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Tesi di Laurea:
Relatore: Laureando:
Prof. Ing. Franco Bontempi Andrea Demin
Correlatore:
Ing. Francesco Petrini
1
STRUTTURA DELLA PRESENTAZIONE
Andrea Demin
Ruolo delle zone nodali nel comportamento strutturale
Definizioni degli elementi che compongono un nodo
Modellazione dei nodi semi-rigidi
Applicazione del modello ad una struttura complessa, “L’Ospedale”
Considerazioni conclusive
Intr
od
uzi
on
eP
arte
IP
arte
IIC
on
clu
sio
ni
Intr
od
uzi
on
eP
art
e I
Co
ncl
usi
on
iP
art
e II
Pa
rte
III
Applicazione del modello ad un telaio piano
Introduzione Parte I Parte II Parte III 2Conclusioni
RUOLO DELLE ZONE NODALI NEL COMPORTAMENTO STRUTTURALE
Andrea Demin
L’elevato numero di edifici crollati o fortemente danneggiati e le numerose vittime occorse
durante il terremoto di Northridge (1994) hanno suscitato grande attenzione in tutta la comunità
scientifica.
Ai fini di una corretta valutazione del
comportamento globale della struttura, occorre
considerare, quindi, le prestazioni di un nodo
nel suo complesso.
In seguito a questo terremoto, l’eccessiva
plasticizzazione delle zone pannello è stato visto
come la principale causa dei numerosi e inattesi
danni manifestati dai collegamenti delle strutture
metalliche intelaiate
FEMA (2000), “A Policy Guide to Steel Moment-Frame Construction”, Federal Emergency Management Agency-354, Washington
D.C., November 2000.
Introduzione Parte I Parte II Parte III 3Conclusioni
DEFINIZIONI DEGLI ELEMENTI CHE COMPONGONO UN NODO
Andrea Demin
1. Il collegamento: è l’insieme degli elementi che rendono possibile l’unione tra due differenti
membrature
2. Il giunto: è la zona in prossimità del collegamento in cui si manifestano interazioni specifiche
tra gli elementi collegati
3. La zona nodale: è la zona individuata da tutti i giunti che concorrono in un nodo
Ogni nodo, di una struttura intelaiata d’acciaio, è
caratterizzato da quattro elementi che interagiscono:
• l’elemento trave;
• l’elemento colonna;
• il pannello nodale;
• il collegamento.
G. Ballio, C. Bernuzzi (2004.), “Progettare costruzioni in acciaio”, Hoepli Milano.
MODELLAZIONE DEI NODI SEMI-RIGIDI
Parte I
La deformazione tagliante del pannello è, in molti casi pratici, la componente più significativa
dello spostamento orizzontale totale.
Il contributo allo spostamento dato dal pannello può anche essere diviso in componenti assiali,
flessionali e di taglio:
Introduzione Parte I Parte II Parte III 4Conclusioni
MECCANISMI DEL NODO TRAVE-COLONNA
Andrea Demin
PGC
Finley A. Charney, Virginia Tech, U.S.A. William M. Downs, Simpson Strong Tie, Inc., U.S.A. (2004), “Modeling procedures for
panel zone deformations in moment resisting frames”, Amsterdam - June 3-4, 2004.
Tipico sottoassemblaggio interno trave-colonna
di un telaio resistente a momento
Spostamento orizzontale totale di un tipico
sottoassemblaggio trave-colonna:
Ricerche sperimentali su sotto-
assemblaggi trave-colonna hanno
mostrato che il comportamento
del pannello nodale è dominato
da distorsioni taglianti.
PVPFPAP
Il momento di snervamento della molla è dato dal
prodotto tra il taglio del pannello e la sua altezzaRigidezza di snervamento della molla rotazionaleLa rotazione di snervamento della molla è data dal rapporto
tra la deformazione di taglio del pannello e la sua altezza
G
FdVM
yKy
byKy
55,0,
,
Introduzione Parte I Parte II Parte III 5Conclusioni
MODELLI PER IL COMPORTAMENTO NON LINEARE DEI NODI
Andrea Demin
1. Modello KRAWINKLER
Questo modello permette di predire la risposta
del pannello sulla base della conoscenza delle
sue caratteristiche geometriche e meccaniche:
Il modello meccanico è costituito
dall’anima della colonna, con
comportamento elasto-plastico
incrudente, circondata ai quattro
lati da elementi rigidi connessi ai
vertici con molle che
schematizzano l’effetto delle
piattabande della colonna sul
comportamento della zona
pannello.
bcybyKy dtdFdVM 55,0,G
F
G
dV y
P
byKy
55,0,
Ky
KyKy
MK
,
,,
FEMA (2000), “State of the Art Report on Performance Prediction and Evaluation of Steel Moment-Frame Buildings”, Federal
Emergency Management Agency-355F, Washington D.C., Semptember 2000.
La molla del modello “Scissor”
risulterà essere circa 2 volte più rigida
e 1,43 volte più resistente di quella
del modello “Krawinkler”.
Introduzione Parte I Parte II Parte III 6Conclusioni
MODELLI PER IL COMPORTAMENTO NON LINEARE DEI NODI
Andrea Demin
1. Modello SCISSOR
Il modello è composto da due elementi
rigidi (all’interno della zona pannello)
con una singola cerniera nel centro.
Come per il modello Krawinkler viene
utilizzata una molla rotazionale per
rappresentare il comportamento della
componente pannello.
Le proprietà della molla si determinano
da quelle trovate per il modello
Krawinkler tramite i termini α e β:
α rappresenta il rapporto tra l'effettiva
profondità della colonna e la lunghezza
della campata
β rappresenta il rapporto tra l'effettiva
profondità della trave e l’altezza della
colonna
2
,,
,,
1
1
Ky
Sy
KySy
KK
MM
con rigidezza post-snervamento
pari al 6% di quella elastica
FEMA (2000), “State of the Art Report on Performance Prediction and Evaluation of Steel Moment-Frame Buildings”, Federal
Emergency Management Agency-355F, Washington D.C., Semptember 2000.
2,0
1,0
H
dL
d
b
c
Introduzione Parte I Parte II Parte III 7Conclusioni
MODELLI A CONFRONTO
Andrea Demin
Finley A. Charney, Virginia Tech, U.S.A. William M. Downs, Simpson Strong Tie, Inc., U.S.A. (2004), “Modeling procedures for
panel zone deformations in moment resisting frames”, Amsterdam - June 3-4, 2004.
Cinematica del “modello Krawinkler” Cinematica del “modello Scissor”
In conclusione è possibile dire che modelli meccanici semplificati come il “modello Krawinkler”
e il “modello Scissor” sono estremamente efficaci nel rappresentare sia le deformazioni elastiche
che anelastiche nella zona pannello in strutture a telaio in acciaio.
Test approfonditi hanno dimostrato che queste differenze cinematiche non hanno un effetto
significativo sulla risposta. Infatti il “modello Scissor”, pur non modellando il reale
comportamento della regione del nodo, produce risultati essenzialmente identici a quelli di
“Krawinkler”.
APPLICAZIONE DEL MODELLO AD UN
TELAIO PIANO
Parte II
Elemento
strutturale
Profilo L elemento
(m)
Materiale
Colonna HE320A 3 S275
Trave IPE400 5 S275CERNIERE PLASTICHE
PRESSO-FLESSIONALI
Per modellare le non linearità di materiale sono state
definite delle cerniere plastiche secondo FEMA 356
(Federal Emergency Management Agency)CERNIERE PLASTICHE
FLESSIONALI
Introduzione Parte I Parte II Parte III 8Conclusioni
TELAIO PIANO
Andrea Demin
La struttura in esame è un telaio in acciaio a
due campate e tre piani. Le travi sono tutte
della stessa sezione (IPE400) e della stessa
lunghezza.
Anche per le colonne è stata utilizzata
un’unica sezione (HE320A), e sono tutte
della stessa altezza.
Introduzione Parte I Parte II Parte III 9Conclusioni
TELAIO PIANO
Andrea Demin
0
50
100
150
200
250
300
0 0,001 0,002 0,003 0,004 0,005 0,006 0,007
M [KNm]
θ [-]
La relazione momento-rotazione
utilizzata per il giunto è di tipo
non lineare.
Modello Scissor
0
200
400
600
800
1000
1200
1400
0 0,2 0,4 0,6 0,8 1
Tagli
o a
lla b
ase
[K
N]
Spostamento ultimo piano [m]
NODI RIGIDI
NODI SEMI-RIGIDI
NODI CON CERNIERE
Dall’andamento di queste curve si intuisce che è molto importante caratterizzare con sufficiente
accuratezza il legame costitutivo dei nodi, poiché da essi dipende l’intero stato di sollecitazione
del sistema. Difatti, a seconda del tipo di giunto, varia non soltanto la risposta strutturale in
termini di spostamenti, ma anche quella in termini di sollecitazioni, nonché la rigidezza alla
traslazione dei telai.
Introduzione Parte I Parte II Parte III 10Conclusioni
CURVA DI CAPACITA’
Andrea Demin
0
3
6
9
0,00 10,00 20,00 30,00 40,00
Hpiano
[m]
F [KN]
Distribuzione delle forze uniforme
Sono stati definiti tre tipi di telai:
• Telaio con nodi trave-colonna rigidi;
• Telaio con nodi trave-colonna a cerniera;
• Telaio con nodi trave-colonna semi-rigidi
Introduzione Parte I Parte II Parte III 11Conclusioni
CURVA DI CAPACITA’
Andrea Demin
0
200
400
600
800
1000
1200
1400
0 0,2 0,4 0,6 0,8 1
Tagli
o a
lla b
ase
[K
N]
Spostamento ultimo piano [m]
NODI RIGIDI
NODI SEMI-RIGIDI
NODI CON CERNIERE
L’analisi di push-over ci consente, quindi, di
individuare la risposta non-lineare della
struttura al crescere delle azioni laterali e
seguire la successione e l’evoluzione della
plasticizzazione nei vari componenti.
RIG
IDI
SE
MI-R
IGID
I
CE
RN
IER
A
I tre modelli vengono confrontati allo
stesso spostamento laterale
Nel modello a nodi rigidi si ottiene il massimo
grado di plasticizzazione sia nelle travi che nelle
colonne.
Nel modello a nodi semi-rigidi le
travi risulteranno meno plasticizzate.
Nel modello a nodi cerniera la
plasticizzazione sarà esclusivamente
concentrata alla base del telaio.
APPLICAZIONE DEL MODELLO AD UNA
STRUTTURA COMPLESSA, “L’OSPEDALE”
Parte III
Introduzione Parte I Parte II Parte III 12Conclusioni
L’OSPEDALE
Andrea Demin
Necci S., Schwarz R., Valleriani D., “Esame di costruzioni metalliche: progetto di un edificio in acciaio adibito ad uso ospedaliero”,
Anno Accademico 2009-2010.
La struttura portante dell’opera
è interamente realizzata in
acciaio e sia per le travi che
per le colonne sono stati
impiegati profili a doppio T.
Sono stati inseriti controventi
verticali concentrici in
entrambe le direzioniL’opera in esame è adibita ad uso ospedaliero. Risulta quindi essere una costruzione di notevole
importanza, non solo in relazione alle funzioni svolte, ma anche riguardo le dimensioni.
Introduzione Parte I Parte II Parte III 13Conclusioni
NON LINEARITA’ UTILIZZATE NEL MODELLO
Andrea Demin
FEMA (2000), “Prestandard and commentary for the seismic rehabilitation of buildings”, Federal Emergency Management
Agency-356, Washington D.C. (USA), November 2000.
• Le non linearità di materiale sono state considerate mediante l’introduzione di cerniere
plastiche definite secondo le indicazioni date dalle FEMA 356 (Federal Emergency
Management Agency):
con a, b e c parametri di
modellazione.
• Le non linearità geometriche sono state considerate tramite gli effetti P-Δ;
cerniere assiali per i controventi;
cerniere flessionali per le travi;
cerniere presso-flessionali per le colonne.
Introduzione Parte I Parte II Parte III 14Conclusioni
DEFINIZIONE DEI LEGAMI MOMENTO-ROTAZIONE DEI NODI
Andrea Demin
0
200
400
600
800
1000
1200
0 0,002 0,004 0,006 0,008 0,01 0,012
M [
KN
m]
θ [-]
Tipo 1
Tipo 2
Tipo 3
Tipo 4
Tipo 5
Nodo Profilo
colonna
Acciaio My,K θy,K Ky,K My,S Ky,S Kincr,S θy,S θu,S Mu,S
[KNm] [-] [KNm] [KNm] [KNm] [KNm] [-] [-] [KNm]
Tipo 1 HE300B S355 257,73 0,00254 101565 299,69 137324 8239 0,00218 0,00873 353,63
Tipo 2 HE360M S450 821,20 0,00322 255297 969,16 355580 21335 0,00273 0,01090 1143,61
Tipo 3 HE340B S355 318,65 0,00254 125571 379,17 177802 10668 0,00213 0,00853 447,42
Tipo 4 HE300M S355 557,63 0,00254 219749 663,55 311154 18669 0,00213 0,00853 782,99
Tipo 5 HE340A S275 189,67 0,00197 96486 225,33 136187 8171 0,00165 0,00662 265,90
Modello Scissor
0
50000
100000
150000
200000
250000
0,00 0,05 0,10 0,15 0,20 0,25 0,30 0,35
Tb
[KN
]
dc [m]
C. di capacità senza effetti P-Δ
C.di capcità con effetti P-Δ
Curve di capacità del modello a nodi semi-rigidi
0
50000
100000
150000
200000
250000
0,00 0,05 0,10 0,15 0,20 0,25
Tb
[KN
]
dc [m]
lineare (nodi rigidi)
pseudo-lineare (nodi rigidi)
softening (nodi rigidi)
lineare (nodi semi-rigidi)
pseudo-lineare (nodi semi-rigidi)
softening (nodi semi-rigidi)
Curve di capacità con effetti P-Δ
Introduzione Parte I Parte II Parte III 15Conclusioni
L’INFLUENZA DEGLI EFFETTI P-Δ SULLA CURVA DI CAPACITA’
Andrea Demin
Confrontando i due modelli con nodi rigidi e nodi semi-rigidi si può notare come:
• il tratto LINEARE e PSEUDO-LINEARE delle curve non subiscono variazioni significative;
• il tratto di SOFTENING della curva del modello a nodi semi-rigidi possiede una pendenza
minore, quindi si ha una riduzione della rigidezza globale della struttura.
Curve di capacità ottenute da una distribuzione uniforme in direzione
longitudinale
Introduzione Parte I Parte II Parte III 16Conclusioni
EVOLUZIONE DELLA STRUTTURA A CRESCENTI LIVELLI DI ε
Andrea Demin
0
50000
100000
150000
200000
250000
0,00 0,05 0,10 0,15 0,20 0,25 0,30 0,35
Tb [
KN
]
dc [m]
C. di capacità (nodi semi-rigidi)
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
0 0,2 0,4 0,6 0,8 1
N°
Pia
no
U1 / Htot [%]
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
0 0,5 1 1,5 2
N°
Pia
no
Drift [%]
Curve di capacità ottenute da una distribuzione uniforme in direzione
longitudinale
Si può notare come, globalmente, al
crescere del cimento plastico della
struttura corrisponde un aumento in
termini di spostamenti di piano e di
drift di interpiano, in particolare tale
aumento è enfatizzato ai piani
inferiori della struttura.
Introduzione Parte I Parte II Parte III 17Conclusioni
IMPORTANZA DELLA MODELLAZIONE AL VARIARE DELLO S. L.
Andrea Demin
0
50000
100000
150000
200000
250000
0,00 0,05 0,10 0,15 0,20 0,25 0,30 0,35
Tb [
KN
]
dc [m]
C. di capacità (nodi rigidi)
Punto di prestazione
C. di capacità (nodi semi-rigidi)
Punto di prestazione
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
0 0,05 0,1 0,15 0,2 0,25 0,3N
°P
ian
o
Drift [%]
nodi rigidi
nodi semi-rigidi
Curve di capacità ottenute da una distribuzione uniforme in direzione
longitudinale
SLO
0
50000
100000
150000
200000
250000
0,00 0,05 0,10 0,15 0,20 0,25 0,30 0,35
Tb [
KN
]
dc [m]
C. di capacità (nodi rigidi)
Punto di prestazione
C. di capacità (nodi semi-rigidi)
Punto di prestazione
Introduzione Parte I Parte II Parte III 18Conclusioni
IMPORTANZA DELLA MODELLAZIONE AL VARIARE DELLO S. L.
Andrea Demin
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
0 0,2 0,4 0,6 0,8 1
N°
Pia
no
Drift [%]
nodi rigidi
nodi semi-rigidi
Il Taglio alla base si
riduce del 10%
Il Drift aumenta
del 13%
Curve di capacità ottenute da una distribuzione uniforme in direzione
longitudinale
SLC
Introduzione Parte I Parte II Parte III 19Conclusioni Andrea Demin
2. Al crescere del livello di deformazione la struttura subisce un incremento degli
spostamenti di piano e dei drift di interpiano a dimostrazione del maggiore cimento in
campo plastico della struttura. In particolare tale incremento è enfatizzato ai piani
inferiori.
3. Nelle modellazioni a nodi rigidi e a nodi semi-rigidi, quando la struttura è soggetta a
terremoti di grande intensità, si hanno drift di interpiano differenti, infatti in
corrispondenza del 4° piano si ha un incremento del 13% del drift trovato con il modello
a nodi rigidi.
1. L’incremento degli spostamenti laterali aumenta la sensibilità della struttura agli effetti
del secondo ordine, per cui risulta necessario tener conto della presenza del pannello
nella modellazione.
0
50000
100000
150000
200000
250000
0,00 0,05 0,10 0,15 0,20 0,25 0,30 0,35
Tb
[KN
]
dc [m]
C. di capacità (nodi rigidi)
C. di capacità (nodi semi-rigidi)
M
θ
DIREZIONE LONGITUDINALE
Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile
_________________________________________________________________________
INDICE i
INDICE
INTRODUZIONE ......................................................................................... 1
1 - LE STRUTTURE IN ACCIAIO ............................................................. 3
1.1 - INTRODUZIONE ........................................................................................ 3
1.2 - CLASSIFICAZIONE DEI TELAI ................................................................... 5
1.2.1 - La classificazione in base alla tipologia strutturale................................................... 5
1.2.2 - La classificazione in base alla stabilità trasversale ................................................... 6
1.2.3 - La classificazione in base al comportamento dei giunti trave-colonna .................... 6
1.3 - METODI DI ANALISI DEI SISTEMI INTELAIATI .......................................... 7
1.4 - I TELAI PENDOLARI .................................................................................. 9
1.5 - LE UNIONI .............................................................................................. 10
1.5.1 – Classificazione ........................................................................................................ 10
1.5.2 - Le unioni bullonate .................................................................................................. 10
1.5.3 - Le unioni saldate ..................................................................................................... 11
1.6 - LE GIUNZIONI NELLE STRUTTURE METALLICHE .................................... 11
1.6.1 – Articolazioni e giunti .............................................................................................. 11
1.6.2 – Giunti intermedi ...................................................................................................... 12
1.6.2.1 - Giunti trave-trave ............................................................................................. 12
1.6.2.2 - Giunti colonna-colonna .................................................................................... 13
1.6.3 – Giunti d’estremità ................................................................................................... 14
1.6.3.1 - Giunti tra trave e colonna ................................................................................ 14
1.6.3.2 - Giunti per elementi di controventi .................................................................... 15
1.6.3.3 - Giunti di base.................................................................................................... 16
1.7 - BIBLIOGRAFIA ....................................................................................... 17
2 – COMPORTAMENTO E MODELLAZIONE DEI NODI SEMIRIGIDI ..................................................................................................................... 18
2.1 - INTRODUZIONE ...................................................................................... 18
2.2 - NODI SEMI-RIGIDI SECONDO FEMA-355F ................................................ 19
2.2.1 - Modellazione dei telai in acciaio resistenti a momento per prestazioni predette ... 19
2.2.1.1 – Introduzione ..................................................................................................... 19
2.2.1.2 – Modelli elastici lineari ..................................................................................... 20
2.2.1.2.1 – Modelli lineari centerline ............................................................................. 20
Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile
_________________________________________________________________________
INDICE ii
2.2.1.2.2 – Modelli elastici con zone pannello incluse ................................................... 20
2.2.1.2.3 – Modelli non lineari centerline ...................................................................... 22
2.2.1.2.4 – Modelli non lineari con zone pannello ......................................................... 23
2.3 – PROCEDURE DI MODELLAZIONE PER LE DEFORMAZIONI DELLA ZONA
PANNELLO NEI TELAI RESISTENTI A MOMENTO ........................................... 25
2.3.1 - Sommario ................................................................................................................ 25
2.3.2 – Introduzione ............................................................................................................ 25
2.3.3 - Meccanismi del nodo colonna-trave ....................................................................... 25
2.3.4 - Drift totale nel sottoassemblaggio ........................................................................... 26
2.3.5 - Partecipazione della zona pannello nel drift totale del sottoassemblaggio ............. 27
2.3.6 - Resistenza a taglio della zona pannello ................................................................... 27
2.3.7 - Risposta forza-deformazione................................................................................... 28
2.3.8 - Modello Krawinkler ................................................................................................ 28
2.3.9 - Modello Scissors ..................................................................................................... 30
2.3.10 - Confronto tra i modelli Krawinkler e Scissor ....................................................... 31
2.3.11 - Conclusioni ............................................................................................................ 32
2.4 - NODI SEMI-RIGIDI SECONDO SAP2000 .................................................... 32
2.4.1 - Nodi-Zone pannello ................................................................................................. 32
2.4.1.1 - L’ elemento Nllink ............................................................................................ 35
2.4.1.1.1 - Sommario ....................................................................................................... 36
2.4.1.1.2 - Collegamento dei nodi ................................................................................... 36
2.4.1.1.3 - Elementi a lunghezza nulla ............................................................................ 36
2.4.1.1.4 - Gradi di libertà .............................................................................................. 37
2.4.1.1.5 - Sistema di coordinate locale ......................................................................... 37
2.4.1.1.6 - Nlprop: proprietà generali ............................................................................ 38
2.4.1.1.7 - Proprietà Nlprop di tipo non lineare............................................................. 41
2.5 – BIBLIOGRAFIA ....................................................................................... 46
3 - COMPORTAMENTO NON LINEARE DEI TELAI IN ACCIAIO ... 47
3.1 – INTRODUZIONE ..................................................................................... 47
3.2 - LE NON LINEARITÀ GEOMETRICHE ........................................................ 48
3.2.1 - L’effetto PΔ ........................................................................................................... 49
3.2.2 - L’effetto P ........................................................................................................... 50
3.2.3 - P-Δ ed effetti dei grandi spostamenti nel SAP 2000 ............................................... 51
3.2.3.1 - P-Δ vs. True Large Displacements ................................................................... 51
3.2.4 - Effetto P-δ nel SAP 2000 ........................................................................................ 53
Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile
_________________________________________________________________________
INDICE iii
3.2.4.1 - Necessità di considerare gli effetti P-δ ............................................................. 55
3.2.5 - Effetto sulla resistenza della colonna ...................................................................... 55
3.2.6 - Opzioni del SAP 2000 ............................................................................................. 55
3.2.6.1 - Effetti P-δ .......................................................................................................... 55
3.2.6.2 - Effetti P−Δ del secondo ordine ........................................................................ 55
3.3 - LE NON LINEARITÀ DI MATERIALE ........................................................ 57
3.3.1 - Modellazione a plasticità concentrata ..................................................................... 57
3.3.2 - Il concetto di cerniera plastica ................................................................................. 58
3.3.2.1 - La definizione di momento limite ultimo .......................................................... 59
3.3.3 – Cerniere plastiche secondo FEMA 356 applicate nel SAP 2000 ........................... 63
3.3.3.1 - Controvento: cerniera assiale con legame rigido plastico incrudente
asimmetrico secondo FEMA 356 .................................................................................... 63
3.3.3.1.1 - Definizione del legame della cerniera ........................................................... 63
3.3.3.2 - Trave: cerniera flessionale con legame rigido plastico incrudente secondo
FEMA356 ........................................................................................................................ 68
3.3.3.2.1 - Definizione del legame della cerniera ........................................................... 68
3.3.3.3 - Colonna: cerniera presso/tenso-flessionale con legame rigido plastico
incrudente secondo FEMA 356 ....................................................................................... 73
3.3.3.3.1 - Dominio di interazione .................................................................................. 73
3.3.3.3.2 - Definizione del legame della cerniera ........................................................... 75
3.4 - PROCEDURE DI SOLUZIONE DI PROBLEMI NON LINEARI ........................ 82
3.5 – BIBLIOGRAFIA ....................................................................................... 85
4 - ANALISI NON LINEARE STATICA .................................................. 86
4.1 – INTRODUZIONE ..................................................................................... 86
4.2 - SISTEMI SDOF ........................................................................................ 87
4.3 - SISTEMI MDOF ....................................................................................... 88
4.4 – CURVA DI CAPACITA’ ............................................................................ 89
4.4.1 - Individuazione degli stati limite sulla curva di capacità ......................................... 91
4.5 - ANALISI NON LINEARE STATICA SECONDO LA NORMATIVA ITALIANA . 92
4.5.1 - L’analisi non lineare statica secondo NTC 2008 .................................................... 92
4.5.2 - Risposta alle diverse componenti dell’azione sismica ed alla variabilità spaziale
del moto .............................................................................................................................. 93
4.5.3 - Analisi non lineare statica secondo la bozza esplicativa del 07/03/2008 ............... 93
4.6 - ANALISI DI PUSHOVER CON DISTRIBUZIONE DI FORZE LATERALI
CONVENZIONALI .......................................................................................... 95
4.6.1 - Analisi di Pushover con distribuzione di forze uniforme ....................................... 96
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INDICE iv
4.6.2 - Analisi di Pushover con distribuzione di forze proporzionale al modo
fondamentale di vibrare ...................................................................................................... 97
4.7 - ANALISI DI PUSHOVER CON DISTRIBUZIONE DI FORZE LATERALI
MULTIMODALE ............................................................................................. 98
4.7.1 - Analisi Modale Pushover (MPA) ............................................................................ 99
4.7.1.1 – Determinazione della domanda sismica totale .............................................. 101
4.7.1.2 – Rapporto FEMA-440 sul metodo MPA .......................................................... 102
4.8 - ANALISI DI PUSHOVER DELLA STRUTTURA TRIDIMENSIONALE .......... 103
4.9 - ANALISI DI PUSHOVER NEL SAP 2000 ................................................... 104
4.9.1 - In/Output step nel SAP 2000 ................................................................................. 104
4.9.1.1 - Salvataggio di più steps .................................................................................. 104
4.9.1.2 - Minimo e massimo numero di steps salvati .................................................... 104
4.9.1.3 - Salva solo gli incrementi positivi ................................................................... 106
4.9.1.4 - Influenza della scelta degli steps sull’aspetto numerico ................................ 106
4.9.1.5 - Massimo numero di iterazioni per step .......................................................... 109
4.9.1.6 - Tolleranza di convergenza dell’iterazione ..................................................... 109
4.9.1.7 - Controllo dell’iterazione “event to event” ..................................................... 109
4.9.2 - Metodo di scarico della cerniera plastica nel SAP 2000 ....................................... 109
4.9.2.1 - Scarico dell’intera struttura ........................................................................... 110
4.9.2.2 - Applicare la ridistribuzione locale ................................................................. 110
4.9.2.3 – Ripartire usando la rigidezza secante ........................................................... 111
4.10 – BIBLIOGRAFIA ................................................................................... 112
5 - DESCRIZIONE DELLA STRUTTURA ............................................ 113
5.1 - DESCRIZIONE DELL’OPERA .................................................................. 113
5.1.1 - Collocamento geografico ...................................................................................... 113
5.1.2 - Caratterizzazione Architettonica ........................................................................... 113
5.1.3 - Caratterizzazione Strutturale ................................................................................. 114
5.1.3.1 – Solaio ............................................................................................................. 115
5.1.3.2 – Colonne .......................................................................................................... 116
5.1.3.3 – Controventi .................................................................................................... 116
5.1.3.4 - Vano Scala e Ascensore .................................................................................. 117
5.1.3.5 – Fondazioni ..................................................................................................... 118
5.1.4 – Materiali ................................................................................................................ 118
5.1.4.1 - Acciaio da carpenteria metallica ................................................................... 118
5.1.4.2 - Acciaio per bulloni e connessioni................................................................... 119
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INDICE v
5.1.4.3 - Acciai speciali................................................................................................. 119
5.1.4.4 - Acciaio per cemento armato ........................................................................... 119
5.1.4.5 - Acciaio per cemento armato precompresso ................................................... 120
5.1.4.6 – Calcestruzzo ................................................................................................... 120
5.1.4.7 - Prodotti per uso strutturale ............................................................................ 121
5.2 – AZIONI................................................................................................. 121
5.2.1 - Carichi verticali ..................................................................................................... 121
5.2.1.1 - Carichi permanenti strutturali e non strutturali ............................................ 122
5.2.1.2 - Carico Antropico ............................................................................................ 123
5.2.2 – Azione sismica ...................................................................................................... 123
5.2.2.1 – Combinazione delle azioni ............................................................................. 125
5.3 - SCELTE PROGETTUALI ......................................................................... 126
5.3.1 - Scelte progettuali globali ....................................................................................... 126
5.3.2 - Scelte progettuali locali ......................................................................................... 126
5.4 - MODELLAZIONE DEGLI ELEMENTI STRUTTURALI ............................... 130
5.4.1 - Modellazione del solaio ........................................................................................ 130
5.4.2 - Modellazione delle travi ........................................................................................ 132
5.4.3 - Modellazione delle colonne .................................................................................. 135
5.4.4 - Posizionamento e modellazione dei controventi ................................................... 135
5.5 - MODELLAZIONE DELLA STRUTTURA ................................................... 136
5.5.1 - Modellazione delle cerniere plastiche ................................................................... 137
5.5.1.1 - Cerniere plastiche assiali ............................................................................... 137
5.5.1.1.1 - Cerniere plastiche assiali nel piano XZ (lato lungo) .................................. 138
5.5.1.1.2 - Cerniere plastiche assiali nel piano YZ (lato corto) ................................... 142
5.5.1.2 - Cerniere plastiche flessionali ......................................................................... 148
5.5.1.3 - Cerniere plastiche presso-flessionali ............................................................. 149
5.5.2 - Modellazione dei nodi semi-rigidi ........................................................................ 151
5.6 – BIBLIOGRAFIA ..................................................................................... 157
6 - ANALISI NON LINEARE STATICA DELL’OSPEDALE .............. 158
6.1 – IMPOSTAZIONE DEI SCENARI DI CARICO E PARAMETRI DI ANALISI ... 158
6.2 - ANALISI PUSHOVER E RELATIVE DISTRIBUZIONI DI FORZE ................. 160
6.2.1 - CASO 1: Distribuzione proporzionale alle masse ................................................ 171
6.2.1.1 - Stima del performance point allo SLC ........................................................... 171
6.2.1.1.1 - Distribuzione nella direzione X ................................................................... 171
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INDICE vi
6.2.1.1.2 - Distribuzione nella direzione Y ................................................................... 176
6.2.1.2 - Valutazione degli spostamenti di piano e dei drift di interpiano allo SLC .... 180
6.2.1.2.1 - Direzione X .................................................................................................. 180
6.2.1.2.2 - Direzione Y .................................................................................................. 181
6.2.2 - CASO 2: con distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la deformata
del I modo principale di vibrare ....................................................................................... 182
6.2.2.1 - Stima del performance point allo SLC ........................................................... 182
6.2.2.1.1 - Distribuzione nella direzione X ................................................................... 182
6.2.2.1.2 - Distribuzione nella direzione Y ................................................................... 183
6.2.2.2 - Valutazione degli spostamenti di piano e dei drift di interpiano allo SLC .... 184
6.2.2.2.1 - Direzione X .................................................................................................. 184
6.2.2.2.2 - Direzione Y .................................................................................................. 185
6.2.3 - CASO 3: con distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la deformata
dei modi di vibrare principali (MPA) ............................................................................... 186
6.2.3.1 - Stima del performance point allo SLC ........................................................... 186
6.2.3.1.1 - Distribuzione nella direzione X ................................................................... 186
6.2.3.1.2 - Distribuzione nella direzione Y ................................................................... 186
6.2.4 - CASO 1 e CASO 2 con effetti P-Δ ....................................................................... 188
6.2.4.1 - Stima del performance point allo SLC ........................................................... 188
6.2.4.1.1 - Distribuzione nella direzione X ................................................................... 188
6.2.4.1.2 - Distribuzione nella direzione Y ................................................................... 189
6.3 - CONFRONTI E COMMENTI DEI RISULTATI OTTENUTI ........................... 189
6.3.1 - L’influenza della distribuzione di forze adottata sulla curva di capacità e quindi sul
performance point allo SLC ............................................................................................. 190
6.3.2 - L’influenza degli effetti P-Δ sulla curva di capacità dei modelli a nodi rigidi e a
nodi semi-rigidi per il CASO 1 e il CASO 2 .................................................................... 192
6.3.3 - L’importanza dei modi superiori in termini di spostamenti e drifts di piano nei
modelli a nodi rigidi e a nodi semirigidi .......................................................................... 195
6.3.4 - Valutazione della risposta attraverso l’inviluppo dei risultati ottenuti da due analisi
.......................................................................................................................................... 197
6.3.5 - Evoluzione in termini di spostamenti di piano e drift di interpiano a crescenti
livelli di deformazione ...................................................................................................... 200
6.3.6 - L’importanza della modellazione a nodi semirigidi al variare dello stato limite . 202
APPENDICE A - CERNIERE PLASTICHE E CURVA DI CAPACITA’ ................................................................................................................... 205
A.1 - LEGAMI CERNIERA PLASTICA ASSIALE ............................................... 205
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INDICE vii
A.1.1 – Materiale .............................................................................................................. 205
A.1.2 – Cerniera plastica assiale ....................................................................................... 206
A.1.3 - Caso di analisi: PUSHOVER ............................................................................... 207
A.1.4 - MODELLO 1: legame rigido plastico simmetrico ............................................... 209
A.1.4.1 - Definizione del legame della cerniera ........................................................... 209
A.1.4.2 - Risultati dell’analisi: CURVA DI CAPACITA’ ............................................. 211
A.1.5 - MODELLO 2: legame rigido plastico asimmetrico ............................................. 212
A.1.5.1 - Definizione del legame della cerniera ........................................................... 212
A.1.5.2 - Risultati dell’analisi: CURVA DI CAPACITA’ ............................................. 215
A.1.6 - MODELLO 3: legame rigido plastico asimmetrico (χ secondo EC3) ................. 217
A.1.6.1 - Calcolo del coefficiente χ funzione della snellezza dell'asta secondo EC3 ... 217
A.1.6.2 - Definizione del legame della cerniera ........................................................... 218
A.1.6.3 - Risultati dell’analisi: CURVA DI CAPACITA’ ............................................. 220
A.1.7 - MODELLO 4: legame rigido plastico incrudente asimmetrico ........................... 222
A.1.7.1 - Definizione del legame della cerniera ........................................................... 222
A.1.7.2 - Risultati dell’analisi: CURVA DI CAPACITA’ ............................................. 226
A.1.8 - MODELLO 5: legame secondo FEMA 356 ........................................................ 227
A.1.8.1 - Definizione del legame della cerniera ........................................................... 227
A.1.8.2 - Risultati dell’analisi: CURVA DI CAPACITA’ ............................................. 232
A.2 - LUNGHEZZA E POSIZIONE DELLA CERNIERA PLASTICA ASSIALE........ 234
A.2.1 – Materiale .............................................................................................................. 234
A.2.2 - Cerniera plastica assiale ....................................................................................... 234
A.2.3 – Modello trave tesa ................................................................................................ 235
A.2.3.1 - Caso con unica cerniera assiale al centro (x=0,5L) con R.L.=1 .................. 235
A.2.3.2 - Caso con doppia cerniera assiale a x=0L E x=1L con R.L.=0,5 .................. 238
A.2.3.3 - Caso con doppia cerniera assiale a x=0,25L E x=0,75L con R.L.=0,5 ........ 241
A.2.3.4 - Confronto tra i 3 modelli ............................................................................... 244
A.2.3.5 – Conclusioni .................................................................................................... 245
A.3 - MODELLO TRAVE ................................................................................ 246
A.3.1 – Materiale .............................................................................................................. 246
A.3.2 – Cerniera plastica assiale ....................................................................................... 246
A.3.3 - Caso di analisi: PUSHOVER ............................................................................... 248
A.3.4 - Modello trave tesa ................................................................................................ 248
A.3.4.1 - Risultati dell’analisi ....................................................................................... 248
A.3.4.2 - Modelli trave tesa a confronto ....................................................................... 249
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_________________________________________________________________________
INDICE viii
A.3.4.3 - Curva di capacità ........................................................................................... 251
A.4 - MODELLO TELAIO CONTROVENTATO 2D ............................................ 254
A.4.1 – Materiale .............................................................................................................. 254
A.4.2 – Cerniera plastica assiale nei controventi ............................................................. 255
A.4.3 - Caso di analisi: PUSHOVER ............................................................................... 257
A.4.4 - Risultati dell’analisi .............................................................................................. 257
A.4.5 - Modelli a confronto .............................................................................................. 259
A.4.5.1 - Curva di capacità ........................................................................................... 263
A.4 - BIBLIOGRAFIA .................................................................................... 266
APPENDICE B - APPLICAZIONE DEL METODO N2 ........................ 267
B.1 – INTRODUZIONE ................................................................................... 267
B.2 - MODELLO TELAIO REGOLARE IN ALTEZZA ......................................... 268
B.2.1 – Materiale .............................................................................................................. 268
B.2.2 - Modello telaio con cerniere secondo FEMA 356 ................................................. 269
B.2.2.1 - Trave: cerniera flessionale secondo FEMA 356 ........................................... 269
B.2.2.1.1 - Definizione del legame della cerniera ........................................................ 269
B.2.2.2 - Colonna: cerniera presso-flessionale secondo FEMA 356 ........................... 276
B.2.2.2.1 - Dominio di interazione ................................................................................ 276
B.2.2.1.2 - Definizione del legame della cerniera ........................................................ 280
B.2.3 - Analisi PUSHOVER............................................................................................. 303
B.2.3.1 - CASO 1: Distribuzione proporzionale alle masse ......................................... 305
B.2.3.2 - CASO 2: Distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la
deformata del primo modo di vibrare ........................................................................... 310
B.3 – BIBLIOGRAFIA .................................................................................... 315
APPENDICE C - APPLICAZIONE DEL METODO MPA .................... 316
C.1 – INTRODUZIONE ................................................................................... 316
C.2 - MODELLO TELAIO IRREGOLARE IN ALTEZZA ...................................... 316
C.2.1 – Materiale .............................................................................................................. 317
C.2.2 - Definizione cerniere plastiche secondo FEMA 356 ............................................. 318
C.2.3 - Analisi PUSHOVER............................................................................................. 318
C.2.3.1 - CASO 1: Distribuzione proporzionale alle masse ......................................... 323
C.2.3.2 - CASO 2: Distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la
deformata del primo modo di vibrare ........................................................................... 328
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INDICE ix
C.2.3.3 - CASO 3: Distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la
deformata del secondo modo di vibrare ....................................................................... 333
C.2.3.4 - CASO 4: Distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la
deformata del terzo modo di vibrare ............................................................................ 338
C.2.3.5 - Combinazione dei risultati e confronti .......................................................... 344
C.3 – BIBLIOGRAFIA .................................................................................... 345
APPENDICE D - TELAIO A NODI SEMI-RIGIDI ............................... 346
D.1 – MODELLO UTILIZZATO PER LA ZONA PANNELLO ............................... 346
D.2 - TELAIO 2D ........................................................................................... 348
D.2.1 – Materiale .............................................................................................................. 348
D.2.2 - Definizione cerniere plastiche secondo FEMA 356 ............................................. 349
D.2.3 - Modellazione nodi semi-rigidi ............................................................................. 349
D.2.4 - Analisi PUSHOVER ............................................................................................ 352
D.2.4.1 - Confronti dei tre modelli ............................................................................... 355
D.3 – BIBLIOGRAFIA .................................................................................... 359
CONCLUSIONI ........................................................................................ 360
BIBLIOGRAFIA ....................................................................................... 362
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INDICE x
INTRODUZIONE
1 - LE STRUTTURE IN ACCIAIO
1.1 - INTRODUZIONE
1.2 - CLASSIFICAZIONE DEI TELAI
1.2.1 - La classificazione in base alla tipologia strutturale
1.2.2 - La classificazione in base alla stabilità trasversale
1.2.3 - La classificazione in base al comportamento dei giunti trave-colonna
1.3 - METODI DI ANALISI DEI SISTEMI INTELAIATI
1.4 - I TELAI PENDOLARI
1.5 - LE UNIONI
1.5.1 – Classificazione
1.5.2 - Le unioni bullonate
1.5.3 - Le unioni saldate
1.6 - LE GIUNZIONI NELLE STRUTTURE METALLICHE
1.6.1 – Articolazioni e giunti
1.6.2 – Giunti intermedi
1.6.2.1 - Giunti trave-trave
1.6.2.2 - Giunti colonna-colonna
1.6.3 – Giunti d’estremità
1.6.3.1 - Giunti tra trave e colonna
1.6.3.2 - Giunti per elementi di controventi
1.6.3.3 - Giunti di base
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INDICE xi
1.7 - BIBLIOGRAFIA
2 – COMPORTAMENTO E MODELLAZIONE DEI NODI SEMI-RIGIDI
2.1 - INTRODUZIONE
2.2 - NODI SEMI-RIGIDI SECONDO FEMA-355F
2.2.1 - Modellazione dei telai in acciaio resistenti a momento per prestazioni predette
2.2.1.1 – Introduzione
2.2.1.2 – Modelli elastici lineari
2.2.1.2.1 – Modelli lineari centerline
2.2.1.2.2 – Modelli elastici con zone pannello incluse
2.2.1.2.3 – Modelli non lineari centerline
2.2.1.2.4 – Modelli non lineari con zone pannello
2.3 – PROCEDURE DI MODELLAZIONE PER LE DEFORMAZIONI DELLA ZONA PANNELLO NEI TELAI RESISTENTI A MOMENTO
2.3.1 - Sommario
2.3.2 – Introduzione
2.3.3 - Meccanismi del nodo colonna-trave
2.3.4 - Drift totale nel sottoassemblaggio
2.3.5 - Partecipazione della zona pannello nel drift totale del sottoassemblaggio
2.3.6 - Resistenza a taglio della zona pannello
2.3.7 - Risposta forza-deformazione
2.3.8 - Modello Krawinkler
2.3.9 - Modello Scissors
2.3.10 - Confronto tra i modelli Krawinkler e Scissor
2.3.11 - Conclusioni
2.4 - NODI SEMI-RIGIDI SECONDO SAP2000
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INDICE xii
2.4.1 - Nodi-Zone pannello
2.4.1.1 - L’ elemento Nllink
2.4.1.1.1 - Sommario
2.4.1.1.2 - Collegamento dei nodi
2.4.1.1.3 - Elementi a lunghezza nulla
2.4.1.1.4 - Gradi di libertà
2.4.1.1.5 - Sistema di coordinate locale
2.4.1.1.6 - Nlprop: proprietà generali
2.4.1.1.7 - Proprietà Nlprop di tipo non lineare
2.5 – BIBLIOGRAFIA
3 - ASPETTI DEL COMPORTAMENTO NON LINEARE DEI TELAI IN ACCIAIO
3.1 – INTRODUZIONE
3.2 - LE NON LINEARITÀ GEOMETRICHE
3.2.1 - L’effetto PΔ
3.2.2 - L’effetto P
3.2.3 - P-Δ ed effetti dei grandi spostamenti nel SAP 2000
3.2.3.1 - P-Δ vs. True Large Displacements
3.2.4 - Effetto P-δ
3.2.4.1 - Necessità di considerare gli effetti P-δ
3.2.5 - Effetto sulla resistenza della colonna
3.2.6 - Opzioni del SAP 2000
3.2.6.1 - Effetti P-δ
3.2.6.2 - Effetti P−Δ del secondo ordine
3.3 - LE NON LINEARITÀ DI MATERIALE
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INDICE xiii
3.3.1 - Modellazione a plasticità concentrata
3.3.2 - Il concetto di cerniera plastica
3.3.2.1 - La definizione di momento limite ultimo
3.3.3 – Cerniere plastiche secondo FEMA 356 applicate nel SAP 2000
3.3.3.1 - Controvento: cerniera assiale con legame rigido plastico incrudente asimmetrico secondo FEMA 356
3.3.3.1.1 - Definizione del legame della cerniera
3.3.3.2 - Trave: cerniera flessionale con legame rigido plastico incrudente secondo FEMA356
3.3.3.2.1 - Definizione del legame della cerniera
3.3.3.3 - Colonna: cerniera presso/tenso-flessionale con legame rigido plastico incrudente secondo FEMA 356
3.3.3.3.1 - Dominio di interazione
3.3.3.3.2 - Definizione del legame della cerniera
3.4 - PROCEDURE DI SOLUZIONE DI PROBLEMI NON LINEARI
3.5 – BIBLIOGRAFIA
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INDICE xiv
4 - ANALISI NON LINEARE STATICA
4.1 – INTRODUZIONE
4.2 - SISTEMI SDOF
4.3 - SISTEMI MDOF
4.4 – CURVA DI CAPACITA’
4.4.1 - Individuazione degli stati limite sulla curva di capacità
4.5 - ANALISI NON LINEARE STATICA SECONDO LA NORMATIVA ITALIANA
4.5.1 - L’analisi non lineare statica secondo NTC 2008
4.5.2 - Risposta alle diverse componenti dell’azione sismica ed alla variabilità spaziale del moto
4.5.3 - Analisi non lineare statica secondo la bozza esplicativa del 07/03/2008
4.6 - ANALISI DI PUSHOVER CON DISTRIBUZIONE DI FORZE LATERALI
CONVENZIONALI
4.6.1 - Analisi di Pushover con distribuzione di forze uniforme
4.6.2 - Analisi di Pushover con distribuzione di forze proporzionale al modo
fondamentale di vibrare 4.7 - ANALISI DI PUSHOVER CON DISTRIBUZIONE DI FORZE LATERALI
MULTIMODALE
4.7.1 - Analisi Modale Pushover (MPA)
4.7.1.1 – Determinazione della domanda sismica totale
4.7.1.2 – Rapporto FEMA-440 sul metodo MPA 4.8 - ANALISI DI PUSHOVER DELLA STRUTTURA SPAZIALE
4.9 - ANALISI DI PUSHOVER NEL SAP 2000
4.9.1 - In/Output step nel SAP 2000
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INDICE xv
4.9.1.1 - Salvataggio di più steps
4.9.1.2 - Minimo e massimo numero di steps salvati
4.9.1.3 - Salva solo gli incrementi positivi
4.9.1.4 - Influenza della scelta degli steps sull’aspetto numerico
4.9.1.5 - Massimo numero di iterazioni per step
4.9.1.6 - Tolleranza di convergenza dell’iterazione
4.9.1.7 - Controllo dell’iterazione “event to event” 4.9.2 - Metodo di scarico della cerniera plastica nel SAP 2000
4.9.2.1 - Scarico dell’intera struttura
4.9.2.2 - Applicare la ridistribuzione locale
4.9.2.3 – Ripartire usando la rigidezza secante 4.10 – BIBLIOGRAFIA
5 - DESCRIZIONE DELLA STRUTTURA 5.1 - DESCRIZIONE DELL’OPERA
5.1.1 - Collocamento geografico
5.1.2 - Caratterizzazione Architettonica
5.1.3 - Caratterizzazione Strutturale
5.1.3.1 – Solaio
5.1.3.2 – Colonne
5.1.3.3 – Controventi
5.1.3.4 - Vano Scala e Ascensore
5.1.3.5 – Fondazioni
5.1.4 – Materiali
5.1.4.1 - Acciaio da carpenteria metallica
5.1.4.2 - Acciaio per bulloni e connessioni
5.1.4.3 - Acciai speciali
5.1.4.4 - Acciaio per cemento armato
5.1.4.5 - Acciaio per cemento armato precompresso
5.1.4.6 – Calcestruzzo
5.1.4.7 - Prodotti per uso strutturale
5.2 – AZIONI
5.2.1 - Carichi verticali
5.2.1.1 - Carichi permanenti strutturali e non strutturali
5.2.1.2 - Carico Antropico
5.2.2 – Azione sismica
5.2.2.1 – Combinazione delle azioni
5.3 - SCELTE PROGETTUALI
5.3.1 - Scelte progettuali globali
5.3.2 - Scelte progettuali locali
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INDICE xvi
5.4 - MODELLAZIONE DEGLI ELEMENTI STRUTTURALI
5.4.1 - Modellazione del solaio 5.4.2 - Modellazione delle travi
5.4.3 - Modellazione delle colonne
5.4.4 - Posizionamento e modellazione dei controventi 5.5 - MODELLAZIONE DELLA STRUTTURA
5.5.1 - Modellazione delle cerniere plastiche
5.5.1.1 - Cerniere plastiche assiali
5.5.1.1.1 - Cerniere plastiche assiali nel piano XZ (lato lungo)
5.5.1.1.2 - Cerniere plastiche assiali nel piano YZ (lato corto)
5.5.1.2 - Cerniere plastiche flessionali
5.5.1.3 - Cerniere plastiche presso-flessionali
5.5.2 - Modellazione dei nodi semi-rigidi
5.6 – BIBLIOGRAFIA
6 - ANALISI NON LINEARE STATICA DELL’OSPEDALE
6.1 – IMPOSTAZIONE DEI SCENARI DI CARICO E PARAMETRI DI ANALISI
6.2 - ANALISI PUSHOVER E RELATIVE DISTRIBUZIONI DI FORZE
6.2.1 - CASO 1: Distribuzione proporzionale alle masse 6.2.1.1 - Stima del performance point allo SLC
6.2.1.1.1 - Distribuzione nella direzione X
6.2.1.1.2 - Distribuzione nella direzione Y
6.2.1.2 - Valutazione degli spostamenti di piano e dei drift di interpiano allo SLC
6.2.1.2.1 - Direzione X
6.2.1.2.2 - Direzione Y
6.2.2 - CASO 2: con distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la deformata del I modo principale di vibrare 6.2.2.1 - Stima del performance point allo SLC
6.2.2.1.1 - Distribuzione nella direzione X
6.2.2.1.2 - Distribuzione nella direzione Y
6.2.2.2 - Valutazione degli spostamenti di piano e dei drift di interpiano allo SLC
6.2.2.2.1 - Direzione X
6.2.2.2.2 - Direzione Y
6.2.3 - CASO 3: con distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la deformata dei modi di vibrare principali (MPA) 6.2.3.1 - Stima del performance point allo SLC
6.2.3.1.1 - Distribuzione nella direzione X
6.2.3.1.2 - Distribuzione nella direzione Y
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INDICE xvii
6.2.4 - CASO 1 e CASO 2 con effetti P-Δ 6.2.4.1 - Stima del performance point allo SLC
6.2.4.1.1 - Distribuzione nella direzione X
6.2.4.1.2 - Distribuzione nella direzione Y
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INDICE xviii
6.3 - CONFRONTI E COMMENTI DEI RISULTATI OTTENUTI
6.3.1 - L’influenza della distribuzione di forze adottata sulla curva di capacità e quindi sul performance point allo SLC
6.3.2 - L’influenza degli effetti P-Δ sulla curva di capacità dei modelli a nodi rigidi e a nodi semi-rigidi per il CASO 1 e il CASO 2
6.3.3 - L’importanza dei modi superiori in termini di spostamenti e drifts di piano nei modelli a nodi rigidi e a nodi semi-rigidi
6.3.4 - Valutazione della risposta attraverso l’inviluppo dei risultati ottenuti da due analisi
6.3.5 - Evoluzione in termini di spostamenti di piano e drift di interpiano a crescenti livelli di deformazione
6.3.6 - L’importanza della modellazione a nodi semi-rigidi al variare dello stato limite
CONCLUSIONI
APPENDICE A: CERNIERE PLASTICHE E CURVA DI CAPACITA’
A.1 - LEGAMI CERNIERA PLASTICA ASSIALE
A.1.1 – Materiale
A.1.2 – Cerniera plastica assiale
A.1.3 - Caso di analisi: PUSHOVER
A.1.4 - MODELLO 1: legame rigido plastico simmetrico
A.1.4.1 - Definizione del legame della cerniera
A.1.4.2 - Risultati dell’analisi: CURVA DI CAPACITA’
A.1.5 - MODELLO 2: legame rigido plastico asimmetrico
A.1.5.1 - Definizione del legame della cerniera
A.1.5.2 - Risultati dell’analisi: CURVA DI CAPACITA’
A.1.6 - MODELLO 3: legame rigido plastico asimmetrico (χ secondo EC3)
A.1.6.1 - Calcolo del coefficiente χ funzione della snellezza dell'asta secondo EC3
A.1.6.2 - Definizione del legame della cerniera
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INDICE xix
A.1.6.3 - Risultati dell’analisi: CURVA DI CAPACITA’
A.1.7 - MODELLO 4: legame rigido plastico incrudente asimmetrico secondo EC3
A.1.7.1 - Definizione del legame della cerniera
A.1.7.2 - Risultati dell’analisi: CURVA DI CAPACITA’
A.1.8 - MODELLO 5: legame rigido plastico incrudente asimmetrico secondo FEMA 356
A.1.8.1 - Definizione del legame della cerniera
A.1.8.2 - Risultati dell’analisi: CURVA DI CAPACITA’
A.2 - LUNGHEZZA E POSIZIONE DELLA CERNIERA PLASTICA ASSIALE
A.2.1 – Materiale
A.2.2 - Cerniera plastica assiale
A.2.3 – Modello trave tesa
A.2.3.1 - Caso con unica cerniera assiale al centro (x=0,5L) con R.L.=1
A.2.3.2 - Caso con doppia cerniera assiale a x=0L E x=1L con R.L.=0,5
A.2.3.3 - Caso con doppia cerniera assiale a x=0,25L E x=0,75L con R.L.=0,5
A.2.3.4 - Confronto tra i 3 modelli
A.2.3.5 – Conclusioni
A.3 - MODELLO TRAVE
A.3.1 – Materiale
A.3.2 – Cerniera plastica assiale
A.3.3 - Caso di analisi: PUSHOVER
A.3.4 - Modello trave tesa
A.3.4.1 - Risultati dell’analisi
A.3.4.2 - Modelli trave tesa a confronto
A.3.4.3 - Curva di capacità
A.4 - MODELLO TELAIO CONTROVENTATO 2D
A.4.1 – Materiale
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INDICE xx
A.4.2 – Cerniera plastica assiale nei controventi
A.4.3 - Caso di analisi: PUSHOVER
A.4.4 - Risultati dell’analisi
A.4.5 - Modelli a confronto
A.4.5.1 - Curva di capacità
A.4 - BIBLIOGRAFIA
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INDICE xxi
APPENDICE B - METODO N2 (FAJFAR-1999)
B.1 – INTRODUZIONE
B.2 - MODELLO TELAIO
B.2.1 – Materiale
B.2.2 - Modello telaio con cerniere secondo FEMA 356
B.2.2.1 - Trave: cerniera flessionale con legame rigido plastico incrudente secondo FEMA 356
B.2.2.1.1 - Definizione del legame della cerniera
B.2.2.2 - Colonna: cerniera presso/tenso-flessionale con legame rigido plastico incrudente secondo FEMA 356
B.2.2.2.1 - Dominio di interazione
B.2.2.1.2 - Definizione del legame della cerniera
B.2.3 - Analisi PUSHOVER
B.2.3.1 - CASO 1: Distribuzione proporzionale alle masse
B.2.3.2 - CASO 2: Distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la deformata del primo modo di vibrare
B.3 – BIBLIOGRAFIA
APPENDICE C - APPLICAZIONE DEL METODO MPA
C.1 – INTRODUZIONE
C.2 - MODELLO TELAIO
C.2.1 – Materiale
C.2.2 - Definizione cerniere plastiche secondo FEMA 356
C.2.3 - Analisi PUSHOVER
C.2.3.1 - CASO 1: Distribuzione proporzionale alle masse
C.2.3.2 - CASO 2: Distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la deformata del primo modo di vibrare
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INDICE xxii
C.2.3.3 - CASO 3: Distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la deformata del secondo modo di vibrare
C.2.3.4 - CASO 4: Distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la deformata del terzo modo di vibrare
C.2.3.5 - Combinazione dei risultati e confronti
C.3 – BIBLIOGRAFIA
APPENDICE D - TELAI A NODI SEMI-RIGIDI
D.1 – MODELLO UTILIZZATO PER LA ZONA PANNELLO
D.2 - TELAIO 2D
D.2.1 – Materiale
D.2.2 - Definizione cerniere plastiche secondo FEMA 356
D.2.3 - Modellazione nodi semi-rigidi
D.2.4 - Analisi PUSHOVER
D.2.4.1 - Confronti dei tre modelli
D.3 – BIBLIOGRAFIA
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INTRODUZIONE 1
INTRODUZIONE
L’elevato numero di edifici crollati o fortemente danneggiati e le numerose vittime occorse
durante il terremoto di Northridge (1994), dovuti ad un’imprevista rottura fragile dei
collegamenti e delle membrature, hanno suscitato grande attenzione in tutta la comunità
scientifica.
