercare refrigerio, nella calda giornata estiva,appoggiando i piedi nudi sui pioli della seggio-la. Lavorano di fino, dando piccoli punti nelpanno, con ago sottile, che, come un bulino,richiede concentrazione e delicatezza. Quest’acquaforte, realizzata a puro segno, cioèsenza effetti chiaroscurali, è particolarmentepregnante di significato, grazie all’eliminazionedi qualche piccola angolosità, suggerita dalgrande Maestro, per esaltarne quel senso rota-torio che dà grande armonia alla composizio-ne.Nondimeno, quest’opera, sia come soggettosia come tipo di tecnica (come anche le altredi questo periodo) non avrà sviluppi. Noncostituirà “il soggetto personalissimo”, ossia lacifra dominante della sua cospicua produzioneartistica.

Nell’anno 1954, Marisa conclude il ciclodegli studi all’Accademia di Belle Arti diBologna.

Giorgio Morandi l’invita a ricoprire il posto dellasua assistente che se ne va a Napoli, ma leirifiuta. Si sente timida, forse inadeguata. In real-tà, non riesce a staccarsi dal nucleo degli affet-ti per intraprendere una vita da single nella cittàdi Bologna.La sua famiglia e il suo ambiente padano la

legano a doppio filo, anche se in cuor suopensa a Parigi che diverrà, poi, il sogno inap-pagato per antonomasia.E’ giovane e bella, sottile e slanciata, ma nonpiù giovanissima avendo ripreso gli studi dopouna lunga interruzione.Infatti, all’età di dodici anni, i genitori l’avevanotenuta a casa da scuola per affidarle la curadelle sorelle più piccole. Era il destino di moltebambine delle classi sociali non abbienti.Lei le accudiva con amore, ma nel tempo libe-ro “scarabocchiava” col carbone sui muri ester-ni della casa perché non poteva trattenere laspinta espressiva che portava in sé. Creava degli strani murales che se ne andava-no con la prima pioggia. Ma disegnava anchesu fogli, soprattutto in bianco e nero.Finché un giorno, aveva ormai quattordici oquindici anni, arrivò, ospite, una cugina, LiciaBedani, che, novella Cimabue, notando iltalento naturale di cui la ragazza disponeva,s’impegnò affinché non andasse disperso.Così, con il consenso del padre che, ormai, siera reso conto dell’inclinazione artistica dellafiglia, la nostra giovinetta iniziò a frequentare

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lezioni private, dapprima presso l’architet-to Magoni, poi presso il pittore NemesioOrsatti, nell’ambito stesso dell’istituto d’ar-te “Dosso Dossi” di Ferrara.Ma già al secondo ed ultimo anno diregolare scuola pubblica, fu lei la vincitricedel “Premio del Sindaco”, consistente inuna pergamena e in una penna d’oro,ornata di roselline sbalzate.Di nuovo privatamente, si preparò asostenere l’esame di maturità che conse-guì, a pieni voti, presso il liceo artisticostatale di Venezia, grazie anche alle lezio-ni supplementari impartitele da un preteplurilaureato, parrocco a Gurzone. E, proprio nella favolosa città lagunare,avrebbe voluto frequentare l’Accademia,se non fosse stato per quel forte richiamoche esercitava in lei la produzione artisti-ca di Giorgio Morandi.Ma, ahimè, Morandi insegnava incisioneall’Accademia di Bologna, quindi bisogna-va compiere una scelta, seppur conflittua-le. Optò per la città di san Petronio, consa-pevole di non poter perdere l’occasionedella vita, ossia quella di divenire allieva ditanto Maestro.

Aveva fatto la scelta giusta perché,come ha scritto Vittorio Sgarbi,Marisa “morandiana lo era di den-

tro”, lo era “per elezione”.E, come di rimando, anche Morandiapprezzava quel suo talento in fieri, tantoche mise all’asta un suo quadro affinchénon rischiasse di restare inespresso. Siprofilava, difatti, un’eventuale interruzionedegli studi, a causa delle precarie condi-zioni economiche della famiglia Occari.Così, un giorno, la nostra polesana venneinvitata a recarsi nell’ufficio del Presideche le consegnò una busta contenentedenaro. Egli, infrangendo la volontà del benefattore, nesvelò la fonte suscitando nella giovane gratitu-dine ma anche molto imbarazzo.Intanto, lei realizzava piccole incisioni che ven-deva a una bottega di oggetti rari, la “Dominici”di via Farini, per mantenersi a pensione, nelperiodo in cui l’alluvione le impediva il pendo-larismo.In quel periodo, a Bologna, grazie alla suacompagna di stanza, studentessa di lettere, faincontri culturali importanti. Incomincia a frequentare il teatro “La Baracca”dove ha modo di vedere rappresentate operedi Shakespeare, di Pirandello, di Brecht. E doveha modo di conoscere varie persone colte(come ad esempio Andrea Emiliani) dalle

quali “assorbe idee, come fosse una spugna”. Nel tempo libero si dedica alla lettura di testipoetici e di testi teatrali, prediligendo, tra altri,Rilke e Ibsen. Quando gli studi accademici stanno ormai perconcludersi, Morandi le consiglia di procurarsiun torchio, indispensabile per la stampa dellelastre. Ma né lei né la famiglia dispongono deldenaro per acquistarlo. Allora il Docente lechiede se, per caso, ha qualche parente mec-canico. C’è un cugino che dispone pure di un’officina.Il Maestro lo invita in Accademia, gli mostra iltorchio, gli spiega com’è fatto e come funzionain modo che possa costruirne uno per Marisa.E il cugino lo costruirà, solido e ben funzio-nante come un Lefranc.

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Diogene: omaggio al Grechetto,1952

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Nel 1958, dopo una lunga malattia chele aveva impedito di lavorare, la nostragiovane promessa si sposa con un

compaesano, l’ingegner Claudio Zampini.Ha già vinto una cattedra d’insegnante nellascuola statale e spera, finalmente, di potersilibrare nel mondo dell’arte.Ma, nel giro di cinque anni, partorisce quattrofigli che l’assorbiranno, tra altre, nelle curematerne pressoché a tempo pieno.Con un telo copre di nuovo l’amato torchio,quasi a nasconderlo, perché non può usarlo,se non per stampare qualche occasionalelastrina, incisa a scuola insieme ai ragazzi.Trascorrono così circa vent’anni di inattività arti-stica. Marisa ormai è rassegnata alla rinuncia,quando, invece, una sua ex alunna del liceoscientifico, la gorese Laura Gavioli, la convincea ricominciare. La invita, ospite, a Goro e la conduce in giroper le valli di Comacchio, di Ostellato e diCampotto: ogni giorno un posto nuovo.“Quei luoghi mi affascinavano” affermeràMarisa “ per la loro vastità, per la loro partico-lare conformazione, caratterizzata dai dossi edalle barene, per la varietà delle erbe palustri edelle canne, per la fauna, così ricca di gabbia-ni, di garzette e di altri diversi uccelli e per quel-la luce così particolare”.Una mattina, le due amiche giungono quasi adAnita, quindi all’argine del Reno che percorre-ranno per un discreto tratto prima di inoltrarsinell’oasi di Campotto.Osservano in silenzio il paesaggio per coglier-ne appieno l’armonia. Ed ecco un airone chesbuca da un canneto, e poi un altro e un altroancora: scorrono sull’acqua, tranquilli, verso laloro destinazione. E, assai più oltre, su un isolotto vallivo un grup-petto di fenicotteri dal collo torto, splendidi e

ritti sulle lunghissime zampe. E’ primavera. Nei prati arginali di valle Santa ifiori punteggiano la coltre verde. Sono tanti evariopinti, testimoniano il risveglio della natura. Più giù, verso la linea dell’orizzonte lontano,distese di genziane d’acqua e poi di ninfee,aperte nel loro fulgore e intervallate dalle gran-di foglie peltate. Marisa ne è affascinata. Promette di tornare inquel luogo con bulino e lastrine di zinco perinciderle dal vivo. Pensa a Claude Monet, chedipinse quei fiori luminosi in tele sempre piùgrandi per offrirle alla Francia come celebrazio-ne della pace. Le ninfee di Marisa sono, invece, preziose inci-sioni di piccole dimensioni che ricreano la son-tuosità del singolo fiore sbocciato. Nondimeno, sono tutte le valli nel loro insie-me, da quelle comacchiesi all’oasi argentana,che risvegliano, come d’incanto, la sopita sen-sibilità dell’artista polesana. Prende, addirittura, alloggio presso una fami-glia che abita un casone e là, in tempi diversi,realizzerà una ventina di splendide incisioni,“pure e fantasiose”, come le definirà poi TonoZancanaro.Lavora con grande lena poiché sente risortol’antico vigore. Poi alterna i paesaggi vallivi conquelli del Po che ama intensamente. Perché ilPo è il fiume della sua vita, sulle cui sponde ènata e cresciuta. Ne conosce i segreti, le pienee le magre, le spiagge e le golene coi grandipioppi, coi salici, con le robinie, coi cespugli dimore, tonde e nere come chicchi d’uva. Seduta, en plein air, fissa “il tutto” sulle sue

lastre, grazie a quel segno speciale che il notocritico Paolo Bellini ha definito “nobilissimo,robusto e capace di esprimere il linguaggioche crea”. Attualmente, Marisa Carolina realizza opere

con vari soggetti, a secondadell’inclinazione delmomento e della possibilitào meno di spostarsi: paesag-gi padani o nature mortecon ottimi effetti chiaroscura-li. Nel 2004 è stato pubblicatoun catalogo completo dellesue opere per i tipi diMarsilio in Venezia. Un’operaimportante che farà cono-scere quest’artista pudica adun pubblico più vasto, grazieal lavoro meticoloso di ricer-ca della figlia Licia, all’espe-rienza della curatrice delcatalogo Laura Gavioli e allasupervisione scientifica delprofessor Paolo Bellini.

Valle Giralda, 1996

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PERSONAGGI FERRARESI 63

Walter Matteucci

Il Sindaco di Jolanda di SavoiaValerio Casalicchio, in piedi, e allasua sinistra il dottor Cavazzini

Il Sindaco del Comune di Jolanda diSavoia, Valerio Casalicchio, ottemperandoad un voto unanime del Consiglio

Comunale, ha conferito al Dr. Eros GiancarloCavazzini la “Cittadinanza Onoraria” e quin-di l’appartenenza a questa comunità.

