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Strategia Della Tensione

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La strategia della tensione come attacco alle istituzioni democratiche.

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Agli inizi degli anni sessanta, con il IV governo Fanfani nasce la formula politica del centro-sinistra, cioè l'alleanza di governo tra la democrazia cristiana e il partito socialista, a lungo osteggiata dagli Stati Uniti, che arrivano ora ad accettare il partito socialista come una forza di governo che non costituisce un pericolo per la posizione internazionale dell'Italia.L’operazione è gestita dall’On. Moro per la Democrazia Cristiana e dall’On. Nenni per il Partito Socialista

P. Nenni

A. Fanfani

A. Moro

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Sono anni difficili, alla fase del boom economico è seguita una fase di stagnazione e di crisi economica. Inoltre la società italiana sta cambiando ed in essa cominciano a manifestarsi i segni evidenti della modernizzazione che, anche a livello di comportamenti individuali, segnano l’assunzione di nuovi modelli di riferimento sempre più distanti dagli stereotipi della civiltà contadina.

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Questa fase storica è contrassegnata da spinte contraddittorie che, in un modo o nell'altro, puntano a riportare indietro il Paese, annientando le istituzioni democratiche. Pulsioni autoritarie si manifestano nei tentativi, reali o presunti, di colpo di stato che alla metà degli anni sessanta creano grande preoccupazione.La contestazione giovanile del '68, se da un lato esprime a livello generale il bisogno sociale di rinnovamento e l'abbandono dei vecchi stereotipi della società contadina, dall'altro innesca un complesso processo di lotta politica, che si manifesta anche al di fuori delle sedi deputate con attentati, con la strategia stragista, che sembra coinvolgere settori deviati dello Stato, con la nascita del terrorismo, rosso e nero, che insaguinerà l'Italia per tutti gli anni settanta e ottanta.

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Il potere politico tenta di gestire la situazione di alta conflittualità con la teoria degli opposti estremismi, ma risulta chiaro che la violenza politica è funzionale al tentativo di impedire la modernizzazione del Paese.

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L'Italia vive quindi una stagione violenta, ancora tutta da decifrare, nel corso della quale nessuna delle trame eversive riesce a fermare una diffusa coscienza democratica ed il bisogno di fare dell'Italia una nazione moderna.In tal senso, il referendum sul divorzio rappresenta una svolta epocale e per molti aspetti costituisce il momento di nascita dell'Italia come Paese moderno ed europeo.

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D'altra parte le trame eversive, stragiste e golpiste, mettono in evidenza la presenza nello Stato di vasti settori antidemocratici e nostalgici, per i quali il ricorso alla repressione violenta e l'esaltazione dello stato forte sono pratica comune.Che questo clima fosse presente nel Paese, lo testimonia anche il massiccio diffondersi di pellicole cinematografiche, nelle quali si esalta l'intervento violento, e tutt’altro che istituzionale, contro una criminalità che sembra invincibile.

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Le complesse, e contorte vicende, che si dipanano a partire dalla strage di Piazza Fontana, con le misteriose e sospette morti di presunti colpevoli ed investigatori, parlano di un Paese timoroso del nuovo, spaventato da una conflittualità sociale che dal mondo giovanile si sposta ai settori operai.In tal senso la strage di Milano, a Piazza Fontana, costituisce il momento di accelerazione, non di inizio, di quella che giustamente è stata chiamata la notte della Repubblica.

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La strategia stragista trova nell’attentato alla stazione di Bologna il suo momento più drammatico e devastante e, nel contempo, è sostenuta e rafforzata da omicidi eccellenti e drammatici. Le morti di Aldo Moro, rapito e ucciso, dalle Brigate Rosse, e di Pierpaolo Pasolini, morto in circostanze ancora oggi non chiarite, almeno ufficialmente, sono il triste corollario di un quarto di secolo di storia italiana , in cui la democrazia è stata decisamente a rischio.

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Inevitabile, in questo quadro non considerare le gravi responsabilità di apparati deviati dello Stato che hanno giocato su molti tavoli, nazionali ed internazionali, una partita sporca che è costata la vita a tante, troppe persone. Morti che purtroppo sono rimaste in moltissimi casi impunite quasi a confermare tragicamente la conclusione di un racconto di Kafka: «Qualunque impressione faccia su di noi, egli è un servo della legge, quindi appartiene alla legge e sfugge al giudizio umano.»

