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1 Web e made in Italy: le terre di mezzo della comunicazione d’impresa * Vladi Finotto ** Stefano Micelli *** * Gli autori desiderano ringraziare la dott.ssa Alessandra Luise, collaboratrice del Centro TeDIS di Venice International University, per il supporto operativo nella fase di raccolta dei dati. ** Ricercatore in Economia e gestione delle imprese, Dipartimento di Economia e Direzione Aziendale, Università Ca’ Foscari, Fondamenta San Giobbe 873, Cannaregio, 30121, Venezia. Email: [email protected]. *** Prof. associato di Economia e gestione delle imprese, Università Ca’ Foscari, e direttore del centro TeDIS di Venice International University.

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Web e made in Italy: le terre di mezzo della comunicazione d’impresa*

Vladi Finotto**

Stefano Micelli***

* Gli autori desiderano ringraziare la dott.ssa Alessandra Luise, collaboratrice del Centro TeDIS di Venice International University, per il supporto operativo nella fase di raccolta dei dati. ** Ricercatore in Economia e gestione delle imprese, Dipartimento di Economia e Direzione Aziendale, Università Ca’ Foscari, Fondamenta San Giobbe 873, Cannaregio, 30121, Venezia. Email: [email protected]. *** Prof. associato di Economia e gestione delle imprese, Università Ca’ Foscari, e direttore del centro TeDIS di Venice International University.

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Web e made in Italy: le terre di mezzo della comunicazione

d’impresa ITA Abstract Nonostante la diffusione del web 2.0 abbia alimentato grandi aspettative, la sua

adozione da parte delle imprese del made in Italy è ancora ridotta. Gli autori ritengono che questa distanza sia dovuta alla natura specifica degli spazi di comunicazione in rete, terre di mezzo separate dalle logiche dell’informatica aziendale e del marketing tradizionale. L’analisi di quattro casi suggerisce che il presidio di questi spazi intermedi avvenga in contesti aziendali caratterizzati da quattro elementi: elevata propensione imprenditoriale; capacità di sviluppare discorsi originali intorno ai temi centrali per le comunità di riferimento; l’avvicendamento generazionale; lo stimolo delle figure professionali più creative.

Parole chiave Web marketing, comunità di consumatori, web 2.0, Made in Italy,

imprenditorialità, creatività. ENGL Web and Made in Italy: the intermediate spaces of corporate communication Abstract Despite the expectations generated by their diffusion, web 2.0 services and

applications are hardly used by Made in Italy firms. According to the authors this distance is due to the nature of communication on the web, an intermediate space with peculiar logics different from those of enterprise computing and those of traditional marketing practices. The analysis of multiple case studies suggests that the exploration of these intermediate spaces is possible within organizational contexts characterized by four elements: a strong entrepreneurial orientation; the ability to develop complex discourses on themes wich are crucial for relevant consumer communities; generational change; the stimulus coming from creative professional figures.

Keywords Web marketing, consumer communities, web 2.0, Made in Italy, entrepreneurship,

creativity.

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Web e made in Italy: le terre di mezzo della comunicazione aziendale

1. Introduzione

La rapida diffusione delle applicazioni web 2.0 – blog, social network, aggregatori

di contenuti – ha riportato al centro del dibattito di marketing il tema delle comunità di consumatori e della valorizzazione delle relazioni tra queste e le imprese. I social media sono degli spazi nei quali il consumatore spende una porzione rilevante del proprio tempo, esprime la sua creatività, si immerge in una socialità sempre più ricca di stimoli e sollecitazioni. Questi nuovi ambiti di socializzazione fanno delle comunità di consumatori un soggetto in grado di contribuire attivamente ai processi di innovazione e comunicazione delle imprese.

Quanto sfruttano queste opportunità le piccole e medie imprese italiane? I dati a disposizione suggeriscono che lo sviluppo di una presenza qualificata sul web da parte delle imprese del made in Italy sia un processo tutt’altro che compiuto. Esiste una difficoltà oggettiva nell’inquadrare il potenziale di queste tecnologie nell’ambito di una cornice aziendale consolidata.

Nonostante un quadro statistico poco incoraggiante, la presenza di un certo numero di sperimentazioni originali suggerisce alcune direzioni per riflettere sull’uso di queste tecnologie nel contesto italiano. Queste esperienze pionieristiche evidenziano l’abilità di alcune imprese nel gestire spazi di comunicazione online che valorizzano percorsi imprenditoriali originali e capitalizzano la creatività di figure professionali e competenze legate al marketing, al design ed alla comunicazione.

In queste “terre di mezzo”, le imprese prendono parte a conversazioni e riflessioni che non si limitano necessariamente al prodotto ed al settore di riferimento. Elaborano e diffondono contenuti su tematiche cruciali per le comunità rilevanti, si impegnano in conversazioni a tutto campo sui temi dell’arte, della sostenibilità e dell’ecologia, della cultura, dello sport e di altro ancora. Queste riflessioni non sono il risultato di un processo deliberato di pianificazione di marketing, quanto piuttosto l’esito della volontà di imprenditori, manager e creativi delle imprese di proporre al mondo della rete le proprie esperienze e competenze professionali.

I risultati dell’analisi condotta nello studio suggeriscono la necessità di inquadrare sotto una nuova prospettiva il tema dell’utilizzo delle tecnologie del web 2.0 in azienda. In primo luogo la natura di strumenti di comunicazione adatti alla creazione di narrazioni articolate e collettive ci fa ritenere che si tratti di applicazioni e tecnologie le cui potenzialità possono essere valorizzate e concretizzate in contesti aziendali particolarmente innovativi – dal forte orientamento imprenditoriale – e dall’utilizzo da parte di figure professionali diverse rispetto a quelle dell’informatica aziendale – in particolare creativi, professionisti del marketing e della comunicazione, designer. In secondo luogo, lo studio evidenzia che lo sviluppo di una presenza qualificata negli spazi del web 2.0 richiede una forte propensione alla costruzione di discorsi sofisticati ed all’arricchimento di culture del consumo che vanno ben oltre il

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singolo prodotto e lo specifico settore in cui opera l’azienda. Un investimento in cultura e comunicazione, insomma, prima ancora che tecnologico, ed un’apertura dell’azienda e della sua comunicazione all’intervento esterno difficili da riconciliare con le pratiche di marketing e di gestione della comunicazione più consolidate.

