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Wu Ming - In Like Flynn
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Non era l’oppio, era tutto il resto. L
a fuga a rotta dicollo, la partenza, le chiavate e le sbronze durante il viag-gio, il furto, la rissa…
Solo dopo era venuto l’oppio, edera atterrato su un terreno già zuppo di w
hisky, sherryspagnolo, vini francesi, birra. M
ai abbassare il tasso alco-lico: se hai com
inciato col whisky e il brandy, per carità,
non bere vino e, per l’amor di D
io, non bere birra.Prim
a di entrare nella fumeria, Flynn ed E
rben eranogià m
arci, ma se la m
eritavano una serata così, dopo tuttala tensione. Se uno rischia di diventare spezzatino, poi loderubano, poi rischia di nuovo di m
orire, e se in due cittàdiverse lo inseguono per vicoli arm
ati di machete e coltel-
li, dopo ha diritto di lasciarsi andare.A
desso, rilassato, Flynn aveva voglia di parlare, parlare,parlare. C
ianciava ininterrotto da mezz’ora: l’infanzia, la
Tasm
ania, l’Inghilterra, gli insegnanti del college finocchi,la N
uova Guinea, i cannibali, i coccodrilli, quella vacca di
sua madre, il film
accio sul Bounty… E
rben ascoltava a oc-chi chiusi. A
dir la verità pareva morto: non fosse stato per
qualche risatina, Flynn avrebbe pensato a un collasso.Q
uando sono sbronzi, i crucchi svengono. È m
atematico.
Erben no, a dire il vero, m
a Erben era un professore, pri-
ma che un crucco: beveva con un certo m
etodo.In quella stanza erano in tre: Flynn, E
rben e uno sco-nosciuto. B
asso, pelle olivastra, capelli neri. Il caldo tro-
Copyright ©
2006 by Wu M
ing.Published by arrangem
ent with A
genzia Letteraria Roberto Santachiara.
Si consente la riproduzione parziale o totale dell’opera a uso personale dei lettori,e la sua diffusione per via telem
atica purché non a scopi comm
erciali e a condizioneche questa dicitura sia riprodotta.
in like flynn451
giano, grazie al cazzo, non hanno i denti! Ma le anatre del-
la Tasm
ania sono bestie curiose, vedono una cosa e la in-ghiottono, poi se non è com
mestibile la cagano. Infatti,
dieci minuti dopo, vedo che l’anatra caga ’sto pezzo di car-
ne tutto intero, non digerito, appena appena screziato dim
erda, ed è lì che mi viene l’idea: corro in casa a prende-
re un rotolo di spago, raccolgo la carnazza, la lavo un po-co sotto l’acqua, ci infilo lo spago da parte a parte e fac-cio un nodo. G
etto la carnazza a un’anatra, che subito sela tira in bocca e la ingoia con spago e tutto. D
ieci minu-
ti dopo, eccolo che esce. Adesso lo spago entra dalla boc-
ca e vien fuori da dietro, avanti la prossima! La seconda
anatra ingoia, lo spago entra ed esce da due anatre messe
in fila, avanti la terza! Poi la quarta, la quinta… L’ho chia-
mata «la collana vivente». Sei o sette anatre unite da una
cordicella. Ho subito com
mercializzato la trovata: i ra-
gazzini del quartiere pagavano per vedere quelle bestie co-strette a cam
minare tutte in fila!
Flynn lanciò una risata ululante. Di fianco a lui si m
a-terializzò un cinese che gli ricaricò la pipa e scom
parve. Ilpiccoletto sorrise, la storia gli era piaciuta. E
rben scivola-va lento nella non-esistenza.
– Insomm
a, Sport, è destino che io faccia i soldi coipennuti, am
mettilo che quella di Satán era una bella idea,
è andata storta per un colpo di sfiga, ma potevam
o farcidei bei soldi, no?
– Kuatagni di più con sim
ie. Katuri e fenti a laborato-
ri, per ezperimenti –. La frase più lunga detta da E
rbenda quand’erano entrati in fum
eria.– Forse, m
a vuoi mettere il brivido che ti danno i gal-
li? Certo, si rischia la pelle. C
azzo, li hai visti, quelli coi ba-stoni e i pugnali? Se ci prendevano, ci davano in pasto aim
aiali. O alle anatre, che poi ci cagavano a tòcchi, ah! ah!
