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Boris Kustodiev, Bol’ ševik, 1920

Cultura russa 2 MED - Lezione venerdì 10 dicembre

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Boris Kustodiev, Bol’ ševik, 1920

Nel 1922, quando sono tornato a Mosca, l’ho trovata semidistrutta, deserta. Così era uscita dalle prove dei primi anni della rivoluzione e così è rimasta tutt’oggi. La popolazione si è diradata, non si costruiscono nuove case e non si riparano le vecchie. Ma, anche sotto questo aspetto, rimane una grande città moderna, l’unica ispiratrice di una nuova arte veramente attuale. L’enumerazione caotica di oggetti e concetti, in apparenza incompatibili, accostati in modo che sembra arbitrario, così come è nei simbolisti, in Blok, Verharen e Whitman, è tutt’altro che un capriccio stilistico. È un nuovo ordine di impressioni, ricalcato sulla vita e sulla natura. Come nei loro versi, si librano lunghe file di immagini rozze, i suoi landò, l’affaccendata strada cittadina del diciannovesimo secolo, e, all’inizio del successivo, le vetture dei suoi tram elettrici e delle sue metropolitane. La semplicità pastorale non può sussistere nelle condizioni odierne. La sua falsa naturalezza è una mistificazione letteraria, un artificiale manierismo, un fenomeno libresco: non nasce dalla campagna, ma dagli scaffali delle biblioteche accademiche. Il linguaggio vivo, nato sul vivo e che corrisponde allo spirito d’oggi, è il linguaggio dell’urbanesimo. Io abito in un popoloso crocevia della città. Mosca estiva abbagliata dal sole, arroventata dagli asfalti dei nuovi cortili, che getta riflessi dalle finestre dei piani superiori e respira la fioritura delle nuvole e dei viali, rotea intorno a me e mi fa girare la testa, e vuole che a sua gloria io faccia girare la testa agli altri. A questo scopo essa mi ha educato e mi ha messo l’arte tra le mani.

Boris Pasternak, Doktor Živago, 1955

Il’ja Golosov, Dom kul’tury im. Zueva, 1928

Konstantin Mel’nikov, Dom kul’tury im. Rusakova, 1929

Дом Мельникова, 1927-1929

Всероссийская сельскохозяйственная и кустарно-промышленная выставка, 1923

Konstantin Mel’nikov, padiglione Machorka

Vladimir Šuchov, Šuchovskaja bašnja, 1922

Ivan Rerberg e Mojsej Ginzburg, edificio del Telegrafo (Tverskaja ulica), 1927

Grigorij Barchin, edificio per la redazione del quotidiano Izvestija (Puškinskaja ploščad’), 1927

Vladimir Tatlin, modello per il monumento alla Terza Internazionale, 1919

In quest'aria lastricata è nata la spirale di ferro del progetto di un monumento alto quanto due cattedrali di Sant'Isacco, la spirale cade su un fianco ed è sostenuta da una robusta forma inclinata. Tale è la struttura basilare del monumento alla Terza Internazionale. Le volute della spirale sono tenute insieme da una rete di supporti inclinati; nella loro anima trasparente ruotano tre corpi geometrici. In basso un cilindro si muove lentamente compiendo una rotazione completa all'anno; la piramide sopra questo ne compie una al mese, la sfera in alto gira su se stessa nelle ventiquattro ore. Le onde di una stazione radioemittente situata alla sommità prolungano il monumento nell'etere. Per la prima volta, il ferro si è impennato e cerca una propria formula artistica [...]. Queste opere hanno una semantica propria. Il monumento è fatto di ferro, di vetro, di rivoluzione.

Viktor Šklovskij

Aleksej Ščusev , mausoleo di Lenin temporaneo in legno, 1924

Aleksej Ščusev, Mausoleo di Lenin sulla piazza Rossa, 1929

Bezprizorniki negli anni Venti a Mosca

Boris Iofan, progetto per Dvorec Sovetov, 1932

ВДНХ (Выставка Достижений Народного Хозяйства), 1939

Vera Muchina, Rabočij i cholkoznica, 1939

ВВЦ (Всероссийский Выставочный Центр), oggi

Chram Christa Spasitelja, prima dell’abbattimento

Nuove fondamenta per Dvorec Sovetov

Piscina Moskva

Chram Christa Spasitelja, 2000