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REITA A CENDROLE, I RETII A RIESE PROVARE AD IMMAGINARE, STUDIANDO IL CONTESTO GENERALE I dati specifici su Cendrole e Riese, sono molto scarsi, presi da soli, per azzardare conclusioni sicure. Così chiunque, se ignorante e spudorato, si sente autorizzato a formulare le ipotesi più bislacche. Per fortuna l’indagine storica ha fatto progressi notevoli, sconosciuti alla massa: oggi abbiamo un quadro generale abbastanza preciso e completo sui nostri antenati Veneti. Se si studia il contesto generale, allora anche lo scenario che possiamo configurare sulla nostra oscura origine, può essere illuminato molto meglio. Questo è un lavoro di mera divulgazione, le mie fonti sono accessibili a chiunque, nelle biblioteche e nei musei della zona. Questo argomento si trova incluso in un’antologia, “La storia sulle rive del Muson”, che si può consultare anche in: http://rivemuson.wordpress.com/

Reita a Cendrole; i Retii a Riese

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REITA A CENDROLE, I RETII A RIESE

PROVARE AD IMMAGINARE, STUDIANDO IL CONTESTO GENERALE I dati specifici su Cendrole e Riese, sono molto scarsi, presi da soli, per azzardare conclusioni sicure. Così chiunque, se ignorante e spudorato, si sente autorizzato a formulare le ipotesi più bislacche. Per fortuna l’indagine storica ha fatto progressi notevoli, sconosciuti alla massa: oggi abbiamo un quadro generale abbastanza preciso e completo sui nostri antenati Veneti. Se si studia il contesto generale, allora anche lo scenario che possiamo configurare sulla nostra oscura origine, può essere illuminato molto meglio. Questo è un lavoro di mera divulgazione, le mie fonti sono accessibili a chiunque, nelle biblioteche e nei musei della zona.

Questo argomento si trova incluso in un’antologia, “La storia sulle rive del Muson”, che si può consultare anche in: http://rivemuson.wordpress.com/

INDICE

ARGOMENTO PAGINA INSEDIAMENTI ED INTERFACCE DEI VENETI 3 (*) I VENETI A SUD DI PADOVA 4 I VENETI A NORD DI PADOVA 5 I RETII 6 GLI SCAMBI CON I POPOLI CONFINANTI 7 E’ LECITO CONFONDERE I VENETI CON I CELTI? 8 I NEMICI MORTALI DEI VENETI? I LON(GO)BARDI 9 CHI HA CIVILIZZATO I VENETI? I ROMANI? 10 LE DUE ANNESSIONI 11 I VENETI DI CESARE E TACITO 12 L’INSEDIAMENTO DI CENDROLE 13 I RETII NEL CASTELLO DI RIESE 14 REITA UNA E TRINA 15 REITA NEL NOSTRO DNA CULTURALE 16 CENDROLE = CINERES = CENERI 17 COSA C’ERA A CENDROLE? 18 IL TUMULO A NORD DEL SANTUARIO 19 LO SCAMBIO DEL CARTELLO SEGNALETICO 20 CASTELLIERO = VALLUM = VALLA’ 21 IL CASTELLIERO SPIANATO E DEPREDATO 22 IL GIOIELLO ARCHEOLOGICO DI CASTELCIES ED IL MISTERIOSO POPOLO DEI PREROMANI

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(*) Questa numerazione vale per il documento singolo, in “La storia sulle rive del Muson” per ricavare il valore progressivo