picale appesantiva l’aria. Flynn era nudo come un verm
ecoi calzini. Sedeva su una poltrona di vim
ini col mem
brosem
i-eretto, raccontava e si toccava, distratto. Srotolavaaneddoti. E
rben, sdraiato a torso nudo su un piccolo sofà,ridacchiava dall’O
ltretomba. Il piccoletto, seduto alla fa-
chira su una stuoia, fumava, tossicchiava e stava attento,
non gli sfuggiva una parola. I cinesi erano discreti: com-
parivano dal nulla, caricavano le pipe di ceramica e sem
-bravano dissolversi nel fum
o.– N
on mi sem
bra di avertela raccontata questa, Sport:quand’ero ragazzino, nel cortile del m
io vicino c’erano leanatre. A
natre della Tasm
ania. Sono diverse da quelle de-gli altri posti, sono più grosse e cattive. C
i puoi fare i com-
battimenti, com
e coi galli, chissà perché non ci ha mai pen-
sato nessuno. Se torno in Tasm
ania mi ci butto io, in que-
sto business. Che ci vuole? V
edrai che in Tasm
ania nonsuccede com
e a Manila. Insom
ma, c’erano sei o sette ana-
tre che mangiavano becchim
e, io avevo dieci o undici an-ni e cercavo un m
odo per amm
azzare il tempo. M
ia madre
era a letto con l’esaurimento nervoso, m
io padre in giro astudiare i suoi anim
ali, e anch’io a mio m
odo studiavo glianim
ali, di lì a poco avrei cominciato a studiare le tope…
Insomm
a, da giovane zoologo quale sono – figlio d’arte,per giunta! –, m
i metto a guardare ’ste anatre, l’ho già det-
to che erano sei o sette? Insomm
a, c’è questo vicino cheha pure dei cani, dei porcelli e bestie di vario genere…
Ar-
riva con una scodella piena di avanzi e la butta in cortile.C
’è pure un grosso pezzo di carne, lessa, grassa, unta,schifosa. A
rriva un’anatra e glub!, ingoia il pezzo tutto in-tero…– N
on manciano karne, anatre…
– fece Erben con un
filo spezzato di voce.– Fam
mi finire, Sport, lo so anch’io che non la m
an-
450w
u ming
in like flynn453
– Io zono austriaco, kolione. Zono nato a V
ienna. Eho cittadinanza am
ericana da tre anni…– È
come dicevi tu, E
rrol, – riprese Leo. – Siamo tut-
ti la stessa gente. I miei am
ici e parenti non sono in Italia,m
a nei bordelli e nelle fumerie del M
ar Cinese M
eridio-nale: qui a H
ong Kong, a Singapore, a G
iakarta… e an-
che a Manila, dove conosco diversa gente. H
o sentito ildottore fare un nom
e, poco fa…– Inosanto, – ripetè E
rben, di nuovo nell’inframondo.
– Parlate di Manulel Inosanto, il re delle puttane di
Manila? L’uom
o che controlla le scomm
esse, i giochi proi-biti, i traffici illegali dell’isola di Luzón? Parlate…
del fi-glio di troia che m
i ha fatto questo?Slacciò una bretella e sollevò la cam
icia fino all’ombe-
lico. Un’orrenda cicatrice attraversava l’addom
e da sud-est a nord-ovest.
– Ach, so!
– comm
entò Erben rizzandosi sui gom
iti efissando la ferita.
– Holy dooley, Sport! – sbottò Flynn. – Io non ho an-
cora chiuso il becco dacché siam qui, m
a vedo che anchetu hai una storia da raccontare!
– Non è tanto lunga, e nem
meno tanto originale, – dis-
se Leo. – È successo dieci anni fa, in un bordello di M
a-nila. La signorina che avevo scelto ha sbagliato tutto e m
iha fatto venire subito, neanche un m
inuto. Io avevo pa-gato per un’ora, così ho chiesto indietro i soldi. La tenu-taria, una spagnola decrepita che chiam
avano Carm
en, mi
ha preso a male parole, allora ho fatto il diavolo a quattro.
Hanno chiam
ato il padrone, che era appunto Inosanto.Q
uello mi ha detto: «B
uonasera», poi ha tirato fuori uncoltellaccio e zac!
Sono corso in strada tenendomi le bu-
della, non so chi mi abbia soccorso, com
unque sono anco-ra vivo. A
Manila non ci sono più tornato, m
a di lui si par-
ah! Però ci siamo divertiti, eh? non c’è niente di più di-
vertente di quella roba, non puoi fare a meno di esaltarti,
li sentivi come urlavano tutti: «A
mm
azzalo! Am
mazzalo!»
Niente da fare, è l’istinto del sangue. Sì, i soldi contano,
però l’uomo, quello che vuole è il sangue…
ma col cazzo
che gli dò il mio! C
om’è che si chiam
ava quello stronzo?– Inosanto…
– rantolò Erben. Il piccoletto, al centro
di una nuvola di fumo, parve drizzare le orecchie. – Scu-
sate se mi introm
etto… – s’introm
ise. Flynn si girò versodi lui, com
e se per la prima volta si accorgesse che c’era.
Strizzò gli occhi e aggrottò la fronte, gesto esagerato e len-to. La statua incom
piuta di un ubriaco-che-pensa.Il piccoletto aveva lunghe basette, capelli lunghi legati
dietro la nuca, zampe di gallina intorno agli occhi. Sui cin-
quant’anni portati male. Lo fasciavano abiti europei, lar-
ghi e lisi, invecchiati insieme a lui. Flynn eruppe in un sor-
riso: – Ma si figuri, Sport! Q
ui siamo tutti am
ici, paren-ti, fratelli. Stiam
o facendo tutti la stessa cosa!– N
on proprio, lui non palpa zuo ucello… – precisò E
r-ben.Flynn si guardò tra le gam
be: la mano sinistra, pollice
verso il basso, teneva saldo un pene ormai turgido. – M
apensa, non m
e n’ero nemm
eno accorto… M
i viene così,naturale…
– Mollò la presa e s’infilò le m
utande. – Sperodi non averla offesa, signor…
– Niente «Signor»: L
eo, chiamatem
i soltanto Leo.
Nacqui in Italia, m
a viaggio per i mari del Sud da venti-
cinque anni. Salpai da Genova nel 1908, e non ho più fat-
to ritorno in Europa. C
on chi ho l’onore di parlare?– M
i chiamo E
rrol Leslie Thom
son Flynn, per servir-la. M
i chiami E
rrol e basta. Il mio com
pare, qui, è il dot-tor H
erman Frederick E
rben, tetesco di Cerm
ania. Ki fie-
ne foi adesso? Fiene io, fiene Erben!