Questo comportamento non era previsto dalle correnti procedure di progettazione e il cattivo
funzionamento dei nodi e degli elementi strutturali ha compromesso seriamente l’immagine
delle costruzioni in acciaio, finora considerato il materiale per eccellenza per le strutture
sismoresistenti.
Per una valutazione più accurata del comportamento globale e della capacità resistente dei
collegamenti nelle strutture in acciaio, i nodi trave-colonna sono stati modellati come nodi
semi-rigidi attraverso il software di calcolo agli elementi finiti SAP2000®. Tale
modellazione è importante nei casi in cui si richieda di valutare in maniera accurata gli
effetti delle deformazioni locali, che si sviluppano all’interno dei collegamenti in seguito
alle azioni taglianti e flettenti. Infatti, tali effetti possono avere un’influenza considerevole
sulla distribuzione delle azioni interne negli elementi strutturali, sulla stabilità delle
membrature e sugli spostamenti della struttura.
La rigidezza di una struttura intelaiata d’acciaio può essere sovrastimata se non si tiene
conto, in fase d’analisi, della deformabilità tagliante dei pannelli di giunto.
Tuttavia, l’errore che si compie, per le tipologie e le geometrie dei telai tipicamente usate
negli edifici d’acciaio, non è molto grande, perché di solito l’analisi è effettuata nell’ipotesi
che le dimensioni dei pannelli nodali siano trascurabili, cioè considerando il telaio
rappresentato dagli assi baricentrici degli elementi strutturali componenti, quindi ai vari
elementi è attribuita una lunghezza maggiore di quell’effettiva, che si traduce in una
maggiore deformabilità del telaio. Nelle modellazioni più accurate, invece, si considerano le
dimensioni finite del nodo, per questo la deformabilità delle membrature dipende, in tal
caso, dalla lunghezza libera delle aste.
Il lavoro svolto in questa tesi ha l’obiettivo di esaminare gli effetti che le deformazioni delle
zone pannello esplicano sulla stabilità del telaio e l’influenza che ha la modellazione del
nodo sul comportamento sismico dei telai in acciaio quando si cimentano in campo
plastico.
Nel primo capitolo vengono descritte in maniera sintetica le strutture in acciaio. Il buon
comportamento di queste strutture in caso di eventi sismici è comprovato dall’esperienza. I
collassi globali e gli alti numeri di vittime sono per lo più associati all’uso di altri materiali.
Le strutture in acciaio sono particolarmente adatte a garantire la possibilità di dissipazione
dell’energia, per le seguenti ragioni:
la duttilità dell’acciaio come materiale;
i numerosi meccanismi duttili possibili negli elementi in acciaio e nelle loro
giunzioni;
la riproducibilità dei meccanismi plastici a livello locale;
l’affidabilità delle proprietà geometriche.
In questo capitolo vengono introdotte la classificazione dei telai, i metodi di analisi dei
sistemi intelaiati, i telai pendolari, le unioni e le giunzioni nelle strutture metalliche.
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INTRODUZIONE 2
Nel secondo capitolo viene presentato il tema su cui si articola lo svolgimento della tesi: il
comportamento e la modellazione dei nodi semi-rigidi. La modellazione di questo tipo di
nodi viene affrontata da diverse normative.
Il terzo capitolo tratta gli aspetti del comportamento non lineare dei telai in acciaio. Le non
linearità utilizzate sono:
le non linearità geometriche, che sono state considerate tramite gli effetti P-Δ;
le non linearità di materiale, che sono state considerate mediante l’introduzione di
cerniere plastiche definite secondo la FEMA 356 (Federal Emergency Management
Agency):
o cerniere assiali per i controventi;
o cerniere flessionali per le travi;
o cerniere presso-flessionali per le colonne.
Nel quarto capitolo viene descritta l’analisi non lineare statica con distribuzioni di forze
laterali convenzionali (Norme Tecniche per le Costruzioni, Decreto Ministeriale
14/01/2008) e quella con distribuzione di forze laterali multimodale (Modal Pushover
Analysis, Chopra e Goel [2001]). Quest’ultima distribuzione è stata definita poiché l’analisi
pushover basata sul metodo N2 convenzionale non è direttamente applicabile agli edifici
irregolari in altezza, ovvero per edifici disomogenei nella distribuzione delle masse e delle
rigidezze lungo l’altezza, dove non è soddisfatta l’ipotesi di poter assimilare la risposta
strutturale ad un unico modo di vibrare fondamentale. Infatti, l’irregolarità in altezza,
provoca una risposta dinamica caratterizzata non da un unico modo di vibrare che attiva la
quasi totalità della massa, come invece accade per le strutture regolari, ma da più modi che
attivano ciascuno una significativa percentuale della massa totale.
Il quinto capitolo tratta la descrizione della struttura, ovvero:
la descrizione dell’opera:
o collocamento geografico;
o caratterizzazione architettonica;
o caratterizzazione strutturale.
le azioni:
o carichi verticali;
o azione sismica.
le scelte progettuali:
o globali;
o locali.
la modellazione degli elementi strutturali;
la modellazione della struttura:
o modellazione delle cerniere plastiche;
o modellazione dei nodi semi-rigidi.
Infine, nel sesto capitolo, vengono proposti i risultati ottenuti dall’analisi non lineare statica
dell’ospedale modellato con nodi semi-rigidi. I risultati vengono poi confrontati con quelli
ottenuti con una modellazione dell’ospedale a nodi rigidi.
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CAPITOLO 1 3
1 - LE STRUTTURE IN ACCIAIO
1.1 – INTRODUZIONE [1]
Il buon comportamento delle strutture in acciaio in caso di eventi sismici è comprovato
dall’esperienza. I collassi globali e gli alti numeri di vittime sono per lo più associati all’uso
di altri materiali. Ciò si spiega con alcune delle caratteristiche specifiche delle strutture di
acciaio.
Esistono due modi per resistere all’azione sismica:
1. strutture composte di sezioni sufficientemente tozze da essere soggette solo alle
sollecitazioni elastiche;
2. strutture realizzate con sezioni di minori dimensioni, concepite per formare numerose
zone plastiche.
Le strutture progettate in base alla prima opzione sono pesanti, e possono non garantire un
margine di sicurezza in caso di azione sismica più forte del previsto, in quanto il collasso
degli elementi non è duttile. In questo caso il comportamento globale della struttura è
“fragile”, e corrisponde al concetto a) del diagramma taglio alla base V - spostamento in
sommità d, schematizzato nella figura. In una struttura concepita in base alla seconda
opzione, determinate parti sono intenzionalmente progettate in modo da subire deformazioni
plastiche cicliche senza collassare, e la struttura nel suo complesso è tale da subire la
deformazione plastica solo in quelle particolari zone.
Figura 1.1 - Esempi di comportamento strutturale globale “dissipativo” e “non dissipativo”. La struttura “non
dissipativa” collassa a livello di un singolo piano [1]
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CAPITOLO 1 4
Il comportamento globale della struttura è ‘duttile’, e corrisponde al concetto b) del
diagramma V-d della figura. La struttura, nelle zone plastiche, è in grado di dissipare una
quantità significativa di energia, rappresentata dall’area sottesa alla curva V-d. Per questa
ragione si dice che le due opzioni progettuali determinano la costruzione di strutture
‘dissipative’ e ‘non dissipative’.
Il comportamento duttile, che offre una maggiore capacità di deformazione, è in genere il
modo migliore per resistere all’azione dei terremoti. Una delle ragioni è il fatto che le nostre
conoscenze delle azioni sismiche reali e le analisi che conduciamo soffrono ancora di molti
elementi di incertezza, e dunque il terremoto e/o i suoi effetti possono essere più forti di
quanto prevediamo. Se si garantisce un comportamento duttile, le energie in eccesso
possono essere facilmente assorbite tramite una maggiore dissipazione, grazie alla
deformazione plastica dei componenti strutturali.
Le strutture in acciaio sono particolarmente adatte a garantire la possibilità di dissipazione
dell’energia, per le seguenti ragioni:
la duttilità dell’acciaio come materiale;
i numerosi meccanismi duttili possibili negli elementi in acciaio e nelle loro
giunzioni;
la riproducibilità dei meccanismi plastici a livello locale;
l’affidabilità delle proprietà geometriche;
una resistenza flessionale degli elementi strutturali relativamente poco sensibile alla
presenza di forze assiali coincidenti.
La varietà dei possibili meccanismi di dissipazione energetica e l’affidabilità di ciascuno di
essi sono le caratteristiche fondamentali alla base dell’eccellente comportamento sismico
delle strutture in acciaio. Esistono anche altri fattori tipici a garanzia dell’affidabilità
antisismica:
la resistenza del materiale è garantita dai controlli di produzione;
progetti e costruzioni opera di professionisti.
Nelle zone sismiche, le strutture in acciaio presentano l’ulteriore vantaggio della loro
flessibilità e leggerezza. Le strutture più rigide e più pesanti attraggono forze maggiori
quando sono colpite da un sisma. Le strutture in acciaio sono generalmente più flessibili e
leggere di altri tipi, le forze nella struttura e nelle sue fondazioni sono pertanto minori.
Questa riduzione delle forze di progetto riduce notevolmente il costo della sovrastruttura e
delle fondamenta di una costruzione. Le strutture in acciaio sono normalmente leggere in
confronto a quelle realizzate con altri materiali. Le forze sismiche sono associate all’inerzia,
quindi sono collegate alla massa della struttura: riducendo la massa si riducono
automaticamente le forze sismiche di progetto. Alcune strutture di acciaio sono addirittura
così leggere da rendere non indispensabile la progettazione antisismica. Questo vale in
particolare per i palazzetti sportivi o i capannoni industriali, che creano un involucro attorno
ad un grande volume, così che il peso per unità di superficie è limitato, e la progettazione è
in genere incentrata sulle forze eoliche, non sismiche. Ciò significa che una costruzione
progettata per i carichi gravitazionali ed eolici offre implicitamente una sufficiente
resistenza antisismica. Si spiega quindi perché, nei terremoti del passato, questi edifici
abbiano dimostrato di offrire prestazioni molto migliori di quelli costruiti in materiali
pesanti.
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CAPITOLO 1 5
1.2 - CLASSIFICAZIONE DEI TELAI [2]
I sistemi intelaiati in acciaio possono essere classificati con riferimento a diversi criteri,
ognuno dei quali associato a precise finalità.
E’ possibile individuare come elementi discriminanti per la classificazione dei telai:
la tipologia strutturale: si distinguono telai controventati e telai non controventati in
base alla presenza o meno di uno specifico sistema strutturale in grado di trasferire in
fondazione tutte le azioni orizzontali;
Figura 1.2 - Sistema intelaiato tridimensionale; Modello di telaio piano [2]
il comportamento nei confronti della stabilità trasversale: si distinguono telai a nodi
fissi e telai a nodi mobili a seconda dell’influenza che hanno gli effetti del secondo
ordine sulla risposta del sistema strutturale;
il grado di continuità associato ai nodi trave-colonna: si distinguono telai pendolari,
telai a nodi rigidi e telai semi-continui sulla base del comportamento dei giunti trave-
colonna.
Si osservi che i tre criteri di classificazione sono tra loro indipendenti e devono essere
comunque considerati distintamente per avere corrette indicazioni relative alle procedure
progettuali da seguire.
1.2.1 - La classificazione in base alla tipologia strutturale
La distinzione tra telai controventati e telai non controventati è legata alla presenza o
all’assenza di uno specifico sistema strutturale (il sistema di controvento) in grado di
trasferire in fondazione tutte le azioni orizzontali dovute al vento o al sisma, oppure
associate alle imperfezioni strutturali.
Sulla base delle indicazioni riportate nell’EC3, il sistema di controvento viene individuato
come quella parte della struttura che è in grado di ridurre gli spostamenti trasversali del
sistema strutturale almeno dell’80%. In modo del tutto equivalente, il sistema strutturale è
controventato se la rigidezza trasversale dell’organismo che funge da controvento è almeno
5 volte quella del telaio.
Il controvento può essere realizzato mediante specifici sistemi in acciaio. In assenza del
sistema di controvento, il telaio è allora non controventato e devono essere presenti elementi
per il trasferimento in fondazione anche di tutte le azioni orizzontali (usualmente gli
elementi già preposti ad assorbire i carichi verticali).
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CAPITOLO 1 6
Il sistema di controvento deve essere progettato per resistere a:
tutte le azioni orizzontali direttamente applicate al telaio;
tutte le azioni orizzontali direttamente applicate al sistema di controvento;
tutti gli effetti legati alle imperfezioni laterali iniziali derivanti sia dal sistema di
controvento sia da tutti i telai che questo controventa (tali effetti possono essere
considerati in forma di imperfezioni geometriche equivalenti oppure come azioni
orizzontali addizionali).
Nel caso in cui il telaio sia controventato, la progettazione risulta semplificata in quanto,
con riferimento alla generica situazione di carico, è possibile operare il dimensionamento
del sistema privo di controvento per tutti i soli carichi verticali e del controvento per tutte le
azioni verticali e orizzontali che gravano su esso.
1.2.2 - La classificazione in base alla stabilità trasversale
La distinzione tra telai a nodi fissi e telai a nodi mobili è legata alla stabilità trasversale del
sistema strutturale, ossia alla rilevanza degli effetti del secondo ordine sulla risposta
strutturale in termini di spostamenti trasversali (e, di conseguenza, anche in termini di azioni
flettenti e taglianti addizionali). Dal punto di vista puramente teorico, ogni telaio non
controventato, essendo realizzato da aste industriali, ossia da elementi dotati di imperfezioni
(meccaniche e geometriche), è a rigore, a nodi mobili e quindi per qualsiasi condizione di
carico si generano sempre spostamenti trasversali. Dal punto di vista progettuale invece,
sulla base dell’entità e della rilevanza di questi spostamenti trasversali, la struttura può
essere considerata:
a nodi fissi, se gli spostamenti trasversali sono tanto piccoli da potere risultare
ininfluenti sui valori delle azioni interne (per esempio, in assenza di controvento
quando le colonne hanno grande inerzia flessionale o le forze trasversali sono molto
ridotte);
a nodi mobili, se gli spostamenti trasversali sono invece influenti sui valori delle
azioni interne (per esempio, in assenza di controvento quando le colonne sono invece
molto snelle o le azioni orizzontali sono molto grandi).
1.2.3 - La classificazione in base al comportamento dei giunti trave-colonna
Il grado di continuità flessionale garantito dai giunti trave-colonna influisce in modo
sensibile sul comportamento dell’intero sistema strutturale. In dettaglio, sulla base della
risposta del giunto in termini di curva M-Φ, ossia di relazione momento M nel giunto e la
rotazione relativa tra trave e colonna Φ, si possono individuare le seguenti tipologie
strutturali:
telaio pendolare, in cui ogni giunto è schematizzabile come una cerniera e pertanto
sono ammesse rotazioni relative tra trave e colonna senza trasmissione dell’azione
flettente.
telaio a nodi rigidi, in cui ogni giunto non consente alcuna rotazione relativa tra la
trave e la colonna e viene quindi trasmessa azione flettente tra questi due elementi;
telaio semi-continuo (ossia telaio con giunti semi-rigidi), in cui ogni giunto consente
una rotazione relativa tra trave e colonna e al contempo trasmette azione flettente.
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CAPITOLO 1 7
Figura 1.3 - a) Definizione di momento e rotazione del giunto [2]
b) Tipiche relazioni momento-rotazione
In passato la progettazione veniva prevalentemente basata soltanto sui modelli di telaio
pendolare o di telai a nodi rigidi. Adottando il modello pendolare non viene considerato
alcun grado di continuità flessionale dei nodi. Si può quindi a volte trascurare (anche
pericolosamente) l’azione flettente che viene in realtà trasmessa alle colonne. In aggiunta, si
tende a sovradimensionare la trave in acciaio che è soggetta infatti soltanto ad azioni
flettenti positive. Utilizzando invece il modello a nodi rigidi si sovrastima la rigidezza
laterale del telaio nei confronti delle azioni orizzontali, riferendosi quindi, in fase di
progettazione, a spostamenti trasversali inferiori a quelli che effettivamente si manifestano e
si sottodimensiona la trave.
Figura 1.4 - Tipiche relazioni adimensionalizzate momento-rotazione e loro classificazione [2]
Ogni tipo di giunto trave-colonna è caratterizzato da un preciso valore di rigidezza
rotazionale e di capacità portante flessionale. Il modello di telaio semi-continuo consente
una progettazione basata su ipotesi maggiormente rispondenti all’effettivo comportamento
della struttura.
1.3 - METODI DI ANALISI DEI SISTEMI INTELAIATI [2]
L’analisi strutturale è finalizzata alla determinazione delle azioni interne associate alle
combinazioni di carico maggiormente significative e può essere effettuata con gradi di
raffinatezza e complessità diversi a seconda dell’importanza e della tipologia del sistema
portante in esame. Nella maggior parte dei casi i codici commerciali disponibili per il
calcolo automatico consentono di effettuare un’analisi elastica del I ordine, ossia con le
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CAPITOLO 1 8
limitazioni associate all’assunzione dell’ipotesi di piccoli spostamenti e deformazioni
infinitesime (con un’analisi di questo tipo, le azioni interne sulla struttura vengono
determinate riferendosi alla sua configurazione indeformata). In situazioni particolari può
però rendersi necessario considerare:
la non linearità meccanica: ossia tenere conto che il materiale acciaio che realizza gli
elementi monodimensionali ha un legame costitutivo non lineare (schematizzabile, in
via semplificata, come elasto-plastico, perfetto od incrudente) e che i giunti trave-
colonna e i giunti di base hanno una risposta, in termini di legge momento-rotazione,
tipicamente non lineare.
la non linearità geometrica: ossia tenere in conto gli effetti del secondo ordine in
quanto le azioni interne addizionali che nascono a causa delle deformazioni
trasversali sono a volte di rilevante entità e quindi non possono essere trascurate
(tipico esempio è quello dei telai a nodi mobili).
𝑇𝑖𝑝𝑖 𝑑𝑖 𝑎𝑛𝑎𝑙𝑖𝑠𝑖
{
𝐸𝑙𝑎𝑠𝑡𝑖𝑐𝑎 {
𝐼 𝑜𝑟𝑑𝑖𝑛𝑒𝐼𝐼 𝑜𝑟𝑑𝑖𝑛𝑒
𝐸𝑙𝑎𝑠𝑡𝑜 − 𝑝𝑙𝑎𝑠𝑡𝑖𝑐𝑎 {𝐼 𝑜𝑟𝑑𝑖𝑛𝑒𝐼𝐼 𝑜𝑟𝑑𝑖𝑛𝑒
Figura 1.5 - Influenza del tipo di analisi sulla risposta di un telaio a nodi mobili [2]
La scelta dei metodi di analisi per i sistemi intelaiati in acciaio dipende non solo dalla
tipologia strutturale e dalla sensibilità del telaio agli effetti del secondo ordine ma anche dal
tipo di sezione trasversale di ogni elemento monodimensionale impiegato e dalle dimensioni
delle sue componenti (ali, anime, irrigidimenti, ecc.). Nel caso in cui queste abbiano un
elevato rapporto tra larghezza (b) e spessore (t) si possono manifestare fenomeni di
instabilità locale che impediscono il pieno sviluppo delle capacità prestazionali della
sezione in campo plastico, influenzando anche la capacità portante dell’intero sistema. Al
riguardo viene proposta dall’EC3 una classificazione delle sezioni trasversali che dipende
dai rapporti dimensionali b/t di ogni elemento compresso che realizza la sezione. Le sezioni
trasversali sono distinte in quattro classi, di seguito presentate con riferimento al loro
comportamento flessionale:
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CAPITOLO 1 9
Classe 1: sezioni trasversali in grado di sviluppare completamente una cerniera
plastica e aventi la capacità rotazionale richiesta per l’analisi plastica (sezioni
plastiche o duttili);
Classe 2: sezioni trasversali in grado di sviluppare completamente il proprio
momento resistente plastico, ma con capacità rotazionale limitata (sezioni compatte);
Classe 3: sezioni trasversali nelle quali le fibre compresse possono raggiungere la
tensione di snervamento, ma l’instabilità locale impedisce lo sviluppo del momento
resistente plastico (sezioni semi-compatte);
Classe 4: sezioni trasversali per le quali è necessario mettere esplicitamente in conto
gli effetti dell’instabilità locale nel determinare il loro momento resistente, inferiore
al momento al limite elastico, o la loro resistenza a compressione, inferiore alla forza
che provoca la completa plasticizzazione della sezione (sezioni snelle).
Figura 1.6 - Relazione momento-curvatura per le differenti classi di sezioni trasversali previste dall’EC3 [2]
1.4 - I TELAI PENDOLARI [2]
Nel caso in cui tutti i giunti della struttura siano schematizzabili come cerniere, lo schema
statico risulta labile e pertanto si rende necessario disporre specifici sistemi di controvento
in grado di trasferire in fondazione le azioni orizzontali associate generalmente a
imperfezioni, vento e sisma.
Figura 1.7 - Telaio pendolare [2]
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CAPITOLO 1 10
Le tipologie di controvento principalmente adottate nelle costruzioni in acciaio sono:
controvento a croce di Sant’Andrea: in cui i due elementi diagonali si incrociano a
metà altezza nell’interpiano. Si osservi che con questa tipologia di controvento la
fruibilità della parete è sicuramente limitata, in quanto gli elementi diagonali così
disposti impediscono un funzionale utilizzo di porte e finestre;
controvento a K: in cui i due elementi diagonali si incontrano in corrispondenza della
mezzeria della trave di piano;
controvento eccentrico: in cui i due elementi diagonali incontrano la trave in sezioni
trasversali diverse tra loro.
1.5 - LE UNIONI [2]
1.5.1 – Classificazione [3]
1.5.2 - Le unioni bullonate Le unioni bullonate permettono una rapida esecuzione in officina e semplificano
l’assemblaggio dei pezzi in cantiere (dove generalmente la saldatura presenta difficoltà
esecutive, specie a basse temperature o in quota).
La giunzione bullonata ha come componenti fondamentali:
a) vite con testa (detta comunemente bullone) generalmente esagonale, e con gambo
completamente o parzialmente filettato. Il diametro nominale dei bulloni per
costruzioni di carpenteria civile è abitualmente compreso tra i 12mm ed i 30mm;
b) dado, usualmente di forma esagonale;
c) rosetta, di forma per lo più circolare.
Metodologia di
classificazione
Al tipo di elementi
collegati
Comportamento
strutturale rispetto alle
membrature congiunte
Alla tecnologia
d’unione adottata
Nodi
Giunti
Completo
ripristino
Parziale
ripristino
Senza
ripristino
Con organi
meccanici
Con saldatura
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CAPITOLO 1 11
Figura 1.8 - Componente di base dell’unione bullonata [2]
1.5.3 - Le unioni saldate La saldatura è un processo di giunzione che consente di unire elementi metallici in modo
permanente realizzando la continuità del materiale mediante fusione. Confrontando le
unioni saldate con quelle bullonate si evince che le prime sono monolitiche in quanto
realizzano una soluzione di continuità del materiale e, al contempo, più rigide e semplici
rispetto a quelle bullonate, vincolando la libertà del progettista in modo sicuramente meno
pesante. A fronte di tali vantaggi devono però essere sempre adottate particolari precauzioni
progettuali, costruttive e soprattutto di controllo dell’unione allo scopo di evitare possibili
riduzioni di resistenza o rotture fragili associate al procedimento di saldatura stessa.
Nelle unioni saldate il materiale di base è quello dei pezzi da collegare mentre il materiale di
apporto, se presente, è il materiale che viene introdotto allo stato fuso tra tali elementi.
1.6 - LE GIUNZIONI NELLE STRUTTURE METALLICHE [2]
Le giunzioni tra membrature possono essere effettuate mediante una gamma di soluzioni
estremamente variegata che prevede l’utilizzo di unioni bullonate, unioni saldate oppure di
entrambe le tecniche di unione.
La concezione delle tipologie di giunzione da utilizzare in una costruzione in acciaio
costituisce una fase estremamente importante e delicata della progettazione.
1.6.1 - Articolazioni e giunti
Una classificazione delle giunzioni può essere effettuata sulla base degli effetti prodotti da
spostamenti relativi tra i pezzi da collegare. In dettaglio, si individuano:
le articolazioni, che consentono, nelle usuali condizioni di esercizio, spostamenti
relativi tra i pezzi collegati senza però provocare plasticizzazioni localizzate negli
elementi costituenti il collegamento;
i giunti, che non consentono invece spostamenti relativi a meno che non si generino
plasticizzazioni locali nei dettagli che realizzano le unioni. In questi particolari
costruttivi si hanno concentrazioni di sforzi e pertanto la modellazione basata sui casi
classici della Teoria di de Saint Venant non può essere utilizzata.
In funzione della loro resistenza, posta in relazione a quella degli elementi collegati,
questi possono essere distinti in:
giunti a parziale ripristino di sollecitazione, quando costituiscono punti di
minor resistenza strutturale, ossia trasferiscono soltanto un’aliquota delle
componenti di sollecitazione che possono essere sopportate dalla membratura
più debole;
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CAPITOLO 1 12
giunti a completo ripristino di sollecitazione, se consentono il trasferimento
dei massimi valori di sollecitazione che possono essere assorbiti dal profilato
più debole, ossia la crisi avviene sempre nell’elemento meno resistente e non
nel giunto.
1.6.2 - Giunti intermedi
La struttura in acciaio nasce dall’assemblaggio di elementi monodimensionali, lavorati in
officina ed assemblati in sito. Spesso si ha l’esigenza di realizzare giunti intermedi tra
elementi la cui lunghezza non può eccedere i limiti di trasportabilità associati principalmente
alla movimentazione delle merci su gomma.
Di seguito verranno considerate soltanto le seguenti tipologie di giunti intermedi:
giunti trave-trave;
giunti colonna-colonna.
1.6.2.1 - Giunti trave-trave
I giunti intermedi tra travi possono costituire, come anche per tutte le altre tipologie di
giunto, soluzioni a parziale ovvero a completo ripristino delle sollecitazioni. Nel primo caso
conviene posizionare il giunto in zone opportune (ad esempio, se il giunto non garantisce un
significativo grado di continuità flessionale, in prossimità delle zone a momento nullo).
Sono in genere privilegiate le tipiche soluzioni a completo ripristino tra profilati aventi le
medesime dimensioni trasversali. In dettaglio, è possibile individuare:
a) giunto con piastre in acciaio (flange) saldate all’estremità di ogni trave e bullonate in
opera;
b) giunto con piastre coprigiunto d’ala e d’anima bullonate in opera;
c) giunto con piastre coprigiunto saldate (interamente in opera oppure all’estremità di
una trave in stabilimento ed a quella dell’altra in opera);
d) giunto con saldature testa a testa nelle ali e nell’anima delle estremità delle travi
collegate.
Figura 1.9 - Esempi di giunti intermedi tra travi [2]
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CAPITOLO 1 13
1.6.2.2 - Giunti colonna-colonna
I giunti intermedi tra le colonne sono prevalentemente compressi o presso-inflessi e di
conseguenza anche la problematica dell’instabilità deve essere tenuta debitamente in conto
in fase progettale. In tale ambito non appare pertanto significativa la distinzione tra giunti a
parziale ed a completo ripristino di sollecitazione in quanto il giunto deve comunque essere
dimensionato per resistere alla forza che provoca l’instabilizzazione della membratura.
In dettaglio, tra i tipi più ricorrenti di giunti intermedi, si individuano:
a) giunto con doppie piastre coprigiunto d’ala e d’anima bullonate in opera;
b) giunto con doppie piastre coprigiunto d’ala bullonate in opera;
c) giunto con piastre coprigiunto d’ala singole e piastre coprigiunto d’anima doppie
bullonate in opera;
d) giunto per contatto con piastre coprigiunto interne saldate alle ali dei profili;
e) giunto per contatto con piastre coprigiunto d’ala interne al profilo e bullonate;
f) giunto per contatto con flangia saldata in stabilimento all’estremità della colonna
inferiore ed in opera alla colonna superiore;
g) giunto per solo contatto tra flange saldate in stabilimento all’estremità di ogni
colonna.
Figura 1.10 - Giunti intermedi per colonne con sezione trasversale simile [2]
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CAPITOLO 1 14
Nelle soluzioni a), b) e c) le estremità delle colonne non sono a contatto tra loro e pertanto le
azioni interne (azione assiale, taglio e momento flettente) vengono trasmesse mediante i
dettagli che realizzano le unioni (piastre coprigiunto, bulloni e saldature).
Nei giunti per contatto è invece necessario che le estremità della colonna siano state
adeguatamente spianate in officina, in modo da creare una zona di contatto pari alla sezione
del profilo minore. Le piastre coprigiunto presenti nelle soluzioni d) ed e), usualmente
saldate o bullonate in stabilimento all’estremità della colonna inferiore, hanno
prevalentemente la sola funzione di facilitare l’assemblaggio in opera del giunto
mantenendo in posizione la colonna superiore durante la fase di saldatura o di bullonatura in
opera.
1.6.3 - Giunti d’estremità
Esistono differenti tipologie di giunti estremità, classificabili in base agli elementi che
vengono collegati. Di seguito ci si riferirà ai seguenti tipi:
giunto tra trave e colonna;
attacco per controventi;
giunto di base delle colonne.
1.6.3.1 - Giunti tra trave e colonna
I giunti trave-colonna possono essere realizzati collegando la trave all’ala della colonna
oppure vincolandola alla sua anima. Vediamo in dettaglio alcuni tipici collegamenti all’ala
della colonna:
a) giunto realizzato mediante angolari bullonati all’ala della colonna e all’anima della
trave;
Figura 1.11 - Giunto trave-colonna [2]
b) giunto con piatto saldato in aggetto alla colonna e bullonato all’anima della trave;
Figura 1.12 - Giunto trave-colonna [2]
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CAPITOLO 1 15
c) giunto con piastra saldata a parte di anima all’estremità della trave e bullonata alla
colonna;
Figura 1.13 - Giunto trave-colonna [2]
d) giunto con piastra saldata, con cordoni di saldatura sia d’anima sia d’ala, alla trave e
bullonata alla colonna.
Figura 1.14 - Giunto trave-colonna [2]
Si osservi che tutte le tipologie di giunto trave-colonna possono presentare costolature di
irrigidimento del pannello d’anima nella colonna, in corrispondenza dell’ala della trave,
necessarie a volte per non creare zone preferenziali di debolezza del giunto.
1.6.3.2 - Giunti per elementi di controventi
Le giunzioni tra le membrature principali e le diagonali che realizzano i controventi
trasferiscono forze tra elementi differentemente orientati. Usualmente il dimensionamento
dei controventi viene eseguito considerando gli elementi diagonali soggetti soltanto ad
azioni assiali, ossia ipotizzando cerniere alle estremità.
L’intersezione degli assi baricentrici degli elementi che convergono nella giunzione deve
coincidere con il punto nel quale è stato ipotizzato il vincolo, al fine di evitare azioni
concentrate agenti con eccentricità non previste in fase di progetto.
Figura 1.15 - Giunti per controventi verticali [2]
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CAPITOLO 1 16
1.6.3.3 - Giunti di base
Una componente sempre presente nel giunto di base delle colonne è la piastra saldata,
generalmente con cordoni d’angolo, all’estremità inferiore della colonna, che usualmente
poggia su uno strato di malta di livellamento, all’estradosso della fondazione in
conglomerato cementizio. In quest’ultima vengono annegati i tirafondi (generalmente barre
in acciaio filettate alle estremità) unitamente ad eventuali perni di centraggio che agevolano
la fase di assemblaggio del giunto stesso. La piastra deve avere le superfici spianate e forate
per consentire il passaggio dei tirafondi. Nel caso in cui sulla colonna agisca soltanto una
forza di compressione la trasmissione di questa avviene per contatto tra piastra di base e
colletto di fondazione e quindi non sono richieste specifiche verifiche sui cordoni di
saldatura. Se sulla colonna agiscono anche azioni taglianti e flettenti, allora i tirafondi
assolvono una funzione statica e pertanto devono essere opportunamente dimensionati.
Nel caso in cui i valori di queste azioni siano contenuti, la soluzione con tirafondi in
prossimità degli spigoli delle piastre risulta molte volte economicamente conveniente. Se
invece alla base della colonna convergono diagonali di controvento in grado di trasferire una
significativa componente tagliante al giunto di base, devono essere previste specifiche
piastre saldate per consentire il loro attacco.
Figura 1.16 - Giunti di base per elevati valori di azione tagliante [2]
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CAPITOLO 1 17
1.7 - BIBLIOGRAFIA
[1] Arcelor Mittal Commercial Sections (1996), “Strutture antisismiche in acciaio”,
Luxembourg.
[2] G. Ballio, C. Bernuzzi (2004.), “Progettare costruzioni in acciaio”, Hoepli Milano.
[3] Prof. R. Landolfo (2010), dispense: “Progettare con l’acciaio in zona sismica”.
Università degli studi di Napoli Federico II, 26 Marzo 2010.
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CAPITOLO 2 18
2 - COMPORTAMENTO E MODELLAZIONE
DEI NODI SEMIRIGIDI
2.1 - INTRODUZIONE
Il comportamento rotazionale di un nodo può essere rivisto come intermedio tra le situazioni
estreme di infinitamente rigido o deformabile, ovvero di incastro e cerniera. Quando gli
elementi costituenti la connessione sono sufficientemente rigidi, il nodo viene definito
rigido e non si manifesta differenza tra le rotazioni assolute degli elementi collegati, ovvero
la rotazione relativa è nulla. Quando invece la trave è libera di ruotare rispetto agli elementi
collegati, il giunto è una cerniera. In tutti i casi intermedi, in cui la rotazione degli elementi
connessi è diversa, si parla di nodi semi-rigidi.
Figura 2.1 - Tipologie di nodi
La maniera più semplice per rappresentare un nodo siffatto è quella di inserire nello schema
di calcolo una molla rotazionale in corrispondenza del collegamento. La rigidezza
rotazionale del nodo Kφ è il parametro che lega il momento trasmesso alla rotazione
relativa. Quando Kφ tende a zero il comportamento si avvicina a quello di nodo cerniera,
quando invece la rigidezza è sufficientemente elevata il comportamento si avvicina a quello
di incastro perfetto. Certamente è di fondamentale importanza ricercare il legame costitutivo
del nodo, dal momento che da questo dipende il momento trasmesso nel collegamento e la
rotazione relativa tra gli elementi collegati.
Figura 2.2 – Modello di un nodo semi-rigido
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CAPITOLO 2 19
Quando si passa al livello superiore, quello dell’analisi globale della struttura, risulta molto
importante caratterizzare con sufficiente accuratezza il legame costitutivo dei nodi, poiché
da essi dipende l’intero stato di sollecitazione del sistema. Difatti, a seconda del tipo di
giunto, varia non soltanto la risposta strutturale in termini di spostamenti, ma anche quella
in termini di sollecitazioni, nonché la rigidezza alla traslazione dei telai, come è possibile
notare nella figura successiva, in cui viene rappresentato il diagramma dei momenti sia nel
caso di nodi infinitamente rigidi che deformabili.
Figura 2.3 - Risposta di un telaio a nodi rigidi e di uno a nodi deformabili
2.2 - NODI SEMI-RIGIDI SECONDO FEMA-355F [4]
2.2.1 - Modellazione dei telai in acciaio resistenti a momento per prestazioni predette
2.2.1.1 - Introduzione
La capacità dell’ingegnere di modellare strutture è aumentata rapidamente negli ultimi anni
con lo sviluppo di programmi di analisi avanzati e la concorrenza tra gli sviluppatori di
software. In realtà, la nostra capacità di modellare il comportamento strutturale
probabilmente supera la nostra capacità di comprendere appieno il comportamento
osservato.
I primi programmi di analisi strutturale che sono stati sviluppati nei primi anni del 1960
potevano gestire solo la trave lineare prismatica e elementi colonna con nodi completamente
vincolati o incernierati e dimensioni centerline (linee d’asse). I programmi in uso oggi
hanno un certo numero di elementi che modellano le non-linearità del materiale e le non
linearità geometriche, le connessioni rigide o parzialmente vincolate, fondazioni flessibili e
diaframmi. Questa sezione si occuperà delle procedure di modellazione comunemente usate
per i telai in acciaio resistenti a momento.
Sebbene le procedure di modellazione qui descritte sono dettagliate e ci danno un
comportamento misurato bene, va ricordato che questo è ancora notevolmente semplificato
rispetto al caso di un edificio vero e proprio che ha rivestimenti, pareti divisorie, attrezzature
meccaniche, scale, e molti altri attributi scontati. Un edificio vero e proprio potrebbe avere
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CAPITOLO 2 20
irregolarità che sono importanti ma non incluse qui. E’ importante ricordare che questi
calcoli sono solo stime del comportamento reale, e si consiglia cautela.
2.2.1.2 - Modelli elastici lineari
2.2.1.2.1 - Modelli lineari centerline
Nella progettazione di nuovi edifici o la valutazione di edifici esistenti o danneggiati,
devono essere controllati due criteri di accettazione: la resistenza dell’elemento e la
rigidezza dell’edificio (drift). Per le nuove costruzioni a telaio in acciaio resistenti a
momento, la limitazione sul drift comanda sempre in regioni ad alta sismicità.
Per la valutazione delle prestazioni utilizzando le linee guida SAC, il criterio di accettazione
si afferma in termini della massima domanda dell’angolo di drift dove:
�̂� = 𝐶𝐵𝜃𝑚
dove θm è la massima domanda dell’angolo di drift di piano calcolata da una delle procedure
di analisi, e CB è il fattore di bias. Di conseguenza, qualsiasi modello che prevede
conservativamente l’angolo di drift è accettabile.
Una ricerca effettuata da Krawinkler (2000) ha dimostrato che un modello elastico lineare
con dimensioni centerline è accettabile per telai resistenti a momento. I momenti della trave
possono essere verificati nella posizione della trave dove si interseca la flangia della
colonna. Anche se questo modello fornisce risultati adeguati per il drift di piano, non
sempre dà una buona stima della distribuzione dei tagli, momenti, e forze assiali in tutto
l’edificio. Dimensioni centerline non sono accettabili per strutture a telaio con zone
pannello deboli.
2.2.1.2.2 - Modelli elastici con zone pannello incluse
Il prossimo passo è quello di comprendere il comportamento della zona pannello nel
modello. La zona pannello è la regione nell’anima della colonna definita dall’estensione
delle linee di flangia della trave all’interno della colonna come mostrato nella figura 2.4. Il
modo più semplice di modellare la zona del pannello per l’analisi lineare è indicato come il
modello Scissor anche mostrato nella figura 2.5. Le travi e le colonne sono modellate con
un collegamento rigido attraverso la regione della zona pannello, e una cerniera nella trave è
posizionata all’incrocio delle linee d’asse della trave e della colonna. Una molla con
rigidezza rotazionale kθ viene quindi utilizzata per legare insieme la trave e la colonna. I
collegamenti rigidi irrigidiscono la struttura, ma la molla della zona pannello aggiunge
flessibilità. Il risultato netto è che questo modello di costruzione di solito è più rigido
rispetto al modello centerline. Dal momento che è più rigido, vi aiuterà a soddisfare i criteri
di progettazione legati al drift. Si darà anche una valutazione più corretta dei tagli, momenti
e forze assiali nei membri. La maggior parte dei programmi agli elementi finiti attualmente
utilizzati dagli ingegneri per l’analisi sismica hanno questa caratteristica. Il metodo per la
determinazione della rigidezza da utilizzare per la flessibilità della zona pannello è il primo
a trovare le proprietà a snervamento del pannello e poi a usarle per calcolare la rigidezza
della zona pannello.
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CAPITOLO 2 21
Le proprietà a snervamento della zona pannello sono:
𝛾𝑦 =𝐹𝑦
√3 𝐺= 𝜃𝑦
𝑀𝑦 = 𝑉𝑦 ∙ 𝑑𝑏 = 0,55 ∙ 𝐹𝑦 ∙ 𝑑𝑐 ∙ 𝑡 ∙ 𝑑𝑏
dove:
Fy = la forza a snervamento della zona pannello
G = modulo di taglio = 2 (1 + ν) E
dc = profondità della colonna
t = spessore della zona pannello che è lo spessore dell’anima della colonna più (se
utilizzati) lo spessore dei doppi piatti.
db = profondità della trave
ν = coefficiente di Poisson = 0,30
Quindi, la rigidezza del pannello diventa:
𝐾𝜃 =𝑀𝑦
𝜃𝑦
Figura 2.4 - Definizione della zona pannello [4]
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CAPITOLO 2 22
Figura 2.5 - Modello elastico con zona pannello [4]
2.2.1.2.3 Modelli non lineari centerline
I modelli che consentono lo snervamento nelle travi e nelle colonne sono molto più realistici
rispetto ai modelli lineari. La maggior parte dei programmi comunemente utilizzati oggi
modellano questo comportamento includendo una molla non lineare a flessione alle
estremità dei membri elastici della trave e della colonna. Alle molle deve essere assegnata
una rigidezza molto elevata rispetto a quella della trave o colonna. Tuttavia, la molla snerva
alla capacità di momento plastico del membro. La corretta rigidezza elastica della struttura
viene mantenuta perché viene dai membri reali piuttosto che dalla molla. Questo modello è
rappresentato schematicamente nella figura 2.6.
La molla è rigida fino a quando non viene raggiunto il momento plastico del membro. Dopo
lo snervamento, alla molla viene assegnata una rigidezza post-snervamento la quale
rappresenta il comportamento di deformazione incrudente del membro. Un coefficiente di
incrudimento, α, è assegnato alla molla dopo lo snervamento. Un valore di α pari a 0,03 è
una scelta ragionevole. Il comportamento della connessione e quello della molla sono
mostrati nella figura 2.6. Il valore di α pari a 0,03 è una buona scelta per il calcolo degli
angoli di drift di piano fino a circa il 3% - 4%. Dopo questo valore, inizierà a verificarsi
l’instabilità locale della flangia la quale provoca il diminuire gradualmente a zero di α e poi
può diventare negativo con i drifts più grandi. La maggior parte dei programmi non
consente un valore negativo di α. Per il calcolo del comportamento dell’edificio oltre il 4%,
è meglio scegliere un fattore di incrudimento pari a zero.
Per la valutazione delle prestazioni, devono essere utilizzati i valori previsti delle resistenze
a snervamento degli acciai.
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CAPITOLO 2 23
Figura 2.6 - Modello centerline con elementi non lineari [4]
2.2.1.2.4 Modelli non lineari con zone pannello
La maggior parte del lavoro pionieristico sulla modellazione non lineare della zona pannello
è stato fatto da Krawinkler. La sua relazione sullo stato dell’arte (Krawinkler, 2000)
fornisce una buona discussione su questo argomento e contiene riferimenti al suo lavoro
precedente (Krawinkler et al., 1971, 1987). Sono disponibili due metodi di modellazione del
comportamento non lineare dei telai con snervamento di travi, colonne e zone pannello. Una
procedura è basata sul modello Scissor mostrato nella Figura 2.5. Le molle delle zone
pannello e le molle alle estremità dei membri sono non lineari. Il comportamento della
molla del membro è esattamente la stessa descritta nella sezione precedente. Alla molla
della zona pannello viene assegnata una rigidezza di
𝐾𝜃 =𝑀𝑦
𝜃𝑦
Dove:
𝑀𝑦 = 𝑉𝑦 ∙ 𝑑𝑏 = 0,55 ∙ 𝐹𝑦 ∙ 𝑑𝑐 ∙ 𝑡 ∙ 𝑑𝑏
𝜃𝑦 = 𝛾𝑦 =𝐹𝑦
√3 𝐺
Nella maggior parte dei casi, le zone pannello hanno una rigidezza e una rigidezza post-
snervamento molto più ripida. Pertanto, un valore di δ pari a 0,06 è un valore ragionevole
per l’uso.
Un modello migliore è mostrato nella figura 2.7. Questo modello contiene la dimensione
totale della zona pannello con elementi rigidi e controlla la zona di deformazione del
pannello utilizzando due molle bilineari che funzionano come un comportamento tri-lineare.
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CAPITOLO 2 24
Con questo, la grande differenza di resistenza tra il comportamento reale e il modello è
ridotta.
La prima pendenza, passato lo snervamento, è ripida e rappresenta il comportamento tra il
momento in cui lo snervamento è iniziato e quello in cui la piena capacità plastica viene
raggiunta. Dopo che la capacità plastica è raggiunta, può essere utilizzata una piccola
pendenza (2%) o una pendenza nulla. Questo è mostrato nella figura 2.8.
Dal momento che lo snervamento nelle travi, pilastri, e zone pannello è ben rappresentato da
questo modello, l’effettiva distribuzione dello snervamento di tutta la struttura sarà
rappresentato bene. Per la progettazione di nuovi telai resistenti a momento, le zone
pannello spesso snervano per prime. Ma, a causa della ripida pendenza del tratto incrudente
per le zone pannello, le travi snerveranno poco dopo.
Figura 2.7 - Modello non lineare con zona pannello [4]
Le equazioni attese sono:
𝛾𝑦 =𝐹𝑦
√3𝐺 𝛾𝑃 = 4𝛾𝑦
𝑉𝑦 = 0,55𝐹𝑦 ∙ 𝑑𝑐 ∙ 𝑡 𝑉𝑃 = 𝑉𝑦 (1 +3𝑏𝑐𝑡𝑐𝑓
2
𝑑𝑏𝑑𝑐𝑡) 𝑉 = (
∆𝑀
𝑑𝐶
− 𝑉𝑐𝑜𝑙)
Figura 2.8 - Modello della zona pannello [4]
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CAPITOLO 2 25
2.3 - PROCEDURE DI MODELLAZIONE PER LE DEFORMAZIONI DELLA
ZONA PANNELLO NEI TELAI RESISTENTI A MOMENTO [5]
2.3.1 - Sommario
Le deformazioni elastiche e anelastiche nella zona pannello del nodo trave-colonna di telai
resistenti a momento sono responsabili di una parte molto significativa della flessibilità
laterale di tali sistemi. Questo documento fornisce una breve base teorica per il calcolo delle
deformazioni della zona pannello, e mette a confronto i risultati ottenuti da due semplici
modelli meccanici. E’ dimostrato che il semplice modello meccanico, indicato come
modello Scissor, produce risultati che sono paragonabili a quelli ottenuti dal modello
meccanico più complesso (modello Krawinkler).
2.3.2 - Introduzione
L'influenza delle deformazioni della zona pannello sulla flessibilità dei telai in acciaio
resistenti a momento è molto significativa. Questo è vero per la risposta elastica, e in
particolare per la risposta anelastica quando si verifica la plasticizzazione nella zona
pannello. L’analisi strutturale dovrebbe sempre includere tali deformazioni.
Mentre lo stato tensionale nella zona pannello è estremamente complesso, le fonti di
deformazione possono essere divise in tre parti: assiale, flessionale e taglio. Per i telai
medio-bassi, le deformazioni assiali sono trascurabili, le deformazioni di flessione sono
minori ma significative, e le deformazioni di taglio sono dominanti. Questo documento si
concentra sulla componente della deformazione di taglio della zona pannello.
Le procedure di modellazione matematica per la deformazione della zona pannello sono in
genere basate su semplici analogie meccaniche che consistono in un insieme di link rigidi e
molle rotazionali. La sfida principale nella definizione di tali modelli è quella di descrivere
le sollecitazioni da taglio nella zona pannello come rotazione nelle molle del corrispondente
modello.
Due modelli meccanici sono stati studiati nella ricerca qui riportata. Questi sono il "Modello
Krawinkler" e il "Modello Scissor". Se utilizzati correttamente, i risultati ottenuti da questi
modelli sono essenzialmente identici, anche se la cinematica del modello Krawinkler è
significativamente diversa da quella del modello Scissor. Purtroppo il modello Scissor è
spesso abusato, in pratica, perché gli analisti tendono a calcolare le proprietà della molla che
sono state ottenute per il modello Krawinkler e le utilizzano nel modello Scissor.
I risultati ottenuti dalle strutture implementando modelli meccanici semplici sono stati
confrontati con quelli calcolati da un modello dettagliato agli elementi finiti di un completo
sottoassemblaggio colonna- trave. Il modello descritto è stato creato usando ABAQUS.
Sono state effettuate entrambe le analisi elastica e anelastica. Si è constatato che una buona
correlazione è stata ottenuta tra i modelli meccanici e il modello agli elementi finiti. I
risultati del modello ad elementi finiti sono stati confrontati con i risultati sperimentali
ottenuti nel corso del progetto SAC ed è stato ottenuta una buona correlazione. L'analisi
dettagliata è brevemente descritta nella seconda parte di questo lavoro.
2.3.3 - Meccanismi del nodo colonna-trave
Nella figura è mostrato un tipico sottoassemblaggio interno colonna-trave di un telaio
resistente a momento. Il sottoassemblaggio è in equilibrio con i carichi se i momenti in
mezzeria delle travi e a metà altezza delle colonne sono pari a zero. Si presume che le
dimensioni della sezione e la campata delle travi sono le stesse su entrambi i lati della
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CAPITOLO 2 26
colonna, e che è utilizzata per la colonna una singola sezione su tutta l'altezza. Le travi sono
saldate alla flangia della colonna. Un doppio piatto può essere utilizzato per rinforzare la
zona pannello.
I termini α e β rappresentano rispettivamente i rapporti tra l'effettiva profondità della
colonna sulla lunghezza della campata, e l'effettiva profondità della trave sull'altezza della
colonna. L'effettiva profondità di una sezione è definita come la distanza tra i baricentri
delle flange. L'uso di questi termini al posto delle dimensioni fisiche semplifica
notevolmente la derivazione delle proprietà dei modelli.
Figura 2.7 - Tipico sottoassemblaggio interno colonna-trave [5]
2.3.4 - Drift totale nel sottoassemblaggio
Il drift totale nel sottoassemblaggio, Δ, è definito come lo spostamento laterale della parte
superiore della colonna rispetto alla parte inferiore della colonna sotto il carico VC.
Seguendo la procedura descritta da Charney, questo drift può essere suddiviso in tre
componenti, uno per la colonna, uno per la trave, e uno per la zona pannello.
∆= ∆𝐶 + ∆𝐺 + ∆𝑃
I componenti di spostamento delle colonne e delle travi sono dovuti a deformazioni assiali,
flessionali e di taglio che si verificano nella regione della luce libera delle rispettive sezioni.
Il contributo allo spostamento dato dal pannello può anche essere diviso in componenti
assiali, flessionali e di taglio:
∆𝑃= ∆𝑃𝐴 + ∆𝑃𝐹 + ∆𝑃𝑉
Come già detto, questo lavoro si concentra sullo sviluppo della componente di taglio della
zona pannello per lo spostamento del sottoassemblaggio. Va notato che questa componente
include la flessione localizzata nelle flange della colonna, ma la flessione lungo la
profondità del pannello è rappresentata da ΔPF.
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CAPITOLO 2 27
2.3.5 - Partecipazione della zona pannello nel drift totale del sottoassemblaggio
Se si assume che il momento della trave alla faccia della colonna è portato interamente dalle
flange della trave, può essere mostrato da semplici calcoli statici che la forza di taglio
orizzontale nella zona pannello è:
𝑉𝑃 =𝑉𝐶(1 − 𝛼 − 𝛽)
𝛽
Lo sforzo di taglio corrispondente nel pannello è:
𝜏𝑃 =𝑉𝐶𝐻(1 − 𝛼 − 𝛽)
∇P
Questo sforzo di taglio è uniforme in tutto il volume della zona pannello. Il termine ∇P, che
rappresenta il volume della zona di pannello, compare ripetutamente nelle relazioni
seguenti.
Per determinare il contributo della zona pannello al drift del sottoassemblaggio vengono
applicate delle forze virtuali unitarie uguali ed opposte al posto dei reali tagli 𝑉𝐶 della
colonna. Lo sforzo di taglio nel pannello dovuto alla forza di taglio virtuale unitaria è:
𝜏1 =𝐻(1 − 𝛼 − 𝛽)
∇P
Il contributo di deformazione al taglio della zona pannello al drift del sottoassemblaggio si
ottiene integrando il prodotto delle deformazioni reali per la tensioni virtuali sul volume del
pannello. L'uniformità di tensioni e di deformazioni sul volume del pannello semplifica
l'integrazione.
∆𝑃𝑉= ∫𝜏𝑃𝜏1
𝐺𝑉
𝑑𝑉 =𝑉𝐶𝐻2(1 − 𝛼 − 𝛽)2
𝐺∇P
Il modello Krawinkler e il modello Scissor devono avere lo stesso contributo di spostamento
al taglio della zona pannello come dato dall'equazione appena scritta.
2.3.6 - Resistenza a taglio della zona pannello
La ricerca effettuata da Krawinkler ha dimostrato che la resistenza della zona pannello è
data da due componenti, taglio nel pannello stesso, e flessione nelle flange della colonna. La
più grande di queste componenti è il taglio della zona pannello, che è portato dall’anima
della colonna e dal doppio piatto se presente. Se si assume che la tensione di snervamento a
taglio è 1/√3 ≅ 0,6 volte la tensione di snervamento uniassiale e che la colonna e il doppio
piatto sono realizzati con lo stesso materiale, la resistenza di snervamento del pannello a
taglio è:
𝑉𝑌𝑃 = 0,6𝐹𝑦𝛼𝐿𝑡𝑃 =0,6𝐹𝑦∇𝑃
𝛽𝐻
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CAPITOLO 2 28
La seconda componente di resistenza deriva dalla flessione di snervamento delle flange
della colonna. Questo fenomeno, che è più significativo per le colonne con flange molto
spesse, è stato osservato da test e può essere calcolato utilizzando il principio degli
spostamenti virtuali. La resistenza a taglio calcolata, dovuta alla flangia della colonna nella
regione del nodo, è:
𝑉𝑌𝐹 = 1,8𝐹𝑦𝑏𝐶𝑓𝑡𝐶𝑓
2
𝛽𝐻
dove il moltiplicatore 1,8 è un fattore di calibrazione in base ai risultati dei test.
2.3.7 - Risposta forza-deformazione
Il comportamento forza-deformazione assunto dal nodo colonna-trave è illustrato nella
figura 2.8. La relazione del momento-rotazione nella figura verrà utilizzato in seguito.
Figura 2.8 - Relazione forza-deformazione per il nodo colonna-trave [5]
La risposta totale è pari alla somma della risposta del pannello e delle flange della colonna.
A seguito di Krawinkler si assume che la deformazione di snervamento della componente
flangia è quattro volte la deformazione di snervamento della componente pannello. Va
notato che la figura mostra che la resistenza della componente flangia ha effetto immediato
al momento del caricamento. Krawinkler presuppone che questa componente di resistenza
non si verifica fino a quando il pannello snerva a taglio.
2.3.8 - Modello Krawinkler
Il modello Krawinkler è mostrato in figura 2.9. Il modello si compone di quattro elementi
rigidi collegati agli angoli da molle rotazionali. Le molle agli angoli in basso a sinistra e in
alto a destra non hanno rigidezza, e quindi agiscono come vere cerniere. La molla in alto a
sinistra viene utilizzata per rappresentare la resistenza al taglio della zona pannello, e la
molla in basso a destra viene utilizzata per rappresentare la resistenza a flessione della
flangia della colonna. Sono necessari per il modello un totale di dodici nodi (ci sono due
nodi ad ogni angolo). Il numero di gradi di libertà del modello dipende dall'uso di vincoli
nodali o nodi schiavi. Il numero minimo di gradi di libertà necessari per modellare il
pannello è di quattro in una struttura planare. Il massimo è 28.
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CAPITOLO 2 29
Figura 2.9 - Modello Krawinkler [5]
Le proprietà delle molle nel modello Krawinkler sono facilmente calcolate in termini di
proprietà fisiche. Guardando solo la molla del pannello, per esempio, il momento nella
molla è uguale al taglio del pannello per l'altezza del pannello. (Vedere lo schema a destra
della figura 2.8). La rotazione nella molla è uguale alla deformazione di taglio nel pannello
diviso l'altezza del pannello. Quindi:
𝑀𝑃,𝐾 = 𝑉𝑃𝛽𝐻
𝜃𝑃,𝐾 =𝑉𝑃𝛽𝐻
𝐺𝛼𝐿𝑡𝑃
1
𝛽𝐻=
𝑉𝑃𝛽𝐻
𝐺∇𝑃
Si noti che il pedice "K", nelle espressioni scritte sopra, si riferisce al modello Krawinkler.