Chi è Eros Giancarlo Cavazzini? Oggi è un ancora giovanile 84 enne chevive il suo tempo non privo di quegli inte-ressi nell’economia, nella cultura, nellasocialità, financo con legami nella politicanon manifesta, del territorio in cui ha radiciprofonde. Cavazzini, per retaggio storico, èfiglio di una cultura imprenditoriale agricola.Egli nasce a Copparo il 14 agosto 1920.Vive però anche a Ferrara e frequenta ladotta Bologna nella cui Università consegueil dottorato in scienze agrarie. Sin da subitoè coinvolto e partecipe nella conduzionedell’azienda agricola di famiglia, ubicata inquello sperso territorio della recente bonifi-cazione ferrarese, una tenuta di circa 600ettari a contane, frazione di quel Comune diJolanda di Savoia la cui costruzione statuariaera di recente formazione, scisso dalComune di Copparo nel 1910 e che anda-va assumendo nel contesto della provinciaFerrarese rilevanza ed importanza nelcampo agricolo e nella trasformazione dialcuni sui prodotti, primo fra tutti la barba-bietola e quindi lo zucchero. Ma Cavazzini è un innovatore. Accoglie sin

da subito le proposte di migliorie aziendali ecapisce appieno le potenzialità di una nuovacoltura per questo territorio: il riso. Questoperché trovandosi ad operare in un terrenola cui gran parte è di rivenienza torbosa, larisaia, e il suo gioco d’acqua, risulta forte-mente premiante per la rigenerazione dellaproduttività agronomica dei terreni in quan-to il dilavaggio asporta quella salinità salma-strosa che è caratteristica dei terreni torbosi,e la cui salsedine altrimenti depositatarende alla fine sterili e non più fertili.Cavazzini farà del riso e della risaia il pernoeconomico dell’azienda. Nei suoi bacini, perun comprensibile intreccio di conoscenzeproprie, si sono avvicendati agronomi, chi-mici, biologi, ricercatori universitari per rap-portarsi al come fare riso in un ambiente dicoltura completamente diverso dalle tradi-zionali risaie lombarde / piemontesi. Proprionelle risaie di Jolanda di Savoia si è speri-mentato e appreso il diverso modo di “con-cimare”, in forza della ricchezza azotata delfondo; altresì come modificato il dosaggiodegli erbicidi, poiché i principi attivi di questiquasi si annullavano negli effluvi torbosi. Ein queste risaie il Dipartimento di BiologiaEvoluzionistica e Sperimentale dell’Univer-sità di Bologna diede corso, in ragione dellostudio della Prof.ssa Franca ScanabissiSabelli e del Prof. Stefano Tommasini, aduna qualificata e mirata ricerca su una parti-colarissima microfauna: gli “Entomostracidelle risaie ferraresi” Ma il Dr. Cavazzini si è speso anche in altrecolture sempre con coraggio innovativo,cosa che cozza con il detto che ritiene il“contadino” propenso a rifuggire il nuovo.Nei suoi campi si sono avute le più diversee impensate colture: dalle arachidi alla sag-gina (la cui spazzola, essiccata, viene usataper le scope); dalle sugose nere angurie dicontane ai dolci meloni retati; financo allafloricoltura: i bulbi dei gladioli.Notevoli i riconoscimenti ottenuti dal DottorCavazzini nel suo mondo agricolo. Fra i tantiil premio “Spiga d’Oro” per i grani da semee il “Premio nazionale al merito della tecni-

Eros Giancarlo Cavazzini: un innovatore per la nostra agricoltura

Importante riconscimento conferito dal Comune di Jolanda di Savoia

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PERSONAGGI FERRARESI64

Il Dottor Giancarlo Cavazzinimentre riceve il riconoscimentodel Consiglio Comunale diJolanda di Savoia

ca agricola”, avuti dalla Fiera di Foggia nel1974. Ha ricoperto, e ricopre tuttora, nume-rosi incarichi nelle organizzazioni di catego-ria, anche a livello nazionale. E’ stato vice-presidente dell’Unione ProvincialeAgricoltori, presidente del sindacato provin-ciale Proprietari e Conduttori in Economia,presidente dell’Ente Nazionale Risi e dellasezione nazionale della cerealicoltura nellaConfederazione Nazionale dell’Agricoltura.Oggi è socio dell’Accademia Nazionale diAgricoltura di Bologna, dell’Accademia deiGeorgofili di Firenze ed è consigliere diamministrazione della Fondazione dellaCassa di Risparmio di Ferrara. Il Presidentedella Repubblica Italiana, Giovanni Leone,l’ha insignito dell’onorificenza di Cavalieredel lavoro.

Le ragioni profonde di questo riconosci-mento.L’Amministrazione comunale che guida ilgoverno civico di Jolanda di Savoia continuaa spendersi per dare visibilità e riconoscibili-tà al comune jolandino e promuove eventied iniziative che a questo sono confacenti.Non solo, ha mantenuto ben saldo per unapromozione di un suo specifico caratteristi-co prodotto: il riso. E’ quindi comprensibileleggere in questa iniziativa di conferimentodella cittadinanza onoraria al Dr. Cavazzini,anche una non scritta “politica programma-tica”, che tende a valorizzare l’economiaJolandina e nel contempo risultante pre-miante quel mondo agricolo che è essenzacostitutiva del territorio di Jolanda di Savoia.

Autorevoli i presenti all’eventoForse mai il teatro comunale di Jolanda di

Savoia, che pur aprì le sue portenel 1920, ha ospitato ed accol-to tante autorità e figure diimportanza e rilievo, e non solodel mondo dell’agricoltura,come nella serata di venerdì 28novembre scorso. Risulta diffici-le anche darne un solo cenno diquanti risultavano mischiati nelfolto pubblico. Ci proviamo.Alfredo Diana, l’ex ministrodell’Agricoltura, venuto apposita-mente da Napoli; l’On.le AlfredoSandri, il parlamentare del terri-torio; Carlo Alberto Roncarati, ilPresidente della Camera diCommercio di Ferrara; DavideNardini, l’assessore provincialeall’agricoltura, Sergio Lenzi, ilPresidente della Fondazionedella Cassa di Risparmio di

Ferrara; Paolo Bruni, il Presidente diConfcooperative; Alfredo Santini, ilPresidente della Cassa di Risparmio diFerrara. Molti sindaci di Comuni del ferrare-se, fra questi: Anna Bregoli (Cento), DanielaMontani (Formignana), Maurizio Barbirati(Tresigallo); nonché vicesindaci ed assesso-ri all’agricoltura del territorio. Inoltre presi-denti di enti diversi: citiamo Dino Resca,presidente del Consorzio di Bonifica del Icircondario Polesine di Ferrara. Ma ancheautorità religiose: Mons. Antonio Grandini,amministratore diocesano dell’Arcidiocesi diFerrara e Comacchio; autorità civili: ilViceprefetto Francesco Guagliata; autoritàmilitari dei Carabinieri e della Finanza. E tuttii consiglieri comunali di Jolanda di Savoia acui in definitiva competeva l’onere del votoapprovativi di questo riconoscimento. L’evento, la serata ed i discorsiUna sala quindi piena, anche di semplici cit-tadini ben addobbata con tendaggi e vessil-li che richiamavano i colori statutari delComune jolandino. L’Azzurro Savoia, alla cuistorica casata questo comune deve il pro-prio nome; il Rosso, quale retaggio delComune di Copparo, da cui Jolanda ha radi-ce di rivenienza e il Giallo intenso del grano,che è nascita e scelta di cultura formativapropria. Egualmente richiamante il mondo dell’agri-coltura è una grande tela che funge da sfon-do del tavolo dei relatori, del codigoreseRenzo Piccoli, che pittò, su commissionedegli organizzatori, in occasione della 1^manifestazione delle “Giornate del Riso” nelsettembre del 1990 – conservata nel palaz-zo municipale – e che ben si inquadra nel

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PERSONAGGI FERRARESI 65

contesto di questa serata che celebra “Unavita spesa in risaia”.Una serata ed una manifestazione cheviene aperta dallo scampanellio formale delSindaco, dal rituale d’obbligo del “notaio”della seduta, il Dr. Maurizio tedeschi, segre-tario del Comune di Jolanda di Savoia, ilquale dà lettura di un telegramma di parte-cipazione all’evento inviato dall’On.leGiacomo de Ghislanzoni Cardoli, presidentedella Commissione Agricoltura della Cameradei Deputati. In questo, de Ghislanzoni, rin-grazia Cavazzini “per il suo impegno per latutela del territorio, per il suo rapporto conla terra che vive e che si deve conquistareogni giorno”. Ed è il Sindaco che dà compiutezza alleragioni della serata. “Questo riconoscimentomi auguro possa, in qualche modo – dice ilSindaco – ripagare la dedizione e la tenaciache un nostro concittadino ha riposto nellapropria attività lavorativa. Nel contempodeve significar eun impegno reciproco per-ché il legame iniziato tanti anni fa con ilnostro territorio, con la gente di Jolanda diSavoia non si interrompa e che la concre-tezza della tua esperienza rimanga anche daesempio per gli anni a venire”.Viene poi proiettato un filmato, che è unaesaustiva intervista a Cavazzini di DanielaBighinati, in cui si ha compiutezza del per-corso di vita di Giancarlo Cavazzini.Poi gli oratori ufficiali. Mario Guidi, ilPresidente dell’Unione provinciale agricolto-ri, che porta, nonostante la giovane età, laragione profonda per cui si celebra questoimprenditore che ha saputo costruire nellasua azienda, nel mondo associativo, semprecon spirito innovativo. “Egli mi è stato mae-stro – dice il presidente – per la guida deimiei incarichi., per capire il gusto della terra”.Similmente di riconoscenza dei meriti aCavazzini è stato l’intervento di RobertoSoffritti, già Sindaco di Ferrara. Interventotutto giocato sulla politica sottile di chi tessenuovi limiti e impegni e che riconosce aCavazzini quelle aperture che hanno saputocreare “climi collaborativi fra attori di campidiversi, di cui sicuramente anche oggi se neintravede la necessità”.

La commozione dell’imprenditore,dell’uo-moComprensibilmente, quando prende laparola lo stesso Cavazzini è emozionato ecommosso. Gli viene riconosciuta, e in que-sto modo e in pubblico, una correttezza pro-fessionale e morale. “Una vita spesa inrisaia”. Dice Cavazzini ad un pubblico ora

silenzioso e ben attento. “Questo è il titolodi una serata che sento mio e che mi grati-fica perché è stata veramente la mia vita eperché questo premio mi è dato con amoredalla gente di Jolanda di Savoia, a cui hosempre portato rispetto”, Il pubblico, tutto,applaude Cavazzini. Sicuramente è unapplauso esteso anche a quel mondo cheha costruito questo paese, anche con fati-che inimmaginabili oggi, nelle risaie e neicampi.Ed è lasciato ad un giovane di Jolanda diSavoia, Paolo Menegatti, il “Sindaco deiragazzi”, il privilegio e l’onere di consegnarele chiavi di Jolanda di Savoia al Dr. Cavazzini.Un riconoscimento a chi ha operato sin daieri per la Jolanda di oggi, dato da chi, ed èun augurio, dovrà contribuire a costruire laJolanda di Savoia di domani.