ETRUSCHI, POI CENOMANI

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I RETII

foto tratta da “I Veneti antichi, di Fogolari e Prosdocimi

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NORD EUROPA

VENETI

FLUSSO VELOCE E RICCO VIA MARE

INSEDIAMENTI ED INTERFACCE DEI VENETI

IL COMMERCIO VIA ACQUA Abitare vicino ai fiumi doveva essere particolarmente disagevole, non solo per il rischio momentaneo delle inondazioni, ma per la persistenza degli allagamenti. Ci doveva essere qualche importante vantaggio per risiedervi, bisognava per forza innalzare l’insediamento con un terrapieno, sono molto diffusi lungo il Po. Da noi sono ben conservate le motte di Godego. Un addensamento così rilevante si può spiegare con altre attività economiche, come la pesca per esempio, ma, probabilmente, la spinta del commercio era la principale. Infatti, sull’altra sponda del Po, si contendono la posizione, prima i mercanti Etruschi e poi i Cenomani. Certamente le pochissime insenature, veramente utilizzabili allora, per un porto sicuro sul mare, erano invece rarissime: questo spiega la grande e plurisecolare fortuna di Adria e Altino.

Padova crocevia fluviale

L’Adige passava presso Este fino al 589 d.c.

foto tratta da “I Veneti antichi, di Fogolari e Prosdocimi

I VENETI A SUD DI PADOVA

RETII

foto tratta da “I Veneti antichi, di Fogolari e Prosdocimi

I VENETI A NORD DI PADOVA

IL FLUSSO SUD - NORD VIA TERRA La civilizzazione del nostro mondo, fino al medio evo, ha un flusso con caratteristiche chiare e costanti: dal medio oriente costantemente più ricco ed evoluto, verso l’ovest ed il nord più primitivi. Le materie prime provengono dal mondo sottosviluppato; in direzione contraria vanno i prodotti raffinati del mondo più evoluto. Le migrazioni di popoli sono in una sola direzione; forse interessano comunità marginalizzate per qualche sconfitta, per arretratezza, povertà ecc. Gli spostamenti via terra delle merci sono raramente competitivi con quelli via acqua, lentissimi, secolari, se si tratta di uomini: nel qual caso, le interazioni con gli abitanti dei territori attraversati, sono profonde.

I VENETI ED I RETII NELLO SCAMBIO TRA MEDITERRANEO E NORD EUROPA I colli Euganei ed Iberici, garantiscono condizioni di sicurezza e di comfort ideali per un insediamento; però la scelta del luogo non prescinde quasi mai da un vantaggio commerciale. Allo sbocco di ogni vallata in pianura, troviamo un abitato di Veneti, che gestiscono il trasporto delle merci nella direzione nord-sud, in staffetta con i Retii: in questo caso non ci sono alternative via acqua.

Secondo l’ipotesi prevalente, sono Veneti che si sono separati dagli altri, scegliendo di installarsi nelle vallate alpine di transito sud-nord; tuttavia la letteratura storica antica non esplicitata la comune origine. La percezione della comune identità potrebbe essersi sbiadita per il lungo isolamento tra i monti e la diversa evoluzione, frutto degli scambi con i popoli del nord Europa. Comunque adoravano la stessa dea, Reita, da cui prendono il nome; con i Veneti hanno sempre rapporti pacifici e scambi intensi. A Lagole, luogo di cura, di scambi commerciali ed anche politici, c’era un santuario di Reita, dove i Veneti, ma anche gli Etruschi, erano a casa loro .

foto tratta da “I Veneti antichi, di Fogolari e Prosdocimi

VENETI

RETII

GLI SCAMBI CON I POPOLI CONFINANTI

I VENETI DELLA TURCHIA (PAFLAGONIA) Livio e gli altri storici romani concordano sul mito dei Veneti, giunti appunto via mare, dalla Paflagonia (Turchia), poco dopo la guerra di Troia, nel XII secolo a.c. La ricerca storica ha confermato come questi racconti siano attendibili nella sostanza: era una prassi adornare, ma non stravolgere, queste vicende con qualche componente mitica, con un intento politico e pedagogico. I riscontri archeologici confermano bene questa versione, a differenza di altre ipotesi, più o meno cervellotiche, che vengono man mano inventate.