La rigidezza della molla rotazionale rappresentante il pannello nel modello Krawinkler è il
momento diviso la rotazione:
𝑆𝑃,𝐾 =𝑀𝑃,𝐾
𝜃𝑃,𝐾
= 𝐺∇𝑃
Il momento di snervamento nella molla è semplicemente la resistenza a taglio del pannello
per l'altezza del pannello. Usando l'equazione 𝑉𝑌𝑃 = 0,6𝐹𝑦𝛼𝐿𝑡𝑃 =0,6𝐹𝑦∇𝑃
𝛽𝐻 si ha:
𝑀𝑌𝑃,𝐾 = 𝑉𝑌𝑃𝛽𝐻 = 0,6𝐹𝑦∇𝑃𝑍
Come si vede nella figura 2.8, la rigidezza della componente flangia del modello
Krawinkler è uguale al momento di snervamento della componente flangia diviso quattro
volte la rotazione di snervamento della componente pannello. La rotazione di snervamento
della molla che rappresenta la componente del pannello è:
𝜃𝑃,𝐾 =𝑀𝑌𝑃,𝐾
𝐾𝑌𝑃,𝐾
= 0,6𝐹𝑌
𝐺
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CAPITOLO 2 30
Il momento di snervamento è uguale alla resistenza di snervamento per l'altezza del
pannello:
𝑀𝑌𝐹,𝐾 = 𝑉𝑌𝐹𝛽𝐻 = 1,8𝐹𝑦(b𝐶𝑓)(t𝐶𝑓)2
e la rigidezza risultante è:
𝑆𝐹,𝐾 =𝑀𝑌𝐹,𝐾
4𝜃𝑌𝑃,𝐾
= 0,75(b𝐶𝑓)(t𝐶𝑓)2
𝐺
In sintesi, le espressioni di 𝑆𝑃,𝐾, 𝑀𝑌𝑃,𝐾, 𝑆𝐹,𝐾 e di 𝑀𝑌𝐹,𝐾 sono tutte quelle che sono necessarie
per modellare rispettivamente la molla del pannello e la molla della flangia nel modello
Krawinkler. Se si desidera può essere aggiunta una componente di deformazione di
incrudimento.
2.3.9 - Modello Scissors
Il modello Scissor è illustrato nella figura 2.10. Il nome di questo modello deriva dal fatto
che il modello agisce come un paio di forbici, con una singola cerniera nel centro. Sono
richiesti solo due nodi per modellare il nodo se sono utilizzate le zone di estremità rigida per
le regioni della colonna e della trave all'interno della zona pannello. Il modello ha quattro
gradi di libertà. Come per il modello Krawinkler, viene utilizzata una molla rotazionale per
rappresentare il comportamento della componente pannello e l'altra viene utilizzata per
rappresentare il comportamento della componente flangia.
Le proprietà del modello Scissor sono determinate da quelle trovate in precedenza per il
modello Krawinkler. In primo luogo, si considera il fattore di partecipazione della
deformazione per il taglio del pannello come derivati nell'equazione ∆𝑃𝑉= ∫𝜏𝑃𝜏1
𝐺𝑉𝑑𝑉 =
𝑉𝐶𝐻2(1−𝛼−𝛽)2
𝐺∇P. Si fa notare che il denominatore di questa equazione è lo stesso della rigidezza
della molla del pannello per il modello Krawinkler, l’equazione può essere riscritta come:
∆𝑃=𝑉𝐶𝐻2(1 − 𝛼 − 𝛽)2
𝑆𝑃,𝐾
Per il modello Scissor, il momento della molla della colonna sotto il taglio VC è
semplicemente VCH. Se la molla Scissor ha una rigidezza SP,S, la rotazione nella molla è
VCH / SP, S. Il drift oltre l'altezza della colonna è la rotazione per l'altezza, quindi per il
modello Scissor:
∆𝑃,𝑆𝑐𝑖𝑠𝑠𝑜𝑟=𝑉𝐶𝐻2
𝑆𝑃,𝑆
Dato che questa deformazione deve essere identica a quella data nell’equazione ∆𝑃=𝑉𝐶𝐻2(1−𝛼−𝛽)2
𝑆𝑃,𝐾 , è evidente che la relazione tra la molla di Krawinkler e la molla di Scissor è
la seguente:
𝑆𝑃,𝑆 =𝑆𝑃,𝐾
(1 − 𝛼 − 𝛽)2
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CAPITOLO 2 31
Allo stesso modo, quando il momento nella molla di Krawinkler è VPβH, il momento nella
molla di Scissor è VCH. Utilizzando le equazioni 𝑉𝑃 =𝑉𝐶(1−𝛼−𝛽)
𝛽 e 𝑀𝑃,𝐾 = 𝑉𝑃𝛽𝐻 si ha:
𝑀𝑃,𝐾 = 𝑉𝑃𝛽𝐻 = 𝑉𝐶𝐻(1 − 𝛼 − 𝛽)
𝑀𝑃,𝑆 =𝑀𝑃,𝐾
(1 − 𝛼 − 𝛽)
Le relazioni date dalle equazioni 𝑆𝑃,𝑆 =𝑆𝑃,𝐾
(1−𝛼−𝛽)2 e 𝑀𝑃,𝑆 =
𝑀𝑃,𝐾
(1−𝛼−𝛽) valgono anche per le
componenti dei modelli della flangia della colonna:
𝑆𝐹,𝑆 =𝑆𝐹,𝐾
(1 − 𝛼 − 𝛽)2
𝑀𝐹,𝑆 =𝑀𝐹,𝐾
(1 − 𝛼 − 𝛽)
Figura 2.10 - Modello Scissor [5]
Come esempio, consideriamo il caso in cui α e β sono rispettivamente 0,1 e 0,2, la molla
Scissor dovrà essere di circa due volte più rigida e 1,43 volte più forte della molla
Krawinkler. Molti analisti utilizzano erroneamente le molle derivate per il modello
Krawinkler nel modello Scissor. Questo produrrà modelli che sono più flessibili rispetto alla
struttura vera, e che prematuramente snerva nelle regioni della zona pannello.
2.3.10 - Confronto tra i modelli Krawinkler e Scissor
Si dovrebbe notare dalle equazioni 𝑆𝑃,𝑆 =𝑆𝑃,𝐾
(1−𝛼−𝛽)2 e 𝑀𝑃,𝑆 =
𝑀𝑃,𝐾
(1−𝛼−𝛽) che mentre le proprietà
dei modelli Scissor dipendono dalla quantità α e β, quelli del modello Krawinkler non lo
sono. Dal momento che si presumeva esplicitamente che le colonne e le travi su entrambi i
lati del nodo sono di uguale altezza e larghezza, e questi termini si riflettono in α e β, il
modello Scissor non può essere utilizzato quando questa condizione viene violata. Non c'è
nessuna restrizione sull'utilizzo del modello Krawinkler.
La forma deformata dei modelli Krawinkler e Scissor sono mostrati nella figura 2.11. In
questa figura tutta la deformazione viene considerata nel pannello, con la trave e la colonna
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CAPITOLO 2 32
rigida. La differenza più evidente nel comportamento tra i due modelli è l'offset negli assi
baricentrici delle colonne e delle travi nel modello Krawinkler, che non sono presenti nel
modello Scissor.
Una serie di analisi sono state effettuate utilizzando DRAIN-2DX per determinare l'effetto
delle differenze cinematiche sulla risposta di un’analisi pushover di una serie di telai piani
che avevano snervato nella zona pannello e alle estremità delle travi. Sono state utilizzate
una varietà di campate per le travi, ma l'altezza della colonna è rimasta costante. L’analisi è
stata effettuata con e senza carico di gravità, con e senza effetti P-Delta. Per il semplice
sottoassemblaggio analizzato usando i modelli Krawinkler e Scissor, le risposte pushover
erano identiche. Per strutture create assemblando sottoassemblaggio in una trave rettilinea,
ma con cerniere reali a metà travi e a metà altezza delle colonne, le risposte pushover
nuovamente erano identiche. Piccole differenze nelle risposte pushover sono state ottenute
quando sono state rimosse le cerniere a metà campata / metà altezza.
Si è concluso, quindi, che il modello Scissor, se correttamente utilizzato, è generalmente più
efficace per l'analisi del modello Krawinkler, date le approssimazioni nelle derivazioni e le
incertezze coinvolte nell'analisi.
Figura 2.11 - Modello cinematico di Krawinkler (sinistra) e modello cinematico di Scissor (destra) [5]
2.3.11 - Conclusioni
Modelli meccanici semplificati come il modello Krawinkler e il modello Scissor sono
estremamente efficaci nel rappresentare sia le deformazioni elastiche che anelastiche nella
zona pannello in strutture a telaio in acciaio. Mentre il modello Krawinkler è molto più
complesso e ha notevoli differenze cinematiche con il modello Scissor, i risultati ottenuti
con i due modelli sono essenzialmente identici. I risultati dei modelli meccanici semplici si
correlano bene anche con le più avanzate analisi agli elementi finiti, e con i risultati
sperimentali.
Il modello Scissor, tuttavia, è limitato all’utilizzo nei telai con campate di uguale larghezza
e con piani di uguale altezza. Il modello Krawinkler non ha nessuna restrizione del genere.
Si verificano errori molto significativi nell'analisi se le proprietà derivate per il modello
Krawinkler vengono utilizzate in un modello Scissor.
2.4 - NODI SEMI-RIGIDI SECONDO SAP2000 [6]
2.4.1 - Nodi -Zone pannello
L’assegnazione di una zona pannello ad un nodo permette una rotazione differenziale e in
alcuni casi una traslazione differenziale da travi ad altri oggetti, da controventi ad altri
oggetti, o da connessioni di colonne.
1. Selezionare l’oggetto punto dove assegnare una zona pannello.
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CAPITOLO 2 33
2. Fare clic sul menu Assegna > nodi > il comando zona pannello per accedere
all’assegnazione della zona pannello.
3. Specificare le proprietà, la connettività, l’orientamento degli assi locali e un’opzione
assegnazione per la zona pannello utilizzando le opzioni sulla forma Assegnare Zona
Pannello:
Area Proprietà. Quando vengono specificate le proprietà della zona pannello,
la rigidezza delle molle utilizzate per modellare la zona pannello è
effettivamente specificata. Sono disponibili le seguenti opzioni per specificare
le proprietà della zona pannello:
o Proprietà elastiche dalla Colonna. In questo caso, sono prese dalla
colonna solo le proprietà di rotazione per flessione attorno all’asse
principale (asse locale 3) e asse minore (asse locale 2). Queste
proprietà di rotazione sono assegnate alla molla della zona pannello che
collega i due nodi interni nella zona pannello creati da SAP2000. Per
tutti gli altri gradi di libertà, per i nodi interni nella zona pannello si
presume che siano rigidamente collegati. Quando questa opzione è
selezionata, l’unica opzione attiva per collega la Zona Pannello è Travi
ad altri oggetti e l’unica opzione attiva per il local-Axis è da colonna.
Se nessuna colonna è connessa all’oggetto punto nel quale è stato
assegnato la zona pannello, l’assegnazione zona pannello viene
ignorata da SAP2000. Quando l’analisi è in esecuzione, un messaggio
di avviso riporta l’assegnazione delle zone pannello che sono ignorate a
causa di questa condizione.
o Proprietà elastiche da colonna e piatto doppio. Per utilizzare questa
opzione, specificare anche un duplicatore di spessore della lamiera.
SAP2000 poi cambia lo spessore dell’anima (direzione asse locale)
della colonna per essere uguale allo spessore dell’anima originale più
lo specificato spessore della lamiera doppia e calcola le proprietà di
questa sezione modificata. Le proprietà di rotazione per la flessione
attorno all’asse principale (asse locale 3) e asse minore (asse locale 2)
sono prese dalla sezione della colonna modificata. Quelle proprietà di
rotazione sono assegnate alla molla della zona pannello che collega i
due nodi interni nella zona pannello creati da SAP2000. Per tutti gli
altri gradi di libertà, i nodi interni nella zona pannello si presume siano
rigidamente collegati. Quando questa opzione è selezionata, l’unica
opzione attiva per collega la Zona Pannello è Travi ad altri oggetti e
l’unica opzione attiva per il local-Axis è da colonna. Se nessuna
colonna è connessa all’oggetto punto nel quale è stato assegnato la
zona pannello, l’assegnazione zona pannello viene ignorata da
SAP2000. Quando l’analisi è in esecuzione, un messaggio di avviso
riporta l’assegnazione delle zone pannello che sono ignorate a causa di
questa condizione.
o Specificate Proprietà della molla. Con questa opzione, specificare le
rigidezze di rotazione della molla per l’asse maggiore a flessione
(intorno all’asse locale 3 della colonna e zona del pannello) e asse
minore a flessione (intorno all’asse locale 2 della colonna e zona del
pannello). Queste due proprietà della molla rotazionale sono assegnate
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CAPITOLO 2 34
alla molla della zona pannello che collega i due nodi interni nella zona
pannello creati da SAP2000. Per tutti gli altri gradi di libertà, i nodi
interni nella zona del pannello si presume siano rigidamente collegati.
Quando questa opzione è selezionata, l’unica opzione attiva per collega
la Zona Pannello è Travi ad altri oggetti e l’unica opzione attiva per
l’Asse locale è da colonna.
o Specificata Proprietà di Link. Con questa opzione, si specifica una
proprietà elemento link per la zona pannello. Le proprietà
dell’elemento link sono assegnate alla molla che collega i due nodi
interni nella zona pannello creati da SAP2000. In tal caso, la molla
potrebbe avere proprietà per tutti i sei gradi di libertà se sono definite
proprietà del collegamento diverse da zero per tutti i sei gradi di libertà.
Se per un particolare grado di libertà non sono state assegnate le
proprietà dell’elemento link, SAP2000 assume quel grado di libertà
essere rigidamente connesso. Pertanto, se per qualche ragione uno dei
gradi di libertà della zona pannello deve avere rigidezza praticamente
nulla, si deve specificare una rigidezza piccola per quel grado di libertà
nella proprietà del collegamento. Se le proprietà statiche non lineari
sono state definite per la proprietà del collegamento, queste proprietà
sono considerate quando viene eseguita una analisi statica non lineare
(pushover). Allo stesso modo, se proprietà non lineari dinamiche sono
state definite per la proprietà del collegamento, queste proprietà sono
considerate quando viene eseguita una analisi non lineare “time
history”. Così quando le proprietà della zona pannello sono basate su
una proprietà del collegamento specificata, può essere modellato il
comportamento del modello non lineare della zona pannello. Quando
questa opzione è selezionata, entrambe le opzioni sono disponibili e
attive nella zona Pannello collega ed entrambe le opzioni sono
disponibili e attive nella zona dell’Asse locale.
Area Connessioni Zona di Pannello. La scelta per la connettività della zona
pannello è trave ad altri oggetti, quando una delle opzioni nell’area Proprietà è
selezionata e entrambe travi ad altri oggetti e controventi ad altri oggetti,
quando l’opzione proprietà specificata di collegamento nella zona Proprietà è
selezionata. Se un tipo di connettività è specificato per la zona pannello per un
oggetto punto e il tipo di elemento specificato non si connette all’oggetto
punto, SAP2000 ignora l’assegnazione di zona pannello. Per esempio, se
l’opzione controventi ad altri oggetti è selezionata e nessun controvento si
trova nell’oggetto punto selezionato, l’assegnazione zona pannello viene
ignorata. Quando l’analisi è in esecuzione, un messaggio di avviso riporta
l’assegnazione delle zone di pannello che sono ignorate a causa di questa
condizione (se presente).
Di seguito sono riportate le descrizioni dei due tipi di connettività per la zona
di pannello:
o Travi ad altri oggetti. Per connettività travi ad altri oggetti, SAP2000
crea due nodi distinti per modellare la zona del pannello. Tutti i
membri trave sono collegati ad uno dei nodi e tutti gli altri oggetti sono
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CAPITOLO 2 35
collegati all’altro nodo. I due nodi sono collegati da una molla che ha le
proprietà specificate per la zona pannello.
o Controventi ad altri oggetti. Per connettività controventi ad altri
oggetti, SAP2000 crea due nodi distinti per modellare la zona pannello.
Tutti i membri controventi sono collegati ad uno dei nodi e tutti gli altri
oggetti sono collegati all’altro nodo. I due nodi sono collegati da una
molla che ha le proprietà specificate per la zona pannello.
Area Asse locale. La scelta per gli assi locali è da Colonna, quando una delle
opzioni nell’area Proprietà è selezionata e sia da colonne e Angolo quando
l’opzione di proprietà Link specificato nella zona Proprietà è selezionata.
L’asse locale positivo 1 è nella stessa direzione dell’asse globale positivo Z.
La direzione dell’asse locale positivo 3 è determinata dalla direzione dell’asse
locale 1 e 2 come descritto nel presente documento utilizzando la regola della
mano destra. Specificare la direzione positiva dell’asse locale 2 come una
delle seguenti:
o Da Colonna. L’asse positivo locale 2 della zona pannello è nella stessa
direzione dell’asse locale positivo 2 della colonna collegata alla zona
pannello. Se le colonne sono collegate alla zona pannello da sopra e
sotto, e hanno diversi orientamenti degli assi locali, l’asse locale
positivo 2 della zona pannello è nella stessa direzione dell’asse locale
positivo 2 della colonna sotto (e collegato a) la zona pannello. Se l’asse
locale 2 è specificato essere basato su una colonna e nessuna colonna
esiste nella posizione della zona di pannello, l’asse locale positivo 2 è
orientato nella stessa direzione dell’asse globale positivo X.
o Angolo. La direzione dell’asse locale positivo 2 della zona pannello è
specificato da un angolo misurato in gradi dall’asse globale positivo X.
Un angolo positivo appare in senso antiorario. Un angolo di 0 gradi
significa che l’asse locale positivo 2 è nella stessa direzione dell’asse
globale positivo X. Un angolo di 90 gradi significa che l’asse locale
positivo 2 è nella stessa direzione dell’asse globale positivo Y. Vedere
il disegno sottostante.
Area Opzioni. Specificare in che modo bisogna assegnare la zona pannello.
o Sostituire Zone Pannello esistenti: Sostituisce la zona pannello
attualmente specificata (rigidezza della molla), con l’assegnazione di
una nuova zona pannello.
o Eliminare Zone Pannello esistenti: elimina l’assegnazione zona
pannello apportata all’oggetto punto selezionato. Quando questa
opzione è selezionata, gli elementi nelle aree Proprietà, connettività e
Asse locale vengono ignorati quando il pulsante OK viene premuto.
2.4.1.1 - L’ elemento Nllink [7]
L’elemento Nllink viene usato per modellare delle non linearità locali all’interno della
struttura come ad esempio Multi linear elastic (elementi elastici n-lineari), Gaps (elementi
solo compressi costituiti da un molla con in serie una apertura), Hook (elementi solo tesi
costituiti da un molla con in serie un gancio), Dampers (elementi a viscosità non lineare),
Plastic (elementi a comportamento elasto-plastico con leggi diverse), Rubber Isolator
(isolatori isteretici), Friction Isolator (isolatori ad attrito).
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CAPITOLO 2 36
2.4.1.1.1 - Sommario
L’elemento Nllink viene usato per modellare una non linearità concentrata della struttura. Il
comportamento non lineare è utilizzabile solo durante analisi non lineari (statiche,
dinamiche). Per le altre analisi gli Nllink hanno un comportamento lineare.
Ogni elemento Nllink può essere ad 1 nodo (per esempio molle a terra) o a 2 nodi. In
entrambi i casi le loro proprietà sono definite allo stesso modo.
Ogni elemento è assunto come composto da 6 molle separate, una per ogni grado di libertà
(assiale, taglio, torsione e momento puro).
Ognuna di queste molle possiede un doppio gruppo di proprietà:
il primo gruppo definisce la rigidezza elastica (Linear effective-stiffness) e lo
smorzamento viscoso lineare (effective damping); tali proprietà sono utilizzate
durante le analisi lineari,
il secondo gruppo definisce una legge opzionale non lineare che verrà
utilizzata in analisi non lineari.
Se le proprietà non lineari non sono specificate per un dato grado di libertà, solo la rigidezza
elastica, ma non lo smorzamento viscoso, viene usata nelle analisi non lineari.
Lo smorzamento effettivo (lineare) viene utilizzato esclusivamente in analisi con spettro di
risposta e analisi al passo (Time-History) lineari.
Le leggi Forza-Deformazione delle molle possono essere accoppiate o indipendenti a
seconda del tipo di comportamento modellato.
Le proprietà per tutti e sei gradi di libertà sono chiamate Nlprop. Un set di Nlprop consiste
in massa, peso e al più in sei relazioni non lineari Forza-Deformazione.
I tipi di relazioni non lineari che si possono modellare attraverso questi elementi sono:
Smorzamento viscoso
Gap (apertura/giunto resistente a sola compressione) e Hook (gancio con apertura
resistente a sola trazione)
Legge multi-lineare elastica monoassiale
Legge elastoplastica monoassiale (modello secondo Wen)
Legge elastoplastica multilineare con hardening (incrudimento) cinematico
Isolatore plastico bi-assiale (esempio: isolatore in gomma)
Isolatore ad attrito (Friction-pendulum base isolator) che può essere usato come un
appoggio mono-direzionale ad attrito
2.4.1.1.2 - Collegamento dei nodi
Ogni elemento Link può essere modellato in due configurazioni:
connettendo due nodi, i e j; è possibile che questi 2 nodi occupino la stessa posizione
nello spazio nel modello indeformato,
connettendo un nodo a terra quindi con un unico nodo j.
2.4.1.1.3 - Elementi a lunghezza nulla
I seguenti tipi di Nllink sono considerati di lunghezza nulla:
Elemento a singolo nodo
Elemento a due nodi coincidenti nello spazio a struttura indeformata, oppure a due
nodi con una distanza reciproca inferiore a quella di tolleranza: zero.
Il valore di default per lo zero è 10-3. Lo scopo di questa tolleranza è quello di arrotondare i
valori inseriti per le coordinate. Per esempio, se le coordinate dei nodi sono specificate in m,
allora un possibile valore per lo zero può essere 2 o 3 mm.
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CAPITOLO 2 37
Un elemento a due nodi che possiede una lunghezza maggiore della tolleranza zero, è
considerato avere una lunghezza finita. A prescindere dal fatto che un elemento abbia
lunghezza zero o finita, la definizione delle proprietà avviene nel sistema di coordinate
locali.
2.4.1.1.4 - Gradi di libertà
L’elemento di collegamento attiva sempre tutti e sei i gradi della libertà al relativo o ai
relativi nodi connessi.
A quali gradi della libertà della struttura l’elemento contribuisce alla rigidezza dipende dalle
proprietà assegnate all’elemento. E’ necessario, al fine di scongiurare labilità della struttura,
vincolare i gradi di libertà non regolati dalle proprietà degli Nllink.
2.4.1.1.5 - Sistema di coordinate locale
Ogni elemento di collegamento ha un relativo sistema di coordinate locale dell’elemento
usato per definire le proprietà di forza-deformazione. Gli assi di questo sistema locale sono
denotati con 1, 2 e 3. Il primo asse è diretto sulla lunghezza dell’elemento e corrisponde a
deformazioni assiali. I due assi restanti si trovano nel piano perpendicolare all’asse indicato;
questi assi corrispondono a deformazioni a taglio.
È importante capire chiaramente la definizione degli assi locali 1-2-3 dell’elemento e la
relazione con il sistema di riferimento globale X-Y-Z. Entrambi i sistemi sono sistemi
destrorsi. Il compito dell’utente è quello di stabilire un sistema locale che faciliti
l’immissione dei dati e la rilettura dei risultati.
Nella maggior parte delle strutture la definizione del sistema di coordinate locali
dell’elemento è estremamente semplice.
E’ consigliabile utilizzare l’orientamento predefinito (default orientation) e definire un
angolo (Link element coordinate angle) di rotazione relativo.
Asse locale 1
L’asse locale 1 è l’asse longitudinale che corrisponde alla deformata assiale. Questo asse è
determinato da:
Per gli elementi a lunghezza finita questo asse è automaticamente definito come
direzione tra nodo i (primo nodo inserito) e nodo j (secondo nodo inserito).
Per gli elementi a lunghezza zero l’asse locale 1 predefinito è diretto come l’asse
globale Z positivo (verso l’alto).
Orientamento di default
L’orientamento di default degli assi locali 1 e 2 è determinato dalla relazione fra l’asse
locale 1 e l’asse globale Z:
il piano locale 1-2 viene preso verticale, cioè parallelo all’asse Z,
l’asse locale 2 viene preso in direzione positiva verso l’alto (+Z) a meno che
l’elemento non sia orizzontale, nel qual caso l’asse locale 2 è preso orizzontale
diretto lungo la direzione globale +X,
l’asse locale 3 è sempre orizzontale cioè giace nel piano X-Y.
Un elemento viene considerato orizzontale se il seno dell’angolo fra l’asse locale 3 e l’asse
Z è minore di 10−3.
L’angolo fra l’asse locale 2 e l’asse verticale è uguale all’angolo fra l’asse locale 1 e il piano
orizzontale. Ciò significa che l’asse locale 2 punta verso l’alto per elementi verticali.
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CAPITOLO 2 38
Angolo delle coordinate
L’angolo delle coordinate dell’elemento Nllink, ang, viene usato per definire gli
orientamenti dell’elemento diversi dall’orientamento di default. Esso è l’angolo per il quale
gli assi locali 2 e 3 sono ruotati intorno all’asse locale positivo 1 rispetto all’orientamento di
default. La rotazione di un valore positivo di ang è in senso antiorario quando l’asse locale
+1 punta verso l’osservatore.
Per elementi orizzontali, ang è l’angolo fra l’asse locale 2 e l’asse orizzontale +Y. In altre
parole, ang è l’angolo fra l’asse locale 2 e il piano verticale che contiene l’asse locale 3.
2.4.1.1.6 - Nlprop: proprietà generali
Un Nlprop è un set di proprietà strutturali che può essere usato per definire il
comportamento di uno o più elementi di tipo Link. Le Nlprop sono definite
indipendentemente dagli elementi link e sono richiamate durante le definizione di questi
elementi.
La rigidezza effettiva (Effective-stiffness) e lo smorzamento effettivo (effective-damping)
possono essere specificati. Queste proprietà saranno utilizzate durante le analisi lineari:
analisi lineari statiche, analisi modale, analisi di instabilità (Buckling analysis), analisi a
carichi mobili, analisi con spettro di risposta, analisi armoniche in frequenza (steady-state
analysis), analisi lineari al passo (linear Time history) e analisi al passo periodiche (periodic
time history).
Fanno parte del set di proprietà anche la massa (intesa come massa traslazionale e come
inerzie rotazionali) ed il peso.
Le proprietà sono definite rispetto al sistema di riferimento locale.
Molle non lineari interne
Ogni Nlprop si può pensare composto da sei “molle” non lineari interne, una per ogni grado
di libertà. Le relazioni Forza-Deformazione di queste molle possono essere indipendenti,
accoppiate, o avere entrambe le definizioni. La figura 2.12 mostra le molle di tre delle
deformazioni possibili: assiale, taglio nel piano 1-2, momento puro nel piano 1-2.
È importante sottolineare che la molla a taglio è posizionata ad una distanza pari a dj2 dal
nodo j. Assumiamo che tutta la deformazione a taglio si espleti in questa molla, e quindi che
il terreno e la struttura connessa siano infinitamente rigidi a taglio. La deformata a taglio
può causare la rotazione come una traslazione ai nodi. La forza in questa molla produrrà una
variazione lineare di momento lungo l’altezza. Il momento dovuto al taglio è indipendente e
si sommerà come costante al momento dovuto alla molla flessionale pura.
Relazioni Forza-Deformazione
Ci sono 6 relazioni Forza-Deformazione che governano il comportamento dell’elemento,
una per ogni molla interna:
Assiale: fu1 vs. du1
Taglio: fu2 vs. du2 , fu3 vs. du3
Torsionale: fr1 vs. dr1
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CAPITOLO 2 39
Figura 2.12 - Tre delle sei molle non lineari indipendenti in un elemento Link [7]
Flessione pura: fr2 vs. dr2 , fr3 vs. dr3
dove fu1 , fu2 e fu3 sono le forze interne; e fr1, fr2 e fr3 sono i momenti interni.
Queste relazioni possono essere indipendenti o accoppiate. Le forze e i momenti sono
relazionati agli spostamenti alle rotazioni o alle velocità di deformazione o di rotazione.
Forze interne
Le forze interne dell’elemento: P, V2, V3 e i momenti interni T, M2, M3 hanno lo stesso
significato che per gli elementi Frame. Sono illustrati in figura 2.13 gli effetti di queste
forze e momenti interni.
Queste Forze e Momenti interni possono essere definiti partendo dalla definizione delle
forze e dei momenti delle molle:
Assiale: P = fu1
Taglio nel piano 1-2: V2 = fu2, M3s = (d − dj2) fu2
Taglio nel piano 1-3: V3 = fu3, M2s = (d − dj3) fu3
Torsione: T = fr1
Figura 2.13 - Forze e momenti interni [7]
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CAPITOLO 2 40
Flessione pura nel piano 1-3: M2b = fr2
Flessione pura nel piano 1-2: M3b = fr3
Dove d è la distanza dal nodo j. Il momento totale risulta M2 e M3 ed è composto dal
momento puro e dal momento indotto dal taglio:
M2 = M2s +M2b
M3 = M3s +M3b
Relazione lineare Forza-Deformazione
Se tutte le molle interne sono lineari, le relazioni forza spostamento possono essere espresse
mediante la forma matriciale:
dove i valori sulla diagonale sono le rigidezze lineari delle molle.
L’espressione matriciale può essere usata anche per la rappresentazione delle forze interne e
di spostamenti al nodo j per un elemento ad 1 nodo:
Questa relazione vale anche per elementi a 2 nodi se lo spostamento del nodo i vale zero.
Rigidezza lineare effettiva - ke
Per ogni set di proprietà dei Link (Nlprop) si possono specificare sei rigidezze lineari
effettive, ke una per ogni grado di libertà.
La rigidezza lineare effettiva (linear effective stiffness, ke) rappresenta la rigidezza elastica
totale degli elementi Link e viene usata per ogni tipo di analisi lineare elastica: analisi
lineari statiche, analisi modale, analisi di instabilità (Buckling analysis), analisi a carichi
mobili, analisi con spettro di risposta, analisi armoniche in frequenza (steady-state analysis),
analisi lineari al passo (linear Time history) e analisi al passo periodiche (periodic time
history).
La rigidezza efficace lineare inoltre è usata per tutti i gradi di libertà lineari durante le
analisi non lineari.
I rapporti efficaci di forza-deformazione per Nlprops sono dati dai valori adatti di ke in
sostituzione di ku1, ku2, ku3, kr1, kr2 e kr3.
Le proprietà di rigidezza effettiva non sono usate per i gradi di libertà non lineari durante
analisi non lineare al passo. Tuttavia, in analisi non lineari al passo di tipo modal nonlinear
time history (metodo FNA) si fa uso dei modi di vibrare computati sulla base della rigidezza
efficace.
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CAPITOLO 2 41
Smorzamento lineare effettivo - ce
Per ogni Nlprop è possibile specificare sei diversi valori di smorzamento effettivo lineare.
Per default qualunque valore ce è uguale a zero.
Il valore dello smorzamento lineare effettivo (linear effective damping) rappresenta lo
smorzamento viscoso totale per l’elemento Link. Questo valore viene utilizzato per analisi
lineari (analisi modale con spettro di risposta) o analisi lineari al passo per le quali il valore
di smorzamento al passo viene ignorato.
La relativa relazione forza spostamento può essere ancora espressa sostituendo i valori di ce
ai diversi ku1, ku2, ku3, kr1, kr2 e kr3 e sostituendo le velocità di deformazione alle
corrispondenti deformazioni.
Il valore dello smorzamento lineare effettivo (linear effective damping) viene convertito nel
rapporto di smorzamento modale (modal damping ratio), assumendo uno smorzamento
proporzionale. Il valore convertito viene sommato ai valori di smorzamento modale
assegnati. Il programma non permetterà che il valore dello smorzamento modale totale
superi il 99.995% del valore di smorzamento critico.
2.4.1.1.7 - Proprietà Nlprop di tipo non lineare
Le proprietà non lineari per ogni Nlprop devono essere di uno dei vari tipi descritti qui di
seguito. Il tipo determina quali gradi di libertà possono essere non lineari e le leggi forza-
deformazione disponibili per quei gradi di libertà.
Ogni grado di libertà può avere impostato una rigidezza effettiva e uno smorzamento
effettivo come descritto precedentemente.
Durante l’analisi non lineare, i rapporti non lineari di forza-deformazione sono usati a tutti i
gradi di libertà per cui le proprietà non lineari sono state specificate. Per tutti gli altri gradi
di libertà, le rigidezze efficaci lineari sono usate durante l’analisi non lineare.
Le proprietà non lineari non sono usate per qualunque altro tipo di analisi. Le rigidezze
effettive sono usate per tutti i gradi di libertà per tutte le analisi lineari.
Ogni rapporto non lineare di forza-deformazione include un coefficiente di rigidezza, K.
Questo rappresenta la rigidezza lineare quando l’effetto non lineare è trascurabile, per
esempio, per caricamento veloce dell’ammortizzatore (modellato con un elemento Damper);
per un elemento di tipo GAP o HOOK chiuso; o in assenza di snervamento o scivolamento
per elementi di tipo Plastic, Rubber Isolator o Friction isolator.
Se K è zero, nessuna forza non lineare può essere generata per quel grado di libertà, con
l’eccezione della forza del pendolo nell’elemento di tipo Friction isolator.
Proprietà dell’elemento Multi-elastico
Per ogni grado di libertà si possono specificare elementi multi-elastici indipendenti.
Se non si specificano le proprietà non lineari per un grado di libertà, quel grado di libertà è
lineare usando la rigidezza efficace, che può essere zero. Pertanto al fine di scongiurare
labilità è necessario vincolare in altro modo quel grado di libertà.
La relazione Forza-Deformazione è data da una curva n-lineare elastica. La curva n-lineare
rappresenta rigidezze costanti a tratti. La curva viene passata per punti e deve avere le
seguenti restrizioni:
Un punto della curva deve essere l’origine (0,0)
Almeno un punto deve essere definito nel campo di deformazione positiva e negativa
Le curve Forza-Deformazione devono essere monotoniche
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CAPITOLO 2 42
Il comportamento ad una deformazione infinita è estrapolato attraverso l’ultimo ramo
(ultimi due punti inseriti) sia nel campo di deformazione positivo sia in quello
negativo.
Bisogna fare attenzione al fatto che il comportamento è non lineare ma elastico. Questo vuol
dire che l’elemento multilineare è un elemento elastico la cui curva è n-lineare e che la
stessa curva viene seguita in fase di carico e in fase di scarico senza avere isteresi.
Proprietà dell’elemento Plastico di tipo Wen
Per ogni grado di libertà si possono specificare elementi plastici uniassiali indipendenti. Il
modello plastico è basato su un comportamento isteretico proposto da Wen (1976). Si veda
la figura 2.14.
Figura 2.14 - Elemento Plastico di tipo Wen per un carico uniassiale [8]
Il comportamento plastico è indipendente per ogni grado di libertà, il raggiungimento dello
snervamento su un qualunque grado di libertà non induce effetti su gli altri gradi di libertà.
Se non si specificano le proprietà non lineari per un grado di libertà, quel grado di libertà è
lineare usando la rigidezza efficace, che può essere zero. Pertanto al fine di scongiurare
labilità è necessario vincolare in altro modo quel grado di libertà.
La legge Forza-Deformazione assunta è:
f = ratio k d + (1 − ratio) yield z
dove k è la rigidezza della fase elastica, yield è la forza di snervamento, ratio è il rapporto
tra il valore della rigidezza dopo lo snervamento e il valore di rigidezza della fase elastica, z
è la variabile isteretica interna.
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CAPITOLO 2 43
Questa variabile assume valori compresi nell’intervallo |z|≤1 con la superficie di
snervamento rappresentata da |z|=1. Il valore iniziale di z è zero, ed evolve in accordo con
la seguente equazione differenziale:
�̇� =𝑘
𝑦𝑖𝑒𝑙𝑑{
�̇�(1 − |𝑧|𝑒𝑥𝑝) ⇔ 𝑑�̇� > 0
�̇�
dove exp è un esponente maggiore o uguale ad 1. Valori molto alti dell’esponente
producono un incremento dell’acutezza nel passaggio tra il primo e il secondo ramo della
bilatera. Il limite pratico corrente per ottenere un passaggio brusco tra i due rami è exp = 20.
Si veda la figura 2.15.
Figura 2.15 - Definizione dei parametri di un elemento Plastic di tipo Wen [8]
Proprietà dell’elemento Plastico di tipo cinematico (Kinematic)
Questo modello è basato sul comportamento di incrudimento cinematico che si osserva
comunemente in strutture in acciaio. Il comportamento plastico è indipendente per ogni
grado di libertà, il raggiungimento dello snervamento su un qualunque grado di libertà non
induce effetti su gli altri gradi di libertà.
Per una schematizzazione del comportamento di questo elemento soggetto a cicli di carico e
scarico si veda la figura 2.16.
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CAPITOLO 2 44
Figura 2.16 - Elemento Plastico con incrudimento cinematico [8]
La relazione Forza-Deformazione è data da una curva n-lineare elastica. La curva n-lineare
rappresenta rigidezze costanti a tratti. La curva viene passata per punti e deve avere le
seguenti restrizioni:
Un punto della curva deve essere l’origine (0,0)
Almeno un punto deve essere definito nel campo di deformazione positiva e negativa
Le curve Forza-deformazione devono essere monotoniche
Le forze (momenti) in un punto devono avere lo stesso segno delle deformazioni
Le pendenze dei tratti finali (semispazio positivo e semispazio negativo) non possono
essere negative (effetto di softening).
La pendenza determinata dagli ultimi due punti inseriti nel semispazio positivo viene
estesa fino all’infinito (vedere tratto finale nella figura 2.16).
Per la regola dell’incrudimento cinematico, le deformazioni plastiche in una direzione
trascinano la curva nell’altra direzione.
Si consideri il percorso indicato nella figura 2.16.
Origine nel punto 0
I punti nel semispazio positivo sono indicati con 1,2,3 ...
I punti del semispazio negativo sono indicati con -1,-2, -3...
Il carico ciclico a cui è soggetto l’elemento rappresentato nella figura 2.16 aumenta di
amplificazione.
Iniziando il ciclo caricando l’elemento nel semispazio positivo (si induce una deformata
positiva), il sistema si sposta lungo il tratto 0-1 fino a raggiungere il punto 1 che delimita il
passaggio dalla fase elastica a quella plastica. Arrivando al punto 1 si genera per simmetria
polare il punto -1 (stessa forza e stesso spostamento cambiati di segno). Continuando a
caricare positivamente ci si dirige verso il punto 2 (abbandono della fase elastica). Se si
scarica prima di essere giunti al punto 2, il sistema si muove parallelamente al tratto 0-1 fino
ad arrivare in prossimità del punto -2. Si fa notare che il punto 2 ancora non si è formato, e
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CAPITOLO 2 45
non si forma fino a che, o si amplifica il carico nel semispazio negativo oppure, come nel
caso indicato nella figura, tornando a caricare al ciclo successivo si raggiunge nel
semispazio positivo il punto 2. Continuando a caricare si arriva al punto 3, successivamente
scaricando, il sistema si muove raggiungendo il punto -2 ed infine il punto -3. Tutti e tre
questi punti (-1, -2 e -3), erano stati generati da deformazioni positive e non da
deformazioni negative.
Quando si definiscono i punti sulla curva multi-lineare, va tenuto presente che i punti
simmetrici saranno creati anche se la curva non è simmetrica.
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CAPITOLO 2 46
2.5 - BIBLIOGRAFIA
[4] FEMA (2000), “State of the Art Report on Performance Prediction and Evaluation of
Steel Moment-Frame Buildings”, Federal Emergency Management Agency-355F,
Washington D.C., Semptember 2000.
[5] Finley A. Charney, Virginia Tech, U.S.A. William M. Downs, Simpson Strong Tie, Inc.,
U.S.A. (2004), “Modeling procedures for panel zone deformations in moment resisting
frames”, Amsterdam June 3-4, 2004.
[6] Computers and Structures, Inc. (2010), “SAP2000® Help, Linear and Nonlinear Static
and Dynamic Analysis and Design of Three Dimensional Structures ”.
[7] M. Brunetta, L. Bandini M. De Lorenzi (2006), “SAP2000® analisi lineare/non lineare
integrata con verifiche per strutture tridimensionali”, Pordenone, Settembre 2006.
[8] Computers and Structures, Inc. (2010), “CSI Analysis Reference Manual For
SAP2000®, ETABS®, and SAFE® ”, Berkeley, California (USA), March 2010.
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CAPITOLO 3 47
3 - COMPORTAMENTO NON LINEARE
DEI TELAI IN ACCIAIO
3.1 - INTRODUZIONE
La progettazione di edifici è generalmente svolta utilizzando codici di calcolo ad hoc per
l’analisi strutturale, nei quali sono state implementate le teorie strutturali (travi, lastre e
gusci). Tali teorie nascono dall’esigenza di ottenere, per mezzi continui dotati di particolare
struttura, soluzioni più agevoli rispetto a quelle offerte dalla meccanica del continuo,
utilizzando ipotesi semplificative senza compromettere la correttezza della formulazione.
In particolare gli elementi generalmente utilizzati per modellare edifici con struttura a telaio
(costituiti da travi e colonne o da elementi riconducibili a questi) soddisfano le ipotesi della
teoria delle travi: generati da una superficie piana (sezione trasversale) che trasla
mantenendosi ortogonale alla traiettoria descritta dal suo baricentro (asse geometrico), in
modo tale che sviluppo e raggi di curvatura dell’asse geometrico risultino grandi rispetto a
qualunque dimensione lineare della sezione trasversale (elementi snelli), essi si deformano
mantenendo piane le sezioni rette e possono quindi essere rappresentati dal solo asse
geometrico. I codici di calcolo descrivono quindi le strutture a telaio tramite elementi mono-
dimensionali.
E’ importante comunque ricordare che per quegli elementi strutturali per i quali non vale
l’ipotesi di snellezza (le dimensioni della sezione sono comparabili con quelle della
lunghezza) e quindi di indeformabilità della sezione, è necessario fare ricorso ad altri
modelli: ad esempio per pareti e trave spesse si possono utilizzare elementi bidimensionali
che si rifanno alla teoria delle lastre, per blocchi di muratura si possono utilizzare elementi
tridimensionali propri della meccanica del continuo.
Sebbene la teoria elastica lineare sia una formulazione efficiente del problema strutturale, le
stesse ipotesi su cui essa si basa la rendono del tutto inadatta a cogliere il reale
comportamento di una struttura, all’insorgere di una qualunque non linearità.
La caratteristica fondamentale dell’analisi non lineare risiede nell’impossibilità di garantire,
da parte della teoria stessa, l’esistenza di una soluzione e quand’anche essa vi sia, la sua
unicità. Risulta inoltre non più applicabile il principio di sovrapposizione degli effetti,
basato sull’indipendenza della risposta del sistema dalla storia di carico, inoltre in generale
il sistema non è più conservativo e quindi non può più essere definita una energia potenziale
totale.
Vi sono casi in cui gli aspetti non lineari sono particolarmente rilevanti e quindi è
consigliabile, e talvolta necessario, far ricorso all’analisi non lineare, ad esempio:
valutazione della capacità portante di strutture esistenti danneggiate;
autotensioni dovute a variazioni termiche;
analisi di strutture snelle;
analisi sismica;
casi in cui si hanno forti ridistribuzioni di momento in fase fessurata;
strutture molto deformabili in esercizio.
In generale si possono individuare due fonti di non linearità:
1) non linearità geometrica: il materiale continua ad avere un comportamento elastico
lineare, ma sono inclusi gli effetti di deformazioni e spostamenti finiti nella
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CAPITOLO 3 48
formulazione delle equazioni di equilibrio, che saranno formulate nella configurazione
deformata della struttura;
2) non linearità di materiale: è dovuta al fatto che il materiale, di cui è composta la
struttura, risponde in modo differente al crescere dei carichi, ovvero lo stesso materiale
cambia caratteristiche alla progressiva deformazione che esso subisce. In particolare la
legge del legame costitutivo di materiale può essere olonoma, ossia identica in fase di
carico e scarico, o anolonoma, ossia avente andamenti diversi nei vari cicli di carico e di
scarico e quindi dipendente dall’effettiva storia deformativa;
In tali casi la soluzione del problema può anche non esistere, od esistere ma non essere
unica. Come detto, non vale più il principio di sovrapposizione degli effetti ed in generale il
sistema non è più conservativo e quindi non può più essere definita un’energia potenziale
totale.
Figura 3.1 - Mancata validità del principio di sovrapposizione degli effetti in campo non lineare [10]
3.2 - LE NON LINEARITÀ GEOMETRICHE Nella modellazione di strutture che subiscono elevati spostamenti e deformazioni, è
necessario tenere in conto la non linearità geometrica della risposta strutturale che causa una
variazione degli spostamenti non proporzionale ai carichi. Infatti, quando un corpo elastico
si deforma in modo significativo non è più valida l’ipotesi della teoria dell’elasticità lineare
secondo la quale è possibile, in un processo deformativo, confondere configurazione iniziale
e finale. Poter confondere la configurazione iniziale con quella finale implica, in termini di
modellazione, di poter utilizzare un sistema di riferimento che rimane invariato durante
l’analisi e, in termini di soluzione, una linearità tra causa ed effetti.
In questo paragrafo viene indagata la non linearità geometrica nei confronti prima degli
effetti sul singolo elemento (Effetto P-), poi sull’intera struttura (Effetto P-).
Le travi e le colonne di un telaio sono elementi strutturali soggetti all’azione combinata
della sollecitazioni assiale e flettente, che interagiscono tra di loro per effetto degli
spostamenti che si verificano nella struttura.
Il momento flettente in un elemento trave-colonna di una struttura è composto da due
contributi:
1. momento flettente del I° ordine che è generato dai carichi trasversali agenti
sull’elemento e dalle coppie distribuite lungo la trave o concentrate agli estremi
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CAPITOLO 3 49
2. momento flettente del II° ordine causato dall’interazione fra la forza assiale agente
nell’elemento e la configurazione trasversale deformata dell’elemento stesso, a sua
volta il momento flettente del II° ordine può essere di due diverse tipologie :
a. momento dovuto all’effetto P-, causato dall’interazione dell’azione assiale
agente nell’elemento e lo spostamento dell’elemento relativo alla sua corda;
b. momento dovuto all’effetto P-, causato dall’interazione dell’azione assiale
con lo spostamento relativo fra i due estremi dell’elemento.
I momenti del II° ordine sono dannosi perché diminuiscono la resistenza ultima degli
elementi snelli compressi e quindi vanno considerati nella modellazione strutturale degli
elementi compressi.
3.2.1 - L’effetto PΔ
Per comprendere in che modo la presenza di grandi spostamenti/rotazioni nella risposta
della struttura elastica renda non soddisfatte le ipotesi della teoria della elasticità lineare, si
consideri una mensola caricata con una forza inizialmente in direzione ortogonale all’asse.
Figura 3.2 - Mensola soggetta a carico ortogonale e non linearità della risposta per effetto dei grandi
spostamenti/rotazioni indotti [11]
Supporre che, per tutta la storia deformativa dell’elemento, configurazione iniziale e finale
coincidano, corrisponde a considerare il sistema di riferimento della mensola fisso e, quindi,
il carico sempre ortogonale all’asse della trave: il taglio crescerà linearmente con lo
spostamento verticale dell’estremo libero.
Se invece, come è anche intuibile fisicamente, si considera che, man mano che il carico
cresce, l’elemento cambia configurazione rispetto a quella iniziale, assunto solidale con il
corpo un sistema di riferimento locale, quest’ultimo risulterà ruotato rispetto alla direzione
del carico agente in modo tale che:
a) la componente del carico ortogonale all’asse non crescerà più linearmente con lo
spostamento;
b) anche il momento di conseguenza crescerà non linearmente in quanto una quota del
carico diventerà azione assiale.
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CAPITOLO 3 50
Nell’analisi di un telaio piano in condizioni di non linearità geometrica, si utilizza uno
schema di calcolo in cui si considerano gli effetti dovuti agli spostamenti dei punti di
applicazione dei carichi. Il fenomeno per cui le forze verticali P interagiscono con gli
spostamenti laterali prodotti dal sistema di forze H è denominato effetto P- e nell’analisi
non lineare dei telai è fondamentale in quanto considera il fatto che ciascun elemento è parte
integrante e interagente con il sistema strutturale. Ciò può essere spiegato facendo
riferimento al caso del telaio di fig. 3.3 in cui i carichi verticali sono applicati direttamente
sui nodi trave-pilastro e sul quale sono presenti anche carichi orizzontali. Questi ultimi
provocano, sulle aste verticali, spostamenti tali da far sì che i carichi verticali generino un
momento ai piedi delle stesse. L’effetto della non linearità viene computato considerando
tale momento aggiunto a quello dovuto ai carichi orizzontali. Questa nuova configurazione
di carico genererà un nuovo campo di spostamenti orizzontali che varierà l’entità dei
momenti del secondo ordine dovuti ai carichi verticali.
Figura 3.3 - Configurazione deformata relativa all’effetto P-Δ [12]
Quando le forze laterali H agiscono sul telaio, questo si sposta lateralmente fino a che una
configurazione di equilibrio non è raggiunta. Il corrispondente spostamento laterale I può
essere calcolato sulla base della configurazione originale del telaio. Se ai carichi orizzontali
Hi si aggiungono i carichi verticali Pi, l’interazione con gli spostamenti laterali I provoca
un ulteriore spostamento II che sommandosi al precedente definisce lo spostamento totale
=I +II.
Attraverso un continuo aggiornamento dei momenti fittizi e degli spostamenti generati, si
può trovare, qualora esista, la configurazione di equilibrio stabile, cioè quella in cui il
campo di spostamenti raggiunge la convergenza.
3.2.2 - L’effetto P
Per comprendere in che modo la presenza di effetti del secondo ordine nella risposta di una
struttura elastica renda non soddisfatte le ipotesi della teoria dell’elasticità lineare, si
consideri un elemento verticale soggetto ad un carico verticale V e ad un carico orizzontale
H tale da imporre uno spostamento δ.
H H
P P I I + II
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CAPITOLO 3 51
Figura 3.4 - Effetti del secondo ordine [11]
Supporre che configurazione indeformata e deformata coincidano, corrisponde a considerare
il sistema di riferimento dell’elemento fisso e, quindi, il carico verticale sempre parallelo
all’asse della colonna: la struttura sarà soggetta ad una azione assiale pari a V e ad un
momento flettente alla base pari ad Hxh.
Se invece si considera che, a causa dello spostamento δ, l’elemento ha cambiato
configurazione rispetto a quella iniziale inflettendosi, assunto solidale con il corpo un
sistema di riferimento locale, quest’ultimo carico risulterà ruotato rispetto alla direzione dei
carichi agenti in modo che il carico V contribuirà anche al taglio ed incrementerà il
momento flettente di Vxδ.
3.2.3 - P-Δ ed effetti dei grandi spostamenti nel SAP 2000 [13]
3.2.3.1 - P-Δ vs. True Large Displacements
Nelle analisi ai piccoli spostamenti ci sono due ipotesi principali, come segue.
(1) Il rapporto geometrico tra spostamenti nodali e deformazioni di elemento è una
relazione lineare.
(2) Le equazioni di equilibrio si possono scrivere nella posizione indeformata della
struttura.
In realtà nessuna di queste ipotesi è corretta.
Matematicamente, la prima ipotesi è corretta solo quando gli spostamenti tendono a zero.
Come gli spostamenti dei nodi (o, più correttamente, le rotazioni degli elementi) aumentano,
il rapporto tra spostamenti nodali e deformazioni di elemento diventa progressivamente
sempre più non-lineare. La seconda ipotesi non è corretta per la semplice ragione che
l’equilibrio deve essere soddisfatto nella posizione deformata. Come le rotazioni
dell’elemento diventano progressivamente più grandi, questa ipotesi diventa sempre meno
corretta.
La vera analisi ai grandi spostamenti prende in considerazione entrambi i tipi di non
linearità. L’analisi P-Δ mantiene l’ipotesi (1), ma considera l’equilibrio nella posizione
deformata (in realtà non lo fa esattamente, ma questo non è un punto critico). La figura 3.5
illustra la differenza per una semplice barra.
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CAPITOLO 3 52
Figure 3.5 - Non linearità geometrica [13]
Supponiamo per questo esempio che l’estensione assiale della barra sia trascurabile (si
presuppone che EA è molto grande). Le tre parti della figura sono i seguenti.
(A) Teoria dei piccoli spostamenti. Questa teoria dice che:
(i) la parte superiore della barra si muove orizzontalmente (questa è geometria
dei piccoli spostamenti, che prevede anche che l’estensione della barra è
zero);
(ii) l’equilibrio può essere considerato in posizione indeformata. Quindi, la
forza H è zero per tutti i valori di Δ (prendiamo i momenti intorno alla
base del barra).
(B) Teoria P-Δ. Questa teoria dice che:
(i) la barra si muove orizzontalmente e l’estensione della barra è pari a zero
(geometria dei piccoli spostamenti);
(ii) l’equilibrio è considerato in posizione deformata. Quindi H = PΔ/h.
(C) Teoria dei grandi spostamenti. Questa teoria dice che:
(i) la parte superiore della barra si muove in un arco, quindi si muove
verticalmente e orizzontalmente, in modo che l’estensione della barra sia
infatti pari a zero;
(ii) l’equilibrio è considerato in posizione deformata. Quindi H = PΔ/hcosθ.
La differenza tra il valore di H ottenuto dalla teoria P-Δ e quello ottenuto dalla teoria dei
grandi spostamenti è piccola fino a rotazioni piuttosto grandi. Ad esempio per Δ/h = 0,05
(un drift di grandi dimensioni per la maggior parte delle strutture), la teoria P-Δ dà H =
0.05V e la teoria dei grandi spostamenti dà H = 0.05006V, che è una differenza trascurabile.
Inoltre, per Δ/h = 0,05 lo spostamento verticale nel caso (C) è 0.00125h. La teoria P-Δ
predice zero, che non è un errore significativo nella maggior parte dei casi. Quindi, per la
maggior parte delle strutture è sufficientemente accurato utilizzare la teoria P-Δ.
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CAPITOLO 3 53
Si consideri, tuttavia, la semplice struttura “barra” in Figura 3.6.
Figure 3.6 - Caso dove la Teoria P-Δ non è accurata [13]
Per questa struttura, la teoria dei piccoli spostamenti dice che la struttura dispone di
rigidezza pari a zero, poiché la teoria non prevede estensione delle barre con l’aumentare
della flessione, e quindi nessuna forza assiale. Quindi, forza V è zero per tutte le deviazioni.
Se la forza iniziale nelle barre è pari a zero, la teoria P-Δ dice anche che la forza V deve
essere zero, in quanto la teoria predice ancora nessuna estensione delle barre.
La teoria dei grandi spostamenti, tuttavia, prevede che le barre si estendano, e che ci sia una
forza V progressivamente crescente con l’aumentare della deflessione. Se la forza iniziale
nelle barre è P in tensione, la teoria P-Δ dice che questa forza rimane costante, e che esiste
una relazione lineare V = 2PΔ/L tra la forza verticale e lo spostamento verticale (applicare
l’equilibrio come nell’esempio precedente) . La rigidezza 2P/L è la rigidezza "geometrica" o
"stress iniziale" delle due barre. La teoria dei grandi spostamenti predice correttamente una
rigidezza in progressivo aumento, con una rigidezza iniziale pari a 2P/L.
Nella maggior parte delle strutture costruite sottoposte a carichi del tipo terremoto, il
comportamento è più strettamente analogo alla figura 3.5 rispetto alla figura 3.6. La teoria
P-Δ funziona bene in questo caso, e ha il vantaggio che è più semplice da applicare rispetto
alla teoria dei grandi spostamenti, e richiede meno calcoli. Il tipo di comportamento in
figura 3.6 (azione catenaria) si può verificare nei membri di piano nell’analisi di crollo
progressivo.
3.2.4 - Effetto P-δ nel SAP 2000
La figura 3.7 (a) mostra una colonna a sbalzo con carichi verticali e orizzontali.
Figure 3.7 - Gli effetti P-Δ and P-δ [13]
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CAPITOLO 3 54
Se la colonna rimane elastica, si deforma come mostrato. Quindi, considerando l’equilibrio
nella posizione deformata, il diagramma momento flettente è come mostrato nella figura 3.7
(b) (non proprio, se consideriamo i veri grandi spostamenti, ma ad un alto grado di
precisione).
Il diagramma momento flettente ha tre parti, come segue.
(1) Una parte dei piccoli spostamenti, con un momento alla base Hh. Questo è il
momento per la teoria dei piccoli spostamenti.
(2) Un parte P-Δ, con un momento alla base PΔ. Questo dipende dallo spostamento
laterale nella parte alta della colonna.
(3) Un parte P-δ. Questo dipende dalla curvatura della colonna all’interno della sua
lunghezza.