2. Social media e comunità di consumatori: tra innovazione ed identità

La riflessione manageriale sul web si colloca nel consolidato dibattito sulle comunità di consumatori – virtuali e offline (Hagel, Armstrong, 1998; Micelli, Prandelli, 2000). Due sono state le prospettive d’analisi sulle comunità. La prima, maturata negli innovation studies, ha privilegiato il contributo attivo dei consumatori all’innovazione di prodotto ed il sistema di incentivi che lo rende possibile. La seconda, maturata in un ambito disciplinare eterogeneo riconducibile alla sociologia dei consumi, ai consumer studies ed al marketing, ha guardato al ruolo dell’identità nelle dinamiche di creazione di comunità.

2.1 Comunità di consumatori ed innovazione

Nella prospettiva degli innovation studies l’impresa trova nei consumatori dei

partner in possesso di competenze cruciali per l’innovazione di prodotto. I lead user sono in grado di anticipare le tendenze della domanda generale e detengono competenze sofisticate che consentono loro di modificare ed innovare i prodotti utilizzati (Von Hippel, 1988; Morrison et al., 2004). Raramente i lead user innovano da soli. Al contrario innovano entro, e grazie a, comunità di pari con i quali interagiscono per sviluppare soluzioni a problemi complessi (Von Hippel, 2001; Franke, Shah, 2003).

I processi di innovazione distribuita si caratterizzano per una ridefinizione della geografia dell’innovazione e per le particolari modalità di gestione e valorizzazione della conoscenza innovativa. Sul primo versante l’elaborazione di conoscenze e soluzioni innovative ha luogo in misura rilevante al di fuori dell’impresa, nei contesti del consumo. Ciò accade in quanto la conoscenza innovativa tende ad essere sviluppata nei contesti e nelle occasioni d’uso ed è difficile da esplicitare e trasferire compiutamente all’impresa (Von Hippel, 1994).

Anche laddove la conoscenza risultasse trasferibile, l’impresa potrebbe non trovare conveniente l’industrializzazione di una nuova soluzione maturata nell’interazione con i lead user. Questi, infatti, rappresentano una porzione limitata del mercato di riferimento (Von Hippel, 1988). In virtù della specifica struttura di incentivi e vincoli, quindi, l’utilità di una soluzione innovativa nel contesto d’utilizzo è elevata per il consumatore stesso che provvede direttamente ed autonomamente alla risoluzione di problemi ed al miglioramento funzionale dei prodotti che utilizza.

Le innovazioni sviluppate dai consumatori sono il risultato di percorsi di sperimentazione e creazione di nuova conoscenza che avvengono all’interno di contesti di comunità (Franke, Shah, 2003). In questi circuiti ciascun utente

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contribuisce ad uno sforzo collettivo secondo le proprie capacità e le proprie competenze. La libera e gratuita circolazione della conoscenza generata dagli utenti è un presupposto fondamentale per il funzionamento delle comunità di innovazione (Sawhney, Prandelli, 2000; Harhoff et al., 2003). Queste comunità si reggono su un forte senso di reciprocità ed al loro interno il free revealing è il portato di una serie di incentivi chiaramente definiti. In sintesi, i consumatori concedono liberamente la propria conoscenza alle comunità ed alle imprese in quanto:

• Non possiedono le risorse, finanziarie ed organizzative, per capitalizzare il valore della conoscenza prodotta attraverso la creazione di imprese (Harhoff et al., 2003);

• La libera condivisione di conoscenza innovativa funge da strumento per il signaling professionale (Von Hippel, Von Krogh, 2003);

• I circuiti comunitari cui appartengono si basano su un forte senso di reciprocità differita, che rende possibile e raccomandabile il free revealing per garantire la sostenibilità delle comunità stesse (Franke, Shah, 2003).

L’accesso al complesso di conoscenze e competenze del consumatore è possibile

per l’impresa nella misura in cui essa si fa carico non solo della governance delle comunità, ma riconosce il contributo dei consumatori sia in termini economici - sconti, offerte, versioni limitate - sia tramite il supporto alla vita delle comunità. Sul mercato degli utenti non attivamente coinvolti nei processi di innovazione, l’impresa realizza il massimo del valore monetario per i prodotti innovativi sviluppati con i lead user (Harhoff et al., 2003; Sawhney, Prandelli, 2000).

2.2 Comunità di consumatori ed identità Il secondo approccio è caratterizzato dalla centralità dell’identità nel motivare la

partecipazione dei consumatori a circuiti comunitari. Le pratiche di consumo, in quest’ottica, sono processi di costruzione di identità in un momento storico in cui i tradizionali collanti sociali - la classe, le ideologie politiche, l’appartenenza nazionale - hanno perso vigore (Fabris, 2003).

La scelta di prodotti o marche riflette gli orientamenti ed i valori che l’individuo acquisisce nelle relazioni che intrattiene. Allo stesso tempo la preferenza verso determinati prodotti e marche rispetto ad altre è alla base della costruzione di una socialità esclusiva, basata sulla condivisione dell’interesse e della preferenza per tali marche e per l’universo di significati che esse sintetizzano. Cova (Cova, 1997) a questo proposito parla del valore “connettivo” - linking value - di prodotti e marche.

I significati ed i valori alla base di questa nuova socialità sono il risultato di contributi provenienti da una parte dalla comunicazione commerciale - la pubblicità, le sponsorizzazioni, i testimonial - dall’altra dall’attività di creazione di significati che si svolge lontano dall’impresa, nei luoghi del consumo (Aaker, Joachimsthaler, 2000; Morling, Strannegard, 2004; Bagozzi, Dholakia, 2006).