452w
u ming
in like flynn455
condi dopo, una pioggia di frecce, lance e che cazzo ne so.Io giro la canoa, per fortuna in quel punto il fium
e è bel-lo largo. U
na mandria di negri col cazzo duro – inguaina-
to in una specie di ramo cavo, non saprei spiegartelo m
e-glio – , tutti coperti di penne e pium
e, coi nasi forati e lefacce dipinte a strisce bianche e rosse, iniziano a darci die-tro sulle canoe, pagaiavano com
e pazzi. E andavano velo-
ci! Merda santa, dovevi vederli, Sport. Le frecce e le lan-
ce che ti fischiano a mezzo pollice dalla testa…
È una co-
sa che non ti dimentichi. Io tenevo gli occhi sulla corrente
davanti a me, per vedere di non spaccare la canoa contro
pietre e massi, m
a in testa avevo l’imm
agine dei negri cherem
avano per farci un culo così, per spartire i pezzi mi-
gliori davanti al fuoco e dopo sbronzarsi… am
messo che
abbiano liquori, ma ce li hanno sicuram
ente, sennò come
fanno a campare in m
ezzo ai monti e alla foresta, visto che
poi le signore non devono essere un gran che… Sì, sbron-
zarsi e raccontare di com’è stato eccitante l’inseguim
entoe di quanto sono buoni i bianchi…
Selvaggi col cazzo du-ro, nudi, con ’sto affare infilato sopra…
Erben com
mentò: – A
stuccio di korteccia bene per te,E
rrol. Ultim
a moda.
Flynn guardò tra le gambe con espressione tenera e
preoccupata. – No, Sport, lui sta bene così. Scolo a parte,
certo. Com
unque, che stavo dicendo?Leo, attento, suggerì: – I negri. L’inseguim
ento.– A
h sì. Deve essere una specie di destino, speriam
oche cam
bi, perché è più o meno la stessa cosa che ci è ac-
caduta a Manila la settim
ana scorsa, nonché poche ore faqui a H
ong Kong.
Flynn trasse una lunga boccata, che lo costrinse ad ap-poggiare la schiena. C
hiuse le palpebre, mentre continua-
va a esalare fumo da bocca e narici. – C
ome D
io vuole, ci
la molto, io tengo le orecchie aperte, so bene cosa fa e co-
sa non fa, e prima o poi trovo il m
odo di fargliela pagare…M
a è la vostrastoria a interessarm
i. Parlavate di galli, dipersone che vi inseguivano…
– La nostra è un po’ più lunga, Sport, vedrai che ti pia-cerà, – gongolò Flynn. Il cinese portò altro chandu. E
rbentornò a sdraiarsi e chiuse gli occhi.
Il volto di Flynn era una lastra di oscena beatitudine.Il tem
peramento infantile vi im
primeva tratti di eccita-
zione, di compiacim
ento: come accade alle volte, la virtù
dell’oppio aveva sciolto una lingua già sfrenata. Aspirò dal-
la pipa. Le pupille puntiformi riuscivano, chissà com
e, aridere.
– Non so se hai presente la N
uova Guinea: un buco di
merda m
alsano e pericoloso se ne esiste uno, e non so sehai presente i selvaggi cannibali che la abitano. Il businessc’è, i bingo-bongo si possono vendere bene a cinesi e m
a-lesi sulla costa, m
a è materia prim
a, come dire, rischiosa.
Insomm
a, la faccio breve. Il contatto che deve mediare con
questa tribù di montanari crepa m
entre risaliamo il fium
eSepik. D
ovevamo scam
biare dei prigionieri di guerra conle solite stronzate, pentole, m
achete… I cannibali rinun-
ciano a qualche costoletta di negro, si portano a casa la ro-ba, noi portiam
o carne umana verso la costa, e sono pure
felici perché gli abbiamo salvato la pelle e il resto, giusto
Sport?Lo sguardo di Flynn si posò su E
rben. Il crucco aveva lepalpebre a m
ezz’asta. – Ciusto kosa? R
akonto o scambio?
Flynn parve indispettito. – Tutt’e due, Sport, tutt’e
due. Insomm
a, il contatto scivola dalla canoa a motore,
batte la testa contro una pietra e ci rimane secco. D
ue se-
454w
u ming
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suoi galli, e la gente che li fa combattere. N
oi volevamo
andare sul sicuro, vero Sport? Quindi com
priamo un gal-
lo piccolo ma feroce, nero com
e l’inferno, e lo chiamiam
oSátan…
– Erben fece eco dagli inferi, sollevando l’indice
della destra verso il cielo. – …Satán!
– E io che ho detto? Prim
a di entrare ufficialmente in
affari, ci siamo visti non so più quanti com
battimenti, per
studiare come funzionava, com
e si puntava e tutto il resto.È
stato un investimento. A
ll’inizio scomm
ettevamo per
perdere, ma poi un tizio svedese, un figlio di puttana, ci di-
ce: «Guardate che i filippini disprezzano chi perde, e poi il
vostro gioco è troppo scoperto, e comunque già vi prendo-
no per il culo». Allora m
i impegno, e in cinque-sei giorni
inanello una serie di scomm
esse vincenti, e i gialli inizianoa guardarm
i con rispetto. Una sera, in un com
battimento
molto rapido, dopo poche beccate e colpi di sperone uno
dei due galli stira le gambe, chicchiricchì e vaffanculo. A
quel punto scoppia un casino perché, a quanto capivo, chiaveva perso sosteneva che c’era un trucco, e il trucco era ilveleno, e allora l’altro prende il gallo e, per dim
ostrare chenon c’è veleno, inizia a leccarlo, gli lecca le pium
e! Allora
ho un’ illuminazione: i gialli sono deficienti. Per truccare i
combattim
enti usano il veleno, ma cospargono le pium
e!Invece la m
aniera efficiente qual è? – Flynn guardò prima
Leo, poi Erben, bianco com
e un cencio.– Il becco, o gli speroni, – rispose l’italiano. Flynn an-
nuì.Erben si scosse. – E
ffiziente un kazzo! Kvesto è m
oti-vo per cui ci lasciavam
o pelle, sì? Se i cialli mettono fele-
no in piume, m
otivo ci sarà, e non ci fuole fottuto cenioper capire…
Erben fu scosso da un conato di vom
ito. Liquido mar-
cescente proruppe da bocca e narici.