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CAMERA DI COMMERCIO66

Andrea Gandinie Chiara Bertelli I

l CDS (Centro Documentazione Italia) incollaborazione con l’Ufficio Studi dellaCamera di Commercio di Ferrara e con il

CMCS (Centro per la Modellistica, il Calcoloe la Statistica) dell’Università di Ferrara, harealizzato una ricerca per contodell’Amministrazione Provinciale in cui sonoprefigurati i principali scenari al 2020, conl’obiettivo di offrire all’istituzione pubblica lemigliori condizioni conoscitive per fare fron-te alle sfide future e predisporre azioni effi-caci e anticipatrici, senza subire gli avveni-menti.Alcune domande, sottostanti l’indagine,sono le seguenti.Ci sarà lavoro per i nostri giovani nel 2020?E soprattutto, ci sarà una quantità di lavoroqualificato sufficiente per i nostri giovani chein misura sempre maggiore si iscrivonoall’università e si laureano? Non rischiamo diavere una situazione esplosiva al 2020, con-siderando l’attuale modesta domanda dilavoro di laureati che proviene dall’econo-mia locale?Crescerà ancora l’occupazione in provinciadi Ferrara? Quale sarà la struttura occupazio-nale al 2020. Quali settori avranno una cre-scita maggiore di occupati? Quali un calo?Quale sarà la struttura demografica?Eventualmente quanti saranno gli immigrati,di quali età e sesso, di quale provenienzaetnica, quali lavori faranno?Cosa si può fare per rendere più appetibililavori che nessuno vuol fare, come l’infer-miere, il muratore o alcune lauree come fisi-ca, matematica …?Quali saranno le principali sfide che l’eco-nomia e la società ferrarese si troveranno difronte?L’assetto attuale scolastico e universitariosarà ancora adeguato alla crescita dell’eco-nomia e della società locale?Ci sono azioni, alla luce delle nuove sfide, inparticolare nella filiera dell’istruzione e for-mazione professionale, che vale la pena dianticipare?

L’analisi mette in evidenza che negli ultimi 3

anni il sistema universitario italiano – che ènel vivo dell’attuazione della riforma degliordinamenti didattici – si è caratterizzato perun forte aumento delle immatricolazioni edei laureati. Ciò avviene a fronte di una con-tinua riduzione del numero di diciannoven-ni, cioè di coloro che hanno l’età “normale”per iscriversi all’università, che negli stessitre anni di applicazione della riforma sonodiminuiti del 5,3% rispetto all’anno antece-dente la riforma.In questo arco di tempo è aumentata sia la“propensione” degli studenti a conseguire lamaturità, sia la tendenza a non fermarsi altitolo di studio di scuola media superiore.Tutto questo è avvenuto anche a Ferrara.Ciò evidenzia l’attenzione che gli studenti ele famiglie italiane riservano all’investimentoin istruzione. Si pongono altresì le basi peruna sempre maggiore presenza nella socie-tà e nel mercato del lavoro di soggetti piùqualificati in rapporto alla popolazione e allaforza lavoro attiva. Il “ritardo” di istruzioneche caratterizzava i ferraresi rispetto agli ita-liani non c’è più. Oggi anche molti figli difamiglie non agiate si iscrivono all’universitàed ottenere la laurea è un obiettivo ambitoper molte famiglie che non hanno maiavuto un laureato tra i propri famigliari. Unferrarese su tre ormai si laurea: in tal modoFerrara si colloca (ma anche l’Italia) nellamedia europea per scolarizzazione terzia-ria/universitaria.

La domanda di lavoro sia della provincia diFerrara che dell’Italia non è cresciuta inmodo altrettanto impetuoso. Solo, infatti, lametà circa dei laureati troveranno lavoro inprovincia di Ferrara nei prossimi 5-7anni, inquanto la pur evidente crescita di occupatilaureati non tiene il ritmo di un’ascesa cosìrepentina. Laurearsi significa tuttavia avereopportunità di lavoro (specie se si è dispo-sti a muoversi da Ferrara) non inferiori aquelle disponibili con altri titoli di studio enel lungo periodo dà più garanzie.Già nel prossimo decennio ci saranno piùopportunità di lavoro per i nostri giovani lau-

“Avere 20 anni nel 2020”. Scenari socio-economici in provinciadi Ferrara

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CAMERA DI COMMERCIO 67

reati, ed esse cresceranno più ci avvicinere-mo al 2020, quando ci sarà carenza peralcune lauree tecniche, così come oggiavviene per gli operai. Il tasso di disoccupa-zione per i nati a Ferrara si ridurrà ulterior-mente e raggiungerà i livelli minimi già rag-giunti nelle province forti dell’Emilia-Romagna.

La principale ragione di questo migliora-mento della situazione occupazionale èdovuta a quattro fattori:• la struttura professionale dell’occupazione

si qualificherà e la quota di assunzioni dilaureati quasi raddoppierà rispetto ad oggi;

• l’occupazione sarà ancora in lieve espan-sione;

• ci sarà una forte riduzione dell’offerta gio-vanile di ferraresi. I giovani nella fascia dietà da 19 a 24 anni si ridurranno del 9%;

• ci sarà una forte riduzione della popolazio-ne in giovane età lavorativa 30-44 anni(-28%) che accentuerà la richiesta di gio-vani.

Per quanto riguarda la domanda di perso-nale tecnico o con qualifica operaia si verifi-

cheranno diffi-coltà di reperi-mento ancheperché dimi-nuirà l’offertadi diplomatidagli IstitutiTecnici e solodal 2017 ini-zierà ad esse-re significativol’apporto didiplomati figli( s e c o n d agenerazione)degli attualii m m i g r a t i(oltre cento

all’anno).I settori che hanno un forte fabbisogno diimmigrati sono: edilizia (46% delle doman-de di regolarizzazione nel 2003 a Ferrara),commercio (15%), industria metalmeccani-ca (11,7%, operai generici), agricoltura(8,6%, operai), abbigliamento (4,7%, ope-raie), trasporti (2,6%, autisti e facchini) edaltri settori (fornai, colf, badanti,...). Nonostante la massiccia entrata di immigra-ti la popolazione complessiva si ridurrà di 14mila unità arrivando a 325 mila abitanti nel2019, mentre i ferraresi in età di lavoro dai30 ai 44 anni scenderanno dagli attuali81mila a 58mila, creando maggiori oppor-tunità anche per le giovani donne in età dilavoro. Ciò determinerà, come conseguen-za, un incremento del fabbisogno di serviziall’infanzia.Crescerà l’importanza della scuola ma il suo“monopolio” culturale si attenuerà, nelsenso che crescerà la certificazione dellecompetenze e delle conoscenze derivanteda altri contesti extrascolastici, accentuandouna tendenza già oggi individuabile.

DOMANDA DI LAVORO IN PROVINCIA DI FERRARA PER LAUREATI EOFFERTA DI LAUREATI FERRARESI DAGLI ANNI SESSANTA AL 2020

Fonte: Cds

POPOLAZIONE RESIDENTE IN PROVINCIA DI FERRARA PER MACRO CLASSE D’ETÀ– PREVISIONI AL 2019

Classi di età 2004 2007 2010 2013 2016 2019 Var. ass. Var. % 2019-2004 2019-2004

0-14 33.555 33.994 34.366 34.395 33.670 32.276 -1.279 -3,8115-29 48.366 42.419 39.075 38.344 38.830 40.429 -7.937 -16,4130-44 80.954 80.467 76.753 70.637 64.280 57.879 -23.075 -28,5045-64 97.417 97.821 100.828 102.796 104.645 107.568 10.151 10,4265-79 64.203 64.122 62.914 62.924 63.116 62.559 -1.644 -2,5680 e oltre 23.087 25.641 27.460 29.413 31.222 32.691 9.604 41,60Totale 347.582 344.464 341.396 338.509 335.763 333.402 -14.180 -4,08

Fonte: Cds

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L’Università svilupperà in modo crescenteun raccordo con le imprese (anche locali) econ le sedi della ricerca applicata, e sipotrebbe qualificare con il progetto Pil,dando l’opportunità ad una percentuale cre-scente di laureati di effettuare una primaesperienza di lavoro. L’Università ferraresepotrebbe in tale modo diventare, anche perquesta iniziativa, un ateneo leader in Italia ein Europa.Nelle scuole superiori si svilupperanno per-corsi di integrazione con le imprese inmodo da apprendere anche da altri contestie rafforzare la conoscenza dei processi pro-duttivi. Si svilupperanno, inoltre, nuovemodalità di insegnamento che si basanomeno sull’approccio frontale e tradizionale epiù sulla capacità di formazione e coinvolgi-mento degli studenti. Si svilupperanno infi-ne programmi di scambio con altre scuoleeuropee affinché l’apprendimento della lin-gua straniera avvenga attraverso un periodosignificativo di presenza nel paese madrelin-gua.Tale sviluppo si potrebbe contestualizzareall’interno di uno scenario di Ferrara “città-scuola”, dove vi è buona integrazione tra ilsistema scolastico, accademico e delleimprese. E’ prevedibile lo sviluppo di solu-zioni qualificate e innovative per alcunemansioni e profili professionali, accompa-gnati da una concreta azione di orienta-mento verso le famiglie, gli studenti e daincentivi per le professioni nuove e piùcarenti (muratori specializzati, ingegneri perl’energia rinnovabile, alcune professioni deiservizi pubblici, infermieri, biotecnologi,bioinformatici,…).

La ricerca oltre a prefigurare i principali sce-nari di sviluppo, sulla base degli elementi dipartenza, cerca di offrire possibili indirizzi sucui è necessario riflettere.Gli occupati italiani e ferraresi hanno tassi diistruzione inferiori alla media europea (10%di laureati rispetto a 13% in Europa e 16%nella media Ocse). Ogni politica tesa a favo-rire l’accesso di adulti già occupati al diplo-ma e alla laurea è particolarmente racco-mandato. Sarà, pertanto, necessario agevo-lare tali occupati con crediti da lavoro. Inoltreogni politica tesa a favorire l’inserimento,anche temporaneo, di laureati (anche attra-verso incentivi economici) stimola soprattut-to le piccole imprese a non rinunciare aquesta prospettiva che ha un ruolo positivosia come crescita del potenziale di compe-tenze soprattutto di carattere innovativodelle aziende, sia come percorso di crescita

delle singole professionalità.Sono in forte aumento le immatricolazioneai corsi umanistici mentre sono pochissimigli iscritti ad alcuni corsi scientifici (Fisica,Matematica, Scienze Infermieristiche, etc.).Ciò porterà ad una carenza rilevantissima diqueste ultime figure, alcune delle quali nonfacilmente sostituibili con gli immigrati. Peresempio, per insegnare fisica e matematicaalle superiori ci si può servire degli indianiimmigrati ma è necessario che conoscanola lingua italiana, altrettanto dicasi per gliinfermieri, la cui carenza determinerà acutecrisi di assistenza anche negli ospedali. Perquesti corsi occorre trovare soluzioni eincentivi, sia economici, sia di maggioriopportunità in termini di lavoro all’uscita, siaformule intelligenti di apprendimento. Noiproponiamo, per esempio, un’estensionespecifica del PIL (Piani di InserimentoLavorativo) a questi corsi. Più ancora delnumero chiuso o programmato o di riduzio-ne nelle rette, potrebbero essere infatti utilipolitiche attive come i PIL, che danno bene-fici in termini di prima esperienza di lavoro,di un percorso di apprendimento che alter-na teoria e pratica, che consente un rapidoinserimento nel lavoro. Un incentivo a cor-reggere il mismatch potrebbe essere quindiquello di favorire l’accesso a quelle laureeche si stima saranno carenti nel decennioprossimo. Sarebbe inoltre opportuno favori-re l’accesso a queste lauree in un’ottica diriduzione dei tempi di attraversamento (1),con un sistema di crediti formativi che evitidi ripetere nella laurea triennale parte deglistudi effettuati alle superiori, agevolando eabbreviando il percorso di uscita universita-rio. Ciò implica un sistema di crediti chefavorisce l’ingresso in corsi universitari chehanno coerenza con le scuole di provenien-za, orientando in tal modo al percorso diapprendimento.Un incentivo all’innalzamento dell’istruzionepuò venire nel favorire l’accesso a questelauree (ma anche ai diplomi, come mostral’esperienza in forte crescita dell’IstitutoTecnico a Ferrara) di lavoratori già occupatida 5 -10 anni in certe professioni che pos-sono far valere crediti formativi e laurearsicon un percorso di studi abbreviato (peresempio due anni anziché tre). Queste pra-tiche potrebbero gradualmente estendersi atutti i corsi di laurea e favorire l’immigrazio-ne più qualificata per titoli di studi.L’invecchiamento della popolazione è unprocesso in atto. Le donne sopra i 64 annicostituiscono già un quarto della popolazio-ne. Nonostante il calo dei giovani che si pre-