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Diverse analisi delle comunità di marca hanno fornito un quadro articolato dei processi sociali alla base della loro formazione. Nella sociologia dei consumi (Schouten, Mc Alexander, 1995) il consumo è un elemento fondante di subculture che intorno alla condivisione dell’interesse per un marchio costruiscono articolati stili di vita e sistemi di valori. L’analisi del mondo dei biker condotta da Schouten e Mc Alexander (Schouten, Mc Alexander, 1995) evidenzia come la legittimazione in qualità di membro delle comunità di motociclisti richieda un processo sociale che passa attraverso l’apprendimento di linguaggi, valori e prospettive continuamente ribadite nelle occasioni di consumo.

La connessione tra marchi, identità individuali e cultura è al centro del lavoro di Muniz e O’Guinn (Muniz, O'Guinn, 2001). Intorno alle marche si creano comunità caratterizzate dalla consapevolezza della propria differenza rispetto ad altre, da rituali e tradizioni che ne rinnovano i valori fondanti e da un senso di responsabilità morale e di reciprocità che ne garantisce la sostenibilità nel tempo.

2.3 Il web 2.0: un passaggio di scala

Il web 2.0 ha contribuito al rinnovato protagonismo del consumo. I 250 milioni di

utenti di Facebook, i milioni di video caricati su Youtube testimoniano un passaggio di scala importante. Se la riflessione sulle comunità di consumatori è maturata in un contesto in cui gli strumenti dell’interazione richiedevano comunque un set di competenze non banali, la facilità d’uso dei social media ha ridotto drasticamente le barriere all’accesso alla socialità in rete.

La focalizzazione sugli strumenti e sulle dimensioni del loro utilizzo, tuttavia, non risolve la questione strategica essenziale: quali sono i contributi di queste comunità alla strategia d’impresa? Quali sono i presupposti di un’efficace relazione tra l’impresa e le comunità di consumatori? Al di là di generiche affermazioni secondo le quali «i mercati sono conversazioni» (Levine et al., 2000) le risposte a queste domande non sono ancora chiare.

Alcune analisi individuano le funzioni assolte dagli strumenti dell’interazione con le comunità. Bernoff e Li (Bernoff, Li, 2008) propongono una serie di linee guida in grado di orientare la formulazione di strategie efficaci nell’adozione degli strumenti del social web. I social media possono avere le seguenti “applicazioni”:

1. Ricerca e sviluppo (Listening): valorizzazione dei feedback e degli spunti degli utenti;

2. Applicazioni di marketing (Talking): nuove modalità di comunicazione con il consumo e rafforzamento dell’immagine di marca;

3. Applicazioni commerciali (Energizing): coinvolgimento degli utenti più entusiasti – evangelist – nella promozione del marchio e dei suoi prodotti;

4. Applicazioni di supporto e assistenza (Supporting): il web consente di creare un front-end grazie al quale l’impresa può assistere i clienti nel post-vendita e soprattutto avviare attività di assistenza autonomamente gestite dagli utenti.

Questa lettura soffre di due debolezze sostanziali. In primo luogo assume che il web 2.0 rappresenti un fattore irrinunciabile per ritagliarsi un differenziale

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competitivo attraverso la relazione con le comunità di consumatori rilevanti. Questa generalizzazione non tiene, tuttavia, a fronte dei numeri: il web 2.0 rappresenta, come rilevano diverse analisi (Bertelè et al., 2007), un’eccezione piuttosto che la regola e le imprese si dimostrano caute nell’adozione di questi strumenti. In secondo luogo si dà per scontato il processo di costruzione della relazione con le comunità di consumatori: adottati gli strumenti, l’attivazione di una relazione proficua con il consumo è una conseguenza quasi automatica. II passaggio non è così scontato e merita un maggiore approfondimento.

2.4 Imprese e comunità: il web come terra di mezzo Ad oggi l’analisi del dei social media ha privilegiato la dimensione tecnica - le

specificità che distinguono questi applicativi dai loro predecessori – a scapito di quella strategica. Potenzialmente questi strumenti possono dare vita a conversazioni e relazioni complesse e sofisticate, tuttavia come attribuire un senso economico e strategico a queste conversazioni? Quali impatti hanno sulle performance dell’impresa?

I semplici numeri relativi alla diffusione dei blog e dei social network non bastano a giustificare da un punto di vista strategico il ricorso a questi strumenti da parte delle imprese. Lo dimostra la cautela delle imprese italiane – e internazionali – verso gli strumenti del web 2.0 (Bertelè et al., 2007; Bughin, Manyika, 2008). Tale circospezione è significativa se confrontata con l’upgrading tecnologico che ha interessato le Pmi italiane negli ultimi dieci anni. L’informatica aziendale è stata una delle leve principali con cui le Pmi del made in Italy hanno risposto alla sfida della globalizzazione dei mercati e della produzione (Chiarvesio et al., 2009).

In una prospettiva aziendale il tema della legittimazione e della partecipazione attiva alla costruzione di culture che vanno ben oltre il prodotto o il marchio è difficile da inquadrare. Diventare membro riconosciuto e legittimato delle comunità di riferimento richiede all’azienda di utilizzare gli strumenti del web in modo analogo a quanto si è osservato nel mercato consumer: esprimere esperienze e punti di vista originali e profondi, valorizzare percorsi personali, valorizzare e riconoscere contributi non sottoposti al controllo ed all’influenza dell’impresa stessa (Di Maria, Finotto, 2008; Bettiol, Finotto, 2009). In questo terreno la comunicazione dell’azienda, se declinata secondo i tradizionali schemi promozionali, rischia di risultare controproducente: un atteggiamento opportunista, l’associazione superficiale del marchio ad una comunità o a una cultura, determinerebbero resistenze piuttosto che partecipazione e collaborazione.

Come tutti i partecipanti ai circuiti comunitari l’impresa è chiamata a diventare produttore e distributore di contenuti inerenti le culture del consumo di riferimento piuttosto che messaggi commerciali in senso stretto. In questo senso proponiamo il concetto di web come terra di mezzo, separata dall’informatica aziendale e dalla comunicazione di marketing tradizionale. Negli spazi intermedi del web le imprese sperimentano modalità di comunicazione e di relazione nuove, in cui danno visibilità

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a esperienze personali ed imprenditoriali all’interno di un discorso di ampio respiro e non orientato all’immediata promozione del marchio.

