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Un’età senza giuristi
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X. Un’età senza giuristi
La cultura giuridica e la trasmissione del sapere giuridico nell’alto Medioevo: i secoli dell’oralità e della consuetudine Alto medioevo: officina della prassi Basso medioevo: laboratorio sapienziale
Assenza del giurista in senso tecnico Mancano giudici, notai, legisti
Il diritto non è scienza autonoma cancellerie di Roma, Ravenna e Pavia: ipotesi sull’esistenza delle
rispettive scuole; al massimo si può pensare alla formazione di esperti di diritto presso le locali scuole di arti liberali
sistema delle scuole altomedievali capitolare olonese di Lotario I (825): disciplina la distribuzione degli
studenti presso le scuole vescovili (è un capitolare ecclesiastico e la norma pare destinata soprattutto a chierici)
scuole monastiche nelle aree rurali scuole episcopali nelle città
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X. Un’età senza giuristi
La trasmissione del sapere giuridico nell’alto Medioevo Rudimenti di diritto romano e di diritto canonico vengono insegnati
nell’ambito delle arti del trivio, come accessori dell’arte della parola e del ragionamento
Artes sermocinales (Arti del Trivio) = metodi di corretta e ornata espressione del pensiero e del discorso; nell’alto medioevo costituiscono lo schema dell’insegnamento scolastico superiore
dialettica: arte della dimostrazione argomentata mediante gli strumenti della logica
retorica: arte della persuasione, praticata da oratori, avvocati, giuristi, basata soprattutto su opere di Cicerone (De oratore, De republica, De legibus) e di Quintiliano (Institutio oratoria)
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X. Un’età senza giuristi
Il diritto romano: epitomi e volgarizzazioni il diverso destino altomedievale delle varie parti del Corpus Iuris:
Codex Epitome codicis (sec. X): testi del Codice riportati in forma
corretta, ma in forma selezionata Summa perusina (sec. X): sommario di ciascuna costituzione del
Codice glosse)
Institutiones: testo con glosse (sec. X) Novellae
Epitome Iuliani Authenticum
Digesta (eclissi dall’inizio del sec. VII; ultima testimonianza in un’epistola del papa Gregorio Magno del 603)
raccolte di diritto romano ad uso del clero Lex romana canonice compta (sec. IX) Collectio Anselmo dedicata (fine sec. IX, che recupera oltre 200
brani di DR già presenti nella LRCC)
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XI
Il secolo XI
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XI. Il secolo XI
La riforma gregoriana
Movimento riformatore e innovatore delle gerarchie ecclesiastiche, colluse e immiserite dal coinvolgimento nell’organizzazione feudale dell’Impero
Fenomeni di simonia e nicolaismo Già dal tardo sec. IX si manifesta l’interesse alla produzione di false
raccolte di norme canoniche: collezione pseudo-isidoriana (compilata da un presunto Isidoro
mercator; con ampia diffusione); riecheggia il nome di Isidoro di Siviglia, vescovo saggio e santo; raccoglie lettere papali e norme conciliari facendole risalire sino ai papi della fine del I sec.;
reazione alle pretese statuali manifestate dal potere carolingio nei confronti della Chiesa
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XI. Il secolo XI
| episcopalis audientiasupplenza poteri civili da età tardo antica | annona
| sorveglianza carcerati
crescente intervento di potenti laici dai secc. VII-VIII
la Chiesa si riorganizza dal sec. XI nomina dei vescovi NON più affidata alla proposta del clero e del popolo +
l’approvazione del “principe” + la consacrazione da parte del metropolita con la concessione del pallio, MA unicamente alla nomina papale
centralizzazione pontificia: elezione papale, nomina dei vescovi, vita del clero, lotta a simonia e concubinato
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XI. Il secolo XI
La lotta per le investiture
1) collezioni canoniche Burcardo di Worms (Decretum, composto tra 1008-1012) Collezione in 74 titoli Anselmo da Lucca (1063-1073, collectio canonum) Ivo di Chartres (Decretum, Panormia, Tripartita): composte tra fine
sec. XI e inizi XII, attingono a Codice, Istituzioni, Novelle (nella forma dell’Authenticum, oltre che dell’Epitome Iuliani) e pure al Digesto
Policarpo (redatto tra 1104 e 1113 dal cardinale Gregorio di S. Crisogono): analogo uso di passi di DR
Collectio britannica: cita 93 frammenti del Digestum vetus (primi 24 libri) misti a fonti canonistiche; quasi certamente composta a Roma alla fine del sec. XI; è la prima corposa riapparizione dei Digesta
riformismo intransigente di Gregorio VII orienta la produzione di nuove raccolte canoniche
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XI. Il secolo XI
La lotta per le investiture
2) libellistica imperiale Defensio Heinrici IV: attribuita a un misterioso Pietro Crasso sulla
base di versi dedicatori posti alla fine del testo; ricondotta all’ambito ravennate dell’antipapa Guiberto o direttamente all’ambiente della cancelleria imperiale; si usano numerosi brani di DR tratti da Codice, Istituzioni, Novelle
Nel 1073 viene eletto papa Ildebrando di Soana (Gregorio VII). Il sinodo dei vescovi tedeschi a Worms depone Gregorio VII (1076), che reagisce scomunicando e deponendo Enrico IV. Nel marzo 1080 Gregorio convoca un nuovo concilio e scomunica per la seconda volta Enrico, sciogliendo i suoi sudditi dal giuramento di fedeltà e assicurando che nella prossima festa degli Apostoli avrebbe annunziato la deposizione dell’imperatore dal trono. Enrico IV fa deporre Gregorio VII nel Concilio di Bressanone, che elegge antipapa il vescovo di Ravenna Guiberto (Clemente III).
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XI. Il secolo XI
Gregorio VII (1073-1085) Dictatus papae (1075-76)
– Il Dictatus Papae, a noi giunto all’interno del registro di lettere di papa
Gregorio VII, è costituito da una raccolta di 27 proposizioni che
introducevano una profonda modifica nell’ordinamento della Chiesa
attraverso la recezione dei principi fondamentali del programma della
riforma ecclesiastica.
– Si suppone che sia stato redatto dallo stesso pontefice e forse rappresenti
una sorta di indice di principi destinati ad essere sviluppati più ampiamente
per servire di base a una specifica raccolta di norme canoniche.
– Nel Dictatus Papae si sostiene, soprattutto, la posizione del papa quale
vertice dell’ordinamento giuridico ecclesiastico e quindi immune da qualsiasi
autorità superiore, sia spirituale che temporale; si sancisce la supremazia
del papato sull’intera cristianità.
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XI. Il secolo XI
DICTATUS PAPAE
1. La Chiesa romana è stata fondata soltanto da Dio.2. Solo il pontefice romano si dica di diritto universale.3. Egli solo abbia il potere di deporre e reintegrare i vescovi.4. Durante un concilio il suo legato, anche se di grado inferiore, presieda a
tutti i vescovi e possa pronunciare sentenza di deposizione contro di loro.5. Il papa abbia il potere di deporre anche gli assenti.6. Con chi è stato scomunicato da lui tra l'altro non dobbiamo nemmeno
rimanere nella stessa casa.7. Solo a lui sia lecito, a seconda delle necessità del momento, istituire
nuove leggi, fondare nuove pievi, trasformare in abbazia una chiesa canonicale e viceversa, smembrare un episcopato ricco ed aggregare quelli poveri.
8. Solo il papa possa far uso delle insegne imperiali.9. Al papa e solo a lui spetta che tutti i principi bacino i piedi.10. Solo il suo nome venga proferito nelle Chiese.
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XI. Il secolo XI
11. Il suo nome è unico in tutto il mondo.12. Gli sia lecito deporre gli imperatori.13. Gli sia lecito, qualora la necessità lo imponga, trasferire i vescovi da una sede
all'altra.14. Egli abbia il potere di ordinare chierici in ogni Chiesa in qualsiasi momento lo
voglia.15. Chi è stato ordinato dal papa può essere preposto ad altra Chiesa, ma non
prestarvi servizio; costui non deve ricevere da un altro vescovo un grado superiore.
16. Nessun sinodo senza indicazione del papa deve essere chiamato generale.17. Nessun canone e nessun libro siano da considerarsi canonici senza la sua
autorità.18. A nessuno sia lecito ritrattare le sue sentenze; lui solo possa ritrattare quelle di
tutti.19. Nessuno lo possa sottoporre a giudizio.20. Nessuno osi condannare chi si appella alla sede apostolica.
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XI. Il secolo XI
21. Le cause di maggior importanza, di qualsiasi Chiesa, siano rimesse alla sede apostolica.
22. La Chiesa romana non ha mai errato né potrà mai errare, come testimonia la Sacra Scrittura.
23. Il pontefice romano, se è stato ordinato secondo i canoni, è indubitabilmente reso santo per i meriti del beato Pietro, come testimonia il vescovo di Pavia Ennodio, seguito in ciò dal parere di molti santi Padri e come è scritto nei decreti del beato papa Simmaco.
24. Per suo ordine o con il suo consenso sia lecito ai gradi inferiori presentare accuse (contro i superiori).
25. Egli abbia il potere di deporre e reintegrare i vescovi anche senza riunire il sinodo.
26. Non sia considerato cattolico chi non è d'accordo con la Chiesa romana.
27. Il pontefice può sciogliere i sudditi dal vincolo di lealtà verso gli iniqui.
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XI. Il secolo XI
Gli scriptoria teoria del codex secundus = i mss. noti dei Digesta sembrano
derivare dalla Littera Pisana (ms. del VI sec. conquistato a Pisa come bottino di guerra dai Fiorentini vittoriosi nel 1406) attraverso una copia intermedia, emendata e oggi perduta, risalente forse al sec. XI; tale versione fu la fonte della Vulgata, o littera Bononiensis, studiata nelle scuole del sec. XII
un’altra teoria considera la Pisana e la Vulgata come testimonianze di 2 tradizioni testuali derivate da un archetipo comune di età giustinianea
ricompaiono alcuni manoscritti giustinianei
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XI. Il secolo XI
La cosiddetta “scuola di Pavia” palatium e tribunale degli imperatori e re d’Italia: scuole (?) per la
formazione di operatori del diritto longobardo-franco; accostamento molto prudente tra l’ambiente del Palazzo imperiale e il funzionamento di una “scuola” in esso incardinata (già immaginata da Merkel) e pure con radici in età tardo antica (Mengozzi)
Liber legis langobardorum (Liber Papiensis): raccolta cronologica Lombarda: raccolta sistematica suddivisa in 3 libri e titoli (imitazione
del modello giustinianeo) Expositio ad librum legis langobardorum:
unica ma rilevantissima testimonianza dell’esistenza della “scuola” pavese; analitico commento all’intero LP che documenta un lavoro interpretativo di buon livello da parte di alcune generazioni di operatori del diritto
composta dopo il 1070, con riferimenti a Istituzioni, Codice ed Epitome Iuliani (fonti disponibili in Italia) + 9 estratti del Digesto
conservata in un unico ms. napoletano databile tra fine sec. XI e inizi XII
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XI. Il secolo XI
La cosiddetta “scuola di Pavia” la distruzione del Palazzo imperiale nel 1024 non spezza la
continuità di tale tradizione giuridica, confermata da opere posteriori come l’Expositio, anche se non si hanno prove che l’Expositor abbia lavorato a Pavia, ma certamente in area lombardo-piemontese
si ricorda che Lanfranco di Pavia disputava con maestri più anziani, come l’esperto di diritto longobardo Bonfiglio e i suoi allievi
si citano generazioni di maestri antiquissimi, antiqui, moderni: maestri attivi nella prima metà del sec. XI come Sigeberto, Bonfiglio, Walcausa, Guglielmo e suo figlio Ugo, attestati anche in
teoria della lex generalis omnium: diritto romano come diritto sussidiario con valore sempre territoriale crescente sensibilità romanistica alimentata dallo studio diretto dei testi giustinianei
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Ravenna, Roma, Pepo
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XII. Ravenna, Roma, Pepo
Tesi storiografiche superate
la “scuola di Ravenna” e Pietro Crasso disputa sui gradi di parentela:
nel 1045 alcuni inviati da Firenze interrogano i sapientes civitatis riuniti a Ravenna su un problema relativo al computo dei gradi di parentela, in attinenza al divieto canonico esteso sino al VII grado
la risposta è ispirata alle Istituzioni, titolo De nuptiis (1.10.2): si risale per ogni soggetto al capostipite comune e si sommano i gradi di parentela di ciascuno
Pier Damiani risponde con un libello polemico (Opusculum octavum de parentelae gradibus), ricorrendo ai testi biblici per dimostrare che il computo canonico si esaurisce risalendo al capostipite comune
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XII. Ravenna, Roma, Pepo
Tesi storiografiche superate Ravenna, città di antiche tradizioni culturali bizantine e sede di una
scuola di arti liberali, ha quindi fama di essere un centro di dotti e di esperti di diritto legati alla tradizione romanistica
Pier Damiani (1007-1072) di origine ravennate, è monaco camaldolese a Fonte Avellana;
nel 1057 viene nominato cardinale vescovo di Ostia da papa Stefano X e poi torna a Fonte Avellana prima della morte; sostenitore della vita comune del clero, soprattutto nella forma di canoniche regolari
Ildebrando di Soana (il futuro Gregorio VII) lo invita a redigere una collezione canonica dedicata a definire i poteri del papa
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XII. Ravenna, Roma, Pepo
Due passi di Odofredo
(D.1,1,6): “in primo cepit studium esse in civitate ista in artibus, et cum studium esset destructum Rome, libri legales fuerunt deportati ad civitatem Ravenne, et de Ravenna ad civitatem istam”;
(D. 35, 2, 32): “maiores nostri ita referunt … Debetis scire, studium fuit primo Rome, postea, propter bella que fuerunt in Marchia, destructum est studium. Tunc in Italia secundum locum obtinebat Pentapolis, que dicta Ravenna postea … post mortem Karoli civitas illa collapsa est, postmodum fuit translatum studium ad civitatem istam, cum libri fuerunt portati. Fuerunt portati hi libri: Codex, ff. vetus, et novum et Insti. Postea fuit inventum infortiatum, sine tribus partibus, postea fuerunt portati Tres libri, ultimo liber Authenticorum inventus est. Et ista ratio quare omnes libri antiqui habent separatim”.
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XII. Ravenna, Roma, Pepo
Pepo
“Non si esce dal regno delle ipotesi quando si vuole studiare la biografia di Pepo, le origini dello Studio di Bologna e l’arrivo a Bologna dei libri legales” (Dolcini)
Burcardo di Ursperg (Cronaca): parallelo tra Graziano e Irnerio, ma ignora Pepo
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XII. Ravenna, Roma, Pepo
Pepo
Rodolfo il Nero (Moralia regum: commento ai ‘libri dei re’, 1179-1189):
al magistro Peppone velut aurora surgente si deve la rinascita dello ius civile, poi propagato dal magistro Warnerio, che lo avrebbe tratto ad curiam Romanam, et in aliquibus partibus terrarum expanderetur in multa veneratione et munditia, ceperunt leges esse in honore simul et desiderio; Pepo, inoltre, è baiulus (custode / possessore) del Codice e delle Istituzioni, ma non ha conoscenza del Digesto
Pepo interviene a un placito tenutosi di fronte a Enrico IV in Lombardia (1084 o 1090-94) ove si discute una causa relativa all’omicidio di un servo, e riesce a modificare l’iniziale parere dei giudici sostenendo la condanna a morte del reo in base al DR e al diritto naturale, anziché a una sanzione pecuniaria secondo il diritto germanico nella allegazione di Pepo si scorgono affinità con il De poenitentia di S. Ambrogio, consentendo così di avvicinare Pepo, più che alla giurisprudenza romana, alle dottrine dei Padri della Chiesa sulla uguaglianza naturale degli uomini
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XII. Ravenna, Roma, Pepo
Pepo Azzone (glossa a D. 1, 2, 2, 38): paragona Pepo a Tiberio
Coruncanio, il primo che a Roma avesse iniziato a insegnare il diritto, del quale tuttavia non rimane alcun testo scritto, ma soltanto alcuni pareri (responsa)
Summa alle Istituzioni ‘Iustiniani est in hoc opere’ (Provenza, prima metà sec. XII): si conosce anche l’accenno a un parere di Pepo in tema di mutuo si erano conservati alcuni testi scritti di Pepo in relazione all’area transalpina
giudizio negativo di Odofredo (in una glossa al Digestum Vetus): Pepo iniziò auctoritate sua legere in legibus, ma qualunque fosse la sua scienza, non valse a meritargli alcuna fama contrappone Pepo a Irnerio, il quale è sempre messo in relazione a Bologna
a inizi ’900 Gaudenzi dava notizia di un ms. dell’Ambrosiana che è una copia di una Collezione canonica in 4 libri, recante la scritta Liber iste fuit magistri Peponis … orate pro eo
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XII. Ravenna, Roma, Pepo
Pepo si può identificare con un vescovo di Bologna: nel libello metrico De
utroque apostolico (composto dal vescovo di Siena Gualfredo verso il 1092 e riassunto nel ms. di un umanista del sec. XV-XVI, Sigismondo Ticci/Tizio) Pepo è qualificato come clarum Bononiensium lumen una nota a margine specifica che questo Pepo è vescovo di Bologna visto che Pepo è diminutivo di Pietro, si può identificare con il vescovo bolognese Pietro, di parte imperiale, nel periodo 1086-1095
se Pepo è il vescovo di Bologna che aderisce allo scisma guidato dall’arcivescovo di Ravenna Guiberto (Clemente III), può acquistare un certo peso l’ipotesi della provenienza ravennate dei libri legales giunti a Bologna, come indicato da Odofredo
se Pepo è il vescovo scismatico, si può forse spiegare l’oscuramento della sua fama posteriore, come sottolineato da Odofredo
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XII. Ravenna, Roma, Pepo
Pepo si può avanzare pure un raffronto tra Pepo maestro di diritto / Pietro
vescovo di Bologna con il Petrus Crassus citato come compositore o soltanto latore della Defensio Henrici IV, secondo gli ambigui versi che sono stati aggiunti a quest’opera e appaiono nell’unico codice del XVI che ne è testimone (Dolcini)
si potrebbe anche identificare con un esperto di diritto citato come avvocato, legis doctor, notaio e giudice in alcuni placiti di area toscana e ferrarese tra 1072 e 1095, ove appare in vari casi come avvocato del monastero di Monte Amiata e quindi di Pomposa nel 1079
e il Pepo del placito di Marturi (1076) si potrebbe forse identificare con un notaio Pietro attivo ad Arezzo negli ultimi decenni del sec. XI, il quale si definisce legis doctor e amator iuris e dà prova della conoscenza dei testi romanistici (Nicolaj)
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XII. Ravenna, Roma, Pepo
Placito di Marturi, 1076 marzo (1-4)
il placito (= seduta giudiziaria) è presieduto da Nordilo, messo della duchessa e marchesa Beatrice, affiancato dal visconte Giovanni e da una serie di astanti (giurati e consiglieri giuridici che ricoprono le funzioni tipiche degli scabini di età carolingia), i primi tra i quali sono Guillielmo iudice et Pepone legis doctore
NON si tratta di una notitia iudicati, ossia di un placito vero e proprio, MA di un brevis recordationis pro futuris temporibus ad memoriam habendam et retinendam = testo scritto ai soli fini di memoria e di prova a favore dell’abbazia vincitrice, privo delle sottoscrizioni di notaio e testimoni
viene decisa a favore di Giovanni, avvocato del monastero di S. Michele di Marturi, e di Gerardo, preposito del medesimo, la lite che essi avevano con Sigizo di Firenze a proposito di alcune terre e della chiesa di S. Andrea situate nel luogo di “Papaiano”. Tali beni nel passato erano stati ceduti al monastero di Marturi dal marchese di Toscana Ugo, al quale a sua volta erano state cedute da Vuinizo figlio di Ugo.