GLI ISTRI E LA MIGRAZIONE VIA TERRA Abbiamo molte prove di una significativa parentela con loro. Anzitutto i Veneti, data la spiccata attitudine mercantile, sicuramente hanno scambi intensi con questo popolo limitrofo. Inoltre, ricordando la direzione costante dei flussi di civilizzazione, è certo che, nel nostro DNA, ci sia una componente rilevante di popoli che, probabilmente in tempi lunghissimi, hanno attraversato la penisola balcanica, continuando a mescolarsi con i locali, prima di arrivare qui. Una migrazione secolare e povera, più difficile trovarne i riscontri archeologici.

ADRIA E ALTINO CITTA’ “GRECHE” Se le comunicazioni via acqua erano più competitive rispetto alle terrestri, ovviamente quelle via mare avevano vantaggi enormi rispetto a quelle via fiume. Praticamente ponevano il sito fortunato in grado di comunicare, velocemente e senza barriere, con tutto il bacino mediterraneo. Questi due porti marini e pochi altri, Spina per esempio, manterranno sempre una forte superiorità economica e culturale sull’entroterra. Molto cosmopolite, vi risiedevano abitualmente importanti comunità di greci, etruschi, ecc.

E’ LECITO CONFONDERE I VENETI CON I CELTI?

I FIUMI PER GLI SCAMBI COMMERCIALI, MA NON SOLO La logistica degli insediamenti pare dettata dai corsi d’acqua adiacenti: si preferisce l’ansa di un fiume che circondi, protegga l’abitato oppure un punto d’intersezione di diversi corsi. Padova presenta entrambi i requisiti, Este era posta sul vecchio corso dell’Adige, tratteggiato nella piantina. Evidente la finalità commerciale; tuttavia la città dei vivi sta sempre sulla sponda opposta della necropoli, il funerale sembra compiere un percorso fluviale con un probabile valore rituale.

I GALLI CENOMANI

Sulle sponde dell’Adige e del Po ci sono i Galli (Celti) Cenomani. Secondo Livio sono arrivati, con un’incursione, nel 400 a.c., scacciano gli Etruschi, soppiantandoli negli scambi con i Veneti. Verona ha connotati celtici abbastanza evidenti. Si ambientano bene e velocemente, tengono sempre rapporti di fedeltà ed ossequio a Roma. Come i Veneti: entrambi alleati dei romani nelle pochissime guerre menzionate nella nostra storia, combattono addirittura contro i loro compaesani, i celti Boi ed Insubri, scesi in Italia nel 225 a.c. Da questo a dedurre un’origine comune o anche una significativa mescolanza, tra Veneti e Celti ce ne vuole! ETRUSCHI, POI CENOMANI

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VENETI

“GRECI”

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NORD EUROPA

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ECI”

L’Adige passava presso Este fino al 589 d.c.

I NEMICI MORTALI DEI VENETI? I LON(GO)BARDI I VENETI, IL POPOLO PIU’ OPPORTUNISTA DELLA STORIA

La spiccata vocazione mercantile, che sempre ci ha contraddistinto, rifulge nella storia di Venezia: trovatemi una città più tollerante, laica, cosmopolita! Il nostro opportunismo ci ha sempre permesso di fare buoni affari con chiunque, anche con il demonio!

ESTE E PADOVA INVOCANO L’INGERENZA ROMANA I Veneti, come i Latini, gli Etruschi ecc. avevano una struttura politica basata sulle città stato. Secondo me, il vero genio, politico e militare di Roma si è rivelato in pieno e magnificamente, nella sua capacità di proporsi come insostituibile arbitro pacificatore dei popoli, che poi ha incluso nell’impero. Sono Padova ed Este ad invocare un console romano, per dirimere una loro controversia. Per quanto ne sappiamo, poi è stato solo amore reciproco; cioè abbiamo fiutato il grandissimo vantaggio di rimanere agganciati alla loro marcia trionfale di conquista.

“AMICI” DEI GOTI La storia delle invasioni barbariche è piena zeppa di stereotipi errati: andrebbe tutta riscritta per le scuole. Ad esempio, non mi risultano documentati lutti epocali, con l’arrivo dei Goti in Veneto e durante la loro plurisecolare permanenza a casa nostra, vedi i “Goti a Castello di Godego”. L’esperienza degli Unni è sicuramente molto terribile, ma relativamente breve.