lasciamo i cannibali alle spalle. B
asta, non ne possiamo più
di quel posto di merda. A
Port Moresby prendiam
o la pri-m
a nave in partenza, una specie di carretta con due-tre ca-bine, m
a prima vediam
o di sfuggita dei cinesini, sullaspiaggia, che scom
mettono sui galli. Q
uando arriviamo a
Manila, la prim
a sera che andiamo in cerca di puttane ci
imbattiam
o nella stessa scena: galli che combattono. Se
non è destino questo…E
rben fu scosso da una risata tossicchiante. – Non ne
posso più di pennuti, amiko, perké non rakonti di putta-
na dopo Manila, E
rrol? Puttana in nave, Herr Leo, put-
tana che fottere alles, tutto denaro sì?Flynn stava per ribattere, m
a fu Leo a parlare. – «Put-tana in nave»? C
redo di sapere di chi si tratta. Una bion-
da sui trentacinque, elegante, con l’aria malinconica…
– Sport, non mi dirà che anche lei…
– Sì. Lavora sulle linee Darw
in-Singapore, Singapore-H
ong Kong, M
anila-Port Mo…
La frase rimase tronca nella bocca dell’italiano. Flynn non
aveva alcuna intenzione di farsi rubare la scena. – Certo,
Sport, ma tipe com
e quella vanno a finir male, prim
a o poi.M
a torniamo a noi.
Gli occhi puntuti di Flynn guardarono prim
a Erben, poi
l’italiano. Lo sguardo del piccoletto era perduto in qualco-sa di vago, lontano. E
rben sembrava addorm
entato, la boc-ca sem
iaperta colava bava vischiosa. – Ci sei, Sport?
La risposta del crucco fu una specie di somm
esso guai-to. Flynn l’interpretò com
e una risposta affermativa. Pro-
seguì: – Manila la conosci. U
n posto di merda, pieno zep-
po di gialli che si radunano tutte le domeniche in chiesa,
gialli infidi, mezzi selvaggi con una patina di spagnolo, che
poi ne avessi trovato uno che lo sa parlare, lo spagnolo…però il business c’era. O
gni quartiere, zona o rione ha i
456w
u ming
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mezzi m
orti! Buon preparatore fondam
entale! Finkè kalloè vivo può com
battere, e se può combattere può vincere!
Gli occhi cerulei del crucco furono attraversati da un
lampo di pura gioia. Proseguì: – N
ostro kallo bekkato pre-paratore su polso, abbiam
o riskiato ke moriva…
– La racconto io questa storia o la racconti tu, Sport?Il piano era perfetto. A
bbiamo solo avuto sfiga. M
a lascia-m
i continuare… D
icevo, non c’è modo di avvelenare gli
speroni e… O
uch! – Flynn si schiaffeggiò la nuca per ucci-dere un’enorm
e zanzara. – Oi! – si rivolse ai cinesi. – N
onc’è m
odo di cacciare via queste bestie? Con quello che ab-
biamo pagato…
Mai vista una fum
eria più fatiscente e pie-na d’insetti, paghi in anticipo e ti m
angiano vivo…E
rben ridacchiò: – Zanzare attirate da fum
o dolce dioppio. Se ti m
ordono kazzo, forse prendere skolo e… –
Non fece in tem
po a finire la frase, dovette darsi una pac-ca sulla fronte. Si guardò il palm
o della mano e disse: – E
la zanzara kaputt!D
ue cinesi portarono un largo braciere e un sacchettodi carta. Presero due m
anciate d’erbe secche e le mesco-
larono alle braci accese, poi ci soffiarono sopra con un pic-colo m
antice. Ne salì un fum
o acre, che si mischiò a quel-
lo delle pipe.Flynn aveva perso il filo, e riprese a raccontare da un
punto qualsiasi: – Quando la nave è salpata siam
o uscitidalla stiva, ci siam
o presentati al capitano e coi soldi del-la posta abbiam
o comprato due biglietti di prim
a classe. Èlì che ho incontrato la donna che m
i ha stregato e mi ha
lasciato di princisbecco. Eleanor. U
na gnocca così, dopole troie di M
anila… N
on solo figa, anche intelligente: ci-tava poeti europei…
– Lo so. Rim
bò, Apollinèr…
– disse Leo.– E
satto, Sport, loro. Ma allora ci sei proprio passato
anche tu, caro il mio…
Pure a te ha detto che…
– Cristo, Sport, che schifo! E
hi, venite a pulire que-sta roba!
Due cinesi com
parvero con secchio e straccio e puliro-no il pavim
ento di assi di legno. Accesero incenso in un
bruciatore a forma di busto di C
hiang Kai-Shek, si profu-
sero in una serie di inchini e sparirono. Erben si alzò a fa-
tica, si avviò verso la bacinella e rovesciò sulla testa il con-tenuto di una brocca d’acqua. Flynn proseguiva, im
placa-bile: – C
’è un fatto, però. Gli speroni li applica un esperto,
non può farlo il proprietario del gallo, sono lame di rasoio
lunghe sette-otto pollici e bisogna starci attenti, possonoportarti via un dito o bucarti un piede. Q
uindi è impossi-
bile avvelenarli, perché gli speroni sono proprietà del ti-zio. Se c’è troppa disparità tra i galli, lui regola gli spero-ni secondo un angolo più o m
eno favorevole, e così l’in-contro è equilibrato.