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sentano sul mercato del lavoro e la difficol-tà delle imprese a reperire alcune professio-ni, vi è una percentuale crescente di lavora-tori adulti (2) (soprattutto donne) che nontrovano lavoro. La crescente turbolenza eco-nomica (fasi rapide di espansione e contra-zione con esuberi) colpisce i lavoratori piùdeboli. Le difficoltà a ricollocare questi lavo-ratori e la modestia delle politiche attive,ipotizzano crescenti difficoltà per gli adulti/e,specie se con basse qualifiche e bassa sco-larità. Politiche di Workfare( 3) favoriscono

la transizione dalla disoccupazione, tramiteformazione (4), al lavoro. Le scuole supe-riori e la formazione professionale possonosvolgere un ruolo di riqualificazione.Se la situazione oggi riguarda in prevalenzai locali, in futuro il fenomeno riguarderàanche gli immigrati, almeno coloro chehanno modesti studi e qualifiche. Un’altrasfida riguarderà l’approccio personalizzato,in quanto le varie etnie (come ci viene indi-cato dalla letteratura esistente) hanno diver-si gradienti di “adattabilità” al lavoro.

TASSI DI PASSAGGIO DEI 14ENNI RESIDENTI A FERRARA NEL DIPLOMA E LAUREA DAL 2003 AL 2019Anno Diplomati Dipl. Tot. TOT. Qualificati Qual. o TOT TOT. Anno % % % Tot giov.

di dipl. Fe Immigr. Diplom diplomati o non non dipl. Qual. e Laureati di qualif. e Diplomati Laureati Ingressoin ingresso diplomati Immigrati non dipl. laurea non dipl. nel Mdlnel MdL

2003 1765 1765 1141 472 472 1.138 2003 21,9 38,5 39,7 2.8702004 1606 1606 914 476 476 1.084 2004 22,1 35,9 42,1 2.5762005 1590 1590 853 476 476 1.006 2005 23,4 35,7 40,9 2.4632006 1528 1528 757 464 464 938 2006 23,4 35,8 40,7 2.3022007 1471 1471 676 432 432 877 2007 22,1 39,2 38,7 2.2662008 1549 1549 799 403 403 830 2008 22,7 37,4 39,9 2.0792009 1577 1577 808 392 392 791 2009 23,0 38,7 38,3 2.0662010 1626 8 1634 882 368 7 375 755 2010 23,8 38,6 37,7 2.0032011 1671 16 1687 950 357 22 379 739 2011 24,0 37,8 38,2 1.9352012 1625 25 1650 876 352 39 391 721 2012 21,8 41,8 36,4 1.9812013 1584 35 1619 830 349 55 404 712 2013 20,4 43,7 36,0 1.9802014 1611 47 1658 845 321 73 394 714 2014 19,6 45,3 35,1 2.0332015 1580 61 1641 805 321 93 414 725 2015 18,8 46,3 34,9 2.0762016 1609 75 1684 857 309 113 422 739 2016 19,4 44,6 36,1 2.0472017 1664 92 1756 951 305 135 440 751 2017 20,1 42,8 37,1 2.0272018 1728 110 1839 1006 284 151 434 754 2018 20,3 43,5 36,3 2.0802019 1673 137 1809 979 267 174 441 743 2019 20,2 43,7 36,1 2.055

716 2020 20,5 45,7 33,8 2.118Fonte: Cds

1 In Italia si va all’università un anno dopo che negli altri paesi europei e Nord americani.2 L’Italia, l’Emilia-Romagna e Ferrara hanno uno dei più bassi tassi di attività dai 55 ai 64 anni in Europa.3 Di notevole interesse sono alcune esperienze di altri paesi, come la Gran Bretagna. Il New Deal forYoung People, sistema rappresentativo della filosofia dei programmi di workfare, agisce, per esempio, sudue fronti: da un lato, stabilisce per lavoratori e imprese gli incentivi o disincentivi volti ad attivare flussiin uscita dalla disoccupazione verso lo stato di occupazione; dall’altro, ma questa volta agendo solo dallato dei lavoratori, cercando di migliorare l’attrattività dell’opzione partecipativa al lavoro rispetto a quel-la dell’inattività. In tale esperienza, il paradigma “adattabilità” diventa costitutivo: per l’impresa agendo suimeccanismi di sgravio, incentivi e riadattamento organizzativo interno continuo; per il lavoratori agendosulle motivazioni individuali, su una ri-calibratura delle competenze, sulle risorse morali connesse allecapacità di rinnovarsi e mettersi in gioco umanamente e professionalmente.4 Supporti motivazionali e per l’autostima personalizzati (bilancio di competenze in ingresso e in uscitadall’esperienza, un portfolio con crediti da lavoro che ne aumenti le chance per ulteriori impieghi,…).

NOTE

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Nel 1843 nel palazzo Villa il Comunedi Ferrara apriva la nuova scuolaagraria.Già alla fine del secolo prece-

dente si era istituita in città una Accademiaagraria,ed erano seguite scuole di agricoltu-ra, ma tutte quelle iniziative per una serie dicoincidenze sfavorevoli si erano interrotte.Nell’Ottocento, dopo che in altre regionimeno produttive della provincia ferrarese sierano avviati studi agrari, lottando contropregiudizi e cattive consuetudini, si capì cheanche il nostro territorio, da molti decantatoper la sua fertilità, poteva essere suscettibiledi miglioramentiMolti erano gli elementi su cui si potevaoperare: l’imperfezione degli strumenti agra-ri e in particolare dell’aratro; la scarsa curadei buoi obbligati a pascolare per molte oredopo le fatiche sui campi e questo provoca-va costipazioni, infiammazioni, malattie; lascarsa coltura degli alberi e delle viti, la pre-coce raccolta dell’uva e l’imperizia nella fab-bricazione dei vini; l’errata rotazione dellecolture, l’imperfetta raccolta della canapa el’abbandono dei prati.A tutto quello si aggiungevano gli aspettiigienici e legali come la cattiva costruzionedi fabbricati bassi, umidi, insalubri sia per gliuomini che per gli ani-mali; il trascurato scolodelle acque e la scarsaigiene dei pozzi; lacarenza o mancanza didisciplina per i coloni edi legislazione relativaalla proprietà.Nel Ferrarese c’erano inverità pochi e avvedutiagricoltori che tentavanodi eliminare dai lorofondi i problemi soprain-dicati, e talvolta avevanopubblicato i risultati otte-nuti, ma mancava lascuola che evidenziassegli errori nelle colture,realizzasse lezioni speri-mentali sopra fondi

modello, pubblicizzasse gli esercizi scolasticio accademici e diffondesse nei paesi i primirudimenti agrari anche attraverso sempliciconoscenze fornite ai maestri comunali.Con la scuola agraria si iniziarono a propor-re anche conferenze scientifiche considera-te un mezzo efficace non solo per migliora-re la prosperità dell’agricoltura, ma ancheper accrescere la popolazione agricola dimi-nuendo così il numero dei poveri. Secondouna inchiesta agraria la popolazione ruraledel Comune si aggirava sulle quarantamilaunità e tra queste c’erano 328 fittavoli,1251 mezzadri, 4962 boari e circa 1251operanti giornalieri metà dei quali obbligatie metà disobbligati.Tra le varie conferenze proposte ci furonoquelle tenute da medici. L’intervento deisanitari non era casuale ma perseguiva unaprecisa finalità: nei primi decenni dell’otto-cento la figura del medico era circondata dadiffidenza, sospetto, ostilità, rifiuto. Per vin-cere questa generale disistima non solo inItalia ma anche in Europa e per battere unaaccesa concorrenza di numerosi ciarlatani ditutte le specie- erboristi, omeopati, chirurghiortopedici, operatori erniari, guaritori dellemalattie veneree e degli stessi farmacisti

“Dopo la Fatica” - LeonAugustin Lhermitte

Giorgio Mantovani

Pensieri di igiene rustica

Una ricerca condotta nella Biblioteca della Camera di Commercio

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che fornivano consulti- si decise distampare trattati, prolusioni acca-demiche, catechismi e galatei conl’obiettivo di evidenziare il medicoideale.Gli estensori dei galatei riservaronouna particolare attenzione allecomunicazioni tra medico epazienti. Se il dottore voleva distin-guersi dai ciarlatani la sua elo-quenza doveva essere “chiara elimpida”, usare un linguaggio cheseppur rigoroso doveva esserecompreso da tutti. La medicinanella prima metà dell’Ottocentoversava in una profonda crisi dicrescenza perché erano ancoralontani i successi della batteriolo-gia. Tuttavia, nonostante che leterapie fossero ancora per lo piùefficaci, il sapere medico stavaacquisendo nuove rivoluzionarie metodicheper esaminare l’organismo malato.A tutti erano evidenti le statistiche della mor-talità: la metà dei morti comprendeva bam-bini da 1 giorno a 7 anni, diminuiva dai 7 ai20, ricresceva dai 20 ai 30 proprio nel perio-do in cui l’organismo doveva essere piùforte, diminuiva dai 30 ai 40 perché c’erapiù cura per il corpo e ancora robusti ci sidifendeva dalle malattie che causavano lamorte, poi dopo i 40 per il peso delle fati-che si diventava più sensibili alle varietàdelle stagioni, alle intemperanze, alle circo-stanze meteorologiche contrarie alla salutepubblica. Pochi invece nel mondo agricoloconoscevano le norme igieniche che pote-

vano diminuire il numero e la gravità dellemalattie che affliggevano le nostre terre conrilevanti danni per l’agricoltura.Nel 1849 la scuola di agricoltura chiamò unmedico per la conferenza: ”Pensieri d’igienerustica per la provincia di Ferrara”.Dall’osservazione di quanto avveniva nellevarie località e dalla conoscenza delle abitu-dini dei coloni risultò che in estate si dormi-va quasi sempre sulla nuda terra e all’aper-to per godere la brezza notturna. Se questoera giustificato per chi voleva difendersi dailadri del bestiame o dei raccolti o per chisvolgeva lavori per la canapa, per gli altri erasolo una usanza che causava raffreddamen-ti del corpo sudato con conseguenti febbriintermittenti spesso di origine reumatica.