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XII. Ravenna, Roma, Pepo
la causa viene decisa in favore del monastero grazie all’allegazione di un passo del Digestum vetus (= D. 4.6.26.4) in base al quale veniva sospesa la prescrizione quarantennale, prevista nel diritto giustinianeo per i beni di enti ecclesiastici, nel caso in cui i proprietari, nel corso di tale periodo, si fossero rivolti al magistrato per rivendicarne il possesso rispetto al diritto vantato dai concessionari
il monastero, con il conforto di alcuni testimoni, dichiara di avere già denunciato in passato la situazione ai marchesi di Tuscia, senza però riuscire a risolvere la lite a causa della carenza di giudici, e ottiene la restituito in integrum dei beni contesi da Sigizo di Firenze
la restitutio in integrum (istituto risalente all’età repubblicana, fine VI-I sec. a.C.) comporta l’annullamento degli effetti giuridici di una transazione originariamente valida in base al diritto civile, ma produttiva di ingiuste conseguenze per una delle parti
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XII. Ravenna, Roma, Pepo
sulla base della memoria storica cittadina (Odofredo), Pepo non è nessuno in rapporto a Bologna; quindi lo si può identificare come un esperto di diritto romano della generazione preirneriana connesso al mondo matildico in qualità di giurista itinerante nei territori canossani tosco-padani negli ultimi decenni del sec. XI
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XIII
Irnerio
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XIII. Irnerio
Rodolfo il Nero (Moralia regum: commento ai ‘libri dei re’, 1179-1189):al magistro Peppone velut aurora surgente si deve la rinascita dello ius
civile, poi propagato dal magistro Warnerio, che lo avrebbe tratto ad curiam Romanam, et in aliquibus partibus terrarum expanderetur in multa veneratione et munditia, ceperunt leges esse in honore simul et desiderio.
(Odofredo, † 1265, riassunto di varie glosse) Irnerio fu tra noi lucerna iuris, è il primo a insegnare diritto a Bologna, ove inizialmente si teneva l’insegnamento di Arti
dopo la distruzione dello Studium di Roma, i libri legales furono portati a Ravenna e di qui a Bologna, ove si studiavano nel quadro delle Arti
Irnerio è dapprima un maestro di Arti, che poi comincia di propria iniziativa a studiare i libri legales e a docere in legibus, diventando il primus illuminator scientiae nostrae
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XIII. Irnerio
Metafore della luce per qualificare i “fondatori” dello Studium, ossia del nuovo metodo di studio analitico e sistematico dei testi romanistici:
IRNERIO = lucerna iuris / primus illuminator scientiae nostrae (Odofredo)
PEPO = paragonato a una aurora surgente (Rodolfo il Nero) / clarum Bononiensium lumen (Gualfredo vescovo di Siena)
ciò sottolinea tanto il momento aurorale, di effettivo avvio dello studio e dell’insegnamento romanistico, quanto il fatto che il nuovo metodo rischiarava il testo oscuro delle leggi romane con annotazioni marginali, le GLOSSE
converge anche con la valutazione dell’indentità dello Studium come fenomeno spontaneo, autonomo e privato
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XIII. Irnerio
Chronicon Urspergense di Burcardo di Biberach (nato ante 1177, morto dopo il 1231, prevosto di Ursperg tra 1215 e 1226)
“Eisdem quoque temporibus [ossia al tempo di Lotario II (1125-1138)] dominus Wernerius libros legum, qui dudum neglecti fuerant nec quisquam in eis studuerat, ad petitionem Mathildae comitissae renovavit et, secundum quod olim a divae recordationis imperatore Iustiniano compilati fuerant, paucis forte verbis alicubi interpositis, eos distinxit. In quibus continentur instituta prefati imperatoris, quasi principium et introductio iuris civilis; edicta quoque pretorum et aedilium curulium, quae rationem et firmitatem prestant iuri civili, haec in libro Pandectarum, videlicet in Digestis continentur; additur quoque his liber Codicis, in quo imperatorum statuta describuntur; quartus quoque liber est Autenticorum, quem prefatus Iustinianus ad suppletionem et correctionem legum imperialium superaddidit”.
si valorizza così la permissio di un’autorità pubblica superiore
si richiede di riportare i libri legales alla forma originaria, quindi una edizione criticamente accettabile dei testi giustinianei
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XIII. Irnerio
memoria così forte di Irnerio in un cronista tedesco può forse confermarne l’origine germanica
una tradizione attestata da alcuni manoscritti qualifica Irnerio come theutonicus
la petitio, interpretata come una disposizione / autorizzazione di Matilde, è stata poi messa in relazione con un verso di Donizone (l. II, par. XVIII, v. 1255) nel quale si adombra una investitura imperiale concessa a Matilde da Enrico V: “Cui Liguris regni regimen dedit in vice regis”
(perciò le affidò il governo dei Liguri come vice-regina)
già Riccobaldo da Ferrara nel sec. XIII affermava che lo Studio di Bologna fosse stato istituito da Enrico V
Matilde, investita di un potere regio da Enrico V, avrebbe quindi disposto l’istituzione dello Studio bolognese incaricandone Irnerio
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XIII. Irnerio
una considerazione più obiettiva delle fonti promossa dalla critica recente porta a escludere un intervento esterno e a rafforzare l’origine autonoma e spontanea dello Studio, benché sia documentata la partecipazione di Irnerio a placiti di area matildica come causidicus (= avvocato, esperto di diritto) tra 1112 e 1113 e ad atti connessi alla presenza di Enrico V in occasione della sua discesa in Italia nel 1116, con la qualifica di iudex
Irnerio si qualifica pure, in qualche documento, come Bononiensis iudex (riferimento di significato locale, non di origine)
vi sono anche altri causidici bolognesi presenti a placiti matildici, in forza della loro conoscenza del diritto romano
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XIII. Irnerio
Irnerio è presente anche all’emanazione di un diploma da parte di Enrico V destinato ai Bolognesi (Governolo, 15 maggio 1116), che ha un valore particolare per il riconoscimento delle antiquae consuetudines agli abitanti della città e rappresenta la prima affermazione pubblica dell’autonomia cittadina prima della comparsa dei consoli nel 1123
Irnerio è l’unico a sottoscrivere il diploma dopo il cancelliere imperiale Burcardo
sono presenti anche i giuristi Alberto Grasso e Ugo di Ansaldo a guidare la delegazione di 10 Bolognesi, che l’anno dopo la distruzione della rocca imperiale si recano a Governolo per ottenere dall’imperatore il perdono per l’affronto compiuto e un diploma di riconoscimento delle antiquas consuetudines locali
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XIII. Irnerio
lo Studium e il suo “fondatore” hanno un alto rilievo perfino di fronte all’imperatore ancor prima che il Comune acquisti una fisionomia percepibile (la prima menzione dei consoli risale al 1123)
è lo Studio a fondare la città (tanto che nel sec. XII la sede del Comune e di riunione dei consoli è ospitata in un’ala della curtis Bulgari)
Irnerio è attestato in 14 documenti dal 1112 al 1125, benché sussistano dubbi sulla genuinità dell’ultimo ultima testimonianza sicura si ferma al 1118, cui si aggiunge la notizia della sua scomunica nel 1119
(Landolfo di S. Paolo / iuniore, Historia Mediolanensis) Irnerio è a Roma nella primavera del 1118 svolgendo un ruolo primario per avallare l’elezione popolare dell’antipapa Gregorio VIII (il vescovo di Praga Maurizio Burdino) sostenuto da Enrico V viene scomunicato da Gelasio II nel Concilio di Reims del 30 ottobre 1119, revocando poi la scomunica con concordato Worms del 1122
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XIII. Irnerio
(Roberto di Torigny / di Mont Saint-Michel, sec. XII, che completa la Cronaca di Sigeberto di Gembloux): con riferimento al 1032 scrive che Lanfranco e Irnerio, socius eius, trovate le leggi romane presso Bologna, si dedicarono al loro insegnamento; ma Irnerio proseguì per questa strada, mentre Lanfranco si fece monaco volgendo i propri interessi alle Arti liberali e alle Sacre Scritture
il 1032 coincide forse con la partenza da Pavia di Lanfranco, che dal 1045 al 1063 è abate del monastero normanno di Bec e quindi fino al 1070 dimora nel monastero, sempre normanno, di Caen e poi assume la carica di arcivescovo di Canterbury
non è importante la data, ma il rapporto di discepolato tra i due, che può essersi svolto a Caen o forse pure a Canterbury, ma verosimilmente non a Bec, poiché Roberto di Torigny, che soggiornò a Bec quasi 30 anni, non avrebbe omesso di evidenziare una circostanza tale da dare tanta fama al monastero
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XIII. Irnerio
Liber divinarum sententiarum = florilegio di sentenze teologiche nella forma di brani tratti dalle opere dei Padri della Chiesa, in gran parte di S. Agostino e in misura assai minore di S. Ambrogio e Gregorio Magno, trasmesso da 3 mss. del sec. XII, due dei quali contengono l’attribuzione a Guarnerius iurisperitissimus
da molti elementi legati alla citazione di Irnerio nell’intestazione del testo e ai contenuti dell’opera, ove è anche evidente l’interesse per molti argomenti connessi con le arti liberali, si desume che Irnerio, oltre che maestro di arti liberali, fosse anche chierico e teologo di fama, dimostrando che l’opera costituì una fonte diretta di Graziano per il suo Decretum, ed è l’unica opera teologica che Graziano tenne in consideraz. per tutte le parti della sua raccolta
si rafforza il legame diretto tra Irnerio e Bologna: l’autore del Liber è un giurista di fama e con lui si pone in stretta relazione il padre del diritto canonico, che opera ugualmente a Bologna
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XIII. Irnerio
si giustifica anche la missione romana di Irnerio nel 1118: non a caso venne affidata a un giurista che era anche un’autorità in campo canonistico
stato clericale di Irnerio avallato anche dal fatto che il suo discepolo Ugo viene ricordato nel necrologio della canonica di S. Vittore di Bologna in data 1 giugno come causidicus, clericus et frater noster
che Irnerio fosse un ecclesiastico era già stato ipotizzato da Gaudenzi, così che può acquistare nuova luce anche un documento del 21 maggio 1095 (dato a Piadena), in cui Warnerius presbiter testimonia a una donazione di Matilde di Canossa in favore di due canonici del duomo di Metz (in Lorena) per la costruzione di una chiesa collegiata
Warnerius peccator presbiter testimonia, assieme a Matilde, pure a un atto rogato a S. Benedetto Po il 14 maggio 1101 con cui il cardinale Bernardo, legato papale, affida all’abate di Polirone la cura di un ospizio amministrato sino ad allora dal monastero di S. Andrea di Mantova
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XIII. Irnerio
nuove ricerche di G. Mazzanti hanno portato a individuare il necrologio di Irnerio, riportato nell’obituario della canonica di S. Vittore di Parigi in data 19 settembre (Ob. magister Garnerius Teutonicus de cuius beneficio habuimus quinque libros optimos glosatos)
di origine germanica, forse della zona del castello di Briey, tra Metz e Verdun (allora area tedesca), ove nasce tra 1050 e 1070
5 libri glossati libri legales forse già strutturati in 5 parti e dotati di glosse
rapporti con la canonica di S. Vittore, ove forse Irnerio si è ritirato alla fine della vita (probabilmente morto tra 1130 e 1140) ed ove si studia in particolare S. Agostino, dalle cui opere è tratta la maggior parte dei passi inseriti nel Liber divinarum sententiarum (sono documentati anche altre relazioni e scambi tra i canonici vittorini e il mondo dello Studium bolognese durante il sec. XII)
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XIII. Irnerio
(G. Santini) si potrebbe distinguere tra questo Irnerio nato intorno alla metà del sec. XI, che sarebbe colui al quale Rodolfo il Nero attribuisce la propagazione del diritto giustinianeo, e quello che agli inizi del sec. XII procede alla renovatio dei libri legales, e in particolare del Digesto, tramite la loro trascrizione in “littera nova”, ossia in carolina, rispetto a una originaria corsiva nuova ravennate od onciale
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XIII. Irnerio
Irnerio bononiensis - teutonicus arti liberali, teologia, notariato (presunto autore di un formulario
notarile, edito alla fine del sec. XIX da G.B. Palmieri, ma rinnova soltanto il formulario dell’enfiteusi) ha certamente rapporti con l’ambiente notarile bolognese
Matilde di Canossa al seguito di Enrico V almeno dal 1116 e antipapale nomina a giudice, posizione filoimperiale, difesa dell’elezione
dell’antipapa [1112-1119 (1125)]
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XIII. Irnerio
la posizione filoimperiale pare testimoniata, sul piano dottrinale, anche da una sua nota glossa relativa all’efficiacia della consuetudine in rapporto alla legge, ove si compone l’antinomia fra:
- un passo del giurista Salvio Giuliano (D. 1.3.32), il quale ammette la desuetudine della legge, che quindi può essere tacitamente abrogata da una consuetudine contraria, in quanto dotata di identico potere;
- e un passo di Costantino (C. 8.52.2), ove si esclude che la consuetudine possa mai vincere la legge
ricorrendo alla ratio temporis: dopo la promulgazione della lex de imperio Vespasiani, con cui i Romani avevano rimesso al princeps ogni potere, ciò non è più possibile
(“loquitur haec lex [Salvio Giuliano] secundum sua tempora, quibus populus habebat potestatem condendi leges, ideo tacito consensu omnium per consuetudinem abrogabantur. Sed quia hodie potestas translata est in imperatorem, nihil faceret desuetudo populi”)
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XIII. Irnerio
approccio filologico al testo giustinianeo la costruzione dei libri legales nelle cinque parti atteggiamento davanti alle Novellae:
“hinc argumentum sumi potest quod liber iste, id est autentica, sit repudiandus. Eius enim stylus cum ceteris Iustiniani constitutionibus nullo modo concordat, sed omnino inter se discrepante item eius libri principium nullum est nec seriem [= finem], nec ordinem aliquem habet. Item novellae istae constitutiones, de quibus me loquitur, non promittuntur nisi de novis negotiis et nondum legum laqueis innodati”
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XIV
I Glossatori
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XIV. I Glossatori
prospettive generali
si rivolgono ai testi giustinianei come a ‘testi sacri’ e riconoscono loro un’autorità pari quasi a quella della Bibbia
il CI è considerato rivelazione suprema e autorevole di perfezione giuridica; è una “rivelazione senza tempo”, quasi caduta dal cielo
tutte le parti dei testi contenute nel CI, avendo avuto l’approvazione dell’imperatore Giustiniano, hanno pari autorità
sono convinti che il CI nel suo complesso contenga tutto ciò che è necessario per risolvere qualsiasi problema giuridico
accettano senza discutere l’assicurazione di Giustiniano secondo cui i testi non contengono contraddizioni che non possano essere risolte da chi li affronti con atteggiamento critico (Const. Tanta, 15)
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XIV. I Glossatori
non si preoccupano dell’assenza di ordine nella disposizione dei testi nel CI, poiché le stesse materie vengono spesso trattate in tutte le sue diverse parti, ma senza un criterio ordinatore
individuano i riferimenti incrociati fra tutti i testi relativo a un dato tema, spiegando le differenze fra i vari testi e raccogliendo gli elementi a favore e quelli contrari a una particolare linea argomentativa
sono in grado di citare ogni frammento del CI con le sue prime parole
nessun’altra generazione di studiosi del DR ha forse mai avuto una più stretta familiarità con i testi
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XIV. I Glossatori
dai 4 dottori a Giovanni Bassiano Ugo, Iacopo, Martino, Bulgaro G. Bassiano Azzone Accursio la grande forza del metodo esegetico varato da Irnerio si innesta in
una “scuola”, ossia in una stabile tradizione di insegnamenti giuridici tenuti a Bologna da successive generazioni di dottori
i 4 dottori: le leggendarie divergenze tra Bulgaro e Martino Ottone Morena: riporta una leggenda secondo cui Irnerio morente
avrebbe indicato Iacopo quale successore tra i suoi 4 allievi:
“Bulgarus os aureum, Martinus copia legum,
mens legum est Ugo, Iacobus id quod ego.