Leo era attento, come se dal racconto dipendesse qual-
cosa d’importante. E
rben si rimise a sedere e parlò. – Pa-
sta con note di kolore, io ti afefo detto: non mettere fele-
no su becco, troppo feloce, l’altro uccello cade stekkito su-bito, troppo sospetto, e poi abbiam
o riskiato pure pelle dipreparatore…
L’italiano spalancò gli occhi per l’interesse. L’iride ver-dastra brillò ottusa com
e il culo di una pentola, ma i pun-
tini delle pupille trafissero il tedesco. – Preparatore?E
rben annuì. – Sì. Preparatore esamina salute di kallo.
Appena K
allo sferra buon kolpo, kolpo pericoloso, com-
battimento ha sosta, com
e round, perché se no grande ka-sino, sangue e pium
e dappertutto, kalli amm
azzare l’unocon l’altro subito e scom
messe non fenire bene. C
osì c’èuno, il preparatore, che m
ette pomata su ferite di kallo,
mette sua testa di kallo in bocca, e soffia e soffia per farlo
riprendere, e certi kosì bravi che rimettono in piedi kalli
458w
u ming
in like flynn461
l’ho… insom
ma, anche se è scappata con tutto quello che
avevo, pure i soldi che mi ero fatto spedire qui a H
ongK
ong da mio padre, non posso negare che quella, a letto,
era paz-ze-sca, mi diceva certe porcherie all’orecchio…
– Tu fatto fikura di pofero m
entekatto, Flynn. E noi
finiti in merda. – disse E
rben.– A
lmeno io ho chiavato, crucco m
aledetto. Ci avrò
perso i soldi, ma ne valeva la pena. T
u invece non hai bat-tuto chiodo…
– …e non ho preso skolo, se è per kvesto.
– Che vuoi che sia, un po’ di scolo…
Uno non è un ve-
ro uomo, se non se lo è preso alm
eno una volta. Un po’ di
bruciore, qualche siringata sull’uccello e sei come nuovo.
Tu te lo sei m
ai preso lo scolo, Sport?– C
ome no, ce l’ho anche adesso…
– rispose Leo, lavoce un po’ più stanca, granulosa.
– Insomm
a, mi ha fregato i soldi e m
i ha attaccato loscolo, m
a durante il viaggio e appena sbarcati a Hong K
ongm
e la sono spassata. Non è poco.
– Anke troppo. Poi, dopo furto, il kolione di T
asma-
nia non fuole fendere o impegnare suo orologio d’oro…
– Stai scherzando, Sport? Mi im
pegno le balle, piut-tosto. Io non m
i separo dal mio cipollone, – disse Flynn.
Nella m
ano si materializzò un orologio da tasca. – Q
uestoè un iw
cC
alibre 52, fabbricato a Schaffhausen, Svizzera,nel 1893. Q
uest’orologio ha quarant’anni, quasi il doppiodella m
ia età, per me è com
e un padre. Tu lo porteresti al
banco dei pegni, tuo padre? E poi è un regalo. N
on deltutto volontario, forse, m
a è un regalo e mica si danno via,
i regali…– Ja, così a noi tocca kiedere prestito a m
io amiko pro-
fessore che studia zimie, poi stasera hai sbaliato vikolo –
«Io sono già stato a Hong K
ong, la conosco come m
ie ta-
– Per piacere, kambiato idea, non parliam
o di troia,anke oppio non fa passare inkazzatura, – lo interruppe E
r-ben. – K
vesto kolione di mio am
iko ha cirato film di m
er-da in A
ustralia e adesso fuole fare attore, fuole andare Hol-
lywood, cikantesco kolione di T
asmania…
Su nave rezita-va scene di film
per impressionare puttana, faceva uffiziale
di nave ke si ripella kontro komandante m
olto stronzo…– Fletcher C
hristian, del Bounty! E
chi meglio di m
epoteva interpretarlo? Sono il suo trisnipote! N
on te lo sa-resti m
ai imm
aginato, vero, Sport?– C
’era anche un italiano, su quella nave, e io sono ilsuo
trisnipote, – disse Leo, sorridendo appena.Flynn rim
ase congelato, biascicò come un poppante
strappato alla tetta e infine riuscì a comm
entare: – Ades-
so sei tu a lasciarmi di princisbecco, Sport! N
on mi stai
raccontando una cazzata, vero?– A
ssolutamente no. Si chiam
ava Randolfo M
antova-ni, era un botanico. D
oveva studiare la crescita dell’albe-ro del pane, a T
ahiti. Quando il tuo trisnonno si im
pa-dronì della nave, R
andolfo fu tra quelli che se ne andaro-no col capitano B
ligh, sulla scialuppa.– G
iuro che questa non l’avevo mai sentita…
Nel film
non c’era nessun italiano.– Lo nom
ina anche il grande Jules Verne nel suo rac-
conto sull’amm
utinamento. M
a ha poca importanza, ades-
so… Prim
a dell’attacco delle zanzare, si parlava di galli edi veleno…
Il solito cinese (o forse era un altro?) portò una caraffadi un liquore scuro, tre bicchieri e altre erbe da gettare sulbraciere. C
ambiò l’incenso nel busto di C
hiang Kai Shek,
poi scomparve. Flynn tirò un’altra boccata di fum
o.– H
ai ragione, Sport. È che quella donna, E
leanor…C
he pezzo di figa! Anche se m
i ha inculato, o meglio, io
460w
u ming
in like flynn463
verso Thule, patria degli A
riani; una a ovest, verso Berli-
no; una a est, verso Tokyo; una a sud, in direzione di Lha-
sa, il luogo degli dèi. La colonna vertebrale di Erben, per-
fettamente eretta e lunga più di un chilom
etro, era un tu-bo cristallino innestato al centro dell’asse del m
ondo.L’asse del m
ondo entrava dal Brahm
achakra di Erben, sul-
la somm
ità del capo (piacevole formicolìo), e usciva dal
Muladhara, tra scroto e ano (sensazione entatica, pura bea-
titudine). Erben, centro di quella geografia sacrale, consi-
derò la sua condizione, l’asse del mondo che lo im
palava.L
a trovò simile al destino della schiera che sfilava m
oltichilom
etri più in basso: paperi guerrieri all’ombra di gi-
gantesche bandiere rosse, svastica nera in campo bianco,
paperi in divisa bruna, cappello con visiera e snelli, peri-colosi stivali che m
arciavano al passo dell’oca e nasconde-vano m
età delle zampe, su su fino al ginocchio. I paperi
erano truccati come troie sfatte, non avevano i pantaloni.