L’ipotesi secondo la quale il web è un ambiente di comunicazione intermedio in cui le imprese sperimentano percorsi di elaborazione di discorsi culturalmente articolati e sofisticati si regge sulle seguenti proposizioni:

• Il riconoscimento e la legittimazione del brand come interlocutore credibile per le comunità di riferimento dipende dalla capacità dell’impresa di ampliare il proprio contributo dalla promozione di prodotti e marchi al racconto di esperienze e prospettive originali sui temi ed i valori fondanti la comunità;

• La capacità di esprimere posizioni e riflessioni originali per le culture del consumo rilevanti è strettamente legata alla spinta imprenditoriale di imprenditori e manager che entro l’azienda hanno guidato percorsi di innovazione legati a nuovi significati ed al riconoscimento di culture del consumo emergenti;

• Le dinamiche di comunicazione in questi territori sono sottratti al controllo dell’impresa e richiedono che l’impresa riconosca e valorizzi contributi provenienti da una pluralità di attori, compresi i competitor.

3 Web e social media nelle imprese del made in Italy

Lo studio ha avuto l’obiettivo di ottenere un quadro sull’utilizzo di strumenti web

e di social media da parte delle imprese del made in Italy. In prima battuta si sono analizzate le traiettorie di adozione di tecnologie

informatiche e di rete su un campione di 1003 imprese del made in Italy1, sia distrettuali che non distrettuali, attraverso un questionario strutturato. In un secondo momento si sono analizzati i siti delle imprese del campione e la loro presenza sui principali siti e social network che costituiscono l’universo del web 2.0. La fase conclusiva è stata dedicata all’analisi di tre casi di imprese che hanno avviato sperimentazioni innovative in termini di arricchimento dei propri siti web e di presenza sui social media. Seppur statisticamente non significativi (Siggelkow, 2007), questi casi consentono di cogliere le principali criticità legate all’adozione degli strumenti del web 2.0 ed alla valorizzazione delle relazioni con i consumatori in una prospettiva aziendale ed offrono diversi spunti per formulare una serie di ipotesi originali sul tema delle comunità di consumatori.

L’analisi dell’utilizzo dei siti e del web 2.0 per sviluppare forme originali ed innovative di relazione con il consumo è stata svolta su 805 siti delle imprese del campione. La ricerca ha mirato ad analizzare i siti dal punto di vista della ricchezza dei contenuti e dell’interazione con i clienti. In seguito si è verificata la presenza/assenza delle imprese e dei loro marchi sui principali social network e piattaforme del web 2.0.

1 Il presente studio costituisce l’analisi qualitativa dell’Osservatorio TeDIS sull’Ict nelle Pmi del made in Italy (Chiarvesio et al., 2009)

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3.1 Analisi dei siti web Il sito web rappresenta il primo e più immediato strumento con cui l’azienda

comunica sè stessa, il proprio marchio e i prodotti. Il 91% del campione dispone di un sito web, tuttavia il dato necessita di essere ulteriormente qualificato, al fine di distinguere tra diverse forme di presenza in rete: dai siti-vetrina a forme più evolute di integrazione di contenuti multimediali e funzionalità di interazione nei siti corporate.

La tab. 1 riporta i risultati dell’analisi della riconoscibilità dell’immagine aziendale nei siti web delle aziende analizzate. Nella maggiorparte dei casi la marca - il logo e l’immagine coordinata da un punto di vista grafico - è ben riconoscibile, fatta eccezione per cinque casi. La profondità delle informazioni corporate - la presenza di informazioni sulla storia, i prodotti dell’azienda, la sua mission - è analogamente una caratteristica comune a molti dei siti (94,5%).

Minor attenzione è dedicata all’informazione ed all’aggiornamento. Solo il 32% dei siti dispone di un’area dedicata alla stampa - comunicati stampa - e poco più della metà dei siti ha una sezione dedicata a news aggiornate periodicamente dall’impresa (56,4%). La completezza e la profondità dei contenuti sono stati valutati su una scala da 0 a 4. Sul corredo informativo base - immagine aziendale e informazioni corporate - la grande maggioranza dei siti registra valori mediamente elevati (rispettivamente 3,43 e 3.20), sul versante dei contenuti per la stampa e delle news il quadro è decisamente meno articolato.

Tab. 1: immagine aziendale

Riconoscibilità dell'immagine

aziendale

Presentazione del corporate

Press release e rassegna stampa News

Frequenza % Frequenza % Frequenza % Frequenza % No 5 0,6 44 5,5 547 68,0 351 43,6 Sì 800 99,4 761 94,5 258 32,0 454 56,4

Totale 805 100,0 805 100,0 805 100,0 805 100,0 Media 3,43 3,20 1,06 1,82

Mediana 4,00 4,00 0,00 2,00 Da un punto di vista commerciale i siti analizzati offrono nella maggior parte dei

casi un set basilare di informazioni e contenuti, tra cui il catalogo dei prodotti (nel 92,5% dei casi), la descrizione delle caratteristiche dei prodotti offerti (nell’86,6% dei casi) ed una serie di informazioni logistiche e di contatto (sede dell’azienda, sede delle consociate e delle filiali, indirizzi dei punti vendita presso i quali trovare i prodotti). Anche in termini di strumenti e canali di interazione con l’impresa la gran parte dei siti presenta almeno un’opzione (email, numero verde, modulo contatti e richieste, contatto su Skype, email per funzione aziendale).

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La valutazione media dell’articolazione degli strumenti di interazione con l’utente su una scala da 0 a 4 (con zero corrispondente all’assenza di strumenti, 4 alla presenza di una molteplicità di strumenti, dall’email al numero verde, a Skype) evidenzia come nella maggior parte dei casi vi sia una limitazione delle opzioni (media: 2,31, mediana: 2,00). Ciò sta a significare che nella maggiorparte dei casi i siti offrono un’email ed un modulo contatti, mentre più limitata è la presenza contemporanea di più di due strumenti di contatto (in particolare Skype, numero verde, email per funzione) (cfr. Tab. 2).

