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56º Congresso nazionale AIB. Accesso aperto alla conoscenza. Accesso libero alla biblioteca. Firenze, Palazzo dei Congressi 3–5 novembre 2010. http://www.aib.it/aib/congr/c56/prog.htm3
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2. Una cosa che lavorando a banco mi chiedo sempre cosa stanno facendo in realt le persone in biblioteca?. Passate a banco del tempo e vedrete che le risposte preconfezionate che ci diamo di solito sono imprecise (soddisfazione di bisogni informativi, eccetera). Io direi che le persone vengono fisicamente in biblioteca per dare un significato al loro tempo libero. Vogliono essere esposte a delle sollecitazioni (la prima naturalmente quella che viene dal fatto di vedere le altre persone, poi vengono i documenti). Dovremmo allora focalizzarci su questa implicita domanda di senso (senso dello stare, del passare del tempo) tanto quanto ci occupiamo della qualit delle collezioni. Forse anche di pi. Perch in futuro non saremo pi i monopolisti dell'informazione. Non ci sar mai pi un momento come quello in cui in libreria non si trovava altro che l'ultimo bestseller, e tutta la ricchezza della produzione a stampa stava nelle nostre mani. E' un monopolio che abbiamo definitivamente perso. Ma forse nel rispondere a questa domanda di senso del luogo fisico, troveremo una strada per svolgere la nostra funzione reale e occuparci della formazione degli adulti. Ma le biblioteche resteranno un luogo fisico importante anche perch sono (dovrebbero essere) il luogo in cui si pu parlare con una persona, in cui esiste un banco informazioni che non limita (non dovrebbe limitare) n le tipologie di domande n le tipologie di approccio. E in un'epoca di call center standardizzati questo praticamente un caso unico di servizio rivolto davvero a tutti. Il sevizio di reference. La verit che, spesso, quello che si fa a banco non veramente reference. Spesso si tratta per la met del tempo di rimediare agli errori di un software malconcepito e malfunzionante. Poi si rimedia alla mancanza di competenze informatiche di base. Poi si fa del reference, inteso in senso proprio. Ma il punto che il reference non davvero concepibile in senso proprio, potremmo discutere all'infinito su cosa sia reference e cosa no (in Italia generalmente comunque non lo facciamo, non ci interessa molto), ma il punto centrale della questione che ci sar sempre bisogno di un intermediario umano nella distribuzione delle informazioni perch gli umani funzionano cos. Vogliono essere rassicurati di aver capito bene. Non hanno mai tutti lo stesso livello di accesso alle informazioni di base. Se glielo dice un cartello non davvero vero. Oppure, andando pi a fondo, l'esigenza di ognuno davvero sempre diversa da quella degli altri e non c' standardizzazione possibile (es. del risponditore automatico nei servizi telefonici: fra i servizi elencati non c' mai esattamente quello che vorremmo, oppure non definito come ce lo saremmo aspettati). E poi c' il reference digitale. Abbiamo tardato a mettere in piedi servizi di questo tipo ma poi ci siamo riusciti. Non siamo per riusciti neppure alla lontana a creare delle reti di cooperazione ampie. Molti paesi gestiscono questo servizi a livello nazionale. Da noi presentiamo ancora come sperimentale un servizio come la chat, che vecchio di anni. Non dovremmo stupirci se i nostri servizi si mantengono stabili ma non crescono. Significa che non c' una domanda forte di reference digitale? Significa che in rete svanisce il bisogno dell'intermediario umano? Ovviamente no. Social network e servizi di Question & Answer come Yahoo!Answer dimostrano esattamente il contrario: la domanda di reference enorme, potremmo anzi dire che stata liberata dal digitale, siamo semplicemente noi che la manchiamo. Non siamo nel posto giusto per coglierla. Lasciamo che a rispondere sia la folla, ma una folla nella quale paradossalmente manchiamo proprio noi. Essere un luogo digitale significa puntare sui servizi online non solo aumentandoli quantitativamente, o creando appunto reti di cooperazione pi ampie, ma in primo luogo accettando il principio che o si sta in rete insieme agli utenti e rispettando le regole della rete, o tanto vale non starci affatto. Il digitale rende finalmente realizzabile il vecchio slogan dello stare dove si trovano gli utenti, ma gli strumenti della rete vanno conosciuti e abitati. Virginia Gentilini [email protected] http://nonbibliofili.splinder.com/ 3. Il servizio nazionale inglese di reference digitale ha un proprio account ufficiale su Yahoo! Answers che costituisce probabilmente, oltre che un punto da cui erogare un servizio allargato, anche un mezzo fenomenale di promozione del sistema bibliotecario nella sua interezza. Ma abitare la rete significa anche sapere quale linguaggio si usa su Facebook, accettare il rischio dell'incontro reale con gli utenti (non siamo pi chiusi e protetti dentro i nostri siti istituzionali) e utilizzare creativamente tutti gli strumenti disponibili, anche modificando in parte la natura del nostro lavoro. Cosa intendo con questo? Prendiamo come esempio Wikipedia: Wikipedia disponibile a tutti in Italia, anche nel pi sperduto paese della Calabria (digital divide permettendo). Perch allora non ci mettiamo a scrivere voci su Wikipedia? Con tutte le risorse di reference che abbiamo, non siamo i candidati ideali per questo lavoro? Significherebbe mettere davvero a disposizione di tutti una risorsa potente, davvero allargare le basi sociali della lettura (come direbbe Solimine) e della conoscenza. Si tratta solo di un esempio ma pu essere utile ad indicare una direzione: il fulcro del lavoro della biblioteca pubblica non pu pi essere n concentrarsi sui libri di carta, n sui lettori forti (che lo sarebbero anche senza di noi), ma su quelli che non sono lettori. O meglio ancora, spostando l'attenzione dalla parola lettore che oggi meno significativa di un tempo, sulla fetta enorme di italiani che hanno diete mediatiche povere. Virginia Gentilini [email protected] http://nonbibliofili.splinder.com/