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Il monossido di carbonio

Il monossido di carbonio (Elisa-Anna)

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Il monossido di carbonio

Le sostanze tossiche per via respiratoria possono agire localmente nelle alte vie respiratorie (naso, faringe, laringe, trachea) e/o nelle basse vie respiratorie (bronchi, polmoni); Oppure possono agire in tutto l’organismo come veleno sistemico. Il CO inalato si lega rapidamente all’ emoglobina contenuta nei globuli rossi, andando a formare un composto chiamato carbossiemoglobina la quale è responsabile dell’anossia cellulare.

Il monossido di carbonio, quindi, inattiva il trasporto dell’ossigeno da parte dell’emoglobina del globulo rosso: ha infatti un’affinità ben 300 volte maggiore dell’ossigeno (a pressione atmosferica) per il ferro emoglobinico. Di conseguenza l’ipossia tissutale provoca importanti danni funzionali proprio in organi che necessitano maggiormente d’ossigeno, come cervello e cuore, ma anche, reni e altri organi.

La gravità di un intossicazione da CO è proporzionale, pertanto, alla quantità di CO fissata all’emoglobina. Il che significa che non dipende solamente dalla concentrazione di CO nell’aria, ma anche dalla durata dell’esposizione e dal volume respirato. Per cui i bambini, che possiedono una respirazione più rapida, così come le persone impegnate in un’attività fisica, raggiungeranno più velocemente un tasso di carbossiemoglobina elevato.

La tossicità del monossido di carbonio può essere riferita ad una complessa azione nella quale sono riconoscibili differenti meccanismi:1) un ridotto assorbimento polmonare dell'ossigeno2)un ridotto trasporto dell’ossigeno dai polmoni ai tessuti per la formazione di HBCO3)una ridotta utilizzazione tissutale dell’ossigeno.

Sempre a causa della sua alta affinità per il ferro, svolge un ruolo tossico all'interno dei mitocondri: il monossido di carbonio si complessa con i citocromi della catena di trasporto degli elettroni perché questi contengono l'eme come gruppo prostetico (ipossia citotossica). Provoca malattie cardio-vasculari ed accellera la formazione delle placche aterosclerotiche nei vasi sanguigni, elevando il rischio di Ictus e Infarti.

L'avvelenamento acuto si rivela con prevalenti disturbi nervosi (cefalea, vertigini, vomito, sonnolenza, paresi, perdita di coscienza, convulsioni), ma anche ipotensione, glicosuria, dispnea e adinamia cardiaca. L'avvelenamento cronico si manifesta con astenia, irritabilità, deperimento, cefalee, psicosi ed anemia. La terapia richiede pronta ed ampia aerazione, difesa del malato da perdite di calore, respirazione artificiale, inalazione di ossigeno, salasso e fleboclisi o trasfusione sanguigna, analettici.

Fine

Elisa Anna