Tab. 2: Informazioni commerciali

Catalogo Descrizione prodotto

Info logistiche e di contatto

Possibilità di interagire con l'impresa

Frequenza % Frequenza % Frequenza % Frequenza % No 60 7,5 108 13,4 22 2,7 7 0,9 Sì 745 92,5 697 86,6 783 97,3 798 99,1

Totale 805 100,0 805 100,0 805 100,0 805 100,0

Media 3,31 3,00 2,88 2,31

Mediana 4,00 4,00 2,00 2,00

Più chiara è la distanza tra la comunicazione effettuata attraverso il sito e la

comunicazione dell’impresa su altri mezzi offline (media tradizionali, dalla stampa alla tv). Nella gran parte dei siti mancano collegamenti a partnership, sponsorizzazioni e campagne di comunicazione sviluppate su altri mezzi. Solo il 24,5% delle aziende utilizza il sito per riproporre campagne promozionali in rete (cfr. Tab. 3).

Tab. 3. Integrazione tra il sito ed il marketing mix dell’impresa

Testimonial&Partnership Integrazione con la com. tradizionale

Promoz. online

Modulo riscontro utente

Area utenti registrati

Freq. % Freq. % Freq. % Freq. % Freq. %

No 736 91,4 723 89,8 608 75,5 791 98,3 556 69,1 Sì 69 8,6 82 10,2 197 24,5 14 1,7 249 30,9

Tot. 805 100,0 805 100,0 805 100,0 805 100,0 805 100,0 E’ interessante notare che all’interno dei siti la maggiorparte delle aziende non ha

sviluppato strumenti e canali per stimolare i feedback da parte dell’utente: solo l’1,7% del campione offre un modulo per i feedback - sull’impresa, sul servizio o sul prodotto - mentre il 30,9% dei siti ha un’area dedicata agli utenti registrati.

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La multimedialità riguarda una porzione limitata dei siti analizzati, come si evince

da tab. 4. Tab. 4: multimedialità nel sito

Video Audio Immagini Animazioni Flash

Frequenza % Frequenza % Frequenza % Frequenza % No 750 93,2 692 86,0 35 4,3 249 30,9 Sì 55 6,8 113 14,0 770 95,7 556 69,1

Totale 805 100,0 805 100,0 805 100,0 805 100,0 Fatta eccezione per le immagini (95,7% delle osservazioni) e delle animazioni

flash (69,1%) l’audio-video è un territorio poco frequentato (il 14% dei siti contiene contenuti audio, il 6,8% contenuti video). Il dato corrobora l’ipotesi per cui il sito aziendale è considerato uno strumento di comunicazione non direttamente integrabile nella comunicazione aziendale tout-court.

3.2 La presenza nel web 2.0 Il dato sulla presenza sui principali social network ed aggregatori di contenuti del

web 2.0 evidenzia la distanza delle Pmi dal web 2.0 (cfr. Tab. 5). Tab. 5: presenza sui principali social network e piattaforme web 2.0

Condivisione video (YouTube, Vimeo, MSN Video, ecc.)

Condivisione immagini (Flickr)

Condivisione audio (podcast)

Condivisione informazioni

(wiki)

Presenza in Myspace, Facebook, Linkedin

Freq. % Freq. % Freq. % Freq. % Freq. % No 773 96,0 802 99,6 803 99,8 805 100,0 776 96,4 Sì 32 4,0 3 0,4 2 0,2 0 0,0 29 3,6

Tot 805 100,0 805 100 805 100,0 805 100,0 805 100,0

Gli aggregatori principali di contenuti multimediali (Youtube, Vimeo ecc.) non presentano contenuti riconducibili alle imprese analizzate (solo il 4% per la condivisione di video e lo 0,2% per il podcasting). Analogamente i social network che hanno dominato il mercato consumer negli ultimi due anni sono stati oggetto di sperimentazione solo nel 3,6% dei casi (29 aziende). Nessuna delle imprese analizzate ha uno spazio su Second Life, mondo virtuale che ha riscosso particolare attenzione negli ultimi due anni, e solo 6 imprese (0,7%) gestiscono o partecipano ad un blog (cfr. Tab. 6).

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Tab. 6: Second Life e blog aziendali

Second Life Blog

Frequenza % Frequenza %

No 805 100,0 799 99,3

Sì 0 0,0 6 0,7

Totale 805 100,0 805 100,0

4 Sperimentazioni originali nelle terre di mezzo: una nuova prospettiva

Stando ai dati presentati, il web rappresenta un terreno ancora poco frequentato dalle Pmi del made in Italy. La distanza è segnata non solo verso gli spazi di comunicazione più aggiornati – social media, blog – ma anche rispetto ad una comunicazione online ritenuta ormai consolidata – siti web multimediali, produzione di contenuti interattivi, ecc. Questa distanza appare ancor più significativa se riferita ad imprese, quelle del made in Italy, che si sono sempre contraddistinte per una elevata capacità dialogica con il consumo più sofisticato.

Alcune aziende del campione hanno avviato delle sperimentazioni interessanti sui territori dei social media. I casi selezionati sono degli outlier nella misura in cui rappresentano una frazione infinitesimale del campione: per questo la loro analisi risulta significativa da un punto di vista teorico, piuttosto che statistico (Siggelkow, 2007; Shah, Corley, 2006)2.

L’analisi dei casi selezionati dà consistenza al concetto di web come “terra di mezzo” della comunicazione d’impresa. In senso tecnologico le sperimentazioni analizzate si basano su tecnologie consumer (social media, strumenti di publishing multimediale) che non si integrano e non dialogano con il back-end aziendale. Coloro che all’interno dell’azienda promuovono e gestiscono questi spazi di interazione sono figure lontane dall’informatica gestionale, tipicamente gli imprenditori, marketing manager e creativi.