Computazionalmente, è facile tener conto della parte P-Δ del momento, poiché dipende solo
dalla rotazione complessiva della colonna. È più difficile spiegare la parte P-δ, dato che
dipende dalla deformazione di curvatura della colonna (che a sua volta dipende dai momenti
e dal fatto che la colonna si snerva o rimane elastica).
E’ possibile tener conto dell’effetto P-δ nelle analisi strutturali. Tuttavia, è importante fare
attenzione quando si considera questo effetto. Nella figura 3.7, la colonna è elastica. La
figura 3.8 mostra la stessa colonna, ma ora si snerva e si forma una cerniera plastica alla
base.
Figure 3.8 - Gli effetti P-δ quando si snerva la Colonna [13]
Come mostra la figura, per un dato Δ i momenti P-Δ sono gli stessi di prima, ma i momenti
P-δ ora sono molto più piccoli. La teoria P-δ deve tenere conto di questo. Se i momenti P-δ
sono calcolati in base alla deformazione elastica di una colonna, questi momenti possono
essere sostanzialmente in errore.
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CAPITOLO 3 55
3.2.4.1 - Necessità di considerare gli effetti P-δ
Se una colonna o controvento forma cerniere plastiche solo alle sue estremità, è poco
probabile, in ogni caso concreto che i momenti P-δ saranno significativi. Se una colonna è
abbastanza rigida in modo da attirare momenti notevoli, le sue deformazioni elastiche a
flessione di solito sono così piccole che gli effetti P-δ sono insignificanti. Se una colonna è
abbastanza flessibile, anche se potrebbe avere gravi effetti P-δ, di solito non attirerà molto
momento e le sue deformazioni elastiche di curvatura sono ancora piccole. Nella maggior
parte dei casi gli effetti P-δ possono essere ignorati.
Questo vale però solo per le colonne o controventi che si snervano soltanto alle loro
estremità. Gli effetti P-δ possono essere notevoli se una colonna o controvento presenti una
cerniera plastica nella sua lunghezza, dal momento che le deformazioni che contribuiscono
all’effetto P-δ includono ora le deformazioni anelastiche così come le deformazioni
elastiche.
Infine, si noti che se si divide un membro di colonna in, diciamo, due elementi, con un nodo
al centro del membro, l’effetto P-δ si applica solo all'interno di ogni elemento, e sarà quasi
certamente molto piccolo. Eventuali effetti associati con spostamento del nodo centrale sono
ora effetti P-Δ. Questo è un modo per tenere conto degli effetti P-δ (cioè, aggiungete i nodi
e gli elementi in più, e convertirli in effetti P-Δ).
3.2.5 - Effetto sulla resistenza della colonna
Figura 3.8 mostra anche perché gli effetti P-Δ riducono la resistenza effettiva a flessione di
una colonna. Ipotizzate che la capacità flessionale di una cerniera plastica sia M. Si tratta di
una quantità costante - non è influenzata da effetti P-Δ. Se usiamo la teoria dei piccoli
spostamenti, la cerniera plastica si forma quando M = Hh, e la forza orizzontale predetta
della colonna è H = M/h. Se consideriamo gli effetti P-Δ, la cerniera si forma quando M =
Hh + PΔ, e la forza prevista è = H (M - PΔ)/h.
3.2.6 - Opzioni del SAP 2000
3.2.6.1 - Effetti P-δ
SAP 2000 correntemente non considera gli effetti P-δ (cioè non si considera la non linearità
geometrica all’interno della lunghezza di un elemento colonna o controvento). Quindi, se si
utilizza un singolo elemento per modellare un elemento controvento, SAP 2000 non
modella il buckling del controvento nella sua lunghezza. È possibile, tuttavia, modellare
questo tipo di buckling dividendo un elemento controvento in una serie di elementi più
corti, e specificando che gli effetti P-Δ sono da considerare. Instabilità di questo tipo
possono risultare sensibili ad una iniziale fuori-rettilineità nel membro, e si può fare il
membro storto deliberatamente al fine di avviare il carico di punta. Se si vuole considerare
questo tipo di comportamento, si consiglia di testare prima il membro modellato in un
piccolo sub-assemblaggio, per assicurarsi che si ottiene il comportamento previsto.
Un’alternativa più semplice per un carico di punta di una barra è quello di utilizzare il
buckling di materiale tipo acciaio.
3.2.6.2 - Effetti P−Δ del secondo ordine
Generalmente le normative richiedono che gli effetti P−Δ del secondo ordine vengano
considerati quando si progettano telai in acciaio. Gli effetti P−Δ hanno origine da due fonti.
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CAPITOLO 3 56
Tali fonti sono la traslazione laterale globale del telaio e la deformazione locale degli
elementi del telaio.
Si consideri l’elemento asta mostrato nella figura, che è estratto da un livello di piano di una
struttura più grande. La traslazione globale totale di questo elemento asta è indicata con Δ,
mentre la deformazione locale dell'elemento è indicata con δ. Gli effetti P-Δ del secondo
ordine totali nell’elemento asta sono quelli causati da entrambi Δ e δ.
Figura 3.9 - Effetti P-Delta del secondo ordine totali in un elemento asta causati da entrambi Δ e δ [14]
Il programma è provvisto di un'opzione per considerare gli effetti P-Δ nell’analisi. Quando
si considerano gli effetti P-Δ nell’analisi, il programma fa un buon lavoro nel catturare gli
effetti dovuti alla deformazione Δ mostrata nella figura 3.9, ma tipicamente non cattura gli
effetti della deformazione δ (a meno che, nel modello, l'elemento asta non sia spezzato in
più parti lungo la sua lunghezza).
Nei codici di calcolo, la considerazione degli effetti P-Δ è generalmente ottenuta
computando la capacità a flessione di progetto usando una formula simile a questa
equazione :
𝑀𝐶𝐴𝑃 = 𝑎𝑀𝑛𝑡 + 𝑏𝑀𝑙𝑡 dove:
MCAP = capacità a flessione di progetto
Mnt = capacità a flessione richiesta dall’elemento assumendo che non ci sia
traslazione dell'asta (associata alla deformazione δ nella figura 3.9)
Mlt = capacità a flessione richiesta dall'elemento come risultato della traslazione
laterale soltanto dell’asta (associata alla deformazione Δ nella figura 3.9)
a = fattore adimensionale che moltiplica Mnt
b = fattore adimensionale che moltiplica Mlt (assunto uguale a 1 dal programma; a tal
proposito si veda sotto)
Quando il programma esegue la progettazione aste in acciaio, assume che il fattore b sia
uguale ad 1 e usa le formule specifiche della normativa di progetto per calcolare il fattore a.
Assumere b=1 significa che si sono considerati gli effetti P-Δ nell’analisi come descritto
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CAPITOLO 3 57
precedentemente. Quindi, più in generale, eseguendo una progettazione aste in acciaio, gli
effetti P-Δ dovrebbero essere considerati nell’analisi prima di eseguire la progettazione.
3.3 - LE NON LINEARITÀ DI MATERIALE
L’importanza e la necessità di considerare la risposta in campo anelastico del materiale
richiedono l’utilizzo di programmi di calcolo in grado di descrivere la non linearità del
materiale. I programmi attualmente disponibili sono in grado di fare questo utilizzando due
diversi approcci:
modellazione tramite cerniere plastiche (“a plasticità concentrata”);
modellazione tramite fibre (“a plasticità diffusa”).
In questa tesi si utilizzerà la modellazione “a plasticità concentrata” e quindi non si tratterà
quella “a plasticità diffusa”.
3.3.1 - Modellazione a plasticità concentrata
E’ stata la prima tecnica di modellazione implementata in programmi di analisi strutturale
per descrivere il comportamento anelastico di una struttura sotto l’azione ciclica del sisma.
Essa prevede che tutti gli elementi costituenti la struttura rimangano sempre in campo
elastico e che vengano introdotti, alle estremità di questi, elementi cerniera con
comportamento anelastico laddove si preveda la formazione della cerniera plastica.
La non linearità della struttura rimane quindi concentrata in pochi elementi.
Poiché la curva caratteristica di una cerniera plastica non è univocamente definita, ma
dipende dalla sua posizione nella struttura e dal comportamento del singolo elemento
strutturale e da quello globale della struttura, i codici spesso forniscono un’ampia libreria di
legami costitutivi fra i quali scegliere di caso in caso.
Il vantaggio di questa modellazione è che permette di lavorare principalmente con elementi
elastici computazionalmente meno onerosi e più facilmente gestibili, lasciando a pochi punti
della struttura la concentrazione della non linearità del materiale.
Il limite di questa modellazione è che richiede una certa esperienza dell’operatore per
stabilire dove distribuire gli elementi non lineari e per scegliere lunghezze e curve
caratteristiche che permettano di cogliere il reale comportamento delle cerniere plastiche.
I modelli a plasticità concentrata hanno come oggetto la valutazione diretta del carico di
collasso di strutture costituite da materiali duttili, quali i metalli, in regime di piccoli
spostamenti. La crisi viene in tal caso identificata con la situazione in cui risulta impossibile
soddisfare contemporaneamente l’equilibrio e le limitazioni sul livello di sforzo
sopportabile dal materiale, situazione che la duttilità consente effettivamente di avvicinare
in casi reali.
Il modello a cerniera plastica riconduce l’analisi evolutiva di travi ad una sequenza di
soluzioni elastiche, riferita a strutture il cui grado di iperstaticità viene man mano degradato
dall’attivazione delle successive cerniere, fino alla formazione di un meccanismo. A rigore,
tali soluzioni dovrebbero includere anche la valutazione del regime deformativo, onde
assicurare che le rotazioni nelle cerniere siano compatibili con il verso concesso dalla
plasticizzazione.
Lo snervamento nel singolo elemento di trave è assunto come localizzato strettamente nella
regione in cui si ha la formazione della cerniera plastica. Quest’ultima si forma, infatti,
quando il momento flettente nel punto considerato raggiunge il momento di completa
plasticizzazione MP.
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CAPITOLO 3 58
Si ricorda a tal proposito che MP è funzione, per una medesima sezione, dell’azione assiale
in essa presente e, in modo minore, anche dell’azione tagliante presente.
La natura delle deformazioni plastiche è irreversibile, in caso contrario si verificherebbe
infatti uno scarico elastico: la sezione tornerebbe a comportarsi come un mutuo incastro ed
il momento decrescerebbe, in valore assoluto, dal valore limite precedentemente raggiunto.
Al di fuori della zona in cui si ha la formazione di una cerniera plastica si fa l’ipotesi di un
comportamento puramente elastico dell’elemento. In altre parole, tutte le sezioni trasversali
presentano delle relazioni bilineari elasto-plastiche tra momento-curvatura.
3.3.2 - Il concetto di cerniera plastica [11]
Si può impostare la teoria della flessione plastica sull’osservazione seguente: in prima
approssimazione il momento flettente massimo che un’asta qualsiasi di una travatura a nodi
rigidi in acciaio dolce può sopportare è pari a:
MP = σ0 ∙ Z
dove Z è il modulo plastico della sezione, mentre σ0 è la tensione limite di snervamento del
materiale. Tale momento può provocare nell’asta una curvatura molto grande, ed in teoria,
addirittura infinita.
Consideriamo ora una trave semplicemente appoggiata e caricata da un carico di entità P in
mezzeria. La sezione trasversale dell’elemento è di tipo a “doppio T”.
Incrementando la forza P fintanto che in mezzeria, dove il momento è massimo, si
raggiunge la sollecitazione flettente MP, si trova che le deformazioni plastiche si estendono
lungo la zona della trave in cui M > Me. Pertanto ipotizzato un fattore di forma della sezione
=1.14 (ragionevole per sezioni di tale tipo), l’estensione di tale zona sarà (vedi figura
3.10):
∆l = l ∙ (MP −Me
MP
) = 0,123 ∙ l
Data la forma del diagramma M-1/r, si deduce che la curvatura resta piccolissima intorno ai
punti in cui la sezione si affaccia alla fase elasto-plastica, mentre ha valori enormi in
prossimità del punto dove è applicato il carico e si ha la completa plasticizzazione della
sezione. Quindi la trave assume una deformata simile a quella di due aste rigide incernierate
nel punto in cui è applicato il carico, dove di fatto le curvature sono elevate.
Anche in presenza di un carico distribuito sulla trave, la zona delle deformazioni importanti
resta localizzata e si può quindi ammettere che la deformata si componga di due tronconi
rigidi incernierati tra loro.
Da quanto detto emerge che si ha la formazione di una cerniera ad attrito che rimane rigida
fintanto che M < MP e che permette la rotazione relativa tra i due tronconi di trave quando il
momento raggiunge il suo valore limite MP. Tale cerniera è nota col nome di cerniera
plastica.
Rispetto ad una cerniera strutturale, la cerniera plastica presenta due differenze:
pur consentendo delle rotazioni relative tra i due tratti contigui di trave, essa
trasmette un momento costante pari a MP;
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CAPITOLO 3 59
è una cerniera unidirezionale, può ruotare cioè solo nel verso di plasticizzazione, vale
a dire compatibilmente col segno del momento flettente.
Figura 3.10 - Rappresentazione della nozione di cerniera plastica [12]
3.3.2.1 - La definizione di momento limite ultimo [12]
Si consideri il caso di flessione semplice, retta, su di una trave prismatica infinitamente
lunga. Inoltre si faccia l’ipotesi che le deformazioni plastiche siano continue e non vi siano
direzioni privilegiate di deformazione. In tali condizioni le sue sezioni rette rimangono
piane e normali al piano di inflessione della trave.
P
M
Deformata
approssimata
Cerniera plastica
Mp Me
Zona
plasticizzata
della trave
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CAPITOLO 3 60
Il momento elastico massimo Me viene raggiunto quando lo sforzo nelle fibre estreme
assume il valore del limite elastico 0 del metallo e vale:
Me = σ0 ∙ W
dove W è il modulo di resistenza della sezione, pertanto la curvatura corrispondente a tale
stato di tensione risulta essere:
χe =Me
EJ
la curvatura può anche essere espressa così:
{
χe =
Me
EJMe = σ0 ∙ W
W =2 ∙ J
h
ε0 =σ0E
→ χe =2 ∙ ε0h
Se si supera il momento limite elastico Me succede che le fibre estreme della sezione della
trave si plasticizzano; a mano a mano che il momento di sollecitazione cresce, le zone
plasticizzate della sezione aumentano estendendosi verso l’asse baricentrico.
Figura 3.11 - Schema evolutivo della plasticizzazione della sezione [12]
0 0 MAX
0 0 0 0
0
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CAPITOLO 3 61
Facciamo ora l’ipotesi che la sezione sia dotata di doppia simmetria. Imponendo la
condizione di equilibrio alla traslazione orizzontale, per una flessione semplice si trova che
l’asse neutro rimane sempre coincidente con l’asse baricentrico.
La curvatura anche in campo elasto-plastico, sotto tali ipotesi è legata alla distanza y
dell’interfaccia elasto-plastica dall’asse neutro dalla relazione di Bernoulli:
χ =ε0y
e facendo il rapporto tra e e si ottiene questa relazione:
{
χ =ε0y
χe =2 ∙ ε0h
→ 2y
h=χeχ
dove si vede come l’altezza del nucleo elastico della sezione, cioè 2y è inversamente
proporzionale alla curvatura presente nella stessa. Quindi in teoria per curvature tendenti
all’infinito il nucleo elastico tende a sparire e la distribuzione degli sforzi sulla sezione
tende ad essere bi-rettangolare (vedi figura 3.11). A tale situazione deformativa corrisponde
il massimo momento flettente che la sezione, e quindi la trave può sopportare. Tale
momento è noto come Momento Limite Plastico MP.
Dalla suddetta definizione appare chiaro come tale Momento Limite Plastico sia solo
un’idealizzazione visto che per essere raggiunto sono necessarie deformazioni sicuramente
inaccettabili nella realtà. Basti pensare che anche qualora si potesse ripiegare la trave su se
stessa, la curvatura massima raggiungibile sarebbe pari a 2/h (dove con h si è indicata
l’altezza della trave) e quindi ben lontana da valori infiniti. Ciò per dire che nella realtà la
sezione presenta sempre, anche a collasso, un nucleo elastico. Tuttavia, per acciai dolci si ha
che nel relativo diagramma - il punto limite del tratto orizzontale è caratterizzato da
deformazioni delle fibre estreme della sezione mediamente pari a tredici volte la
deformazione limite elastica. Quindi significa che la zona mediana elastica della sezione ha
un’ampiezza pari ad 1/13 dell’altezza sezionale con conseguente momento relativo totale
che differisce di appena 1/500 da quello di completa plasticizzazione.
Quanto detto finora per il caso della flessione pura, può essere esteso con ottima
approssimazione anche a travi soggette a flessione semplice per effetto di carichi trasversali.
Infatti l’azione tagliante ha un’influenza debolissima sul valore del momento limite plastico
a patto che tale azione sia contenuta al punto di evitare una plasticizzazione anticipata
dell’anima nei confronti della sezione. La stessa teoria si può applicare anche nel caso di
colonne presso-inflesse fino a che l’azione assiale presente costituisce una frazione
“sufficientemente piccola” dell’azione assiale limite NP = 0 A .
Vediamo ora di esprimere la legge di variazione del momento con la curvatura. Scrivendo
l’equilibrio alla rotazione tra le forze interne ed il momento sollecitante esterno si ha:
𝑀 = ∫ y dA𝐴
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CAPITOLO 3 62
Dalla figura 3.11 si vede come in campo elasto-plastico la distribuzione degli sforzi sia di
tipo trapezoidale.
Risulta allora comodo scomporre tale distribuzione come indicato in figura 3.12, in modo
da poter scrivere la relazione di equilibrio nel seguente modo:
𝑀 = 0 𝑊𝑒 + 0 𝑍 − 0 𝑍𝑒
dove:
We indica il modulo di flessione della sola porzione elastica della sezione;
Z è il modulo plastico della sezione;
Ze è il modulo plastico della zona elastica della sezione pensata anch’essa come
elasticizzata.
Figura 3.12 - Scomposizione della distribuzione delle tensioni sulla sezione [12]
Ricordando allora che MP = 0 Z e raccogliendo 1/Me a fattore comune la relazione di
equilibrio può essere scritta come:
𝑀
𝑀𝑒
=𝑀𝑃
𝑀𝑒
[1 −𝑍𝑒 −𝑊𝑒
𝑍]
In generale si ha che Ze e We dipendono dall’ampiezza relativa tra il nucleo elastico e
l’intera altezza della sezione, e pertanto da 2y
h=
χe
χ anche dal rapporto tra la curvatura in
campo elasto-plastico e la curvatura elastica, cioè:
(𝑍𝑒 −𝑊𝑒) = 𝜙 (2𝑦
ℎ) = 𝜙 (
𝜒
𝜒𝑒)
Questa relazione permette di disegnare per ogni tipo di sezione la curva momento-curvatura
normalizzata ossia (M/Me - /e).
Per curvature “molto grandi” tende ad annullarsi ed M tende al momento di completa
plasticizzazione. In pratica allora, i citati diagrammi M-1/r normalizzati tendono
asintoticamente al valore = M/MP comunemente noto col nome di Fattore di Forma della
sezione.
= + _
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CAPITOLO 3 63
Quest’ultimo è fortemente condizionato dalla forma della sezione. La sezione rettangolare
ad esempio conta di un fattore di forma pari ad 1.5. Per la putrella ideale vale 1 mentre nelle
putrelle ad ali larghe varia da 1.10 ad 1.22.
In generale si può dire che è minimo nei profili ad ali sottili, mentre è massimo per quelli
ad ali spesse.
3.3.3 – Cerniere plastiche secondo FEMA 356 applicate nel SAP 2000
3.3.3.1 - Controvento: cerniera assiale con legame rigido plastico incrudente asimmetrico
secondo FEMA 356
In questo caso si è attribuito a compressione la Forza e lo Spostamento a trazione ridotti del
coefficiente χ , funzione della snellezza dell'asta, determinato secondo EC 3:
Fc = χ Ft
Uc = χ Ut
3.3.3.1.1 - Definizione del legame della cerniera
Si è utilizzato per la cerniera un legame rigido plastico incrudente asimmetrico partendo da
un legame costitutivo elastoplastico incrudente come in figura:
Figura 3.13 - Legame costitutivo elastoplastico incrudente [9]
La risposta lineare è descritta tra il punto A (componente scarica) ed il punto B di effettivo
snervamento. La pendenza da B a C è tipicamente una piccola percentuale (0-10%) della
pendenza elastica, ed è necessaria per rappresentare il fenomeno dell'incrudimento. Il punto
C ha una ordinata che rappresenta la resistenza ed un valore in ascissa uguale alla
deformazione alla quale inizia una significativa degradazione di resistenza. Dopo il punto D
la componente risponde con una sostanziale riduzione di resistenza sino al punto E. A
deformazioni più grandi del punto E la resistenza è nulla.
Sperimentalmente per la maggioranza dei casi si è riscontrato che per travi e colonne la
pendenza del tratto soggetto a incrudimento può essere assunta pari al 3% di quella elastica.
Nel programma SAP 2000 tramite il comando “Drops to zero” si attribuisce alla cerniera
una perdita di resistenza al di là del punto “E”. La brusca perdita di resistenza è spesso
irrealistica e potrebbe essere molto difficile da analizzare. Per arrivare a convergenza il
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CAPITOLO 3 64
programma automaticamente limita la pendenza negativa di una cerniera ad essere non più
rigida del 10% della rigidezza elastica dell’elemento contenente la cerniera stessa.
Il valore trovato dal SAP 2000 dello spostamento della cerniera prima della perdita di
resistenza non coincide con quello del nodo di controllo poiché a causa del suo legame
rigido-plastico non può cogliere lo spostamento elastico:
U1nodo (al limite di resistenza) = U1cerniera (al limite di resistenza) + U1nodo (al limite elastico)
E’ necessario definire due parametri della cerniera plastica:
1. Lunghezza
La cerniera plastica è modellata come un punto discreto (cerniera concentrata). Tutte
le deformazioni plastiche avvengono all’interno della cerniera concentrata, questo
significa che si deve assumere una lunghezza per la cerniera sulla quale la
deformazione o la curvatura plastica è integrata.
Si può approssimare la plasticità che è distribuita sulla lunghezza dell’elemento
tramite l’inserimento di molte cerniere. Per esempio si potrebbero inserire 10
cerniere a posizioni relative all’interno dell’elemento di 0.05, 0.15, 0.25, …, 0.95,
ciascuna con proprietà di deformazione basate su una lunghezza di cerniera assunta
pari ad 1
10 della lunghezza dell’elemento.
2. Posizione
Il punto dove concentrare tutte le risorse inelastiche.
Seguiamo le indicazioni delle FEMA 356 per definire il legame della nostra cerniera
plastica assiale. I parametri di modellazione e il criterio di accettazione per le procedure non
lineari di una sezione circolare cava, soggetta a compressione e trazione, risultano espressi
nella tabella 5-7 delle FEMA 356.
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CAPITOLO 3 65
Figura 3.14 - Tabella 5-7 [9]
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CAPITOLO 3 66
Abbiamo tre possibili casi a seconda del rapporto tra il diametro “d”e lo spessore “t” della
sezione circolare cava. Una volta determinato a quale caso appartiene la nostra sezione i
parametri di modellazione e i criteri di accettazione da considerare sono quelli del caso
trovato.
Avendo ora a disposizione tutti i parametri necessari sia a trazione che a compressione è
possibile definire il legame della cerniera assiale determinando il Fy e uy:
𝐹𝑦 = 𝐴 ∙ 𝑓𝑦𝑒
𝑢𝑦 = 𝐿 ∙ 𝜀𝑦𝑒
Dove:
Fy = resistenza a snervamento attesa;
fye = tensione a snervamento attesa del materiale;
A = area della sezione;
uy = spostamento a snervamento atteso;
εye = deformazione a snervamento attesa del materiale;
L = lunghezza del controvento.
Noti i fattori di scala (Fy e uy) sarà possibile calcolare i valori del legame forza-spostamento
sia adimensionale che dimensionale.
Grafico 3.1 - Legame FORZA-SPOSTAMENTO
F (K
N)
Spost. (m)
Legame FORZA-SPOSTAMENTO
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CAPITOLO 3 67
Dal programma SAP è possibile definire una cerniera assiale secondo le FEMA 356
utilizzando il comando “auto”, tramite il quale è possibile accedere a dei modelli di cerniera
predefiniti.
Figura 3.15 - Assegnazione “Auto” della cerniera
Figura 3.16 - Proprietà cerniera
La cerniera così definita coincide con quella determinata manualmente seguendo le
indicazioni impartite dalle FEMA 356.
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CAPITOLO 3 68
3.3.3.2 - Trave: cerniera flessionale con legame rigido plastico incrudente secondo
FEMA356
3.3.3.2.1 - Definizione del legame della cerniera
Si è utilizzato per la cerniera un legame rigido plastico incrudente partendo da un legame
costitutivo elastoplastico incrudente come in figura:
Figura 3.17 - Legame costitutivo elastoplastico incrudente [9]
La risposta lineare è descritta tra il punto A (componente scarica) ed il punto B di effettivo
snervamento. La pendenza da B a C è tipicamente una piccola percentuale (0-10%) della
pendenza elastica, ed è necessaria per rappresentare il fenomeno dell’incrudimento. Il punto
C ha una ordinata che rappresenta la resistenza ed un valore in ascissa uguale alla
deformazione alla quale inizia una significativa degradazione di resistenza. Dopo il punto D
la componente risponde con una sostanziale riduzione di resistenza sino al punto E. A
deformazioni più grandi del punto E la resistenza è nulla.
Sperimentalmente per la maggioranza dei casi si è riscontrato che per travi e colonne la
pendenza del tratto soggetto a incrudimento può essere assunta pari al 3% di quella elastica.
Nel programma SAP 2000 tramite il comando “Drops to zero” si attribuisce alla cerniera
una perdita di resistenza al di là del punto “E”. La brusca perdita di resistenza è spesso
irrealistica e potrebbe essere molto difficile da analizzare. Per arrivare a convergenza il
programma automaticamente limita la pendenza negativa di una cerniera ad essere non più
rigida del 10% della rigidezza elastica dell’elemento contenente la cerniera stessa.
Seguiamo le indicazioni delle FEMA 356 per definire il legame della cerniera plastica
flessionale. I parametri di modellazione e il criterio di accettazione per le procedure non
lineari delle sezioni in acciaio, soggette a flessione, risultano espressi nella tabella 5-6 delle
FEMA 356.
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CAPITOLO 3 69
Figura 3.18 - Tabella 5-6 [9]
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CAPITOLO 3 70
Abbiamo tre possibili casi a seconda della snellezza dell’anima e delle ali della sezione in
acciaio. Una volta determinato a quale caso appartiene la nostra sezione i parametri di
modellazione e i criteri di accettazione da considerare sono quelli del caso trovato.
Rimane da definire la rotazione a snervamento θy, per fare ciò si seguono le indicazioni del
paragrafo 5.5.2.2.2 ( Procedura statica non lineare) delle FEMA 356.
Figura 3.19 - Definizione della rotazione di corda [9]
Quando si prevede che il punto di flesso sia a metà lunghezza della trave allora per il calcolo
di θy è possibile usare questa equazione:
𝜃𝑦 =𝑍 𝐹𝑦𝑒 𝑙𝑏
6 𝐸 𝐼𝑏
Dove:
Z = Modulo della sezione plastica;
Fye = Resistenza a snervamento attesa del materiale;
lb = Lunghezza della trave;
Ib = Momento di inerzia della trave;
E = Modulo di elasticità.
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CAPITOLO 3 71
Noto θy è possibile determinare i parametri di modellazione e i criteri di accettazione:
Criteri di accettazione
Parametri di modellazione primari secondari
a b c IO LS CP LS CP
Tabella 3.1 - Parametri di modellazione e criteri di accettazione [9]
Avendo ora a disposizione tutti i parametri necessari è possibile definire il legame della
cerniera flessionale determinando il 𝑀𝑝𝑙:
𝑀𝑝𝑙 = 𝑍 𝐹𝑦𝑒
Noti i fattori di scala (Mpl e θy) sarà possibile calcolare i valori del legame momento-
rotazione sia adimensionale che dimensionale.
Grafico 3.2 - Legame MOMENTO-ROTAZIONE
M (
KN
m)
θ (-)
Legame Momento-Rotazione
IO
LS
CP
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CAPITOLO 3 72
La cerniera flessionale così definita è stata inserita manualmente nel programma di calcolo
SAP2000:
Figura 3.20 - Tipo di cerniera (SAP2000)
Figura 3.21 - Proprietà cerniera (SAP2000)
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CAPITOLO 3 73
3.3.3.3 - Colonna: cerniera presso/tenso-flessionale con legame rigido plastico incrudente
secondo FEMA 356
3.3.3.3.1 - Dominio di interazione
Il primo passo sarà quello di calcolare il dominio di interazione P-M per la sezione
considerata; tale dominio lo si otterrà secondo NTC-08 e FEMA-356 e sarà poi definito nel
programma SAP2000.
Dominio di interazione N-M secondo NTC-08
Per sezioni a doppio T di classe 1-2 doppiamente simmetriche, soggette a presso o tenso
flessione si ha:
1. Nel piano dell’anima:
𝑀𝑁,𝑦,𝑅𝑑 = 𝑀𝑝𝑙,𝑦,𝑅𝑑
(1 − 𝑛)
(1 − 0,5𝑎)≤ 𝑀𝑝𝑙,𝑦,𝑅𝑑
2. Nel piano delle ali:
a) 𝑀𝑁,𝑧,𝑅𝑑 = 𝑀𝑝𝑙,𝑧,𝑅𝑑 𝑝𝑒𝑟 𝑛 ≤ 𝑎
b) 𝑀𝑁,𝑧,𝑅𝑑 = 𝑀𝑝𝑙,𝑧,𝑅𝑑 [1 − (𝑛−𝑎
1−𝑎)2
] 𝑝𝑒𝑟 𝑛 > 𝑎
Dove: 𝑛 =𝑁𝐸𝑑
𝑁𝑝𝑙,𝑅𝑑 ; 𝑎 =
(𝐴−2𝑏 𝑡𝑓)
𝐴≤ 0,5 𝑐𝑜𝑛 {
𝐴 = area lorda della sezione𝑏 = 𝑙𝑎𝑟𝑔ℎ𝑒𝑧𝑧𝑎 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑒 𝑎𝑙𝑖𝑡𝑓 = 𝑠𝑝𝑒𝑠𝑠𝑜𝑟𝑒 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑒 𝑎𝑙𝑖
L’ultimo parametro necessario rimane il coefficiente di instabilità χ.
A questo punto abbiamo tutti i parametri per definire il dominio di interazione N-M.
Dominio di interazione P-M secondo FEMA-356
La resistenza flessionale attesa per l’elemento colonna sarà:
𝑀𝑝𝑙 = 1,18 𝑍 𝐹𝑦𝑒 (1 −𝑃
𝑃𝑦𝑒) ≤ 𝑍 𝐹𝑦𝑒
Dove:
Z = Modulo della sezione plastica;
Fye = Resistenza a snervamento attesa del materiale;
P = Forza assiale nel membro allo spostamento fissato per l’analisi statica non
lineare;
Pye = Forza assiale a snervamento attesa nel membro = Ag · Fye ;
Ag = Area lorda della sezione orizzontale.
L’ultimo parametro necessario rimane il coefficiente di instabilità χ.
A questo punto abbiamo tutti i parametri per definire il dominio di interazione N-M.
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CAPITOLO 3 74
Con il programma SAP2000 è possibile definire tale dominio, con l’unica accortezza di
accertare la convessità della curva stessa.
Figura 3.22 - Definizione della curva di interazione N-M3
Grafico 3.3 - Confronto FEMA-356 / SAP2000
-6000
-4000
-2000
0
2000
4000
6000
-800,0 -600,0 -400,0 -200,0 0,0 200,0 400,0 600,0 800,0N[K
N]
M [KN m]
INTERAZIONE N-M3
FEMA 356
SAP2000
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CAPITOLO 3 75
3.3.3.3.2 - Definizione del legame della cerniera
Si è utilizzato per la cerniera un legame rigido plastico incrudente partendo da un legame
costitutivo elastoplastico incrudente come in figura:
Figura 3.23 - Legame costitutivo elastoplastico incrudente [9]
La risposta lineare è descritta tra il punto A (componente scarica) ed il punto B di effettivo
snervamento. La pendenza da B a C è tipicamente una piccola percentuale (0-10%) della
pendenza elastica, ed è necessaria per rappresentare il fenomeno dell'incrudimento. Il punto
C ha una ordinata che rappresenta la resistenza ed un valore in ascissa uguale alla
deformazione alla quale inizia una significativa degradazione di resistenza. Dopo il punto D
la componente risponde con una sostanziale riduzione di resistenza sino al punto E. A
deformazioni più grandi del punto E la resistenza è nulla.
Sperimentalmente per la maggioranza dei casi si è riscontrato che per travi e colonne la
pendenza del tratto soggetto a incrudimento può essere assunta pari al 3% di quella elastica.
Nel programma SAP 2000 tramite il comando “Drops to zero” si attribuisce alla cerniera
una perdita di resistenza al di là del punto “E”. La brusca perdita di resistenza è spesso
irrealistica e potrebbe essere molto difficile da analizzare. Per arrivare a convergenza il
programma automaticamente limita la pendenza negativa di una cerniera ad essere non più
rigida del 10% della rigidezza elastica dell’elemento contenente la cerniera stessa.
Seguiamo le indicazioni delle FEMA 356 per definire il legame della cerniera plastica
presso/tenso-flessionale. I parametri di modellazione e il criterio di accettazione per le
procedure non lineari delle sezioni in acciaio, soggette sia a sforzo normale che a flessione,
risultano espressi nella tabella 5-6 delle FEMA 356 in funzione prima di tutto del rapporto
fra lo sforzo normale agente P e il più piccolo valore di capacità a compressione assiale PCL.
Le FEMA-356 per un’analisi Pushover in controllo di spostamento impongono due campi
all’interno dei quali può variare il valore dello sforzo assiale agente P:
1. P/PCL < 0,2
2. 0,2 < P/PCL <0,5
Il programma SAP2000 consiglia l’utilizzo di almeno tre curve momento rotazione per
definire il legame di una cerniera presso/tenso-flessionale secondo FEMA-356 capace di
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CAPITOLO 3 76
considerare la variabilità dello sforzo assiale. In base ai campi sopra definiti si troveranno
tre sforzi assiali con PCL= χ Ag Fye .
In corrispondenza dei tre sforzi assiali caratteristici determinati troviamo tre punti del
dominio di interazione N-M3 e quindi siamo capaci di delimitare i due campi di interesse.
Grafico 3.4 - Visualizzazione dei due campi di interesse
Adesso bisogna determinare le tre curve:
CURVA 1
P/PCL = 0,4999 => 0,2 < 0,4999 < 0,5
CURVA 2:
P/PCL = 0,2009 => 0,2 < 0,2009 < 0,5
CURVA 3:
P/PCL = 0,1999 < 0,2
Il procedimento lo si svolgerà solo per la CURVA 1 mentre sarà omesso per le altre visto
che è il medesimo.
N[KN]
M [KN m]
INTERAZIONE N-M3
P / PCL = 0,4999
P / PCL = 0,2009
P / PCL = 0,1999
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CAPITOLO 3 77
CURVA 1: P/PCL = 0,4999 => 0,2 < 0,4999 < 0,5
Figura 3.24 - Tabella 5-6 [9]
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CAPITOLO 3 78
Abbiamo tre possibili casi a seconda della snellezza dell’anima e delle ali della sezione in
acciaio. Una volta determinato a quale caso appartiene la nostra sezione i parametri di
modellazione e i criteri di accettazione da considerare sono quelli del caso trovato.
Rimane da definire la rotazione a snervamento θy, per fare ciò si seguono le indicazioni del
paragrafo 5.5.2.2.2 ( Procedura statica non lineare) delle FEMA 356.
Figura 3.25 - Definizione della rotazione di corda [9]
Quando si prevede che il punto di flesso sia a metà lunghezza della colonna allora per il
calcolo di θy è possibile usare questa equazione:
𝜃𝑦 =𝑍 𝐹𝑦𝑒 𝑙𝑐
6 𝐸 𝐼𝑐(1 −
𝑃
𝑃𝑦𝑒)
Dove:
Z = Modulo della sezione plastica;
Fye = Resistenza a snervamento attesa del materiale;
lc = Lunghezza della colonna;
Ic = Momento di inerzia della colonna;
E = Modulo di elasticità;
P = Forza assiale nel membro allo spostamento fissato per l’analisi statica non
lineare;
Pye = Forza assiale a snervamento attesa del membro = Ag · Fye ;
Ag = Area lorda della sezione orizzontale.
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CAPITOLO 3 79
Noto θy è possibile determinare i parametri di modellazione e i criteri di accettazione:
Criteri di accettazione
Parametri di modellazione Primari secondari
a b C IO LS CP LS CP
Tabella 3.2 - Parametri di modellazione e criteri di accettazione [9]
Avendo ora a disposizione tutti i parametri necessari è possibile definire il legame della
cerniera presso/tenso-flessionale determinando il 𝑀𝑝𝑙:
𝑀𝑝𝑙 = 1,18 𝑍 𝐹𝑦𝑒 (1 −𝑃
𝑃𝑦𝑒) ≤ 𝑍 𝐹𝑦𝑒
Noti i fattori di scala (Mpl e θy) sarà possibile calcolare i valori del legame momento-
rotazione sia adimensionale che dimensionale.
Grafico 3.5 - Legame MOMENTO-ROTAZIONE
La cerniera a presso/tenso-flessione così definita verrà inserita nel programma di calcolo
SAP2000:
Figura 3.26 - Tipo di cerniera
M (
KN
m)
θ (-)
Legame MOMENTO-ROTAZIONE
LegameMomento-RotazioneIO
LS
CP
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CAPITOLO 3 80
Figura 3.27 - Interazione P-M3
Figura 3.28 - Legame Momento-Rotazione (CURVA 1)
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CAPITOLO 3 81
Figura 3.29 - Definizione della curva di interazione P-M3
Il SAP 2000 sembra fissare una fattore di scala uguale per le tre curve anche se soggette a
diversi sforzi normali, mentre in realtà gli effetti di tali sforzi sulla rotazione θy vengono
considerati direttamente nei valori delle tabelle descriventi il legame della cerniera.
La formula completa per la rotazione a snervamento data dalle FEMA-356 è la seguente:
𝜃𝑦 =𝑍 𝐹𝑦𝑒 𝑙𝑐
6 𝐸 𝐼𝑐(1 −
𝑃
𝑃𝑦𝑒)
Il SAP2000 invece la scompone così:
1. Inserisce in fig. 3.27 una rotazione a snervamento calcolata come se l’elemento fosse
una trave
θy(SAP) =Z Fye lc
6 E Ic
2. Calcola il fattore che tiene conto degli effetti prodotti dallo sforzo normale e lo
moltiplica per tutti i valori della tabella del legame Momento-Rotazione
(1 −P
Pye)
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CAPITOLO 3 82
3.4 - PROCEDURE DI SOLUZIONE DI PROBLEMI NON LINEARI [10]
Considerare la risposta strutturale non lineare, a causa della presenza di non linearità
geometriche e/o del materiale, implica l’utilizzo di metodi di analisi non lineari in cui sono
impiegate procedure di soluzione di tipo incrementale iterativo.
Queste ultime prevedono l’applicazione del carico agente sulla struttura tramite incrementi
successivi predefiniti e la ricerca della condizione di equilibrio in ogni incremento tramite
iterazioni.
Facendo riferimento ad un approccio agli spostamenti, solitamente utilizzato nei codici
strutturali, si consideri una struttura lineare sollecitata da un carico applicato
incrementalmente pari a λiP0 con λi fattore di carico all’incremento i-esimo: risolvere la
struttura significa verificare che, ad ogni incremento, sia verificato l’equilibrio fra le forze
interne resistenti FS e i carichi esterni.
Essendo FS funzione lineare degli spostamenti tramite la matrice K, il tutto si riduce a
risolvere il sistema lineare:
𝐾𝑈𝑖 = 𝜆𝑖𝑃0
Se, invece, si considera una struttura non lineare, l’equilibrio sarà descritto dal sistema non
lineare:
𝑅(𝑈𝑖) = 𝜆𝑖 ∙ 𝑃0
dove R(Ui) sono le forze resistenti funzione non lineare degli spostamenti.
Figura 3.30 - Confronto fra la risposta di un sistema lineare e uno non lineare [11]
Per risolvere l’equazione non lineare si utilizza una approssimazione per cui si assume che,
nel passo infinitesimo δU, la funzione δR è lineare e pari a:
δR = KTδU
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CAPITOLO 3 83
essendo KT la matrice di rigidezza tangente definita come:
KT =
[ 𝜕𝑅1𝜕𝑈1
⋯𝜕𝑅1𝜕𝑈𝑛
⋮ ⋱ ⋮𝜕𝑅𝑛𝜕𝑈1
⋯𝜕𝑅𝑛𝜕𝑈𝑛]
Lo spostamento U soluzione dell’equazione non lineare si ottiene con procedure
incrementali. Le più comunemente utilizzate nei codici strutturali sono la procedura di
Newton-Raphson e quella di Newton-Raphson modificata. Entrambe prevedono di calcolare
l’incremento ΔUi corrispondente all’incremento di carico λi(P0)-λi-1(P0) tramite iterazioni
successive per cui:
∆𝑈𝑖 = ∆𝑈𝑖0 + ∆𝑈𝑖
1 +⋯+ ∆𝑈𝑖𝑗+⋯+ ∆𝑈𝑖
𝑛
Nel caso di Newton-Raphson lo spostamento correttivo ∆𝑈𝑖𝑗 è calcolato a patire dalla
soluzione all’iterazione precedente Rj(Ui-1+∆𝑈𝑖𝑘) con k=0,j-1, supponendo la funzione R
lineare, secondo la relazione:
∆𝑈𝑖𝑗= (𝐾𝑇
𝑗)−1× (𝜆𝑖𝑃0 − 𝑅
𝑗)
Il metodo prevede quindi che ad ogni iterazione venga calcolata la matrice tangente:
𝐾𝑇𝑗= 𝐾𝑇(𝑈𝑖−1 + ∆𝑈𝑖
𝑘)
con k=0, .., j-1. Nell’iterazione iniziale ∆𝑈𝑖0 la tangente verrà calcolata in corrispondenza
della soluzione al passo incrementale precedente Ui-1.
Figura 3.31 - Procedura iterativa di Newton-Raphson [11]
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CAPITOLO 3 84
Nel metodo Newton-Raphson modificato gli spostamenti correttivi sono determinati
utilizzando in tutte le iterazioni la rigidezza iniziale 𝐾𝑇0 risulta quindi:
∆𝑈𝑖𝑗= (𝐾𝑇
0)−1 × (𝜆𝑖𝑃0 − 𝑅𝑗)
Figura 3.32 - Procedura iterativa di Newton-Raphson modificata [11]
E’ possibile inoltre utilizzare altri metodi derivanti dalla combinazione dei due descritti che
si differenziano per il numero di volte in cui nell’incremento viene ricalcolatala la matrice di
rigidezza. Solitamente le prestazioni migliori si ottengono aggiornando la matrice nei primi
passi e poi mantenendola costante.
In tutti i metodi l’iterazione nell’incremento si interrompe quando è soddisfatto un criterio
di tolleranza, che solitamente si basa sulla norma dello spostamento correttivo e/o sulla
norma dello sbilanciamento delle forze. Si richiede cioè che siano soddisfatte
rispettivamente le condizioni:
‖ ∆Ui
n
∆Ui‖ ≤ tol ‖
λiP0 − Rn
P0‖ ≤ tol
essendo ‖u‖ = √(uT ∙ u) la norma del vettore u
Sebbene gran parte dei codici di calcolo di analisi e progettazione permettono all’utente di
svolgere analisi non lineari senza dover compiere alcuna scelta in termini di parametri o
metodi, è d’altra parte consigliabile conoscere lo strumento che si sta utilizzando ed essere
eventualmente in grado di modificarlo.
Infatti, le possibilità generalmente lasciate dai codici sono:
1. scegliere il metodo incrementale;
2. stabilire il numero di volte in cui è aggiornata la matrice di rigidezza;
3. definire i numeri di incrementi da compiere nel passo di carico;
4. definire il massimo numero di iterazioni di equilibrio da compiere nel singolo
incremento;
5. scegliere i diversi criteri di convergenza basati su spostamenti o forze o una loro
combinazione.
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CAPITOLO 3 85
3.5 - BIBLIOGRAFIA
[9] FEMA (2000), “Prestandard and commentary for the seismic rehabilitation of
buildings”, Federal Emergency Management Agency-356, Washington D.C. (USA),
November 2000.
[10] A. Mattei, Tesi di Laurea: “Verifiche prestazionali di un edificio industriale in acciaio
in presenza di sisma”, Corso di laurea in Ingegneria Civile indirizzo Strutture, Facoltà di
Ingegneria, Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, Anno Accademico 2005-2006.
[11] L. Petrini, R. Pinho, G. M. Calvi (2006), “Criteri di progettazione antisismica degli
edifici”, IUSS Press, Novembre 2006-3a edizione.
[12] A. Moretti, M. Zambelli, Tesi di Laurea: “Metodi numerici per la valutazione della
capacità portante di telai piani in acciaio in presenza di effetti del II ordine”, Dipartimento
di Ingegneria Strutturale, Facoltà di Ingegneria, Politecnico di Milano, Anno Accademico
1996-97.
[13] Computers and Structures, Inc. (2006), “PERFORM COMPONENTS AND
ELEMENTS FOR PERFORM-3D AND PERFORM-COLLAPSE”, University Avenue
Berkeley, California (USA), August 2006.
[14] M. Brunetta, L. Bandini, M. De Lorenzi (2006), “SAP2000® software per analisi e
verifiche di strutture”, Pordenone, Settembre 2006.
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CAPITOLO 4 86
4 - ANALISI NON LINEARE STATICA
4.1 - INTRODUZIONE [15]
Per ottenere una previsione accurata e realistica della risposta sismica di una struttura è
necessario disporre di strumenti di analisi che permettano di coglierne il comportamento
non lineare e la sua evoluzione nel tempo.
L’analisi dinamica non lineare al passo è indubbiamente lo strumento più completo ed
efficace (assumendo ovviamente che il modello strutturale riproduca con accuratezza il
sistema reale): la risposta della struttura viene determinata mediante integrazione al passo
delle equazioni del moto di un sistema a molti gradi di libertà (MDOF) non lineare.
Questa presenta però alcuni aspetti che ne impediscono un diffuso impiego nella pratica
professionale:
la scelta dei parametri che intervengono è delicata ed influenza sensibilmente i
risultati dell’analisi stessa;
sono necessarie numerose analisi impiegando differenti accelerogrammi
opportunamente selezionati per ottenere un risultato rappresentativo della risposta
attesa;
l’accuratezza dell’analisi va a scapito della semplicità e della rapidità di esecuzione;
l’interpretazione dei risultati è complessa ed onerosa.
I codici sismici consentono infatti di utilizzare analisi elastiche lineari (statiche e dinamiche)
che conseguentemente, pur con i relativi limiti, risultano ancora procedure largamente
diffuse.
Un’alternativa attraente è l’uso di procedure di analisi statiche non lineari che, pur
conservando la notevole semplicità d’uso e di interpretazione dei risultati tipica delle analisi
statiche lineari, consentono stime più realistiche ed affidabili della risposta strutturale anche
in campo non lineare. In effetti, è sempre più frequente la loro applicazione sia nella
progettazione che nella verifica strutturale.
Questo tipo di analisi comprende essenzialmente due aspetti:
1. la determinazione di un legame forza-spostamento (curva di capacità o curva di
pushover), rappresentativo del reale comportamento monotono della struttura, per la
cui definizione si richiede un’analisi di spinta o di pushover ;
2. la valutazione dello spostamento massimo o punto di funzionamento (performance
point) raggiunto dalla struttura a fronte di un evento sismico definito tramite uno
spettro di risposta elastico in accelerazione.
L’analisi di spinta consente quindi di descrivere il comportamento della struttura tramite un
semplice legame monodimensionale forza-spostamento detto curva di capacità. In tal modo
l’analisi della risposta della struttura viene ricondotta a quella di un sistema ad un solo
grado di libertà (SDOF) equivalente alla struttura di partenza. I metodi statici non lineari
permettono di individuare lo spostamento massimo di tale sistema SDOF equivalente e
quindi la risposta della struttura (punto prestazionale) soggetta ad un evento sismico
descritto dal relativo spettro di risposta in accelerazione.
L’analisi pushover consiste nello “spingere” la struttura fino a che questa collassa o un
parametro di controllo di deformazione non raggiunge un valore limite prefissato; la
“spinta” si ottiene applicando in modo incrementale monotono un profilo di forze o di
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CAPITOLO 4 87
spostamenti prestabilito. In sostanza è una tecnica di soluzione incrementale-iterativa delle
equazioni di equilibrio statico della struttura in cui la forzante è rappresentata dal sistema di
spostamenti o forze applicato.
L’analisi di spinta consente di definire un legame scalare forza-spostamento caratteristico
del sistema studiato, detto curva di capacità, che permette di ricondurre la ricerca dello
spostamento massimo di un sistema soggetto ad una certa azione esterna a quella di un
sistema SDOF equivalente.
4.2 - SISTEMI SDOF [15]
Nel caso di sistemi SDOF l’analisi di spinta è particolarmente intuitiva.
Un sistema SDOF può essere idealizzato come una massa concentrata m sorretta da un
elemento privo di massa con rigidezza laterale k e collegato ad un elemento (privo di massa
e rigidezza) responsabile dello smorzamento.
La configurazione deformata (o campo di spostamento) del sistema è definita quindi da un
unico parametro che può identificarsi con lo spostamento relativo della massa rispetto al
suolo (spostamento orizzontale Dt in figura).
Figura 4.1 - Schematizzazione di sistema ad un grado di libertà (SDOF) [15]
Un caso evidente di struttura riconducibile ad un sistema SDOF è quello delle pile da ponte
che possono considerarsi, con buona approssimazione, pendoli rovesci ossia oscillatori
semplici in cui la totalità della massa (impalcato, pulvino e fusto della pila) è concentrata in
testa mentre la rigidezza del sistema può attribuirsi ad un elemento di massa nulla (il fusto
della pila stessa).
In questi semplici casi, l’analisi di spinta consiste nell’applicare alla massa del sistema uno
spostamento D o una forza F la cui intensità viene gradualmente incrementata nella
direzione dell’unico grado di libertà disponibile. Il valore iniziale della forza o dello
spostamento non ha ovviamente importanza. Le espressioni che definiscono la forzante
(intesa in senso generalizzato come forza o spostamento) possono esprimersi come:
𝐷 = 𝛼𝑑
𝐹 = 𝛽𝑓
Dunque, fissato arbitrariamente il valore di d o f, il fattore moltiplicativo α o β viene
gradualmente incrementato da zero fino ad un valore finale che permetta di investigare il
campo di risposta di interesse per il sistema in esame. Ad ogni valore di α o β corrisponde
quindi un valore di D o F che rappresenta lo spostamento o la forza applicati alla massa del
sistema.
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CAPITOLO 4 88
Il comportamento del sistema è definito da un legame forza-spostamento in cui la forza
coincide con il taglio alla base Vb e lo spostamento con quello della massa Dt:
nel caso di analisi a forze imposte (F è la forza applicata ad m): Vb=F e Dt=D
essendo D lo spostamento di m prodotto da F;
nel caso di analisi a spostamenti imposti (D è lo spostamento applicato ad m): Dt=D
e Vb=F essendo F la reazione vincolare risultante;
4.3 - SISTEMI MDOF [15]
Nel caso di sistemi MDOF, l’approccio è simile a quello visto per i sistemi SDOF con la
differenza che la struttura viene “spinta” applicando un profilo di forze o di spostamenti
orizzontali in corrispondenza di ciascun piano e che, per descrivere il comportamento
dell’intero sistema in termini di legame forza-spostamento, è necessario scegliere un solo
parametro di forza ed un solo parametro di spostamento.
La scelta di tali parametri non è univoca e può dar luogo a differenti legami forza
spostamento ossia a differenti legami costitutivi del sistema SDOF equivalente detti curva di
capacità.
Solitamente, come parametri di forza e di deformazione, si selezionano il taglio alla base e
lo spostamento del baricentro dell’ultimo piano dell’edificio anche se, in realtà, questa
scelta non ha un preciso fondamento teorico ma è più probabilmente un retaggio delle
originarie applicazioni di questa tecnica alle pile da ponte delle quali si monitorava, per
ovvie ragioni, lo spostamento in sommità.
Figura 4.2 - Applicazione dell’analisi di spinta ad un telaio [15]
Considerando che l’obiettivo è di simulare la risposta dinamica della struttura, sorge la
questione se l’analisi di spinta debba essere condotta applicando un sistema di spostamenti o
di forze. Se la struttura avesse un comportamento elastico lineare i due approcci
condurrebbero agli stessi risultati ma la presenza di effetti anelastici comporta una sensibile
differenza tra le due alternative.
Concettualmente l’analisi dinamica viene condotta con le forze inerziali per cui l’analisi di
spinta a forze imposte sembrerebbe più appropriata ma, in un’analisi dinamica, perfino
quando un modo è dominante, l’andamento delle forze di piano non rimane inalterata (ossia
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CAPITOLO 4 89
non variano proporzionalmente ad un fattore costante), per cui applicare una distribuzione
di forze constante non è comunque esatto; inoltre possono sorgere difficoltà nel condurre
analisi anelastiche stabili con controllo in forze, poiché queste non sono in grado di cogliere
un eventuale comportamento softening della struttura né di seguire accuratamente risposte
associate a rigidezze molto piccole, per cui può essere preferibile eseguire analisi a
spostamenti controllati. Di contro, lavorando a spostamenti imposti, si vincola la deformata
della struttura, per cui si rischia di conseguire campi di forze completamente errati rispetto a
quelli attesi in una struttura “libera” di deformarsi a fronte dell’evento sismico e quindi a
risultati seriamente fuorvianti.
Comunque, l’approccio basato sulle forze è quello che ha attirato maggiormente l’interesse
tra ricercatori ed ingegneri professionisti anche perché di facile implementazione su tutti i
più comuni programmi di calcolo.
4.4 - CURVA DI CAPACITA’ [15]
Il risultato più immediato di un’analisi di pushover è la definizione della curva di capacità
(o curva di pushover) della struttura ossia della curva forza-spostamento espressa,
solitamente, in termini di taglio alla base (Vb) e spostamento in sommità (Dt) che
rappresenta appunto la capacità esibita dal sistema a fronteggiare una certa azione esterna.
Considerando un sistema SDOF, l’andamento della curva di capacità dipende dalla
rigidezza k o dalla flessibilità 𝑘−1 del sistema che a loro volta dipendono essenzialmente
dalle caratteristiche geometriche e meccaniche del sistema e sono funzioni non lineari
rispettivamente dello spostamento e della forza applicata al sistema:
𝐹 = 𝑘(𝐷) oppure 𝑉𝑏 = 𝑘(𝐷𝑡)
𝐷 = 𝑘−1(𝐹) oppure 𝐷𝑡 = 𝑘−1(𝑉𝑏)
In figura sono diagrammati i legami forza-spostamento ossia le curve di capacità
rappresentativi di tre comportamenti emblematici caratterizzati da un iniziale
comportamento elastico lineare fino alla soglia di snervamento (rappresentato da un ramo
sostanzialmente lineare) seguito da un comportamento post-elastico non lineare
incrudente(i), perfetto (p) o degradante (d).
Figura 4.3 - Curva di capacità di un sistema reale [15]
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CAPITOLO 4 90
Nel caso più complesso, ma di maggiore interesse, di sistemi MDOF la curva di capacità
mostra andamenti analoghi caratterizzati ancora da un tratto inizialmente rettilineo,
corrispondente al comportamento lineare della struttura, che si incurva quando inizia la
plasticizzazione e la risposta progredisce in campo non lineare.
Grafico 4.1 - Comportamento della curva di capacità
E’ possibile individuare sulla curva di capacità quattro segmenti [16]:
Un iniziale segmento lineare corrispondente a un comportamento elastico-lineare, nel
quale la domanda di deformazione laterale è proporzionale all'intensità del sisma, a
prescindere dalle caratteristiche del sistema o del moto del suolo. Questo segmento si
estende dall’origine all’inizio di plasticizzazione.
Un secondo segmento pseudo-lineare, nel quale la domanda di deformazione laterale
è circa proporzionale all'intensità del sisma.
Un terzo segmento curvilineo corrispondente ad un comportamento nel quale la
domanda anelastica di deformazione laterale non è più proporzionale all'intensità del
sisma. Con l'aumentare dell'intensità, le domande di deformazione laterale
aumentano a un ritmo più veloce. Questo segmento corrisponde al rammollimento
del sistema, o alla riduzione della rigidezza. In questo segmento, il sistema "transita"
da un comportamento lineare ad una eventuale instabilità dinamica. Anche se un
segmento curvilineo è sempre presente, in alcuni casi la transizione può essere
relativamente lunga e graduale, mentre in altri casi può essere molto breve e brusca.