In effetti, le aperture anali degli anatidi erano collegatetra loro per m
ezzo di un filo di bava bianca: usciva dall’anodi quello davanti, entrava nel becco di quello dietro. C
oor-te perfetta: né il battaglione sacro di froci tebani né la fa-lange m
acedone, né gli Imm
ortali di Dario, e nem
meno le
schiere di Federico di Prussia o Napoleone poterono van-
tare simile coesione. C
omunità di destini: la m
arcia pro-seguiva fino ai lim
iti del mondo, estatica, la dicotom
ia trapiacere e dolore, bene e m
ale, risolta in pura, adamantina
volontà marziale. Sfilarono di fronte a E
rben. Fila dopofila le teste altere dei paperi, m
ascara e rossetto, si volse-ro di scatto verso di lui in una selva di braccia tese, affi-late com
e picche o sarisse.E
rben udì una vibrazione riempire l’aria di quella Pura
Terra. E
ra un mantra, organizzato secondo una sequenza
tonale accattivante. Duckburg, D
uckburg über alles…
ske!» – e ci hai portati in bocca ai ladri, ladri cinesi inkaz-zatissim
i, koltelli lunghi come m
io braccio, e ancora do-futo scappare…
– Perché non torniamo a com
e avete conosciuto Ino-santo? – tagliò corto Leo. – Parlavam
o di un gallo dal bec-co avvelenato.
– Satán, – disse Erben. Si versò un bicchiere di liquo-
re, ne bevve un sorso e si leccò le labbra. La lingua sem-
brava un calzino sporco. Flynn non era molto più in for-
ma di lui.U
n altro cinese (o era il solito?) portò nuovo oppio.Flynn chiese un catino pieno d’acqua, un asciugam
ano esapone per lavarsi: – Puoi aspettare un m
inuto, Sport? So-no fradicio di sudore, e puzzo. M
i faccio schifo da solo, enon m
i sento tanto bene. Devo sciacquarm
i la faccia, ri-prenderm
i… O
i! Si può avere del tè, qui?E
rben e Leo rimasero in silenzio, continuarono a bere
e fumare m
entre Flynn si metteva in ordine. Il tasm
ania-no si infilò i calzoni e m
ise in tasca l’orologio. Il cineseportò il tè. Flynn se ne versò una tazza, si ravviò i capellicon le dita, infine si rim
ise a sedere. Solo in quel mom
en-to si accorse che gli altri due si erano addorm
entati. Ri-
dacchiò tra sé e sé, si mise più com
odo sulla poltrona, so-spirò. D
opo due minuti, sonnecchiava pure lui. Più tardi,
i tre uomini sognavano.
Dalla cim
a del monte, dente roccioso che si elevava al
centro dell’altipiano come una folle piram
ide, la vista erapanoram
ica. Patria di leoni delle nevi, avvoltoi ed eremi-
ti: 360°, e senza bisogno di girare la testa. Lui – l’imm
a-gine cristallina di E
rben, assiso sulla vetta, né pacificatoné irato – di teste ne aveva quattro. U
na rivolta a nord,
462w
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paese tropicale, li avevano spediti con abbigliamento leg-
gero, cotone chiaro, ma il N
ord della Cina era freddo, più
freddo di Genova a dicem
bre. Intorno a lui la gente ride-va, sconosciuti gli offrivano da bere. Il generale L
amar-
mora, ubriaco, gli appuntava una m
edaglia e diceva: – Co-
desta è la Com
menda M
auriziana di Santa Maria di M
on-tem
agno, con diritto ereditario primogenitale, per aver E
llaanim
ato energicamente la truppa alla pugna in condizioni
disperate, e aver riportato una ferita che è onorificenza in-cisa nella carne –. Leo com
mentava: – E
ro andato a put-tane, quella sera. C
on me c’era un attore degli A
ntipodi,e un austriaco, un suddito del K
aiser. È stata una grande
nottata. Il nemico ci ha attaccato con galli selvaggi, ave-
vano rasoi fissati alle zampe, legati tra loro da un’unica cor-
da che li attraversava da bocca a culo. A volte il nem
ico lilanciava com
e bolasargentine, facendo strame di virgulti
della Patria. E zanzare, nubi nere di zanzare sparate da
cannoni. Mi hanno inseguito fino al porto di C
aporetto,che com
’è noto non dà sul mare. M
i sono imbarcato e non
ho più fatto ritorno. È così che ho m
eritato la medaglia.
Ora vivo tra cinesi, rinnegati e m
ezzosangue, me ne fotto
della Patria, non sono più italiano della cacca di un koala.C
hiamatem
i «comm
endatore», d’ora in poi.
