ANTIGONART | N. 1 | GENNAIO 2019
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AntigonArt ~ Gennaio 2019
In questo numero:
Storia dell’arte e arti grafiche
Perché parliamo di storia dell’arte? p. 2
Il puzzle – ops! – vaso François p. 3
Biblioteca e consigli di lettura
Perché parliamo di letteratura per bambini? p. 6
Il Piccolo Babbo Natale p. 7
Musei, mostre e didattica museale
Perché parliamo di didattica museale? p. 9
Lo scudo di Dante p. 10
Marina Abramović: The Cleaner p. 13
Musica
Perché parliamo di musica? p. 17
Il cammello e il dromedario p. 18
Teatro
Perché parliamo di teatro? p. 20
La mia vita è una tragedia p. 21
AntigonArt è la rivista dell’omonima associazione di promozione sociale. Per saperne di più potete
contattarci via email ([email protected]), telefonicamente (338.3888057) o venirci a trovare
sul nostro sito.
ANTIGONART | N. 1 | GENNAIO 2019 | ARTE E ARTI GRAFICHE
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Storia dell’arte e arti grafiche Antigone ci accompagna alla scoperta della storia dell’arte e delle arti grafiche
Perché parliamo di…
storia dell’arte? di Sara Migaleddu
Perché parlare alle bambine e ai bambini di storia dell’arte? Forse perché viviamo in un paese ricchissimo di storia e di opere
d’arte che vengono apprezzate e invidiate da tutti? Sì, ma non solo. Forse perché, visto che l’uomo ha da sempre sentito il bisogno di comunicare tramite l’arte, conoscerla ci permette di riscoprire
le nostre origini e la nostra storia? Mmmh, sì ovvio, ma c’è dell’altro. Perché il contatto con l’arte stimola la creatività e
allena il senso critico? Sì, anche per questo! Perché l’arte nelle sue forme più varie consente di socializzare e superare le
diversità? Sì, certo, anche per questo motivo! La verità è che far conoscere ai più piccoli la storia dell’arte è molto più di tutto ciò. Significa educarli alla meraviglia e all’emozione di fronte alle
opere e indirizzare la loro curiosità verso nuovi orizzonti, perché i bambini, molto più degli adulti, sanno interrogare senza paura
le opere d’arte e stabilirvi relazioni uniche. In questa rubrica miriamo a fare tutto ciò, ma anche qualcosa in più: vogliamo
dare ai più piccoli gli strumenti per osservare e conoscere le opere d’arte e diventarne in questo modo premurosi custodi. Siamo
certe che soltanto facendola entrare nella quotidianità dei bambini l’arte riuscirà a far parte anche del loro futuro.
ANTIGONART | N. 1 | GENNAIO 2019 | ARTE E ARTI GRAFICHE
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Il puzzle
– ops! –
vaso François
Ciao bambini,
oggi avevo un po’ nostalgia di casa, per questo sono stata al Museo
Archeologico Nazionale di Firenze, in particolare nella sezione dedicata
all’arte greca. Quante meraviglie provenienti dalla mia terra avrei trovato
e riammirato! Quanti vasi in ceramica dipinta! Ma uno su tutti è, per me,
un capolavoro: il Vaso François!
Ne ricordavo la forma… un cratere, cioè un grosso contenitore, dove
i greci più ricchi, durante le feste e i loro banchetti, mescolavano il vino
e l’acqua, da bere poi durante i loro lunghi, luuunghissimi pasti. Ricordavo
fosse alto 66 centimetri e che ne fosse largo ben 57… Enorme! Ricordavo
che tutto il complesso del vaso, con piede, ventre, spalla e collo, proprio
come un essere umano, era stato realizzato dal vasaio Ergótimo.
Lo ricordavo dipinto
da figure, tante figure (ben
270) nere su fondo rosso.
Per capirle meglio, le figure,
erano accompagnate da 121
iscrizioni esplicative (le didascalie). Ricordavo il nome del famoso pittore
ateniese che le aveva dipinte: Clizia!
Ricordavo che lo avevano realizzato nel 570 a.C. Poi era stato
venduto e, caricato su una nave, era approdato in Magna Grecia, cioè nel
sud dell’Italia. Poi da lì, attraverso altri scambi commerciali era passato
per Roma fino a giungere in Etruria, cioè quella che oggi viene chiamata
Toscana. E da lì se ne erano perse le tracce…
LO RICORDAVO DIPINTO DA FIGURE, TANTE FIGURE (BEN 270)
NERE SU FONDO ROSSO.