“Falciatori” Arnaldo Ferraguti -Olio su tela - 1908

“Le spigolatrici” ArnaldoFerraguti - Olio su tela - 1908

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Un’altra errata abitudine era di bere acquaabbondante e fredda quando si era sudati eciò causava spesso coliche letali che porta-vano alla morte anche i più giovani.In autunno il pericolo maggiore derivavadalle acque stagnanti e putride dei maceri equegli effluvi associandosi a quelli dellepaludi provocavano malattie respiratorie.C’era in verità una legge sanitaria che fissa-va le epoche di espurgo dei maceri, mapochi le rispettavano e quei proprietari chela osservavano procuravano ai coloni inten-se sofferenze per l’alternanza di caldo efreddo con danni sicuri per la salute deicoloni.Un altro pericolo che provocava malattiegastrointestinali era l’abitudine a pescare ecucinare la gran quantità di pesce che si tro-vava in diverse località dove le acque sta-gnavano o le correnti erano ridotte. Ma lafame era tanta e tale che ci si cibava anchedella carne degli animali bovini morti permalattie e per questi la carne veniva divisatra le famiglie con diritto di preminenza. Sein città esistevano delle leggi sanitarie a tute-la dei cittadini queste non trovavano appli-cazione nelle campagne. In inverno i problemi di salute derivavanodalle abitazioni umide, male ventilate, constanze troppo piccole e fredde e al freddovenivano inviati spesso i figli all’accattonag-gio per un po’ di pane.Con il risveglio della natura in primaveraanche per i coloni nascevano nuove spe-ranze e forze, ma spesso poiché i granaiscarseggiavano si riduceva la frugale mensacolonica e la famiglia intristiva, deperiva, si

ammalava. A quella situazione si sarebbepotuto trovare una soluzione offrendo a chiera dotato di forze sufficienti dei lavori discavo negli scoli, di disseccamento dellepaludi, di miglioramento delle acque potabi-li.Alla conclusione della conferenza il medicopropose alcune considerazioni personali. ”Ilprimo interesse dell’umanità è quello di esi-stere con robustezza e salute e tutte legenerazioni si succedono uguali e ardenti diquesta brama, disputandosi ancora il prima-to nell’impresa, non tutti ugualmente felici.Ai contadini la natura ha donato una robu-stezza invidiabile, se la classe colonicareclama nei suoi patimenti dei vantaggi neha tutto il diritto, ma per migliorare la situa-zione è necessario che anche i ricchi pro-prietari collaborino, perché una società sipuò definire libera quando tutti contribui-scono al bene comune”. A quel bene comu-ne provvederà anche una legge che verràpromulgata nel 1888 col titolo “Sulla tuteladell’igiene e della sanità pubblica”, si cree-ranno così gli strumenti necessari per unagestione tecnicamente corretta della sanitàcon la speranza di combattere la tisi, la scro-fola, la rachitide, la pellagra, il colera, il vaio-lo e la difterite, malattie che dimostravanoanche dopo l’unificazione politico territorialeche il “paese reale” era un paese malato.Con la legge non si sarebbero risolti tutti iproblemi sanitari della nuova Italia, ma lalegge di riforma non avrebbe mancato di sti-molare in molti grandi e piccoli comuni ungrande risveglio e un altrettanto ampio entu-siasmo per le opere di risanamento.

“L’aratura” Luigi Gioli - Olio su tela-1854

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La Camera diCommercio di Ferrarametterà a disposizio-

ne del pubblico, all’internodella propria Biblioteca,un’intera sezione dedicataalle opere infrastrutturalidella provincia di Ferrara. E’un’occasione per rendereulteriormente specialistical’offerta bibliografica a dis-posizione dell’utenza, eche completa le restantisezioni tematiche dedicatealla navigazione e trasportinonché al turismo, geogra-fia ed economia, non trala-sciando le notizie edapprofondimenti che sul-l’argomento sono rinveni-bili negli articoli pubblicatisu “La Pianura”. A causa di una serie di tra-sferimenti a cui sono statisottoposti gli uffici dellaCamera di Commercio,diveniva attuale il pericolodella dispersione di talemateriale, per lo più dislo-cato nei vari archivi came-

rali e senza costituire un insieme organico.Oggi, questo squarcio sull’economia ferrare-se potrà essere utilizzato da ricercatori, pro-fessionisti del settore, da laureandi e da tutticoloro che possono nutrire interesse inmerito.Quest’esigenza di recupero, selezione, sal-vaguardia, e, infine, catalogazione di mate-riale d’archivio nel settore delle infrastruttu-re ha costituito il fondamento del progettoavviato dall’Ufficio Studi e dalla Bibliotecadell’Ente. In itinere l’esigenza maggiormentesentita è stata quella di una ricerca dell’ori-ginalità ed autenticità della documentazio-ne, unita naturalmente all’utilizzo di sistemidi conservazione: tali da garantire per unverso una pratica consultazione e la ricerca

Sonia MonesiCuratrice della ricerca

Un progetto di recupero sul patrimo-nio documentario della Camera diCommercio

Un secolo di infrastrutture nel nostro territorio

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da parte degli utenti, e dall’altro non veniremeno alla salvaguardia dei documenti, spe-cialmente quelli che lo scorrere del tempoha reso più fragili.La raccolta contiene una documentazionetipologicamente diversificata: dai progetti,conservatisi in originale per più di un cin-quantennio, delle più importanti vie dicomunicazione del nostro territorio, come laTranspadana e la Cispadana, senza tralascia-re l’Idrovia Ferrarese, che dal CanaleGiovanni Boicelli porta al mare. Il documen-to più datato riguarda proprio il Canale diPontelagoscuro e rappresenta uno studiosulla costruzione di un ponte, con calcoli etesto manoscritti, risalente al 1929. Infinesono disponibili le carte geografiche, plani-metrie e corografie, alcune risalenti ai primianni del ‘900 ma, non mancano nemmenoriproduzioni del territorio ferrarese del XVIsec., nonché pubblicazioni e documentiselezionati al fine di permettere un interes-sante approfondimento tanto, tecnico quan-to storico. Particolare riguardo è stato riservato allaZona Industriale di Ferrara. I documenti, i piùdatati dei quali sono in originale e risalgonoagli anni ‘40, ci parlano della situazioneeconomica, dell’occupabilità, nonché dellelocalizzazioni delle industrie, in un lassotemporale che parte dall’immediato secon-

do dopoguerra per arrivare agli attuali studisullo sviluppo dell’economia del ferrarese.Data l’importanza del polo chimico nell’eco-nomia ferrarese, una sottosezione è dedica-ta alla “Montedison” e al Centro Ricerche“G. Natta”, con una raccolta di articoli non-ché pubblicazioni provenienti dall’Ufficiostampa di questa grande realtà industriale.Le ulteriori sezioni completano il quadro: lazona del Delta, la Darsena di S. Paolo, i col-legamenti ferroviari, il Porto di Portogaribaldie la sua zona industriale. Il tutto introdottodai provvedimenti di pianificazione infra-strutturale della provincia, nonché da studisul territorio ferrarese e la sua salvaguardia ecorredato da una nutrita raccolta di carteufficiali e storiche della provincia.Per agevolare la consultazione dei docu-menti, è stato creato un catalogo, nelladuplice versione cartacea ed informatica,suddiviso in macrosezioni (piani infrastrut-turali complessivi della provincia, opereviarie, idroviarie, portuali, ferroviarie, areeindustriali, logistica ed intermodalità, Deltadel Po), in ognuna delle quali il materiale èstato suddiviso in sottosezioni che prendo-no il nome delle opere infrastrutturali.Nella versione informatica del catalogo, lanavigazione all’interno delle sezioni è age-volata dalla presenza di collegamenti iper-testuali.

Foto ormai sbiadite di alcuneinfrastrutture nel territorio fer-rarese

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SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE 77

Gli atti del convegno in ricordo del Prof.Antonio d’Atri, che si è tenuto presso laFacoltà di Economia alla fine del 2003, sonostati raccolti in un volume intitolato“Economia, Impresa, Azienda e Università”.Sono questi i contenuti sui quali i ricercatoriintervenuti nell’occasione hanno concentra-to la loro attenzione, ispirandosi alla tracciasegnata dal percorso umano e di studio diAntonio d’Atri, nel quale le discipline econo-mico-aziendali costituiscono una chiave dilettura di fenomeni che vanno oltre l’anda-mento economico delle imprese orientateal profitto e che interessano le organizzazio-ni pubbliche e private, quali enti pubblici,scuole e Università. Il concetto unificante è che sia questi ultimi,sia le aziende che si confrontano con il mer-cato, sono infatti chiamate a generare valo-re per i propri “stakeholders” secondo leproprie specificità, poiché solo in questomodo è possibile garantire che le finalitàultime perseguite da ciascuna organizzazio-ne siano compatibili con la libertà di espres-

sione e con la crescita continua, morale eculturale, delle persone che fruiscono delsistema di istruzione, che si rapportano conla pubblica amministrazione, che partecipa-no ad un impresa e che competono sullibero mercato con altre imprese.Il segno lasciato dal Professore, scomparsonell’ottobre del 2002, rappresenta un riferi-mento saldo per chi continua la propriaopera di ricerca presso il Dipartimento diEconomia dell’Università di Ferrara, e conentusiasmo continua ad approfondire il con-cetto di “valore”, la significatività dell’impattodel sistema informativo delle aziende all’in-terno ed all’esterno di esse, e quegli stru-menti che aiutano il singolo ad interpretarei fenomeni legati agli aggregati di personeche sono le organizzazioni, grandi riduttori dicomplessità della realtà che ci circonda.

“Azienda,Economia, Impresaed Universtà”

AA. VV. a cura di Emidia VagnoniIntroduzione di Patrizio Bianchi

Effe Elle Editori, Ferrara, 2004

“FerraraIlluminata”

A. Cavallari, G. Mantovani, A. Mascellani

Fondazione Ca.Ri.Fe., 2004

Nel mese di dicembre del 2004 laFondazione Cassa di Risparmio di Ferrara,nell’ambito dei suoi obiettivi di favorire l’ar-te e la cultura, l’istruzione e la ricerca scien-

tifica, ha pubblicato un originale ed elegan-te volume, dal titolo: “Ferrara illuminata”.Gli Autori del testo, Alberto Cavallaroni,Giorgio Mantovani (da molti anni collabora-tore de “La Pianura”) ed Alfio Mascellani,hanno a lungo effettuato approfondite ricer-che sulla storia dell’illuminazione a Ferrara,e - per evitare che lo studio rimanesse cir-coscritto al solo ambito locale - lo hannoconfrontato con i dati nazionali e interna-zionali relativi alle stesse applicazioni. L’opera, articolata in otto capitoli, prende inesame diversi momenti storici, “fotografan-done” in maniera molto originale una seriedi aspetti specifici, quali l’illuminazione artifi-ciale (fino al 1800), quelle ad olio e a gas; i

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SEGNALAZIONI BIBLIOGRAFICHE78

L’incipit di “Testimone d’amore” di GiannaVancini, Este Edition, Ferrara, descrive comeun fantasma emerso dalle nebbie del pas-sato la figura di Antonio Giusti, che ha mili-tato nell’esercito di Carlo III di Borbone nelducato di Parma e Piacenza dal 1850 al1854 e che ritorna a Cassana.Dal suo matrimonio con Elvira nascerannocinque figli, cinque bocche da sfamare insituazioni di miseria e ignoranza, legate almondo contadino. Da questo nucleo fami-liare inizia quella saga che attraverso lo scor-rere del tempo ci porta dal Risorgimentoall’Unità d’Italia, al primo conflitto mondiale,al periodo fascista, al secondo dopoguerra.Alle vicende descritte fanno da scenarioParma, Mantova, Cassana, Bondeno,Ferrara, Canneto Pavese. Lungo le paginedel romanzo si aprono parentesi con anno-tazioni storiche che entrano così nella tramalegata ai personaggi ricordandoci che gliuomini sono pedine nella scacchiera della