Et dictus Iacobus fuit doctor…”
ricondotta alla tradizione tramandata da Aulo Gellio (130-180 ca., Noctes Atticae) in relazione alla successione scientifica ad Aristotele
Martino spiritualis homo (Enrico da Susa, cardinale Ostiense): ricorso all’equità, sensibile ad apporti del diritto canonico e delle arti liberali
Bulgaro: la novità del rigorismo, interprete di un mondo nuovo
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XIV. I Glossatori
Vacario e i Tres Libri compone alla metà del sec. XII (probabilmente tra anni ’50 e’70) un Liber
pauperum come silloge di brani, privi di commento, ad uso degli studenti poveri
materiale impiegato da Vacario per comporre il suo testo e anche, a parte, un apparato di glosse, proveniva interamente dall’Italia e risaliva al 1130-40, prima del suo trasferimento in Inghilterra al seguito dell’arcivescovo Teobaldo di Canterbury nel 1143
il Liber pauperum contiene l’estratto più antico dei Tres Libri (il cui ms. più antico noto risale alla fine del sec. XII) e Vacario ne è il più antico glossatore
non si conoscono glosse di Irnerio, Bulgaro e Martino ai TL; Martino e Rogerio ne possedevano però una copia, citata da glossatori poteriori
già al tempo dei 4 dottori si unisce allo studio del I libro del Codice anche la lettura di alcuni testi tratti dai TL per completare l’insegnamento intorno al diritto pubblico
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XIV. I Glossatori
i TL contengono molti vocabili tecnici del diritto pubblico imperiale e pongono seri problemi ai primi esegeti come Piacentino e poi Pillio, impegnati anzitutto nella classica explicatio verborum che costituisce sempre l’obiettivo preliminare della glossa
del Codice circolano versioni in 9 libri (la più diffusa e certamente la prima ad essere usata nell’ambito bolognese), ma vi sono anche alcuni mss. più antichi contenenti versioni più complete che non escludevano del tutto gli ultimi 3 libri
è probabilmente così che a Bologna fuerunt portati tres libri (Odofredo in D.35.2.82), forse assieme ad altre versioni del codice epitomato
ma la tradizione di mantenere separati i TL dal resto del Codice ha il sopravvento e così si trasmette alla struttura canonica che assume il CIC, con i TL relegati nel Volumen,
ciò anche in base alla organizzazzione didattica che trionfa nel ’200, quando ai TL vengono riservate lezioni “straordinarie” (tenute anche da studenti esperti o da insegnanti meno noti), rispetto a quelle “ordinarie” basate sul Codice e sul Digesto in base ai puncta fissati negli statuti
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XIV. I Glossatori
questa differente tradizione si riflette pure nel fatto che fra i testi oggetto degli apparati di glosse di Ugolino Presbiteri, diffusi ancora nel ’200 e “alternativi” alla tradizione accursiana, sono inclusi pure i TL, di cui invece non si interessa Azzone, allievo di G. Bassiano, il quale li considera densi di parole incomprensibili (nei TL multa verba ponuntur quae non intelliguntur)
la “linea vincente” della scuola dei Glossatori porta a emarginarli definitivamente rispetto agli altri 9 l. del Codice confinandoli del Volumen
così Ugolino continua una tradizione già affermatasi con Piacentino e Pillio, dei quali si conoscono apparati di glosse ai TL, tramite i quali rifluiscono nell’apparato di Ugolino anche glosse più ant.iche che già corredavano i mss. dei TL prima dell’opera di Piacentino
Ugolino: suo progetto di corredare tutti i Libri Legales (esclusi i Libri feudorum e forse l’Authenticum) di apparati di glosse ordinate che offrissero una base sicura per l’approfondimento scolastico e per la pratica
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XIV. I Glossatori
il problema della “scuole minori” la geografia produttiva di molti mss. canonistici attesta l’attività di vari centri
di studio in area anglo-normanna tra i secc. XII e XIII (Kuttner) altre “scuole” in Provenza, Arles, Saint Gilles, Avignone e Montpellier, ove è
attivo Piacentino negli anni ’60 del sec. XII legate alla produzione di opere destinate alla pratica forense, con
attenzione alla procedura giudiziaria secondo le regole processuali giustinianee e al complesso sistema delle azioni
Giovanni Bassiano insegna a Mantova e forse a Cremona, sua città natale, e a Piacenza;
soltanto più tardi a Bologna, ove è suo allievo Azzone negli anni ’80 compone un Ordo iudiciorum (collocabile per riferimenti interni tra 1167 e
1181) compone un quadro schematico delle azioni romane (Arbor actionum) forse
a Mantova e pure una Summa dedicata a descrive le fasi iniziali del processo (redazione dei libelli introduttivi, ruolo degli avvocati)
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XIV. I Glossatori
Rogerio forse allievo di Bulgaro e insegnante a Bologna nei tardi anni ’50 si reca poi a insegnare in Provenza compone due brevi commenti (Summae), al Codice e alle Istituzioni
Piacentino compone sempre a Mantova (1160) la Summa Cum essem Mantuae (nota
anche come Libellus de actionum varietate, legata alle esigenze della pratica processuale
analoga opera sulle azioni composta anche da Anselmo dall’Orto, forse dopo il suo ritorno a Milano, ove è console tra 1162 e 1165
si trasferisce quindi in Provenza tra 1162 e 1164 e a Montpellier redige una Summa Codicis e una Summa Institutionum
ritorna poi brevemente a Piacenza e quindi insegna a Bologna e di nuovo nella città natale, per terminare poi la vita a Montpellier
avvia una Summa ai Tres Libri, che non conclude a causa della morte, avvenuta intorno al 1182
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XIV. I Glossatori
Sermo de legibus: discorso pubblico sulle leggi e la giurisprudenza redatto e letto a Bologna, denso di richiami teologici e filosofici che rispecchiano la maggior fortuna di queste due discipline nella tradizione francese (afferma che la giurisprudenza è “verissima filosofia”)
ultimo esempio di approccio anche filosofico al diritto, sulla scia di Martino, che dai maestri successivi verrà invece studiato con un rigore tutto pratico e in stretta attinenza ai testi giuridici
Carlo di Tocco allievo, come Azzone, di G. Bassiano, e già prima di Piacentino
(forse a Piacenza), tornato poi a Benevento scrive la glossa alla Lombarda, adottata come apparato ordinario nelle edizioni del sec. XVI
la cultura langobardistica emigra nell’Italia meridionale e si radica sotto la specie della feudistica
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XIV. I Glossatori
nel Mezzogiorno più che altrove si coltiva il filone di studi dedicati ai feudi e ai TL: vi sono commenti ai TL di Andrea Bonello, di Niccolò Spinelli e di Luca da Penne e commenti ai Libri Feudorum di Andrea d’Isernia (scritto quando non era più professore, ma giudice della Magna Curia) e anche di Niccolò Spinelli e, verso fine ’400, di Matteo d’Afflitto
dagli anni ’70 del ’400 anche la materia feudale diviene oggetto di corsi nello Studio di Napoli legami con il mondo della pratica costituiti dai funzionari della curia angioina e dell’amministrazione giudiziaria
nel trattato di Andrea d’Isernia Super usibus feudorum per la prima volta viene preso in considerazione il complesso del diritto feudale vigente nel Regno
Roffredo Beneventano allievo di Carlo di Tocco forse a Piacenza, insegna poi a Bologna e
ad Arezzo dal 1215; è poi avvocato a Pisa e Pistoia e dal 1220 presso la corte di Federico II
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XIV. I Glossatori
Roffredo Beneventano rimane un’ipotesi (secondo la sola testimonianza di Riccardo da S.
Germano) che nel 1224 sia stato chiamato a insegnare a Napoli; e si trasferisce poi a Roma nel 1234 per diventare advocatus curiae.
compila 2 opere dedicate ai libelli civilistici e canonistici (testi introduttivi alle liti giudiziarie), con ampio uso di scolastiche quaestiones, realizzandole dopo aver lasciato l’insegnamento per diventare giudice ordinario nel 1218 e dare inizio a una intensa e lunga attività forense
esistono a Napoli scuole dedicate all’insegnamento del Diritto civile e canonico, tanto che in un documento del 1220 Roffredo è detto imperialis et regalis curie magister et iudex
proprio Roffredo viene ufficialmente inviato a Napoli da Federico II: mictemus magistrum Roffridum de Benevento iudicem et fidelem nostrum civilis scientiae professorem, virum magne scientie et note fidelis experientie (secondo la notizia riferita da Riccardo da S. Germano, mentre secondo altre fonti - di edizione non sicura - paiono incaricati del primo insegnamento napoletano sia Roffredo che Pietro d’Isernia)
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XIV. I Glossatori
Guido da Suzzara insegna a Modena, Padova, Napoli, Reggio e pure a Bologna, ove
torna anche negli ultimi anni di vita: autore anche di quella sorta di ordo iudiciarius (il De ordinatione causarum), nel quale sono raccolte le formule per i libelli ma anche osservazioni e consigli diretti agli avvocati
il suo interesse per la prassi lo porta anche a lanciare il genere delle Quaestiones Statutorum (e di questa sua opera danno notizia Giovanni d’Andrea e Alberico da Rosciate), la cui raccolta non pare però sfruttata da Alberto da Gandino, che preferisce impostare il suo analogo e celebre lavoro, come avverte lo stesso autore nel Proemio, su quello analogo di Alberto Galeotti (che insegna a Padova, Modena, Napoli e Parma)
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XIV. I Glossatori
Pillio da Medicina discepolo di Odorico, Piacentino e di Giovanni Bassiano, emigra a
Modena circa dal 1180 e fino al 1201, quando riappare nelle fonti bolognesi
compone a Modena la Summa Cum essem Mutine (articolata come una serie di Quaestiones), è innovatore nel metodo didattico e pure feudista eccellente: compone una Summa e un apparato di glosse ai Libri feudorum (condotta sulla redazione “ardizzoniana”); elabora la teoria del “dominio diviso”, legittimando il diritto reale del vassallo sul beneficio (dominio diretto-utile)
oltre a continuare una Summa e un apparato di glosse ai TL iniziati dal suo maestro Piacentino, prepara a Modena il Libellus disputatorius = rassegna di principi tratti dalla compilazione giustinianea e corredati da elenchi di fonti normative pro e contro
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XIV. I Glossatori
Pillio da Medicina è destinato ai pratici, ma usato anche come base di un nuovo metodo
didattico nella II redazione, ove i contrasti sui singoli principi sono corredati dalla soluzione del maestro (metodo basato su tecniche dell’argomentazione che prelude alla diffusione delle Quaestiones ex facto emergentes affermatesi nei secc. XIII e XIV)
dalla II redazione del Libellus Disputatorius si hanno anche preziose notizie sul funzionamento della “scuola” modenese verso la fine del sec. XII: gli studi vertono, come al solito, su Istituzioni, Codice e Digesto; gli anni di corso sono per consuetudine 4, ma si prolungano anche sino a 10 per l’ignoranza degli allievi.
è anche autore delle Quaestiones Aureae, che sono le prime ad essere stampate nel XVI sec., ove richiama anche il diritto longobardo, allega fonti canoniche e usa pure costituzioni di Federico I
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XIV. I Glossatori
oltre alla Summa incompiuta di Piacentino-Pillio ai Tres Libri vi è anche quella del giudice Rolando da Lucca: fine sec. XII; dedicata a Enrico VI; è l’unica completa, benché manchino i titoli 19-27 del l. 12; rivista in una II redazione nel II decennio del ’200; è forse la maggiore opera di carattere pubblicistico composta nell’età dei Glossatori nel Proemio dichiara che l’approfondimento delle materie contenute nei TL serve a conoscere i diritti fiscali dovuti all’imperatore per rispettarne le prerogative e far sì che egli a sua volta non ecceda nel rivendicare i propri diritti l’opera ha un dichiarato intento politico, riflettendo l’orientamento filoimperiale del suo autore Piacentino, invece, aveva affrontato i TL per altri motivi: la passione per il mondo antico, l’attenzione alla retorica, la perizia grammaticale, che lo spingono ad affrontare la nimia difficultas del testo, unita anche a una certa ambizione a intraprendere quello che poi Pillio definirà un opus inusitatum ai TL, lontano da Bologna, sono poi dedicate le Letture di Martino da Fano, Duilio Gambarini, Andrea Bonello da Barletta,corredate in seguito di additiones nelle scuole francesi e in quella di Napoli
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XIV. I Glossatori
Egemonia del “modello” bolognese
Bologna esercita di fatto una supremazia nel campo dello studio del diritto, che si esprime riflettendo una matrice di interessi e di metodi che influenza anche la produzione realizzata nelle cd. “scuole minori”, proprio perché essa si richiama concretamente a modelli legati al magistero e all’interesse scientifico coltivato a Bologna anche le Summe composte a Mantova o a Modena rappresentano il prodotto di maestri legati alla tradizione bolognese
a Bologna si deve riconoscere un primato nello studio del diritto grazie all’approntamento di tecniche esegetiche che vengono poi esportate in altri centri italiani e stranieri e che si devono ad autori di formazione bolognese
la Summa del canonista Stefano di Tournai, che dopo avere studiato teologia in patria va a studiare diritto romano a Bologna, viene pubblicata dopo il 1160 a Orléans, ma è considerato un lavoro di chiara influenza e ispirazione bolognese, tanto da contribuire alla diffusione della canonistica bolognese in Francia
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XIV. I Glossatori
da Ugolino ad Azzone Azzone (attivo tra 1190 e 1230 ca.): Summa al Codice, alle Istituzioni e a metà del
Digesto; redige apparati di glosse ampi e organici che preludono a quello di Accursio
la crisi della glossa e l’esigenza di ordine
Iacopo Balduini, Odofredo e la linea alternativa perdente in Italia, ma destinata ad attecchire in Francia di Odofredo sarebbe stato allievo Pietro Peregrossi, di origine lombarda e poi
maestro ad Orléans
Accursio e la Magna Glossa al Corpus Iuris Civilis: la “chiusura” della glossa apparato di oltre 96.000 glosse; stretta continuazione di quello azzoniano diventa “ordinario” sin dal tardo ’200 e nelle versioni a stampa del CIC dalla II
metà del ’400
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XIV. I Glossatori
nuova sistematica dei testi giustinianei:
vol. 1. Digestum vetus (libri 1.1 - 24.2)vol. 2. Infortiatum (libri 24.3 - 38.17)vol. 3. Digestum novum (libri 39.1 - 50.17)vol. 4. Codex (libri 1-9)vol. 5. Volumen: Institutiones
Tres libri codicis (libri 11-12-13)Authenticum (9 collationes)Libri feudorum (X collatio)
+ pace di Costanza (1183)+ costituzione di Federico II di condanna degli statuti contrari alle libertà ecclesiastiche (1220)+ costituzione di Enrico VII contro i crimini di lesa maestà+ costituzione di Enrico VII Qui sint rebelles (1312)+ costituzione Habita (1155-58) inserita in C. 4.13, ne filius pro patre
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XIV. I Glossatori
Successo del DR in Europa, che diventa Ius Commune assieme al DC
Cause giuridiche / politiche / culturali / economiche
1. Cause giuridiche
qualità intrinseca del Corpus iuris, rispetto al diritto germanico, e del suo insegnamento a livello “universitario”
linguaggio tecnico e concetti presentati in modo ben strutturato e sistematico
viene insegnato negli Studia in forma sostanzialmente omogenea e internazionale
si afferma anche come formidabile strumento di risoluzione delle controversie giudiziarie - Dal placito di Marturi (1076) iniziano le allegazioni in giudizio di passi del Corpus Iuris
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XIV. I Glossatori
2. Cause politiche
già dal sec. XI viene recepito dai massimi poteri (papa e imperatore) come formidabile strumento di legittimazione del potere
in seguito, grazie al suo insegnamento a livello universitario, anche re e principi sono interessati a utilizzarlo per consolidare le basi dei propri poteri centralizzati
i laureati negli Studia, giuristi di professione, vengono impiegati nelle burocrazie e amministrazioni locali e nei tribunali
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XIV. I Glossatori
3. Cause culturali
è uno dei contenuti del “Rinascimento del XII secolo”: espansione dell’Europa: crociate apogeo dell’arte romanica e culla di quella gotica: cattedrali - s.
Bernardo “rinascita” delle città l’Europa conosce numerose opere scientifiche greche e arabe
(Aristotele, Galeno, Tolomeo), da allora in poi tradotte in latino provengono dall’Antichità e sono quindi ritenute autorità assolute nei campi della logica, fisica, anatomia, astronomia, geografia la verità si raggiunge attraverso la corretta comprensione degli antichi
la medesima “sacralità” è riconosciuta al Corpus Iuris: contiene opinioni di giuristi di età classica, e quindi pagani, ma è promulgato da un imperatore cristiano, pertanto è legittimo e autorevole
Giovanni di Salisbury (ca. 1159): “Siamo nani sulle spalle di giganti” (riferendo il pensiero di Bernardo di Chartres): i maestri che segnano la fioritura giuridica dalla fine del sec. XI si applicano su materiali risalenti all’età classica
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XIV. I Glossatori
4. Cause economiche
XII secolo: urbanizzazione - civiltà comunale - nascita economia di mercato ed economia monetaria - espansione commerciale - sistemi di credito e diffusione delle banche
Italia è leader in tale sviluppo fino al ’300 il Corpus Iuris, diffuso dall’Italia, appare come il prodotto di una
civiltà culturalmente più matura e un’economia cosmopolita gli Studia diventano “imprese economiche”: catalizzano studenti
forestieri, sono un volano per le economie cittadine, favoriscono un ampio “indotto” (copisti, librai, sarti, fabbri, mercato immobiliare ecc.)