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film di riferimento:

Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto di Elio Petri1970

Il giorno stesso della sua promozione al comando della sezione Politica della Polizia, il capo della sezione Omicidi, uomo all'antica e reazionario, assassina la propria bellissima amante nel suo appartamento, in via del Tempio n° 1. Consapevole e contemporaneamente incapace di sostenere il potere che egli stesso incarna, il poliziotto dissemina la scena del delitto di prove e, durante le indagini, alternativamente ricatta, imbecca e depista i colleghi che si occupano del caso. Se in un primo momento ciò che guida il protagonista pare essere l'arroganza di chi confida nella propria insospettabilità, la veridicità di questa convinzione viene via via smentita dai fatti.Il poliziotto assassino, in virtù della vittoria dell'ordine costituito, finisce per agognare alla propria punizione, che tuttavia gli viene preclusa dal suo potere e dalla sua posizione: l'unico testimone dei fatti, un anarchico individualista, non vorrà denunciarlo per poterlo ricattare ("Un criminale a guidare la repressione, è perfetto!" esclama durante l'interrogatorio).Il protagonista oramai deciso sulla sua posizione autopunitiva, consegna una lettera di confessione ai suoi colleghi, e si auto-impone gli arresti domiciliari: a casa, nell'attesa del suo arresto ufficiale, si addormenta e sogna di essere costretto dai suoi superiori a firmare la "confessione della propria innocenza". Al risveglio, con l'arrivo dei pezzi grossi della polizia, lo attende il vero finale, non svelato esplicitamente dal regista ma caratterizzato dalla citazione di Franz Kafka che chiude il film.

da http://it.wikipedia.org/

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film di riferimento: Pasolini un delitto italiano di MT Giordana 1995

Il 2 novembre 1975, su di uno sterro ad Ostia vicino al mare, viene assassinato lo scrittore omosessuale Pier Paolo Pasolini. Poco prima della morte aveva invitato a salire sulla sua automobile un giovane balordo Pino Pelosi - incontrato alla stazione Termini di Roma, come afferma questi presto arrestato. Dalle prime, convulse indagini e sulla base delle dichiarazioni di Pelosi, sembrò chiaro che l'assassino era solo: Pasolini fu ucciso per i numerosi colpi infertigli con una rudimentale tavoletta raccolta sulla sabbia dello squallido luogo. Impadronitosi dell'automobile del morto, Pelosi passò sul corpo di questi fuggendo a Roma. In seguito, sulla versione sorsero non pochi dubbi: a parte l'eccesso di reazione da parte del giovane (richiesto di una prestazione particolare, a suo dire subito rifiutata), e l'arma usata (un legno sconnesso e fradicio), alcuni dettagli poco chiari o addirittura disattesi dagli inquirenti, fecero emergere gradualmente l'ipotesi che l'assassino non fosse affatto solo. L'ispettore Pigna indagò su amici (altri balordi di borgata): vennero interrogate le famiglie interessate (la cugina del poeta, Graziella Chiarcossi, e i genitori di Pino, i coniugi Rosa ed Antonio Pelosi), mentre si pensò pure al criminale intervento di estremisti violenti e alla eventualità di mandanti politici, poichè Pasolini si era fatto molti nemici e, forse, poteva essere diventato un individuo scomodo. In realtà nei suoi scritti più recenti aveva affermato che, pur non essendo in possesso di prove, "sapeva molte cose" nel campo della politica e del Potere. In sede di processo gli avvocati di Pelosi si basarono sulla minore età dell'imputato e sulla provocazione attuata dal poeta, ben noto omosessuale. Il Tribunale sentenziò una condanna "ridotta" confermata in Appello e in Cassazione, poichè le due istanze superiori evidenziarono che una complicità di terzi nel delitto era apparsa "improbabile", malgrado la scrupolosa ed attendibile perizia del professor Cancrini da http://it.movies.yahoo.com

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film di riferimento: Il muro di gomma di M. Risi 1991

Nel 1980 nel pressi di Ustica, un aereo civile, il DC 9 della "Itavia" con ottantuno passeggeri a bordo, esplode in volo e precipita in mare a tremila metri di profondità. Dalla direzione del "Corriere della Sera", l'inchiesta giornalistica su questo tragico incidente viene affidata al giovane Rocco, un valido collaboratore: costui comincia un'indagine più che faticosa, mentre si fa sempre più acuto lo strazio delle famiglie per tanti innocenti precipitati negli abissi marini. Rocco si trova non solo davanti ad un enigma, ma di fronte a silenzi ufficiali o versioni inattendibili, Servizi segreti ammantati di mistero, sfere militari evasive o pronte ad ogni smentita, magistrati lenti o condizionati, politici quasi sempre inabbordabili, periti ed esperti impotenti. Il recupero in mare dei resti del DC 9, effettuato da due diverse imprese straniere (la seconda delle quali è marsigliese, molto legata ai Servizi segreti francesi) rivela lacune inconcepibili, per la mancanza di reperti importanti. Il giornalista resta coinvolto nella sua allucinante inchiesta, in cui tutto appare possibile e niente è basato sul sicuro, poichè la mera verità è costantemente rimossa da una volontà occulta e da una paura generalizzata. L'ipotesi che l'aereo Itavia sia stato colpito da un missile appare la più plausibile. Rocco ha compiuto una impresa difficile, mille volte ostacolata, anche rischiosa, ma la sua indagine non ha messo in luce che una parte della verità. La tragedia resta nascosta ed allontanata nel tempo e nella memoria dietro cortine spesse e comode, mentre resta vivo e cocente il dolore dei familiari per queste vittime innocenti.

da http://it.movies.yahoo.com

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realizzato nell'ambito del progetto

Cinema e StoriaIl secolo breve italiano

a cura del Prof. Pietro Volpones2009

Le slide sono state realizzate con OpenOffice 3.1