Il corpo di sogno di Flynn svanì in una nuvola di sper-m
a. Dal baricentro delle gam
be aperte di una troia filip-pina la coscienza fu sbalzata a m
ezz’aria, sopra una folladi galli starnazzanti che cercavano di uccidersi l’un altrocon il becco o lo sperone, e lottavano in m
ezzo a polvere,sangue ed escrem
enti finché avevano un singolo afflato divita in corpo, vita risolta in pura ferocia. O
gnuno dei gal-li che andavano via via m
acellandosi era unito all’altro da
Un solo papero fuggiva a gam
be levate innanzi all’eser-cito che m
arciava a passo dell’oca. Il papero era vestito dam
arinaio, con tanto di cappello in testa (rimaneva appic-
cicato alle piume del capo per virtù m
agica). Seguendo latendenza generale, il papero m
arinaio era senza pantalo-ni, m
a a zampe nude, e sventolava una bandiera. Strap-
pata, lacerata, ma ancora rifulgente di gloria e perfetta-
mente riconoscibile. Strisce rosse e bianche, stelle bian-
che su campo blu: il vessillo inalberato una volta per tutte
contro la tirannia. Il papero blaterava incomprensibili m
i-nacce e continuava a fuggire, saltellando e perdendo piu-m
e dalla coda. La macchina da presa chiuse sulla bandie-
ra stellata.A
l posto delle stelle, piccole svastiche bianche.E
rben aprì le quattro facce in un terribile sorriso. Nel-
le dieci direzioni dello spazio si udì una terribile risata.E
rben seduto in puro samadhi. E
rben, nato sotto il se-gno del Leone, che osserva Sole e Luna sorgere e tram
on-tare all’altezza del proprio buco del culo. Q
uando la falcedi luna attraversa il chakra segreto, le quattro facce – E
r-ben N
ord, Sud, Est e O
vest – si aprono in un’espressioneebete. Q
uando il sole attraversa il Chakra del cuore di E
r-ben le facce si contraggono in una fredda espressione guer-riera.
Leonardo Mantovani era in divisa da bersagliere in una
piazza d’Italia, una piazza medievale. C
appello piumato,
giubba blu, calzoni chiari, fiamm
e cremisi sul colletto, sor-
seggiava vino bianco e parlava dell’Afghanistan, di com
egli inglesi fossero stati sgom
inati da teppaglia, gente pri-m
itiva, di montagna. Parlava dei bersaglieri m
andati in Ci-
na a reprimere i B
oxer: al Ministero credevano la C
ina un
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vate spiegarmi com
e avete conosciuto Inosanto, – disseLeo.– G
iusto, Sport, giustissimo…
Ho fatto un sogno stra-
no, era tanto che non fumavo questa roba, e si è m
escola-to tutto, gli alcolici, l’incenso, quella schifezza contro lezanzare…
Ci sei, Sport?
– Ja, sì, sono qui, ank’io fatto sogno strano… però bel-
lo.– Allora, – riprese Flynn, – ci studiam
o la cosa, perchénon tutti i veleni sono uguali. La difficoltà era: com
e av-velenare il becco senza avvelenare il gallo? O
ccorreva unveleno che anche in piccole quantità potesse infettare ilsangue dell’avversario…
– Ja, kvalcosa ke provoca come setticem
ia, come m
or-so di farano di K
omòdo, però più veloce.
– E che non avveleni il gallo se gli va giù in gola. Q
ual-cosa che funzioni solo nel sangue. In una botteguccia diM
anila una specie di farmacista pazzo ci dà appuntam
en-to quando ha chiuso. E
ntriamo da dietro, scendiam
o unascala, lui entra in un bugigattolo e ne esce con una boc-cettina di sciroppo verde. C
i dice che è letale, una gocciava diluita in un bicchier d’acqua, oppure in una crem
a ba-se. A
desso dobbiamo com
prare un gallo, uno feroce ma
piccolo, nero ma con l’aria un po’ scem
a, su cui nessunoscom
metterebbe una cicca. In più, gli diam
o un nome al-
tisonante, così tutti ci prendono per il culo. Decidiam
o dichiam
arlo «Satán». Coglierem
o tutti di sorpresa.– Infatti, tutti rim
asti di merda. A
nke noi, – s’inserìE
rben.Flynn fece finta di niente e proseguì: – Il piano era per-
fetto, c’è poco da dire. Tranne che per un particolare: al
primo scam
bio il nostro avversario stramazza nella polve-
re, stira le gambe e rim
ane secco in meno di cinque se-
condi.
un filo da pesca grigiastro, che entrava dalle bocche e usci-va dall’ano orm
ai sozzo di sterco e sangue rappreso. Se-duto su una sedia di paglia al di sopra del ring, quel co-glione di E
rben fumava da una pipa d’oppio e si toccava
il pacco. Rantolava.
In mezzo all’arena dei galli com
parve Inosanto, il vol-to contratto in un’espressione di sdegno artefatto. I galliancora vivi cessano lo strepito &
chinano il capo. Ora Ino-
santo avanza verso un inconsapevole, fattissimo E
rben.Flynn etereo, traslucido, non può intervenire e grida e ri-chiam
i non valgono a destare il crucco. Ora Inosanto tira
fuori il kampilan, corta spada di ferro, l’elsa ornata dai ca-
pelli dei nemici. N
o. Cala la braghe e tira fuori l’uccello.
Un altro balzo portò via la coscienza di Flynn. Si trovò
entro un corpo d’anatra, gli speroni armati con rostri d’ac-
ciaio. Era in m
ezzo a una gigantesca rissa tra galli, san-guinanti, sm
erdazzanti, in preda al furorguerriero, in esta-si panica di fronte alla m
orte. Galli pericolosi.
Capì. U
na voce distinta emerse dal fondo della pancia.
Io sono Errol Flynn, A
natra da Com
battimento della T
a-sm
ania. Vaffanculo i galli. Salviam
o la pelle.E
d ecco come sono arrivato qui, in questa fum
eria d’op-pio di H
ong Kong, presso il porto di K
owloon, precisa-
mente in questo m
omento.
I tre uomini si svegliarono. Sbadigliare. Stiracchiarsi.