ANTIGONART | N. 1 | GENNAIO 2019 | ARTE E ARTI GRAFICHE
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Finché un giorno, nel
1844, un certo signore
chiamato Alessandro
François, commissario di
Guerra e di Marina del
Granduca di Toscana
Leopoldo II, lo aveva ritrovato vicino a Chiusi in un tumulo di terra, rotto
in tanti pezzi. Restaurato, incollando cioè i vari pezzi trovati e integrando
con terracotta quelli mancanti, era così entrato nelle collezioni granducali
e poi nel Museo Archeologico Nazionale di Firenze.
Allora sono entrata al Museo e mi sono diretta subito al secondo
piano, ma trovarlo in tutte quelle sale, in mezzo a tutti gli altri vasi… da
che parte iniziare?
Forse tra gli altri crateri? Uhm… no, nessuna traccia del “Re dei
Vasi”!
Allora perché non provare a intravedere tra i tanti altri vasi, le scene
e le figure che ricoprono tutta la sua superficie? La danza dei giovani
ateniesi salvati da Teseo, la centauromachia, la caccia al cinghiale
Calidonio, la corsa dei carri tenuta durante i giochi funebri in onore di
Patroclo, caro amico di Achille, l’agguato di Achille a Troilo durante la
guerra di Troia, il ritorno del dio Efesto sull’Olimpo in sella a un mulo,
le lotte tra creature fantastiche come Grifi, Sfingi, Pigmei e Gru, e il
corteo degli dei alle nozze di Peleo e Teti, il babbo e la mamma del grande
Achille.
Forse tutte queste
parole difficili e nomi
sconosciuti a voi non
dicono proprio niente, anzi,
vi avranno confuso
incredibilmente le idee,
perdonatemi! Sono la mia
storia, la mia cultura: non
posso fare a meno di parlarne, ma adesso torniamo a noi.
VENNE RESTAURATO, INCOLLANDO CIOÈ I VARI PEZZI TROVATI E
INTEGRANDO CON TERRACOTTA QUELLI MANCANTI.
LA DANZA DEI GIOVANI ATENIESI SALVATI DA TESEO, LA
CENTAUROMACHIA, LA CACCIA AL CINGHIALE CALIDONIO, LA CORSA
DEI CARRI TENUTA DURANTE I GIOCHI FUNEBRI IN ONORE DI
PATROCLO, L’AGGUATO DI ACHILLE A TROILO…
ANTIGONART | N. 1 | GENNAIO 2019 | ARTE E ARTI GRAFICHE
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Cercavo e cercavo tra le sale del Museo, quando… per tutti gli dei
dell’Olimpo! Eccolo lì! Ma cosa gli era successo? Mi sono avvicinata, l’ho
osservato attentamente: non credevo ai miei occhi. Poi lì vicino ho visto un
vecchio sgabello, una seggiolina, con accanto la spiegazione a tutto.
Oh scusate, non riesco a raccontarlo, che tragedia: lascio a voi il
(dis)piacere della scoperta... e buona visita!
Bibliografia e sitografia
Moreno Paolo, Un’immagine del mondo in Archeo. Attualità del passato, mensile, anno XXIV, numero 2 (276), DeAgostini Periodici, febbraio 2008, pp. 100-104.
Sito internet del Museo Archeologico Nazionale di Firenze.
Faccia A (Fonte) Faccia B (Fonte)
Domenica 20 gennaio, alle ore 15:30, AntigonArt sarà al Museo Archeologico Nazionale di Firenze per una visita didattica dedicata proprio al vaso François: Puzzle François. Per
saperne di più, venite a trovarci sul nostro sito!
ANTIGONART | N. 1 | GENNAIO 2019 | BIBLIOTECA E CONSIGLI DI LETTURA
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Biblioteca e consigli di lettura Storie, libri e avventure illustrate lette e recensite per voi dalla nostra Antigone
Perché parliamo di…
letteratura per bambini? di Serena Stagi
La letteratura per bambini e ragazzi è il settore più vivo e florido dell’editoria, ma la passione per i libri che impariamo a coltivare da piccoli non ci accompagna fino all’età adulta e, ahimè, l’Italia resta uno dei paesi europei in cui si legge meno. Eppure leggere, e
soprattutto iniziare a farlo fin dalla più tenera età, è il vizio migliore che ci sia. Perché i libri, quelli buoni, aiutano a
sviluppare le facoltà mentali, a riflettere ed esercitare il proprio senso critico, ci accompagnano per mano fino a metà strada, lasciandoci la possibilità di arrivare fino in fondo contando soltanto sulle nostre forze. I libri educano all’empatia, alle
emozioni, alla sensibilità: sono una vera e propria palestra per l’intelligenza emotiva dei più piccoli (e dei più grandi, se riescono
a non perdere il vizio). E leggere non è soltanto una saggia decisione! Leggere significa avvicinare lo sguardo e il cuore a un caleidoscopio di storie, colori, prospettive, voci ed emozioni che ci
aiutano a vedere il mondo al di là delle apparenze. Leggere può e deve essere divertente, rilassante, stimolare la fantasia,
l’immaginazione, moltiplicare le possibilità del reale e portarci là dove da soli, forse, non giungeremmo mai. Là dove non
dovremmo mai disimparare a tornare.