“NEMICI” ACERRIMI DEI LONGOBARDI Quando arrivano il trauma è mortale, irreversibile: molte illustri città scompaiono del tutto oppure hanno una brusca e definitiva decadenza. Possiamo fissare una data simbolica per la vera fine della civiltà romana in Veneto: nel 639 d.c. il vescovo di Altino distrutta fugge con gli abitanti in laguna e stabilisce la sua sede a Torcello. Sciocca ed accademica la scelta del 476 d.c., è solo la fine di un’istituzione da tempo inutile e degradata. I Veneti vivevano già da un secolo con i Goti in casa, in ben più gravi faccende affaccendati.

CHI HA CIVILIZZATO I VENETI? I ROMANI?

IL CONFRONTO IN ARCHEOLOGIA Solo pochi gli insediamenti popolosi nel Veneto: Padova, Este, Altino, Adria ecc. Tuttavia i reperti archeologici permettono un confronto dettagliato del nostro livello culturale e artistico. Sempre evidente il dislivello tra le città di mare e la terraferma; analogamente, c’è un abisso tra il sud ed il resto dell’Italia, più vicino al centro di irradiazione della civiltà. Queste differenze sono molto evidenti quando si visitano i musei, anche per un profano come me. Invece è difficile percepire una vistosa differenza tra un manufatto romano o veneto, almeno fino alla conquista della Grecia: in quel momento c’è un salto netto, ma per tutta la penisola italiana.

IL CONFRONTO IN LETTERATURA : LIVIO E CATULLO Nella mia personale classifica dei primi dieci letterati latini, a parte Cesare, metto solo provinciali. Parlo di veri geni, come ispirazione ed invenzione comunicativa. Plinio, noiosissimo erudito, lo escludo; Cicerone viene da Arpino, città dei Volsci, a 100 km da Roma. I nostri due sono nella ristretta cerchia dei più celebrati, stanno nelle stanze del potere , intimi di Ottaviano. Virgilio, mantovano, è molto vicino alla cerchia di Catullo. Impossibile immaginare Tito Livio oppresso dal nostro complesso d’inferiorità rispetto ai romani.

Vedo in giro un atteggiamento insopportabilmente provinciale nei confronti della nostra storia, anche nelle persone colte: solo l’impronta di Roma li eccita. Eppure siamo citati nella letteratura omerica con grande rispetto: il popolo dei “bei cavalli”: questo nostro “core business” è ben confermato dall’archeologia. Quando i romani creano il mito della loro ascendenza troiana, prendono lo spunto dal nostro, già consacrato dalla letteratura; sarà la base culturale di relazioni sempre amichevoli, tra affini.

LE DUE ANNESSIONI

COCCOLATI E SEDOTTI DA GIULIO CESARE Certo non esiste una data della “conquista” militare romana: il “matrimonio in chiesa”, da noi tanto agognato e da Giulio Cesare benevolmente concesso, fu solo l’atto finale di una lunga, affettuosa, convivenza, le cui tappe finali sono: nel 49 a.c. la cittadinanza romana e nel 42 a.c. diventiamo parte integrante dell’Italia romana.

UN MATRIMONIO IMPOSTO ED ABBASTANZA INFELICE Nel 1866, una votazione organizzata sul consenso di quattro gatti, ben selezionati, ha sancito la sottomissione alla monarchia sabauda. Secondo me basta confrontare l’espressione dei due personaggi e si capisce perché i veneti nutrano sentimenti così contrastanti per le due “annessioni”: troppa enfasi nostalgica per la prima, rigetto per la seconda. A mio modesto parere, la monarchia sabauda, non solo ha espresso delle figure di monarca molto disonorevoli, ma anche una burocrazia ottusa ed inadeguata al compito immane di unificare l’Italia. Infamia eterna merita il modo in cui hanno contribuito all’entrata in ben due guerre mondiali e per come le hanno condotte.