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XV
Il diritto romano
e i primi centri di studio
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XV. Il diritto romano e i primi centri di studio
nei primi decenni del sec. XII vi sono indizi della diffusione del nuovo insegnamento bolognese in Provenza, le cui consuetudini regionali contenevano già molti elementi romani derivate dalle collezioni di Visigoti e Burgundi
tra 1127 e 1130 una scuola di diritto nella diocesi di Die, nella valle del Rodano, produce una summa alle Istituzioni (Iustiniani est in hoc opere), ove si cita anche il Digestum vetus
altre raccolte di diritto romano prodotte in Provenza: Exceptiones legum romanarum Petri (“estratti dalle leggi romane
compilati da Pietro”) Libri di Tubinga, di Ashburnham, di Graz (dal nome delle città ove
furono ritrovati i mss.): condividono molti “pezzi” con le Exceptiones sono raccolte in cui si opera una selezione dei materiali del Corpus
Iuris e si introduce un ordine sistematico per capitoli contengono materiali di interesse ecclesiastico: sembrano raccolte
redatte da e per canonisti
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XV. Il diritto romano e i primi centri di studio
altri esempi: Summa Trecensis e Lo Codi (in lingua provenzale), dedicate al Codice
Brachylogus iuris civilis (Francia del sud, inizi XII sec.) presenza del medesimo frammento di Ulpiano tratto dal digesto
allegato dai giudici di Marturi riunisce materiali tratti soprattutto dalle Istituzioni, volti a comporre
quasi una Summa, ed è riconducibile all’ambito di scuole canonistiche
entra anche nel circuito della scuola ed è dotato di glosse
la “scuola” della valle del Rodano acquista fama e attira glossatori bolognesi come Rogerio e Piacentino
attività delle prime “scuole” di diritto vede una prevalenza di interessi canonistici: effetti del rinnovamento promosso dalla riforma gregoriana, ma tali indirizzi vengono sopravanzati dall’affermazione della scuola bolognese e dal tecnicismo sviluppato dai glossatori
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XV. Il diritto romano e i primi centri di studio
la prima organizzazione degli Studia giuridici
organizzazione libera e spontanea socii pagano al maestro (dominus) un onorario (collecta) per il servizio di insegnamento – e poi pagano anche altre “collette” pro pensione e pro bancis (al dominus della scuola per l’aula e le sue attrezzature e anche al bidello per la pulizia e altri servizi) il gruppo di studenti stretti attorno a un maestro forma una comitiva (per cui essi sono detti anche socii mei) che frequenta la schola
modello bolognese: associazione di studenti modello parigino: associazione di maestri e studenti, che gestisce
l’istituzione destinata a impartire l’istruzione superiore nelle città a Parigi, ove si insegna Teologia ma anche Medicina, Diritto Canonico e Romano (proibito da Onorio III nel 1219), l’Universitas appare nei primi anni del ’200 ed è una Universitas scholarum, quindi comprende scolari e docenti, ma a questi spetta il compito di eleggere le cariche più importanti e di prendere iniziative per contrattare spazi di autonomia con le autorità locali; il cancelliere è il vescovo della città, che partecipa attivamente al governo dell’Universitas, e i rettori sono i rappresentanti dei maestri
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XV. Il diritto romano e i primi centri di studio
la prima organizzazione degli Studia giuridici
Rectores nel “modello” bolognese Universitas ultramontanorum: riunisce le Nationes d’Oltralpe, che nel
1265 sono 13: Spagnoli, Francesi, Tedeschi, Inglesi, Polacchi, Catalani, Provenzali, Piccardi, Borgognoni, Pittaviensi (del Poitou), Turonensi (della regione di Tours, la Turenna) e Cenomanensi (regione del Maine), Normanni, Ungheresi
Universitas citramontanorum: riunisce 4 Nationes italiche di Campani (e altri meridionali), Romani, Toscani, Lombardi (e altri settentrionali) tra la fine del sec. XIII e gli inizi del XIV si riducono a 3: la Natio dei Romani assorbe i Campani e i meridionali in genere
nella II metà del ’200 nasce anche la l’Universitas artistarum, che riunisce tutti gli studenti non legisti (letterati, filosofi, matematici e medici) ed è composta da sole 4 Nationes: 3 italiane (lombardi, toscani e romani) e 1 straniera (Ultramontani)
gli studenti e il comune: Statuti studenteschi (1214-17; 1252; 1272-74; 1317-47, integrali, aggiornati ogni 10 anni)
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XV. Il diritto romano e i primi centri di studio
la prima organizzazione degli Studia giuridici
Esodi di maestri e studenti:
- 1204: Vicenza
- 1215: Arezzo
- 1222: Padova (poi da Padova a Vercelli nel 1228)
- 1224: trasferimento di studenti a Napoli in seguito all’istituzione dello Studio da parte di Federico II, seguita dal bando contro lo Studio bolognese decretato nel 1225, in seguito al quale molti studenti scelgono di recarsi a Napoli ordinando anche ai loro professori di seguirli questi si rifiutano di obbedire e il Comune impone il bando perpetuo e la confisca dei beni ai Rettori e ai consiliarii (rappresentanti delle Nationes nel governo dell’Universitas).
- 1321: Imola e poi Siena i dottori e il comune
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XV. Il diritto romano e i primi centri di studio
modelli di università spontanee / comunali / imperiali / signorili
– Modena: circa dal 1180 per arrivo di Pillio– Parigi: riceve i primi privilegi da papa Celestino III e da re Filippo Augusto nel 1200; nel 1231 Gregorio
IX con la bolla Parens Scietiarum rende lo Studium indipendente dal cancelliere; nel 1292 Nicolò IV conferisce il titolo di Studium Generale
– Vicenza: scaturisce da diaspora bolognese nel 1204– Oxford: riceve il primo privilegio nel 1214, ma è attiva assai prima in seguito a una secessione da Parigi
di studenti inglesi verificatasi nel 1167– Cambridge: sorge nel 1209 in seguito a una migrazione da Oxford– Padova: nasce nel 1222 da una secessione di studenti bolognesi; impoverita dall’esodo verso Vercelli
nel 1228 e poi rilanciata dopo metà ’200 successivamente alla morte di Ezzelino da Romano nel 1259 con Perugia è la sede più prestigiosa che tra ’200 e ’300 contende a Bologna il primato nell’insegnamento del diritto
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XV. Il diritto romano e i primi centri di studio
– Napoli: istituita nel 1224 Federico II = I Studium statale– Montpellier: primi riconoscimenti nel 1220– Vercelli: nasce nel 1228 grazie a un esodo da Padova con insegnamenti di Diritto e Teologia è qualificata
come Studium Generale nello Statuto cittadino del 1234/35 e Federico II vi nomina poi come professore di diritto Uberto di Bonaccorso rimane attivo per non molti anni e viene riavviato a rate, estinguendosi dopo metà ’300.
– Tolosa: istituito con privilegio papale di Onorio III nel 1229– Orleans: scaturisce da una diaspora parigina nel 1229– Salamanca: fondata dal re Castiglia Alfonso IV nel 1254– Siena: si forma come Studium in anni ’40 del XIII e diventa Studium Generale con il diploma di Carlo IV del
1357– Coimbra (Portogallo): primi riconoscimenti nel 1288– Roma: dopo l’attestato funzionamento di uno Studium Curiae presso la Curia pontificia, nell’aprile del 1303 con
apposita bolla Bonifacio VIII istituisce lo Studio Pubblico e nel luglio 1303 eleva a Studium Generale quello di Avignone
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XV. Il diritto romano e i primi centri di studio
– Perugia: diventa Studium Generale con bolla di Clemente V nel 1308 e ha grande successo nel corso del ’300 in campo giuridico grazie all’insegnamento di Iacopo Belvisi, Cino da PT (che dal 1328 ha come allievo Bartolo) e altri nomi illustri
– Firenze: si istituisce una scuola di Diritto e di Medicina soltanto nel 1321 e alla metà dello stesso secolo ottiene il diploma di Studium Generale da papa e imperatore
– Pisa: nel 1343 ottiene da Clemente VI la patente di Studium Generale, conducendo però vita non molto brillante
– Praga: è istituito da Carlo IV nel 1348– Pavia: ottiene patente di Studium Generale da Carlo IV nel 1361 è potenziata dai Visconti
come sede universitaria verso la fine del ’300 e ottiene la bolla di Studium Generale da Bonifacio IX nel 1389
– Cracovia: fondata nel 1364 dal principe Casimiro il Grande– Vienna: istituita nel 1365 dall’imperatore Rodolfo IV
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XV. Il diritto romano e i primi centri di studio
– Heidelberg: istituito 1386– Colonia: istituito nel 1388– Ferrara: ottiene diploma di Studium Generale nel 1391 da papa Bonifacio IX– Torino: lo Studio è voluto nel 1404 dal principe sabaudo Ludovico d’Acaia e nel 1405 ottiene la
bolla di Studium Generale da Benedetto XIII– Catania: nasce tra 1434-44– Lipsia: 1409– Lovanio: 1425– Basilea: 1460
universalità del diritto comune diritto universale, lingua universale licentia docendi, licentia ubique docendi (studium generale)
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XV. Il diritto romano e i primi centri di studio
La costituzione Habita di Federico I (1155-58)
Con tale privilegio, rilasciato una prima volta nel 1155 e quindi integrato e promulgato solennemente nel 1158, Federico I Barbarossa istituisce alcune concessioni in favore di studenti e maestri – con immediato riferimento a quelli bolognesi – che vengono a costituire i diritti fondamentali riconosciuti dall’autorità imperiale a tali categorie di soggetti. I principi così sanciti riguardano i seguenti punti:
1. a studenti e maestri è riconosciuto il diritto di muoversi in completa libertà e sicurezza per raggiungere i centri di studio che desiderano liberamente frequentare
2. studenti e maestri sono posti sotto la diretta protezione imperiale contro ogni molestia e danno
3. la giurisdizione sugli studenti è sottratta ai magistrati cittadini per essere affidata ai rispettivi maestri e, per quelli di condizione ecclesiastica, al vescovo locale
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XV. Il diritto romano e i primi centri di studio
Dieta di Roncaglia: constitutio de regalibus (1158)
Regalie = complesso di pertinenze a contenuto giurisdizionale e fiscale rivendicate dall’Impero
Partecipazione dei 4 dottori:
- Apparente ambiguità: collaborano con istituzioni comunali a Bologna, ma favoriscono la riappropriazione, da parte imperiale, dei diritti pubblici erosi dalle città
- intervengono nella definizione delle Regalie assieme ad altri esperti di diritto (non meglio specificati) poiché ciò non interessa la sola materia romanistica, ma la più complessiva tradizione del diritto regio
- non viene messa in discussione la sovranità eminente dell’Impero, pur in un quadro di sviluppo delle autonomie comunali
- i 4 dottori cercano di promuovere il ritorno al DR come diritto territoriale generale, in l’Italia e nell’intero Occidente, e vedono nell’imperatore lo strumento per realizzare tale disegno
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XV. Il diritto romano e i primi centri di studio
Dieta di Roncaglia: constitutio de regalibus (1158)
invettiva di Piacentino contro i 4 dottori: colma di livore e di passione politica, giudicati sprezzantemente miseri bononienses in un passo della Summa Trium Librorum, poiché con il loro apporto l’Italia è stata resa formalmente tributaria dell’Impero
ma forse a Piacentino brucia più la lontananza da Bologna (che abbandona sdegnato – sembra – per il servilismo dei colleghi e forse molto più per una questione personale con il giurista Enrico da Balia), che il confronto con Federico I già risolto con la Pace di Costanza
a Roncaglia viene anche emanata una Constitutio pacis con la quale si proibisce, fra l’altro, la stipulazione di leghe entro le città e tra Comune e Comune: sembravano posti i pilastri di un nuovo assetto politico, in una collaborazione effettiva dei principi del diritto romano con la restaurazione delle antiche regole dell'amministrazione del regno d’ltalia.
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XV. Il diritto romano e i primi centri di studio
Dieta di Roncaglia: constitutio de regalibus (1158)
Federico I non fa alcun cenno a un diritto particolare delle città, già comunque riconosciuto in molti casi attraverso la legittimazione delle Consuetudines, poiché pare interessato soprattutto a riaffermare la vigenza di vari aspetti del diritto pubblico romano attraverso le altre 3 leggi perdute (citate in un ms. della Biblioteca Nazionale di Parigi):
costituzione Omnis = ogni giurisdizione o potere amministrativo risiede presso il principe e tutti i giudici e funzionari devono ricevere da lui il potere e prestare apposito giuramento secondo la legge (in base alla Nov. 8)
si ribadisce il principio della superiorità dell’autorità imperiale, che viene anche sancito nella Pace di Costanza come investitura ai consoli delle città da parte dell’imperatore o di un suo rappresentante, da rinnovarsi ogni 5 anni; principio poi in pratica assai scarsamente osservato
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XV. Il diritto romano e i primi centri di studio
Dieta di Roncaglia: constitutio de regalibus (1158)
costituzione Palatia = il sovrano può stabilire i propri palazzi e le proprie residenze dove vuole
costituisce la reazione ai tentativi delle città del Regno Italico di estromettere la sede dell’imperatore, come segno più evidente della sua giurisdizione (prassi già sancita dai Capitolari franchi, secondo cui in ogni città del regno aveva sede un pal. Regio; a Pavia nel 1024 i cittadini, appena avuta notizia della morte di Enrico II, distruggono il Palazzo Imperiale e non ne consentiranno più la riedificazione in città)
costituzione Tributa = prospetta un quadro succinto del sistema tributario romano prevedendo sia imposte sulle terre che sulle persone
non esprime un comando (e quindi non è una legge in senso stretto per la mancanza del dispositivo), ma spiega cosa è dovuto all’imperatore, essendo forse un testo preparatorio di una vera e propria legge
è derivata dalla materia contenuta nei TL e quindi ne conferma la conoscenza nell’ambiente bolognese alla metà del sec. XII
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XV. Il diritto romano e i primi centri di studio
Dieta di Roncaglia: constitutio de regalibus (1158)
Le regalie sono le seguenti: le arimannie, le vie pubbliche, i fiumi navigabili e quelli dai quali derivano canali navigabili, i porti, i tributi che si percepiscono sulle rive dei fiumi, le esazioni che comunemente si chiamano telonei, le monete, i compendi delle multe e delle pene, i beni vacanti e quelli che per legge vengono tolti agli indegni, eccetto quelli che sono conferiti a qualcuno con speciale provvedimento e i beni di coloro che contraggono nozze incestuose nonché i beni dei proscritti e dei condannati, secondo quanto dispongono le recenti costituzioni, le prestazioni di angarie e parangarie, di carri e di navi e le imposizioni straordinarie a favore della maestà regia, la potestà di creare magistrature per amministrare la giustizia, le zecche e i pubblici palazzi nelle città in cui esistono per tradizione, i redditi della pesca e delle saline, i beni dei rei di lesa maestà e la metà dei tesori trovati in luogo sacro o in terre di pertinenza dell’imperatore se questi non avrà collaborato al loro ritrovamento; se avrà collaborato, tutto spetta a lui.
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XVI
I metodi di studio
e di insegnamento
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XVI. I metodi di studio e di insegnamento
caratteri dei postaccursiani Francesco d’Accursio, Alberto da Gandino, Guglielmo Durante, Dino
del Mugello Rolandino de’ Passaggieri e la scuola di notariato (Salatiele) La summa artis notariae rimane il formulario notarile seguito dai
professionisti sino a tutto il Settecento
la letteratura della scuola dei Glossatori
1. legere, repetere- glosse interlineari e marginali / autentiche / apparati di glosse
- distinctiones = si elaborano classificazioni con numerose divisioni e sottodivisioni, talvolta illustrate da schemi grafici
- lecturae, repetitiones
- dissensiones dominorum = raccolte di opinioni contrastanti dei maestri su particolari punti
- summae, summulae = riassunti soprattutto a Codice e Istituzioni o a singoli titoli (meno analitici ed esaurienti di apparati di glosse)
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XVI. I metodi di studio e di insegnamento
la letteratura della scuola dei Glossatori
2. disputare- quaestiones (mercuriales, sabbatinae)
- quaestio legitima (condotta con gli strumenti della dialettica basati sulla distinctio)
- quaestio facti (condotta con gli strumenti della logica nova aristotelica basati sull’uso del sillogismo)
- tractatus quaestionum
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XVII
Il diritto canonico
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XVII. Il diritto canonico
Burcardo di Biberach, Chronicon Urspergense (ante 1230)
La cronaca duecentesca lasciataci dall’abate del monastero tedesco di Ursperg contiene un noto passo nel quale viene presentato un parallelo tra le figure di Graziano e Irnerio, ove si sottolinea la forte analogia tra le iniziative dei due giuristi. In tal modo viene ancor più evidenziato il ruolo avuto da Graziano come primo sistematore del diritto canonico e quello avuto, sempre a Bologna, da Irnerio come autore della prima raccolta sistematica del diritto romano giustinianeo in seguito a una petitio (un invito) della contessa Matilde di Canossa.