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Il Piccolo Babbo Natale
di Anu Stohner e Henrike Wilson (trad.
Floriana Pagano)
Emme Edizioni, 2015
Cari bambini, genitori, nonni e zii,
qualche giorno fa, insieme alle ragazze di
AntigonArt e i bambini della scuola
dell’Infanzia e Primaria di Londa, abbiamo
letto un libro. Non un libro qualsiasi, un libro
di Natale! La storia che racconta mi ha fatto
pensare che essere piccoli, alle volte, può sembrare un problema. Per
esempio, non si possono fare le cose che fanno i grandi. E proprio loro, i
grandi, spesso non danno ai piccoli neanche la possibilità di provare,
perché non li ritengono all’altezza del compito da svolgere. Che rabbia,
vero? Qualche volta è capitato anche a voi di sentirvi così, troppo piccoli
in un mondo fatto di persone troooppo grandi? Allora vi consiglio di
leggere la storia del Piccolo Babbo Natale.
Il Piccolo Babbo
Natale vive insieme agli
altri Babbi Natale, ma è
diverso da loro: è così
piccolo di statura che, col
cappello in testa, arriva a
malapena all’altezza delle
ginocchia del grande Babbo Natale, il capo di tutti i Babbi Natale.
Nonostante questo, si dà un gran da fare nel preparare bellissimi giochi e
deliziosi dolcetti per i bambini! Vorrebbe tanto volare sulla sua piccola
slitta e consegnare tutti quei doni che prepara, ma ogni anno è sempre la
stessa storia: il grande Babbo Natale non gli permette di volare in cielo
con gli altri Babbi Natale.
QUALCHE VOLTA È CAPITATO ANCHE A VOI DI SENTIRVI COSÌ, TROPPO PICCOLI IN UN MONDO FATTO DI PERSONE TROOOPPO
GRANDI?
ANTIGONART | N. 1 | GENNAIO 2019 | BIBLIOTECA E CONSIGLI DI LETTURA
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Il motivo? È troppo piccolo, la sua slitta è minuscola e i bambini
riderebbero di lui. Povero Piccolo Babbo Natale, anche quest’anno
rimarrà solo, triste e sconsolato nel profondo Nord, mentre gli altri
viaggeranno in giro per il mondo. Ma delle voci di protesta si levano dal
bosco. Che fortuna stavolta essere piccoli! Il Piccolo Babbo Natale, senza
essere visto, può ascoltare cosa dicono gli animali del bosco, riuniti per
discutere di una faccenda molto importante. Di cosa discuteranno mai?
Una storia dolcissima che vi farà sognare, grazie anche alle
magnifiche illustrazioni di Henrike Wilson che l’accompagnano, e
credere sempre che, nonostante le difficoltà e gli ostacoli, se è il cuore a
guidarci, possiamo esaudire tutti i nostri desideri!
E, mi raccomando, non perdetevi le altre avventure del nostro
Piccolo Babbo Natale: Il Piccolo Babbo Natale diventa grande e Il grande
viaggio del Piccolo Babbo Natale.
Buona lettura,
ANTIGONART | N. 1 | GENNAIO 2019 | MOSTRE, MUSEI E DIDATTICA MUSEALE
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Mostre, musei e didattica museale Tantissime mostre e musei tutti da scoprire in compagnia di Antigone
Perché parliamo di…
didattica museale? di Giovanna Grasso
Girare per musei pieni di quadri, sculture, oggetti a prima vista incomprensibili può sembrare incredibilmente noioso e disorientante. Mal di testa e stanchezza sono i tipici sintomi del visitatore inconsapevole. Ma con un
poco di zucchero anche la medicina più amara può diventare gradevole, persino divertente! Infatti, ci sono diversi modi per visitare un museo e non è
affatto noioso entrarvi, anzi, si possono scoprire cose e vivere avventure meravigliose. Basta pronunciare una parolina “magica”, anzi due: didattica
museale! Significa imparare le cose attraverso l’esperienza, mettendo in relazione le opere che sono esposte nel museo con il visitatore. In questo modo si possono educare i piccoli visitatori, e non solo, alla creatività, privilegiando il fare come momento di conoscenza. Quando vi trovate in un museo davanti ad
un’opera d’arte, provate a usare anche voi questi due semplici trucchetti:
1. Osservare: significa guardare nei minimi dettagli un’opera, come con una grande lente d’ingrandimento, e provare ad indovinare la tecnica che l’artista
ha utilizzato. Vi accorgerete che ci sono tantissimi modi per dipingere un quadro o realizzare una scultura (tempera, olio, inchiostro, affresco, marmo,
bronzo, ecc.) e che si possono utilizzare strumenti sempre diversi (pennelli, mani, scalpelli, pezzi di stoffa, sacchi, martelli, ecc);
2. Domandarsi: scatena la tua fantasia e prova a chiederti perché l’artista ha deciso di rappresentare quel soggetto e cosa vuole comunicare. L’opera d’arte
non ha un messaggio segreto nascosto che solo pochissime persone possono capire; al posto delle parole usa i colori, la luce e le forme per “parlare” con noi.