I VENETI DI CESARE E TACITO

IL RAMO FRANCESE DI CESARE E’ veramente emozionante leggere il racconto della sua guerra contro i Veneti “francesi”. Si percepisce bene l’affinità con i nostri veneziani, si tocca con mano la loro perfetta ambientazione in quel territorio lagunare. Con le loro barche speciali e le loro tecniche, hanno tenuto a lungo sotto scacco l’esercito e la flotta romana; il loro nemico ne parla con grande rispetto. Non si cura di specificare se questo popolo avesse le stesse origini di quello, da lui ben conosciuto, in Italia.

IL RAMO DEI MASURI, SECONDO TACITO Lo storico li menziona brevemente e la collocazione è, molto approssimativamente, nella Polonia. Ho trovato qualche dotto, che in base a complesse argomentazionI, ipotizza la zona dei laghi Masuri, non so con quanto fondamento. A livello puramente emozionale, posso garantire, essendo stato in quei posti, che si tratta di una bellissima e vastissima zona piuttosto lagunare che lacustre; aria di casa nostra insomma.

L’INSEDIAMENTO DI CENDROLE

CENTRO RELIGIOSO ANTICHISSIMO La cristianizzazione della nostra zona deve essersi completata presumibilmente intorno al 1000 d.c., come accadde per i villaggi (pagi) più remoti e depressi. Poco dopo cominciano le testimonianze storiche della costruzione delle prime chiese parrocchiali, staccatesi da quella madre di Cendrole, Poggiana per esempio. Poco a nord, c’è il tumulo, un terrapieno a forma circolare, un manufatto molto tipico, dove si seppellivano personaggi illustri della comunità. Non era posto nella necropoli, ma al centro dell’abitato, una specie di monumento. A quei tempi Castelfranco era quasi disabitata, però c’era una motta molto grande, che costituisce la base dell’attuale castello. Allora il Muson lambiva la motta.

I RETII NEL CASTELLO DI RIESE

Per similitudine con Lagole, la nostra zona poteva essere un luogo d’incontro e scambio. I Retii potevano proteggere nel castello i beni da scambiare con i Veneti, appena giunti in pianura. A Cendrole poteva esserci un centro religioso nel quale rafforzare i legami economici tra le due comunità. In questo caso, possiamo star sicuri che i romani, come loro prassi, avrebbero avallato la situazione. Se invece si dimostrasse una fondazione decisa ai tempi dell’impero, gli scenari sono complessi, sostanzialmente gli stessi che ho cercato di sintetizzare in : “I Goti a Castello di Godego”.

Riese con il suo castello è posta sull’attuale via Castellana e non sull’Aurelia. Secondo me, questo rafforza l’ipotesi della costruzione antecedente all’arrivo dei romani.

Se a Riese c’erano i Retii, chi adorava Reita a Cendrole? I Veneti della pedemontana o quelli di montagna, i Retii?

REITA UNA E TRINA

Questa immagine viene da Montebelluna ed è una delle più interessanti: riccamente vestita, tiene spesso le chiavi, evidente attributo del suo potere. Teologicamente una figura complessa, con tre diverse identità, appellativi e prerogative, una specie di trinità: una sofisticazione che non deve sorprendere, era abbastanza diffusa nel mediterraneo. A Lagole, luogo di cura, viene invocata prevalentemente nel ruolo di guaritrice, “Sanitai“ e sarà rimpiazzata da Apollo, divinità maschile con le stesse prerogative, disorientando alcuni studiosi. Naturalmente gli epiteti con cui viene invocata sono molti più di tre, possiamo immaginare qualcosa di simile alle nostre litanie.

LA SUPERSTIZIONE A CENDROLE Religione ufficiale

In quei tempi potere religioso e civile erano tutt’uno; Giulio Cesare ed Ottaviano rivestivano anche la carica di pontefice massimo, ovvio che ne derivasse qualche conflitto d’interessi nella proposta “teologica”.