“Huius temporibus magister Gratianus canones et decreta, quae variis libris erant dispersa, in unum opus compilavit adiungensque eis interdum auctoritates sanctorum patrum secundum convenientes sententias opus suum satis rationabiliter distinxit”
la notizia filtra nell’opera di Burcardo dalle prime Summae canonistiche (Spagnesi)
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XVII. Il diritto canonico
Graziano Graziano, monaco, lavora a Bologna, già centro di studi giuridici,
ove porta a termine la Concordia discordantium canonum / Decretum forse verso il 1140 = monumento del ius vetus della Chiesa e prima pietra del futuro Corpus Iuris Canonici
è opera assai complessa, contenente testi + riflessioni sui testi stessi (i dicta magistri, al fine di spiegare e armonizzare le fonti)
ha carattere privato, mai recepita ufficialmente dal papato come testo normativo, ma entra subito nel giro delle scuole e della scienza
raccolta assai eterogenea e variegata: canoni conciliari e decretali pontificie già comprese in raccolte precedenti (soprattutto Burcardo e Ivo di Chartres, in particolare dalla “Panormia”, e da Anselmo da Lucca) + passi dalle Scritture e dai Padri della Chiesa + passi del diritto romano, della Lex romana visigothorum, di leggi barbariche e di capitolari carolingi + 1 frammento dell’Editto di Rotari
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XVII. Il diritto canonico
Graziano i passi tratti dal DR sono per la grande maggioranza contenuti nelle Palee e nella serie di aggiunte apportate da canonisti successivi a Graziano, assai probabilmente entro lo stesso sec. XII, ai tempi in cui essi avevano iniziato a studiare anche il diritto civile in modo approfondito tutti i passi sono collocati sotto una inscriptio che dichiara la loro fonte in modo da orientare il lettore sul tipo di auctoritas che i vari passi possono pretendere (pur con eventuali alterazioni causate dalla “tradizione” dei singoli testi)
è la prima grande e compiuta consolidazione del diritto della Chiesa, poiché realizza un setaccio storico di testi governato da una articolazione sistematica
anche come raccolta privata, dà risposta al primato papale nella Chiesa e nel Mondo e al problema dell’unità e identità del DC, completando i testi con propri commenti (dicta magistri) e cercando di spiegare logicamente le contraddizioni nascenti dal confronto di testi così eterogenei
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XVII. Il diritto canonico
Graziano risponde alle medesime esigenze di certezza avvertite in campo
civilistico, soddisfatte grazie alla ricomposizione e allo studio del Corpus Iuris, offrendo un testo certo e affidabile cui fare riferimento sia per i problemi interni e strutturali della Chiesa, sia per le regole di vita da offrire (e imporre) ai fedeli nell’intero orbe cristiano anche per tali motivi ha presto larga diffusione in Francia, Inghilterra e Germania.
metodo dialettico: per ogni principio viene individuata una norma centrale e vincolante e quindi confrontata con quelle divergenti si richiama ai procedimenti logici già impiegati da Abelardo nell’analisi dialettica dei contraria e agli strumenti disponibili al tempo grazie alla tradizione veicolata dalle scuole di arti liberali al fine di comporre le contraddizioni e spiegarle armonizzando i testi, procede per distinctiones, ossia per minute distinzioni tra i differenti significati assunti da termini e concetti in base agli specifici contesti
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XVII. Il diritto canonico
Graziano si applicano 4 criteri di base per concordare tra loro norme
di tempi, luoghi e significati differenti e stabilire quindi una gerarchia delle fonti (si “storicizza” il diritto):
ratione temporis (valuta la cronologia delle fonti, in base al principio che la legge successiva abroga quella precedente sul medesimo oggetto)
ratione loci (valuta la gerarchia di autorità: un concilio ecumenico ha la precedenza su uno provinciale; una lettera pontificia su una vescovile; la norma particolare propria di un luogo deroga a quella generale propria di un ambito più vasto)
ratione significationis (valuta il senso specifico della norma)
ratione dispensationis (valuta i criteri secondo i quali una regola generale preveda alcune eccezioni)
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XVII. Il diritto canonico
Graziano titolo originario Concordia Discordantium Canonum
(armonizzazione di regole canoniche discordanti): tesa verso il fine non di fare opera di teologia, ma di isolare le questioni attinenti al governo della Chiesa e dei fedeli, più che delle anime, e di isolare i problemi “esterni”, rilevanti per il tribunale pubblico (il cd. “foro esterno”, il foro giurisdizionale della Chiesa), da quelli di competenza del tribunale della coscienza (il cd. “foro interno”, il foro sacramentale), rilevante per confessioni e penitenze inflitte dal confessore
Dante colloca Graziano in Paradiso tra gli spiriti sapienti del cielo del Sole (perché “l’uno e l’altro foro aiutò sì che piace in Paradiso”)
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XVII. Il diritto canonico
Graziano Decretum suddiviso in 3 parti + 2 aggiunte posteriori:- I parte divisa in 101 distinctiones (ove si chiarisce ciascun argomento
a partire dai suoi principi generali e dalle contraddizioni cui dà luogo, operando una serie di suddivisioni successive sempre più puntuali), a loro volta divise in capitoli (trattano i problemi generali del diritto, il governo ecclesiastico e la sua disciplina tramite le varie cariche della gerarchia
- II parte divisa in 36 causae (controversie figurate, casi fittizi che introducono una discussione giuridica) dedicate a temi vari (diritto penale e processuale, il patrimonio ecclesiastico e il matrimonio) e divise in quaestiones (singoli problemi giuridici) e poi in capitoli, ognuna su un problema ipotetico per il quale vi sono varie soluzioni (causae dedicate alla simonia, alla procedura, ai monaci e alla loro disciplina, al matrimonio) ad ogni quaestio Graziano illustra la soluzione con i propri dicta (nella Causa 33, relativa al matrimonio, dopo la quaestio 2 un continuatore di Graziano ne aggiunge un’altra molto ampia sulla penitenza, un vero e proprio Tractatus de poenitentia suddiviso in 7 distinctiones)
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XVII. Il diritto canonico
Graziano- III parte suddivisa in sole 5 distinctiones relative a un trattato sui
sacramenti, che è stato aggiunto dopo la redazione originaria ed è privo dei dicta magistri
grande successo del Decretum, formato sia da autorità normative che da creazioni di dottrina (i dicta), tanto nella scuola quanto nella pratica
nella scuola dà origine a una tradizione di glossatori specialisti (i Decretisti) attivi parallelamente ai glossatori civilisti, mentre nella pratica diviene il punto di riferimento per la prassi giudiziaria dei tribunali ecclesiastici
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XVII. Il diritto canonico
Summae e glosse al Decretum Uguccione da Pisa (vescovo di Ferrara dal 1190 al 1210) compone
una monumentale Summa dando luogo a una larga “irruzione” del Diritto Romano all’interno della materia canonica
si rende quindi necessaria una formazione anche romanistica dei maestri di Diritto Canonico e si ha una accelerazione nel processo di fusione tra le due scienze in quello che poi diverrà il sistema dell’utrumque ius
altre Summae composte da Rolando, Rufino, da Giovanni da Faenza e da Stefano di Tournai, che la realizza negli anni ’60 del sec. XII
Giovanni Teutonico (prima metà del sec. XIII) forma la prima trama di un apparato di glosse, anche con apporti di altri autori, sul quale poi Bartolomeo da Brescia compila la Glossa Ordinaria al Decretum
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XVII. Il diritto canonico
Le raccolte di Decretali con papa Alessandro III (1159-81), nel contesto della lotta con
Federico I, si intensifica l’emanazione di Decretali tese a enunciare principi giuridici che di fatto vengono a integrare e correggere il Decretum e che nei decenni succesivi si iniziano a raccogliere in modo sistematico e ordinato per materie, per renderne più facile il reperimento
si va verso le 5 Compilazioni Antiche, al fine di sistemare il grande materiale prodotto in misura crescente dai papi: vi sono quasi 2.000 decretali per il periodo compreso tra il pontificato di Alessandro III (1159-81) e quello di Gregorio IX (1227-41)
Quinque compilationes antiquaeI) Compilatio I: redatta da un canonista operante nella curia di Roma, Bernardo da Pavia, verso il 1190 preparando una raccolta di circa 900 pezzi. Attinge direttamente agli archivi papali riunendo Decretali prodotte dalla metà del sec. XII agli atti dei grandi concili tenuti nel corso dello stesso secolo XII. Di questa raccolta viene predisposta anche una seconda redazione rivista nel 1192-98.
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XVII. Il diritto canonico
a partire dalla Compilatio I, le consolidazioni canonistiche sono suddivise in 5 libri secondo alcuni grandi argomenti in base ai quali si organizzano sistematicamente le fonti:
iudex (relativo alle autorità giudiziarie e all’organizzazione dei tribunali)
iudicium (relativo al processo, alle sentenze e alla procedura)
clerus (relativo agli ecclesiastici, sui loro diritti e privilegi)
connubium (relativo al matrimonio, e quindi sul diritto di famiglia e delle persone)
crimen (relativo alla procedura e al diritto penale)
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XVII. Il diritto canonico
II - III) Compilatio III: raccolta di 482 Decretali di Innocenzo III preparata al più tardi nel 1209 da Pietro Collevaccino da Benevento e inviata nel 1210 allo Studio di Bologna, ove venne anche glossata (per cui acquista carattere ufficiale), cui fece seguito la Compilatio II (1210-12), con una serie di Decretali omesse nella raccolta precedente a cura di Giovanni di Galles
IV) Compilatio IV: raccolta operata da Giovanni Teutonico di 71 canoni del IV Concilio Lateranense del 1215 + altri 104 testi di Innocenzo III; rimane ancora una raccolta privata
V) Compilatio V: redatta dal canonista Tancredi (arcidiacono di Bologna) nel 1224 su ordine di Onorio III raccogliendo le sue decretali degli anni 1216-26 + la costituzione di Federico II del 1220 in favore della Chiesa; ottiene il riconoscimento ufficiale nel 1226 tramite il suo invio agli Studia di Bologna e Padova Onorio III dispone che i testi siano citati nei tribunali, oltre ad essere utilizzati nelle scuole, così come figurano nella raccolta di Tancredi per la I volta il papato assume consapevolmente il ruolo di legislatore per la Cristianità intera per mezzo del Diritto
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XVII. Il diritto canonico
Il Liber Extra nel quadro di tale volontario disegno di governo della cristianità, papa
Gregorio IX affida al giurista catalano Raimondo di Peñafort (domenicano), già professore a Bologna, il compito di coordinare le 4 compilazioni non ufficiali con la V e aggiornare il tutto dando ai singoli pezzi uno stesso valore di legge, così trasfigurando la loro origine e la loro primitiva funzione
ruolo di Raimondo analogo a quello dei compilatori giustinianei di 7 secoli prima
opera di coordinamento tra i vari testi, di eliminazione di quanto è superfluo, contraddittorio e ripetuto aggiungendo anche nuovo materiale normativo (decretali “ad hoc” di Gregorio IX) per completare e armonizzare il tutto (2.139 canoni totali, sempre articolati in 5 libri, suddivisi in titoli)
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XVII. Il diritto canonico
lavoro di codificazione in senso stretto, unito alla esplicita abrogazione delle precedenti compilazioni, promulgato infine il 5.IX.1234 con la bolla Rex pacificus e inviato ufficialmente agli Studia di Bologna, Padova e Parigi mettendolo a disposizione per l’insegnamento Liber Extra Decretum Gratiani
analogia operativa e di valore tra il Codice giustinianeo e le Decretali di Gregorio IX, che si chiudono con due titoli (X.5.40-41) che riecheggiano gli analoghi del Codice (De verborum significazione e De regulis iuris)
il LE esprime il primato conseguito dal Papato del sec. XIII, proteso al controllo degli apparati pubblici, sia laici che ecclesiastici, e dell’intera società mediante un complesso di norme volte a disciplinare tutta la sfera della vita religiosa e civile
rappresenta lo Ius novum della Chiesa che si contrappone allo Ius vetus costituito dal Decretum:
il Decretum è basato su una scacchiera pluralistica di fonti normative
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XVII. Il diritto canonico
il LE è diritto espresso dalla volontà pontificia e organizzato secondo una tecnica legislativa unitaria e “moderna”, tanto da rimanere al centro della produzione normativa della Chiesa sino al Codice di Diritto Canonico del 1917
trova un parallelo soltanto nel Liber Augustalis di Federico II come espressione matura e unitaria della volontà di governo tramite lo strumento delle leggi
si tratta di una codificazione unitaria e generale, che ebbe un enorme successo anche tra i giuristi, i quali si specializzano nello studio delle Decretali (Decretalisti) differenziandosi dagli studiosi del Decretum grazianeo (Decretisti)
il LE assume quasi natura di codice poiché in esso si affermano due principi importanti:
1. esclusività: eccetto il Decretum, tutte le norme che non trovano luogo in esso sono sprovviste del peculiare carattere dell’autenticità;
2. testualità: le norme rifluite nel LE hanno valore nella forma e nelle parole precise in cui vi sono state immesse
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XVII. Il diritto canonico
Summae e glosse al LE Summae imponenti al LE sono composte da Goffredo da Trani (†
1245), Sinibaldo Fieschi (papa Innocenzo IV, † 1254), da Enrico da Susa (cardinale Ostiense, † 1271), al quale si deve l’opera di maggior rilevo e diffusione (composta tra 1250 e 1253)
l’apparato ordinario di glosse al LE si deve al giurista Bernardo Bottoni da Parma († 1266)
in anni succes. anche Innocenzo IV produce molte decretali, di cui si predispongono raccolte ufficiali le sue Novellae e i decreti conciliari successivi vengono poi aggiunti in fondo al LE oppure inseriti in corrispondenza dei vari titolo come loro aggiornamento
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XVII. Il diritto canonico
Liber Sextus 1298: Bonifacio VIII promulga il LS (con bolla Sacrosantae del 3 marzo),
per sottolineare l’aggiunta ai 5 libri delle Decretali di Gregorio IX, a sua volta suddiviso in 5 libri secondo la tradizionale ripartizione per materie (iudex, iudicium, clerus, connubia, crimen)
da Vicarius Petri a Vicarius Christi: il papa non può essere giudicato da alcuno e ha il diritto di giudicare tutti (bolla Unam sanctam, promulgata il 18.XI.1302, inserita poi nelle Extravagantes communes) vertice della teocrazia medievale
apparato ordinario di glosse composto dal grande canonista bolognese Giovanni d’Andrea (1270 ca. - 1348), accresciuto poi negli ultimi anni di vita con una serie di ulteriori additiones.