Se seguirete questi stratagemmi, sarete sulla buona strada per diventare dei perfetti “osservatori” di opere d’arte. Allenate quindi le vostre pupille e buona
osservazione a tutti!
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Lo scudo di Dante
C’era una volta, in un’epoca lontana, un pezzo di legno. Un piccolo
cavaliere che andava a far la guerra lo vide per terra, abbandonato per
strada come se si fosse staccato da un carretto, e lo prese con sé con l’idea
di farci una seggiola. Quando si trovò in mezzo alla battaglia, nel
tentativo di difendersi da un colpo di spada, prese di scatto il pezzo di
legno e con quello si parò, salvandosi la vita. Allora capì che quel pezzo
di legno non era destinato a diventare una seggiola, ma qualcosa di molto
più utile: sarebbe diventato il suo scudo.
Tornato dalla guerra lo portò a casa, lo fece levigare e intagliare per
bene, ci fece dipingere sopra un bellissimo leone rosso con lo sfondo color
dell’oro e decise che sarebbe stato il suo miglior amico. Da allora in poi
tutti i cavalieri portarono con sé il fedele scudo e, per distinguerlo da
quello degli altri (vi immaginate la confusione?), ci dipinsero sopra lo
stemma della propria famiglia: un insieme di simboli, colori e forme che
ogni nobile famiglia dell’epoca sceglieva per rappresentarsi.
Ma perché vi ho raccontato questa storia?
Perché un giorno, passando
per le vie del centro storico
di Firenze, ho notato un bel
palazzo medievale dalla cui
porta vetrata si
intravedevano degli scudi
di legno: era il Museo Casa
di Dante. Allora ho deciso
di entrarci e scoprire il
perché di tutti quegli scudi
nella casa-museo del Il Museo Casa di Dante a Firenze (Foto dal sito).
ANTIGONART | N. 1 | GENNAIO 2019 | MOSTRE, MUSEI E DIDATTICA MUSEALE
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Sommo Poeta. Salendo al primo piano sono subito incappata nella strana
figura qua sotto.
Buffo, eh? Beh, questo è Dante,
famoso per essere stato un grande
scrittore. Ma lo vedete lo scudo sopra la
sua testa? È lo scudo della sua famiglia, gli
Alighieri. Ancor più curiosa di capire
qualcosa in questa storia degli scudi, mi
sono addentrata nella sala successiva del
museo e… eccoli lì, tanti tantissimi piccoli
scudi!
Li vedete nella foto in fondo alla
pagina? Ogni soldato ha il suo scudo, la sua
bandiera. Anche i cavalli hanno i loro
drappi con gli stessi stemmi dei loro
cavalieri. Ma cosa vuole rappresentare
questo modellino? Bella domanda! Si tratta di un episodio della gioventù
di Dante, prima che diventasse poeta, cioè la Battaglia di Campaldino. Sì,
proprio così, Dante fu anche soldato! Lo riconoscete? In quale
schieramento si troverà il nostro Dante? A destra, con i Guelfi, che
riconosciamo grazie ai loro scudi col giglio rosso su sfondo bianco? O tra
i Ghibellini e le loro possenti aquile imperiali? Aguzzate bene la vista
oppure fate come me, andate al Museo e osservate bene i cavalieri!
Dante e il suo scudo al Museo (foto di
Caterina Zaru).
Il modellino della Battaglia di Campaldino (dal sito del Museo Casa Dante).
ANTIGONART | N. 1 | GENNAIO 2019 | MOSTRE, MUSEI E DIDATTICA MUSEALE
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Quando sarete lì, tenete gli occhi ben aperti, perché di scudi,
credetemi, ne troverete moltissimi, pieni di colori scintillanti e simboli
bellissimi: quello dei Portinari, la famiglia di Beatrice, la donna tanto
amata da Dante; dei Della Scala; dei Cerchi e tanti altri ancora! Ma,
soprattutto, fate attenzione allo scudo degli Alighieri, perché ogni tanto
cambia colore!