Storia. Questi due registri (le descrizionidella vita dei singoli protagonisti, l’aspettointimista e perfino lirico dell’esistenza quoti-diana delle persone semplici da un lato edall’altro la narrazione obiettiva dei grandieventi che determinano il destino dellenazioni) vengono da Gianna Vancini armo-nizzati con sapiente puntualità.Così ai rivolgimenti che si sono succedutidal 1854 al secondo dopoguerra si alterna-no momenti di pace domestica, intrecciamorosi, tradimenti, nascite, morti di fami-glie che, per così dire, costituiscono quelmicrocosmo di sentimenti ed affetti nonmeno importanti delle guerre, delle rivolu-zioni, degli affari di Stato. Le storie minimecosì si intrecciano al destino delle nazioni.La realtà, gli aspetti del passato sono trasfi-gurati da Gianna Vancini e descritti come sefossero schegge di un eterno presente checi coinvolge perché quello che resta immu-tato nel tempo è proprio il mondo delle pas-sioni, dei desideri ai quali la scrittrice ferra-rese attribuisce la massima importanza. AnziGianna Vancini con sottile introspezione psi-cologica indaga anche nell’intimo dei grandiprotagonisti, delinea per esempio il latoumano, la malinconia, i risvolti più segretidella personalità del duca di Parma Carlo IIIrendendolo a noi vicino, infatti tratteggia lafigura romantica di questo nobile infeliceche amava i suoi sudditi parmigiani senzaessere ricambiato, che non era compresodalla moglie, che ebbe una relazione dolcis-

Testimone d’amore

Gianna Vancini

Este Edition, Ferrara, 2004

primi tentativi di trasformazione dal gasall’elettricità; le centrali elettriche ferraresi;l’elettricità in alcuni ambiti di applicazione; leaziende produttrici di articoli elettrici e perilluminazione, tra queste in particolare iFratelli Santini, le officine metallurgicheSgarbi & Chiozzi, le officine elettrichePuglioli, molto conosciute a Ferrara per laproduzione di fanali e di dinamo da bici-clette Radius e Lux.Il volume contiene un ricco materiale icono-grafico, con documenti tratti dall’ArchivioStorico Comunale, cartoline d’epoca e foto-grafie dell’archivio di Alberto Cavallaroni,fotografie di impianti elettrici della città edella provincia , pubblicità. Conclude l’opera un documentatissimoelenco delle invenzioni e delle applicazionidell’energia elettrica dal 1600 fino al 1922,un glossario dei termini tecnici, una vastabibliografia, nonchè una tabella dei valorireali della lira dal 1861 al 2000.

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sima con Argia e che alla fine morì assassi-nato.In tal modo la dimensione ufficiosa, aulica,viene ribaltata per privilegiare piuttosto l’a-spetto intimista. La storia, quel grande teatroche è il mondo, come ebbe a direShakespeare, si riduce a un palcoscenicodove attori e comparse recitano la loroparte, ma andando dietro le quinte, coglien-do le espressioni più spontanee, i motisegreti del cuore dei personaggi, scopriamola vera storia, fatta non semplicemente difredde date e di elenchi, ma di confessioni,slanci di anime che amano, sognano, sof-frono, esultano.Ed è proprio in questo alternarsi di vicendepubbliche e private che Gianna Vancinipassa dal suo ruolo di ricercatrice storica aquello di narratrice, capace di raffigurare unintero e dettagliato affresco delle passioniumane, ora tragiche, ora dolci e tenere,colte nelle loro infinite sfumature, quali l’a-more coniugale, l’erotismo, il sentimentoreligioso, la gioia di vivere, la malinconia. Lostesso stile letterario segue gli andamenti, isobbalzi degli stati d’animo dei personaggipassando dai toni alti a quelli raccolti, cor-diali, adottando un linguaggio scorrevole, difacile lettura, che racchiude in sé elementiora di amara constatazione, ora di trasportolirico, ora di vivace intelligenza. Anche lo stu-dio degli usi e costumi, l’analisi sociopoliticainteressa Gianna Vancini, che pertanto con-ferisce al suo romanzo un taglio sociologico,etnografico in quanto affronta i problemipresenti nell’arco di tempo da lei descritto:l’analfabetismo, la condizione femminile, ilmondo contadino con i suoi riti di fertilità,l’arte di fare il pane, il bucato con la cenere,la lavorazione della canapa, la fienagione,ovvero quei fatti privati, quelle storie mini-me, ma importanti, che si agganciano aigrandi eventi e che attraggono i poeti.Ne emerge così le personalità di una scrittri-ce colta e genuina ad un tempo, passionalee razionale, amante della verità storica eincline alla fantasticheria, al volo pindaricodella poesia, come dimostrano le bellissimepagine dedicate alle favole e al magicomondo dell’infanzia, alle feste campestricon banchetti opulenti, ai pittoreschi ed ele-giaci paesaggi padani.In questo caso Gianna Vancini si sbizzarri-sce, lascia irrompere libera la sua vena lirica,assimilabile al temperamento sensuale eterragno di Corrado Govoni, addirittura rive-la una sensibilità pittorica, impressionistica,vicina a quella di Galileo Cattabriga. A uncerto punto della narrazione Erminia, una

figlia di Antonio Giusti ed Elvira, si sposa nel1884 a un uomo di Bondeno, pertantoanche questo paese diviene centro d’azio-ne, scenario dove si muovono i personaggidel romanzo “Testimone d’amore”, ciò spie-ga il patrocinio dell’Assessorato alla Culturadel Comune di Bondeno nella persona diDaniele Biancardi e la copertina del volumeeseguita dall’artista bondenese GianniCestari. Dalla lettura del libro si scopre che iltitolo deriva da una riproduzione dellaMadonna della Seggiola di Raffaello, checome il testimone nella gara della staffetta,passa da persona a persona, attraverso variegenerazioni, come una sorta di filo rossoche tiene legate le vicende che formano latrama del romanzo. Come scrive RobertoPazzi nella sua brillante Prefazione, il libroracchiude «una maternale visione della crea-turalità che soltanto una donna può posse-dere». Infatti il tema ricorrente risulta quellodella fertilità, rappresentato dalla presenzafemminile che, attraverso le varie generazio-ni, veglia sui fatti della storia e sulle vicissi-tudini private di famiglia come un numetutelare, come una divinità feconda e beni-gna. Nella Postfazione Giovanni Negri indivi-dua in questo canto d’amore, ambientatonel paesaggio padano, le ascendenze lette-rarie e cinematografiche a cui esso si ricol-lega e che vanno da De Pisis, a GianfrancoRossi, fino al film “Amore amaro” diFlorestano Vancini. L’editore RiccardoRoversi nella bandella del libro scrive«Testimone d’amore si configura come l’o-pera della maturità letteraria di GiannaVancini».

Gabriele Turola

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Tra Le Perle del Ferrarese, eventi imperdibiliper scoprire l’Enogastronomia di Ferrara e delsuo Delta, offerti dall’AmministrazioneProvinciale di Ferrara e dalla Camera diCommercio al Salone del Gusto, rassegnainternazionale dei prodotti tipici, che si è tenu-

ta a Torino dal 21 al 25 ottobre scor-si, era presente anche una ‘perlina sucarta’, una pubblicazione inerente “Alvin di nòstar cò – Storia e poesia deivini del Delta” collocata in mostrapresso lo stand della Strada dei Vini edei Sapori di Ferrara, accanto allenostre gustose specialità, vere perle…dal vivo.Il testo, di cui è autore Giorgio AlbertoFinchi, medico-scrittore diPontelangorino, è il nono volumedella collana Cóm a dzcurévan /Come parlavamo, naturale ‘costola’ diAR.PA.DIA., l’Archivio Padano deiDialetti del Centro Etnografico /Centro di Documentazione Storicadell’Assessorato alle Politiche edIstituzioni Culturali del Comune diFerrara ed è stato curato, come lostesso Archivio, da Maria Cristina

Nascosi, a conclusione di una sorta di Trilogiadella Pappa, per parafrasare scherzosamenteuno degli espressivi modi di dire di GianninoStoppani, il popolarissimo birichino protagoni-sta del Gianburrasca nato dalla arguta pennadi Vamba – al secolo Luigi Bertelli - iniziata nel1998 con “Al magnàr di nòstar cò” e prose-guita, nel 1999, con “Erb e piant di nòstar cò”,dello stesso Autore e della medesimaCuratrice.Tema d’eccellenza i vini delle nostre zone delDelta del Po, ricchissime, forse come pochealtre in Italia, di gusti, di sapori e di profumi e,perché, no? anche di colori, per quanto attieneal cibo, ma non altrettanto, se ci si riferisce alnettare sacro agli dei, soprattutto, a Bacco:eppure l’autore, con benevola ed affettuosaironia, ‘racconta’ dei Vini delle Sabbie e delBosco Eliceo e della loro ultima fortunataaccettazione, in termini di degustazione e didiffusione, anche se non propriamente storici‘a…doc’. Una lettura che, è certo, si rivelerà un piccolodivertissément del quotidiano di casa nostra,ma a cui il testo tradotto a fronte, garantisceuna circuitazione di sicuro successo in tuttaItalia, isole comprese!.Il libro, dall’affascinante copertina illustrata conla riproduzione monocroma in seppia di unparticolare della fascia inferiore del Mese diMarzo, capo d’opera di tipico impianto OfficinaFerrarese (Francesco del Cossa), è stato pre-sentato in anteprima a Ferrara il 24 settembrescorso in Sala Arengo, nell’ambito della XXISettimana Estense e, tra gli altri, gode delpatrocinio dell’A.R.G.A., l’AssociazioneRegionale Giornalisti dell’Agroalimentare checomprende l’Emilia-Romagna, la Toscana, leMarche e l’Umbria.