sempre Giovanni d’Andrea scrive anche Commentaria sul LE e sul LS (presentati nei mss. anche come Novella in Decretales e Novella in Sextum)
altri importanti e noti Commentaria si devono poi a Nicolò Tedeschi († 1453), nativo di Catania ma attivo in varie città centro-settentrionali e soprattutto a Siena
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XVII. Il diritto canonico
Clementine raccolta di decretali di papa Clemente V (1305-14) che, in seguito
alla sua morte nel 1314, viene ufficialmente promulgata da Giovanni XXII tre anni dopo, dopo che la sede papale si è stabilmente trasferita ad Avignone dal 1309 (Decretales Clementinae)
si chiude la serie delle raccolte ufficiali di norme pontificie apparato ordinario composto sempre da Giovanni d’Andrea
Extravagantes raccolta di Extravagantes costituita da decretali di Giovanni XXII
(1316-34), distribuite sotto vari titoli e pubblicate dal giurista francese Jean Chappuis nel 1500, assieme a un analogo corpus di 74 decretali soprattutto di papa Sisto IV (1471-84) edite come Extravagantes communes
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XVII. Il diritto canonico
Corpus Iuris Canonici (sino al 1917) Decretum Liber Extra (1234 - Raimondo de Peñafort, Gregorio IX - Rex
pacificus) Liber Sextus (1298 - Bonifacio VIII) Clementinae (1317 - Clemente V, Giovanni XXII) Extravagantes ed Extravagantes communes (Giovanni XXII e
successori)
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XVIII
Il sistema del diritto comune
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XVIII. Il sistema del diritto comune
Dalla seconda metà del Duecento l’Europa occidentale è accomunata dall’appartenenza al sistema di diritto comune
Per diritto comune si intende il complesso delle normative romano-giustinianee (corpus iuris civilis) e canoniche (corpus iuris canonici) vigenti ratione imperii nei territori appartenuti al Sacro Romano Impero e, per la loro autorevolezza, imperio rationis nei territori (come la Francia) che dall’Impero si erano sganciati
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XVIII. Il sistema del diritto comune
il sistema di diritto comune, che ha caratterizzato gli ordinamenti giuridici europei fino a tutto il XVIII secolo, opera contemporaneamente su due diversi livelli:
1. il livello delle fonti del diritto: dai comuni alle signorie ai regna, la gerarchia delle fonti utilizzava il diritto comune come elemento di integrazione rispetto alle fonti del diritto positivo locale (statuti, consuetudini, legislazioni signorili e regie, giurisprudenza). Col tempo aumenta il grado di sussidiarietà del diritto comune e si assiste a una sua progressiva emarginazione
2. il livello dell’interpretazione dottrinale: i concetti, le figure, gli istituti del diritto comune costituivano l’unico ed unitario sistema dogmatico di riferimento per gli interpreti e i legislatori europei
questa sostanziale uniformità di matrice romanistica consente di parlare di un’Europa del diritto comune (Bellomo)
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XVIII. Il sistema del diritto comune
tra i secc. XIII e XIV si va quindi verso la maturazione dell’Utrumque Ius, dal momento che sia il Diritto Civile sia quello Canonico si propongono come diritti comuni per l’intero orbe cristiano, formando assieme un sistema del Diritto Comune
tale sistema, tuttavia, NON può essere considerato unicamente come diritto positivo, ossia come complesso di sole norme applicate in via integrativa in base a più o meno esplicite forme di graduazione delle fonti del diritto, nel silenzio delle normative e poi delle consuetudini locali, sia comunali cittadine che territoriali per i principati e i regni in via di formazione durante il basso Medioevo
ma deve essere considerato come un ricco e composito bagaglio culturale di cui migliaia di giovani nel Medioevo sono andati alla ricerca, affrontando viaggi, trasferimenti in altre città e costi assai elevati per procurarsi una cultura che fosse realmente spendibile, e non da mettere da parte una volta che, tornati ai rispettivi paesi, si fossero dedicati soltanto all’uso dello ius proprium locale
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XIX
Istituzioni comunali
e statuti
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XIX. Istituzioni comunali e statuti
rinascita urbana del secolo XI continuità con i municipi romani governo vescovile: concessioni imperiali e diritti comitali (secc. X-
XI) libertas ecclesiae promossa dalla Riforma sollecita
“emancipazione” dei laici tramite forme autonome di organizzazione politica
vitalità economica delle città ed economia monetaria
movimento associativo a livello intracomunale confraternite compagnie delle armi compagnie delle arti (corporazioni) consorterie gentilizie
movimento associativo nelle campagne
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XIX. Istituzioni comunali e statuti
Fasi delle istituzioni comunali comune consolare: consoli + assemblea cittadini (concio, arengo) comune podestarile: podestà + consiglio “minore” (consigli di
Credenza, consigli degli Anziani) comune popolare (concetto di populus; governo delle Arti)
capitano del Popolo e podestà legislazione antimagnatizia e suntuaria; ordinamenti sacrati e
sacratissimi signoria principato (vicariati imperiali e pontifici)
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XIX. Istituzioni comunali e statuti
Importanza del regime podestarile:
basato inizialmente su rettori locali e quindi itineranti, con uno sviluppo che si assesta definitivamente tra la fine del sec. XII e gli anni ’20 del ’200
personale politico sempre più specializzato, con curie di giudici e notai
strumento di alleanze intercittadine
redazione scritta degli Statuti
diffusione di una cultura di matrice giuridica (anche per notai) e retorica, sull’esempio della tradizione classica e in particolare ciceroniana (manuali de regimine civitatis)
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XIX. Istituzioni comunali e statuti
Premesse allo sviluppo di iura propria oltre allo ius civile romano, i testi giustinianei parlano pure di uno
ius civile proprio di ogni civitas e quindi locale: “quod quisque populus ipse sibi constituit, id ipsius proprium civitatis est vocaturque ius civile” (D. 1.1.9)
un passo del giurista Salvio Giuliano (D. 1.3.32) ammette la desuetudine della legge, che quindi può essere tacitamente abrogata da una consuetudine contraria, in quanto dotata di identico potere
già i municipia di diritto romano o latino in età imperiale sviluppano un diritto locale che contribuisce a ordinare l’organizzazione della vita collettiva, soprattutto in relazione alle regole procedurali per la risoluzione delle controversie
un lontano modello di ius proprium: un diritto locale che assimila istituti e procedure a quelli tipici di Roma, usati come modello cui conformarsi
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XIX. Istituzioni comunali e statuti
Diplomi imperiali di riconoscimento delle Consuetudini cittadine:
- Lotario III ai Torinesi (1136), ai quali è riconosciuta “quella libertà che è propria delle altre città italiche” (ma già Enrico V nel 1116 aveva loro riconosciuto “quella libertà di cui avevano goduto sino ad allora”)
- Enrico V ai Novaresi (1116)
- Enrico V ai Bolognesi (1116), ai quali sono confermate le antiche consuetudini
- Enrico IV ai Pisani (1081), riconoscendo le “consuetudines, quas habent de Mari…”
- Enrico IV ai Lucchesi (1081), poi rinnovato nel 1084
- Enrico III ai Mantovani (1055), ai quali si riconosce “quella consuetudine buona e giusta che possiede ogni città del nostro impero” (poi rinnovato da Enrico IV nel 1091 e da Enrico V nel 1116)
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XIX. Istituzioni comunali e statuti
ai Mantovani viene rilasciato un diploma pure da Guelfo di Baviera e da Matilde di Canossa (1091), riconoscendo la consuetudine che è propria di ogni città della Langobardia, e già prima un diploma da Enrico II (1014) indirizzato agli “arimanni” della città
dal 1091 al 1114 Mantova, ribellatasi al dominio matildico, si autogoverna in una forma che anticipa il comune rioccupata, torna a una forma di autogoverno dopo la morte di Matilde (1115) e con la sostanziale approvazione di Enrico V nel 1116
a Mantova la fine della dinastia canossana coincide con l’assunzione di poteri pubblici da parte dei gruppi di cittadini che danno luogo al Comune, documentato nel 1126
dopo la morte di Enrico V (1125) e la crisi che investe la successione al trono imperiale in Germania anche in altre città vicine si afferma il Comune: Reggio (1130), Modena e Verona (1136)
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XIX. Istituzioni comunali e statuti
dai tempi di Enrico II si susseguono diplomi indirizzati ai cives, ai quali si riconoscono le consuetudini locali, ma pure in alcuni casi - come Torino (1116 e 1136) e Mantova (dal 1055) - una consuetudine generale che caratterizza la natura stessa della residenza urbana, un “mos” comune connesso alla natura cittadina che segna anche una distinzione giuridica tra residenza in città e nel resto del territorio
ai cittadini viene spesso riconosciuto il diritto di libera circolazione e commercio all’interno del Regno e dell’Impero, pagando talvolta diritti commerciali alla Camera regia si mette così in rilievo la notevole mobilità dei cittadini, cui l’impero riconosce caratteristiche universali
la libertà di movimento delle popolazioni urbane dedite al commercio si può identificare come consuetudine fondamentale cui è connesso il riconoscimento di una libertas ugualmente consuetudinaria
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XIX. Istituzioni comunali e statuti
lo sviluppo economico-commerciale, prima ancora di quello politico-istituzionale, evidenzia la capacità organizzativa delle città e il riconoscimento di uno speciale stato giuridico ad esse e ai loro abitanti, creando una netta distinzione rispetto ai territori esterni e le premesse per un rapporto privilegiato con l’Impero
carattere specifico della città comunale italiana è l’espansione politica sul territorio, con accentramento di funzioni religiose (poi anche con Ordini Mendicanti), economiche, militari, amministrative, culturali
dalla consuetudo municipalis (come diritto non scritto, ma garantito dal tacito consenso collettivo) alla lex municipalis (le consuetudini messe per iscritto, come quelle milanesi del 1216) allo Statuto
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XIX. Istituzioni comunali e statuti
Statutum = stabilito, ciò che è fissato tramite un atto volitivo diretto a statuere, a normare
importanza dei processi di scritturazione normativa e della base culturale particolarmente forte in area italica e nella Francia centro-meridionale, ove si ricordano - p. es. - le precoci carte consolari di Arles e Avignone
ma in Italia il fenomeno statutario è più ampio e generalizzato, grazie alla forza tradizionale della cultura scritta e di quella giuridica
processo di scritturazione porta alla moltiplicazione del complesso delle scritture amministrative prodotte dal Comune e trova poi ampio sviluppo con i regimi popolari
nella forma più matura e organica gli Statuti sono composti da 3 masse normative:
consuetudini brevia la normativa più recente emanata dagli organi consiliari (Statuti veri
e propri)
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XIX. Istituzioni comunali e statuti
giungono poi a formare un complesso unitario oggetto di una apposita riscrittura e sistemazione, cui nella maggior parte dei casi si approda nei primi decenni del sec. XIII
la redazione scritta delle consuetudini urbane e degli statuti si intreccia con l’aspirazione autonomistica dei Comuni, favorendo il rilancio della normativa statutaria che si osserva dopo la Pace di Costanza (25.VI.1183), indirizzata a 17 città alleate contro il Barbarossa ma subito fatta propria anche dalle altre
negli Statuti i Comuni introducono quelle consuetudines che l’imperatore, sconfitto, è costretto a riconoscere nel 1183 e la loro redazione, anche se iniziata già prima della Pace di Costanza, conosce una accelerazione dai primi anni del ’200 in coincidenza con l’assestamento del regime podestarile itinerante
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XIX. Istituzioni comunali e statuti
in seguito alla rapida moltiplicazione delle norme che vengono a contenere, gli Statuti seguono di solito un modello compositivo abbastanza regolare, anche se non privo di eccezioni e varianti
sono divisi in libri (4 o 5), con rubriche raggruppate per materie:
I: norme di livello “costituzionale”, relative all’organizzazione pubblica del Comune (incorporando anche i testi dei precedenti brevi), gli uffici, le cariche, le elezioni ecc.
II: norme sul processo e il diritto civile, che confermava o rifiutava le opzioni del diritto romano
III: norme penalistiche
IV: norme varie, relative ai commerci, all’amministrazione corrente, ai lavori in città e nel contado
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XIX. Istituzioni comunali e statuti
L’atteggiamento dei giuristi anche di aperto disprezzo verso la normativa comunale, non
confrontabile per autorevolezza e completezza con quella romana gli statuti municipali sono sprezzantemente ripudiati come insulti al
diritto, opera di asini e contenenti norme arbitrarie da Odofredo, benché egli stesso dimostri di conoscere assai bene quelli bolognesi, in base ai molti riferimenti che sparge nelle sue glosse, e anche quelli di altre città come Venezia (1242), Pisa, Firenze e Perugia
i giuristi bolognesi, compreso Odofredo, mostrano una totale avversione verso il diritto longobardo, da cui pure derivano principi e terminologia che si riversano negli statuti (C. 6.46.5: Ut dicit fetidissimum ius Langobardorum), e sottolineano che a Bologna non si osserva tale diritto e che questo non costituisce la base degli Statuti comunali, poiché citra Padum servatur ius romanorum, ultra Padum servatur ius lombardorum, et in Tuscia servatur ius lombardorum (Odofredo)
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XIX. Istituzioni comunali e statuti
L’atteggiamento dei giuristi un noto passo di Gaio (D 1.1.9: “quisque populus ipse sibi ius
constituit, id ipsius proprium civitatis est”) costituisce il luogo preferito dai Commentatori per studiare la natura e il fondamento dello ius statuendi (an sit permissionis aut iurisdictionis) e il problema relativo all’interpretatio dello ius proprium civitatis o lex municipalis, dato che i testi giustinianei limitavano le fonti del diritto esclusivamente alla consuetudine, alle leggi del Principe e alla dottrina.
la legittimazione dello ius proprium come fonte autonoma di diritto viene basata su tre teorie, che iniziano a maturare dalla II metà del sec. XIII:
della permissio della iurisdictio del ius gentium
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XIX. Istituzioni comunali e statuti
1. Permissio:
potestas statuendi delle città legata al consenso di Federico I formalizzato tramite la Pace Costanza (1183)
è quindi revocabile da parte dell’imperatore
è formalmente destinata a un numero limitato di città riunite nella Lega Lombarda
concerne la rinuncia da parte imperiale a un ventaglio di ben definiti poteri
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XIX. Istituzioni comunali e statuti
2. Iurisdictio: (sviluppata soprattutto da Bartolo)
potestas statuendi comunale vista come particella, come reificazione locale, della più generale potestà normativa imperiale
ogni iurisdictio corrisponde ad uno specifico ordinamento giuridico
nel senso che la iurisdictio (ormai equiparata alla potestas statuendi dei Comuni) viene riconosciuta come spettante a coloro che godono di una posizione di superiorità rispetto ad altri soggetti di diritto e hanno su questi un’autorità di comando
il diritto vigente nell’Impero si articola in una vasta gamma di iurisdictiones, ognuna corrispondente a uno specifico ordinamento giuridico che va da quello minimo del dominus fondiario a quello massimo dell’imperatore
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XIX. Istituzioni comunali e statuti
il potere imperiale offre quindi il modello da riprodurre negli ordinamenti di livello inferiore
ogni forma di potestas si dota di specifiche norme e stabilisce la forma che il proprio diritto deve assumere nonché i modi della sua evoluzione
l’ordinamento Comunale esprime nello Statuto la sua volontà normativa e organizzativa
a fondamento dello Statuto NON vi è più la concessione da parte di un’autorità superiore (permissio), ma la sostanza stessa del sistema giuridico vigente nell’Impero universale, con le sue articolate componenti.
ciascun ordinamento ha in sé, su scala e misura ridotta, gli stessi poteri che l’imperatore ha nell’impero
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XIX. Istituzioni comunali e statuti
3. ius gentium:
Baldo giunge a legittimare lo ius proprium quale “diritto delle genti”, che consente a ogni popolo di darsi il proprio regimen mediante proprie leggi e Statuti
serve anche a dare un fondamento teorico a tutti gli ordinamenti esistenti all’interno delle città e quindi al forte spirito associativo che caratterizza la società medievale dando vita a una pluralità di ordinamenti giuridici particolari = associazioni di mestiere e di categorie professionali, compagnie delle armi, confraternite, Università degli scolari (come pure il diritto feudale e il ius mercatorium)
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XIX. Istituzioni comunali e statuti
tutto ciò valorizza la dimensione peculiare del Medioevo come una società “senza Stato”, ove la dimensione giuridica è in rapporto unicamente con la società e la civiltà circostanti e non ha bisogno di essere legittimata da un potere politico, ma reca in sé la propria legittimazione ed è pertanto autonoma
il diritto è in relazione soltanto con il gruppo che lo produce e che vi si riconosce secondo la pluralità di ordinamenti tipica del Medioevo, ed esso nella sostanza si autolegittima in quanto espressione spontanea di una delle molteplici possibilità di aggregazione e organizzazione sociale
concezione pattizia della norma consuetudinaria (come tacito consenso collettivo) alla base degli iura propria
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XX
L’Italia non comunale
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XX. L’Italia non comunale
Regno di Sicilia Ruggero II (1130); Assise di Ariano di Puglia (1140) Federico II di Svevia Liber Augustalis / Liber Constitutionum (Melfi, 1231)
1. ordinamento giudiziario
2. processo
3. diritto penale, civile, feudale Angioini (1266) sul continente, Aragonesi in Sicilia dal 1282 (vespri
siciliani); 1442: unificazione delle due Sicilie sotto la dinastia borbonica
capitula, pragmaticae, gratiae, preconi si stratificano sopra la normativa federiciana
la costituzione Puritatem: gerarchia delle fonti vigenti nel Regnum
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XX. L’Italia non comunale
Liber Constitutionum di Federico II, costituzione Puritatem (I 62.1)
Tale costituzione, nota con il nome di Puritatem (dalla prima parola del testo), venne promulgata una prima volta nel settembre 1231 unita alla costituzione I 69.1 e poi ancora in una seconda redazione, come testo autonomo e ampliato, nell’ottobre 1246. Le parti aggiunte riguardano il riferimento alla graduazione delle fonti e la sezione finale del testo
si prescrive di amministrare la giustizia seguendo le norme contenute nel Liber; in difetto di esse secondo le consuetudines approbatas, e in difetto anche di queste ultime secundum iura communia, Langobardorum videlicet et Romanorum, prout qualitas litigantium exiget.
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XX. L’Italia non comunale
Stato della Chiesa diritto pontificio / ecclesiastico / canonico la cosiddetta “cattività avignonese”; Egidio di Albornoz, legato in
Italia (1353) Constitutiones sanctae matris Ecclesiae - Consitutiones Marchiae
Anconitanae - Costituzioni Egidiane (1357, Fano; 1544, riforma del cardinale Rodolfo Pio da Carpi)
Ducato di Savoia le prime raccolte normative: Pietro II (1266-1269, contea di Vaud),
Amedeo VI, il conte verde (1379) 1416 Amedeo VII (1416, titolo ducale; decreta: 1423, 1430 -
Chambery)
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XX. L’Italia non comunale
Sardegna dagli Arconti ai 4 giudicati (Cagliari, Arborea, Logudoro, Gallura):
Genova, Pisa, Aragonesi Mariano ed Eleonora d’Arborea: Carta de Logu de Arborea (1395)
Patriarcato di Aquileia il patriarca e il parlamento Niccolò di Lussemburgo (1352), Marquardo: Constitutiones Patriae
Fori Iulii (1366) 1420: annessione veneziana, riforme e luogotenenti (1429);
processo di “venetizzazione” (dalla fine del ’400 al 1673)
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XXI
Le origini della scuola
del Commento
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XXI. Le origini della scuola del Commento
Caratteri generali nella II metà del sec. XIII si avvia il tramonto della Glossa come
strumento ermeneutico agganciato alle singole parole e finalizzato all’esegesi letterale dei testi giustinianei
si passa all’analisi delle rationes proprie delle leggi, necessarie anche per utilizzare il DR in funzione sussidiaria rispetto agli altri ordinamenti e quindi trasformarlo effettivamente in Diritto Comune
tramite l’analogia (procedimento de similibus ad similia) si recuperano i principi teorici (le rationes) che governano più fattispecie
si usa il DR per applicare il Ius Proprium
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XXI. Le origini della scuola del Commento
Presupposti
Dalla metà circa del sec. XII iniziano a rendersi disponibili traduzioni latine, dal greco e dall’arabo, dell’ultima parte dell’Organon di Aristotele (Analitici Secondi / Analytica Posteriora) da parte di Giacomo Veneto, di un certo “Giovanni” (anteriore al 1159), di Gerardo da Cremona (anteriore al 1187) e di Guglielmo di Moerbecke (circa nel 1269)
Difficoltà a creare una soddisfacente versione latina e progressività con cui tali conoscenze si diffondono nel circuito prima delle scuole di Arti e poi di quelle giuridiche
Il metodo sillogistico, già descritto e disciplinato in tutti i suoi aspetti funzionali sin dalla prima affermazione della logica nova, basata sulla conoscenza della prima parte dell’Organon, viene articolato in forme più specifiche
il sillogismo non si applica più ai verba del testo giuridico, ma ai principi propri della scienza giuridica, ossia ai principi evidenti, incontestabili, veri e certi desunti dalle norme contenuti nei testi giustinianei (rationes)
Ratio est anima legis
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XXI. Le origini della scuola del Commento
si sviluppa un metodo di analisi articolato in diverse fasi divisio legis = individuazione delle parti che compongono la norma expositio = spiegazione sintetica del loro contenuto positio casuum = citazione di fattispecie concrete collectio notabilium = indicazione dei rilievi principali che si possono
formulare in relazione alla norma opposiziones (o contraria) = elencazione delle obiezioni sollevabili quaestiones = individuazione dei problemi che potevano nascere
dalla norma
ciò “che preme è la dimostrazione diretta della legittimità del principio e l’accertamento dei limiti della sua applicabilità” (Maffei)
scire leges non est earum verba tenere, set vim ac potestatem (Proemio del perduto Dictionarium iuris di Jacques de Revigny)
ubi est eadem ratio, ibi est idem ius (diritto come miniera di rationes)
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XXI. Le origini della scuola del Commento
Orléans 1235: Gregorio IX autorizza l’insegnamento del DR presso la
scuola di Orléans (Onorio III lo aveva proibito a Parigi nel 1219)
a Parigi sembra prevalere il timore che i chierici, attirati dallo studio del diritto civile, trascurassero quegli studi teologici di cui Parigi era la ‘capitale’
a Orléans, sede di una scuola ecclesiastica già affermata nell’insegnamento delle Arti e della Logica, dopo il 1235 giungono maestri formatisi a Bologna come Guido de Cumis (allievo di Iacopo Balduini) e Pietro Peregrossi (allievo di Odofredo)
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XXI. Le origini della scuola del Commento
Jacques de Revigny (Jacobus de Ravanis)
Di condizione ecclesiastica, insegna a Orléans tra 1260 e 1280, diviene poi vescovo di Verdun nel 1289 e muore nel 1296 a Ferentino nel corso di un viaggio verso Roma
Inaugura una nuova tecnica di interpretazione dei testi giustinianei: si sottopone il dettano normativo a una approfondita analisi per chiarirne l’intima ratio, la ragion d’essere (i principia propria) del precetto legislativo, da utilizzare poi come premessa di ogni ulteriore sillogismo dimostrativo volto a consentire l’applicazione di quei principia alla concreta vita giuridica
Lecturae su Codice, Istituzioni, sulle 3 parti del Digesto e sull’Authenticum
Repetitiones: lezioni tenute al di fuori dell’orario didattico normale destinate ad approfondire l’esegesi di leggi o parti di speciale rilievo (sembra tenute settimanalmente
Quaestiones: sia disputate che non e anche di materia feudale
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XXI. Le origini della scuola del Commento
Jacques de Revigny (Jacobus de Ravanis)
La ricerca dei principia propria della scienza giuridica è alla base di un’opera assai originale e innovativa rispetto ai generi letterari tipici delle scuole di diritto: il Dictionarium iuris o Alphabetum = enciclopedia di lemmi giuridici, di cui si offre una sintetica ed esauriente definizione (non si è conservato l’originale, ma una edizione rielaborata nota attraverso alcuni mss.)