Vorreste scoprire perché? E allora, andate a vedere con i vostri occhi
e, se vi va, potrete partecipare a una delle attività per famiglie organizzate
dal Museo, tutte all’insegna dell’arte e del divertimento!
Vi aspettiamo,
Le creazione degli scudi durante il laboratorio
Facciamo scudo! al Museo Casa di Dante. Le creazione degli scudi durante il laboratorio
Facciamo scudo! al Museo Casa di Dante.
Domenica 13 gennaio, alle ore 15:30, AntigonArt sarà al Museo Casa di Dante per il laboratorio per famiglie Facciamo scudo! Per saperne di più, venite a trovarci sul
nostro sito!
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Marina Abramović
The Cleaner
Sono sicura che saprete meglio di me quante cose bellissime e
interessanti ci sono da vedere in giro per Firenze! Ormai sono abituata a
vedere forme d’arte anche molto diverse da quelle dell’antica Grecia, ma
non avevo mai visto niente di simile alla mostra di Marina Abramović in
cui sono incappata durante una delle mie numerose incursioni in città!
Marina Abramović è
un’artista contemporanea
attiva dagli anni Sessanta del
Novecento. Anzi no, non è
un’artista, è una performer. Sì
perché non è detto che per
essere artisti si debba saper
dipingere o scolpire, anche il
proprio corpo può diventare
un’opera d’arte. Proprio su
questo è incentrata la
performance d’arte, ovvero uno
spettacolo in versione ridotta,
che molto spesso utilizza il
pubblico non solo come
spettatore, ma rendendolo attivamente partecipe. La performance può
essere spontanea o pianificata precedentemente. Gli strumenti di base
sono il performer (l’artista stesso o un attore che ne assume il ruolo), lo
spazio e il tempo. Non vi sono limiti fisici, di durata o di contenuto: lo
scopo che ci si pone è l’eliminazione dei limiti mentali.
Marina si basa proprio su questa nuova visione dell’arte: diventa lei
stessa l’opera, l’artista, la promotrice, l’ideatrice; la mente e il braccio.
Marina in una foto condivisa sul suo account Instagram
ufficiale (@abramovicinstitute).
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Marina è nata a Belgrado, l’attuale capitale della Serbia, nel 1946 da
genitori partigiani nella Seconda guerra mondiale e fortemente attivi a
livello militare. Il periodo storico in cui è cresciuta non era affatto
semplice, né politicamente né tanto meno per lo sviluppo dei suoi studi
artistici.
Ha comunque studiato all’Accademia delle Belle Arti di Belgrado
per poi trasferirsi ad Amsterdam, dove iniziò la collaborazione e la
relazione sentimentale con Ulay, fotografo e artista. Entrambi dediti
all’arte della performance, hanno ideato molte opere insieme, soprattutto
sul tema dell’amore, della fiducia e del legame che nasce dietro a un forte
sentimento.
A settembre, a Firenze, e
precisamente a Palazzo Strozzi, è
stata allestita una mostra
interamente dedicata a Marina e
alla sua arte: Marina Abramović –
The Cleaner, che parte dalle sue
origini, quando si esibiva in
solitaria, passando per le opere
concepite insieme a Ulay e finendo con le ultime performance.
Tutte le sale della mostra ospitano performance, riprodotte da artisti
preparati, video e foto e sono accompagnate da un sottofondo sonoro che
spazia da musiche balcaniche, rumori derivanti dalle performance
originali, discorsi da lei stessa pronunciati.
Proprio come me, Marina mantiene sempre molto forte il legame
con la propria terra, tradizione e storia, raccontandola direttamente e non.
Per uno spettatore poco informato sulla sua filosofia è difficile
comprendere la sua arte, soprattutto perché Marina stessa tende a
trasmettere messaggi molto sottintesi, cioè non espliciti, quasi nascosti.
Alcune performance hanno sfondi violenti, molto spesso per denunciare
gli abusi della società, in molti altri si accentua l’aspetto della nudità, per
evidenziare la sensazione di imbarazzo nello spettatore – vestito, si
suppone – piuttosto che nel performer nudo.
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La mostra a Palazzo Strozzi si apre con una delle prime opere
prodotte insieme a Ulay, Imponderabilia, dove due persone nude fanno da
colonne portanti all’ingresso. Da lì il percorso si sviluppa intorno alla
storia d’amore e lavorativa di Marina e Ulay, un rapporto molto
particolare, molto forte, dove la complicità li rendeva una cosa sola. La
fine della loro storia non poteva essere banale: avevano deciso, otto anni
prima, di sposarsi sulla Muraglia Cinese. Il tempo aveva però logorato il
loro amore. Nel 1988 programmarono il viaggio: lei sarebbe partita da
Oriente e lui da Occidente per percorrere la muraglia e incontrarsi a metà
strada dopo circa 90 giorni. L’intenzione finale, però, divenne quella di
separarsi dopo 12 anni di relazione, facendo diventare anche
quest’esperienza un’opera, intitolata Great Wall Walk.