Maria Cristina Nascosi

Al vin di nòstar còStoria e poesia dei vinidel Delta

Giorgio Alberto Finchi

Cartografica Artigiana, 2004 pp. 76

“Al di là e al diqua delle nuvole.Ferrara nelCinema”

Paolo Micalizzi

Aska Edizioni, Firenze, 2004

Dopo una laboriosa gestazione, ormaiultraventennale, che ha visto i suoi prodro-mi nei due inserti della “Pianura” stampati

nel 1981, è finalmente uscita la storia delcinema a Ferrara, curata da Paolo Micalizzi,notissimo pubblicista nato nel 1938 inCalabria e trapiantato da lungo tempo interra estense.Lungamente attesa, la pubblicazionecolma una lacuna bibliografica a cui avevainutilmente tentato di porre rimedio loscrittore Gianfranco Rossi, il quale avevasteso un saggetto sull’argomento, rimastoincompiuto per la sua morte improvvisanel 2000 ed apparso solo di recente, muti-lo e a puntate, sul “Resto del Carlino”.Ma il lavoro di Micalizzi è di tutt’altra tem-pra: al di là di ogni liricheggiante divagazio-ne, raccoglie in circa 250 pagine un’inte-ressante sequela di informazioni, dati di

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cronaca, schede, recensioni sugli oltre 200titoli, fra opere di finzione e documentari-stiche, girate nella provincia di Ferrara apartire dal 1902, anno in cui RodolfoRemondini realizzò un filmato sul soggior-no in città del Conte di Torino, ovvero ilcugino del re.E Stefano Beccastrini, direttore della colla-na “Viaggio in Italia” dove il libro ha visto laluce (e autore altresì di una prefazione“alla Roffi”, ma ancor più pletorica e menospiritosa degli scritti del compianto senato-re) ha imposto all’autore tagli e limitazioniper non “sfondare” la griglia editoriale.L’autore, che avrebbe potuto tranquilla-mente aggiungere un centinaio di pagine,ha dovuto così eliminare alcune curiosità,che qui recuperiamo per il divertimentodei lettori della “Pianura”. Ad esempio, lasceneggiatura del capolavoro ravennate diMichelangelo Antonioni “Deserto rosso”(1964) prevedeva alcune sequenzeambientate nella casa del caporepartoMario Boni, in un villaggio operaio vicino aFerrara, ma riprese chissà dove… Giratenel Ferrarese sono invece le sequenze ini-ziali di due films d’ambientazione parmen-se: “La padrona è servita” di MarioLanfranchi (1975), riprese sul ponte di Roe “Una canna con Goldrake” (1999) diGiuseppe Gandini, che comincia in unacasa di via Terranuova e sulla strada versoil casello di Ferrara sud.Citazioni “curiose” riguardano poi “Oh, mia

bella matrigna” (1976) di Guido Leoni,dove il protagonista, un archeologo, capitanella necropoli di Spina o “TemporaleRosy” (1979) di Mario Monicelli, che iniziacon un incontro di boxe ambientato nelPalasport di Ferrara. Di produzione nordicaè infine “Oltre il confine”, girato nel 2003,ma ancora inedito, con protagonista AnnaGaliena e riprese nelle campagne tra ilCopparese e la “Bassa”.Nel documentario televisivo di Folco Quilici“La grande èpoque” girato una quindicinad’anni orsono e dedicato allo stile liberty,varie riprese hanno poi riguardato le ville diviale Cavour, i palazzi di corso Ercole Id’Este e la parrocchiale di VigaranoMainarda, con le belle decorazioni muralidi Ippolito Medini. Di produzione televisivasono infine una ripresa della tragedia dan-nunziana “Parisina” (1981) diretta daMarco Gagliardo ed una trasposizionediretta da Marco Leto dal racconto bassa-niano “Una lapide in via Mazzini”. Dopo aver parlato delle “quisquilie” chemancano nel libro, tentiamo ora di riassu-mere quel che esso narra nelle sue densepagine, incentrate soprattutto sul periodosuccessivo al 1942-43, anno-spartiacque,poiché allora il nostro territorio vide leriprese di “Ossessione” di Luchino Visconti(con Girotti e la Calamai) e di “Gente delPo”, documentario di MichelangeloAntonioni, due episodi fondamentali nellastoria del cinema, per esser stati iniziatori eapripista del mitico Neorealismo. Entrambii giovani registi, futuri genii cinematografici,vollero ambientare le loro opere d’esordionella nostra provincia, luogo che permette-va di dar sfogo all’idea di un cinema antro-pomorfico, dove il paesaggio era coprota-gonista reale della vicenda. Il mèlange diafa e fango, sensualità e disperazione,povertà e destino avverso, trovava perfettorisalto nelle prospettive orizzontali di piop-pi, argini, stradine medioevali, borghi flu-viali e castelli estensi: la macchina da presariprendeva tutto ciò, mentre gli “attori”(reali o fittizi) si muovevano entro gli sce-nari ferraresi in modo indimenticabile . Come si legge giustamente a pagina 56del libro di Micalizzi, “Ossessione” non“nasce da Ferrara, ma la Ferrara cinemato-grafica è nata dal film ed è ben viva!”.Proprio dal film viscontiano, sorta di arche-tipo e prototipo, deriveranno ancora situa-zioni dei successivi films ferraresi: MassimoGirotti sarà ancora un adultero che cospi-rerà con l’amante per uccidere il marito in“Cronaca di un amore” (1950) di

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Antonioni, l’errabondo protagonista de “Ilgrido” (1957), sempre di Antonioni appro-derà come aiutante in una pompa di ben-zina, gestito però da una donna (che rove-scia così il personaggio di Bragana, l’oste-benzinaio di “Ossessione”), la denunciaalla polizia, sorta di spauracchio per i pro-tagonisti del film di Visconti, diventeràcruda realtà per gli amanti de “La donnadel fiume” (1954) di Mario Soldati. E poi,in un disperato e fascinoso paesaggio flu-vial-ferrarese sempre e comunque deute-ragonista della vicenda narrata, trascineran-no le loro infelici, irrisolte storie d’amore(quasi sempre ambientate in epoca fasci-sta) altri epigoni di Girotti e della Calamai:dai protagonisti de “La lunga notte del ‘43”(1960) e “Amore amaro” (1974), entram-bi di Florestano Vancini a quelli di“Giovinezza, giovinezza” (1969) di FrancoRossi e “Gli occhiali d’oro” (1987) diGiuliano Montaldo, includendo persino ilmodesto e contemporaneo “La ragazzafuoristrada” (1974) di Luigi Scattini e iltelevisivo “Cronaca nera” di Faliero Rosati(1992). Il senso di colpa e l’angoscia esi-stenziale, il cupo fato e la grettezza dellasocietà di provincia sembrano dominare lestorie cine-ferraresi, come ben documentaMicalizzi. Tutt’al più i personaggi tenteran-no di riscattare i loro tristi amori, le lorosfortune esistenziali con l’impegno politicoe ideologico: basti pensare in tal senso a“L’Agnese va a morire” (1976) di Montaldo,a “La vela incantata” (1982) di Mingozzi, a“La neve nel bicchiere” (1984) di Vancini oalle versioni del bacchelliano “Mulino delPo”.Ma, poi, Ferrara diventerà una set-locationsempre più astrattizzata, un luogo (o,meglio, un non-luogo) del mito in “Il giar-dino dei Finzi-Contini” (1970) di VittorioDe Sica o in “Al di là delle nuvole” (1995),sempre di Antonioni, entrambi ambienta-te con splendide sequenze in un corsoErcole d’Este quasi irriconoscibile. Quindi,giungeranno films e telefilms che appiatti-ranno la cinegenia ferrarese, divenutaormai periferia dell’Impero, un piccolopunto del villaggio globale: un titolo pertutti è il banalissimo “La vita come viene”di Stefano Incerti (2003).Forse oggi le peculiarità insite nel paesag-gio cinematografico ferrarese sono riserva-te solo ai luoghi della “Bassa”, tra le Valli eil Delta del Po (basti pensare solo al capo-lavoro horror-comacchiese “La casa dellefinestre che ridono” (1976), di Pupi Avati,registrato opinabilmente come umbro dal

solito Beccastrini) in attesa che l’ultimo,attesissimo film di Florestano Vancini possarilanciare le fortune dell’ambientazioneestense, dopo gli sfondi fittizi dei numero-si films su Lucrezia Borgia e la sua famiglia(dei quali ha scritto nel centenario lucre-ziano Mario Ruffini) e l’anteprima offertadalle purtroppo rare sequenze ferraresidello splendido “Il mestiere delle armi(2001) di Ermanno Olmi. Unico neo del libro di Micalizzi (ce lo con-senta l’amico Paolo), non sappiamo fino ache punto addebitabile alle limitazioniimposte dall’editore e da Beccastrini,riguarda la parte dedicata al cinema muto,liquidata in una quindicina di pagine. Ciresta così la curiosità di saperne di più sulfantomatico regista Chino Colussi, autoredella comica “Sotto a chi tocca” (1912),con Tugnin e Burela: sarà lo stesso che fuferito, appena venticinquenne, in un bor-dello di via Colomba nel maggio 1909? Eil film “Ugo e Parisina” girato nell’estate1909 tra Ferrara e Pontelagoscuro in 17capitoli da Giuseppe De Liguoro su sog-getto di Domenico Tumiati sarà lo stesso,in tre atti e quattro quadri, proiettato alcinema “Bios” di Ferrara il 12 ottobre1909? Sappiamo infatti che l’anno primaaveva steso sulla tragica vicenda estenseun soggetto cinematografico il criticoGualtiero Ildebrando Fabbri, mentre al1913 viene schedata dagli storici una“Parisina” di produzione Ambrosio diTorino, anziché Saffi-Comerio come fuquella del film di De Liguoro. E perchédatare al 1913 il film “Il baratro” di MarioBernardi, quando la commedia “Verso ilbaratro” di Carlo Gamberoni da cui fu trat-to, venne messa in scena dalla CompagniaFilodrammatica Estense in prima assolutaal “Bonacossi” solo nell’agosto 1917?Infine, perché ignorare il film “Crevalcore”di Romolo Bacchini, tratto dall’omonimoromanzo di Neera in gran parte ambienta-to a Ferrara, dove venne presentato alcinema “Italia” nel settembre 1918? O idocumentari “La laguna di Comacchio”(1913), “Concorso ginnastico a Ferrara”(1914) e “Concorso ippico a Ferrara” deifratelli Roatto, seppur registrati nel libro diBernardini sui film “dal vero”?Domande a cui speriamo di ricever rispo-sta in una auspicabilissima seconda edizio-ne con ampliamenti del prezioso libro diPaolo Micalizzi.

Lucio Scardino

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La sagra di Ruina e il sambodromo diRenazzo scandiscono una ben precisa geo-grafia privata nelle nuove poesie di LucioScardino dal titolo Tracce dl passaggio, poe-sie ariostesche e non, edizioni Libertyhouse, 2004. Gli spazi aperti da questeincursioni nella straniante quotidianeità deiluoghi, riportano il lettore ad altre discorsivi-tà poetiche. Luzi, ad esempio, in Primizie deldeserto (1952) sottolinea: “Di me non c’étraccia negli anni / se non come raccontanoun viaggio / le impronte sulla sabbia d’undeserto”. Tracce appunto, impronte di unpassaggio. Eppure, occorre dirlo, il sito in cuiScardino si muove è fin troppo frequentatoda molta, varia umanità: “questo rettilarioferrarese é pernicoso per chiunque”. Ilbestiario ferrarese viene declinato in tutte lemaniere, a volte scopertamente, sin quasiagli estremi della querela. Riconoscibili dun-que le figure della cultura, dell’imprenditoria,della politica della città estense, attento ilpoeta a ricondurle con fili sapienti alla man-sioni originarie, nelle quali si intrecciano isegni ed i destini della città. “La borghesia diFerrara recita la canasta o la messa inmemoriam”. “Non voglio piu essere nelcuore della gente”, afferma convito e subitodopo ammette, “ma, debbo confessarlo,detesto anche io praticamente tutti”.Il lettore è così autorizzato a interpretaretutto questo alla luce di una forte irreversi-bile crisi abbandonica: un amore-odio tra lostudioso e la città. “Sto per esplodere, acausa di un’autoanalisi interna” conferma ilpoeta. La frammentazione delle persone edelle cose riporta però continuamente laparola al centro della scena. Gli aspetti piuscopertamente antigraziosi della versificazio-ne risultano alla fine maggiormente accatti-vanti e persuasivi.L’intonazione e la pausa danno un particola-re valore al coro polifonica dei testi. La solaespressione delle cose attraverso il linguag-