Un segmento finale lineare che è orizzontale o quasi orizzontale, nel quale le
domande di deformazione laterale infinitamente grandi si verificano per piccoli
incrementi di intensità del sisma. Questo segmento corrisponde al punto in cui un
sistema diventa instabile (instabilità laterale dinamica).
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CAPITOLO 4 91
La curva di capacità definisce la capacità della struttura indipendentemente da qualsiasi
specifica richiesta sismica (infatti non si fa riferimento alcuno all’azione sismica) e quindi
descrive le caratteristiche intrinseche del sistema resistente; in altre parole è una sorta di
legame costitutivo semplificato della struttura. Trattandosi di un legame scalare forza-
spostamento il comportamento del sistema MDOF viene così ricondotto sostanzialmente a
quello di un sistema SDOF che può ragionevolmente definirsi equivalente dato che la curva
di capacità è stata costruita tenendo conto del comportamento dell’intero sistema MDOF.
Quando un terremoto induce uno spostamento laterale sulla struttura la sua risposta è
rappresentata da un punto su tale curva e, poiché la deformazione di tutti i suoi componenti
è correlata allo spostamento globale della struttura stessa, ogni punto di questa curva
definisce anche uno specifico stato di danno strutturale.
4.4.1 - Individuazione degli stati limite sulla curva di capacità Si riporta di seguito il classico andamento di una curva Forza - Spostamento. Su questa
curva, valida sia a livello globale della struttura sia in un punto specifico di essa, si possono
individuare gli stati limite di controllo.
Figura 4.4 - Comportamento deformativo della struttura [17]
il punto B evidenzia l’abbandono della fase elastica, e la comparsa del primo
meccanismo plastico (cerniera plastica a momento/taglio o effetti combinati PMM,
svergolamento di un elemento compresso, snervamento per trazione, ecc);
il punto IO evidenzia il raggiungimento del primo stato limite denominato Immidiate
Occupancy (rioccupazione immediata), superato il quale si ha un danneggiamento
basso, ma comunque tale da rendere necessario un intervento di ripristino locale per
la rioccupazione dell’edificio;
il punto LS evidenzia il raggiungimento del secondo stato limite denominato Life
Safety (Salvataggio della vita), superato il quale si ha un danneggiamento alto, e non
si ha la certezza del salvataggio delle vite degli occupanti dell’edificio;
il punto CP evidenzia il raggiungimento dell’ultimo stato limite denominato Collapse
Prevention (Prevenzione del Collasso). Questo livello segna un danneggiamento
molto pronunciato prossimo a quello di Collasso (individuato dal punto C).
Si fa notare che il collasso individuato dal punto C, risulta un Collasso in termini di forza
orizzontale, cioè le membrature della struttura sono così danneggiate da non portare più
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CAPITOLO 4 92
forze orizzontali, ma permane una resistenza ai carichi verticali. Il collasso vero e proprio è
indicato dal punto E. Inoltre, mentre il valore di IO e CP sono dettati da ragionamenti fisici,
il valore LS è un valore di comodo scelto opportunamente tra i due precedenti.
Questa curva è valida sia a livello globale per la struttura, e in questo caso assume
l’importanza della individuazione dei diversi stati limite, sia a livello locale. In tal caso,
assume un valore di assegnazione dei diversi livelli di danneggiamento di quella particolare
"hinge"(cerniera).
4.5 - ANALISI NON LINEARE STATICA SECONDO LA NORMATIVA ITALIANA
4.5.1 - L’analisi non lineare statica secondo NTC 2008 [18]
L’analisi non lineare statica consiste nell’applicare alla struttura i carichi gravitazionali e,
per la direzione considerata dell’azione sismica, un sistema di forze orizzontali distribuite,
ad ogni livello della costruzione, proporzionalmente alle forze d’inerzia ed aventi risultante
(taglio alla base) Fb. Tali forze sono scalate in modo da far crescere monotonamente, sia in
direzione positiva che negativa e fino al raggiungimento delle condizioni di collasso locale
o globale, lo spostamento orizzontale dc di un punto di controllo coincidente con il centro di
massa dell’ultimo livello della costruzione (sono esclusi eventuali torrini).
Il diagramma Fb - dc rappresenta la curva di capacità della struttura.
Questo tipo di analisi può essere utilizzato soltanto se ricorrono le condizioni di
applicabilità nel seguito precisate per le distribuzioni principali (Gruppo 1); in tal caso esso
si utilizza per gli scopi e nei casi seguenti:
- valutare i rapporti di sovraresistenza au/a1 di cui ai §§ 7.4.3.2, 7.4.5.1, 7.5.2.2,
7.6.2.2, 7.7.3, 7.8.1.3 e 7.9.2.1 delle NTC;
- verificare l’effettiva distribuzione della domanda inelastica negli edifici progettati
con il fattore di struttura q;
- come metodo di progetto per gli edifici di nuova costruzione sostitutivo dei metodi di
analisi lineari;
- come metodo per la valutazione della capacità di edifici esistenti.
Si devono considerare almeno due distribuzioni di forze d’inerzia, ricadenti l’una nelle
distribuzioni principali (Gruppo 1) e l’altra nelle distribuzioni secondarie (Gruppo 2)
appresso illustrate.
Gruppo 1 - Distribuzioni principali:
- distribuzione proporzionale alle forze statiche di cui al § 7.3.3.2, applicabile solo se il
modo di vibrare fondamentale nella direzione considerata ha una partecipazione di
massa non inferiore al 75% ed a condizione di utilizzare come seconda distribuzione
la 2 a);
- distribuzione corrispondente ad una distribuzione di accelerazioni proporzionale alla
forma del modo di vibrare, applicabile solo se il modo di vibrare fondamentale nella
direzione considerata ha una partecipazione di massa non inferiore al 75%;
- distribuzione corrispondente alla distribuzione dei tagli di piano calcolati in
un’analisi dinamica lineare, applicabile solo se il periodo fondamentale della struttura
è superiore a TC.
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CAPITOLO 4 93
Gruppo 2 - Distribuzioni secondarie:
a) distribuzione uniforme di forze, da intendersi come derivata da una distribuzione
uniforme di accelerazioni lungo l’altezza della costruzione;
b) distribuzione adattiva, che cambia al crescere dello spostamento del punto di
controllo in funzione della plasticizzazione della struttura.
L’analisi richiede che al sistema strutturale reale venga associato un sistema strutturale
equivalente ad un grado di libertà.
4.5.2 - Risposta alle diverse componenti dell’azione sismica ed alla variabilità spaziale
del moto [18]
Se la risposta viene valutata mediante analisi statica in campo non lineare, ciascuna delle
due componenti orizzontali (insieme a quella verticale, ove necessario, e agli spostamenti
relativi prodotti dalla variabilità spaziale del moto, ove necessario) è applicata
separatamente. Come effetti massimi si assumono i valori più sfavorevoli così ottenuti.
4.5.3 - Analisi non lineare statica secondo la bozza esplicativa del 07/03/2008 [19]
Questo metodo d’analisi è utilizzabile solo per costruzioni il cui comportamento sotto la
componente del terremoto considerata è governato da un modo di vibrare naturale
principale, caratterizzato da una significativa partecipazione di massa.
L’analisi richiede che al sistema strutturale reale venga associato un sistema strutturale
equivalente ad un grado di libertà.
Figura 4.5 - Sistema e diagramma bilineare equivalente [19]
La forza F* e lo spostamento d* del sistema equivalente sono legati alle corrispondenti
grandezze Fb e dc del sistema reale dalle relazioni:
F* = Fb / Γ
d* = dc / Γ
dove Γ è il “fattore di partecipazione modale” definito dalla relazione:
Γ = φT M τ / φT M φ
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CAPITOLO 4 94
Il vettore τ è il vettore di trascinamento corrispondente alla direzione del sisma considerata;
il vettore φ è il modo di vibrare fondamentale del sistema reale normalizzato ponendo dc=1;
la matrice M è la matrice di massa del sistema reale.
Alla curva di capacità del sistema equivalente occorre ora sostituire una curva bilineare
avente un primo tratto elastico ed un secondo tratto perfettamente plastico (vedi figura 4.5).
Detta Fbu la resistenza massima del sistema strutturale reale ed F*bu = Fbu/Γ la resistenza
massima del sistema equivalente, il tratto elastico si individua imponendone il passaggio per
il punto 0,6 F*bu della curva di capacità del sistema equivalente, la forza di plasticizzazione
F*y si individua imponendo l’uguaglianza delle aree sottese dalla curva bilineare e dalla
curva di capacità per lo spostamento massimo d*u corrispondente ad una riduzione di
resistenza ≤ 0,15Fbu.
Il periodo elastico del sistema bilineare è dato dall’espressione:
𝑇∗ = 2𝜋√𝑚∗
𝑘∗
dove m* = φTMτ e k* è la rigidezza del tratto elastico della bilineare.
Nel caso in cui il periodo elastico della costruzione T* risulti T* ≥ TC la domanda in
spostamento per il sistema anelastico è assunta uguale a quella di un sistema elastico di pari
periodo (vedi figura 4.6):
d*max = d*
e,max = SDe (T*)
Figura 4.6 - Spostamento di riferimento per T > TC [19]
Nel caso in cui T* < TC la domanda in spostamento per il sistema anelastico è maggiore di
quella di un sistema elastico di pari periodo (vedi figura 4.7) e si ottiene da quest’ultima
mediante l’espressione:
𝑑𝑚𝑎𝑥∗ =
𝑑𝑒,𝑚𝑎𝑥∗
𝑞∗[1 + (𝑞∗ − 1)
𝑇𝐶
𝑇∗] ≥ 𝑑𝑒,𝑚𝑎𝑥
∗
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CAPITOLO 4 95
dove q* = Se (T*) m*/Fy* rappresenta il rapporto tra la forza di risposta elastica e la forza di
snervamento del sistema equivalente.
Figura 4.7 - Spostamento di riferimento per T ≤ TC [19]
Se risulta q*≤1 allora si ha d*max = d*
e,max .
Gli effetti torsionali accidentali sono considerati nel modo previsto al § 7.2.6 delle NTC.
Una volta trovata la domanda in spostamento d*max per lo stato limite in esame si verifica
che sia d*max ≤ d*
u e si procede alla verifica della compatibilità degli spostamenti per gli
elementi/meccanismi duttili e delle resistenze per gli elementi/meccanismi fragili.
L’analisi non lineare statica condotta nei modi previsti dalle NTC può sottostimare
significativamente le deformazioni sui lati più rigidi e resistenti di strutture flessibili
torsionalmente, cioè strutture in cui il modo di vibrare torsionale abbia un periodo superiore
ad almeno uno dei modi di vibrare principali traslazionali. Per tener conto di questo effetto,
tra le distribuzioni secondarie delle forze occorre scegliere la distribuzione adattiva.
L’azione sismica deve essere applicata, per ciascuna direzione, in entrambi i possibili versi e
si devono considerare gli effetti più sfavorevoli derivanti dalle due analisi.
4.6 - ANALISI DI PUSHOVER CON DISTRIBUZIONE DI FORZE LATERALI
CONVENZIONALI L’analisi di pushover consiste nell’esame della struttura sottoposta ai carichi verticali (pesi
propri, permanenti ed accidentali) e ad un sistema di forze laterali al crescere delle quali
aumenta monotonicamente lo spostamento orizzontale di un punto di controllo della
struttura (posto tipicamente in sommità dell’edificio), fino al raggiungimento delle
condizioni ultime.
Le distribuzione di forze convenzionali sono:
distribuzione uniforme di forze;
distribuzione corrispondente alla distribuzione dei tagli di piano;
distribuzione triangolare;
distribuzione proporzionale al modo fondamentale.
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CAPITOLO 4 96
Tali metodologie di analisi di pushover convenzionali sono proposte, dalle varie normative
internazionali (EC8, FEMA, ATC), come metodi standard di analisi statica non-lineare per
le strutture regolari.
Le tipologie di pushover convenzionali si distinguono fra loro solamente per la diversa
modalità di distribuzione delle forze sulla struttura.
La caratteristica che contraddistingue le tipologie di pushover convenzionali da quelle
adattive è l’invariabilità della forma dei carichi laterali applicati al crescere del
moltiplicatore dei carichi.
4.6.1 - Analisi di Pushover con distribuzione di forze uniforme Nei telai piani per pushover uniforme si intende applicare ad ogni piano del telaio una forza
orizzontale proporzionale ai pesi sismici di ciascun piano, poi tramite un moltiplicatore dei
carichi si incrementano tali valori fino ad arrivare alle condizioni ultime della struttura,
oppure fino ad un prefissato livello di deformazione o spostamento.
In ogni caso riferendoci al caso oggetto di studio ogni peso sismico di ciascun piano non è
uguale e dunque la distribuzione di forze è uniforme in corrispondenza di ogni piano ma
non in tutta la sua altezza.
La relazione utilizzata per valutare le forze di piano è valutata in funzione della massa di
ciascun piano normalizzata rispetto a quella totale dell’edificio:
𝐹𝑖 = 100 ∙𝑀𝑖
𝑀𝑡𝑜𝑡
dove:
𝐹𝑖: forza dello i-esimo piano;
𝑀𝑖: massa dello i-esimo piano;
𝑀𝑡𝑜𝑡: massa totale dell’edificio.
Ricordiamo che l’analisi con distribuzione uniforme è proposta dalle normative perché si
presuppone che tale distribuzione di forze riesca a cogliere il comportamento ultimo di una
struttura che va in crisi con un meccanismo di piano debole formatosi alla base. Con un
meccanismo di rottura del tipo appena descritto le accelerazioni, indotte dall’azione sismica,
che si innescano sull’altezza dell’edificio non possono essere che uguali fra loro. Difatti
quando si forma un meccanismo di piano debole alla base della struttura, quest’ultima si
deformerà traslando con un moto rigido rispetto al piano andato in crisi, quindi la forma
modale della struttura passerà da lineare a costante sull’altezza.
Purtroppo quanto appena detto vale per i telai piani, ma non è affatto vero per una struttura
spaziale, nella quale potrebbe generarsi una crisi di piano debole in entrambe le direzioni x e
y, oppure solamente in una delle due direzioni. Ovviamente non esiste un metodo per
saperlo a priori, tutto dipende dalla direzione di provenienza del sisma e da come sono
disposti (in pianta) gli elementi di controventamento della struttura.
Nel caso di strutture spaziali non si sa quindi in quale direzione applicare le forze; se solo in
una, in entrambe contemporaneamente oppure se fare due analisi di pushover distinte nelle
due direzioni e poi combinare i risultati con le regole di quadratura. Ovviamente se l’input
sismico proviene da una direzione parallela ad x o y le forze si applicheranno solamente in
quella direzione, ma nel caso di eccitazione sismica bidirezionale il problema permane.
L’idea più semplice, ma non supportata da alcuna evidenza sperimentale, potrebbe essere
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CAPITOLO 4 97
quella di effettuare due analisi di pushover distinte in entrambe le direzioni ortogonali. In
alternativa si potrebbero prendere in considerazione diverse direzioni di provenienza
dell’input sismico ed applicare delle forze laterali parallele alle supposte direzioni di
provenienza del sisma.
Fino ad ora si è parlato di come distribuire le forze di pushover lungo l’altezza della
struttura e con quale direzione, rimane però ancora il problema di capire come distribuire le
forze laterali a livello del singolo piano. Su di un piano infatti si trovano diversi punti, tutti
appartenenti al medesimo solaio, in cui sarebbe possibile applicare le forze laterali di
pushover. Per estendere l’applicazione del pushover uniforme alle strutture spaziali è quindi
necessario un nuovo criterio che stabilisca come distribuire le forze all’interno del piano.
Diversi studi fatti da vari autori (Chopra e Goel [2004], Kilar e Fajfar [2002], Penelis e
Kappos [2002], Moghadam e Tso [1996]) hanno mostrato che la soluzione migliore, ed
anche la più logica, è quella di applicare la risultante delle forze di piano nel centro di massa
(CM) del piano stesso. Tale evidenza deriva dal fatto che le forze laterali di pushover
cercano di esprimere le forze d’inerzia che si innescano sotto l’azione sismica, quindi tali
forze non possono essere che distribuite proporzionalmente alla distribuzione delle masse a
livello dei singoli piani. Ovviamente, per le regole della geometria delle masse, la forza
risultante che ne deriva passa per il centro di massa del piano considerato.
Per i motivi appena detti, se la struttura presenta dei solai infinitamente rigidi è possibile
applicare direttamente un’unica forza di pushover per ogni piano, tale forza sarà applicata
appunto nel CM
del piano considerato. L’infinita rigidezza del solaio farà si che le forze
siano distribuite a livello del singolo piano. Le forze applicate hanno tutte lo stesso modulo,
non solo lungo l’altezza, ma anche a livello di piano. Ciò è dovuto al fatto che il centro di
massa CM
coincide con il centro di simmetria del solaio. Nel caso in cui il CM non fosse
esattamente al centro del solaio allora la distribuzione delle forze nei nodi d’angolo non
sarebbe la stessa, in tal caso bisognerebbe ripartire la forza di piano in maniera
proporzionale alla distribuzione delle masse all’interno del piano.
Si osserva che la curva di capacità è funzione del punto di applicazione della risultante delle
forze applicate: alla distribuzione uniforme in genere corrisponde un punto di applicazione
basso e quindi una grande resistenza e piccoli spostamenti allo snervamento ed allo stato
limite di collasso.
L’analisi di pushover con distribuzione uniforme non si rivela adatta per le strutture spaziali
irregolari in pianta: essa non riesce a prevedere le massime rotazioni di piano che si
sviluppano a seguito dell’evento sismico.
4.6.2 - Analisi di Pushover con distribuzione di forze proporzionale al modo
fondamentale di vibrare Questa tipologia di pushover è in relazione al comportamento della struttura nella fase
elastica e vuole essere un affinamento del caso triangolare: in questo caso si adotta una
distribuzione delle forze laterali proporzionale al modo di vibrare fondamentale in una certa
direzione (modo con maggiore massa partecipante nella direzione prescelta). Se l’input
sismico proviene dalla direzione x, allora si adotterà una distribuzione delle forze
proporzionale al modo fondamentale lungo la direzione x, ovvero, proporzionalmente al
modo che possiede la maggior massa partecipante traslazionale lungo tale direzione; in
modo analogo si procede se l’input sismico proviene dalla direzione y.
La miglioria apportata dell’analisi di pushover con distribuzione proporzionale al modo
fondamentale (rispetto a quella con distribuzione triangolare) consiste nella rimozione
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CAPITOLO 4 98
dell’ipotesi che il modo di vibrare fondamentale della struttura sia di forma simile alla
triangolare, ma viene effettivamente valutata la forma modale fondamentale.
Distribuire le forze laterali secondo una forma proporzionale ad un modo dominante
permette di approssimare meglio la risposta sia di una struttura irregolare spaziale ma anche
di un telaio piano (per tali strutture i modi fondamentali non sono di forma triangolare); si
ottiene quindi una migliore descrizione delle forze d’inerzia che si innescano sotto azione
sismica.
Per strutture intelaiate piane ci sono essenzialmente modi con percentuale di massa
partecipante preponderanti nella direzione del piano mentre per le strutture spaziali ed
irregolari in pianta accade che i modi traslazionali e rotazionali si accoppiano fra loro
generando dei modi roto-traslazionali che presentano componenti di spostamento in
entrambe le direzioni x e y.
A questo punto rimane da definire quale sia il modo fondamentale da prendere in
considerazione per la distribuzione delle forze; il buonsenso suggerisce di prendere il modo
che possiede la maggior massa partecipante lungo la direzione di provenienza dell’input
sismico.
Nelle relazioni seguenti si valutano le forze per ciascun piano.
𝐹𝑖 = 100 ∙𝑀𝑖 ∙ 𝜑𝑖
∑ 𝑀𝑖 ∙ 𝜑𝑖𝑖
Dove:
𝐹𝑖: forza dello i-esimo piano;
𝑀𝑖: massa dello i-esimo piano;
𝜑𝑖: spostamento modale dello i-esimo piano normalizzato rispetto al massimo
spostamento modale.
Lo spostamento 𝜑𝑖 è quello del punto corrispondente al centro di massa dello i-esimo piano.
Si osserva che la curva di capacità è funzione del punto di applicazione della risultante delle
forze applicate: alla distribuzione di forze proporzionale al modo fondamentale di vibrare
corrisponde in genere un punto di applicazione alto e quindi una piccola resistenza e grandi
spostamenti allo snervamento ed allo stato limite di collasso.
Questa analisi entra in crisi quando non è soddisfatta l’ipotesi di poter assimilare la risposta
strutturale ad un unico modo di vibrare fondamentale perché diventano significativi i
contributi forniti dagli altri modi, è il caso di strutture irregolari in altezza.
4.7 - ANALISI DI PUSHOVER CON DISTRIBUZIONE DI FORZE LATERALI
MULTIMODALE L’analisi pushover basata sul metodo N2 convenzionale non è direttamente applicabile agli
edifici irregolari in altezza, ovvero per edifici disomogenei nella distribuzione delle masse e
delle rigidezze lungo l’altezza, dove non è soddisfatta l’ipotesi di poter assimilare la risposta
strutturale ad un unico modo di vibrare fondamentale. Per quanto riguarda la distribuzione
delle rigidezze, l’irregolarità in altezza può essere causata dalla presenza nella struttura di
piani di altezza inferiore o dalla rastremazione degli elementi verticali. In riferimento alla
distribuzione delle masse, l’eventuale irregolarità in altezza è solitamente causata dalla
presenza nell’edificio di un piano molto caricato rispetto agli altri.
L’irregolarità in altezza provoca una risposta dinamica caratterizzata non da un unico modo
di vibrare che attiva la quasi totalità della massa, come invece accade per le strutture
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CAPITOLO 4 99
regolari, ma da più modi che attivano ciascuno una significativa percentuale della massa
totale. Questo fatto rende inapplicabile l’analisi pushover convenzionale che considera la
distribuzione di forze orizzontali proporzionale alla deformata di un modo di vibrare, e
rende necessaria l’applicazione di un metodo che riesca ad includere gli effetti di tutti i modi
di vibrare significativi.
Uno studio finalizzato all’analisi pushover di edifici irregolari in altezza è quella condotto
da Chopra e Goel e descritto in un articolo del 2001 dal titolo “A modal pushover analysis
procedure for estimating seismic demands for buildings” pubblicato nella rivista scientifica
“Earthquake Engineering and Structural Dynamics”. In questo studio viene proposto un
metodo di analisi statica non lineare per edifici irregolari in altezza, ovvero per strutture che
hanno una risposta dinamica caratterizzata da più modi di vibrazione naturale significativi,
che va sotto il nome di “analisi pushover multimodale” o “modal pushover” proprio perché
considera l’effetto di più modi di vibrare.
4.7.1 - Analisi Modale Pushover (MPA) [20]
L’analisi modale pushover di Chopra e Goel consiste essenzialmente nell’eseguire tante
analisi statiche non lineari quanti sono i modi di vibrare significativi, ognuna con una
distribuzione di forze orizzontali proporzionale alla deformata del modo considerato;
successivamente si determina la risposta globale combinando i singoli effetti ottenuti da
ciascuna analisi.
L’equazione differenziale che governa la risposta di una struttura multipiano soggetta
all’accelerazione sismica �̈�𝑔(𝑡) è la seguente:
𝑀�̈� + 𝐶�̇� + 𝐾𝑈 = −𝑀𝐼�̈�𝑔(𝑡)
dove M, C e K sono rispettivamente le matrici delle masse, dello smorzamento viscoso e
della rigidezza, mentre U è il vettore degli spostamenti laterali di piano e I è il vettore unità.
Il secondo membro dell’equazione può essere interpretato come l’effettiva forzante sismica:
𝑝𝑒𝑓𝑓(𝑡) = −𝑀𝐼�̈�𝑔(𝑡) = −𝑠 �̈�𝑔(𝑡)
dove s è il vettore che definisce la distribuzione delle forze orizzontali lungo l’altezza
dell’edificio.
Dalla relazione si ha che:
𝑀𝐼 = 𝑠 = ∑ 𝑠𝑛
𝑁
𝑛=1
= ∑ 𝛤𝑛 𝑀 𝛷𝑛
𝑁
𝑛=1
dove il pedice n si riferisce al modo di vibrare della struttura n-esimo.
In questa equazione è racchiuso il senso dell’analisi multimodale, ovvero a differenza
dell’analisi pushover convenzionale in cui, considerando un unico modo di vibrare, il
vettore s si determina come segue:
𝑠 = 𝛤𝑀𝛷
nel modal pushover esso non è più riferito ad un solo modo di vibrazione ma si calcola con
la relazione:
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CAPITOLO 4 100
𝑠 = ∑ 𝑠𝑛
𝑁
𝑛=1
= ∑ 𝛤𝑛 𝑀 𝛷𝑛
𝑁
𝑛=1
ovvero la distribuzione delle forze laterali espresse come la somma delle distribuzioni di
forze relative a ciascuno degli n modi di vibrare significativi della struttura.
Nella pratica questo si traduce eseguendo n analisi pushover secondo il metodo N2, per
ciascuna delle quali si determina la domanda di spostamento d*max.
Successivamente i parametri relativi alla domanda, determinati per ciascuna delle analisi
statiche non lineari, si combinano in accordo ad una appropriata regola di combinazione
modale per ottenere la domanda totale, riferita alla risposta strutturale globale.
Figura 4.8 - Esempio delle deformate relative ai primi tre modi di vibrare di un edificio di 9 piani [20]
In figura si riporta l’esempio di un edificio di 9 piani, ed in particolare si mostrano le
deformate relative ai primi tre modi naturali di vibrazione. Ipotizzando che si tratti di un
edificio irregolare in altezza la massa totale non sarà attivata solamente dal primo modo di
vibrare ma una parte significativa sarà attivata dal secondo e terzo modo.
Dunque, in un caso del genere per eseguire l’analisi statica non lineare è necessario
applicare il metodo di modal pushover. Si devono eseguire, quindi tre analisi considerando
per ciascuna la distribuzione di forze orizzontali proporzionale alla deformata del modo di
vibrare corrispondente. Tali distribuzioni di forze statiche orizzontali sono espresse dalla
relazione seguente:
𝑠𝑛∗ = 𝑀𝛷𝑛
in cui 𝑠𝑛∗ si ottiene dividendo i membri dell’equazione
𝑠 = ∑ 𝑠𝑛
𝑁
𝑛=1
= ∑ 𝛤𝑛 𝑀 𝛷𝑛
𝑁
𝑛=1
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CAPITOLO 4 101
per il fattore di partecipazione modale 𝛤𝑛, il quale essendo costante non influenza i rapporti
relativi tra le forze orizzontali della distribuzione considerata; 𝛷𝑛 è il vettore degli
spostamenti di piano relativi alla deformata di vibrare n-esimo.
Figura 4.9 - Distribuzione delle forze orizzontali s*n=MΦn, n=1,2, e 3 [20]
Ciascuna delle analisi viene condotta con il metodo N2 usuale, e quindi, dalla curva di
capacità del sistema MDOF si determina la bilineare equivalente del sistema SDOF e,
procedendo al confronto di quest’ultima con lo spettro di risposta in formato ADRS si
determina la domanda di spostamento d*max. Successivamente si ottiene la risposta globale
combinando i risultati ottenuti da ciascuna analisi.
4.7.1.1 – Determinazione della domanda sismica totale
Una volta effettuate le n analisi di pushover separatamente, per ottenere la domanda di
spostamento totale, occorre combinare tra di loro le domande massime di spostamento d*max
ottenute da ciascuna analisi.
I tipi di combinazione suggeriti dagli autori del metodo sono le usuali combinazioni usate
per l’analisi modale, ovvero la combinazione quadratica semplice (SRSS) oppure la
combinazione quadratica completa (CQC). In particolare, come si procede usualmente nella
combinazione dei modi in una analisi modale con spettro di risposta, al fine di calcolare la
domanda di spostamento complessiva può essere usata una combinazione quadratica
semplice se il periodo di vibrazione di ciascun modo differisce di almeno il 10% da tutti gli
altri. In caso contrario si dovrà utilizzare una combinazione quadratica completa.
Indicando con d la domanda totale e con di la domanda ottenuta dall’analisi pushover riferita
al modo i-esimo, la combinazione quadratica semplice è definita dalla relazione seguente:
𝑑 = (∑ 𝑑𝑖2
𝑁
𝑖=1
)
1/2
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CAPITOLO 4 102
in cui N è il numero dei modi significativi considerato.
Analogamente si definisce la combinazione quadratica completa:
𝑑 = (∑ ∑ 𝜌𝑖𝑗𝑑𝑖𝑑𝑗
𝑁
𝑗=1
𝑁
𝑖=1
)
1/2
in cui i pedici i e j sono riferiti al modo i-esimo ed al modo j-esimo, mentre ρij è il
coefficiente di correlazione tra il modo i e il modo j calcolato con l’espressione seguente:
𝜌𝑖𝑗 =(8 𝜉2(1 + 𝛽𝑖𝑗)𝛽𝑖𝑗
3/2)
((1 − 𝛽𝑖𝑗2)
2+ 4 𝜉2𝛽𝑖𝑗(1 + 𝛽𝑖𝑗)
2)
dove ξ è il coefficiente di smorzamento viscoso e 𝛽ij è così definito:
𝛽𝑖𝑗 =𝜔𝑖
𝜔𝑗
in cui 𝜔𝑖 ed 𝜔𝑗 sono le frequenze rispettivamente del modo i e del modo j.
In questo modo si ottiene la domanda di spostamento complessiva, includendo in essa gli
effetti dovuti a tutti i modi di vibrare significativi della struttura.
4.7.1.2 – Rapporto FEMA-440 sul metodo MPA [21]
Secondo il rapporto FEMA-440 con il metodo MPA si possono ottenere risultati che, sia in
termini di forze, sia in termini di spostamenti di piano assoluti e relativi appaiono migliori
rispetto a quelli conseguiti con un’analisi di Pushover di tipo tradizionale. Tuttavia, nel
documento viene anche messo in luce il fatto che l’accuratezza di tali risultati dipende
significativamente dal parametro indagato, dalle caratteristiche della struttura e dai dettagli
della specifica procedura. Inoltre viene evidenziata la tendenza a sovrastimare gli effetti del
sisma, in particolare forze e momenti, a causa delle caratteristiche del sistema di
combinazione dei risultati SRSS. Infine viene rilevato come, a causa dell’invariabilità dei
profili adottati nelle singole analisi il metodo MPA sia fondamentalmente limitato, al pari
dei criteri convenzionali. Sebbene tale metodo costituisca un miglioramento significativo
rispetto alle tecniche di analisi Pushover convenzionali, permangono alcune importanti
insufficienze legate al fatto che gli effetti dell’accumulazione dei danni indotti dal crescente
livello di deformazione non vengono considerati. Dunque non vengono conteggiati i
possibili cambiamenti del comportamento strutturale indotti dalle riduzioni delle rigidezze
degli elementi e dalle conseguenti elongazioni dei periodi relativi ai diversi modi di vibrare.
Appare chiaro come tali insufficienze siano dovute alla invariabilità del vettore dei carichi
laterali applicato durante l’analisi, sia esso rappresentativo del solo modo di vibrare
fondamentale o di più modi, a causa dell’inadeguatezza nel riflettere il progressivo degrado
strutturale attraverso un vettore dalla forma fissata. Per questi motivi gli ultimi sviluppi di
questi ultimi anni nei riguardi dell’analisi statica non lineare si sono rivolti verso analisi
Pushover di tipo adattivo.
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CAPITOLO 4 103
4.8 - ANALISI DI PUSHOVER DELLA STRUTTURA TRIDIMENSIONALE [22]
Le problematiche che investono tali tipi di strutture non è legata solo alle differenze dei
modelli in cui possono essere studiate ma senza entrare nello specifico di quanto già detto
sulle analisi di pushover, sono indubbie le difficoltà nel valutare la direzione, il punto di
applicazione e la distribuzione di forze sulla struttura al variare delle azioni d’inerzia
sismiche.
Nel modello oggetto di studio si sono fatte delle ipotesi semplificative inerenti i problemi
elencati in precedenza:
Le forme delle distribuzioni delle forze laterali sono applicate sempre in entrambe le
direzioni x e y e sono:
a. distribuzione uniforme di forze, da intendersi come derivata da una
distribuzione uniforme di accelerazioni lungo l’altezza della costruzione;
b. distribuzione delle forze proporzionale alle masse per la deformata del primo
modo di vibrare;
c. distribuzione delle forze proporzionale alle masse per la deformata dei modi di
vibrare principali (MPA).
Le forze sismiche di pushover seguono la direzione degli assi x e y ma sono applicate
singolarmente e non contemporaneamente.
Il punto di applicazione delle forze corrisponde al baricentro delle masse di ogni
piano. Per il calcolo di questo punto si è fatto riferimento alla geometria delle masse
in particolar modo al rapporto tra momento statico delle masse di piano e le masse
stesse. Il momento statico si valuta moltiplicando la massa di una membratura (per
esempio pilastro, trave, scale o pannello murario) per la relativa distanza rispetto agli
assi coordinati x o y che sono posizionati generalmente all’origine della griglia su cui
è stata modellata la struttura.
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CAPITOLO 4 104
4.9 - ANALISI DI PUSHOVER NEL SAP 2000 [21]
4.9.1 - In/Output step nel SAP 2000
Normalmente solo lo stato finale è salvato per una analisi non lineare statica. Si può
scegliere invece di salvare i risultati intermedi per vedere come la struttura ha risposto
durante la fase di carico. Questo è particolarmente importante per l’analisi non lineare
statica dove si ha la necessità di sviluppare la curva di capacità.
4.9.1.1 - Salvataggio di più steps
Se si sceglie di salvare più steps, lo stato all’inizio dell’analisi (step 0) sarà salvato, così
come un numero di stati intermedii. Da un punto di vista terminologico, il salvataggio di
cinque steps significa la stessa cosa di salvare sei stati (da step0 a step5): lo step è
l’incremento mentre lo stato è il risultato.
Il numero di steps salvati dipende dai parametri:
Minimo numero di steps salvati;
Massimo numero di steps salvati;
Opzione di salvare solo gli incrementi positivi.
4.9.1.2 - Minimo e massimo numero di steps salvati
Il minimo e il massimo numero di steps salvati operano un controllo sul numero di punti
attualmente salvati nell’analisi. Se il minimo numero di steps salvati è troppo piccolo, si
potrebbe non avere abbastanza punti per rappresentare adeguatamente una curva di
Pushover. Se il minimo e il massimo numero di steps salvati è troppo grande, allora l’analisi
potrebbe richiedere un eccessivo onere computazionale.
Il programma determina automaticamente la spaziatura degli steps da essere salvati come
segue. La massima lunghezza degli steps è uguale alla forza totale fissata o allo spostamento
totale fissato diviso il minimo numero di steps salvati. Il programma comincia dal
salvataggio degli steps a questo incremento. Se avviene un evento significativo ad uno step
di lunghezza minore di questo incremento, allora il programma salverà anche quello step e
continuerà con il massimo incremento da lì.
Per esempio, supponiamo che il minimo e il massimo numero di steps salvati sono fissati
pari a 20 e 30 rispettivamente, e il target è fissato ad uno spostamento di 10 mm.
L’incremento massimo di steps salvati sarà 10/20=0.5 mm. Così, il dato è salvato a 0.5, 1,
1.5, 2, 2.5 mm. Supponiamo che avviene un evento significativo a 2.7 mm. Allora il dato è
anche salvato a 2.7 mm, e continua da lì salvando a 3.2, 3.7, 4.2, 4.7, 5.2, 5.7, 6.2, 6.7, 7.2,
7.7, 8.2, 8.7, 9.2, 9.7 e 10.0 mm.
Il massimo numero di steps salvati controlla il numero di eventi significativi per i quali il
dato sarà salvato. Il programma raggiungerà sempre la forza o lo spostamento fissati
all’interno del numero di steps massimi salvati, comunque, nel fare così il programma
potrebbe saltare il salvataggio degli steps agli eventi successivi.
Per esempio, supponiamo che il minimo e il massimo numero di steps salvati sono fissati
pari a 20 e 21 rispettivamente, e il target è fissato ad uno spostamento di 10 mm.
L’incremento massimo di steps salvati sarà 10/20=0.5 mm. Così, il dato è salvato a 0.5, 1,
1.5, 2, 2.5 mm. Supponiamo che avviene un evento significativo a 2.7 mm. Allora il dato è
anche salvato a 2.7 mm, e continua da lì salvando a 3.2 e 3.7 mm. Supponiamo che avvenga
un altro evento significativo a 3.9 mm. Il programma non salverà il dato a 3.9 mm, perché
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CAPITOLO 4 105
se lo facesse non sarebbe capace di limitare il massimo incremento a 0.5 mm e ancora di
portare a termine il pushover completamente in non più di 21 steps. Si nota che se avvenisse
un secondo evento significativo a 4.1 mm piuttosto che a 3.9 mm, allora il programma
sarebbe capace di salvare lo step e ancora di incontrare il criterio specificato per
l’incremento massimo e il massimo numero di steps.
CASO 1
Minimo numero di steps salvati = 20;
Massimo numero di steps salvati = 21;
L’incremento massimo = 0,5mm;
Eventi significativi a 2,7mm e a 3,9mm.
CASO 2
Minimo numero di steps salvati = 20;
Massimo numero di steps salvati = 21;
L’incremento massimo = 0,5mm;
Eventi significativi a 2,7mm e a 4,1mm.
CASO 1 CASO 2
(mm) (mm)
0,5 0,5
1 1
1,5 1,5
2 2
2,5 2,5
evento significativo 2,7 2,7
3,2 3,2
3,7 3,7
evento significativo 3,9 4,1
4,4 4,6
4,9 5,1
5,4 5,6
5,9 6,1
6,4 6,6
6,9 7,1
7,4 7,6
7,9 8,1
8,4 8,6
8,9 9,1
9,4 9,6
9,9 10
Tabella 4.1 - Stati dell’analisi Pushover
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CAPITOLO 4 106
4.9.1.3 - Salva solo gli incrementi positivi
Questa opzione è di primario interesse per l’analisi pushover sotto il controllo in
spostamento. Nel caso di estrema non linearità, particolarmente quando una cerniera perde
carico, la curva pushover potrebbe mostrare incrementi negativi nello spostamento
monitorato mentre la struttura sta provando a ridistribuire la forza proveniente da una
componente collassata.
Si può scegliere o no di voler salvare solo gli steps aventi incrementi positivi. Gli incrementi
negativi rendono spesso l’aspetto della curva pushover confuso.
Si potrebbe quindi voler scegliere di salvare solo gli incrementi positivi nella maggioranza
dei casi eccetto quando l’analisi sta avendo una convergenza preoccupante.
4.9.1.4 - Influenza della scelta degli steps sull’aspetto numerico
Prendiamo in considerazione il telaio 2D (H=4m; B=4m) raffigurato in figura 4.10:
Figura 4.10 - Telaio 2D
Elemento strutturale Profilo L elemento (m) Materiale
Colonna HE360M 4 S450
Trave IPE400 4 S355
Asta del controvento TUBO 219,1/8 5,65 S235 Tabella 4.2 - Elementi costituenti il telaio 2D
I tipi di acciaio utilizzati nel telaio preso in esame sono riportati in tabella 4.3:
ACCIAIO Ftk (N/mm^2) fyk(N/mm^2) gmo fyd(N/mm^2) Es(N/mm^2)
S235 360 235 1,05 223,8 210000
S355 510 355 1,05 338,1 210000
S450 550 440 1,05 419,0 210000
Tabella 4.3 - Proprietà acciaio con t ≤ 40mm
Abbiamo variato il minimo e il massimo numero di steps salvati avendo fissato un target ad
uno spostamento pari a 1 m per tutti e quattro i modelli.
Modello 1:
Minimo numero di steps salvati = 1000
Massimo numero di steps salvati = 3000
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CAPITOLO 4 107
Modello 2:
Minimo numero di steps salvati = 500
Massimo numero di steps salvati = 1500
Modello 3:
Minimo numero di steps salvati = 250
Massimo numero di steps salvati = 1000
Modello 4:
Minimo numero di steps salvati = 100
Massimo numero di steps salvati = 500
La massima lunghezza degli steps è uguale allo spostamento totale fissato diviso il minimo
numero di steps salvati, l’incremento massimo di steps salvati sarà:
min/max num steps 1000/3000 500/1500 250/1000 100/500
spostamento tot (m) 1 1 1 1 min num steps 1000 500 250 100
max incremento (m) 0,001 0,002 0,004 0,01 Tabella 4.4 - Incremento max dei 4 modelli studiati
A questo punto abbiamo lanciato l’analisi e poi verificato tramite dei parametri significativi
la bontà della stessa:
min/max num steps steps salvati steps nulli steps totali
Modello 1 1000/3000 1005 2 2479
Modello 2 500/1500 506 4 1500
Modello 3 250/1000 253 2 629
Modello 4 100/500 103 0 257 Tabella 4.5 - Parametri significativi dei 4 modelli studiati
Gli steps totali rappresentano il massimo numero di steps considerati nell’analisi. Potrebbe
includere steps salvati così come sotto-steps i quali risultano non essere salvati. In tutti i
modelli si è raggiunto lo spostamento fissato con un numero di steps totali inferiore o
uguale al massimo numero di steps salvati.
Gli steps nulli avvengono durante la procedura di soluzione non lineare quando:
una cerniera si sta scaricando;
un evento (snervamento, scarico, ecc.) innesca un altro evento;
l’iterazione non converge e ci si attende un step più piccolo.
Un eccessivo numero di steps nulli potrebbe indicare che la soluzione è andata in stallo
dovuta ad un collasso catastrofico o ad una sensibilità numerica; non è il nostro caso visto
che il massimo numero di steps nulli lo riscontriamo nel modello 2 ed è pari a 4, quindi
piccolo.
Gli steps salvati devono essere maggiori o uguali al minimo numero di steps salvati. Nel
nostro caso sono sempre maggiori, ciò significa che sono avvenuti degli eventi significativi
a degli steps di lunghezza minore dell’incremento massimo.
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CAPITOLO 4 108
Dimostrata la bontà dell’analisi si passa al confronto degli sforzi assiali di compressione
trovati nell’asta compressa del controvento per i quattro modelli facendo particolare
attenzione al valore di snervamento.
Riportiamo in tabella 4.6 tutti i valori della N di compressione (Nc) sino allo step10,
riportiamo cioè i risultati sino allo stato 11 per i quattro modelli:
Modello 1 Modello 2 Modello 3 Modello 4
1000/3000 500/1500 250/1000 100/500
STEP Nc (KN) Nc (KN) Nc (KN) Nc (KN)
0 1,361 1,361 1,361 1,361
1 132,416 263,471 525,581 916,291
2 263,471 525,581 916,291 916,291
3 394,526 787,691 916,291 916,291
4 525,581 916,291 916,291 916,291
5 656,636 916,291 916,291 916,291
6 787,691 916,291 916,291 916,291
7 916,291 916,291 916,291 916,291
8 916,291 916,291 916,291 916,291
9 916,291 916,291 916,291 916,291
10 916,291 916,291 916,291 916,291 Tabella 4.6 - Nc dei 4 modelli studiati
I quattro modelli raggiungeranno la N di snervamento in corrispondenza di steps diversi
come era facile aspettarsi visto che hanno incrementi massimi diversi.
Inoltre i quattro modelli trovano lo stesso valore di N di snervamento indipendentemente
dalla diversa scelta del numero di steps fatta per ciascun modello come si vede nel grafico
4.2:
Grafico 4.2 - Nc per i diversi modelli al variare degli steps
0
100
200
300
400
500
600
700
800
900
1000
0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10
Nc
(KN
)
Step
Nc in funzione del Min/Max numero steps
1000/3000
500/1500
250/1000
100/500
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CAPITOLO 4 109
4.9.1.5 - Massimo numero di iterazioni per step
L’iterazione è usata per assicurarsi che l’equilibrio sia raggiunto a ciascuno step dell’analisi.
Per ciascuno step è tentata per prima l’iterazione a rigidezza costante. Se la convergenza
non è raggiunta allora si tenta l’iterazione Newton-Raphson (rigidezza tangente). Se
entrambe falliscono, la lunghezza dello step è ridotta, e il processo è ripetuto.
Si può controllare separatamente il numero delle iterazioni a rigidezza costante e N-R
permesse in ogni step. Il settaggio di uno dei due parametri a zero impedisce quel tipo di
iterazione. Il settaggio di entrambi a zero spinge il programma a determinare
automaticamente il numero e il tipo di iterazioni permesse. Le iterazioni a rigidezza costante
sono più veloci di quelle N-R, ma le ultime sono usualmente le più efficaci. I valori di
default lavorano bene in molte situazioni.
4.9.1.6 - Tolleranza di convergenza dell’iterazione
L’iterazione è usata per assicurarsi che l’equilibrio sia raggiunto a ciascuno step dell’analisi.
Si può fissare la relativa tolleranza di convergenza la quale è usata per comparare la
grandezza della forza con la grandezza della forza agente sulla struttura.
Si potrebbe avere la necessita di usare valori significativamente più piccoli della tolleranza
di convergenza al fine di ottenere buoni risultati per problemi ai grandi spostamenti che non
per altri tipi di non linearità. Si può decrementare questo valore sino ad ottenere risultati
congrui.
4.9.1.7 - Controllo dell’iterazione “event to event”
L’algoritmo della soluzione non lineare usa una strategia “event to event” per le cerniere. Se
si ha un grande numero di cerniere nel modello, questo potrebbe derivare in un enorme
numero di steps risolti. Si può specificare una tolleranza dell’evento cumulo la quale è usata
per raggruppare gli eventi insieme allo scopo di ridurre il tempo di risoluzione.
Quando una cerniera snerva o si muove verso un altro segmento della curva forza-
spostamento (momento-rotazione), un evento è messo in ordine. Se altre cerniere sono
chiuse facendo esperienza del loro proprio evento, all’interno dell’evento cumulo di
tolleranza, loro saranno trattate come se hanno raggiunto l’evento. Questo induce un piccolo
ammontare di errore nel livello di forza (momento) in corrispondenza del quale avviene lo
snervamento o il cambio in segmento.
Specificando una più piccola tolleranza dell’evento cumulo si incrementerà l’accuratezza
dell’analisi, al costo di un maggiore tempo computazionale.
Si può chiudere il processo “event to event” completamente, in quel caso il programma sarà
iterato sulle cerniere. Questo potrebbe essere utile in modelli con un gran numero di
cerniere, ma non è raccomandato se ci si aspetti che le cerniere perdano resistenza in modo
repentino.
4.9.2 - Metodo di scarico della cerniera plastica nel SAP 2000
Questa opzione è primariamente intesa per l’analisi pushover usando proprietà di cerniera
che esibiscono improvvisi cali nella loro capacità di carico trasportato.
Quando una cerniera scarica, il programma deve trovare una via per rimuovere il carico che
la cerniera stava portando e possibilmente ridistribuirlo al resto della struttura. Lo scarico
della cerniera avviene dovunque la curva tensioni-deformazioni (forze-deformazioni e
momenti-rotazioni) mostra un calo in capacità, così come è spesso assunto dal punto C al
punto D, o dal punto E al punto F (completa rottura).
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CAPITOLO 4 110
Così lo scarico lungo una pendenza negativa può essere instabile nelle analisi statiche, e una
soluzione unica non è sempre matematicamente garantita. Nelle analisi dinamiche (e il
mondo reale) l’inerzia produce stabilità e una soluzione unica.
Per l’analisi statiche, sono necessari dei metodi speciali per risolvere questo problema di
instabilità. Differenti metodi potrebbero lavorare meglio con differenti problemi. Metodi
diversi potrebbero produrre risultati diversi con lo stesso problema. SAP2000 fornisce tre
diversi metodi per risolvere questo problema dello scarico della cerniera, i quali sono
descritti successivamente.
Se tutte le pendenze tensione-deformazione sono positive o nulle, questi metodi non sono
usati a meno che la cerniera oltrepassa il punto E e si rompe. L’instabilità causata dagli
effetti geometrici non è trattata da questi metodi.
4.9.2.1 - Scarico dell’intera struttura
Quando una cerniera raggiunge una porzione della curva tensione-deformazione a pendenza
negativa, il programma continua a provare ad incrementare il carico applicato. Se questo
risulta in una deformazione incrementata (tensione decrementata) l’analisi procede. Se la
deformazione prova a invertire, il programma invece inverte il carico sull’intera struttura
sino a che la cerniera è completamente scarica per il prossimo segmento sulla curva
tensioni-deformazioni. A questo punto il programma ritorna ad incrementare il carico sulla
struttura. Altre parti della struttura potrebbero ora raccogliere il carico che è stato rimosso
dalla cerniera scarica.
Se il carico deve essere invertito o no per scaricare la cerniera dipende dalla flessibilità
relativa della cerniera scaricante comparata con altre parti della struttura che agiscono in
serie con la cerniera.
Questo metodo è il più efficiente dei tre metodi disponibili, ed è usualmente il primo
metodo che si dovrebbe provare. Esso generalmente lavora bene se la cerniera scaricante
non richiede grandi riduzioni nel carico applicato alla struttura. Esso fallisce se due cerniere
concorrono allo scarico, i.e., dove una cerniera richiede il carico applicato per incrementare
mentre l’altra richiede il carico per decrementare. In questo caso, l’analisi si fermerà con il
messaggio “incapace a trovare una soluzione”, in quel caso si dovrebbe provare uno degli
altri due metodi.
Questo metodo usa un moderato numero di steps nulli.
4.9.2.2 - Applicare la ridistribuzione locale
Questo metodo è simile al primo metodo, eccetto che invece di scaricare l’intera struttura,
solo l’elemento contenente la cerniera è scaricato. Quando una cerniera è su una porzione
della curva tensione-deformazione a pendenza negativa e il carico applicato causa l’invertire
della deformazione, il programma applica un temporaneo, localizzato, auto-equilibrante,
carico interno che scarica l’elemento. Questo causa lo scarico della cerniera. Una volta che
la cerniera è scaricata, il carico temporaneo è invertito, trasferendo il carico rimosso verso
gli elementi contigui. Questo processo è inteso per imitare come le forze di inerzia locale
potrebbero stabilizzare un elemento scaricante rapidamente.
Questo metodo è spesso il più efficace dei tre metodi disponibili, ma usualmente richiede
più steps rispetto al primo metodo, includendo molti piccoli steps e un sacco di steps nulli. Il
limite sugli steps nulli dovrebbe usualmente essere fissato tra il 40% e il 70% degli steps
totali permessi.
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CAPITOLO 4 111
Questo metodo fallirà se due cerniere nello stesso elemento concorrono allo scarico, i.e.,
dove una cerniera richiede il carico temporaneo per incrementare mentre l’altra richiede il
carico per decrementare. In questo caso, l’analisi si fermerà con il messaggio “incapace a
trovare una soluzione”, dopo il quale si dovrebbe dividere l’elemento così che le cerniere
siano separate e riprovare di nuovo. Si controlla il .LOG file per vedere quali elementi
stanno avendo problemi. L’approccio più facile è assegnare le cerniere sovrascritte, e
scegliere di suddividere automaticamente dalle cerniere.
4.9.2.3 – Ripartire usando la rigidezza secante
Questo metodo è abbastanza differente dai primi due. Dovunque una cerniera raggiunge una
porzione della curva tensioni-deformazioni a pendenza negativa, tutte le cerniere che sono
diventate non lineari sono riformate usando le proprietà della rigidezza secante, e l’analisi è
ripartita.
La rigidezza secante per ciascuna cerniera è determinata come la secante dal punto O al
punto X sulla curva tensione-deformazione, dove: il punto O è il punto di tensione-
deformazione all’inizio del caso di carico (il quale usualmente include la tensione dovuta al
carico di gravità); e il punto X e il punto corrente sulla curva tensione-deformazione se la
pendenza è zero o positiva, o altrimenti è il punto all’estremo inferiore del segmento a
pendenza negativa della curva tensione-deformazione.
Quando il carico è riapplicato dall’inizio dell’analisi, ciascuna cerniera si muove lungo la
secante sino a raggiungere il punto X, dopo il quale la cerniera riprende usando la curva
tensione-deformazione data.
Questo metodo è simile all’approccio suggerito dalle guide linea FEMA-356, e ha senso
quando si considera l’analisi pushover come un carico ciclico di incremento della grandezza
piuttosto che come una spinta statica monotona.
Questo metodo è il meno efficiente dei tre, con il numero di steps richiesti incrementati
come la radice dello spostamento target. Esso è anche il più robusto (il meno probabile a
fallire) a patto che il carico di gravità non sia troppo grande. Questo metodo potrebbe fallire
quando la tensione in una cerniera sotto il carico di gravità è grande abbastanza che la
secante da O a X è negativa. In un altro modo, questo metodo potrebbe essere utile a fornire
soluzioni dove gli altri due metodi falliscono dovute a cerniere con piccole (vicino
all’orizzontale) pendenze negative.
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CAPITOLO 4 112
4.10 - BIBLIOGRAFIA
[8] Computers and Structures, Inc. (2010), “CSI Analysis Reference Manual For
SAP2000®, ETABS®, and SAFE® ”, Berkeley, California (USA), March 2010.
[15] T. Albanesi, C. Nuti (2007), Dispensa: “ANALISI STATICA NON LINEARE
(PUSHOVER)”, Dipartimento di Strutture, Università degli studi di Roma Tre, Roma,
Maggio 2007.
[16] FEMA, (2009): “Effects of Strength and Stiffness Degradation on Seismic Response”,
Federal Emergency Management Agency-P440A, Washington D.C. (USA), June 2009.
[17] A. Habibullah, S. Pyle (1998), “Practical Three Dimensional Nonlinear Static Pushover
Analysis”, Published in Structure Magazine, Winter 1998.
[18] NTC (2008), “Norme Tecniche per le Costruzioni”, DM 14 Gennaio 2008.
[19] Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici (2008), “Bozza di Istruzioni per l’applicazione
delle Norme tecniche per le Costruzioni”, aggiornamento al 07/03/2008.
[20] Chopra A.K., Goel R.K., (2001): “A modal pushover analysis procedure for estimating
seismic demands for buildings”, Earthquake Engineering Research Center, University of
California, Berkeley, 31 August 2001.
[21] FEMA (2005): “Improvement of Nonlinear Static Seismic Analysis Procedures”,
Federal Emergency Management Agency-440, Washington (USA), June 2005.
[22] Fausto Viesi (2008), Tesi di Laurea: “Confronto tra modellazione a plasticità diffusa e
concentrata per strutture in c.a.: la scuola di Bisignano”, Corso di Laurea in Ingegneria
Civile - Indirizzo Strutture -, Università degli studi di Bologna, anno accademico2007/2008.
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CAPITOLO 5 113
5 - DESCRIZIONE DELLA STRUTTURA
5.1 - DESCRIZIONE DELL’OPERA
La struttura ospedaliera studiata è in acciaio di nove piani, di cui tre interrati e sei fuori
terra, la cui destinazione d’uso prevista è quella di parcheggi e locali per impianti e
macchinari per i primi tre, ambienti ad uso ospedaliero per i restanti sei piani.
5.1.1 - Collocamento geografico
La costruzione dell’opera è prevista a Rieti. Le coordinate geografiche sono:
LAT 42° 25’ 58’’ N
LONG 12° 51’ 83’’ E
visualizzabili nell’immagine seguente presa direttamente da Google Earth.
Il sottosuolo su cui la struttura sorgerà è costituito da terreni a grana grossa mediamente
addensati, per cui può essere associata alla categoria C secondo le N.T.C. 2008.
Figura 5.1 - Posizione e coordinate geografiche [23]
5.1.2 - Caratterizzazione Architettonica L’edificio ha una forma in pianta rettangolare sia per i piani interrati che per i piani fuori
terra. L’impronta dei piani interrati può essere definita da un rettangolo con lato maggiore di
circa 218 m e lato minore di 82,5 m, mentre a partire dal primo piano fuori terra l’impronta
si restringe rimanendo comunque rettangolare di lati 158x37,5m e centrata rispetto a quella
sottostante. Tutta la struttura è organizzata in pianta mediante una suddivisione regolare in
maglie quadrate di lato 7,5 m. Le superfici totali associate ai piani interrati e fuori terra
risultano essere rispettivamente circa pari a 17950 mq e 5900 mq.
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CAPITOLO 5 114
La struttura si sviluppa per una altezza totale di 33 m, 12 dei quali interrati. I tre livelli
inferiori presentano un’altezza di interpiano pari a 4 m, mentre i restanti sei pari a 3,5 m.
Il materiale utilizzato per tamponare le pareti esterne è il vetro intervallato, in
corrispondenza di ogni solaio, da una fascia di piano in acciaio che ha la funzione di
individuare chiaramente ogni livello e di fornire una trama orizzontale al prospetto
dell’edificio. Sono state utilizzate due tipologie differenti di vetro: vetro specchiato, usato
nelle due facciate lungo i lati lunghi dell’edificio, dove verranno realizzate le stanze di
degenza, e vetro trasparente, usato nei lati corti in corrispondenza del telaio centrale, dove
verranno realizzati i corpi scala e nel telaio centrale sul lato lungo per interrompere la trama
continua. Tutti i livelli, tranne quello di copertura, presentano un pacchetto del solaio di
altezza complessiva pari a 78 cm, realizzato in modo tale da consentire il passaggio
dell’impiantistica di servizio. In relazione a ciò, il rivestimento di piano esterno ha altezza
pari a 2 m e si estende per 1.2 m al di sopra del piano finito e 0.8 al di sotto.