Sfregarsi gli occhi. Centrare di netto la sputacchiera. –
Che ore sono? – chiese qualcuno. – E
chi lo sa? – risposeun altro. – C
hi se ne frega, questo posto non chiude mai,
– concluse un terzo. – Dov’eravam
o rimasti? – s’inform
òuno di loro.
– Parlavamo di un gallo dal becco avvelenato, e dove-
466w
u ming
in like flynn469
Erben sorrise. – Penso che m
io amico m
olto kolione.M
a molto sim
patiko.Le parole riem
pirono la stanza con il peso di una sen-tenza. Flyyn tacque, distolse lo sguardo. G
uardò la pare-te, il nulla. T
irò ancora dalla pipa. Il fumo uscì da labbra
e narici. Si fece silenzio.D
opo un lasso di tempo che parve interm
inabile, il vol-to di Flynn si aprì in un sorriso. – Sai una cosa, Sport? Èla stessa cosa che penso di te.
Leo Mantovani scoppiò a ridere, e anche E
rben sorri-se.E
ra stato l’ultimo sforzo. La fattanza d’oppio ricadde
sulle spalle dei tre come un m
anto di piombo. Prim
a di ad-dorm
entarsi Erben credette di notare qualcosa di am
bi-guo nello sguardo del cinese che ritirava le pipe. Lo videcoprire Leo ed Flynn con una specie di lenzuolo. C
osa c’erain quello sguardo? U
na sorta di promessa, di m
inaccia…un voto? C
’erano comunisti a H
ong Kong? D
ovevano es-serci, erano dappertutto. C
omunisti cinesi: il non plus ul-
tradell’incom
prensibilità…
Leo Mantovani aprì gli occhi e si m
ise a sedere di scat-to. Si liberò del lenzuolo e si alzò in piedi, ruotò il collo inuna direzione e nell’altra, piegò la schiena a toccar terracon la punta delle dita, poi m
ise le mani sulle reni e si
inarcò a guardare il soffitto. Espirò con forza. Lanciò uno
sguardo ai compagni. D
ormivano, Flynn russava a bocca
aperta. Mai incontrati due cialtroni com
e questi, pensò.G
uardali: potrei anche ucciderli, se ne avessi voglia.Frugò nei calzoni di Flynn, trovò l’orologio d’oro e se
lo cacciò in tasca. Nel portafogli di E
rben c’erano quasiventi sterline della B
ank of England (tre biglietti da cin-
Erben ridacchiò. La voce usci gracchiante, com
e da unaradio m
essa male. – Strano, fero? A
nke più strano se nonracconti storia prim
a, storia di krosso koglione tasmania-
no che dice «mettiam
o più gocce in krema, alm
eno dieci»e poi «spalm
iamo m
olta crema, sì?»
Erben sem
brò impegnarsi nel tentativo coraggioso e
quasi impossibile di rubare la scena a Flynn. Provò ad al-
zarsi, barcollò, si mise in piedi. E
ra sudato come un por-
co, una fitta rete di gocce imperlava la pelle lattea del vol-
to. Gonfiò il petto e proseguì, un’ottava più in alto: – …
Estoria prosegue con E
rben che dice «meglio no, m
eglio fa-re com
e consiglia farmazista patzo, ho brutto presenti-
mento», e infece no, si fa com
e dice kolione di Tasm
ania,così kallo nem
ico muore subito, kolione fa num
ero di uo-m
o che lecca piume di suo kallo, m
entre intorno tutti ur-lano e sguainano specie di spade e coltelli lunghi com
e mia
kamba e tutti, proprio tutti dico, anke eventuale, im
pro-babile più kolione di kolione di T
asmania ha kapito tutto
benissimo: feleno è spalm
ato su bekko, e tutti gridano, ini-ziam
o a gridare anke noi, e scappiamo, scappiam
o come
razzi, con kuore in gola, per stradine con gente che be-stem
mia e tira pietre…
ho pensato: mai fedrò anno 1934,
ma finalm
ente arrifiamo in piazza dofe essere soldati am
e-ricani, cribbio, santa m
erda, mai stato kosì felice di fede-
re MP!
Erben crollò a sedere, ansante, com
e se rivivere la sce-na della fuga avesse m
esso a dura prova cuore e polmoni.
– E poi, visto che altro kallo era di uom
o di Inosanto, mol-
to meglio partire subito. N
emm
eno tempo di fare bagagli
e aufwiedersen, M
anila.Flynn guardava il com
pagno con occhi sconcertati, of-fesi. – C
osì, è questo quel che pensi di me, Sport? D
el tuom
igliore amico?
468w
u ming
que pound, quattro da un pound e uno da dieci scellini),più due dollari U
sa e cinque marchi del R
eich tedesco.Q
uando diede le spalle ai due dormienti, vide un cinese
sulla soglia (il solito?) Si fissarono e scambiarono un cen-
no d’intesa. Leo gli allungò due sterline.Idea geniale, la fum
eria: attiravi i gonzi, li spennavi ela spostavi. Sì, decisam
ente meglio di quando faceva il ban-
dito di strada. Con la fum
eria, nessuno tentava di sbudel-larti, niente cicatrici né brutti ricordi. T
re o quattro se-m
interrati in giro per Hong K
ong, un piccolo investimen-
to in oppio e liquori, qualche spicciolo allungato a chi didovere…
Passavano giorni prima che il fesso di turno si
riprendesse, e quando lo faceva (selo faceva) ricordava po-
co e niente.M
entre i cinesi smontavano la scena, Leo gettò un’ul-
tima occhiata a Flynn ed E
rben. Con un gesto delle m
aniim
partì loro una benedizione, si girò e, pieno di vigore,andò incontro all’alba.
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