I sapienti laici Epicuro e Socrate non credevano agli dei dell’Olimpo; su piani diversi, evidenziarono le menzogne più grossolane della teologia ufficiale, ogni volta che questa invadeva la sfera del conoscibile. Aristotele, osò indagare l’inconoscibile, l’infinito e l’eterno: il suo arduo pensiero è incomprensibile per il comune mortale e, secondo me, ha fatto molto più male che bene all’umanità.

Il popolo superstizioso La gente comune era ossequiosa solo formalmente verso la religione ufficiale, ma si affidava prevalentemente alle pratiche magiche ed affini, quando doveva risolvere qualche problema importante. La componente superstiziosa era evidente nelle nostre pratiche religiose, fino a qualche decennio fa: in particolare proprio a Cendrole.

REITA: INCANALARE CORRETTAMENTE Secondo alcuni studiosi la radice del nome deriva da “retta”. L’appellativo forse alludeva alla prerogativa di favorire l’orientamento del nascituro durante il parto di uomini ed animali, ma, in maniera più estesa, anche il flusso benefico e non distruttivo delle acque ecc. Ad Este la maggioranza degli ex voto sono relativi ai temi della fecondità e del parto, i luoghi di culto sorgono quasi sempre presso un corso d’acqua.

DA REITA A GIUNONE E POI ALLA NOSTRA MADONNA Con i romani Reita cambiò nome, ma non in Diana come ho letto, ma, secondo la prassi nota, in Giunone. La moglie arcigna di Giove incarna il mito della coesione famigliare e della riproduzione, tutto il contrario di Diana, la quale promuoveva, con il terrore del parto, il valore della verginità, per il controllo delle nascite.

LA RIPRODUZIONE PREVALENTE SUL TEMA DELLA LIMITAZIONE DELLE NASCITE Nel mondo più povero e primitivo era prioritaria la sopravvivenza, sempre molto precaria, del clan: gli ex voto di Este riguardano prevalentemente il buon esito della fecondazione umana, animale e vegetale. Invece il valore del controllo delle nascite è tipico delle società benestanti ed evolute. Immagino che ai nostri antenati non importasse molto un cambio di etichetta, certamente non hanno accettato facilmente di sostituire i loro vecchi valori, quando da Giunone sono passati alla Madonna.

IL MATRIARCATO DEI VENETI Sappiamo con certezza che il “core business” iniziale dei nostri antenati era l’allevamento, dei cavalli in particolare: il know how sulla riproduzione era prioritario e certamente fonte di potere sociale. Il maschio, in tutto il mediterraneo, riconosceva alle donne una maggior competenza in materia, lo stesso vale anche per l’arte della tessitura, per esempio: tutto questo trova una conferma nei corredi funerari. Ecco forse perché Reita tiene spesso delle chiavi in mano: da noi, come oggi, “comandava la Francia..”!

REITA NEL NOSTRO DNA CULTURALE

CENDROLE = CINERES = CENERI

LA TEORIA DELL’INCENDIO DI BOSCHI

Mons. Agnoletti, di Giavera del Montello, è uno storico in generale abbastanza indipendente e professionale, ma la sua opera serve proprio per compiacere il neo eletto cardinale di Venezia, Giuseppe Sarto. La sua ipotesi sulle ceneri è fatta propria integralmente, senza riserve, anche oggi, dalla comunità di Riese, vedi: www.fondazionegiuseppesarto.it/la-storia-di-riese-di-mons.-agnoletti.php Secondo lui le ceneri, miste a parti incombuste di legname, sono da attribuire ad incendi di boschi: ipotesi risibile. Non ho dubbi che l’operazione abbia mirato ad un obiettivo pedagogico: annullare o almeno confondere, la memoria storica del nostro passato, cioè manipolare la nostra stessa identità.