La seconda dimensione che qualifica il concetto di terra di mezzo è squisitamente strategica: in questi spazi le imprese non svolgono attività di promozione diretta del proprio prodotto o brand ma prendono parte a circuiti di conversazione e racconto nei quali esprimono delle prospettive e dei punti di vista su temi quali la sostenibilità, la cultura del cibo, lo sport e l’arte contemporanea. In questi racconti, risultato in continua evoluzione dell’attività di molteplici tipi di soggetti - esperti, consumatori, appassionati, organizzazioni ed altre imprese, anche competitor - l’impresa fornisce dei contributi alla comunità più ampia attraverso un processo di legittimazione fondato sulla condivisione delle identità e dei valori di base delle comunità di 2 I casi, secondo la terminologia di Siggelkow (2007) sono dei «talking pigs» dei casi rari nell’universo di riferimento, che in quanto tali consentono di individuare nuove prospettive per fenomeni non ancora chiari e di contribuire a riempire dei vuoti nelle teorie e nelle prospettive esistenti (cfr. anche Shah, Corley, 2006).

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riferimento. E’ difficile ricondurre attività di questo tipo ad uno schema aziendale in senso stretto. Non si tratta di semplice promozione, i ritorni non sono prevedibili, gli obiettivi difficili da individuare.

In tab. 7 sono sintetizzati i profili delle aziende prese in considerazione. Tab. 7: i casi analizzati Impresa Fatturato

(€) Addetti Export Sede Settore

Dainese 120 mil 400 60% Vicenza Attrezzatura sportiva

Lago 25 mil 100 30% Padova Arredamento Valcucine 44 mil 180 40% Pordenone Arredamento Molino

Quaglia 28 mil 70 Padova Alimentare

4.1 Contribuire a costruire racconti e culture Un elemento che accomuna i casi analizzati è l’utilizzo di blog e strumenti di

publishing evoluti al fine di esprimere prospettive e contributi originali a riflessioni di ampio respiro su temi come l’arte, la sostenibilità, la cultura del cibo e dello sport. In questo senso la comunicazione attraverso gli strumenti del web lascia in secondo piano una dimensione commerciale e promozionale per dar vita a percorsi di legittimazione dell’impresa e dei suoi rappresentanti come interlocutori credibili non interessati ad opportunistiche associazioni del brand con tematiche e culture.

Lago, azienda padovana dell’arredamento di design di fascia alta, ha investito nello sviluppo di un blog (designconversation, blog.lago.it) nel quale essa esprime la propria prospettiva sul mondo dell’arte e del design contemporaneo, segnalando eventi, pubblicando contenuti multimediali sul tema, ospitando interventi testuali e audio/video esterni. Il blog rappresenta il luogo nel quale l’imprenditore, il direttore creativo ed il marketing manager dell’impresa si propongono alla comunità degli esperti ed appassionati di arte e design come degli interlocutori legittimi, in grado di contribuire con una prospettiva originale.

L’iniziativa si colloca nella ridefinizione complessiva della strategia dell’impresa, trasformatasi da terzista ad impresa con brand proprio che l’imprenditore ha voluto fortemente associare al mondo dell’arte. L’azienda collabora con alcune tra le più prestigiose scuole di design internazionale (Royal College of Art e St. Martin’s College) ed ospita periodicamente studenti di queste istituzioni per workshop creativi presso la sede dell’azienda.

Il connubio del marchio con il mondo dell’arte è sostenuto dalla collaborazione con giovani artisti per la progettazione dell’immagine integrata aziendale e dal ruolo attivo giocato dall’azienda nell’organizzare momenti di incontro tra creativi ed artisti a livello nazionale ed internazionale. Grazie a questa forte attenzione al mondo dell’arte e del design il blog di Lago è diventato luogo di confronto sulle principali

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tendenze del design ed è stato a più riprese menzionato da magazine online e siti di riferimento come Core 77 e the Cool Hunter.

Sempre nel settore dell’arredamento, nel caso di Valcucine, il blog (ecovalcucine.blogspot.com) rappresenta uno spazio in cui la dimensione commerciale e promozionale della comunicazione aziendale lascia spazio all’espressione di una prospettiva di più ampio respiro sul tema della sostenibilità ambientale. L’ecologia, gli stili di vita rispettosi dell’ambiente e sostenibili, le innovazioni tecnologiche in grado di risolvere i problemi ambientali sono alcuni tra gli oggetti di discussione su cui l’imprenditore ed i suoi collaboratori sviluppano riflessioni e contributi. Il blog dell’azienda è inserito nel network dei green sites (www.kode-green.org) e si occupa di tematiche tra le più svariate nell’ampio dibattito sulla sostenibilità, dal design sostenibile allo scioglimento dei ghiacciai. Segnala e promuove la partecipazione ad eventi su ecocompatibilità e sostenibilità e bioarchitettura.

Molino Quaglia, mulino industriale padovano, ha sviluppato il proprio sito web come hub per i gestori di esercizi pubblici - panettieri, pizzaioli, pasticceri - e per gli appassionati del pane, della pasta e dei dolci. La homepage del sito (www.molinoquaglia.com) è un “fuorisito” che sintetizza la varietà di attività svolte dall’impresa a favore di queste figure professionali e degli appassionati: publishing di notizie e contributi inerenti il mondo del pane, della pasta e delle farine, contenuti sulla cultura del cibo, calendari di corsi sulla panificazione e la pasticceria tenuti dall’impresa, testimonianze da eventi e fiere. Il sito stesso si configura come un portale composto da una serie di microsezioni e mini-portali dedicati: nell’ordine l’accademia del pane, l’università della pizza, il laboratorio (sito che raccoglie le notizie inerenti i corsi e gli eventi di formazione organizzati dall’impresa), migliori pasticceri d’Italia ed eventi artistici, sito nel quale l’impresa raccoglie le creazioni di maestri della ceramica.

Nei sotto-siti i temi di discussione principali sono legati alla cultura del cibo. L’attività online è il più recente sviluppo di una serie di iniziative avviate dalla nuova generazione della famiglia di imprenditori, riassunta nell’idea del “Laboratorio”, nato nel 2003. Il laboratorio è un centro di ricerca e formazione realizzato e gestito dall’azienda che offre programmi formativi nell’ambito della molitura, rivolti agli artigiani del pane, della pizza e della pasticceria.