gio governa la potenzialità poetica del con-tenuto, che di certo non é quello tradizio-nalmente inteso. Un’aura surreale avvolgequesti frammenti del flusso vitale dell’auto-re, di tutto ciò che é più fuggevole e fragilee che paradossalmente, da solo, può descri-vere la complessità del mondo. Ogni poesiasi compone di sette versi giocati al ritmo dicut/up (taglia incolla) in cui il principio dellacontiguità rende bene la complessità delladomanda di identità personale e della ricer-ca di svelamento del lato oscuro dell’esi-stenza. Tuti noi vorremmo augurarci di supe-rare l’intrigo delle interazioni e dire come ilpoeta nel verso conclusivo di I will survive:“Ed io vorrei poter sopravvivere a tutto ciò”.La maggiore qualità delle poesie di Scardinosta proprio nella precisa consapevolezza dicrearsi un codice linguistico del tutto origi-nale ed autonomo, di cogliere le sfumaturedei diversi linguaggi che quotidianamente ciattorniano, di rilevare i sottocodici, nella cer-tezza che ogni termine, in quella articolareaccezione, possa connotare un mondo inte-ro, una traccia del nostro passaggio. Giochidi parole, calembours, parodie ed apportidiversi segnano le tappe di un camminocosì come le citazioni dirette o indirette ditesti o canzoni, di espressioni dialettali, disistemi referenziali di comunicazione, pre-posti attraverso la designazione dell’oggettosignificato. Tutto concorre a creare un lin-guaggio in cui naufragano altri linguaggi: delcontemporaneo, del nuovo-nuovo, dell’effi-mero mondano.Molte sono le cose che continuamenteassediano il lettore da ogni parte. Confessodi aver dimenticato la distinzione, che esiste,tra trousse e pochette. Ammetto pure diintuire soltanto alcune delle molte dietrolo-gie cui l’autore allude. Quello che è certoche il poeta sommerge di stimolazioni (ver-bali, antropiche, semantiche) continuequanti seguono la pista del suo percorso,pronto spesso a sviare in sentieri nascosti, inpercosi privati, sempre sollecito a lasciaretracce organiche, comportamentali, verbalisul suo e nostro sentiero... Se poi al lettorevenga la curiosità si sapere cosa siano ibigotones, può utilmente andare al sitowww.bigotones.org e giungere alla conclu-sione se possa trattarsi o meno di unametafora d’uso o motivata.

Gianni Cerioli

Tracce del passaggioPoesie ariostesche e non

Lucio Scardino

Ed. Liberty House, 2004

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“Beccati Daniele” non è un editore librario inquanto non dispone di alcuna casa editrice,tuttavia, per una volta, si è fatto tale esiben-do, però, un marchio che recita in sottotito-lo la qualità sfida il palato: un cavalieregaloppa su una zucca tra cappellacci e cap-pelletti, garantiti da un gonfalone stemmato.In vero, Daniele Beccati è il fondatore di unlaboratorio gastronomico (San Bartolomeoin Bosco; tel. 0532 725067; www.beccati-daniele.it) dove lavorano varie persone,soprattutto donne. Le quali, grazie alla loro fine e svelta manua-lità, acquisita da mamme e nonne, dannoforma di cappellaccio o di cappelletto aquadretti di pasta sfoglia con ripieno, giàapprontati dalle moderne macchine elettro-niche. Esse cioè rifiniscono artigianalmentele paste imbottite della nostra cucina tradi-

zionale.Così, il leggiadro prodotto, che già riscuoteconsensi tra i palati saputi, ha suggerito a“Beccati Daniele” d’inserirsi nel circuito delmercato globale presentando i suoi cappel-lacci con la zucca nel circuito nelle grandifiere alimentari. Tanto più che i cappellacciferraresi, diversi dai più noti cappellaccimantovani, rientrano nel novero delle“diciassette perle” della nostra provincia:l’anguilla di Comacchio, i vini della sabbia, lavongola di Goro, l’aglio di Voghiera, la cop-pia ferrarese, il pampepato, la salamina dasugo, la zia, e via dicendo. Ma, poiché non si può mostrare semplice-mente il prodotto pur con tanto d’invitoall’assaggio, Beccati si è rivolto all’atelier IlPassaggio (Factory of ideas) per legare ilsuo manufatto a un progetto culturale.Difatti, le persone che visitano le fiere, spe-cie se straniere, desiderano avere dettaglia-te notizie sui cibi pronti che non conoscono.* * *Giuliana Beregan, la colta creativa del sud-detto atelier, si è messa quindi al lavoro. Hainiziato col visitare archivi e biblioteche incerca delle notizie riguardanti la zucca e ilrelativo utilizzo in cucina, con particolareriguardo ai cappellacci ferraresi che lei deno-minerà ”estensi”.E, solo dopo un notevole impegno, fatto diricerche bibliografiche, di studio e di scrittu-ra, ha pubblicato, per i tipi della “LitografiaTosi”, un graziosissimo libretto (24x17) di

Favolosa ZuccaStorie miti curiositàricette dei cappellacciestensi

Giuliana Berengan

Daniele Beccati editore, 2004

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una quarantina di pagine che possiamodefinire artistiche. Perché, oltre la prosachiara e gradevole, ognuna di esse è illu-strata da Carlo Salomoni con belle immagi-ni dai colori intensi e allo stesso tempo deli-cati.

Già la copertina si presenta come fosseun quadro da parete: zucche e foglie didiverse forme e colori incorniciano gli ele-menti informativi essenziali del libro: nomedell’autrice, titolo, sottotitolo e, alla base,una custodia da flauto aperta, contenentecappellacci in bella mostra, quale firmasostitutiva dell’editore [email protected] indice ragionato guida poi il lettore nellascelta degli argomenti trattati che vanno daquelli di carattere storico a quelli di caratte-re nutrizionale. “Alla corte del cappellaccio; Antenati illustri;La sfoglia; La Zucca; Una divina signora; Imenù della memoria; Alla salute; Paroleparole; Ricette da Ferrara; Ricette d’autore;Ieri e oggi” sono i titoli delle sezioni del libroa cui non manca un’adeguata bibliografia.Tutti questi portano, in guisa di firma incalce, una coloratissima “zuca viulina”, dettaanche “suca baruca” nei territori già estensidi là dal Po.La pagina successiva, invece, apre il discor-

so con l’immagine di una grande zuccarotonda che esibisce, in sezione, il suo “ven-tre d’azdora”, simbolo eloquente di genero-sa fecondità.

Ma a questo punto, viene da chiedersi,come è avvenuta la trasformazione di que-

sta cucurbitacea un po’ zuccherina in gusto-si cappellacci ? E’ stato grazie all’inventiva dello scalco dellacorte estense, Giovan Battista Rossetti, alservizio dell’ultimo duca di Ferrara, Alfonso IId’Este, nel 1557. Egli, dovendo soddisfare il palato dei Signori,strologava come armonizzare il salato coldolce, cioè l’italiano con l’alemanno. Perchégli Estensi, forse di origine longobarda, con-servavano ancora ricordi di gusti ancestrali.Ed ecco l’idea geniale: “i tortelli di zuccacon butirro”. Nondimeno, le novità culinarie, come tuttele vivande offerte nei banchetti principeschi,dovevano essere oltreché buone anche“bellissime”, dovevano stare tra lo “iocundovivere” e “il sano mangiare”.Allora, lo scalco pensò, con un pizzico d’en-comio scherzoso, all’elegante foggia delcappello del duca. La prese a modello e neuscì “il cappellaccio”, ossia “al caplàzs” deldialetto ferrarese che mescola la z “piùsorda” con la s “più sibilante” così come ilcuoco mescola il dolce col salato.

Insomma, il libro è ricco di interessanticuriosità storiche, di consigli nutrizionalinonché di ricette singolari. Potrà essere acquisito, anche in eleganteconfezione da regalo, presso la libreria

“Il Sognalibro” di via Saraceno, 43, aFerrara.

Bruna Bignozzi

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UNA VETRINA ON-LINE PER GLI EVENTIDELLA NOSTRA PROVINCIA

Per informazioni e adesioni contattare:

[email protected]

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RICONOSCIMENTI FEDELTÀ AL LAVORO E PROGRESSOECONOMICO

La cerimonia di consegna avrà luogo sabato 12 marzo, al TeatroNuovo di Ferrara. Iniziativa volta alla celebrazione dei valori del lavoro e dell’attività d’im-presa (vengono premiati sulla base di apposito bando lavoratori dipen-denti del settore privato, anche già in pensione, nonché aziende).

GIORNATA DELL’ECONOMIA

Lunedì 9 maggio nella sala Conferenze della sede cameralePresentazione del “Rapporto sullo stato dell’economia locale” e rela-tiva analisi/dibattito

SETTIMANA ESTENSE

Sette giorni ricchi di avvenimenti culturali, economici e sportivi checulmineranno con l’assegnazione del Premio Estense

RICONOSCIMENTI FRANCESCO VIVIANI

La cerimonia di consegna si terrà luogo sabato 15 ottobre, al TeatroNuovo di Ferrara.Iniziativa finalizzata alla celebrazione dei valori dell’istruzione/cultura.Vengono premiati gli studenti ferraresi che hanno completato il ciclodi studi superiori con il punteggio di 100/100.

GIORNATA DELLA RICONOSCENZA PROVINCIALE

La cerimonia di consegna dei riconoscimenti avrà luogo Sabato 3dicembre, nella sala conferenze della sede camerale.L’iniziativa si pone come momento celebrativo di particolari meritiacquisiti da persone, aziende e/o associazioni, in vari settori tra cui l’e-conomia, la cultura e la solidarietà.

I PRINCIPALI EVENTI DELLA CAMERA DI COMMERCIO DI FERRARA

NEL 2005

12 Marzo

9 Maggio

18-25Settembre

15 ottobre

3 dicembre

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PERCORSO DI ACCOMPAGNAMENTO PER IL RICAMBIO GENERAZIONALE NELLE PICCOLE E MEDIE IMPRESE

É aperto il bando di ammissione al progetto rivolto allepiccole e medie imprese coinvolte in processi di ricambiogenerazionale

Il progetto prevede le seguenti attività:• Check-up aziendale (analisi strategica e di business)• Formazione mirata• Tutoraggio continuo per la durata del progetto

Le domande saranno selezionate dal Gruppo di Progettoformato da rappresentanti della CCIAA di Ferrara,dell’Università di Ferrara - Facoltà di Economia e delleAssociazioni di Categoria.

Destinatari: n° 12 piccole e medie impreseDurata: 12 mesiScadenza Bando: 28 febbraio 2005

Il Bando, il relativo modulo di domanda e informazioni aggiuntivesono reperibili presso la CCIAA di Ferrara - Via Darsena, 79 - UfficioPromozione, o sul sito www.fe.camcom.it sotto la voce Finanziamenti.

Referenti: Anna Faccini - Andrea Migliari: Tel. 0532/783813/802

Università di FerraraFacoltà di Economia