In corrispondenza dell’ultimo piano, l’altezza del pacchetto solaio risulta essere di 52,5 cm
e la copertura, progettata come non praticabile, è costituita da lastre metalliche continue
disposte su un orditura di supporto di listelli in legno necessaria a fornire la pendenza
desiderata.
Figura 5.2 - Render dell’ospedale [23]
5.1.3 - Caratterizzazione Strutturale
La struttura portante dell’opera è interamente realizzata in acciaio. La struttura è a telaio
nella direzione del lato lungo, con la particolarità che i telai in questa direzione presentano
travi binate continue, ad eccezione di quelli esterni dove le travi sono collegate alle colonne
con unioni bullonate a squadrette, mantenendo il filo esterno di queste ultime. Nella
direzione del lato corto non sono presenti travi se non nei due telai esterni, dove queste sono
collegate con la stessa tipologia di unione adoperata per il lato lungo. In altezza le colonne
sono continue e alla base è stato schematizzato un vincolo di incastro. Sia per le travi che
per le colonne sono stati impiegati profili a doppio T.
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CAPITOLO 5 115
Il pacchetto del solaio è costituito da pannelli alveolari precompressi poggianti sulle travi
binate cui si è fatto riferimento in precedenza. Queste travi hanno la particolarità di essere
travi con fori esagonali lungo lo sviluppo dell’anima. Con questa soluzione si è evitata una
orditura di travi secondarie limitando l’altezza totale del pacchetto solaio e consentendo
comunque di avere un adeguato spazio per il passaggio degli impianti. Le travi binate
inoltre sono rese collaboranti con la soletta mediante l’inserimento di pioli.
Figura 5.3 - Modello della struttura portante
Per quanto riguarda i controventi verticali sono stati utilizzati due sistemi diversi di
controventamento per le due direzioni principali. Per il lato corto sono stati utilizzati
controventi a croce (su due piani) per tutti i piani tranne l’ultimo dove sono presenti
controventi a V rovescia. Per il lato lungo sono stati utilizzati sempre controventi a due
piani che però non si intersecano tra di loro. Questa scelta è maturata da esigenze
architettoniche che prevedono l’inserimento di porte nella parte centrale del telaio
considerato
Per i controventi sono stati impiegati profili tubolari collegati alle colonne tramite
collegamenti a perno.
La tipologia di fondazione adottata è quella di plinti collegati da cordoli, mentre solo al di
sotto dei corpi scala-ascensori sono realizzate delle piccole platee.
5.1.3.1 - Solaio La struttura portante del solaio è costituita da pannelli alveolari precompressi tipo Neocem
H16 di spessore pari a 16 cm, completati dal getto in opera di una soletta integrativa di 6
cm. Il solaio è privo di travi secondarie, i pannelli poggiano direttamente sulle travi
principali binate, costituite da profili forati di tipo ISE HEA280-400 saldati alle ali delle
colonne, con l’asse in direzione del lato maggiore della struttura; si hanno quindi delle
strisce di luce 6,8 m che si estendono per tutta la lunghezza dell’edificio.
Il pacchetto del solaio è, chiuso inferiormente da un controsoffitto utile al passaggio degli
impianti. Questo è costituito da fibra minerale e si sorregge tramite dei sostegni fissati
direttamente sulle ali delle travi.
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CAPITOLO 5 116
Figura 5.4 - Pacchetto solaio
5.1.3.2 - Colonne
La colonna utilizzata è di tipo continua. Data l’altezza si è provveduto a collegare, mediante
collegamenti con doppio coprigiunto d’anima e d’ala, quattro profili per ciascuna colonna.
Partendo dal basso i primi due profili mantengono la stessa sezione, successivamente i
restanti due profili diminuiscono progressivamente di area. I vari profili che costituiscono
l’intera colonna, partendo dal basso verso l’alto sono lunghi rispettivamente 6,8,10 e 9 m. I
profili utilizzati sono riassunti nella seguente tabella.
Tabella 5.1 - Profili colonne [23]
5.1.3.3 - Controventi
Nella struttura si è reso necessario solamente l’utilizzo di controventi verticali, per i quali
sono stati impiegati profili tubolari cavi, recanti alle estremità delle pinze appositamente
sagomate per il collegamento di questi ultimi alle piastre saldate alle colonne. Tutti i
collegamenti dei controventi sono stati realizzati mediante perni. La tabella sottostante
indica la gamma dei profili impiegati.
Tabella 5.2 - Profili utilizzati per i controventi [23]
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CAPITOLO 5 117
5.1.3.4 - Vano Scala e Ascensore In tutta la struttura sono presenti cinque vani scala e ascensore, i quali sono collocati
ciascuno all’interno di una maglia di lato 7,5m ed equamente distribuiti lungo lo sviluppo
della costruzione. Al centro della maglia sono presenti un nucleo ascensore porta lettighe ed
un ascensore di dimensioni più ridotte.
Figura 5.5 - Tipologie di ascensori [23]
Sono stati scelti come ascensore montalettighe quello di dimensione in pianta di 330 x 240
cm con portata massima di 2000 kg e l’altro di dimensione in pianta di 180 x 240 cm con
portata massima di 630 kg.
La scala si snoda intorno a questi due corpi ed è realizzata mediante due rampe parallele
collegate tramite un pianerottolo intermedio. Ciascuna rampa è realizzata attraverso una
coppia di cosciali paralleli collegati, mediante unioni bullonate con squadrette, a delle
colonne appositamente previste per lo scopo. A livello di piano è presente un solaio con
pannelli alveolari precompressi come quello precedentemente descritto, mentre il
pianerottolo è costituito da lastre di vetro satinato sorrette da una serie di travi. Gli elementi
strutturali usati per il corpo scala ascensore sono profili a doppio T per le colonne, IPE per
le travi, UPN per i cosciali, per i controventi di questi ultimi e del telaio ascensore, profili
tubolari cavi per il collegamento trasversale dei cosciali.
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CAPITOLO 5 118
5.1.3.5 - Fondazioni La tipologia di fondazione utilizzata è una fondazione a plinti isolati collegati da cordoli.
Solo al di sotto del corpo scala ascensore viene realizzata una piccola platea. I plinti
possono essere raggruppati in base alla geometria in tre tipologie fondamentali:
PL1: 1,5x1,5 m in pianta e 1 m in profondità;
PL2: 1,8x1,8 m in pianta e 1 m in profondità;
PL3: 2,5x2,5 m in pianta e 1,5 m in profondità
5.1.4 - Materiali
In seguito si riportano le principali caratteristiche dei materiali utilizzati per la parte
strutturale dell’opera. In allegato verranno riportate le schede tecniche sia di questi materiali
che di quelli per uso non strutturale.
5.1.4.1 - Acciaio da carpenteria metallica
Gli acciai utilizzati per gli elementi strutturali travi, colonne, cosciali, controventi del telaio
ascensore, piatti di rinforzo nei collegamenti sono appartenenti alle classi riportate in
tabella:
Tabella 5.3 - Laminati a caldo con profili a sezione aperta [18]
Mentre per quanto riguarda gli elementi di controventamento si fa riferimento alla seguente
tabella:
Tabella 5.4 - Laminati a caldo con profili a sezione cava [18]
In sede di progettazione si possono assumere convenzionalmente i seguenti valori nominali
delle proprietà dell’acciaio:
modulo elastico E = 210.000 N/mm²
modulo di elasticità trasversale G = E / [2 (1 + ν)] N/mm²
coefficiente di Poisson ν = 0,3
coefficiente di espansione termica lineare α = 12 x 10-6 per °C-1
(per temperature fino a 100 °C)
densità ρ = 7850 kg/m3
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CAPITOLO 5 119
5.1.4.2 - Acciaio per bulloni e connessioni
Per le varie unioni bullonate sono stati impiegati bulloni di classe 6.8 e 8.8 aventi le
seguenti caratteristiche:
Tabella 5.5 - Classi bulloni e corrispondenti tensioni di snervamento e rottura [23]
5.1.4.3 - Acciai speciali
Per tutte le connessioni a perno e per i tirafondi impiegati nei collegamenti di fondazione tra
colonne e plinti, sono stati utilizzati acciai speciali per grossa bulloneria aventi le seguenti
caratteristiche:
Tabella 5.6 - Acciai speciali per grossa bulloneria [23]
5.1.4.4 - Acciaio per cemento armato
L’acciaio utilizzato nelle parti in cemento armato è del tipo B450C, caratterizzato dai
seguenti valori nominali delle tensioni di snervamento e rottura utilizzate nei calcoli:
Tabella 5.7 - Valori nominali delle tensioni di snervamento e rottura [18]
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CAPITOLO 5 120
e conforme al rispetto dei seguenti requisiti previsti dalle NTC08:
Tabella 5.8 - Requisiti richiesti dalle norme per acciaio B450C [18]
5.1.4.5 - Acciaio per cemento armato precompresso
Per i pannelli di solaio alveolare precompresso sono stati utilizzati trefoli a 7 fili di acciaio
dalle seguenti caratteristiche:
Tabella 5.9 - Caratteristiche geometriche e meccaniche dell’acciaio per c.a.p. [23]
5.1.4.6 - Calcestruzzo
In tutta la struttura il calcestruzzo gettato in opera è stato impiegato esclusivamente nella
realizzazione delle fondazioni e della soletta del solaio. In entrambe i casi si è adoperato un
calcestruzzo di classe C28/35.
Per quanto riguarda invece i pannelli alveolari precompressi di cui è composto il solaio, è
stato utilizzato uno di classe C45/55.
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CAPITOLO 5 121
Le caratteristiche di tali calcestruzzi sono riassunte in tabella:
Tabella 5.10 - Caratteristiche meccaniche cls C28/35 [23]
Tabella 5.11 - Caratteristiche meccaniche cls C28/35 [23]
5.1.4.7 - Prodotti per uso strutturale
Sono stati utilizzati dispositivi di vincolo dinamico del tipo Fip-industriale OT 40/40 per
trasmettere le sollecitazioni dinamiche prodotte da sisma e vento, evitando così il
martellamento tra le due porzioni di edificio; questi apparecchi consentono comunque le
deformazioni lente, come quelle dovute alle variazioni di temperatura.
Sono stati impiegati, in corrispondenza del giunto strutturale, dei connettori a taglio per il
trasferimento dello stesso tra le due semistrutture al fine di mantenere un comportamento
globale dell’intera costruzione come in assenza del giunto. Tali connettori sono del tipo
HALFEN HSD-CRET 122.
5.2 - AZIONI Si considerano le azioni che interessano la costruzione. I carichi vengono calcolati in base
alle disposizioni del “D.M. 14 gennaio 2008”.
5.2.1 - Carichi verticali
I carichi verticali agenti sulla costruzione sono i carichi permanenti strutturali e non
strutturali e i carichi antropici.
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CAPITOLO 5 122
5.2.1.1 - Carichi permanenti strutturali e non strutturali
PIANO TIPO:
Tabella 5.12 - Carichi permanenti strutturali [23]
Tabella 5.13 - Carichi permanenti non strutturali [23]
Tabella 5.14 - Carichi variabili [23]
COPERTURA:
Tabella 5.15 - Carichi permanenti strutturali [23]
Tabella 5.16 - Carichi permanenti non strutturali [23]
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CAPITOLO 5 123
Tabella 5.17 - Carichi variabili [23]
5.2.1.2 - Carico Antropico
La destinazione d’uso della struttura è quella di parcheggio e locali per macchinari nei tre
piani interrati e ambienti ad uso ospedaliero per i sei piani fuori terra. Il valore del carico
antropico da considerare è stato richiesto dal committente e valutato pari a 6 kN/m2; fa
eccezione la copertura che viene considerata accessibile per la sola manutenzione, il carico
in questo caso è di 0,5 kN/m2. Sulle scale, che appartengono alla categoria C2, agisce una
pressione pari a 4 kN/m2. Nella tabella sono riassunte le azioni considerate.
Tabella 5.18 - Carichi antropici agenti sulla struttura [23]
5.2.2 - Azione sismica
La normativa attuale propone degli spettri di risposta in funzione al sito di costruzione
(coordinate geografiche), alla classe dell’edificio, alla vita nominale e al tipo di terreno in
cui sorge l’edificio. In particolare, per la struttura in esame, sono riportati i parametri che
hanno permesso la costruzione degli spettri tramite il foglio di calcolo SPETTRI-NTC.
L’ospedale è situato a Rieti:
Figura 5.6 – Individuazione della pericolosità del sito
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CAPITOLO 5 124
Essendo un edificio di pubblica importanza, è stata scelta una vita nominale pari a:
𝑉𝑁 = 100 𝑎𝑛𝑛𝑖
e la classe d’uso III dato che è una costruzione che prevede affollamenti significativi. Il
relativo coefficiente d’uso vale:
𝐶𝑢 = 1,5
Per cui le azioni sismiche vengono valutate in relazione ad un periodo di riferimento VR:
𝑉𝑅 = 𝑉𝑁 ∙ 𝐶𝑢 = 150 𝑎𝑛𝑛𝑖
Figura 5.7 - Scelta della strategia di progettazione
L’azione sismica viene calcolata con riferimento agli stati limite. Si considera una categoria
di terreno C, cioè terreni a grana grossa mediamente addensati, mentre la categoria
topografica risulta essere T1 (superficie pianeggiante). Si considera uno smorzamento
convenzionale pari al 5%.
SITO RIETI
VITA NOMINALE (anni) 100
CLASSE D’USO III
COEFFICIENTE D’USO 1,5
CATEGORIA DI SOTTOSUOLO C
CATEGORIA TOPOGRAFICA T1 Tabella 5.19 - Parametri utili a definire gli spettri di risposta
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CAPITOLO 5 125
Gli spettri ottenuti dal calcolo, riferiti alla componente orizzontale del moto sismico (l’unica
che si considera), sono riportati in figura.
Grafico 5.1 - Spettri di risposta elastici (componente orizzontale)
5.2.2.1 - Combinazione delle azioni
Per quanto concerne la combinazione dell’azione sismica con i carichi verticali la normativa
specifica che questa debba essere effettuata, per gli Stati Limite secondo la formula:
𝐹𝑑 = 𝛾𝐸𝐸 + 𝛾𝐺𝐺𝐾 + 𝛾𝑃𝑃𝐾 + ∑(𝛹2𝑖𝛾𝑄𝑄𝐾𝑖)
𝑖
dove:
E rappresenta l’azione sismica per lo stato limite considerato e per la classe di
importanza in esame;
GK rappresenta il valore caratteristico della azione permanente (peso proprio, carichi
permanenti portati, precompressione, ecc);
QK rappresenta il valore caratteristico dell'azione variabile;
PK rappresenta il valore caratteristico della deformazione impressa (effetto della
temperatura, deformazione del terreno, viscosità, ritiro, etc.);
γE, γG, γQ, γP rappresentano i coefficienti parziali;
𝝭2i sono i coefficienti di combinazione delle azioni variabili.
0,00
0,10
0,20
0,30
0,40
0,50
0,60
0,70
0,80
0,90
1,00
0,0 0,5 1,0 1,5 2,0 2,5 3,0 3,5 4,0
Se [
g]
T [s]
SLC
SLV
SLD
SLO
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CAPITOLO 5 126
5.3 - SCELTE PROGETTUALI
5.3.1 - Scelte progettuali globali L’opera in questione sarà adibita ad uso ospedaliero. Risulta quindi essere una costruzione
di notevole importanza, non solo in relazione alle funzioni svolte al suo interno, ma anche
riguardo le dimensioni.
Per quanto riguarda le scelte progettuali globali, la strategia di progettazione adottata è stata
quella per specializzazione. Ciò significa che si sono voluti individuare due sistemi
resistenti differenti per resistere ai carichi verticali e orizzontali. Si è scelto di realizzare una
struttura nella quale i percorsi di carico dalla sommità fino in fondazione fossero chiari e
facilmente individuabili. Tale scelta comporta anche la possibilità di operare una
ottimizzazione locale degli elementi, i quali assolvono solamente alla funzione specifica per
la quale sono stati progettati, e inoltre in presenza di eventuali danneggiamenti si ha il
vantaggio di poter procedere a una manutenzione più semplice e mirata, sostituendo
direttamente gli elementi messi fuori servizio. Tuttavia questa strategia di progettazione
porta con se anche dei possibili svantaggi, quali la canalizzazione di elevate concentrazioni
di tensione in zone localizzate, come ad esempio gli scarichi dei controventi in fondazione.
Di tutto ciò si è tenuto conto cercando, nonostante la specializzazione dei diversi sistemi
resistenti, di distribuire, nel rispetto dei vincoli progettuali, i controventi nei vari telai della
struttura.
Il sistema resistente ai carichi verticali è costituito dalle colonne, dalle travi binate e dal
solaio alveolare precompresso. Il vantaggio di adottare questa scelta rispetto a un più
classico solaio con travi principali, secondarie e lamiera grecata, è stato quello di avere una
maggiore resistenza al fuoco, un minor numero di connessioni da realizzare tra travi
principali e secondarie, una posa in opera dei pannelli facile e rapida, ed è stato dettato
anche da esigenze di tipo architettonico che limitavano l’altezza massima del pacchetto
solaio.
Il sistema resistente ai carichi orizzontali è costituito invece dai controventi, per i quali si è
scelta una configurazione che li vedesse distribuiti abbastanza uniformemente nell’ambito
dei vari telai, sempre nel rispetto dei vincoli architettonici. Questa scelta è stata fatta anche
cercando di evitare, per quanto possibile, un eccessiva concentrazione di tensioni localizzata
in fondazione nelle zone di scarico degli stessi.
Per quanto riguarda la scelta progettuale sulla tipologia di fondazioni da adottare, si è deciso
per una fondazione diretta, nello specifico una fondazione su plinti collegati tra loro
mediante cordoli per garantire alla fondazione un comportamento d’insieme sotto azioni
sismiche; solo al di sotto del corpo scala ascensore viene realizzata una piccola platea.
5.3.2 - Scelte progettuali locali
Unione trave-trave
L’unione tra il moncone di trave saldato alla colonna e le travi forate ISE è stata prevista ad
una distanza di 500 mm a partire dalla fine dell’ala della colonna, il collegamento è
realizzato con coprigiunti d’ala e d’anima bullonati alle due parti in modo da ripristinare
totalmente la continuità dell’elemento.
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CAPITOLO 5 127
Per i coprigiunti è stato utilizzato lo stesso tipo di acciaio della colonna.
Figura 5.8 - Unione trave-trave [23]
Unione colonna-colonna
L’unione tra i diversi profili delle colonne è stato realizzato al livello di piano, questa scelta
è stata fatta sia per poter ottimizzare al meglio i profili scelti che per nascondere il
collegamento all’interno del solaio. Questo collegamento è realizzato con coprigiunti d’ala e
d’anima bullonati alle due parti in modo da ripristinare totalmente la continuità
dell’elemento.
Figura 5.9 - Unione colonna-colonna [23]
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CAPITOLO 5 128
Unione colonna-travi-controventi
In corrispondenza del nodo analizzato, convergono due controventi sullo stesso lato, uno dal
basso e uno dall’alto, costituiti da profili tubolari collegati mediante unioni a perno, ad un
piatto saldato al centro dell’ala della colonna in corrispondenza dell’anima. I controventi
hanno alle estremità delle pinze sagomate in modo tale che il collegamento avvenga facendo
entrare il piatto saldato, che sporge dalla colonna, nella pinza e in seguito si possano unire
questi piatti tramite un perno.
Figura 5.10 - Unione colonna-travi-controventi [23]
Unione trave-controventi a V rovescia
In corrispondenza dell’ultimo piano della struttura, in diversi telai del lato corto sono stati
inseriti dei controventi a V rovescia, costituiti sempre da profili tubolari collegati, mediante
unioni a perno, in basso ad un piatto saldato sull’ala della colonna e in alto in
corrispondenza di un piatto saldato al centro della trave, facente parte del telaio, sotto l’ala
inferiore. I controventi hanno alle estremità delle pinze sagomate in modo tale che il
collegamento avvenga facendo entrare il piatto saldato, che sporge dalla colonna, nella
pinza e in seguito si possano unire questi piatti tramite un perno. Per quanto riguarda la
parte superiore, i controventi presentano all’estremità un piatto asimmetrico rispetto all’asse
in modo tale che le estremità dei controventi durante la posa in opera risultino ciascuna sui
lati opposti del piatto saldato alla trave e in seguito il collegamento possa avvenire sempre
attraverso il perno che attraversa i tre piatti.
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CAPITOLO 5 129
Figura 5.11 - Unione trave-controventi a V rovesvia [23]
Unione colonna-plinto di fondazione
Il collegamento tra le colonne e i plinti di fondazione è stato progettato come vincolo ideale
di incastro. Le colonne in acciaio vengono vincolate a terra mediante una struttura di
fondazione costituita da un plinto in cemento armato,
Figura 5.12 - Plinto per colonna in acciaio
con forma parallelepipeda, alla quale le colonne vengono collegate tramite una piastra di
base e bulloni semplicemente annegati nel calcestruzzo del plinto.
Figura 5.13 - Collegamento colonna-plinto
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CAPITOLO 5 130
5.4 - MODELLAZIONE DEGLI ELEMENTI STRUTTURALI
5.4.1 - Modellazione del solaio Il solaio è stato modellato in SAP 2000 mediante elementi bidimensionali di piastra “shell”,
di forma rettangolare o triangolare a seconda delle esigenze geometriche imposte dallo
sviluppo in pianta della struttura.
Le caratteristiche degli elementi shell sono determinate in modo tale che il modello risulti
equivalente al solaio reale in termini di rigidezze di piano e flessionali, mentre la massa
strutturale è stata posta pari a zero e assegnata successivamente come carico uniformemente
distribuito sulla superficie dell’elemento stesso.
Figura 5.14 - Solaio alveolare [23]
Lo spessore dell’elemento finito definito col nome di “membrana” è stato calcolato
imponendo che l’area per unità di lunghezza del solaio sia la stessa che nel caso reale,
mentre quello indicato con il nome di “flessione” è stato determinato uguagliando le inerzie
flessionali:
Figura 5.15 - Caratteristiche del solaio [23]
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CAPITOLO 5 131
La rigidezza dell’elemento shell associata allo spessore “h” considerato, eguaglia solamente
quella effettivamente presente nel solaio alveolare nella direzione di maggior rigidezza,
ossia quella degli alveoli, pertanto si è inserito in SAP, nella casella “Modificatori
rigidezza” presente nella finestra di definizione della sezione dell’elemento shell, un
coefficiente correttivo, pari al rapporto tra la rigidezza flessionale del solaio nella direzione
di minor rigidezza e la rigidezza dell’elemento shell associata allo spessore “h”, in modo da
eguagliare quelle presenti nel solaio reale.
Figura 5.16 - Finestra definizione caratteristiche elemento [23]
L’ipotesi fatta è che il solaio abbia comportamento prevalentemente unidirezionale vista
l’ortotropia.
Questi coefficienti sono stati ottenuti come spiegato di seguito:
Coefficienti delle rigidezze flessionali m11, m22, m12 ottenuti come rapporto tra
l’inerzia per unità di lunghezza del solaio reale e l’inerzia dell’elemento shell nella
direzione considerata;
Coefficienti delle rigidezze di piano f11, f22, f12 ottenuti come rapporto tra le aree per
unità di lunghezza del solaio reale e l’area dell’elemento shell, nella direzione
considerata;
Coefficienti di taglio V13, V23 ottenuti come i precedenti, dipendentemente dalla
direzione considerata
Gli elementi shell inseriti per costruire il modello del solaio hanno il sistema di riferimento
locale orientato come mostrato in figura, dove l’asse 1 è quello avente colore rosso e
parallelo all’asse y, l’asse 2 avente colore bianco parallelo all’asse x, e l’asse 3 ortogonale al
piano individuato dai precedenti ed ortogonale all’asse z.
Figura 5.17 - Sistema di riferimento locale delle shell [24]
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CAPITOLO 5 132
Il modello, con un solaio realizzato con elementi shell, è risultato computazionalmente
troppo oneroso (8 ore di calcolo tramite il programma SAP 2000) se sottoposto ad analisi
statica non lineare. Tale onere computazionale è stato ridotto (di 5 ore) sostituendo gli
elementi shell con un diaframma rigido per ciascun piano e inserendo le masse mancanti
nel relativo master joint di piano.
5.4.2 - Modellazione delle travi
Gli elementi strutturali, quali in particolare travi, pilastri e controventi, sono modellati
attraverso elementi monodimensionali indicati nel programma con nome di “frame”, a
ciascuno dei quali assegnata la corrispondente sezione.
Figura 5.18 - Trave modellata tramite elementi "frame" [24]
L’elemento Frame è rappresentato da una linea retta che congiunge due punti, i e j (nodi),
ognuno dei quali ha sei gradi di libertà (3 traslazioni e 3 rotazioni). Ciascun elemento ha il
proprio sistema di coordinate locale per la definizione delle proprietà della sezione e dei
carichi e per l’interpretazione dei risultati. Gli assi di questo sistema locale sono indicati con
i numeri 1, 2 e 3; il primo asse è diretto lungo l’elemento, gli altri due giacciono nel piano
perpendicolare ad esso.
Figura 5.19 - Sistema di riferimento locale dell'elemento "frame" [24]
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CAPITOLO 5 133
Per quanto riguarda la modellazione dei vincoli alle estremità delle travi dei telai
perimetrali, essendo queste collegate alle colonne mediante cerniere, vengono assegnati dei
“release” , ovvero rilasci, di momento.
Figura 5.20 - Assegnazione dei release alle travi [23]
Per le travi binate sono stati modellati due frame paralleli, distanti tra loro 58 cm. Esse sono
poi collegate alla colonna attraverso dei bracci rigidi. Per quanto riguarda le caratteristiche
inerziali, non è sufficiente assegnare le sezione poiché essa non ha rigidezza costante, per
effetto dei fori alveolari ed inoltre è una trave mista acciaio-calcestruzzo e quindi bisogna
tener conto del contributo dato dalla soletta. E’ stato quindi necessario ricavare la corretta
rigidezza della stessa, ricorrendo ad una modellazione di dettaglio agli elementi finiti.
L’inerzia della trave è stata valutata imponendo una forza unitaria distribuita o concentrata
nella mezzeria e leggendo la freccia della trave, nota la quale sono invertibili le relazioni
note da scienza delle costruzioni per una trave appoggiata:
𝐽 =𝑝 ∙ 𝑙3
48 ∙ 𝑓 ∙ 𝐸
𝐽 =5 ∙ 𝑝 ∙ 𝑙3
384 ∙ 𝑓 ∙ 𝐸
La prima relazione è per una trave appoggiata con carico concentrato, mentre la seconda con
carico distribuito.
Sono stati introdotti più modelli per valutare come la modalità con la quale è stato assegnato
il carico influisce sulla rigidezza. I risultati osservati sono riportati sulla tabella che segue :
1. trave in acciaio modellata come elemento frame con sezione costante (HEA
400x280) e carico unitario applicato distribuito lungo l’elemento;
2. trave in acciaio modellata con elementi shell con sezione costante (HEA 400x280) e
carico unitario applicato distribuito lungo l’elemento;
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CAPITOLO 5 134
3. trave in acciaio modellata con elementi shell e fori esagonali con carico unitario
distribuito;
4. trave in acciaio modellata con elementi shell e fori esagonali con carico unitario
concentrato in mezzeria;
5. trave mista acciaio-calcestruzzo modellata con elementi shell e fori esagonali con
carico unitario concentrato in mezzeria
Modello Elemento finito I (mm4) 1 Frame 294x106
2 Shell 297x106
3 Shell 259x106
4 Shell 258x106
5 Shell 757x106 Tabella 5.20 - Inerzie per i diversi modelli [23]
Dai primi due modelli si è verificata la correttezza della modellazione elementi shell; dal
terzo e dal quarto si è osservata l’influenza sulla rigidezza di come è stato applicato il
carico. Essendo quest’ultima non significativa, nel modello 5, si è inserito anche il blocco di
calcestruzzo collaborante e valutata I applicando una forza unitaria concentrata.
Ricavata l’inerzia della sezione mista acciaio- calcestruzzo, questa è stata introdotta nel
modello globale assegnando un elemento frame con sezione in acciaio HEA 400x280, e
intervenendo sui modificatori come riportato sotto. Nello specifico si è ridotta la massa, per
tenere conto dei fori e incrementata l’inerzia come rapporto tra quella della sezione in
acciaio e quello della sezione mista.
Figura 5.21 - Modificatori proprietà/rigidezza per la trave alveolare modellata con elemento frame [23]
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CAPITOLO 5 135
5.4.3 - Modellazione delle colonne Anche le colonne ed i controventi, come specificato sopra, sono state modellate attraverso
elementi frame aventi sezioni di area opportuna. Per le colonne sono state previste tre
rastremazioni.
Figura 5.22 - Rastermazione delle colonne [23]
N° rastremazione Z [m]
1° 12
2° 22,5
3° 33 Tabella 5.21 - Rastremazioni delle colonne [23]
La soluzione scelta prevede che l’unione tra colonne di sezioni differenti sia di tipo
bullonata ed eseguita direttamente in cantiere. Le colonne infine vengono realizzate tutte in
continuità.
5.4.4 - Posizionamento e modellazione dei controventi Sebbene la scelta del sistema finale di controventamento sia giunta a termine di un processo
iterativo che ha portato a una soluzione finale totalmente diversa da quella ipotizzata in
partenza, tuttavia la modellazione dei controventi è stata eseguita sempre utilizzando, com’è
ovvio, elementi frame, ai quali, durante i vari tentativi, è stata cambiata di volta in volta
sezione e/o posizionamento.
Nelle varie configurazioni adottate prima di giungere a quella definitiva, il fattore comune a
tutte è stato il vincolo progettuale che impediva di posizionare controventi nei telai
perimetrali del lato lungo e la necessità di prevedere spazi sufficienti per l’accesso ai vari
ambienti, accessi che secondo un architettonico di massima realizzato in fase preliminare,
sono stati previsti per la maggior parte nei telai del lato lungo.
Tutti i controventi a croce sono stati posti in modo da comprendere due piani, analogamente
anche la maggior parte dei controventi in direzione X, tranne quelli di piano terra in tutte e
due le direzioni e quelli dell’ultimo piano nella direzione Y.
Anche ai controventi, come alle travi, vengono assegnati i “release” dei momenti in quanto
si vuole che il loro collegamento alle colonne schematizzi una cerniera.
La scelta progettuale relativa al posizionamento dei controventi è stata effettuata tenendo in
considerazione due aspetti fondamentali:
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CAPITOLO 5 136
Il comportamento dinamico dell’edificio ed in particolare i suoi modi naturali di
vibrare;
Le limitazioni imposte dai vincoli architettonici, presenti sia all’interno della
struttura, dovuti alla divisione degli ambienti, che all’esterno, legati invece alle
necessità estetiche di mantenere libere le facciate.
5.5 - MODELLAZIONE DELLA STRUTTURA Il modello si può sintetizzare in tre punti salienti:
1. La struttura è formata da tre tipi di telai:
telai perimetrali incastrati alla base con travi collegate alle colonne da nodi
cerniera
Figura 5.23 - Telaio perimetrale nel piano XZ
Figura 5.24 - Telaio perimetrale nel piano YZ
telai nel piano XZ incastrati alla base con travi binate collegate alle colonne
da nodi incastro
Figura 5.25 - Telaio interno nel piano XZ
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CAPITOLO 5 137
telai nel piano YZ incastrati alla base con controventi collegati alle colonne
da nodi cerniera
Figura 5.26 - Telaio interno nel piano YZ
2. Sono stati inseriti controventi a trazione/compressione con profili tubolari cavi che, a
parità di area sbandano per un N di buckling molto più alto e si prestano a lavorare
meglio a trazione/compressione.
3. Si incastrano tutte le travi binate alle colonne. Questa soluzione si è posta a seguito
della decisione su come realizzare le connessioni dei vari elementi strutturali nei nodi
dove convergono contemporaneamente colonna, travi binate, controventi. Avendo
previsto, per risolvere il suddetto problema, che le colonne dovessero uscire dallo
stabilimento già con i due monconi di trave saldati parallelamente sulle due ali, si è
provveduto a modificare nel modello globale il vincolo tra questi ultimi due elementi
strutturali, passando da cerniera a incastro.
5.5.1 - Modellazione delle cerniere plastiche
5.5.1.1 - Cerniere plastiche assiali
La struttura è composta da due sistemi diversi di controventamento per le due direzioni
principali.
Per il lato corto sono stati utilizzati controventi a croce (su due piani) per tutti i piani tranne
l’ultimo dove sono presenti controventi a V rovescia.
Per il lato lungo sono stati utilizzati sempre controventi a due piani che però non si
intersecano tra di loro. Questa scelta è maturata da esigenze architettoniche che prevedono
l’inserimento di porte nella parte centrale del telaio considerato.
Nelle aste dei controventi del lato lungo sono state assegnate delle cerniere plastiche assiali
che si distinguono per la dimensione della sezione e per la lunghezza dell’asta.
Nelle aste dei controventi del lato corto sono state assegnate delle cerniere plastiche assiali
che si distinguono per la dimensione della sezione, per la lunghezza dell’asta, per la
posizione e il numero di cerniere all’interno dell’asta.
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CAPITOLO 5 138
5.5.1.1.1 - Cerniere plastiche assiali nel piano XZ (lato lungo)
Per il lato lungo sono stati utilizzati controventi a due piani che però non si intersecano tra
di loro, e quindi è stato possibile inserire a ciascun asta una cerniera plastica al centro
essendo lo sforzo assiale costante su tutta la lunghezza del controvento.
Sezione L [m] Legame cerniera
177,8x6 10,26 Tipo 1
219,1x8 10,26 Tipo 2
244,5x8
10,26 Tipo 3
10,61 Tipo 4
10,97 Tipo 5
273x10 5,48 Tipo 6 Tabella 5.22 - Elenco dei legami usati per le cerniere plastiche assiali nel piano XZ
Tipo 1
Punto F (KN) SPOST.(m)
E- -49,8 -0,0132
D- -49,8 -0,0016
C- -209,4 -0,0016
B- -206,3 0,0000
A 0,0 0,0000
B 760,9 0,0000
C 1012,0 0,1263
D 608,7 0,1263
E 608,7 0,1607 Tabella 5.23 - Legame FORZA-SPOSTAMENTO
Grafico 5.2 - Legame FORZA-SPOSTAMENTO
-400
-200
0
200
400
600
800
1000
1200
-0,02 0,00 0,02 0,04 0,06 0,08 0,10 0,12 0,14 0,16 0,18
F [K
N]
Spostamento [m]
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CAPITOLO 5 139
Tipo 2
Punto F (KN) SPOST.(m)
E- -96,9 -0,0134
D- -96,9 -0,0022
C- -492,0 -0,0022
B- -484,7 0,0000
A 0,0 0,0000
B 1246,9 0,0000
C 1658,4 0,1263
D 997,5 0,1263
E 997,5 0,1607 Tabella 5.24 - Legame FORZA-SPOSTAMENTO
Grafico 5.3 - Legame FORZA-SPOSTAMENTO
Tipo 3
Punto F (KN) SPOST.(m)
E- -130,6 -0,0161
D- -130,6 -0,0027
C- -662,8 -0,0027
B- -653,0 0,0000
A 0,0 0,0000
B 1396,8 0,0000
C 1857,8 0,1263
D 1117,5 0,1263
E 1117,5 0,1607 Tabella 5.25 - Legame FORZA-SPOSTAMENTO
-1000
-500
0
500
1000
1500
2000
-0,02 0,00 0,02 0,04 0,06 0,08 0,10 0,12 0,14 0,16 0,18
F [K
N]
Spostamento [m]
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CAPITOLO 5 140
Grafico 5.4 - Legame FORZA-SPOSTAMENTO
Tipo 4
Punto F (KN) SPOST.(m)
E- -123,9 -0,0158
D- -123,9 -0,0026
C- -628,9 -0,0026
B- -619,6 0,0000
A 0,0 0,0000
B 1396,8 0,0000
C 1857,8 0,1306
D 1117,5 0,1306
E 1117,5 0,1662 Tabella 5.26 - Legame FORZA-SPOSTAMENTO
Grafico 5.5 - Legame FORZA-SPOSTAMENTO
-1000
-500
0
500
1000
1500
2000
-0,05 0,00 0,05 0,10 0,15 0,20
F [K
N]
Spostamento [m]
-1000
-500
0
500
1000
1500
2000
-0,04 -0,02 0,00 0,02 0,04 0,06 0,08 0,10 0,12 0,14 0,16 0,18
F [K
N]
Spostamento [m]
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CAPITOLO 5 141
Tipo 5
Punto F (KN) SPOST.(m)
E- -117,4 -0,0155
D- -117,4 -0,0026
C- -595,9 -0,0026
B- -587,1 0,0000
A 0,0 0,0000
B 1396,8 0,0000
C 1857,8 0,1350
D 1117,5 0,1350
E 1117,5 0,1718 Tabella 5.27 - Legame FORZA-SPOSTAMENTO
Grafico 5.6 - Legame FORZA-SPOSTAMENTO
Tipo 6
Punto F (KN) SPOST.(m)
E- -341,5 -0,0162
D- -341,5 -0,0027
C- -1733,1 -0,0027
B- -1707,5 0,0000
A 0,0 0,0000
B 1941,6 0,0000
C 2582,3 0,0675
D 1553,3 0,0675
E 1553,3 0,0859 Tabella 5.28 - Legame FORZA-SPOSTAMENTO
-1000
-500
0
500
1000
1500
2000
-0,02 0,00 0,02 0,04 0,06 0,08 0,10 0,12 0,14 0,16 0,18
F [K
N]
Spostamento [m]
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CAPITOLO 5 142
Grafico 5.7 - Legame FORZA-SPOSTAMENTO
5.5.1.1.2 - Cerniere plastiche assiali nel piano YZ (lato corto)
Per il lato corto sono stati utilizzati controventi a croce, nei quali sono state inserite due
cerniere plastiche alle estremità, e controventi a V rovescia, nei quali è stata inserita una
cerniera plastica al centro.
In questo caso è stato utile distinguere i controventi a croce da quelli a V rovescia per
facilitare la lettura della sequenza delle plasticizzazioni.
Cerniere plastiche assiali nei controventi a V rovescia
Sezione L [m] Legame cerniera Posizione cerniera
177,8x6 5,13 Tipo 7
al centro 219,1x8 10,97 Tipo 8
273x8 5,48 Tipo 9 Tabella 5.29 - Elenco dei legami usati per le cerniere plastiche assiali nel piano YZ
Tipo 7
Punto F (KN) SPOST.(m)
E- -112,0 -0,0199
D- -112,0 -0,0020
C- -430,5 -0,0020
B- -424,2 0,0000
A 0,0 0,0000
B 602,8 0,0000
C 801,7 0,0631
D 482,2 0,0631
E 482,2 0,0804 Tabella 5.30 - Legame FORZA-SPOSTAMENTO
-2000
-1500
-1000
-500
0
500
1000
1500
2000
2500
3000
-0,02 0,00 0,02 0,04 0,06 0,08 0,10
F [K
N]
Spostamento [m]
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CAPITOLO 5 143
Grafico 5.8 - Legame FORZA-SPOSTAMENTO
Tipo 8
Punto F (KN) SPOST.(m)
E- -86,5 -0,0128
D- -86,5 -0,0021
C- -439,2 -0,0021
B- -432,7 0,0000
A 0,0 0,0000
B 1246,9 0,0000
C 1658,4 0,1350
D 997,5 0,1350
E 997,5 0,1718 Tabella 5.31 - Legame FORZA-SPOSTAMENTO
Grafico 5.9 - Legame FORZA-SPOSTAMENTO
-600
-400
-200
0
200
400
600
800
1000
-0,02 0,00 0,02 0,04 0,06 0,08 0,10
F [K
N]
Spostamento [m]
-1000
-500
0
500
1000
1500
2000
-0,02 0,00 0,02 0,04 0,06 0,08 0,10 0,12 0,14 0,16 0,18 0,20
F [K
N]
Spostamento [m]
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CAPITOLO 5 144
Tipo 9
Punto F (KN) SPOST.(m)
E- -275,8 -0,0162
D- -275,8 -0,0027
C- -1399,6 -0,0027
B- -1378,9 0,0000
A 0,0 0,0000
B 1565,1 0,0000
C 2081,6 0,0675
D 1252,1 0,0675
E 1252,1 0,0859 Tabella 5.32 - Legame FORZA-SPOSTAMENTO
Grafico 5.10 - Legame FORZA-SPOSTAMENTO
Cerniere plastiche assiali nei controventi a croce
Per le cerniere dei controventi a croce sono state inserite due cerniere a posizioni relative
all’interno dell’elemento di 0 e 1, ciascuna con proprietà di deformazione basate su una
lunghezza di cerniera assunta pari ad 1
2 della lunghezza dell’elemento.
In questo caso abbiamo deciso di esprimere il legame non come forza-deformazione ma
come STRESS-STRAIN per facilitare l’assegnazione nel programma SAP2000.
Sezione L [m] Legame cerniera Posizione cerniera
219,1x8 10,26 Tipo 10
alle due estremità
244,5x8
10,26 Tipo 11
10,61 Tipo 12
10,97 Tipo 13 Tabella 5.33 - Elenco dei legami usati per le cerniere plastiche assiali nel piano YZ
-2000
-1500
-1000
-500
0
500
1000
1500
2000
2500
-0,02 0,00 0,02 0,04 0,06 0,08 0,10
F [K
N]
Spostamento [m]
Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile
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CAPITOLO 5 145
Tipo 10
Punto σ (KN/m2) ε(-)
E- -18271,6 -0,0013
D- -18271,6 -0,0002
C- -92728,5 -0,0002
B- -91358,2 0,0000
A 0,0 0,0000
B 235000,0 0,0000
C 312550,0 0,0123
D 188000,0 0,0123
E 188000,0 0,0157 Tabella 5.34 - Legame TENSIONE-DEFORMAZIONE
Grafico 5.11 - Legame TENSIONE-DEFORMAZIONE
Tipo 11
Punto σ (KN/m2) ε(-)
E- -21970,8 -0,0016
D- -21970,8 -0,0003
C- -111501,9 -0,0003
B- -109854,1 0,0000
A 0,0 0,0000
B 235000,0 0,0000
C 312550,0 0,0123
D 188000,0 0,0123
E 188000,0 0,0157 Tabella 5.35 - Legame TENSIONE-DEFORMAZIONE
-150000
-100000
-50000
0
50000
100000
150000
200000
250000
300000
350000
-0,005 0,000 0,005 0,010 0,015 0,020
σ [
KN
/m2 ]
ε [-]
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CAPITOLO 5 146
Grafico 5.12 - Legame TENSIONE-DEFORMAZIONE
Tipo 12
Punto σ (KN/m2) ε(-)
E- -20847,1 -0,0015
D- -20847,1 -0,0002
C- -105799,0 -0,0002
B- -104235,5 0,0000
A 0,0 0,0000
B 235000,0 0,0000
C 312550,0 0,0123
D 188000,0 0,0123
E 188000,0 0,0157 Tabella 5.36 - Legame TENSIONE-DEFORMAZIONE
Grafico 5.13 - Legame TENSIONE-DEFORMAZIONE
-150000
-100000
-50000
0
50000
100000
150000
200000
250000
300000
350000
-0,005 0,000 0,005 0,010 0,015 0,020
σ [
KN
/m2 ]
ε [-]
-150000
-100000
-50000
0
50000
100000
150000
200000
250000
300000
350000
-0,005 0,000 0,005 0,010 0,015 0,020
σ [
KN
/m2 ]
ε [-]
Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile
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CAPITOLO 5 147
Tipo 13
Punto σ (KN/m2) ε(-)
E- -19755,1 -0,0014
D- -19755,1 -0,0002
C- -100257,2 -0,0002
B- -98775,6 0,0000
A 0,0 0,0000
B 235000,0 0,0000
C 312550,0 0,0123
D 188000,0 0,0123
E 188000,0 0,0157 Tabella 5.37 - Legame TENSIONE-DEFORMAZIONE
Grafico 5.14 - Legame TENSIONE-DEFORMAZIONE
-150000
-100000
-50000
0
50000
100000
150000
200000
250000
300000
350000
-0,004 -0,002 0,000 0,002 0,004 0,006 0,008 0,010 0,012 0,014 0,016 0,018
σ [
KN
/m2
]
ε [-]
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CAPITOLO 5 148
5.5.1.2 - Cerniere plastiche flessionali
E’ stato definito un solo tipo di cerniera flessionale poiché la struttura ha solo i telai interni
del lato lungo a nodi colonna-travi rigidi e le travi hanno tutte la stessa sezione e la stessa
lunghezza.
Le caratteristiche della sezione della trave sono mostrate nella finestra del SAP 2000:
Figura 5.27 - Proprietà della sezione della trave
Tipo 14
Figura 5.28 – Legame MOMENTO-ROTAZIONE
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CAPITOLO 5 149
5.5.1.3 - Cerniere plastiche presso-flessionali
Le cerniere plastiche presso-flessionali delle colonne sono state inserite con il comando
“AUTO” del SAP2000. In questo modo il programma prende tutti i parametri utili a definire
le cerniere plastiche direttamente dalle tabelle della FEMA-356.
Nelle seguenti figure è mostrata la procedura per l’inserimento delle cerniere plastiche
presso-flessionali di una colonna posizionata alla base della struttura (HE360M):
Figura 5.29 - Interazione P-M2-M3
Figura 5.30 - Numeri e valori di forze assiali e angoli
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CAPITOLO 5 150
Figura 5.31 - Legame Momento-Rotazione
Figura 5.32 - Definizione della curva di interazione P-M2-M3
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CAPITOLO 5 151
Con la stessa procedura sono state definite le cerniere plastiche delle restanti colonne
posizionate alla base e alla sommità di ciascuna colonna.
Sezione H [m] Legame cerniera
HE300B 4 Tipo 15
HE300M 3,5 Tipo 16
HE320A 3,5 Tipo 17
4 Tipo 18
HE320B 3,5 Tipo 19
HE340A 3,5 Tipo 20
HE340B 3,5 Tipo 21
HE360M 4 Tipo 22 Tabella 5.38 - Elenco dei legami usati per le cerniere plastiche presso-flessionali
5.5.2 - Modellazione dei nodi semi-rigidi I telai nel piano XZ sono stati realizzati con travi binate collegate alle colonne da nodi
incastro. Questa soluzione si è posta a seguito della decisione su come realizzare le
connessioni dei vari elementi strutturali nei nodi dove convergono contemporaneamente
colonna, travi binate, controventi. Per risolvere il suddetto problema le colonne vengono
fatte uscire dallo stabilimento già con i due monconi di trave saldati parallelamente sulle
due ali.
I nodi sono stati modellati attraverso i “modelli non lineari con zone pannello” descritti
nella FEMA-355F, in particolare è stato utilizzato il modello Scissor.
Figura 5.32 - Modello Scissor [4]
Le proprietà del modello Scissor sono determinate da quelle trovate per il modello
Krawinkler.
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CAPITOLO 5 152
Le proprietà delle molle nel modello Krawinkler sono facilmente calcolate in termini di
proprietà fisiche.
Figura 5.33 - Definizione della zona pannello [4]
Il momento nella molla è uguale al taglio del pannello per l'altezza del pannello e la
rotazione è uguale alla deformazione di taglio nel pannello diviso l'altezza del pannello.
Quindi:
𝑀𝑦,𝐾 = 𝑉𝑦 ∙ 𝑑𝑏 = (0,55 ∙ 𝐹𝑦 ∙ 𝑑𝑐 ∙ 𝑡) ∙ 𝑑𝑏
𝜃𝑦,𝐾 =𝑉𝑦 ∙ 𝑑𝑏
𝐺 ∙ 𝑑𝑐 ∙ 𝑡∙ (
1
𝑑𝑏
) =𝑉𝑦 ∙ 𝑑𝑏
𝐺 ∙ ∇𝑃
= 0,55 ∙𝐹𝑦
𝐺
dove:
db = profondità della trave
dc = profondità della colonna
t = spessore della zona pannello
G = modulo di taglio
Fy = tensione di snervamento
∇𝑃= 𝑑𝑐 ∙ 𝑡 ∙ 𝑑𝑏 = volume del pannello
Una volta determinati il momento e la rotazione di snervamento del pannello è possibile
determinare la rigidezza iniziale della molla rotazionale:
𝐾𝑦,𝐾 =𝑀𝑦,𝐾
𝜃𝑦,𝐾
Dal modello Krawinkler si passa a quello Scissor tramite i termini α e β che rappresentano
rispettivamente i rapporti tra l'effettiva profondità della colonna sulla lunghezza della
campata, e l'effettiva profondità della trave sull'altezza della colonna.
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CAPITOLO 5 153
Figura 5.34 - Tipico sottoassemblaggio interno colonna-trave [5]
Momento e rigidezza di snervamento:
𝑀𝑦,𝑆 =𝑀𝑦,𝐾
(1 − 𝛼 − 𝛽)
𝐾𝑦,𝑆 =𝐾𝑦,𝐾
(1 − 𝛼 − 𝛽)2
Per la rigidezza post-snervamento si utilizza una rigidezza pari a 𝛿 ∙ 𝐾𝑦,𝑆 con 𝛿 = 0,06.
𝐾𝑖𝑛𝑐𝑟.,𝑆 = 𝛿 ∙ 𝐾𝑦,𝑆
Rotazione di snervamento:
𝜃𝑦,𝑆 =𝑀𝑦,𝑆
𝐾𝑦,𝑆
Rotazione ultima:
𝜃𝑢,𝑆 = 4𝜃𝑦,𝑆
Momento ultimo:
𝑀𝑢,𝑆 = 𝑀𝑦,𝑆 + 𝐾𝑖𝑛𝑐𝑟.,𝑆 ∙ (𝜃𝑢,𝑆 − 𝜃𝑦,𝑆)
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CAPITOLO 5 154
Le proprietà, necessarie per definire le zone pannello, che sono state assegnate ai nodi nei
telai nel piano XZ sono riassunte in tabella:
Nodo 𝑴𝒚,𝑲 𝜽𝒚,𝑲 𝑲𝒚,𝑲 𝑴𝒚,𝑺 𝑲𝒚,𝑺 𝑲𝒊𝒏𝒄𝒓.,𝑺 𝜽𝒚,𝑺 𝜽𝒖,𝑺 𝑴𝒖,𝑺
[KNm] [-] [KNm] [KNm] [KNm] [KNm] [-] [-] [KNm]
Tipo 1 257,73 0,00254 101565 299,69 137324 8239 0,00218 0,00873 353,63
Tipo 2 821,20 0,00322 255297 969,16 355580 21335 0,00273 0,01090 1143,61
Tipo 3 318,65 0,00254 125571 379,17 177802 10668 0,00213 0,00853 447,42
Tipo 4 557,63 0,00254 219749 663,55 311154 18669 0,00213 0,00853 782,99
Tipo 5 189,67 0,00197 96486 225,33 136187 8171 0,00165 0,00662 265,90 Tabella 5.39 - Proprietà necessarie per definire le molle rotazionali delle zone pannello
Tipo 1
M [KN m] θ [-]
0 0
299,69 0,00218
353,63 0,00873 Tabella 5.40 - Legame MOMENTO-ROTAZIONE
Grafico 5.15 - Legame MOMENTO-ROTAZIONE
Tipo 2
M [KN m] θ [-]
0 0
969,16 0,00273
1143,61 0,01090 Tabella 5.41 - Legame MOMENTO-ROTAZIONE
0
50
100
150
200
250
300
350
400
0 0,002 0,004 0,006 0,008 0,01
M [
KN
m]
θ [-]
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CAPITOLO 5 155
Grafico 5.16 - Legame MOMENTO-ROTAZIONE
Tipo 3
M [KN m] θ [-]
0 0
379,17 0,00213
447,42 0,00853 Tabella 5.42 - Legame MOMENTO-ROTAZIONE
Grafico 5.17 - Legame MOMENTO-ROTAZIONE
Tipo 4
M [KN m] θ [-]
0 0
663,55 0,00213
782,99 0,00853 Tabella 5.43 - Legame MOMENTO-ROTAZIONE
0
200
400
600
800
1000
1200
0 0,002 0,004 0,006 0,008 0,01 0,012
M [
KN
m]
θ [-]
0
50
100
150
200
250
300
350
400
450
500
0 0,002 0,004 0,006 0,008 0,01
M [
KN
m]
θ [-]
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CAPITOLO 5 156
Grafico 5.18 - Legame MOMENTO-ROTAZIONE
Tipo 5
M [KN m] θ [-]
0 0
225,33 0,00165
265,90 0,00662 Tabella 5.44 - Legame MOMENTO-ROTAZIONE
Grafico 5.19 - Legame MOMENTO-ROTAZIONE
0
100
200
300
400
500
600
700
800
900
0 0,002 0,004 0,006 0,008 0,01
M [
KN
m]
θ [-]
0
50
100
150
200
250
300
0 0,001 0,002 0,003 0,004 0,005 0,006 0,007
M [
KN
m]
θ [-]
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CAPITOLO 5 157
5.6 - BIBLIOGRAFIA
[4] FEMA (2000), “State of the Art Report on Performance Prediction and Evaluation of
Steel Moment-Frame Buildings”, Federal Emergency Management Agency-355F,
Washington D.C., Semptember 2000.
[5] Finley A. Charney, Virginia Tech, U.S.A. William M. Downs, Simpson Strong Tie, Inc.,
U.S.A. (2004), “Modeling procedures for panel zone deformations in moment resisting
frames”, Amsterdam June 3-4, 2004.
[18] NTC (2008), “Norme Tecniche per le Costruzioni”, DM 14 Gennaio 2008.
[23] Necci S., Schwarz R., Valleriani D., “Esame di costruzioni metalliche: progetto di un
edificio in acciaio adibito ad uso ospedaliero”, Anno Accademico 2009-2010.
[24] Computers and Structures, Inc. (2010), “SAP2000® Help, Linear and Nonlinear Static
and Dynamic Analysis and Design of Three Dimensional Structures ”, Berkeley, California
(USA), 2010.
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CAPITOLO 6 158
6 - ANALISI NON LINEARE STATICA DELL’OSPEDALE
6.1 - IMPOSTAZIONE DEI SCENARI DI CARICO E PARAMETRI DI ANALISI
L’analisi viene eseguita impostando in successione i seguenti scenari di carico:
Si imposta un primo “load case”, che chiamiamo “push-v” ,di analisi non lineare a
“Load control” per carichi verticali. Come carico è stato impostato il peso proprio, il
carico permanente strutturale e non, il carico antropico, il carico dovuto alle
tamponature e ai tramezzi.
Figura 6.1 - Analisi non lineare push-v.
Si crea un successivo caso di analisi non-lineare, chiamato “pushover”, che avrà
come base di partenza il precedente e si riferirà ad uno scenario di carico orizzontale
appositamente definito. Questo caso sarà a “displacement control”.
Figura 6.2 - Analisi non lineare pushover.
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CAPITOLO 6 159
Figura 6.3 - Tendina definizione dell’applicazione del carico
Figura 6.4 - Tendina definizione dei risultati salvati
Figura 6.5 - Tendina definizione dei parametri non lineari
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CAPITOLO 6 160
La definizione dei risultati salvati e dei parametri non lineari è dipesa da varie ragioni:
Minore approssimazione nel calcolo
Maggiore accuratezza nel tracciamento della curva pushover
Problemi di convergenza della soluzione a ciascun step
Tempo di calcolo non eccessivo (< 3 ore)
6.2 - ANALISI PUSHOVER E RELATIVE DISTRIBUZIONI DI FORZE
Bisogna scegliere i modi di vibrare significativi nelle due direzioni X e Y utili per la
definizione della distribuzione delle forze proporzionale alle masse per la deformata di un
modo di vibrare.
Per fare questo si considerano i valori di partecipazione di massa ottenuti con l’analisi
modale della struttura.
Massa modale partecipante
Modo di vibrare Periodo Direzione X Direzione Y
[s] [%] [%]
I Modo Principale (dir.Y) 1,062 0 55
I Modo Principale (dir.X) 0,805 59 0
II Modo Principale (dir.Y) 0,423 0 30
II Modo Principale (dir.X) 0,363 29 0
III Modo Principale (dir.Y) 0,205 0 9
Massa modale partecipante cumulata 88 94 Tabella 6.1 - Valori di partecipazione di massa ottenuti con SAP2000
Grafico 6.1 – Modi principali di vibrare nella direzione X e Y
0,00
0,10
0,20
0,30
0,40
0,50
0,60
0,70
0,80
0,90
1,00
0,0 0,5 1,0 1,5 2,0 2,5 3,0 3,5 4,0
Se [
g]
T [s]
Sp.elastico
I MODO dir.Y
II MODO dir.Y
III MODO dir.Y
I MODO dir.X
II MODO dir.X
Mx = 29%
Mx = 59%
My = 9%My = 30%
My = 55%
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CAPITOLO 6 161
Per la struttura in esame si svolgono le seguenti analisi pushover:
1. con distribuzione uniforme di forze, da intendersi come derivata da una distribuzione
uniforme di accelerazioni lungo l’altezza della costruzione.