LA SPIEGAZIONE DELLE CENERI SECONDO JACOPO RICCATI Nel 1730, l’illustre scienziato di Castelfranco viene a conoscenza dei lavori di ricostruzione del santuario. Segue i lavori, nota tra altri reperti antichi, abitualmente reimpiegati nella nuova costruzione, la lapide di “Vilonius”. Fa conservare il manufatto, ne trascrive il testo, salvandolo dall’oblio. Vilonius, colui che fece apporre questa lapide, era un giudice ben noto della città di Asolo, a quei tempi una delle più importanti del Veneto. Il testo lascia intendere un suo provvedimento munifico in onore di questa realtà religiosa pagana. Siamo nel secolo dell’illuminismo, poco dopo, nel 1759, il Portogallo espelle i gesuiti, primo fra gli stati europei. Da noi, in campagna, prevale l’oscurantismo clericale ed il dilagante analfabetismo, purtroppo anche l’evoluta e libera Venezia sta declinando.

L. VILO NIU IIII VIR PRAEFECTUS

JURI DICUNDO TESTAMENTO FIERI JUSSIT

Il reperto, visibile a tutti, all’esterno, per due secoli, da poco è riparato dalle intemperie, nel museo della chiesa.

UN LUOGO DI CULTO? L’ARA A STRATI Ai tempi dei Veneti non ci poteva essere un edifico imponente come l’attuale a Cendrole; le celebrazioni religiose avvenivano in una grande radura, possiamo immaginare qualcosa di simile all’attuale area di San Pietro a Godego, con un piccolo tempio per il celebrante. L’animale, scelto come vittima sacrificale, veniva ucciso e poi bruciato sopra un altare, utilizzando il legno come combustibile. Naturalmente la combustione era inevitabilmente incompleta, ma i resti non dovevano essere rimossi; perciò venivano ricoperti da uno strato protettivo (argilla?), sopra il quale veniva celebrato il rito successivo. Nei luoghi di culto ben frequentati è normale rinvenire numerosi altari ed elevati, cioè con molti strati.

COSA C’ERA A CENDROLE?

UNA NECROPOLI? I Veneti praticavano l’incinerazione e le ceneri venivano raccolte in urne più o meno preziose, in funzione dello status del defunto. I più ricchi raccoglievano poi uno o più vasi in una camera protettiva, realizzata con lamine di roccia, laterizi ecc, più raramente si sono trovate ceneri depositate direttamente nel terreno, addirittura adiacenti e alternate alle inumazioni. Invece, mantenevano una separazione molto netta tra il mondo dei vivi e quello dei morti, a differenza dei cristiani. In un tumulo, come a Spineda, poteva essere seppellito un personaggio guida della comunità, era inserito proprio al centro del villaggio, come un monumento. E’ difficile optare per un’ipotesi o l’altra, senza qualche riscontro serio. Certamente sarebbe impossibile confondere le ceneri dei sacrifici con quelle dell’incinerazione: nel primo caso si dovrebbe confermare la presenza dei frammenti di legno incombusto, nel secondo di cocci d’anfora e oggettistica varia.

IL TUMULO A NORD DEL SANTUARIO

La costruzione, di solito, copre e protegge la tomba di un personaggio eminente; insieme con lui si può rinvenire una o più mogli, spesso il suo cavallo e perfino il servo addetto al servizio del quadrupede ecc. Sarebbe interessante e suggestivo verificare se c’è un collegamento tra questo manufatto, relativo ad un ipotetico abitato e l’area sacra che era separata e poteva essere situata dove c’è il santuario.

LA LINEA DI DEMARCAZIONE IDROGEOLOGICA E LA PARTENZA DELL’AVENALE

La costruzione si trova poche centinaia di metri a nord del santuario di Cendrole, andando verso Spineda. I terreni, proprio in questo punto, passano da argillosi ed impermeabili a ghiaiosi e permeabili, andando verso nord-est, verso Montebelluna ed il Piave. L’Avenale, parte proprio qui, per drenare l’acqua che si accumula a causa dell’impermeabilità del terreno: vedi “Il graticolato ed il Muson, una ricognizione con google earth” Il canale, prosegue verso nord, dopo il santuario e termina, anzi, si confonde, con tante piccole roste, proprio in corrispondenza del tumulo. Sappiamo come gli insediamenti e i centri di culto siano sempre collocati in un contesto idrologico speciale.