ci si orienta a individuare ed enunciare una serie di definizioni adatte a descrivere i concetti giuridici fondamentali, elencati in forma di vocaboli ordinati alfabeticamente e di facile consultazione
Pierre de Belleperche (Petrus de Bellapertica, 1250 ca-1308) allievo di Jacques de Revigny consigliere del re di Francia Filippo il Bello; vescovo di Auxerre dopo il
1306; cancelliere di Francia lecturae, repetitiones quaestiones nella forma di distinctiones: strumento usato per classificare
le fattispecie riconducibili a un genus legislativo
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XXI. Le origini della scuola deo Commento
metodo dei Commentatori
Dalla lettura diretta dei testi legislativi basata sull’interpretazione dei
verba e sull’esame della formulazione verbale delle norme si
passa all’esposizione dei principia che la scienza giuridica trae
dalle fonti, all’individuazione del sensus normativo dei precetti
giustinianei, e quindi della sua peculiare sostanza razionale, e alla
sua estensione a fattispecie non contemplate nei testi
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XXII
La scuola del Commento
in Italia
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XXII. La scuola del Commento in Italia
Cino Sighibuldi da Pistoia (1270 ca.-1336/37) allievo di Dino del Mugello e di Lambertino Ramponi studi in Francia (?), insegna a Siena, Pistoia e Perugia (1326) ascolta una repetitio bolognese di Pierre de Belleperche contemporaneo di Dante e poeta, in relazione con lo stesso Dante
e con Guido Cavalcanti compone una imponente Lectura (o Commentario) super Codice,
databile al 1312-14, seguita dalle Additiones sempre al Codice e quindi una incompiuta Lectura sul Digestum vetus, una raccolta di Quaestiones e pure di Consilia
grande tecnico dell’argomentazione giuridica, ma mostra una forte avversione per lo ius proprium, che vede come un prodotto fortemente iniquo e soprattutto come un diritto accidentale e occasionale, e perciò assai mutevole, mentre il ius commune è il diritto per eccellenza, e quindi perfettamente stabile è pertanto il diritto “principale”, mentre il ius proprium è soltanto un diritto accessorio
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XXII. La scuola del Commento in Italia
Bartolo da Sassoferrato (1313/14-1357) allievo a Perugia di Cino da Pistoia (1328), a Bologna di Iacopo
Bottrigari baccelliere (1333), dottore (1334); ambasciatore e consigliere di
Carlo IV assessore a Todi, avvocato generale a Macerata, assessore a Pisa
(1339); a Pisa inizia poi a insegnare passando quindia Perugia nel 1342
amplissima produzione / falsificazioni Commentari alle 3 parti del Digesto, al Codice e alle Novelle ampia serie di trattati su temi molto particolari: su due costituzioni di
Enrico VI (Ad reprimendum; Qui sint rebelles), sulla tirannide, sul bando, la rappresaglia, l’ordinamento cittadino, sui guelfi e ghibellini, sul regime delle acque ecc. forte sensibilità civile in epoca di passaggio da Comune a Signorie
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XXII. La scuola del Commento in Italia
Bartolo da Sassoferrato (1313/14 - 1357) scrive pure un Tractatus de insigniis et armis sul linguaggio figurato
dell’araldica, come espressione peculiare dell’aristocrazia
a Bartolo l’imperatore Carlo IV di Boemia concede un’arma con un leone, che nei secoli precedenti sarebbe stata riservata unicamente ai grandi feudatari
quaestiones disputatae centinaia di Consilia enorme successo / auctoritas normativa a differenza di Cino da Pistoia, rivaluta profondamente il ruolo del
ius commune nel senso di un ‘sole’ vivificante la molteplicità degli iura propria terreni: si usa il ius commune per applicare il ius proprium
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XXII. La scuola del Commento in Italia
Baldo degli Ubaldi (1327-1400) allievo di Bartolo a Perugia, va poi a insegnare anche a Pisa,
Firenze, Padova e quindi per 10 anni a Pavia, ove muore nel 1400 ambascerie e rapporti con Gregorio XI e Urbano VI, che promuove
il ritorno della sede papale a Roma nel 1378 Lecturae sul Digesto e sul Codice, sui Libri Feudorum commento alla Pace di Costanza in tarda età si dedica anche al diritto canonico con commenti al
Liber Extra, al Liber Sextus e alle Clementine grande consiliatore
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XXII. La scuola del Commento in Italia
altri commentatori famosi:– Riccardo Malombra († 1334)– Iacopo Belvisi (1270-1335), consigliere di Carlo II d’Angiò, autore di
commenti sull’Authenticum e sui Libri Feudorum, di un trattato di pratica criminale e di un altro sul tema canonistico della scomunica
– Oldrado da Ponte († 1335), consigliere presso la corte papale di Avignone
– Jacopo Buttrigari /1274 ca-1347)– Alberico da Rosate († 1354), autore di commentari al Digesto e al
Codice e pure di un Dictionarium iuris di larghissima diffusione– Raniero Arsendi da Forlì († 1358)– Angelo degli Ubaldi, fratello di Baldo– Bartolomeo da Saliceto († 1412), autore soprattutto di un vasto e
famoso commentario al Codice– Paolo di Castro (…1394-1441…)– Angelo Gambiglioni da Arezzo († post 1451)
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XXII. La scuola del Commento in Italia
altri commentatori famosi:– Alessandro Tartagni (1424-1477), che sviluppa interessi sia
civilistici che canonistici
– Niccolò Spinelli da Giovinazzo (Puglia, 1325 ca-1390)
– Luca da Penne (…1343-1382…): il suo commento ai Tres Libri considera le norme ivi riunite come diritto vigente ed elabora sulla loro base una approfondita teoria della potestà monarchica
– Giovanni d’Andrea (1270 ca-1348): canonista di valore, autore soprattutto della Glossa ordinaria al Liber Sextus
– Niccolò dei Tedeschi (sec. XV), canonista, divenuto anche vescovo di Palermo
– il cardinale Francesco Zabarella (1335-1417), cardinale, autore di un vasto commento alle Decretali e di una Lectura super Clementinis
– Pietro d’Ancarano (1330 ca-1416)
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XXII. La scuola del Commento in Italia
sec. XIV: apice del ‘sistema’ del Diritto Comune
piena articolazione tra i diritti locali e la teoria generale sviluppata sul diritto romano e canonico, con interpretazione dei primi alla luce di quest’ultima
con i Commentatori si raggiunge un alto grado di approfondimento della dottrina giuridica, esaminando i testi in profondità per giungere alla ratio della norma, così che la definizione dei principi, delle categorie e degli istituti acquista un rigore teorico, una precisione scientifica e una ampiezza di articolazione fino ad allora sconosciute
“ceto” dei giuristi si consolida con caratteri fortemente omogenei a livello europeo, riconoscendosi in una dottrina e in un linguaggio comune
ciò favorisce un processo di integrazione ‘orizzontale’ delle élites ‘spazio’ del ceto dei giuristi senza confini geografici o politici
ma anche un processo di integrazione ‘verticale’ di questa élite con i vertici degli ordinamenti universali e locali: papi, imperatori, re, duchi, principi a livello europeo fornitura di pareri, di lettere scritte, di assistenza tecnico-legale
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XXII. La scuola del Commento in Italia
i Consilia
consilium sapientis vero e proprio (o ad veritatem) = perizia legale, normalmente vincolante e prevista dagli statuti, data da un giureconsulto su richiesta del giudice, adottata d’ufficio o su richiesta di una parte
consilium richiesto da una parte in aggiunta alla difesa legale, sopra un punctum decisivo per la soluzione della lite giudiziaria
consilium meglio definibile come allegazione, elaborato dall’avvocato di parte nel corso del procedimento
consilium richiesto da un ufficio o da un soggetto singolo che vuole conoscere i confini della legittimità entro cui muoversi o configurato come parere legale in vista di un suo utilizzo pratico
consilium non collegato all’attività di un organo giudicante, in genere astratto dallo specifico caso per il quale fu dato, prodotto quale contributo all’elaborazione dottrinale o come saggio di discussione e rielaborazione critica di orientamenti giurisprudenziali e dottrinali
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XXIII
Umanesimo giuridico
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XXIII. Umanesimo giuridico
concetto di Umanesimo
tra i secoli XIV e XV maturano nuovi interessi letterari, filologici e pedagogici basati sullo studio dei classici antichi da parte degli intellettuali del tempo
gli studia humanitatis denotano l’educazione a base letteraria e filosofica tesa alla formazione completa dell’uomo
il termine di “umanista” entra in uso alla fine del ’400 per qualificare docenti e maestri di discipline letterarie (a partire dal latino e dal greco)
il termine di “umanesimo” si inizia a usare dagli inizi del sec. XIX a partire dall’area di cultura tedesca per valorizzare gli studi classici in contrapposizione a quelli scientifici nell’istruzione secondaria
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XXIII. Umanesimo giuridico
concetto di Umanesimo
con il termine di “umanesimo” si viene a indicare un grande processo di trasformazione della cultura occidentale, che prende avvio in Italia tra fine sec. XIV - inizi XV e si allarga a dominare tutta la vita intellettuale a livello europeo
tale processo punta alla formazione dell’uomo “completo” tramite lo studio delle humanae litterae e la conoscenza dei grandi monumenti letterari, filosofici e artistici delle civiltà classiche
gli intellettuali trovano nel culto e nella pratica delle lettere il solido fondamento di una nuova concezione dell’uomo e del mondo
l’uomo è pensato come misura di tutte le cose, come “microcosmo” e come sintesi e chiave dell’universo, ugualmente partecipe dell’eccelsa ragione divina e della natura terrena si sviluppa il gusto dell’analisi critica estesa a tutti i campi della conoscenza umana
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XXIII. Umanesimo giuridico
concetto di Umanesimo
si opera un forte recupero dell’antichità classica in opposizione alla “cesura” costituita dal “barbaro” Medioevo (una media aetas incuneata tra l’antichità e il tempo presente) e in uno spirito di pratica conciliazione con i valori del cristianesimo
si leggono i testi classici comprendendo di avere una grande distanza da colmare e di dovere definire e rispettare una precisa prospettiva storica
non si imita la cultura antica, ma la si recupera con consapevolezza critica e come fonte e modello di ispirazione
strumento privilegiato è la filologia = “amore per il ragionamento” e la discussione (Platone) si identifica nella disciplina che, attraverso la critica del testo, si propone di riprodurre o ricostituire e interpretare correttamente testi e documenti letterari
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XXIII. Umanesimo giuridico
grandi “cesure” rispetto al Medioevo
1453: conquista di Costantinopoli, ultimo residuo dell’antico impero, da parte di Maometto II affluiscono in Occidente dotti e letterati che recano nuovi manoscritti e diffondono la conoscenza del greco
1453: termina la Guerra dei 100 anni (1339-1453) Francia e Inghilterra si definiscono pienamente come stati nazionali (e alla fine del secolo la Spagna)
1487: il portoghese Bartolomeo Diaz doppia la punta meridionale dell’Africa (Capo di Buona Speranza)
1492: scoperta delle Indie orientali/America conseguenze economiche, politiche, sociali
1492: Isabella di Castiglia e Ferdinando II d’Aragona conquistano il Regno di Granada e completano la ‘reconquista’
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XXIII. Umanesimo giuridico
grandi “cesure” rispetto al Medioevo
1498: Vasco de Gama apre la via marittima per le Indie completando la circumnavigazione dell’Africa si sposta l’asse degli interessi europei e mutano i tradizionali rapporti di forza tra le grandi potenze
1517: Martin Lutero affigge le sue 95 tesi alla porta del Duomo di Wittemberg anche tramite altri manifesti redatti negli anni successivi si contestano diversi atteggiamenti della chiesa romana:
- l’esoso commercio delle indulgenze, originato dalle forti richieste di denaro per finanziare la fabbrica di S. Pietro
- il primato sacerdotale (ogni cristiano è di stato sacerdotale)
- il primato dei sacramenti: si riconoscono soltanto quelli di effettiva tradizione evangelica (battesimo, eucaristia)
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XXIII. Umanesimo giuridico
grandi “cesure” rispetto al Medioevo
- il primato ecclesiastico nel governo della morale individuale: si esalta la responsabilità autonoma dell’individuo e la priorità della fede come strumento di salvezza la salvezza non si ottiene grazie alle buone opere, ma per esclusivo intervento della grazia divina
- Lutero traduce dall’originale greco il Nuovo e l’Antico testamento, creando una nuova Bibbia che diventa il monumento spirituale e culturale della Riforma e il primo capolavoro della tradizione letteraria tedesca
dal ’300 si diffonde l’uso della polvere pirica per le armi da fuoco, la costruzione di artiglierie e l’impiego di truppe mercenarie
1455 ca: Gutemberg inventa la stampa a caratteri mobili in metallo (Bibbia “delle 42 linee”)
1543: nel suo De revolutionibis orbium celestium Nicolò Copernico enuncia la teoria eliocentrica del sistema solare (poi sviluppata da Tycho Brahe e da Giovanni Keplero)
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XXIII. Umanesimo giuridico
Francesco Petrarca
prospettiva umanistica: il Corpus Iuris è una testimonianza dell’antichità al pari di altre opere letterarie, di un testo di Tito Livio o di Cicerone, e come tale deve essere studiato, con gli strumenti della filologia e della storia
“La maggior parte dei nostri legisti, poco o nulla curando il conoscersi delle ragioni del diritto e dei primi padri della giurisprudenza, né ad altro fine mirando che a trar guadagno dal suo mestiere, stassi contenta ad apparare quello che dei contratti, dei giudizi, dei testamenti nella legge sta scritto, e non pensa che il conoscersi delle arti, e i primordi e gli autori è di aiuto grandissimo all’uso pratico delle medesime” (Epist. fam., XX/IV)
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XXIII. Umanesimo giuridico
Lorenzo Valla (Roma, 1405 ca - 1457)
poco dopo il 1430 diventa docente di Retorica nello Studio di Pavia
1433: libello polemico contro il De insignis et armis di Bartolo
si contesta l’uso di un latino “barbaro” da parte dei giuristi medievali contrapponendo la corretta e autentica lingua latina
analisi dei testi dottrinari condotta in base alla disamina linguistica dei termini, per criticare gli arbitrii di espressioni che prescindono dall’uso corretto e quindi dall’originario e specifico significato storico e filologico
violenta reazione del mondo accademico pavese, che induce Valla ad abbandonare la città
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XXIII. Umanesimo giuridico
Lorenzo Valla (Roma, 1405 ca - 1457)
1440: per appoggiare Alfondo d’Aragona nella controversia con il papa per l’investitura del regno di Napoli, Valla scrive la De falso credita et ementita Constantini donatione declamatio
già Nicolò Cusano (1401-1464) aveva scoperto la falsità del documento, ma Valla svolge le sue tesi con forte spregiudicatezza, dando al testo la forma di una libera declamazione oratoria e ricorrendo a ogni possibile argomento storico, giuridico, religioso, politico e filologico-linguistico per farne meglio risaltare la falsità e l’inverosimiglianza e per mettere in rilievo l’avidità di dominio dei pontefici
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XXIII. Umanesimo giuridico
Umanesimo giuridico
si capovolge il ruolo del diritto: per secoli, da Irnerio e Graziano, è stato pensato come un diritto unico e universale ci si accorge che tanta parte dell’umanità non lo conosce
si modifica l’autorità del ius commune: alla pretesa certezza, universalità ed eternità si sostituisce una prospettiva storica condizionata dalla variabilità e dall’incertezza: non costituisce più un diritto esclusivo e perciò destinato a essere sempre attualizzato
prendono vigore gli iura propria territoriali, di regni e principati, che puntano a diventare diritti generali e comuni rispetto alla varieta delle consuetudini e degli statuti locali
mentre il ius commune diviene un diritto residuale oppure un diritto da valutare sul piano culturale per quanto storicamente ha elaborato e incorporato della ragione umana
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XXIII. Umanesimo giuridico
presupposti filosofici
indirizzo “modernista” rispetto alla Scolastica legata al complesso della dottrina aristotelica
Ruggero Bacone (1214-94) sostiene l’esame critico dei maestri (a partire da Aristotele) alla cui indiscussa autorità si richiama la tradizione per privilegiare lo studio della natura basato sull’osservazione e l’esperienza
Giovanni Duns Scoto ( 1308), francescano e maestro di teologia a Oxford, afferma il primato delle volontà dell’intelletto ponendo una netta separazione tra teologia e attività filosofico-scientifica, cui assegna un ambito autonomo
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XXIII. Umanesimo giuridico
presupposti filosofici
Gugliemo di Ockham (1290-1349 ca), allievo di Duns Scoto, rivendica una netta separazione tra verità di fede, non fondate sulla ragione, e il sapere fondato sulla conoscenza diretta
si valorizza una prospettiva empirista, ove la conoscenza è “raggiunta attraverso la percezione intuitiva dei singoli dati dell’esperienza, da cui possono derivare verità ‘probabili’ che, anche se dotate di certezza scientifica, non sono desumibili da premesse necessarie e autoevidenti né sono suscettibili di rigorosa dimostrazione sillogistica” (Errera)
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XXIII. Umanesimo giuridico
effetti sul Diritto Romano
si contesta la centralità e la priorità del Corpus Iuris Civilis privilegiando una impostazione critica verso la scienza giuridica precedente
il Corpus Iuris Civilis non è più oggetto di incondizionata venerazione, non è più considerato portatore di una intangibile verità quasi divina, ma è valutato come un prodotto “umano”