𝐹𝑖 = 100 ∙𝑀𝑖
𝑀𝑡𝑜𝑡
PIANO MASSA Mi / Mtot F
[n°] [KNs2/m] [-] [KN]
9 2198,85 0,03 2,63
8 5729,35 0,07 6,85
7 5727,37 0,07 6,84
6 5769,82 0,07 6,89
5 5777,98 0,07 6,90
4 5794,44 0,07 6,92
3 17507,763 0,21 20,92
2 17596,97 0,21 21,03
1 17591,16 0,21 21,02
tot 83693,70 1,00 100,00 Tabella 6.2 - Distribuzione delle forze
2. con distribuzione delle forze proporzionale alle masse per la deformata del I modo
principale di vibrare nella direzione considerata.
Questa distribuzione è possibile secondo le NTC-08 solo se il modo di vibrare
principale nella direzione considerata ha una partecipazione di massa non inferiore al
75%, i valori di partecipazione di massa ottenuti con l’analisi modale della struttura
non confortano.
per la direzione X si ha:
𝑀𝑃(𝐼 𝑚𝑜𝑑𝑜) = 100 ∙ 0,59 = 59% < 75%
𝐹𝑖 = 100 ∙𝑀𝑖 ∙ 𝜑𝑖
∑ 𝑀𝑖 ∙ 𝜑𝑖𝑖
PIANO MASSA U φ Mi * φ Mi * φ / (M * φ)tot F
[n°] [KNs2/m] [m] [-] [KNs2/m] [-] [KN]
9 2198,85 0,0075 1,000 2198,85 0,07 7,25
8 5729,35 0,0070 0,923 5289,51 0,17 17,44
7 5727,37 0,0063 0,831 4762,03 0,16 15,70
6 5769,82 0,0054 0,717 4135,97 0,14 13,64
5 5777,98 0,0044 0,584 3374,39 0,11 11,12
4 5794,44 0,0034 0,447 2588,99 0,09 8,54
3 17507,76 0,0019 0,250 4376,36 0,14 14,43
2 17596,97 0,0010 0,139 2440,06 0,08 8,04
1 17591,16 0,0005 0,066 1165,89 0,04 3,84
tot 83693,70 30332,05 1,00 100,00 Tabella 6.3 - Distribuzione delle forze (I modo)
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CAPITOLO 6 162
Si calcola il fattore di partecipazione modale Γ definito dalla relazione:
𝛤 =∑ 𝑀𝑖φ𝑖
∑ 𝑀𝑖φ𝑖2
Mi * φ^2 Γ
[KNs2/m] [-]
2198,85 1,627
4883,44
3959,40
2964,78
1970,67 1156,77
1093,94
338,35
77,27
18643,48
Tabella 6.4 - Coefficiente di partecipazione modale (I modo)
per la direzione Y si ha:
𝑀𝑃(𝐼 𝑚𝑜𝑑𝑜) = 100 ∙ 0,55 = 55% < 75%
𝐹𝑖 = 100 ∙𝑀𝑖 ∙ 𝜑𝑖
∑ 𝑀𝑖 ∙ 𝜑𝑖𝑖
PIANO MASSA U φ Mi * φ Mi * φ / (M * φ)tot F
[n°] [KNs2/m] [m] [-] [KNs2/m] [-] [KN]
9 2198,85 0,0082 1,000 2198,85 0,08 8,21
8 5729,35 0,0073 0,888 5086,70 0,19 19,00
7 5727,37 0,0063 0,767 4391,54 0,16 16,41
6 5769,82 0,0052 0,632 3646,06 0,14 13,62
5 5777,98 0,0041 0,504 2910,83 0,11 10,87
4 5794,44 0,0029 0,358 2073,48 0,08 7,75
3 17507,76 0,0018 0,218 3825,15 0,14 14,29
2 17596,97 0,0009 0,114 2003,85 0,07 7,49
1 17591,16 0,0003 0,036 630,55 0,02 2,36
tot 83693,70 26767,02 1,00 100,00 Tabella 6.5 - Distribuzione delle forze (I modo)
Si calcola il fattore di partecipazione modale Γ definito dalla relazione:
𝛤 =∑ 𝑀𝑖φ𝑖
∑ 𝑀𝑖φ𝑖2
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CAPITOLO 6 163
Mi * φ^2 Γ
[KNs2/m] [-]
2198,85 1,707
4516,14
3367,28
2304,01
1466,42 741,97
835,73
228,19
22,60
15681,19
Tabella 6.6 - Coefficiente di partecipazione modale (I modo)
3. con distribuzione delle forze proporzionale alle masse per la deformata dei modi di
vibrare principali (MPA).
In questo caso, essendo la struttura irregolare in altezza, è stato necessario
considerare gli effetti dei modi di vibrare superiori. Il tipo di analisi utilizzata per
risolvere questo problema è la MPA (Analisi Modale Pushover, Chopra e Goel
[2001]), che consiste nel condurre tante analisi Pushover quanti sono i modi di
vibrare significativi utilizzando profili delle forze laterali diversi, che rappresentino
la risposta della struttura relativa a quel modo.
Le diverse curve di capacità così ottenute vengono trasformate in quelle dei sistemi
SDOF equivalenti e successivamente idealizzate rendendole bilineari. Vengono
quindi valutate separatamente le richieste in termini di deformazioni spettanti ad
ognuno dei sistemi SDOF ed infine combinate con il metodo SRSS.
Per la struttura in esame si sono scelte le seguenti distribuzioni di forze
nella direzione X:
i. una distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la
deformata del I modo principale di vibrare in direzione X.
Tale caso è stato già trattato al punto 2 di questo elenco.
ii. una distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la
deformata del II modo principale di vibrare in direzione X.
𝑀𝑃(𝐼𝐼 𝑚𝑜𝑑𝑜) = 100 ∙ 0,29 = 29%
𝐹𝑖 = 100 ∙𝑀𝑖 ∙ 𝜑𝑖
∑ 𝑀𝑖 ∙ 𝜑𝑖𝑖
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CAPITOLO 6 164
PIANO MASSA U φ Mi * φ Mi * φ / (M * φ)tot F
[n°] [KNs2/m] [m] [-] [KNs2/m] [-] [KN]
9 2198,85 0,0070 1,000 2198,85 0,09 9,48
8 5729,35 0,0043 0,612 3505,42 0,15 15,11
7 5727,37 0,0023 0,332 1899,00 0,08 8,18
6 5769,82 -0,0002 -0,022 -129,80 -0,01 -0,56
5 5777,98 -0,0022 -0,318 -1838,79 -0,08 -7,92
4 5794,44 -0,0036 -0,514 -2980,66 -0,13 -12,85
3 17507,76 -0,0050 -0,715 -12523,11 -0,54 -53,97
2 17596,97 -0,0035 -0,508 -8938,42 -0,39 -38,52
1 17591,16 -0,0017 -0,250 -4395,90 -0,19 -18,95
tot 83693,70 23203,40 1,00 100,00 Tabella 6.7 - Distribuzione delle forze (II modo)
Si calcola il fattore di partecipazione modale Γ definito dalla relazione:
𝛤 =∑ 𝑀𝑖φ𝑖
∑ 𝑀𝑖φ𝑖2
Mi * φ^2 Γ
[KNs2/m] [-]
2198,85 1,070
2144,74
629,64
2,92
585,18 1533,25
8957,64
4540,29
1098,50
21691,02
Tabella 6.8 - Coefficiente di partecipazione modale (II modo)
nella direzione Y:
i. una distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la
deformata del I modo principale di vibrare in direzione Y.
Tale caso è stato già trattato al punto 2 di questo elenco.
ii. una distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la
deformata del II modo principale di vibrare in direzione Y.
𝑀𝑃(𝐼𝐼 𝑚𝑜𝑑𝑜) = 100 ∙ 0,30 = 30%
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CAPITOLO 6 165
𝐹𝑖 = 100 ∙𝑀𝑖 ∙ 𝜑𝑖
∑ 𝑀𝑖 ∙ 𝜑𝑖𝑖
PIANO MASSA U φ Mi * φ Mi * φ / (M * φ)tot F
[n°] [KNs2/m] [m] [-] [KNs2/m] [-] [KN]
9 2198,85 0,0063 1,000 2198,85 0,08 8,39
8 5729,35 0,0042 0,676 3873,31 0,15 14,77
7 5727,37 0,0018 0,291 1665,83 0,06 6,35
6 5769,82 -0,0004 -0,056 -325,67 -0,01 -1,24
5 5777,98 -0,0024 -0,386 -2228,41 -0,08 -8,50
4 5794,44 -0,0037 -0,598 -3467,95 -0,13 -13,23
3 17507,76 -0,0054 -0,862 -15097,44 -0,58 -57,58
2 17596,97 -0,0034 -0,539 -9487,85 -0,36 -36,19
1 17591,16 -0,0012 -0,190 -3350,03 -0,13 -12,78
tot 83693,70 26219,35 1,00 100,00 Tabella 6.9 - Distribuzione delle forze (II modo)
Si calcola il fattore di partecipazione modale Γ definito dalla relazione:
𝛤 =∑ 𝑀𝑖φ𝑖
∑ 𝑀𝑖φ𝑖2
Mi * φ^2 Γ
[KNs2/m] [-]
2198,85 0,970
2618,54
484,51
18,38
859,44 2075,56
13018,94
5115,61
637,97
27027,81
Tabella 6.10 - Coefficiente di partecipazione modale (II modo)
iii. una distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la
deformata del III modo principale di vibrare in direzione Y.
𝑀𝑃(𝐼𝐼𝐼 𝑚𝑜𝑑𝑜) = 100 ∙ 0,09 = 9%
𝐹𝑖 = 100 ∙𝑀𝑖 ∙ 𝜑𝑖
∑ 𝑀𝑖 ∙ 𝜑𝑖𝑖
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CAPITOLO 6 166
PIANO MASSA U [m] φ Mi * φ Mi * φ / (M * φ)tot F [KN]
n° [KNs2/m] [m] [-] [KNs2/m] [-] [KN]
9 2198,85 0,0009 -0,164 -361,52 -0,02 -2,18
8 5729,35 0,0002 -0,031 -176,88 -0,01 -1,07
7 5727,37 -0,0018 0,333 1908,43 0,12 11,52
6 5769,82 0,0000 0,002 11,59 0,00 0,07
5 5777,98 0,0005 -0,089 -516,16 -0,03 -3,12
4 5794,44 0,0008 -0,151 -877,53 -0,05 -5,30
3 17507,76 0,0040 -0,725 -12700,64 -0,77 -76,70
2 17596,97 -0,0055 1,000 17596,97 1,06 106,27
1 17591,16 -0,0036 0,664 11674,95 0,71 70,50
tot 83693,70 16559,21 1,00 100,00 Tabella 6.11 - Distribuzione delle forze (III modo)
Si calcola il fattore di partecipazione modale Γ definito dalla relazione:
𝛤 =∑ 𝑀𝑖φ𝑖
∑ 𝑀𝑖φ𝑖2
Mi * φ^2 Γ
[KNs2/m] [-]
59,44 0,467
5,46
635,91
0,02
46,11 132,90
9213,42
17596,97
7748,46
35438,69
Tabella 6.12 - Coefficiente di partecipazione modale (III modo)
Le distribuzioni sopra elencate sono di tipo invariante.
Le analisi con le prime due distribuzioni conducono a valutazioni della risposta della
struttura approssimate sebbene tale approssimazione sia ancora buona per strutture basse o
medio alte in cui gli effetti dei modi alti sono probabilmente minimi e la plasticizzazione
ben distribuita in altezza.
L’analisi MPA conduce a valutazioni della risposta della struttura migliori poiché
l’irregolarità in altezza della struttura provoca una risposta dinamica caratterizzata non da
un unico modo di vibrare che attiva la quasi totalità della massa, come invece accade per le
strutture regolari, ma da più modi che attivano ciascuno una significativa percentuale della
massa totale.
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CAPITOLO 6 167
Le analisi sopra elencate saranno svolte per la stessa struttura senza e con gli effetti P-Δ. Per
ogni analisi si troveranno tramite il metodo N2 i performance points della struttura per lo
stato limite di collasso (SLC).
Adesso è possibile rappresentare tutte le distribuzioni di forze ottenute.
DIREZIONE X:
Figura 6.6 - Vista XZ della struttura ospedaliera
Grafico 6.2 - Distribuzioni di forze convenzionali in direzione X
0
5
10
15
20
25
30
35
0 5 10 15 20 25
Hp
ian
o [
m]
F [KN]
Proporzionale alle masse(UNIFORME)
Proporzionale al prodottodelle masse per la deformatadel I modo di vibrare lungol'asse X
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CAPITOLO 6 168
Grafico 6.3 - Distribuzioni di forze per la MPA in direzione X
DIREZIONE Y:
Figura 6.7 - Vista YZ della struttura ospedaliera
0
5
10
15
20
25
30
35
-60,00 -40,00 -20,00 0,00 20,00 40,00
Hp
ian
o [
m]
F [KN]
Proporzionale al prodottodelle masse per ladeformata del I modo divibrare lungo l'asse X
Proporzionale al prodottodelle masse per ladeformata del II modo divibrare lungo l'asse X
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CAPITOLO 6 169
Grafico 6.4 - Distribuzioni di forze convenzionali in direzione Y
Grafico 6.5 - Distribuzioni di forze per la MPA in direzione Y
0
5
10
15
20
25
30
35
0 5 10 15 20 25
Hp
ian
o [
m]
F [KN]
Proporzionale alle masse(UNIFORME)
Proporzionale al prodottodelle masse per la deformatadel I modo di vibrare lungol'asse Y
0
5
10
15
20
25
30
35
-100,00 -50,00 0,00 50,00 100,00 150,00
Hp
ian
o [
m]
F [KN]
Proporzionale al prodottodelle masse per la deformatadel I modo di vibrare lungol'asse Y
Proporzionale al prodottodelle masse per la deformatadel II modo di vibrare lungol'asse Y
Proporzionale al prodottodelle masse per la deformatadel III modo di vibrare lungol'asse Y
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CAPITOLO 6 170
In tutte le distribuzioni di forze si ha una forte discontinuità nel passaggio dal terzo al quarto
piano dovuta soprattutto ad una grande variazione di massa di piano proprio a questa altezza
della struttura ospedaliera (irregolarità in altezza).
Infatti si riscontra tale distribuzione delle masse di piano:
PIANO MASSA
[n°] [KN s2/m]
9 2198,85
8 5729,352
7 5727,372
6 5769,818
5 5777,984
4 5794,435
3 17507,763
2 17596,97
1 17591,16 Tabella 6.13 – Valori della massa per ciascun piano
Grafico 6.6 – Masse di piano
I profili di carico proporzionali al prodotto delle masse per la deformata dei modi di vibrare
non dipendono solo dalla distribuzione in altezza delle masse ma anche dalla forma del
modo considerato, infatti i modi superiori al I modo principale di vibrare risultano
importanti ai piani bassi e alti della struttura.
0,00
2000,00
4000,00
6000,00
8000,00
10000,00
12000,00
14000,00
16000,00
18000,00
20000,00
1° piano
2° piano
3° piano
4° piano
5° piano
6° piano
7° piano
8° piano
9° piano
Mp
ian
o[K
N s
2/m
]
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CAPITOLO 6 171
6.2.1 - CASO 1: Distribuzione proporzionale alle masse
6.2.1.1 - Stima del performance point allo SLC
6.2.1.1.1 - Distribuzione nella direzione X
1. Dati: si realizza il modello strutturale non lineare del sistema a n-GDL e si definisce
l’azione sismica tramite gli spettri di risposta elastici in accelerazione e spostamento.
Grafico 6.7 - Spettri di Risposta Elastici in Accelerazione e Spostamento (SLC)
2. Domanda sismica per il sistema a 1-GDL nel formato AD: il formato AD assicura
una interpretazione visiva diretta della procedura. Si procede alla conversione dello
spettro di risposta elastico; le ascisse devono essere determinate in funzione dei
valori delle ordinate.
𝑆𝐷𝑒(𝑇) = 𝑆𝑒 ∙ (𝑇
2𝜋)
2
Grafico 6.8 - Curva di Domanda Elastica (ADRS: Acceleration Displacement Response Spectrum)
0
2
4
6
8
10
12
0 10 20 30 40 50
S [m
/s2 ]
SD [cm]
Sp. Elastico (SLC)
TB (SLC)
TC (SLC)
TD (SLC)
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CAPITOLO 6 172
3. Si determina la curva di capacità del sistema reale a n-GDL: il vettore dei carichi
laterali {F} è definito in modo che la distribuzione dei carichi laterali {ψ} si
mantenga costante nel corso dell’analisi e sia correlata alla forma del vettore degli
spostamenti di piano {Ф}.
Grafico 6.9 - Curva di Capacità del sistema reale a MDOF
4. Si determinano le caratteristiche del sistema a 1-GDL a comportamento bilineare
equivalente.
a) Il tratto elastico si determina imponendo il passaggio per il punto (0.60-0.70
F∗bu) 𝑘∗ =
0,60 F∗bu
d∗0,60
b) Il tratto plastico è individuato dalla forza di plasticizzazione F*y individuato
uguagliando le aree sottese dalla bilineare e dalla curva di capacità.
Si passa dal sistema MDOF a quello a 1-GDL attraverso il coefficiente di
partecipazione Γ che nel caso di distribuzione proporzionale alle masse è assunto pari
ad 1.
F*bu 0,6F*bu d*c (0,6 F*bu) K* F*u d*u(F*u)
[KN] [KN] [m] [KN/m] [KN] [m]
204655,2 122793,1 0,0506 2426835,5 204655,2 0,3145
F*y [KN] d*y [m] d*u [m] m* [KN s2/m] T* [s]
190484,880 0,0785 0,3145 83693,70 1,167 Tabella 6.14 - Caratteristiche del sistema a 1-GDL a comportamento bilineare equivalente.
0
50000
100000
150000
200000
250000
0,00 0,05 0,10 0,15 0,20 0,25 0,30 0,35
Tb [
KN
]
dc [m]
C. di capacità (MDOF)
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CAPITOLO 6 173
Grafico 6.10 - Curva di Capacità del sistema a un SDOF a comportamento bilineare equivalente
5. Si determina la domanda sismica per il sistema a 1-GDL:
TC = 0,532 s => T* > TC
T* = 1,167 s
Se (T*) = 4,213 m / s2 => Se (T*) > Fy / m*
F*y / m* = 2,276 m / s2
Figura 6.8 - Calcolo della domanda
Si riscontra un sistema flessibile dove: 𝑑𝑚𝑎𝑥∗ = 𝑑𝑒,𝑚𝑎𝑥
∗
0
50000
100000
150000
200000
250000
0,00 0,10 0,20 0,30 0,40
Tb [
KN
]
dc [m]
C. di capacità (SDOF)
C. di capacità bilineare(SDOF)
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CAPITOLO 6 174
Grafico 6.11 - Domanda sismica per il sistema a un SDOF
T* [s] S (T*) [m/s2] d*max [cm]
1,167 4,213 14,530 Tabella 6.15 - Performance Point per il sistema a un SDOF
E’ possibile passare dallo spettro di risposta elastico a quello anelastico attraverso il
fattore di riduzione delle forze Rμ che varia in funzione del fattore di duttilità μ e del
periodo T relazionato al periodo TC :
𝑅𝜇 = {1 + (𝜇 − 1)
𝑇
𝑇𝐶
𝑝𝑒𝑟 𝑇 < 𝑇𝐶
𝜇 𝑝𝑒𝑟 𝑇 ≥ 𝑇𝐶
Figura 6.9 - Fattore di riduzione
Nel caso in esame si ha:
𝜇 =𝑑𝑚𝑎𝑥
∗
𝑑𝑦∗
= 1,85
0
2
4
6
8
10
12
0 5 10 15 20 25 30 35 40
S [m
/s2
]
SD [cm]
Sp. Elastico (SLC)
TB
TC
TD
T*
Sp. Anelastico
C. di capacità
P.P.
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CAPITOLO 6 175
Lo spettro anelastico sarà quindi:
𝑆𝑎 =𝑆𝑒
𝑅𝜇
= 𝑜𝑟𝑑𝑖𝑛𝑎𝑡𝑒 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑜 𝑠𝑝𝑒𝑡𝑡𝑟𝑜 𝑑𝑖 𝑑𝑜𝑚𝑎𝑛𝑑𝑎 𝑎𝑛𝑒𝑙𝑎𝑠𝑡𝑖𝑐𝑜
𝑆𝐷 = 𝜇𝑆𝐷𝑒
𝑅𝜇
= 𝑎𝑠𝑐𝑖𝑠𝑠𝑒 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑜 𝑠𝑝𝑒𝑡𝑡𝑟𝑜 𝑑𝑖 𝑑𝑜𝑚𝑎𝑛𝑑𝑎 𝑎𝑛𝑒𝑙𝑎𝑠𝑡𝑖𝑐𝑜
Grafico 6.12 - Curva di Domanda Anelastica
6. Si determina la domanda sismica globale per il sistema a n-GDL:
d*max [cm] Г dmax [cm]
14,5301 1 14,5301
7. Valutazione della prestazione (capacità).
Grafico 6.13 - Curva di Capacità e Performance Point
0
2
4
6
8
10
12
0 5 10 15 20 25 30 35 40
S [m
/s2]
SD [cm]
Sp. Elastico (SLC)
TB
TC
TD
Sp. Anelastico
TB anelastico
TC anelastico
TD anelastico
C.di Capacità
0
50000
100000
150000
200000
250000
0,00 0,10 0,20 0,30 0,40
Tb [
KN
]
dc [m]
C. di capacità (MDOF)
P.P.
dmax
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CAPITOLO 6 176
Il Performance Point del sistema a n-GDL sarà:
P.P.
Tb [KN] dmax [m]
183940 0,14530 Tabella 6.16 - Performance Point per il sistema a MDOF
6.2.1.1.2 - Distribuzione nella direzione Y
1. Dati: si omette essendo lo stesso del paragrafo 6.2.1.1.1
2. Domanda sismica per il sistema a 1-GDL nel formato AD: si omette essendo lo
stesso del paragrafo 6.2.1.1.1
3. Si determina la curva di capacità del sistema reale a n-GDL: il vettore dei carichi
laterali {F} è definito in modo che la distribuzione dei carichi laterali {ψ} si
mantenga costante nel corso dell’analisi e sia correlata alla forma del vettore degli
spostamenti di piano {Ф}.
Grafico 6.14 - Curva di Capacità del sistema reale a MDOF
4. Si determinano le caratteristiche del sistema a 1-GDL a comportamento bilineare
equivalente.
a) Il tratto elastico si determina imponendo il passaggio per il punto (0.60-0.70
F∗bu ) 𝑘∗ =
0,60 F∗bu
d∗0,60
b) Il tratto plastico è individuato dalla forza di plasticizzazione Fy* individuato uguagliando le aree sottese dalla bilineare e dalla curva di capacità.
0
20000
40000
60000
80000
100000
120000
140000
160000
180000
0,00 0,05 0,10 0,15 0,20 0,25 0,30
Tb [
KN
]
dc [m]
C. di capacità (MDOF)
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CAPITOLO 6 177
Si passa dal sistema MDOF a quello a 1-GDL attraverso il coefficiente di
partecipazione Γ che nel caso di distribuzione proporzionale alle masse è assunto pari
ad 1.
F*bu 0,6F*bu d*c (0,6 F*bu) K* F*u d*u(F*u)
[KN] [KN] [m] [KN/m] [KN] [m]
170789,5 102473,7 0,0718 1427575,5 170789,5 0,2596
F*y [KN] d*y [m] d*u [m] m* [KN s2/m] T* [s]
157169,85 0,1101 0,2596 83693,70 1,521 Tabella 6.17 - Caratteristiche del sistema a 1-GDL a comportamento bilineare equivalente.
Grafico 6.15 - Curva di Capacità del sistema a un SDOF a comportamento bilineare equivalente
5. Si determina la domanda sismica per il sistema a 1-GDL:
TC = 0,532 s => T* > TC
T* = 1,521 s
Se (T*) = 3,231 m / s2 => Se (T*) > Fy / m*
F*y / m* = 1,878 m / s2
Figura 6.10 - Calcolo della domanda
0
20000
40000
60000
80000
100000
120000
140000
160000
180000
0,00 0,05 0,10 0,15 0,20 0,25 0,30
Tb [
KN
]
dc [m]
C. di capacità (SDOF)
C. di capacità bilineare(SDOF)
Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile
_________________________________________________________________________
CAPITOLO 6 178
Si riscontra un sistema flessibile dove: 𝑑𝑚𝑎𝑥∗ = 𝑑𝑒,𝑚𝑎𝑥
∗
Grafico 6.16 - Domanda sismica per il sistema a un SDOF
T* [s] S (T*) [m/s2] d*max [cm]
1,521 3,231 18,945 Tabella 6.18 - Performance Point per il sistema a un SDOF
E’ possibile passare dallo spettro di risposta elastico a quello anelastico attraverso il
fattore di riduzione delle forze Rμ che varia in funzione del fattore di duttilità μ e del
periodo T relazionato al periodo TC :
𝑅𝜇 = {1 + (𝜇 − 1)
𝑇
𝑇𝐶
𝑝𝑒𝑟 𝑇 < 𝑇𝐶
𝜇 𝑝𝑒𝑟 𝑇 ≥ 𝑇𝐶
Figura 6.11 - Fattore di riduzione
Nel caso in esame si ha:
𝜇 =𝑑𝑚𝑎𝑥
∗
𝑑𝑦∗
= 1,72
0
2
4
6
8
10
12
0 5 10 15 20 25 30 35 40
S [m
/s2]
SD [cm]
Sp. Elastico
TB
TC
TD
T*
Sp. Anelastico
C. di capacità
P.P.
Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile
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CAPITOLO 6 179
Lo spettro anelastico sarà quindi:
𝑆𝑎 =𝑆𝑒
𝑅𝜇
= 𝑜𝑟𝑑𝑖𝑛𝑎𝑡𝑒 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑜 𝑠𝑝𝑒𝑡𝑡𝑟𝑜 𝑑𝑖 𝑑𝑜𝑚𝑎𝑛𝑑𝑎 𝑎𝑛𝑒𝑙𝑎𝑠𝑡𝑖𝑐𝑜
𝑆𝐷 = 𝜇𝑆𝐷𝑒
𝑅𝜇
= 𝑎𝑠𝑐𝑖𝑠𝑠𝑒 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑜 𝑠𝑝𝑒𝑡𝑡𝑟𝑜 𝑑𝑖 𝑑𝑜𝑚𝑎𝑛𝑑𝑎 𝑎𝑛𝑒𝑙𝑎𝑠𝑡𝑖𝑐𝑜
Grafico 6.17 - Curva di Domanda Anelastica
6. Si determina la domanda sismica globale per il sistema a n-GDL:
d*max [cm] Г dmax [cm]
18,945 1 18,945
7. Valutazione della prestazione (capacità).
Grafico 6.18 - Curva di Capacità e Performance Point
0
2
4
6
8
10
12
0 5 10 15 20 25 30 35 40
S [m
/s2]
SD [cm]
Sp. Elastico
TB
TC
TD
Sp. Anelastico
TB anelastico
TC anelastico
TD anelastico
0
20000
40000
60000
80000
100000
120000
140000
160000
180000
0,00 0,05 0,10 0,15 0,20 0,25 0,30
Tb [
KN
]
dc [m]
C. di capacità (MDOF)
P.P.
dmax
Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile
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CAPITOLO 6 180
Il Performance Point del sistema a n-GDL sarà:
P.P.
Tb [KN] dmax [m]
160197,2 0,18945 Tabella 6.19 - Performance Point per il sistema a MDOF
6.2.1.2 - Valutazione degli spostamenti di piano e dei drift di interpiano allo SLC
6.2.1.2.1 - Direzione X
Grafico 6.19 - Curva di Capacità e Performance Point
Grafico 6.20 - Spostamenti di piano adimensionalizzati e drift di interpiano
0
20000
40000
60000
80000
100000
120000
140000
160000
180000
200000
220000
0,00 0,05 0,10 0,15 0,20 0,25 0,30 0,35
Tb [
KN
]
dc [m]
C. di capacità (nodi semi-rigidi)
P.P. (nodi semi-rigidi)
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
0 0,2 0,4 0,6
N°
Pia
no
U1 / Htot [%]
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
0 0,2 0,4 0,6 0,8 1
N°
Pia
no
Drift [%]
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_________________________________________________________________________
CAPITOLO 6 181
6.2.1.2.1 - Direzione Y
Grafico 6.21 - Curva di Capacità e Performance Point
Grafico 6.22 - Spostamenti di piano adimensionalizzati e drift di interpiano
0
20000
40000
60000
80000
100000
120000
140000
160000
180000
0,00 0,05 0,10 0,15 0,20 0,25 0,30
Tb [
KN
]
dc [m]
C. di capacità (nodi semi-rigidi)
P.P. (nodi semi-rigidi)
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
0 0,1 0,2 0,3 0,4 0,5 0,6
N°
Pia
no
U2 / Htot [%]
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
0 0,5 1 1,5
N°
Pia
no
Drift [%]
Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile
_________________________________________________________________________
CAPITOLO 6 182
6.2.2 - CASO 2: con distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la
deformata del I modo principale di vibrare
6.2.2.1 - Stima del performance point allo SLC
6.2.2.1.1 - Distribuzione nella direzione X
Si ripete la medesima procedura eseguita nel paragrafo 6.2.1.1.1, per tale motivo si omette
la trattazione completa e si riassumono i risultati:
Grafico 6.23 - Domanda sismica per il sistema a un SDOF
T* [s] S (T*) [m/s2] d*max [cm]
0,987 4,982 12,287 Tabella 6.20 - Performance Point per il sistema a un SDOF
Grafico 6.24 - Curva di Capacità e Performance Point
0
20000
40000
60000
80000
100000
120000
0,00 0,10 0,20 0,30 0,40 0,50
Tb [
KN
]
dc [m]
C. di capacità(MDOF)
P.P.
dmax
Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile
_________________________________________________________________________
CAPITOLO 6 183
Il Performance Point del sistema a n-GDL sarà:
P.P.
Tb [KN] dmax [m]
99612,1 0,1999 Tabella 6.21 - Performance Point per il sistema a MDOF
6.2.2.1.2 - Distribuzione nella direzione Y
Si ripete la medesima procedura eseguita nel paragrafo 6.2.1.1.2, per tale motivo si omette
la trattazione completa e si riassumono i risultati:
Grafico 6.25 - Domanda sismica per il sistema a un SDOF
T* [s] S (T*) [m/s2] d*max [cm]
1,208 4,069 15,045 Tabella 6.22 - Performance Point per il sistema a un SDOF
Grafico 6.26 - Curva di Capacità e Performance Point
0
20000
40000
60000
80000
100000
120000
0,00 0,10 0,20 0,30 0,40
Tb [
KN
]
dc [m]
C. di capacità(MDOF)
P.P.
dmax
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_________________________________________________________________________
CAPITOLO 6 184
Il Performance Point del sistema a n-GDL sarà:
P.P.
Tb [KN] dmax [m]
100953,3 0,25681 Tabella 6.23 - Performance Point per il sistema a MDOF
6.2.2.2 - Valutazione degli spostamenti e drift di piano allo SLC
6.2.2.2.1 - Direzione X
Grafico 6.27 - Curva di Capacità e Performance Point
Grafico 6.28 - Spostamenti di piano adimensionalizzati e drift di interpiano
0
20000
40000
60000
80000
100000
120000
0,00 0,05 0,10 0,15 0,20 0,25 0,30 0,35 0,40 0,45
Tb [
KN
]
dc [m]
C. di capacità (nodi semi-rigidi)
P.P. (nodi semi-rigidi)
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
0 0,1 0,2 0,3 0,4 0,5 0,6 0,7
N°
Pia
no
U1 / Htot [%]
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
0 0,2 0,4 0,6 0,8 1 1,2 1,4 1,6 1,8
N°
Pia
no
Drift [%]
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CAPITOLO 6 185
6.2.2.2.2 - Direzione Y
Grafico 6.29 - Curva di Capacità e Performance Point
Grafico 6.30 - Spostamenti di piano adimensionalizzati e drift di interpiano
0
20000
40000
60000
80000
100000
120000
0,00 0,05 0,10 0,15 0,20 0,25 0,30 0,35 0,40
Tb [
KN
]
dc [m]
C. di capacità (nodi semi-rigidi)
P.P. (nodi semi-rigidi)
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
0 0,1 0,2 0,3 0,4 0,5 0,6 0,7 0,8
N°
Pia
no
U2 / Htot [%]
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
0 0,2 0,4 0,6 0,8 1 1,2 1,4
N°
Pia
no
Drift [%]
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CAPITOLO 6 186
6.2.3 - CASO 3: con distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la
deformata dei modi principali di vibrare (MPA)
6.2.3.1 - Stima del performance point allo SLC
6.2.3.1.1 - Distribuzione nella direzione X
Il caso di analisi con distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la deformata
del I modo principale è stato già svolto nel paragrafo 6.2.2.1.1 e si riportano soltanto i
risultati in forma tabellare senza i rispettivi grafici per favorire una maggiore snellezza
dell’elaborato.
Per il caso di analisi con distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la
deformata del II modo principale si ha:
si riscontra un sistema rigido dove: 𝑇∗ < 𝑇𝑐 𝑒 𝑆𝑒(𝑇∗) >𝐹𝑦
𝑚∗ → 𝑑𝑚𝑎𝑥
∗ > 𝑑𝑒,𝑚𝑎𝑥∗
T* [s] S (T*) [m/s2] d*e,max [cm] d*max [cm]
0,467 9,233 5,095 5,346 Tabella 6.24 - Performance Point per il sistema a un SDOF (II modo)
Il Performance Point del sistema a n-GDL sarà:
P.P.
Tb [KN] dmax [m]
138192,6 0,05719 Tabella 6.25 - Performance Point per il sistema a MDOF (II modo)
Al fine di calcolare la domanda di spostamento complessiva può essere usata una
combinazione SRSS se il periodo di vibrazione di ciascun modo differisce di almeno il 10%
da tutti gli altri.
T [s] ΔT [%]
I modo 0,805 54,9
II modo 0,363 Tabella 6.26 - Verifica sulla condizione ΔT ≥ 10%
I modo (SLC) II modo (SLC) SRSS (SLC)
dmax [cm] dmax [cm] dmax [cm]
19,99 5,72 20,79 Tabella 6.27 - Domanda di spostamento complessiva ottenuta con la SRSS
6.2.3.1.2 - Distribuzione nella direzione Y
Il caso di analisi con distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la deformata
del I modo principale è stato già svolto nel paragrafo 6.2.2.1.2.
Per gli altri casi si ripete la medesima procedura eseguita nel paragrafo 6.2.1.1.2 e si
riportano soltanto i risultati in forma tabellare senza i rispettivi grafici per favorire una
maggiore snellezza dell’elaborato.
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CAPITOLO 6 187
Per il caso di analisi con distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la
deformata del II modo principale si ha:
si riscontra un sistema rigido dove: 𝑇∗ < 𝑇𝑐 𝑒 𝑆𝑒(𝑇∗) >𝐹𝑦
𝑚∗ → 𝑑𝑚𝑎𝑥
∗ > 𝑑𝑒,𝑚𝑎𝑥∗
T* [s] S (T*) [m/s2] d*e,max [cm] d*max [cm]
0,243 9,233 1,383 2,159 Tabella 6.28 - Performance Point per il sistema a un SDOF (II modo)
Il Performance Point del sistema a n-GDL sarà:
P.P.
Tb [KN] dmax [m]
129487,2 0,02095 Tabella 6.29 - Performance Point per il sistema a MDOF (II modo)
Per il caso di analisi con distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la
deformata del III modo principale si ha:
Si riscontra un sistema rigido dove: 𝑇∗ < 𝑇𝑐 𝑒 𝑆𝑒(𝑇∗) <𝐹𝑦
𝑚∗ → 𝑑𝑚𝑎𝑥
∗ = 𝑑𝑒,𝑚𝑎𝑥∗
T* [s] S (T*) [m/s2] d*e,max [cm] d*max [cm]
0,148 8,317 0,461 0,461 Tabella 6.30 - Performance Point per il sistema a un SDOF (III modo)
Il Performance Point del sistema a n-GDL sarà:
P.P.
Tb [KN] dmax [m]
88537,14 0,00215 Tabella 6.31 - Performance Point per il sistema a MDOF (III modo)
Al fine di calcolare la domanda di spostamento complessiva può essere usata una
combinazione SRSS se il periodo di vibrazione di ciascun modo differisce di almeno il 10%
da tutti gli altri.
T [s] ΔT [%]
I modo 1,062 60,2
II modo 0,423 51,5
III modo 0,205 Tabella 6.32 - Verifica sulla condizione ΔT ≥ 10%
I modo (SLC) II modo (SLC) III modo (SLC) SRSS (SLC)
dmax [cm] dmax [cm] dmax [cm] dmax [cm]
25,681 2,095 0,215 25,768 Tabella 6.33 - Domanda si spostamento complessiva ottenuta con la SRSS
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CAPITOLO 6 188
6.2.4 - CASO 1 e CASO 2 con effetti P-Δ
6.2.4.1 - Stima del performance point allo SLC
6.2.4.1.1 - Distribuzione nella direzione X
Si ripete la medesima procedura eseguita nel paragrafo 6.2.1.1.1, per tale motivo si omette
la trattazione completa e si riassumono i risultati:
Grafico 6.31 - Domanda sismica per il sistema a un SDOF
T* [s] S (T*) [m/s2] d*max [cm]
CASO 1 (P-Δ) 1,141 4,308 14,212
CASO 2 (P-Δ) 0,930 5,286 11,580 Tabella 6.34 - Performance Point per il sistema a un SDOF
Grafico 6.32 - Curva di Capacità e Performance Point
0
2
4
6
8
10
12
0 5 10 15 20 25 30 35 40 45
S [m
/s2 ]
SD [cm]
Sp. Elastico (SLC)
TB (SLC)
TC (SLC)
TD (SLC)
T* (CASO 1)
Sp. Anelastico (CASO 1)
C. di capacità (CASO 1)
P.P. (CASO 1)
C.di capacità (CASO 2)
Sp. Anelastico (CASO 2)
P.P. (CASO 2)
0
20000
40000
60000
80000
100000
120000
140000
160000
180000
200000
0,00 0,05 0,10 0,15 0,20 0,25
Tb [
KN
]
dc [m]
C.di capacità (CASO 1)
P.P. (CASO 1)
C.di Capacità (CASO 2)
P.P. (CASO 2)
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CAPITOLO 6 189
Il Performance Point del sistema a n-GDL sarà:
P.P.
Tb [KN] dmax [m]
CASO 1 (P-Δ) 178294,4 0,14212
CASO 2 (P-Δ) 94296,3 0,18841 Tabella 6.35 - Performance Point per il sistema a MDOF
6.2.4.1.2 - Distribuzione nella direzione Y
Si ripete la medesima procedura eseguita nel paragrafo 6.2.1.1.2, per tale motivo si omette
la trattazione completa e si riassumono i risultati:
Grafico 6.33 - Domanda sismica per il sistema a un SDOF
Non è possibile trovare il performance point allo SLC per il sistema equivalente SDOF sia
per il CASO 1 che per il CASO 2.
Per tale motivo si interrompe il metodo senza passare al sistema MDOF.
6.3 - CONFRONTI E COMMENTI DEI RISULTATI OTTENUTI
Al termine di questo lavoro i risultati ottenuti sono molteplici e potrebbe essere dispersivo e
confuso mostrarli tutti. Si è pensato quindi di mostrare solo quelli più significativi e meno
ridondanti, in particolare mi sono concentrato su questi punti:
L’influenza della distribuzione di forze adottata sulla curva di capacità e
quindi sul performance point allo SLC;
L’influenza degli effetti P-Δ sulla curva di capacità dei modelli a nodi rigidi e
a nodi semi-rigidi;
L’importanza dei modi superiori in termini di spostamenti e drifts di piano nei
modelli a nodi rigidi e a nodi semi-rigidi;
Valutazione della risposta attraverso l’inviluppo dei risultati ottenuti da due
analisi;
0
2
4
6
8
10
12
0 5 10 15 20 25 30 35 40 45
S [m
/s2]
SD [cm]
Sp. Elastico (SLC)
TB (SLC)
TC (SLC)
TD (SLC)
T* (CASO 1)
Sp. Anelastico (CASO 1)
C. di capacità (CASO 1)
T* (CASO 2)
Sp. Anelastico (CASO 2)
C.di Capacità (CASO 2)
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CAPITOLO 6 190
Evoluzione in termini di spostamenti di piano e drift di interpiano a crescenti
livelli di deformazione;
L’importanza della modellazione a nodi semi-rigidi al variare dello stato
limite.
6.3.1 - L’influenza della distribuzione di forze adottata sulla curva di capacità e quindi
sul performance point allo SLC
Nei grafici inseriti sotto è mostrata l’influenza del profilo di carico applicato sulla curva di
capacità e quindi sulla domanda allo stato limite di collasso.
Grafico 6.34 - Distribuzioni delle forze con relative risultanti nella direzione X
Grafico 6.35 - Performance Point per lo stato limite di collasso nella direzione X
0
5
10
15
20
25
30
35
0,00 5,00 10,00 15,00 20,00 25,00
Hp
ian
o [
m]
F [KN]
Distribuzione delle forze(CASO 1)
Risultante delle forze(CASO 1)
Distribuzione delle forze(CASO 2)
Risultante delle forze(CASO 2)
0
50000
100000
150000
200000
250000
0,00 0,05 0,10 0,15 0,20 0,25 0,30 0,35 0,40
Tb [
KN
]
dc [m]
C.di Capacità (CASO 1)
P.P. (CASO 1)
C.di Capacità (CASO 2)
P.P. (CASO 2)
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CAPITOLO 6 191
Grafico 6.36 - Distribuzioni delle forze con relative risultanti nella direzione Y
Grafico 6.37 - Performance Point per lo stato limite di collasso nella direzione Y
Si osserva che la curva forza-spostamento, la quale descrive la risposta globale dell’edificio
è funzione del punto di applicazione della risultante delle forze applicate e della
distribuzione delle rigidezze in altezza. Alla distribuzione uniforme corrisponde il punto di
applicazione più basso, quindi investe maggiormente la parte più rigida della struttura che
risponde con una maggiore resistenza e un minore spostamento allo SLC. La risultante della
0
5
10
15
20
25
30
35
0,00 5,00 10,00 15,00 20,00 25,00
Hp
ian
o [
m]
F [KN]
Distribuzione delle forze(CASO 1)
Risultante delle forze(CASO 1)
Distribuzione delle forze(CASO 2)
Risultante delle forze(CASO 2)
0
20000
40000
60000
80000
100000
120000
140000
160000
180000
0,00 0,05 0,10 0,15 0,20 0,25 0,30 0,35 0,40
Tb [
KN
]
dc [m]
C.di Capacità (CASO 1)
P.P. (CASO 1)
C.di Capacità (CASO 2)
P.P. (CASO 2)
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_________________________________________________________________________
CAPITOLO 6 192
distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la deformata del I modo principale è
applicata in un punto più alto rispetto a quella della distribuzione uniforme, quindi investe
maggiormente la parte meno rigida della struttura che presenta di contro minore resistenza e
maggiore spostamento allo SLC. La struttura risulta avere un comportamento più rigido nel
caso di distribuzione uniforme.
Dall’analisi con distribuzione proporzionale al modo fondamentale si nota che nella
struttura, in corrispondenza del collasso strutturale, si forma un meccanismo di piano debole
al 4° piano:
Figura 6.12 - Meccanismo di piano debole al 4° piano della struttura
6.3.2 - L’influenza degli effetti P-Δ sulla curva di capacità dei modelli a nodi rigidi e a
nodi semi-rigidi per il CASO 1 e il CASO 2
Grafico 6.38 - Curve di capacità con effetti P-Δ per il CASO 1 in direzione X
0
50000
100000
150000
200000
250000
0,00 0,05 0,10 0,15 0,20 0,25
Tb [
KN
]
dc [m]
lineare (nodi rigidi)
pseudo-lineare (nodi rigidi)
softening (nodi rigidi)
lineare (nodi semi-rigidi)
pseudo-lineare (nodi semi-rigidi)
softening (nodi semi-rigidi)
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CAPITOLO 6 193
Grafico 6.39 - Curve di capacità con effetti P-Δ per il CASO 1 in direzione Y
Grafico 6.40 - Curve di capacità con effetti P-Δ per il CASO 2 in direzione X
0
20000
40000
60000
80000
100000
120000
140000
160000
180000
0,00 0,05 0,10 0,15 0,20
Tb [
KN
]
dc [m]
lineare (nodi rigidi)
pseudo-lineare (nodi rigidi)
softening (nodi rigidi)
lineare (nodi semi-rigidi)
pseudo-lineare (nodi semi-rigidi)
softening (nodi semi-rigidi)
0
20000
40000
60000
80000
100000
120000
0,00 0,05 0,10 0,15 0,20 0,25
Tb [
KN
]
dc [m]
lineare (nodi rigidi)
pseudo-lineare (nodi rigidi)
softening (nodi rigidi)
lineare (nodi semi-rigidi)
pseudo-lineare (nodi semi-rigidi)
softening (nodi semi-rigidi)
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_________________________________________________________________________
CAPITOLO 6 194
Grafico 6.41 - Curve di capacità con effetti P-Δ per il CASO 2 in direzione Y
La non linearità geometrica della risposta strutturale causa una variazione degli spostamenti
non proporzionale ai carichi. Considerando gli effetti P-Δ nell’analisi non lineare statica si
tiene conto di tale non linearità e la curva di capacità che si ottiene muta rispetto a quella
ottenuta da una analisi non lineare statica senza effetti P-Δ. In particolare confrontando i due
modelli con nodi rigidi e nodi semi-rigidi si può notare come:
il tratto LINEARE e PSEUDO LINEARE delle curve non subiscono variazioni
significative;
il tratto di SOFTENING della curva del modello a nodi semi-rigidi in direzione X
possiede una pendenza minore, quindi si ha una riduzione della rigidezza globale
della struttura;
il tratto di SOFTENING della curva del modello a nodi semi-rigidi in direzione Y
non subisce variazioni significative, a conferma della bontà della modellazione.
I cambiamenti sopra menzionati della curva di capacità sono prodotti dal momento dovuto
all’effetto P-. Questo momento, causato dall’interazione dell’azione assiale con lo
spostamento relativo fra i due estremi dell’elemento, riduce la resistenza ultima degli
elementi snelli compressi. Questo fenomeno è così pronunciato a causa della formazione di
cerniere plastiche nelle colonne, infatti le cerniere comportano nelle colonne effetti P-
maggiori.
In conclusione si osserva che la deformabilità dei pannelli riduce la rigidezza laterale del
telaio e quindi aumenta gli spostamenti quando la struttura è sollecitata da forze orizzontali.
L’incremento di tali spostamenti aumenta la sensibilità della struttura agli effetti del
secondo ordine, per cui risulta necessario tener conto della presenza del pannello nella
modellazione.
0
20000
40000
60000
80000
100000
120000
0,00 0,05 0,10 0,15 0,20 0,25 0,30
Tb [
KN
]
dc [m]
lineare (nodi rigidi)
pseudo-lineare (nodi rigidi)
softening (nodi rigidi)
lineare (nodi semi-rigidi)
pseudo-lineare (nodi semi-rigidi)
softening (nodi semi-rigidi)
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CAPITOLO 6 195
6.3.3 - L’importanza dei modi superiori in termini di spostamenti e drifts di piano nei
modelli a nodi rigidi e a nodi semi-rigidi
E’ evidente e logico che l’uso di tecniche pushover multimodali (MPA) dovrebbe produrre
stime generalmente migliori di drift di interpiano rispetto ad un’analisi pushover con un solo
vettore di carico. Anche se i modi superiori tipicamente contribuiscono poco allo
spostamento, le analisi pushover multimodali possono essere utili per identificare i casi in
cui le risposte in spostamento sono dominate da un modo superiore.
Chopra e Goel (2001b) hanno trovato che l’MPA originale fornisce buone stime di
spostamento di piano e di drift di interpiano per un edificio a telaio in acciaio resistente a
momento di nove piani.
Chintanapakdee e Chopra (2003) hanno applicato la procedura MPA per la stima dei drift di
interpiano per telai a 3, 6, 9, 12, 15, e 18 piani. Hanno scoperto che la precisione delle stime
del drift di interpiano dipendono dal livello di piano e dal grado di inelasticità. La precisione
era migliore per bassi edifici e per i piani inferiori e medi di edifici più alti. Per i piani
superiori di telai alti, la procedura MPA non è stata in grado di fornire una stima
ragionevole dei drift di interpiano per i diversi terremoti.
La MPA si configura come una procedura fra le più accurate per la valutazione della
domanda sismica di strutture deformabili a comportamento debolmente non-lineare. Per tale
motivo si rappresentano i profili degli spostamenti di piano e drifts di interpiano della
struttura sottoposta ad un terremoto di modesta intensità, ovvero allo SLO, perché ci si
aspetta che il cimento della struttura in campo plastico sia limitato.
Grafico 6.42 - Spostamenti di piano e drift di interpiano allo SLO in direzione X
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
0 0,05 0,1 0,15 0,2
N°
Pia
no
U1 / Htot [%]
MPA
Modo Fondamentale
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
0 0,2 0,4
N°
Pia
no
Drift [%]
MPA
Modo Fondamentale
Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile
_________________________________________________________________________
CAPITOLO 6 196
Grafico 6.43 - Spostamenti di piano e drift di interpiano allo SLO per il modello a nodi rigidi e a nodi semi-rigidi in
direzione X
Grafico 6.44 - Spostamenti di piano e drift di interpiano allo SLO in direzione Y
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
0 0,05 0,1 0,15 0,2
N°
Pia
no
U1 / Htot [%]
MPA nodi semi-rigidi
MPA nodi rigidi
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
0 0,1 0,2 0,3 0,4
N°
Pia
no
Drift [%]
MPA nodi semi-rigidi
MPA nodi rigidi
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
0 0,1 0,2 0,3
N°
Pia
no
U2 / Htot [%]
MPA
Modo Fondamentale
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
0 0,1 0,2 0,3 0,4
N°
Pia
no
Drift [%]
MPA
Modo Fondamentale
Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile
_________________________________________________________________________
CAPITOLO 6 197
Grafico 6.45 - Spostamenti di piano e drift di interpiano allo SLO per il modello a nodi rigidi e a nodi semi-rigidi in
direzione Y
Scaturiscono le seguenti osservazioni:
il contributo dei modi superiori è importante in termini di spostamenti di piano e
drifts di interpiano correggendo quelli ottenuti con un solo modo soprattutto ai piani
bassi e alti della struttura;
le due analisi MPA non si discostano molto tra loro, ciò dimostra che la modellazione
a nodi semi-rigidi è poco influente su una struttura con un cimento in campo plastico
limitato;
6.3.4 - Valutazione della risposta attraverso l’inviluppo dei risultati ottenuti da due
analisi
Nell’eseguire un’analisi statica non lineare, la scelta del profilo di carico costituisce un
aspetto fondamentale, in grado di influenzare significativamente l’accuratezza dei risultati
ottenibili.
In ambito normativo i più recenti codici prevedono di valutare la risposta attraverso
l’inviluppo dei risultati ottenuti da due analisi, fornendo per ciascuna di esse, un gruppo di
profili di carico fra i quali scegliere la coppia più idonea per la struttura in oggetto. Il primo
gruppo, detto delle distribuzioni principali, è formato da profili di carico definiti a partire
dalle proprietà dinamiche della struttura a comportamento lineare, e il suo impiego si pone
l’obiettivo di riprodurre la risposta per effetto di terremoti di modesta intensità. In tali
condizioni, il cimento della struttura in campo plastico è limitato, e le variazioni delle
caratteristiche di rigidezza modificano soltanto parzialmente le proprietà dinamiche e la
forma dei modi propri di vibrare associati alla matrice di rigidezza tangente della struttura.
Ne consegue che, durante l’evento sismico, la distribuzione delle forze di inerzia e
dissipative lungo l’altezza si discosta poco da quella prevista attraverso lo studio delle
risposta elastica. Il secondo gruppo, contenente le distribuzioni secondarie, è formato da
profili di carico finalizzati a tenere in conto il profondo modificarsi delle caratteristiche
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
0 0,1 0,2 0,3
N°
Pia
no
U2 / Htot [%]
MPA
MPA nodi rigidi
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
0 0,1 0,2 0,3 0,4
N°
Pia
no
Drift [%]
MPA
MPA nodi rigidi
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CAPITOLO 6 198
della struttura in presenza di diffuse deformazioni plastiche. La radicale variazione del
profilo degli spostamenti esibiti lungo l’altezza richiede una conseguente modifica della
distribuzione delle azioni che, agendo staticamente, tentano di riprodurre tale
comportamento.
Per il primo gruppo si considera l’analisi MPA vista la sua superiorità rispetto a quella con
un solo vettore di carico, mentre per il secondo gruppo si considera l’analisi con
distribuzione uniforme invece di quella con distribuzione adattiva. L’impiego di procedure
adattive, anche se in un gran numero di casi consente di ottenere stime della risposta più
accurate di quelle ottenibili con profili invarianti, spesso non fornisce risultati conservativi,
come è invece assicurato dall’impiego della distribuzione uniforme insieme ad una
distribuzione principale. D’altro canto, l’impiego della distribuzione uniforme, nella
maggioranza dei casi risulta eccessivamente penalizzante, conducendo ad una stima
fortemente cautelativa degli spostamenti dei piani inferiori.
I risultati sono espressi in termini di spostamento di piano e drift di interpiano sia per un
terremoto di modesta intensità (allo SLO), tale da produrre un cimento della struttura in
campo plastico limitato, che per un terremoto di grande intensità (allo SLC), tale da
produrre un cimento della struttura in campo plastico elevato.
Grafico 6.46 - Spostamenti di piano e drift di interpiano allo SLO in direzione X
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
0 0,05 0,1 0,15 0,2
N°
Pia
no
U1 / Htot [%]
MPA
UNIFORME
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
0 0,1 0,2 0,3 0,4
N°
Pia
no
Drift [%]
MPA
UNIFORME
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CAPITOLO 6 199
Grafico 6.47 - Spostamenti di piano e drift di interpiano allo SLO in direzione Y
Grafico 6.48 - Spostamenti di piano e drift di interpiano allo SLC in direzione X
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
0 0,1 0,2 0,3
N°
Pia
no
U2 / Htot [%]
MPA
UNIFORME
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
0 0,1 0,2 0,3 0,4
N°
Pia
no
Drift [%]
MPA
UNIFORME
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
0 0,5 1
N°
Pia
no
U1 / Htot [%]
UNIFORME
MPA
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
0 0,5 1 1,5 2
N°
Pia
no
Drift [%]
UNIFORME
MPA
Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile
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CAPITOLO 6 200
Grafico 6.49 - Spostamenti di piano e drift di interpiano allo SLC in direzione Y
Scaturiscono le seguenti osservazioni:
per un terremoto di modesta intensità (allo SLO) l’analisi MPA risulta più cautelativa
e probabilmente anche più accurata visto che il cimento della struttura in campo
plastico è limitato;
per un terremoto di grande intensità (allo SLC) l’analisi con distribuzione uniforme
risulta più cautelativa ai piani inferiori ed è finalizzata a tenere in conto il profondo
modificarsi delle caratteristiche della struttura in presenza di diffuse deformazioni
plastiche.
6.3.5 - Evoluzione in termini di spostamenti di piano e drift di interpiano a crescenti
livelli di deformazione
La progressiva deformazione degli elementi strutturali comporta una riduzione della
rigidezza globale del sistema, e quindi può indurre, in funzione delle caratteristiche dello
spettro considerato una significativa alterazione del comportamento della struttura. Nel caso
in esame, con l’utilizzo di un profilo di carico invariante (CASO 1), si nota che al crescere
del livello di deformazione la struttura subisce un incremento degli spostamenti di piano e
dei drift di interpiano a dimostrazione del maggiore cimento in campo plastico della
struttura.
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
0 0,2 0,4 0,6 0,8
N°
Pia
no
U2 / Htot [%]
UNIFORME
MPA
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
0 0,5 1 1,5
N°
Pia
no
Drift [%]
UNIFORME
MPA
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CAPITOLO 6 201
Grafico 6.50 - Curva di Capacità per il CASO 1 in direzione X
Grafico 6.51 - Spostamenti di piano e drift di interpiano in corrispondenza di crescenti livelli di deformazione nella
direzione X
I risultati mostrati evidenziano il comportamento della struttura al crescere del livello di
deformazione. Globalmente al crescere del cimento plastico della struttura corrisponde un
aumento in termini di spostamenti di piano e di drift di interpiano, in particolare tale
aumento è enfatizzato ai piani inferiori della struttura.