E’ un manufatto circolare, un cumulo di terra, molto comune nell’età del bronzo, anche in Paflagonia, terra da cui, secondo le fonti letterarie, proveniamo noi Veneti. Sono spesso localizzati in un punto centrale strategico di una motta (o aggere, castelliero ecc.)

TUMULO (VIA BOSCHI , SPINEDA DI RIESE)

LO SCAMBIO DEL CARTELLO SEGNALETICO

IL CASTELLIERO DI VALLA’ SCAMBIATO CON IL TUMULO ! Il cartello a destra è posto proprio di fronte al tumulo: fino a dimostrazione contraria si tratta di un volgare errore. Un “castelliero”, così ben descritto, esiste effettivamente appunto in località Castelliero, a Vallà, corrisponde perfettamente a questa descrizione, ma è tutta un’altra cosa rispetto ad un tumulo.

tumulo ( tomba)

in via Boschi

santuario,

area sacra dei veneti?

Un’area sacra presso il santuario è altamente probabile, ma mai verificata preliminarmente. Di solito era disposta ad una certa distanza dall’abitato: invece il tumulo del capo si collocava al centro dell’insediamento dei vivi.

CASTELLIERO = VALLUM = VALLA’

Muson Avenale

Castelliero

Sulle origini del nome di Vallà non esistono dubbi: il castelliero si trova appunto nell’antica via Castelliero, ora “27 Aprile”. I romani, come al solito, hanno rinominato nella loro lingua la struttura pre esistente.

Via 27 Aprile Via Castelliero per 3000 anni, poi arrivarono i barbari

IL CASTELLIERO SPIANATO E DEPREDATO

LO SPIANAMENTO E LA DEPREDAZIONE Le tracce del castelliero oggi sono quasi invisibili, il cartello segnaletico è finito a Cendrole! La via che lo ricordava ha cambiato nome nel dopoguerra Occupa effettivamente circa due campi trevigiani affiancati, vedi pagina precedente. Sul versante sud si nota un modesto rialzo rispetto al piano della campagna circostante, l’antico terrapieno è stata spianato con i lavori agricoli. Il sito è stato liberamente depredato dai vandali in passato; certo delusi dall’insignificante valore venale delle suppellettili ritrovate, forse inconsapevoli del loro misfatto culturale.

Via 27 Aprile

L’AEROFOTOGRAMMETRIA DELLE MOTTE Le motte in Veneto sono disposte secondo un rigido schema; la distanza media, misurata da alcuni specialisti, dovrebbe essere 5,3 km. Molto interessanti in materia gli studi di Pedron e altri, vedi, per esempio: http://www.archeologiadigitale.it/archeofoss/paper/assets/P_Il_problema_delle_motte.pdf

5,1 Km (1)

Motte di Godego Castelliero di Vallà

(1) misura effettuata con google earth

IL GIOIELLO ARCHEOLOGICO DI CASTELCIES

La stele trilingue è molto famosa, su una faccia c’è un testo “retico con influenze etrusche”. Al legame tra Veneti e Retii ho già accennato, Lagole è un esempio ancora più importante della vivacità degli scambi, anche culturali, con altri popoli. Chi erano questi “Preromani” di cui tanto si parla nel sito e nella documentazione archeologica? Chiedetelo al VENETO Tito Livio, se si sentiva “preromano”! Il risorgimento, ma soprattutto il fascismo, hanno praticato il lavaggio del cervello alla nostra “intellighenzia”. La cultura accademica, arteriosclerotica, non è capace di metabolizzarne i detriti

IL MISTERIOSO POPOLO DEI “PREROMANI"

LA STELE TRILINGUE

Si fa un gran parlare di valorizzazione turistica, anche del patrimonio culturale. A Castelcies (Cavaso, TV) c’è uno splendido esempio di come si può passare dalle parole ai fatti.

Queste foto sono tratte da un opuscolo che potete trovare anche in loco : “SAN MARTINO DI CASTELCIES E I SEGNI DELLA STORIA”