Il progetto si pone l’obiettivo non solo di rispondere ad una richiesta di consulenza e di supporto da parte degli artigiani ma anche quello di mantenere vivo l’interesse verso questo mestiere tipico della tradizione italiana, ricercando nuovi prodotti e nuove idee in grado di rilanciarne l’immagine. Grazie ad internet, l’azienda è riuscita a dare maggior visibilità e risalto alle attività organizzate dal proprio centro studi “Il Laboratorio” e ad instaurare un relazione più profonda con i propri clienti che, oltre ad avere la possibilità di informarsi e di iscriversi alle iniziative direttamente online, possono trovare contenuti approfonditi in merito alle varie tecniche di lavorazione delle farine, alle tendenze in fatto di gusto e alle diverse tipologie innovative di prodotto.

Il sito di Dainese negli ultimi tre anni è stato ridefinito dalla forte attenzione dedicata all’area di comunità ed al confronto con e tra gli utenti. L’avvio

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dell’esperienza del D-Club, il club degli appassionati di motociclismo e di Dainese e dei campioni che essa sponsorizza (da Valentino Rossi a Aksel Svindal) ha permesso di valorizzare il valore del brand come marchio di riferimento nel mondo degli sport motoristici ed invernali. All’interno delle aree di discussione, gli utenti scambiano consigli tecnici, segnalano problemi e soluzioni all’impresa, condividono le proprie esperienze legate agli sport ed alle culture di riferimento. L’idea alla base del D-Club è quella di trasformare il sito da semplice vetrina a piattaforma di conversazione con il consumo.

Attraverso il sito l’impresa ha gestito il Betatest Experience, un’iniziativa grazie alla quale l’impresa invia i prototipi dei nuovi prodotti ad un numero limitato di iscritti al D-Club per ottenerne informazioni utili e feedback. Nelle aree personali, gli utenti hanno l’opportunità di raccontare sè stessi ed il loro approccio al motociclismo ed agli sport per cui Dainese è un marchio importante. Fotografie, racconti e filmati di incidenti, moto-raduni, gare e manifestazioni contribuiscono a fare del sito di Dainese un raccoglitore di storie che affermano e rafforzano la cultura degli sport dinamici. La rappresentazione ed il racconto di queste culture sono costruiti solo in parte da Dainese stessa, attraverso il sito e dei blog specifici per eventi come il Tourist Trophy 2008. Gran parte del racconto è costruito dai consumatori stessi, che hanno riconosciuto a Dainese un genuino coinvolgimento nel mondo e nella cultura dei loro sport preferiti.

Questi strumenti si prestano a logiche di comunicazione diverse prospettiva promozionale e di marketing. Supportano, al contrario, la condivisione di valori e culture che seppur cruciali nella strategia aziendale, sono fortemente radicati nella vita e nelle opinioni di coloro che nel quotidiano si fanno carico di relazionarsi con il consumo. Da questo punto di vista l’utilizzo delle tecnologie del web in azienda è in tutto analogo all’utilizzo che se ne fa nel mondo consumer: raccontare e condividere esperienze centrali nell’identità degli individui.

4.2 Il racconto dell’imprenditorialità L’esiguo numero di casi reperiti nel più ampio campione considerato per la ricerca

suggerisce che il web ed i social media risultano utili se si dispone di un racconto originale da esprimere e valorizzare. La spinta imprenditoriale in tutti i casi è rilevante. Sia che si tratti degli imprenditori, sia di loro collaboratori, in tutti i casi il web è uno strumento di espressione di idee di business profondamente originali rispetto a quelle dei competitor, risultato di letture innovative della natura del prodotto e della sua relazione con specifiche culture del consumo.

Tutte le imprese analizzate hanno percorso sentieri di sviluppo che esprimono una forte tensione all’innovazione non tanto tecnologica, quanto imprenditoriale. L’adesione personale forte degli imprenditori in Valcucine verso il tema della sostenibilità ha determinato sia la revisione dei prodotti e dei processi in un’ottica green, sia la capacità dell’impresa di sviluppare una riflessione culturale di ampio respiro entro cui collocare il proprio brand. Analogamente, per Lago, qualificare l’oggetto d’arredo come momento di incontro tra industria ed arte contemporanea è

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stato il risultato di percorsi personali e professionali che si sono sviluppati entro il mondo del design e della cultura.

Simili considerazioni possono essere fatte per Molino Quaglia: condividere l’esperienza e la cultura dell’alimentazione e diventare animatori sul territorio di un recupero della cultura della qualità e del gusto va oltre uno scopo prettamente promozionale. Attraverso il web l’impresa sta attivando network di panificatori, pasticceri e pizzaioli sul territorio con il duplice fine di coinvolgerli nelle iniziative di formazione ad ampio spettro che l’azienda coordina, ed attivare una rete di professionisti in grado di portare al mercato una cultura sofisticata ed informata del cibo. Negli spazi editoriali e formativi gestiti dall’impresa si ragiona su come coniugare le modalità distributive più moderne del prodotto pane e pasta e la cultura artigianale della panificazione. Allo stesso tempo l’impresa intende animare una comunità di professionisti e consumatori in grado di ribaltare alcuni pregiudizi che hanno messo in cattiva luce i carboidrati negli ultimi tempi.

Nel caso di Dainese, la spinta ad arricchire, celebrare e seguire le trasformazioni della cultura del motociclismo e degli sport dinamici è elemento essenziale nella strategia dell’azienda, che grazie al suo fondatore, Lino Dainese, ha sin dagli anni ‘70 costruito una forte identificazione con i più grandi campioni e praticanti del motocross e del motociclismo su pista. L’impresa da sempre opera da animatore di una vasta comunità internazionale di appassionati del mondo del motociclismo e degli sport dinamici, partecipando ad eventi, sponsorizzando i campioni che meglio incarnano lo spirito di queste pratiche sportive e che rappresentano delle icone per le comunità di consumatori rilevanti.