Conclusa l’area dedicata alla sua vita con Ulay, il percorso è
caratterizzato dalla presenza di pietre chiamate oggetti transitori: Marina
ha sentito, camminando, che ogni pietra della terra rilascia un’energia
diversa. Ne è nata così un’opera chiamata Black Dragon: appese al muro
bianco vi sono diverse
pietre a varie altezze, lo
spettatore può appoggiarsi
in piedi affinché ogni pietra
combaci con una parte del
corpo (fronte, petto, pancia,
ginocchia) per sentirne
l’energia.
Il percorso della mostra si conclude forse con l’opera più famosa di
Marina: The Artist is Present. Sulla parete viene proiettato il video della
performance fatta nel 2010 a New York che la ritrae seduta al capo di un
tavolo, mentre l’altro resta libero, per poter ospitare a rotazione ogni
spettatore interessato a provare la performance. Davanti alla proiezione
ci sono il tavolo e le due sedie, per dare la concreta possibilità al pubblico
di poter ricreare la situazione e rivivere sensazioni simili, guardandosi
profondamente negli occhi.
DAVANTI ALLA PROIEZIONE CI SONO IL TAVOLO E LE DUE SEDIE,
PER DARE LA CONCRETA POSSIBILITÀ AL PUBBLICO DI
POTER RICREARE LA SITUAZIONE E RIVIVERE SENSAZIONI SIMILI.
ANTIGONART | N. 1 | GENNAIO 2019 | MOSTRE, MUSEI E DIDATTICA MUSEALE
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La parte più interessante della mostra, a mio parere, è senza dubbio
questa, rendere partecipe fisicamente chi visita le sale, potendo provare
alcune performance. Ad
esempio è possibile fare
un’attività che ha come
scopo quello di liberare la
mente: seduti a un tavolo
con cuffie insonorizzate, si
contano chicchi di riso
bianchi e semi di sesamo
neri, dividendoli gli uni dagli altri, cercando di eliminare qualsiasi altro
pensiero che non riguardi il contare.
Purtroppo non tutte le sale sono aperte ai più piccoli, ma l’area di
didattica di Palazzo Strozzi ha organizzato percorsi e laboratori per
scuole e famiglie dando così la possibilità a grandi e piccini di conoscere
questa incredibile artista, in maniera anche più divertente, giocando con
oggetti e sensazioni derivanti dalle opere.
C’è tempo fino al 20 gennaio per visitarla. Io non posso far altro che
consigliarvi di farlo!
Buona visita,
LA PARTE PIÙ INTERESSANTE DELLA MOSTRA, A MIO PARERE, È
RENDERE PARTECIPE FISICAMENTE CHI VISITA LE
SALE, POTENDO PROVARE ALCUNE PERFORMANCE.
ANTIGONART | N. 1 | GENNAIO 2019 | MUSICA
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A ritmo di musica con Antigone La nostra Antigone condivide con noi i suoi consigli su canzoni e artisti musicali
Perché parliamo di…
musica? di Antonella Longhitano
Perché parlare alle bambine e ai bambini di musica? Semplice: tutti la amano! Sfidiamo qualcuno a dire il
contrario… Bastano un battito di mani, uno schiocco di dita, e il corpo non riesce a trattenersi: non può fare altro che muoversi, scatenarsi, liberarsi al ritmo della melodia!
Oppure basta un semplice accordo di note ed ecco che la nostra mente si rilassa, la rabbia si dissolve pian pianino e il
cuore batte più lentamente fino a… dormire beatamente! Questa è la magia della musica, ma se poi si aggiungono le
parole ascoltare non basta più: dobbiamo cantare e liberare il nostro talento vocale!
E poi la musica è il linguaggio universale per eccellenza, unisce, aggrega, fa bene al cervello e al cuore.
Grazie alle canzoni i bambini (e anche gli adulti) imparano storie, vivono emozioni, si sentono più felici. È proprio così!
La musica ci rende più felici ed è per questo che ci piacerebbe condividere con voi lettori questa felicità.
Ogni mese vi consiglieremo alcune canzoni da ascoltare, vi parleremo di grandi artisti musicali e condivideremo con voi
curiosità dello straordinario mondo delle sette note.