si punta a conoscere i testi giustinianei nella loro forma originaria recuperandone i codici:
- si valorizza la littera Florentina (trasferita a Firenze dal 1406), supponendo anche che fosse un originale giustinianeo inviato in Italia dal suo artefice
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XXIII. Umanesimo giuridico
effetti sul Diritto Romano
- Angelo Poliziano (1454-94) collaziona il Digesto della Vulgata con la littera Florentina immagina un apparato critico-filologico al Corpus Iuris e adombra quasi il progetto di una edizione critica del Digesto, che tuttavia avrebbe messo in crisi le opinioni dei commentatori, basate su catene di argumenta ab auctoritate, e la certezza della Glossa, fondata sull’esegesi di parole non più esistenti nel testo normativo corretto
- anche Ludovico Bolognini (1446-1508) si interessa alla filologia del Digesto, ma per un uso soprattutto di erudizione a livello didattico
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XXIII. Umanesimo giuridico
due indirizzi dottrinali: mos gallicus / mos italicus
1. mos gallicus iura docendi (diritto storico) in Francia si punta a valorizzare un diritto “nazionale” sul duplice
livello dei diritti particolari (cittadino/signorile - regio) assegnando al diritto regio la funzione di diritto generale rispetto ai diritti locali a base consuetudinaria e statutaria
si studia il diritto romano con una migliore conoscenza della storia, della lingua greca e anche di quella latina
maturano alcuni indirizzi preminenti:a) discredito verso i testi giustinianei:
- François Hotman (1524-90): scrive l’Antitribonianus, teso a evidenziare tutte le mancanze, lacune ed errori dei compilatori bizantini; ma viziato anche, come calvinista, da una forte impostazione anticattolica che lo porta a coinvolgere Impero e diritto romano nella sua ostilità alla Chiesa e alle sue tradizioni
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XXIII. Umanesimo giuridico
b) nuova sistematica dei testi giustinianei: tematiche e istituti sono distribuiti in modo disordinato e contraddittorio; occorre un nuovo ordine in funzione di un chiaro legame logico e sistematico:
- Guillaume Budé (1467-1540): non è un giurista, ma riveste importanti incarichi pubblici, è inoltre grecista e bibliofilo; scrive le Adnotationes in Pandectas, ove privilegia un commento filologico
- Charles Dumoulin (1500-66): redige un monumentale commento alle Consuetudini di Parigi promuovendone la funzione unificante rispetto alla formazione di un diritto nazionale: è l’espressione autentica dello spirito nazionale francese, “caput omnium huius Regni Francie et totius etiam Belgicae Galliae consuetudinum” (scrive anche una Oratio de concordia et unione consuetudinum Franciae)
- François Connan, 1508-51; André Tiraqueau, 1488-1558; François Le Douaren, 1509-59; Hugues Doneau, 1527-91
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XXIII. Umanesimo giuridico
c) indirizzo filologico: ci si accosta al diritto romano senza rifiuti preconcetti, lo si approfondisce grazie al confronto con altri testi e manoscritti e lo si valorizza come un grande monumento del passato
- Jacques Cujas (1522-90): insegna a Bourges dopo Alciato, brilla per la grande erudizione storica e la sottigliezza della sua analisi critica ai testi giustinianei (Observationes et emendationes; Commentaria al Codice e al Digesto)
- noto il suo giudizio sui Commentatori: “verbosi in re facili, in difficili muti, in angusta diffusi”
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XXIII. Umanesimo giuridico
Andrea Alciato (1492-1550) si considera “fondatore” del mos gallicus (detto anche “scuola umanistica -
o “culta” - del diritto) si laurea a Ferrara nel 1516 e si dedica alla professione di avvocato tra 1518 e ’21 viene chiamato a ricoprire una cattedra di diritto ad
Avignone e poi passa a Bourges nel 1529-33 migliore equilibrio tra filologia erudita e scienza del diritto, tra rifiuto delle
degenerazioni della tradizione dei commentatori (inflazione della giurisprudenza consulente, causa anche la diffusione per mezzo della stampa) e un integralismo umanistico teso a recuperare la presunta “purezza” del testo normativo
per la sua polemica verso gli eccessi della tradizione consiliare si attira le ostilità di altri giuristi (celebre la polemica con Tiberio Deciani, 1509-82)
opera approfondite analisi dei passi greci del Digesto e annotazioni storico-filologiche sul Codice
applica l’erudizione storico-filologica a problemi tecnico-giuridici (Commentaria ad Pandectas, Paradoxa, Emblemata, De re militari)
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XXIII. Umanesimo giuridico
2. mos italicus iura docendi (diritto pratico) prime espressioni di umanesimo giuridico: Ludovico Bolognini
(Bologna, 1446-1508), Felino Sandei (Lucca, 1444-1503), Lelio Torelli (Fano, 1489-1576), Mariano Sozzini (Siena, 1397-1467)
in Italia la scienza giuridica rimane vincolata alla tradizione del bartolismo e nella sua evoluzione lungo il sec. XVI non si mostra sensibile, in misura significativa, ai forti richiami della cultura umanistica radicata nella filologia e nella storia
la tradizione dello studio del diritto romano interpretato come diritto vivo e applicabile si trasforma in un ponte che collega il Medioevo alle epoche successive, che permette alla scienza del diritto nata in Italia nel sec. XII di continuare a proiettare la sua influenza a livello europeo sino all’età dei Codici e anche oltre
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Ius proprium in Europa
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XXIV. Ius proprium in Europa - Francia
mosaico territoriale molto vasto e articolato, che si dilata sino alle Fiandre (Belgio), alla Normandia e alla Bretagna sulle coste dell’Atlantico, alla Provenza sulla costa mediterranea + aree interne prive di sbocco al mare come Delfinato, Savoia, Borgogna e Franca Contea
si distinguono 2 grandi aree = paesi del nord, di diritto consuetudinario; paesi del sud, di diritto scritto
1) al Nord il Diritto Romano NON è utilizzato come diritto positivo e quindi come legge vigente: vale soltanto se i giudici ne vogliono tenere conto come suggerimento e aiuto ragionevole a sostenere una decisione dubbia
2) al Sud il DR vale come legge scritta, di cui tenere conto pur secondo particolari sistemi di graduazione delle fonti
ha un peso in tale differenza il divieto di Onorio III (1219), su richiesta e desiderio di Filippo II, di insegnare il DR a Parigi è un modo per emarginare l’influenza culturale e giuridica dell’Impero e del DR rafforzando la propria autonomia politica
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XXIV. Ius proprium in Europa - Francia
1) al Nord, nei paesi di diritto consuetudinario, il diritto cittadino si presenta come redazione scritta delle consuetudini locali o come normativa di altra natura, soprattutto “carte di franchigia” aggiunte alle consuetudini locali come loro integrazione o correzione
possono avere diverse denominazioni (carte di comune, carte di consolato, privilegi urbani) in base all’origine e al titolo giuridico e regolano i rapporti anche con le città demaniali soprattutto in un’area a forte densità e vivacità urbana come le Fiandre
per le città incluse in domini signorili, feudali e non feudali, valgono gli interventi normativi promossi dai signori locali sia laici (duca di Borgogna o duca di Bretagna) sia ecclesiastici (abati di Sainte-Geneviève e di Saint-Germain-des-Prées o il vescovo di Metz)
vi è anche un fenomeno di regionalizzazione delle consuetudini, ove queste varie normative (consuetudini, carte di franchigia, privilegi signorili) danno luogo a tradizioni che si estendono su intere aree geografiche, formando così le Coutumes della Normandia, della Bretagna, della Turenna o della Borgogna
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XXIV. Ius proprium in Europa - Francia
vi è poi il livello della Ordinanze regie, che si manifestano come regolamenti emanati dai re su specifiche materie già dal sec. XIII si tenta progressivamente di raccogliere e rielaborare il materiale normativo locale per armonizzarlo con il diritto regio nascono raccolte definite Coutumiers, tra cui le principali sono:
– in Normandia il Très ancien Coutumier, in latino e in francese già della fine del sec. XII, e il Grand Coutumier, composto in latino tra 1254-58, il cui titolo originale è Summa de legibus Normandiae.
– le Coutumes de Clermont en Beauvaisis (scritte in francese verso 1279-83), di cui è autore il giudice Filippo de Beaumanoir, funzionario delle corti regie, che la predispone utilizzando gli strumenti derivati dalla conoscenza del diritto romano-canonico la raccolta si impone in tutta la Francia del Nord, trattando anche delle consuetudini del Vermandois e di Parigi, e si diffonde soprattutto nella pratica legale quotidiana
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XXIV. Ius proprium in Europa - Francia
– l’Etablissement de Saint-Louis (1272-73), in cui vengono rifuse alcune importanti consuetudini regionali armonizzandole con alcune serie di Ordinanze regie
– la Somme rural, redatta in francese (1393-96) da Jean Boutillier, che fu anche agente regio e operò pure a Tournai, ove fu consigliere legale e giudice opera realizzata come un censimento del diritto consuetudinario del Nord della Francia e al tempo stesso come introduzione al diritto dotto per il lettore generico privo di formazione universitaria, con un uso anche del diritto romano-canonico
– la Grand Coutumier de France, compilata verso il 1388 da Jacques d’Ableiges, balivo e giudice regio in varie regioni del paese nonostante il titolo fuorviante, tratta delle Consuetudini parigine e delle aree circostanti, che comunque avranno un ruolo eminente nella formazione del diritto nazionale francese
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XXIV. Ius proprium in Europa - Francia
Metodo: si attinge largamente dalla pratica, sia in base all’esperienza dei singoli compilatori, che sono spesso anche giudici, sia in base alla casistica formatasi presso tribunali locali o di particolare rilievo, come il tribunale del Parlamento di Parigi
Scopo: contribuire a creare un vero e proprio “diritto nazionale” sufficientemente omogeneo, risultante dalla fusione di antiche tradizioni e consuetudini locali con i provvedimenti emanati nel corso del tempo dai sovrani già Carlo VII nel 1453 si preoccupa, con una specifica Ordinanza, di rendere obbligatoria la redazione scritta delle Consuetudini locali
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XXIV. Ius proprium in Europa - Francia
2) al Sud si diffondono gli Statuti cittadini, analogamente ai Comuni italiani, mentre lo ius proprium di II livello è costituito da ordinanze regionali, aventi vigore entro i confini di una contea o di un ducato, e da ordinanze regie, quando promulgate per l’intero Regno
il DR vale come diritto positivo con valore sussidiario e soprattutto vale come tradizione giuridica, in quanto molte norme locali derivano dalla più ampia e continuata conoscenza del DR e dal suo uso, che si può fare risalire ai secoli V-VI, legato alla tradizione romano-teodosiana rimasta molto viva nel sud della Francia
è poi nel Sud che si sviluppano famosi centri di studio del DR come Montpellier e Tolosa, con un fitto intreccio di rapporti con i centri italiani da parte di maestri e di studenti
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XXIV. Ius proprium in Europa - Germania
dimensione del potere cittadino ristretto allo spazio fisico della città e NON al suo territorio le normative locali devono sempre ottenere il riconoscimento di un’autorità superiore (re, imperatore per le città demaniali, o signori locali, laici ed ecclesiastici), e in taluni casi vengono anche accolti da altre città (Breslau nel 1261 e nel 1295 accoglie il diritto di Magdeburgo)
anche in Germania si ha uno ius proprium di II livello, coincidente con normative emanate da conti, duchi o principi oppure, per un ambito generale, da re e imperatori
analogamente alla Francia del Nord, anche in Germania vi sono giuristi privati che elaborano i materiali normativi di formazione consuetudinaria: la raccolta più famosa è il Sachsenspiegel, elaborata da Eike von Repgow
nel Sachsenspiegel si ordinano norme consuetudinarie di varia provenienza (regionali, cittadine, signorili) e il suo nucleo più antico risale intorno al 1235; si diffonde poi ben oltre i confini originari della Sassonia al punto da diventare un’opera di riferimento per tutti i giudici di area tedesca, alla quale essi guardano per dare fondamento alle loro sentenze
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XXIV. Ius proprium in Europa - Germania
la forte tradizione di ius proprium non impedisce che molti studenti tedeschi si rechino in Italia e a Bologna per studiare il diritto romano-canonico la Natio teutonica, già forte nel sec. XIII, nel ’300 diventa la più numerosa all’interno dell’Universitas degli Ultramontani, con propri importanti statuti compilati verso la metà del sec. XIV
la stessa autorità imperiale si impegna nella fondazione di alcuni Studia deputati all’insegnamento del diritto romano-canonico:
– nel 1340 Carlo IV fonda lo Studio generale di Praga
– nel 1364 Casimiro il Grande istituisce lo Studio di Cracovia
– nel 1365 Rodolfo IV istituisce lo Studio di Vienna
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XXIV. Ius proprium in Europa - Germania
la cultura giuridica romanistica acquisita in Italia, e poi negli Studia locali, è funzionale alla professione di giudice e giurisperito e all’attività di riordinamento delle consuetudini cittadine, scritte in tedesco ma organizzate secondo schemi e categorie logiche desunte dal diritto romano (come la riforma delle consuetudini di Amburgo realizzata verso la fine del sec. XV da Herman Langenbeke, borgomastro della città, laureatosi in utroque a Perugia)
in Germania non si riconosce al Diritto Comune romano-canonico il valore di diritto positivo sino al 1495 (istituzione del Reichskammergericht), quando con apposito atto regio viene recepito il DR rendendolo legge di cui, nella forma di Diritto Comune, obbligatoriamente deve servirsi il Supremo Tribunale Camerale dell’Impero accanto alle ordinanze, gli statuti e le consuetudini dei Principati, delle Signorie e dei Tribunali che fino ad allora si erano osservati
la “Recezione” avviene accogliendo il DC accompagnato dalla interpretatio italiana della Glossa e della scuola del Commento
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XXIV. Ius proprium in Europa - Spagna
Fueros = raccolte di norme consuetudinarie che iniziano ad apparire nel sec. XI in varie città, usate soprattutto a livello giudiziario nella forma di raccolte brevi (“fueros breves”); nel sec. XII vengono integrate in raccolte più ampie (“fueros extensos”) che poi per oltre 2 secoli continuano ad essere arricchite e modificate e talvolta tradotte dal latino in lingua romanza sono raccolte selezionate per uso giudiziario predisposte da giudici per esigenze professionali
nelle città comprese entro le terre demaniali i Fueros ottengono spesso validità ufficiale mediante appositi riconoscimenti regi, nella forma di privilegi rilasciati alle città per il libero uso delle proprie consuetudini
nelle città comprese entro ambiti feudali i Fueros derivano il loro titolo di validità da un patto, detto “concordia”, stretto con il signore locale
si ricordano i “fueros extensos” di Madrid, Toledo, Avila e Cuenca per la Castiglia; di Jaca e Saragozza per l’Aragona; di Leon e Salamanca per le Asturie
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XXIV. Ius proprium in Europa - Spagna
in area catalana circolano invece raccolte di consuetudini (usanciae o consuetudines) i cui contenuti NON sono selezionati per uso forense:
– Consuetudines Ilerdenses di Lerida, assai diffuse tra i secc. XIII e XV
– Usatges di Tortosa
– Consuetudines gerundenses di Gerona
– due serie di consuetudini di Barcellona, confermate da appositi privilegi regi: gli Usatici Barchinoniae del 1251 e un’altra raccolta del 1284
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XXIV. Ius proprium in Europa - Spagna
sussiste anche una tradizione di diritto regio:
verso metà ’200 Ferdinando III, divenuto nel 1230 re di Leon e di Castiglia (area più vasta della penisola iberica, dall’Atlantico al Mediterraneo), fa predisporre una traduzione in castigliano della Lex Visigothorum del sec. VII, in 12 libri, nota come Forum iudicum = Fuero Juzgo vorrebbe essere un grande strumento di unificazione legislativa all’insegna della gloriosa tradizione comune che si richiama al periodo visigotico, ma in reltà gode di alterne fortune e viene recepito solo in alcune parti del paese come diritto cittadino (a Leon, a Murcia e nell’Andalusia)
sotto il suo successore, Alfonso X il Saggio, che muore nel 1284, si compiono tentativi indirizzati sia a incidere sull’ordinamento interno delle singole città, sia nella creazione di un diritto regio per l’intero regno di Castiglia e Leon:
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XXIV. Ius proprium in Europa - Spagna
nei confronti delle città viene promulgato nel 1252-55 un Fuero Real che cerca di uniformare e di ridurre a norme unitarie e comuni quelle contenute nelle principali raccolte cittadine, cercando di offrire alle città regie un diritto locale omogeneo il FR è concesso con privilegio regio ad alcune città demaniali come Burgos nel 1256, Madrid nel 1262 e Valladolid nel 1265, ma non trova una vasta e sicura applicazione come nei progetti del sovrano
nella creazione di un diritto regio, nel sec. XIII emerge un Libro de las Leyes pensato come legge generale per tutto il regno (promosso probabilmente da Alfonso X il Saggio), che si accresce nel corso del tempo sino a giungere a una redazione definitiva in 7 libri nota come Siete Partidas, ricca di molti brani tratti dal Corpus Iuris Civilis e da raccolte canoniche
è il massimo sforzo di unificazione normativa a livello di diritto regio
è opera di dottori a contenuto fortemente dottrinale e teorico, tanto da essere respinta dalla prassi castigliana che non poteva riconoscersi in essa e che riesce a ritardarne l’entrata in vigore per quasi un secolo