In tutti i casi il probabile esito, non scontato, è l’aumento delle vendite o una maggiore riconoscibilità del marchio. Tuttavia l’utilizzo degli strumenti del web risponde alla necessità di comunicare in modo articolato e partecipato l’adesione imprenditoriale a culture emergenti la cui espressione non è possibile attraverso strumenti di comunicazione tradizionale. La natura aperta e partecipata delle conversazioni in rete ed i margini di creatività offerti dalle tecnologie del web consentono di valorizzare opportunamente queste spinte imprenditoriali.

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4.3 Una rottura con l’informatica aziendale: nuove generazioni, nuove

competenze I quattro casi sono accomunati dalla separazione tra l’informatica aziendale ed il

front-end web. Lo sviluppo di queste iniziative è avvenuto da parte di nuove generazioni nel caso di imprese familiari, o da parte di imprenditori particolarmente sensibili a temi come la sostenibilità, il design e la creatività, da team di creativi o di professionisti del marketing. Non si tratta di sensibilità dettate dalla necessità di associare il marchio ad issue e culture rilevanti. Piuttosto, questi individui sono a tutti gli effetti partecipi delle culture di riferimento ed in quanto tali hanno informato dei valori fondamentali delle comunità di riferimento la strategia della propria impresa.

Due elementi vanno tenuti in considerazione: manca in tutti i casi un chiaro legame con l’informatica aziendale. Nel caso di Valcucine questo stacco emerge chiaramente: il blog è sviluppato su una piattaforma gratuita (splinder.com) utilizzata da centinaia di migliaia di utenti della rete in Italia. In queste terre di mezzo la ricchezza delle relazioni che si sviluppano non hanno un legame diretto con le tecnologie gestionali dell’impresa. Tutt’altro: sul web alcune persone all’interno dell’impresa partecipano ad un’ampia conversazione ed alla costruzione di culture ed identità. Nella maggiorparte dei casi la gestione di questi spazi e sperimentazioni è a carico di figure legate alla creatività, alla comunicazione ed al marketing o all’imprenditore stesso, profili completamente diversi da quelli dell’It gestionale.

La componente generazionale sembra giocare un ruolo importante. A guidare o gestire queste sperimentazioni sono giovani ventenni o trentenni in molti dei casi, individui che hanno sviluppato una familiarità con gli strumenti della comunicazione sul web indipendentemente dal loro utilizzo in azienda. Nel caso di Lago, a livello individuale ciascun partecipante al blog gestisce una serie di account personali su social network come Ning, Facebook e su piattaforme come Flickr e Youtube. Il team creativo di Lago, responsabile delle iniziative sul web, è composto da trentenni accomunati da background che hanno ibridato arte, design e comunicazione. Nel caso di Dainese, una forte accelerazione alla sperimentazione delle soluzioni web più innovative è venuta da un giovane inserito nel marketing dell’azienda. Per Molino Quaglia l’avvicendamento generazionale nell’azienda familiare è stato alla base della ridefinizione del posizionamento del marchio e della sperimentazione di forme innovative di relazione con il consumo.

5 Implicazioni manageriali ed ulteriori prospettive di ricerca

Valorizzare il potenziale del web è, come suggerito dall’analisi dei casi, operazione tutt’altro che banale. Il web non rappresenta una prosecuzione dell’informatica aziendale nei contesti fluidi e poco strutturati del dialogo con le comunità di consumatori. In una prospettiva tecnologica questi strumenti

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rappresentano uno spazio intermedio di sperimentazione rispetto alla cultura dell’informatica aziendale.

Le poche imprese che hanno intrapreso percorsi di sperimentazione danno vita, negli spazi della comunicazione online, ad iniziative distanti dalla comunicazione promozionale tradizionale. Nei territori del confronto e della relazione con le comunità di consumatori si propongono come soggetti in grado di contribuire a culture con prospettive originali. L’impresa assume un ruolo di publisher all’interno di questi circuiti: sviluppa contenuti e valorizza e diffonde contenuti di altri, attraverso il proprio sito, i blog o le piattaforme di social networking.

Il percorso di costruzione della relazione con i consumatori non ha come obiettivo primo quello della promozione, quanto quello della legittimazione in queste comunità in qualità di soggetti che contribuiscono ad una riflessione culturale. L’adozione di strumenti come i blog, i social network, le piattaforme di condivisione dei contenuti e di comunità è strettamente legata ad una spinta imprenditoriale che lega la strategia d’impresa a culture emergenti e che trova nel web gli strumenti adeguati per esprimere e valorizzare l’adesione ai suoi valori ed alle identità che le caratterizzano. In questo senso il web è un insieme di strumenti difficilmente conciliabile con una prospettiva aziendale centrata sulla necessità di controllare e gestire oculatamente la comunicazione: il percorso di inserimento dell’azienda nei circuiti della comunicazione in rete passa attraverso la valorizzazione e la condivisione di esperienze e prospettive personali che nei casi analizzati permeano l’intera strategia d’impresa.

La natura della comunicazione in rete che premia chi comunica esperienze imprenditoriali originali e l’investimento personale nel dialogo con il consumatore apre nuovi spazi per ulteriori riflessioni ed approfondimenti. Denominatore comune dei tre casi è la necessità di gestire al di fuori del perimetro aziendale la complessità e la natura “eversiva” degli strumenti di comunicazione e di interazione oggi a disposizione in rete. La creazione di spazi di sperimentazione autonomi, esterni al perimetro proprietario dell’organizzazione aziendale sia per quanto concerne i marchi che per l’utilizzo delle tecnologie, costituisce una soluzione ragionevole rispetto alle difficoltà di integrare strumenti così innovativi rispetto alle forme tradizionali di gestione delle imprese. Questi apripista segnalano l’esistenza di percorsi che richiedono un ripensamento delle tradizionali logiche di comunicazione e di integrazione tecnologica. E’ ancora troppo presto per dire se questi percorsi anticipano una fase di proliferazione di forme di comunicazione “plurale” o se questa fase costituisca semplicemente un primo passo verso un paradigma economico radicalmente nuovo.

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