ANTIGONART | N. 1 | GENNAIO 2019 | MUSICA
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Il cammello e il dromedario
Oggi vi consiglio di ascoltare questa canzone nella bellissima
versione di Petra Magoni e Ferruccio Spinetti. Si intitola Il cammello e il
dromedario, una piccola storia dal grande insegnamento: prima di tutto
bisogna rispettare se stessi.
IL CAMMELLO E IL DROMEDARIO
(ASCOLTALA)
In un deserto un giorno s’incontrarono,
Senza volerlo per caso si guardarono,
Un dromedario ricco, e un cammello povero.
Si salutarono, si oltrepassarono,
Poi si fermarono, ci ripensarono,
E ritornarono, si riguardarono, e il dromedario disse così:
Be’, perché, tu ci hai due gobbe e io ne ho solo una perché?
Mi guardi imbambolato dalla duna perché,
Continui a masticare e non rispondi, dammene una,
Se me la vendi una fortuna ti darò!
E il cammello essendo bisognevole,
Per un momento si dimostrò arrendevole,
ANTIGONART | N. 1 | GENNAIO 2019 | MUSICA
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Poi si guardò le gobbe, con occhio lacrimevole.
E allor ci ripensò, e se le riguardò,
La testa dondolò, e poi la sollevò, lo sguardo corrucciò,
E il petto si gonfiò, e al dromedario disse così:
Sai che c’è, io resto con due gobbe e tu con una perché,
Non me ne importa della tua fortuna perché,
Son povero ma bello e nerboruto,
E dalla duna io ti saluto e con due gobbe me ne vò!
La, la, la… Così si riconferma che il cammello è bigobbuto,
E il dromedario monogobba resterà!
Buon ascolto,
ANTIGONART | N. 1 | GENNAIO 2019 | TEATRO
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Su il sipario! Tutti a teatro Opere, spettacoli e giochi teatrali per bambini e ragazzi di tutte le età
Perché parliamo di… teatro? di Talitha Medici
Perché il teatro? E perché il teatro per bambini? Col teatro si imparano la dizione per pronunciare correttamente le parole, come rappresentare le emozioni dei personaggi di una storia,
come costruire e interpretare un personaggio. Il teatro è un’attività ludico-didattica perché attraverso il gioco si può
accrescere la propria autostima, si impara a relazionarsi con i compagni senza perdere la propria individualità, ci si può
sentire parte di un gruppo.
È tutto vero ma il teatro va oltre. Il teatro non deve sfornare macchinette automatiche belle da vedere e da ascoltare. Deve essere il luogo dove poter combinare e sperimentare le infinite
possibilità della creatività e avere come collante la relazione tra esseri umani/personaggi. Esseri umani un po’ strambi poiché
possono trasformarsi in oggetti, animali, personaggi noti, personaggi fantastici. Tutto questo grazie all’utilizzo della
preziosa macchina che abbiamo a disposizione: il nostro corpo!
Partiamo dal nostro corpo per conoscerlo meglio, studiarlo nelle sue molteplici possibilità di movimento, per costruire le scene, i
personaggi, le storie, per diventare una coreografia di emozioni in movimento.
Non siete curiosi di scoprire com’è possibile realizzare tutto questo?
Preparatevi a un’esplosione di creatività!
ANTIGONART | N. 1 | GENNAIO 2019 | TEATRO
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La mia vita è una tragedia!
Ciao ragazzi! Oggi mi sono svegliata facendo una riflessione: se
tutti nel mondo conoscono la mia storia (quella
che vi ho raccontato nel primissimo numero di
questa rivista) lo devo a Sofocle… Come chi?
Sofocle, il grande tragediografo dell’antica
Grecia!
Vi ho già detto che sono un’amante del
teatro ma forse ho scordato di dirvi che da
secoli la mia storia viene rappresentata nei
teatri di tutto il mondo proprio grazie a lui, che
mi ha scelta come protagonista di una tragedia
(un copione teatrale) dal titolo Antigone per
l’appunto.
Sapete cos’è una tragedia?
La tragedia nasce nell’antica Grecia,
proprio dove sono nata io.
Da sempre gli antichi Greci hanno pregato gli dei per ingraziarseli
e, tra questi, c’era anche il dio Dioniso.
Dioniso era il dio che aveva diffuso tra gli uomini l’agricoltura e in
particolare la coltivazione
della vite (motivo per cui
viene riconosciuto come il
dio del vino); era portatore
di gioia e piacere ma anche
di disordini poiché, durante le feste in suo onore, i partecipanti si
abbandonavano a chiassose danze ritmate da flauti e tamburelli…
Insomma si scatenavano così tanto da sembrare un po’ matti!
LA TRAGEDIA NASCE NELL’ANTICA GRECIA, PROPRIO DOVE SONO NATA
IO.
Una delle tante edizioni della mia
storia raccontata da Sofocle.
ANTIGONART | N. 1 | GENNAIO 2019 | TEATRO
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A un certo punto, da questi riti scatenati e dalle preghiere
pronunciate, prese forma una particolare forma di teatro, la tragedia. Con
il passare del tempo, alcuni scrittori si affermarono come tragediografi
(ovvero autori di tragedie) e, traendo ispirazione dagli antichi racconti
della cultura greca o da fatti reali, scrissero dei lunghi copioni pieni di
battute. In queste storie venivano affrontati temi come l’amore, l’odio, la
pace e la guerra dove, quasi sempre, il protagonista non rispettava un
divieto e questo causava la rovina per tutti i personaggi della storia
(proprio come è successo a me!).
Ma come venivano recitate queste storie?
Gli attori erano tutti i
maschi (alle donne, per
quanto sembri assurdo, era
vietato!) e interpretavano
tutti i ruoli. Recitavano in
teatri enormi che potevano
ospitare fino a 15.000 spettatori e, per apparire più maestosi, indossavano
delle calzature altissime. Inoltre usavano delle maschere dal grande
impatto scenico che li aiutavano ad amplificare la voce. Oltre agli attori
c’era un gruppo di danzatori che formavano il Coro e recitavano e si
muovevano tutti all’unisono. Che meraviglia!
Quando venivano rappresentate le tragedie?
Le rappresentazioni venivano fatte in occasione di feste religiose. Le
più importanti erano quelle a inizio primavera, dedicate al dio Dioniso e
si chiamavano Feste Dionisie. C’erano tre tragediografi che
partecipavano a una vera e propria gara e, dopo quattro giorni di
spettacoli, veniva decretato il vincitore! Erano dei giorni intensissimi: gli
spettacoli iniziavano di mattina presto e si concludevano al tramonto! Ho
sempre un po’ invidiato gli attori: chissà quanta emozione avranno
provato nel recitare davanti a un pubblico di 15.000 spettatori!
GLI ATTORI ERANO TUTTI I MASCHI (ALLE DONNE, PER QUANTO
SEMBRI ASSURDO, ERA VIETATO!) E INTERPRETAVANO TUTTI I RUOLI.
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Nell’antica Grecia
andare a teatro era un diritto e
un dovere…
…e sapete perché?
Perché andare a teatro era un po’ come andare a scuola di vita. Gli
spettatori, assistendo alle sciagure dei personaggi, potevano trarne
insegnamento per non commettere nella loro quotidianità gli stessi errori.
Immaginate che lo Stato ci teneva talmente tanto da finanziare gli
spettacoli e la
partecipazione era gratuita!
Oggi purtroppo non è più
così.
Io penso che anche
oggi tutti dovrebbero andare
a teatro, ricchi e poveri.
Dovrebbe essere il luogo
dove non solo si assiste agli spettacoli ma si creano amicizie, si scambiano
opinioni, ci si impara a conoscere. Dovrebbe essere un po’ come stare in
una casa accogliente, ma solo un po’ più grande!
Si dice sempre che bisogna andare avanti ed evolversi, e spesso è
anche giusto, però che ne dite se facessimo un passo indietro e il teatro
tornasse a essere un po’ più antico?
ANDARE A TEATRO ERA UN PO’ COME ANDARE A SCUOLA DI VITA.
IO PENSO CHE ANCHE OGGI TUTTI DOVREBBERO ANDARE A TEATRO,
RICCHI E POVERI. DOVREBBE ESSERE UN PO’ COME STARE IN UNA
CASA ACCOGLIENTE, MA SOLO UN PO’ PIÙ GRANDE!
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AntigonArt ~ Gennaio 2019
Credits:
Perché parliamo di storia dell’arte? di Sara Migaleddu
Il puzzle – ops! – vaso François di Caterina Zaru
Perché parliamo di letteratura per bambini? di Serena Stagi
Il Piccolo Babbo Natale di Caterina Zaru
Perché parliamo di didattica museale? di Giovanna Grasso
Lo scudo di Dante di Antonella Longhitano e Caterina Zaru
Marina Abramović: The Cleaner di Vittoria Pacini
Perché parliamo di musica? di Antonella Longhitano
Il cammello e il dromedario di Antonella Longhitano
Perché parliamo di teatro? di Talitha Medici
La mia vita è una tragedia! di Antonella Longhitano
Disegni di Veronica Grassi
Grafica e impaginazione di Serena Stagi
Font: Dalek Pinpoint, Olympus
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AntigonArt è la rivista dell’omonima associazione di promozione sociale. Per saperne di più potete
contattarci via email ([email protected]), telefonicamente (338.3888057) o venirci a trovare sul
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