0
50000
100000
150000
200000
250000
0,00 0,05 0,10 0,15 0,20 0,25 0,30 0,35
Tb [
KN
]
dc [m]
C. di capacità (nodi semi-rigidi)
1
2
3
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
0 0,2 0,4 0,6 0,8 1
N°
Pia
no
U1 / Htot [%]
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
0 0,5 1 1,5 2
N°
Pia
no
Drift [%]
Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile
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CAPITOLO 6 202
6.3.6 - L’importanza della modellazione a nodi semi-rigidi al variare dello stato limite
La modellazione a nodi semi-rigidi produce un significativo aumento degli spostamenti
orizzontali della struttura, con una riduzione della rigidezza laterale. Tuttavia, nella pratica
progettuale corrente viene spesso ignorato l’effetto della distorsione e della resistenza
tagliante del nodo sulla rigidezza e resistenza del telaio, che viene modellato con le
dimensioni delle travi e delle colonne prese rispetto ai loro assi baricentrici (asse-asse). Ciò
perché nel considerare le luci teoriche, invece di quelle nette, si ha una sottostima della
rigidezza laterale della struttura che compensa in parte gli effetti legati alla deformabilità
tagliante del nodo.
Considerare le dimensioni teoriche delle membrature nella valutazione della rigidezza
laterale del telaio, dà una visione molto distorta dell’importanza relativa tra la rigidezza
della trave e quella della colonna per il controllo degli spostamenti.
L’utilizzo delle dimensioni teoriche delle membrature, in luogo di quelle nette, fa si che il
contributo della deformazione flessionale delle colonne allo spostamento d’interpiano può
essere facilmente sovrastimato. Nel trascurare, invece, la deformabilità tagliante del nodo, si
possono commettere errori nella determinazione delle posizioni delle zone plasticizzate.
Ai fini di una corretta valutazione del comportamento globale della struttura, occorre
considerare, quindi, le prestazioni dei nodi nel loro complesso considerando due situazioni
della struttura:
una relativa allo stato limite di operatività (SLO), ovvero per un terremoto di
modesta intensità nel quale il cimento della struttura in campo plastico è limitato;
e l’altra relativa allo stato limite di collasso (SLC), ovvero per un terremoto di grande
intensità nel quale si ha il cimento della struttura in campo plastico.
Grafico 6.52 - Curve di Capacità dei due modelli allo SLO in direzione X
0
50000
100000
150000
200000
250000
0,00 0,05 0,10 0,15 0,20 0,25 0,30 0,35
Tb [
KN
]
dc [m]
C. di capacità (nodi rigidi)
Punto di prestazione
C. di capacità (nodi semi-rigidi)
Punto di prestazione
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CAPITOLO 6 203
Grafico 6.53 - Spostamenti di piano e drift di interpiano allo SLO in direzione X
Dai risultati si evince come le due modellazioni, quando la struttura è soggetta a terremoti di
modesta intensità, portino a profili di spostamenti di piano e drift di interpiano simili. In
questo caso la modellazione della struttura a nodi semi-rigidi non porta a dei cambiamenti
importanti visto che la struttura ha un comportamento ancora pseudo-lineare.
Grafico 6.54 - Curve di Capacità dei due modelli allo SLC in direzione X
Il modello con nodi rigidi sovrastima la rigidezza laterale della struttura rispetto al modello
con nodi semi-rigidi, ciò si riflette anche in termini di spostamenti di piano e drift di
interpiano.
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
0 0,05 0,1 0,15 0,2
N°
Pia
no
U1 / Htot [%]
nodi rigidi
nodi semi-rigidi
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
0 0,05 0,1 0,15 0,2 0,25 0,3
N°
Pia
no
Drift [%]
nodi rigidi
nodi semi-rigidi
0
50000
100000
150000
200000
250000
0,00 0,10 0,20 0,30 0,40
Tb [
KN
]
dc [m]
C. di capacità (nodi rigidi)
Punto di prestazione
C. di capacità (nodi semi-rigidi)
Punto di prestazione
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CAPITOLO 6 204
Grafico 6.55 - Spostamenti di piano e drift di interpiano allo SLC in direzione X
Per un terremoto di grande intensità la rigidezza laterale della struttura dipende anche dalla
rigidezza della zona pannello in quanto le deformazioni plastiche diventano preponderanti.
In particolare si evince come le due modellazioni, quando la struttura è soggetta a terremoti
di grande intensità, portino a drift di interpiano differenti, infatti in corrispondenza del 4°
piano si ha un incremento del 13% del drift trovato con il modello a nodi rigidi; ciò si
giustifica con un meccanismo di piano debole al medesimo piano.
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
0 0,2 0,4 0,6
N°
Pia
no
U1 / Htot [%]
nodi rigidi
nodi semi-rigidi
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
0 0,5 1
N°
Pia
no
Drift [%]
nodi rigidi
nodi semi-rigidi
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APPENDICE A 205
APPENDICE A: CERNIERE PLASTICHE
E CURVA DI CAPACITA’
A.1 - LEGAMI CERNIERA PLASTICA ASSIALE
Studiamo una trave monodimensionale così composta:
Figura A.1 - Trave 1D
Elemento strutturale Profilo Materiale
Trave TUBO 219,1/8 S235 Tabella A.1 - Elemento costituente la trave 1D
A.1.1 - Materiale
In sede di progettazione si possono assumere convenzionalmente i seguenti valori nominali
delle proprietà dell’acciaio:
modulo elastico E = 210.000 N/mm²
modulo di elasticità trasversale G = E / [2 (1 + ν)] N/mm²
coefficiente di Poisson ν = 0,3
coefficiente di espansione termica lineare α = 12 x 10-6 per °C-1
(per temperature fino a 100 °C)
densità ρ = 7850 kg/m3
Il tipo di acciaio utilizzato nella trave presa in esame è riportato in tabella 2:
ACCIAIO Ftk (N/mm^2) fyk(N/mm^2) gmo fyd(N/mm^2) Es(N/mm^2)
S235 360 235 1,05 223,8 210000
Tabella A.2 - Proprietà acciaio con t ≤ 40mm
All’acciaio utilizzato è stato dato un legame elasto-plastico così definito sul SAP2000:
deformazione di snervamento εy =0,112%
deformazione ultima εu =20%
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APPENDICE A 206
Figura A.2 - Curva tensione-deformazione acciaio S235
A.1.2 – Cerniera plastica assiale
Il legame che usiamo per definire la cerniera plastica è un legame rigido-plastico. I valori
da inserire nel Sap2000 per definirlo sono valori normalizzati, per cui ogni volta si
inseriranno i valori di tensione e di deformazione rapportati ai valori di snervamento.
Il punto necessario a definire il grafico è quello la cui ascissa definisce il rapporto tra la
deformazione ultima e la deformazione di snervamento dell’acciaio. In questo caso,
fissando una deformazione ultima del 5% per gli elementi soggetti prevalentemente a sforzi
di trazione e compressione, si definisce in funzione del tipo di acciaio utilizzato (S235) il
rapporto μ dove si decurta alla ε ultima quella elastica per mantenere una ε complessiva
della trave del 5%:
εu = 5%
εy = fy/Es = 0,112%
μ = (εu – εy) / εy
Il valore dello spostamento della cerniera prima della perdita di resistenza non coincide con
quello del nodo di controllo poiché a causa del suo legame rigido-plastico non può cogliere
lo spostamento elastico:
U1nodo (al limite di resistenza) = U1cerniera (al limite di resistenza) + U1nodo (al limite elastico)
Inseguito si definisce la dimensione e la posizione della cerniera plastica:
1. dimensione: essendo una cerniera a sforzo assiale ed essendo lo sforzo assiale
costante su tutta la lunghezza del controvento, essa potrà formarsi in qualsiasi parte
dell’elemento per cui porremo una relative length = 1;
2. posizione: la cerniera è stata concentrata a metà lunghezza dell’asta.
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APPENDICE A 207
Tramite il comando “Drops to zero” si attribuisce alla cerniera una perdita di resistenza al di
là del punto “E”. La brusca perdita di resistenza è spesso irrealistica e potrebbe essere molto
difficile da analizzare. Per arrivare a convergenza il programma automaticamente limita la
pendenza negativa di una cerniera ad essere non più rigida del 10% della rigidezza elastica
dell’elemento contenente la cerniera stessa.
Come fattori di scala per le tensioni e le deformazioni usiamo quelli a snervamento
dell’acciaio inseriti da noi manualmente.
A.1.3 - Caso di analisi: PUSHOVER
Come unico modello di carico abbiamo considerato una forza “F” concentrata al nodo
vincolato con un carrello mentre abbiamo omesso il peso proprio della trave per non
“sporcare” la soluzione.
A questo punto si è definito il caso di analisi PUSHOVER imponendo:
Figura A.3 - Tendina definizione caso di analisi PUSHOVER
Figura A.4 - Tendina definizione dell’applicazione del carico
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APPENDICE A 208
Figura A.5 - Tendina definizione dei risultati salvati
Figura A.6 - Tendina definizione dei parametri non lineari
A questo punto studieremo diversi modelli per i quali si manterranno le medesime
definizioni sopra descritte e si farà variare il legame della cerniera plastica assiale.
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APPENDICE A 209
A.1.4 - MODELLO 1: legame rigido plastico simmetrico
A.1.4.1 - Definizione del legame della cerniera
fy = 235000 KN / m2
Es = 2,1E+08 KN / m2
εy = 0,00112 => 0,11 %
εu = 0,05 => 5 %
(εu - εy ) = 0,0489 => 4,89 %
(εu - εy) / εy = 43,68
L = 4 m
A = 0,00531 m2
Positivo Negativo
FORZA SF (KN) 1246,91 1246,91
SPOST. SF (m) 0,00448 0,00448 Tabella A.3 - Fattori di scala (SF)
Punto F/SF SPOST./SF
E- -1 -43,68
D- -1 -43,68
C- -1 -43,68
B- -1 0
A 0 0
B 1 0
C 1 43,68
D 1 43,68
E 1 43,68 Tabella A.4 - Valori del Legame FORZA-SPOSTAMENTO (adimens.)
Grafico A.1 - Legame FORZA-SPOSTAMENTO (adimens.)
-1,5
-1
-0,5
0
0,5
1
1,5
-60,00 -40,00 -20,00 0,00 20,00 40,00 60,00
F/SF
Spost./SF
Legame FORZA-SPOSTAMENTO(adimens.)
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APPENDICE A 210
Punto F (KN) SPOST.(m)
E- -1246,91 -0,1955
D- -1246,91 -0,1955
C- -1246,91 -0,1955
B- -1246,91 0
A 0 0
B 1246,91 0
C 1246,91 0,1955
D 1246,91 0,1955
E 1246,91 0,1955 Tabella A.5 - Legame FORZA-SPOSTAMENTO
Grafico A.2 - Legame FORZA-SPOSTAMENTO
Si rispetta il limite ultimo in deformazioni pari al 5%, infatti si ha:
U1nodo (al limite di resistenza) = εu ∙ L = 0,05 ∙ 4 = 0,2 m
U1nodo (al limite elastico) = 0,00448 m
U1cerniera (al limite di resistenza) = 0,19552 m
U1nodo (al limite di resistenza) = U1cerniera (al limite di resistenza) + U1nodo (al limite elastico)
U1nodo (al limite di resistenza) = 0,19552 + 0,00448 = 0,2 m
-1500
-1000
-500
0
500
1000
1500
-0,3 -0,2 -0,1 0 0,1 0,2 0,3
F (K
N)
Spost. (m)
Legame FORZA-SPOSTAMENTO
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APPENDICE A 211
La cerniera sopra definita è stata così riportata nel SAP:
Figura A.7 - Legame FORZA-SPOSTAMENTO definito nel SAP
A.1.4.2 - Risultati dell’analisi: CURVA DI CAPACITA’
Riportiamo nella tabella seguente i valori della reazione alla cerniera e dello spostamento al
carrello (nodo 2) ottenuti inseguito alla analisi Pushover svolta dal programma SAP:
Asta tesa Asta compressa
n° Step Reaz. alla cerniera U1 (nodo 2) Reaz. alla cerniera U1 (nodo 2)
(KN) (m) (KN) (m)
step 0 0 0 0 0
step 1 1246,8 0,00448 -1246,8 -0,00448
step 2 1246,8 0,10448 -1246,8 -0,10448
step 3 1246,9 0,19999 -1246,9 -0,19999
step 4 1246,9 0,19999 -1246,9 -0,19999
step 5 0,0 0,24028 0,0 -0,24028
step 6 0,0 0,34028 0,0 -0,34028
step 7 0,1 0,44028 -0,1 -0,44028
step 8 0,1 0,54028 -0,1 -0,54028
step 9 0,1 0,64028 -0,1 -0,64028
step 10 0,2 0,74028 -0,2 -0,74028
step 11 0,2 0,84028 -0,2 -0,84028
step 12 0,2 0,94028 -0,2 -0,94028
step 13 0,2 1 -0,2 -1 Tabella A.6 - Valori della curva di capacità
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APPENDICE A 212
Abbiamo ritenuto opportuno interrompere il grafico in corrispondenza di una reazione alla
cerniera nulla.
Grafico A.3 - Curva di capacità
A.1.5 - MODELLO 2: legame rigido plastico asimmetrico
In questo caso abbiamo attribuito a compressione la Forza e lo Spostamento a trazione
ridotti del 70 %:
Fc = 0,3 Ft
Uc = 0,3 Ut
A.1.5.1 - Definizione del legame della cerniera
fy = 235000 KN / m2
Es = 2,1E+08 KN / m2
εy = 0,00112 => 0,11 %
εu = 0,05 => 5 %
(εu - εy ) = 0,0489 => 4,89 %
(εu - εy) / εy = 43,68
L = 4 m
A = 0,00531 m2
Positivo Negativo
FORZA SF (KN) 1246,91 1246,91
SPOST. SF (m) 0,00448 0,00448 Tabella A.7 - Fattori di scala (SF)
-1500
-1000
-500
0
500
1000
1500
-0,3 -0,2 -0,1 0 0,1 0,2 0,3
Re
azio
ne
alla
ce
rnie
ra (
KN
)
Spostamento al carrello (m)
Asta tesa
Asta compressa
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_________________________________________________________________________
APPENDICE A 213
Punto F/SF SPOST./SF
E- -0,3 -13,10
D- -0,3 -13,10
C- -0,3 -13,10
B- -0,3 0
A 0 0
B 1 0
C 1 43,68
D 1 43,68
E 1 43,68 Tabella A.8 - Valori del Legame FORZA-SPOSTAMENTO (adimens.)
Grafico A.4 - Legame FORZA-SPOSTAMENTO (adimens.)
Punto F (KN) SPOST.(m)
E- -374,07 -0,0587
D- -374,07 -0,0587
C- -374,07 -0,0587
B- -374,07 0
A 0 0
B 1246,91 0
C 1246,91 0,1955
D 1246,91 0,1955
E 1246,91 0,1955 Tabella A.9 - Legame FORZA-SPOSTAMENTO
-0,4
-0,2
0
0,2
0,4
0,6
0,8
1
1,2
-20,00 0,00 20,00 40,00 60,00
F/SF
Spost./SF
Legame FORZA-SPOSTAMENTO (adimens.)
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_________________________________________________________________________
APPENDICE A 214
Grafico A.5 - Legame FORZA-SPOSTAMENTO
Si rispetta il limite ultimo in deformazioni:
Trazione (εu = 5%)
U1nodo (al limite di resistenza) = εu ∙ L = 0,05 ∙ 4 = 0,2 m
U1nodo (al limite elastico) = 0,00448 m
U1cerniera (al limite di resistenza) = 0,19552 m
U1nodo (al limite di resistenza) = U1cerniera (al limite di resistenza) + U1nodo (al limite elastico)
U1nodo (al limite di resistenza) = 0,19552 + 0,00448 = 0,2 m
Compressione (εu = 1,5%)
U1nodo (al limite di resistenza) = 0,3 ∙ εu ∙ L = 0,3 ∙ 0,05 ∙ 4 = 0,2 m
U1nodo (al limite elastico) = 0,3 ∙ 0,00448 = 0,0013 m
U1cerniera (al limite di resistenza) = 0,0587 m
U1nodo (al limite di resistenza) = U1cerniera (al limite di resistenza) + U1nodo (al limite elastico)
U1nodo (al limite di resistenza) = 0,0587 + 0,0013 = 0,06 m
-600
-400
-200
0
200
400
600
800
1000
1200
1400
-0,1 -0,05 0 0,05 0,1 0,15 0,2 0,25F (K
N)
Spost. (m)
Legame FORZA-SPOSTAMENTO
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_________________________________________________________________________
APPENDICE A 215
La cerniera sopra definita è stata così riportata nel SAP:
Figura A.8 - Legame FORZA-SPOSTAMENTO definito nel SAP
A.1.5.2 - Risultati dell’analisi: CURVA DI CAPACITA’
Riportiamo nella tabella seguente i valori della reazione alla cerniera e dello spostamento al
carrello (nodo 2) ottenuti inseguito alla analisi Pushover svolta dal programma SAP:
Asta tesa Asta compressa
n° Step Reaz. alla cerniera U1 (nodo 2) Reaz. alla cerniera U1 (nodo 2)
(KN) (m) (KN) (m)
step 0 0 0 0 0
step 1 1246,8 0,00448 -374,0 -0,00134
step 2 1246,8 0,10448 -374,0 -0,05998
step 3 1246,9 0,19999 -374,0 -0,05998
step 4 1246,9 0,19999 0,0 -0,10340
step 5 0,0 0,24028 0,0 -0,20340
step 6 249,3 0,24117 0,0 -0,30340
step 7 249,4 0,34117 0,0 -0,40340
step 8 249,4 0,44117 0,0 -0,50340
step 9 249,4 0,54117 0,0 -0,60340
step 10 249,5 0,64117 -0,1 -0,70340
step 11 249,5 0,74117 -0,1 -0,80340
step 12 249,5 0,84117 -0,1 -0,90340
step 13 249,5 0,94117 -0,1 -1
step 14 249,6 1 Tabella A.10 - Valori della curva di capacità
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_________________________________________________________________________
APPENDICE A 216
Abbiamo ritenuto opportuno interrompere il grafico in corrispondenza di una reazione alla
cerniera nulla.
Grafico A.6 - Curva di capacità
In realtà abbiamo riscontrato una resistenza residua a trazione pari al 20% di quella a
snervamento che il programma SAP di default assegna
Grafico A.7 - Curva di capacità con resistenza residua
-600
-400
-200
0
200
400
600
800
1000
1200
1400
-0,15 -0,1 -0,05 0 0,05 0,1 0,15 0,2 0,25 0,3
Re
azio
ne
alla
ce
rnie
ra (
KN
)
Spostamento al carrello (m)
Asta tesa
Asta compressa
-600
-400
-200
0
200
400
600
800
1000
1200
1400
-0,2 0 0,2 0,4 0,6 0,8 1 1,2Re
azio
ne
alla
ce
rnie
ra (
KN
)
Spostamento al carrello (m)
Asta tesa
Asta compressa
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APPENDICE A 217
A.1.6 - MODELLO 3: legame rigido plastico asimmetrico (χ secondo EC3)
A.1.6.1 - Calcolo del coefficiente χ funzione della snellezza dell'asta secondo EC3 [25]
In questo caso abbiamo attribuito a compressione la Forza e lo Spostamento a trazione
ridotti del coefficiente χ funzione della snellezza dell'asta:
Fc = χ Ft
Uc = χ Ut
Il carico di collasso per carico di punta si riduce al crescere dell'esilità dell'asta, quantificata
dalla snellezza, che dipende dalla resistenza alla rotazione della sezione trasversale e dalla
lunghezza, nonché dal modo in cui la stessa asta è vincolata.
Con la verifica si controlla che:
Nsd ≤ NbRd = χ A fyd per sezioni di classe 1,2, e 3
Dove:
NbRd è la resistenza di progetto a compressione per carico di punta, il pedice “b”
indica "buckling" ( instabilizzazione );
χ è un coefficiente di riduzione funzione della snellezza dell'asta. Per aste tozze,
ovvero con snellezza ridotte, il coefficiente è pari a 1 poiché la crisi coincide con la
plasticizzazione per schiacciamento dell'asta.
tipo di acciaio: S 235 Mpa ( fy )
E = 2E+08 KN / m² L = 4 m
imin = 0,0747 m
Β = 1
=> doppia cerniera
Lo = 4 m
λ = 53,548
=> snellezza dell'asta
λ1= π ( E / fy )½ => λ1= 93,913 snellezza critica
λ= λ / λ1
=> λ= 0,57018 snellezza adimensionale
Procedimento analitico per il calcolo del coefficiente χ :
Si valuta dalla tabella la curva di instabilità di riferimento che è associata al tipo di profilo
utilizzato a seconda del suo comportamento a carico di punta. Nel nostro caso essendo un
profilo tubolare abbiamo come curva di riferimento la “a”, a questa curva corrisponde un
coefficiente di imperfezione α pari a:
α= 0,21
curva di instabilità: a
a questo punto è possibile calcolare il coefficiente φ:
φ = 0,5 (1+ α ( λ - 0,2 ) + λ² )
φ = 0,7014
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_________________________________________________________________________
APPENDICE A 218
trovo infine il coefficiente χ:
χ = 1 / ( φ + ( φ² - λ² )½ )
χ = 0,9009
A.1.6.2 - Definizione del legame della cerniera
fy = 235000 KN / m2
Es = 2,1E+08 KN / m2
εy = 0,00112 => 0,11 %
εu = 0,05 => 5 %
(εu - εy )= 0,0489 => 4,89 %
(εu - εy) / εy = 43,68
L = 4 M
A = 0,00531 m2
Positivo Negativo
FORZA SF (KN) 1246,91 1246,91
SPOST. SF (m) 0,00448 0,00448 Tabella A.11 - Fattori di scala (SF)
Punto F/SF SPOST./SF
E- -0,9009 -39,35
D- -0,9009 -39,35
C- -0,9009 -39,35
B- -0,9009 0
A 0 0
B 1 0
C 1 43,68
D 1 43,68
E 1 43,68 Tabella A.12 - Valori del Legame FORZA-SPOSTAMENTO (adimens.)
Grafico A.8 - Legame FORZA-SPOSTAMENTO (adimens.)
-1
-0,5
0
0,5
1
1,5
-60,00 -40,00 -20,00 0,00 20,00 40,00 60,00
F/SF
Spost./SF
Legame FORZA-SPOSTAMENTO (adimens.)
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APPENDICE A 219
Punto F (KN) SPOST.(m)
E- -1123,4 -0,1762
D- -1123,4 -0,1762
C- -1123,4 -0,1762
B- -1123,4 0
A 0 0
B 1246,91 0
C 1246,91 0,1955
D 1246,91 0,1955
E 1246,91 0,1955 Tabella A.13 - Legame FORZA-SPOSTAMENTO
Grafico A.9 - Legame FORZA-SPOSTAMENTO
Si rispetta il limite ultimo in deformazioni:
Trazione (εu = 5%)
U1nodo (al limite di resistenza) = εu ∙ L = 0,05 ∙ 4 = 0,2 m
U1nodo (al limite elastico) = 0,00448 m
U1cerniera (al limite di resistenza) = 0,19552 m
U1nodo (al limite di resistenza) = U1cerniera (al limite di resistenza) + U1nodo (al limite elastico)
U1nodo (al limite di resistenza) = 0,19552 + 0,00448 = 0,2 m
Compressione (εu = 4,5%)
U1nodo (al limite di resistenza) = χ ∙ εu ∙ L = = 0,9 ∙ 0,05 ∙ 4 = 0,1802 m
U1nodo (al limite elastico) = 0,9 ∙ 0,00448 = 0,004 m
U1cerniera (al limite di resistenza) = 0,1762 m
U1nodo (al limite di resistenza) = U1cerniera (al limite di resistenza) + U1nodo (al limite elastico)
U1nodo (al limite di resistenza) = 0,1762 + 0,004 = 0,1802 m
-1500
-1000
-500
0
500
1000
1500
-0,2 -0,1 0 0,1 0,2 0,3F (K
N)
Spost. (m)
Legame FORZA-SPOSTAMENTO
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APPENDICE A 220
La cerniera sopra definita è stata così riportata nel SAP:
Figura A.9 - Legame FORZA-SPOSTAMENTO definito nel SAP
A.1.6.3 - Risultati dell’analisi: CURVA DI CAPACITA’
Riportiamo nella tabella seguente i valori della reazione alla cerniera e dello spostamento al
carrello (nodo 2) ottenuti inseguito alla analisi Pushover svolta dal programma SAP:
Asta tesa Asta compressa
n° Step Reaz. alla cerniera U1 (nodo 2) Reaz. alla cerniera U1 (nodo 2)
(KN) (m) (KN) (m)
step 0 0 0 0 0
step 1 1246,8 0,00448 -1122,1 -0,00403
step 2 1246,8 0,10448 -1122,1 -0,10403
step 3 1246,9 0,19999 -1122,2 -0,18016
step 4 1246,9 0,19999 -1122,2 -0,18016
step 5 0,0 0,24028 0,0 -0,22089
step 6 249,4 0,24117 0,0 -0,32089
step 7 249,4 0,34117 -0,1 -0,42089
step 8 249,4 0,44117 -0,1 -0,52089
step 9 249,5 0,54117 -0,1 -0,62089
step 10 249,5 0,64117 -0,1 -0,72089
step 11 249,5 0,74117 -0,2 -0,82089
step 12 249,5 0,84117 -0,2 -0,92089
step 13 249,6 0,94117 -0,2 -1
step 14 249,6 1 Tabella A.14 - Valori della curva di capacità
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APPENDICE A 221
Abbiamo ritenuto opportuno interrompere il grafico in corrispondenza di una reazione alla
cerniera nulla.
Grafico A.10 - Curva di capacità
In realtà abbiamo riscontrato una resistenza residua a trazione pari al 20% di quella a
snervamento che il programma SAP di default assegna.
Grafico A.11 - Curva di capacità con resistenza residua
-1500
-1000
-500
0
500
1000
1500
-0,3 -0,2 -0,1 0 0,1 0,2 0,3
Re
azio
ne
alla
ce
rnie
ra (
KN
)
Spostamento al carrello (m)
Asta tesa
Asta compressa
-1500
-1000
-500
0
500
1000
1500
-0,4 -0,2 0 0,2 0,4 0,6 0,8 1 1,2
Re
azio
ne
alla
ce
rnie
ra (
KN
)
Spostamento al carrello (m)
Asta tesa
Asta compressa
Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile
_________________________________________________________________________
APPENDICE A 222
A.1.7 - MODELLO 4: legame rigido plastico incrudente asimmetrico
In questo caso abbiamo attribuito a compressione la Forza e lo Spostamento a trazione
ridotti del coefficiente χ funzione della snellezza dell'asta:
Fc = χ Ft
Uc = χ Ut
Per la stima del coefficiente χ valgono i medesimi calcoli svolti nel MODELLO 3:
χ = 0,9009
A.1.7.1 - Definizione del legame della cerniera
Si è utilizzato per la cerniera un legame rigido plastico incrudente asimmetrico partendo da
un legame costitutivo trilineare elastoplastico incrudente come in figura:
Figura A.10 - Legame costitutivo trilineare elastoplastico incrudente
Acciaio S 235 S 275 S 355
εh/εy 12,3 11 9,8
Es/Eh 37,5 41,8 48,2 Tabella A.15 - Parametri di incrudimento degli acciai
fy traz. = 235000 KN / m2
fy compr. = 211723,1 KN / m2
Es = 2,1E+08 KN / m2
Es / Eh = 37,5
Eh = 5600000 KN / m2
εy traz.= 0,0011 => 0,11 %
εy compr.= 0,0010 => 0,10 %
εu traz. = 0,05 => 5,00 %
(εu - εy)traz = 0,0489 => 4,89 %
εu compr. = 0,045 => 4,50 %
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APPENDICE A 223
(εu - εy)comp = 0,044 => 4,40 %
εu / εy = 44,68
εh/ εy = 12,3
εh traz. = 0,0138 => 1,38 %
εh compr. = 0,0124 => 1,24 %
L = 4 m
A = 0,005306 m2
fu traz. = 437920 KN / m2
fu compr. = 394543,7 KN / m2
Fu traz. = 2323,6 KN
Fu compr. = 2093,4 KN
spost.u traz. = 0,1955 m
spost.u compr. = 0,1762 m
Fy traz. = 1246,9 KN
Fy compr. = 1123,4 KN
spost.y traz. = 0,00448 m
spost.y compr. = 0,00403 m
Fh traz. = 1246,9 KN
Fh compr. = 1123,4 KN
spost.h traz. = 0,0506 m
spost.h compr. = 0,0456 m
Positivo Negativo
FORZA SF (KN) 1246,91 1123,40
SPOST. SF (m) 0,00448 0,00403 Tabella A.16 - Fattori di scala (SF)
Punto F/SF SPOST./SF
E- -1,8635 -43,68
D- -1,8635 -43,68
C- -1 -11,30
B- -1 0
A 0 0
B 1 0
C 1 11,30
D 1,8635 43,68
E 1,8635 43,68 Tabella A.17 - Valori del Legame FORZA-SPOSTAMENTO (adimens.)
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APPENDICE A 224
Grafico A.12 - Legame FORZA-SPOSTAMENTO (adimens.)
Punto F (KN) SPOST.(m)
E- -2093,45 -0,1762
D- -2093,45 -0,1762
C- -1123,4 -0,0456
B- -1123,4 0
A 0 0
B 1246,91 0
C 1246,91 0,0506
D 2323,60 0,1955
E 2323,60 0,1955 Tabella A.18 - Legame FORZA-SPOSTAMENTO
Grafico A.13 - Legame FORZA-SPOSTAMENTO
-2,5
-2
-1,5
-1
-0,5
0
0,5
1
1,5
2
2,5
-60,00 -40,00 -20,00 0,00 20,00 40,00 60,00
F/SF
Spost./SF
Legame FORZA-SPOSTAMENTO(adimens.)
-2500
-2000
-1500
-1000
-500
0
500
1000
1500
2000
2500
3000
-0,2 -0,1 0 0,1 0,2 0,3F (K
N)
Spost. (m)
Legame FORZA-SPOSTAMENTO
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_________________________________________________________________________
APPENDICE A 225
Si rispetta il limite ultimo in deformazioni:
Trazione (εu = 5%)
U1nodo (al limite di resistenza) = εu ∙ L = 0,05 ∙ 4 = 0,2 m
U1nodo (al limite elastico) = 0,00448 m
U1cerniera (al limite di resistenza) = 0,19552 m
U1nodo (al limite di resistenza) = U1cerniera (al limite di resistenza) + U1nodo (al limite elastico)
U1nodo (al limite di resistenza) = 0,19552 + 0,00448 = 0,2 m
Compressione (εu = 4,5%)
U1nodo (al limite di resistenza) = χ ∙ εu ∙ L = = 0,9 ∙ 0,05 ∙ 4 = 0,1802 m
U1nodo (al limite elastico) = 0,9 ∙ 0,00448 = 0,004 m
U1cerniera (al limite di resistenza) = 0,1762 m
U1nodo (al limite di resistenza) = U1cerniera (al limite di resistenza) + U1nodo (al limite elastico)
U1nodo (al limite di resistenza) = 0,1762 + 0,004 = 0,1802 m
La cerniera sopra definita è stata così riportata nel SAP:
Figura A.11 - Legame FORZA-SPOSTAMENTO definito nel SAP
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_________________________________________________________________________
APPENDICE A 226
A.1.7.2 - Risultati dell’analisi: CURVA DI CAPACITA’
Riportiamo nella tabella seguente i valori della reazione alla cerniera e dello spostamento al
carrello (nodo 2) ottenuti inseguito alla analisi Pushover svolta dal programma SAP:
Asta tesa Asta compressa
n° Step Reaz. alla cerniera U1 (nodo 2) Reaz. alla cerniera U1 (nodo 2)
(KN) (m) (KN) (m)
step 0 0 0 0 0
step 1 1246,8 0,00448 -1123,3 -0,00403
step 2 1246,8 0,05506 -1123,3 -0,04959
step 3 1970,3 0,15506 -1846,9 -0,14959
step 4 2323,4 0,20385 -2093,3 -0,18363
step 5 2323,4 0,20385 -2093,3 -0,18363
step 6 0,0 0,27893 0,0 -0,25953
step 7 464,7 0,28059 0,0 -0,35953
step 8 464,7 0,38059 -0,1 -0,45953
step 9 464,7 0,48059 -0,1 -0,55953
step 10 464,8 0,58059 -0,1 -0,65953
step 11 464,8 0,68059 -0,1 -0,75953
step 12 464,8 0,78059 -0,2 -0,85953
step 13 464,8 0,88059 -0,2 -0,95953
step 14 464,9 0,98059 -0,2 -1
step 15 464,9 1 Tabella A.19 - Valori della curva di capacità
Abbiamo ritenuto opportuno interrompere il grafico in corrispondenza di una reazione alla
cerniera nulla.
Grafico A.14 - Curva di capacità
-3000
-2000
-1000
0
1000
2000
3000
-0,3 -0,2 -0,1 0 0,1 0,2 0,3 0,4
Re
azio
ne
alla
ce
rnie
ra (
KN
)
Spostamento al carrello (m)
Asta tesa
Asta compressa
Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile
_________________________________________________________________________
APPENDICE A 227
In realtà abbiamo riscontrato una resistenza residua a trazione pari al 20% di quella a
snervamento che il programma SAP di default assegna
Grafico A.15 - Curva di capacità con resistenza residua
A.1.8 - MODELLO 5: legame secondo FEMA 356
In questo caso abbiamo attribuito a compressione la Forza e lo Spostamento a trazione
ridotti del coefficiente χ , funzione della snellezza dell'asta, determinato secondo EC 3:
Fc = χ Ft
Uc = χ Ut
Per la stima del coefficiente χ valgono i medesimi calcoli svolti nel MODELLO 3:
χ = 0,9009
A.1.8.1 - Definizione del legame della cerniera
Si è utilizzato per la cerniera un legame rigido plastico incrudente asimmetrico partendo da
un legame costitutivo elastoplastico incrudente come in figura:
Figura A.12 - Legame costitutivo elastoplastico incrudente [9]
-3000
-2000
-1000
0
1000
2000
3000
-0,4 -0,2 0 0,2 0,4 0,6 0,8 1 1,2
Re
azio
ne
alla
ce
rnie
ra (
KN
)
Spostamento al carrello (m)
Asta tesa
Asta compressa
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_________________________________________________________________________
APPENDICE A 228
La risposta lineare è descritta tra il punto A (componente scarica) ed il punto B di effettivo
snervamento. La pendenza da B a C è tipicamente una piccola percentuale (0-10%) della
pendenza elastica, ed è necessaria per rappresentare il fenomeno dell'incrudimento. Il punto
C ha una ordinata che rappresenta la resistenza ed un valore in ascissa uguale alla
deformazione alla quale inizia una significativa degradazione di resistenza. Dopo il punto D
la componente risponde con una sostanziale riduzione di resistenza sino al punto E. A
deformazioni più grandi del punto E la resistenza è nulla.
Sperimentalmente per la maggioranza dei casi si è riscontrato che per travi e colonne la
pendenza del tratto soggetto a incrudimento può essere assunta pari al 3% di quella elastica.
Seguiamo le indicazioni delle FEMA 356 per definire il legame della nostra cerniera
plastica assiale. I parametri di modellazione e il criterio di accettazione per le procedure non
lineari della sezione circolare cava considerata, soggetta a compressione e trazione, risultano
espressi nella tabella 5-7 delle FEMA 356:
Figura A.13 - Tabella 5-7 [9]
Abbiamo tre possibili casi a seconda del rapporto tra il diametro “d”e lo spessore “t” della
sezione circolare cava.
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APPENDICE A 229
Prima di tutto troviamo le grandezze di interesse ed esprimiamole nelle unità richieste dalle
FEMA:
d= 219,1 mm
d= 8,626 in
t= 8 mm
t= 0,315 in
fy= 235000 KN/m² => fy= 34,084 Kip/in²
A = 0,005306 m2
A = 8,2236 in
Fy= 1246,91 KN
Fy= 280,29 Kip
Adesso vediamo quale è il nostro caso:
𝑑
𝑡= 27,39
𝑑
𝑡>
1500
𝐹𝑦= 5,35 → non siamo nel caso 1
𝑑
𝑡>
6000
𝐹𝑦= 21,41 → siamo nel caso 2
I parametri di modellazione e il criterio di accettazione da considerare sono quelli del caso 2
evidenziati in figura:
Figura A.14 - Particolare della Tabella 5-7 [9]
Avendo ora a disposizione tutti i parametri necessari sia a trazione che a compressione è
possibile definire il legame della cerniera assiale:
fy = 235000 KN / m2
Es = 2,1E+08 KN / m2
εy = 0,00112 => 0,11 %
L = 4 m
A = 0,00531 m2
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APPENDICE A 230
Positivo Negativo
FORZA SF (KN) 1246,91 1123,40
SPOST. SF (m) 0,00448 0,00403 Tabella A.20 - Fattori di scala (SF)
Punto F/SF SPOST./SF
E- -0,2 -3
D- -0,2 -0,5
C- -1,015 -0,5
B- -1 0
A 0 0
B 1 0
C 1,33 11
D 0,8 11
E 0,8 14 Tabella A.21 - Valori del Legame FORZA-SPOSTAMENTO (adimens.)
Grafico A.16 - Legame FORZA-SPOSTAMENTO (adimens.)
Punto F (KN) SPOST.(m)
E- -224,7 -0,0121
D- -224,7 -0,0020
C- -1140,3 -0,0020
B- -1123,4 0
A 0,0 0
B 1246,9 0
C 1658,4 0,0492
D 997,5 0,0492
E 997,5 0,0627 Tabella A.22 - Legame FORZA-SPOSTAMENTO
-1,5
-1
-0,5
0
0,5
1
1,5
-5 0 5 10 15
F/SF
Spost./SF
Legame FORZA-SPOSTAMENTO (adimens.)
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APPENDICE A 231
Grafico A.17 - Legame FORZA-SPOSTAMENTO
Dal programma SAP è possibile definire una cerniera assiale secondo le FEMA 356
utilizzando il comando “auto”, tramite il quale è possibile accedere a dei modelli di cerniera
predefiniti.
Figura A.15 - Assegnazione “Auto” della cerniera
-1500
-1000
-500
0
500
1000
1500
2000
-0,02 0,00 0,02 0,04 0,06 0,08
F (K
N)
Spost. (m)
Legame FORZA-SPOSTAMENTO
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APPENDICE A 232
Figura A.16 - Proprietà cerniera
La cerniera così definita coincide con quella determinata da noi manualmente seguendo le
indicazioni impartite dalle FEMA.
A.1.8.2 - Risultati dell’analisi: CURVA DI CAPACITA’
Riportiamo nella tabella seguente i valori della reazione alla cerniera e dello spostamento al
carrello (nodo 2) ottenuti inseguito alla analisi Pushover svolta dal programma SAP:
Asta tesa Asta compressa
n° Step Reaz. alla cerniera U1 (nodo 2) Reaz. alla cerniera U1 (nodo 2)
(KN) (m) (KN) (m)
step 0 0 0 0 0
step 1 1246,8 0,00448 -1123,4 -0,00403
step 2 1658,2 0,05519 -1140,3 -0,00611
step 3 997,4 0,07654 -224,7 -0,03930
step 4 997,4 0,07654 -224,7 -0,03930
step 5 0,0 0,10877 0,0 -0,04745
step 6 199,5 0,10949 0,0 -0,14745
step 7 199,5 0,20949 -0,1 -0,24745
step 8 199,5 0,30949 -0,1 -0,34745
step 9 199,6 0,40949 -0,1 -0,44745
step 10 199,6 0,50949 -0,1 -0,54745
step 11 199,6 0,60949 -0,2 -0,64745
step 12 199,7 0,70949 -0,2 -0,74745
step 13 199,7 0,80949 -0,2 -0,84745
step 14 199,7 0,90949 -0,2 -0,94745
step 15 199,7 1 -0,3 -1 Tabella A.23 - Valori della curva di capacità
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APPENDICE A 233
Abbiamo ritenuto opportuno interrompere il grafico in corrispondenza di una reazione alla
cerniera nulla.
Grafico A.18 - Curva di capacità
In realtà abbiamo riscontrato una resistenza residua a trazione pari al 20% di quella a
snervamento che il programma SAP di default assegna.
Grafico A.19 - Curva di capacità con resistenza residua
-1500
-1000
-500
0
500
1000
1500
2000
-0,1 -0,05 0 0,05 0,1 0,15
Re
azio
ne
alla
ce
rnie
ra (
KN
)
Spostamento al carrello (m)
Asta tesa
Asta compressa
-1500
-1000
-500
0
500
1000
1500
2000
-0,2 0 0,2 0,4 0,6 0,8 1 1,2
Re
azio
ne
alla
ce
rnie
ra (
KN
)
Spostamento al carrello (m)
Asta tesa
Asta compressa
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APPENDICE A 234
A.2 - LUNGHEZZA E POSIZIONE DELLA CERNIERA PLASTICA ASSIALE
Studiamo una trave monodimensionale così composta:
Figura A.17 - Trave 1D
Elemento strutturale Profilo Materiale
Trave TUBO 219,1/8 S235 Tabella A.24 - Elemento costituente la trave 1D
A.2.1 - Materiale
Vale quello stabilito nel paragrafo “A.1.1 – Materiale”
A.2.2 - Cerniera plastica assiale
Il legame che usiamo per definire la cerniera plastica è un legame rigido-plastico con
comportamento simmetrico. I valori da inserire nel Sap2000 per definirlo sono valori
normalizzati, per cui ogni volta si inseriranno i valori di tensione e di deformazione
rapportati ai valori di snervamento.
Il punto necessario a definire il grafico è quello la cui ascissa definisce il rapporto tra la
deformazione ultima e la deformazione di snervamento dell’acciaio. In questo caso,
fissando per la cerniera una deformazione ultima del 5%, per gli elementi soggetti
prevalentemente a sforzi di trazione e compressione, si definisce in funzione del tipo di
acciaio utilizzato (S235), il valore del rapporto:
εu = 5%
εy = fy/Es = 0,112%
μ = εu/εy = 44,68
Tramite il comando “Drops to zero” si attribuisce alla cerniera una perdita di resistenza al di
là del punto “E”. La brusca perdita di resistenza è spesso irrealistica e potrebbe essere molto
difficile da analizzare. Per arrivare a convergenza il programma automaticamente limita la
pendenza negativa di una cerniera ad essere non più rigida del 10% della rigidezza elastica
dell’elemento contenente la cerniera stessa, come nel grafico 1.
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APPENDICE A 235
Grafico A.20 - Legame Forza-Spostamento adimensionalizzato
Come fattori di scala per le tensioni e le deformazioni usiamo quelli a snervamento, opzione
possibile solo nel caso dell’acciaio.
A.2.3 – Modello trave tesa
Figura 3 – Visualizzazione modello
A.2.3.1 - Caso con unica cerniera assiale al centro (x=0,5L) con R.L.=1
Si definisce la dimensione e la posizione della cerniera plastica:
3. Dimensione: poniamo una relative length = 1;
4. posizione: la cerniera è stata concentrata a metà lunghezza della trave.
Figura A.18 - Visualizzazione cerniera plastica
-1,5
-1
-0,5
0
0,5
1
1,5
-60 -50 -40 -30 -20 -10 0 10 20 30 40 50 60F/
SF
Spost./SF
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APPENDICE A 236
La figura 3 mostra tutte le grandezze relative alle proprietà della cerniera imposte da noi.
Figura A.19 - Tendina definizione cerniera plastica con comportamento simmetrico
Al termine dell’analisi i risultati riguardanti la cerniera plastica assiale definita sono:
Figura A.20 - Risultati della cerniera plastica ad inizio snervamento
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APPENDICE A 237
Figura A.21 - Risultati della cerniera plastica prima della perdita di resistenza
Figura A.22 - Tendina definizione cerniera plastica con comportamento simmetrico dopo l’analisi
Figura A.23 - Spostamento del nodo di controllo quando la cerniera plastica è ad inizio snervamento
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APPENDICE A 238
Figura A.24 - Spostamento del nodo di controllo quando la cerniera plastica è al limite di resistenza
Dalla lettura di questi risultati nascono i seguenti punti:
Il valore della forza che porta a snervamento la cerniera è evidenziato in fig.6 e
coincide correttamente con il fattore di scala della forza adottato dal programma in
fig.8.
Il valore dello spostamento del nodo di controllo che porta a snervamento la cerniera
è evidenziato in fig.9 e coincide correttamente con il fattore di scala dello
spostamento adottato dal programma in fig.8.
Il valore dello spostamento della cerniera prima della perdita di resistenza è
evidenziato in fig.7 e non coincide giustamente con quello del nodo di controllo in
fig.10 poiché a causa del suo legame rigido-plastico non può cogliere lo spostamento
elastico (fig.9):
U1nodo (al limite di resistenza) = U1cerniera (al limite di resistenza) + U1nodo (al limite elastico)
A.2.3.2 - Caso con doppia cerniera assiale a x=0L E x=1L con R.L.=0,5
Si definisce la dimensione e la posizione della cerniera plastica:
1. Dimensione: poniamo una relative length = 0,5;
2. posizione: la cerniera è stata concentrata ai due estremi della trave.
Figura A.25 - Visualizzazione cerniera plastica
La figura 12 mostra tutte le grandezze relative alle proprietà della cerniera imposte da noi.
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APPENDICE A 239
Figura A.26 - Tendina definizione cerniera plastica con comportamento simmetrico
Al termine dell’analisi i risultati riguardanti la cerniera plastica assiale definita sono:
Figura A.27 - Risultati della cerniera plastica ad inizio snervamento
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_________________________________________________________________________
APPENDICE A 240
Figura A.28 - Risultati della cerniera plastica prima della perdita di resistenza
Figura A.29 - Tendina definizione cerniera plastica con comportamento simmetrico dopo l’analisi
Figura A.30 - Spostamento del nodo di controllo quando la cerniera plastica è ad inizio snervamento
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_________________________________________________________________________
APPENDICE A 241
Figura A.31 - Spostamento del nodo di controllo quando la cerniera plastica è al limite di resistenza
Dalla lettura di questi risultati nascono i seguenti punti:
Il valore della forza che porta a snervamento la cerniera è evidenziato in fig.13 e
coincide correttamente con il fattore di scala della forza adottato dal programma in
fig.15.
Il valore dello spostamento del nodo di controllo che porta a snervamento la cerniera
è evidenziato in fig.16 ed è correttamente il doppio del fattore di scala dello
spostamento adottato dal programma in fig.15.
Il valore dello spostamento della cerniera prima della perdita di resistenza è
evidenziato in fig.14 e non coincide giustamente con quello del nodo di controllo in
fig.17 poiché a causa del suo legame rigido-plastico non può cogliere lo spostamento
elastico (fig.16):
U1nodo (al limite di resistenza) = 2*U1cerniera (al limite di resistenza) + U1nodo (al limite elastico)
A.2.3.3 - Caso con doppia cerniera assiale a x=0,25L E x=0,75L con R.L.=0,5
Si definisce la dimensione e la posizione della cerniera plastica:
1. Dimensione: poniamo una relative length = 0,5;
2. posizione: la cerniera è stata concentrata a 0,25 e 0,75 della lunghezza della trave.
Figura A.32 - Visualizzazione cerniera plastica
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APPENDICE A 242
La figura A.33 mostra tutte le grandezze relative alle proprietà della cerniera imposte da noi.
Figura A.33 - Tendina definizione cerniera plastica con comportamento simmetrico
Al termine dell’analisi i risultati riguardanti la cerniera plastica assiale definita sono:
Figura A.34 - Risultati della cerniera plastica ad inizio snervamento
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APPENDICE A 243
Figura A.35 - Risultati della cerniera plastica prima della perdita di resistenza
Figura A.36 - Tendina definizione cerniera plastica con comportamento simmetrico dopo l’analisi
Figura A.37 - Spostamento del nodo di controllo quando la cerniera plastica è ad inizio snervamento
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APPENDICE A 244
Figura A.38 - Spostamento del nodo di controllo quando la cerniera plastica è al limite di resistenza
Dalla lettura di questi risultati nascono i seguenti punti:
Il valore della forza che porta a snervamento la cerniera è evidenziato in fig.20 e
coincide correttamente con il fattore di scala della forza adottato dal programma in
fig.22.
Il valore dello spostamento del nodo di controllo che porta a snervamento la cerniera
è evidenziato in fig.23 ed è correttamente il doppio del fattore di scala dello
spostamento adottato dal programma in fig.22.
Il valore dello spostamento della cerniera prima della perdita di resistenza è
evidenziato in fig.21 e non coincide giustamente con quello del nodo di controllo in
fig.24 poiché a causa del suo legame rigido-plastico non può cogliere lo spostamento
elastico (fig.23):
U1nodo (al limite di resistenza) = 2*U1cerniera (al limite di resistenza) + U1nodo (al limite elastico)
A.2.3.4 - Confronto tra i 3 modelli
Abbiamo studiato tre modelli:
1. MODELLO 1: caso con unica cerniera assiale al centro (x=0,5L) con R.L.=1
2. MODELLO 2: caso con doppia cerniera assiale a x=0L E x=1L con R.L.=0,5
3. MODELLO 3: caso con doppia cerniera assiale a x=0,25L E x=0,75L con R.L.=0,5
Riportiamo i risultati significativi per il nostro scopo dei tre modelli:
MODELLO 1 P (KN) u1 cerniera (m) u1 cerniera tot (m) u1 nodo (m)
al limite elastico 1246,7976 0 0 0,00448
al limite a rottura 1246,8533 0,2 0,2 0,20447 Tabella A.25 - Risultati in termini di P e u del modello
MODELLO 2 P (KN) u1 cerniera (m) u1 cerniera tot (m) u1 nodo (m)
al limite elastico 1246,7976 0 0 0,00448
al limite a rottura 1246,8533 0,1 0,2 0,20447 Tabella A.26 - Risultati in termini di P e u del modello
MODELLO 3 P (KN) u1 cerniera (m) u1 cerniera tot (m) u1 nodo (m)
al limite elastico 1246,7976 0 0 0,00448
al limite a rottura 1246,8533 0,1 0,2 0,20447 Tabella A.27 - Risultati in termini di P e u del modello
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APPENDICE A 245
Riassumiamo in una sola tabella i risultati in termini di spostamenti utili per il confronto:
n° cerniere
L. relativa
u1 cerniera (m)
u1 cerniera tot (m)
u1 nodo snerv. (m)
u1 nodo rottura (m)
MODELLO 1
1 1 0,2 0,2 0,00448 0,20447
MODELLO 2
2 0,5 0,1 0,2 0,00448 0,20447
MODELLO 3
2 0,5 0,1 0,2 0,00448 0,20447
Tabella A.28 - Spostamenti u a confronto
Dai risultati si constata che:
1. lo spostamento plastico della singola cerniera è proporzionale alla lunghezza
relativa della stessa e quindi inversamente proporzionale al numero delle cerniere
assegnate;
2. lo spostamento plastico totale è lo stesso per tutti i modelli poiché risulta essere una
semplice somma dei contributi dati da ciascuna cerniera;
3. lo spostamento al limite elastico del nodo risulta uguale per tutti i modelli e ottenuto
dal tratto elastico del legame costitutivo del materiale;
4. lo spostamento al limite di resistenza del nodo risulta lo stesso per tutti i modelli e si
ottiene sommando lo spostamento plastico totale con lo spostamento al limite elastico
del nodo.
Grafico A.21 - Spostamenti u a confronto
A.2.3.5 - Conclusioni
La cerniera plastica è modellata come un punto discreto (cerniera concentrata). Tutte le
deformazioni plastiche avvengono all’interno della cerniera concentrata, questo significa
che si deve assumere una lunghezza per la cerniera sulla quale la deformazione o la
curvatura plastica è integrata.
Si può approssimare la plasticità che è distribuita sulla lunghezza dell’elemento tramite
l’inserimento di molte cerniere. Per esempio si potrebbero inserire 10 cerniere a posizioni
relative all’interno dell’elemento di 0.05, 0.15, 0.25, …, 0.95, ciascuna con proprietà di
deformazione basate su una lunghezza di cerniera assunta pari ad 1
10 della lunghezza
dell’elemento.
0,08
0,1
0,12
0,14
0,16
0,18
0,2
0,22
1 2 3
u (
m)
Modelli
u1 cerniera (m)
u1 cerniera tot (m)
u1 nodo rottura (m)
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APPENDICE A 246
A.3 - MODELLO TRAVE
Studiamo una trave monodimensionale così composta:
Figura A.39 - Trave 1D
Elemento strutturale Profilo Materiale
Trave TUBO 219,1/8 S235 Tabella A.29 - Elemento costituente la trave 1D
A.3.1 - Materiale
Vale quello stabilito nel paragrafo “A.1.1 – Materiale”
A.3.2 – Cerniera plastica assiale
Il legame che usiamo per definire la cerniera plastica invece è un legame rigido-plastico
con comportamento simmetrico. I valori da inserire nel Sap2000 per definirlo sono valori
normalizzati, per cui ogni volta si inseriranno i valori di tensione e di deformazione
rapportati ai valori di snervamento.
Il punto necessario a definire il grafico è quello la cui ascissa definisce il rapporto tra la
deformazione ultima e la deformazione di snervamento dell’acciaio. In questo caso,
fissando per la cerniera una deformazione ultima del 5%, per gli elementi soggetti
prevalentemente a sforzi di trazione e compressione, si definisce in funzione del tipo di
acciaio utilizzato (S235), il valore del rapporto:
εu = 5%
εy = fy/Es = 0,112%
μ = εu/εy = 44,68
Inseguito si definisce la dimensione e la posizione della cerniera plastica:
1. dimensione: essendo una cerniera a sforzo assiale ed essendo lo sforzo assiale
costante su tutta la lunghezza del controvento, essa potrà formarsi in qualsiasi parte
dell’elemento per cui porremo una relative length = 1;
2. posizione: la cerniera è stata concentrata a metà lunghezza dell’asta.
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APPENDICE A 247
Tramite il comando “Drops to zero” si attribuisce alla cerniera una perdita di resistenza al di
là del punto “E”. La brusca perdita di resistenza è spesso irrealistica e potrebbe essere molto
difficile da analizzare. Per arrivare a convergenza il programma automaticamente limita la
pendenza negativa di una cerniera ad essere non più rigida del 10% della rigidezza elastica
dell’elemento contenente la cerniera stessa, come nel grafico 1.
Grafico A.22 - Legame Forza-Spostamento adimensionalizzato
Come fattori di scala per le tensioni e le deformazioni usiamo quelli a snervamento, opzione
possibile solo nel caso dell’acciaio.
La figura 3 mostra tutte le grandezze, relative alle proprietà della cerniera, descritte
precedentemente.
Figura A.40 - Tendina definizione cerniera plastica con comportamento simmetrico
-1,5
-1
-0,5
0
0,5
1
1,5
-60 -50 -40 -30 -20 -10 0 10 20 30 40 50 60
F/SF
Spost./SF
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APPENDICE A 248
A.3.3 - Caso di analisi: PUSHOVER
Vale quello stabilito nel paragrafo “A.1.3 - Caso di analisi: PUSHOVER”.
A.3.4 - Modello trave tesa
Studiamo una trave monodimensionale così composta:
Figura A.41 - Trave 1D
Elemento strutturale Profilo L elemento (m) Materiale
Trave TUBO 219,1/8 4 S235 Tabella A.30 - Elemento costituente la trave 1D
A.3.4.1 - Risultati dell’analisi
Il profilo in acciaio utilizzato per la trave è riportato in tabella 4 con il rispettivo sforzo
assiale di trazione che porta allo snervamento della cerniera assiale:
PROFILO A(mm^2) fy(N/mm^2) Nt,lim(KN)
219,1x8 5306 235 1246,9
Tabella A.31 - Sforzo assiale limite
La formazione della cerniera plastica è mostrata in figura 8:
Figura A.42 - Deformata step1
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APPENDICE A 249
A questa deformata corrisponde tale diagramma di sollecitazione a sforzo assiale:
Figura A.43 - Diagramma dello sforzo assiale step1
Dallo stato di sollecitazione si evince come il limite a trazione sia stato raggiunto:
Nt= 1246,8 KN ≈ Nt,lim = 1246,9 KN
A.3.4.2 - Modelli trave tesa a confronto
Si è pensato di mettere a confronto il modello appena studiato con altri due modelli di trave
monodimensionale dove abbiamo cambiato la lunghezza dell’elemento.
I modelli esaminati sono riassunti in tabella:
Elemento strutturale Profilo L elemento (m) Materiale
Trave 1 TUBO 219,1/8 8 S235
Trave 2 TUBO 219,1/8 4 S235
Trave 3 TUBO 219,1/8 0,5 S235 Tabella A.32 - Caratteristiche dei 3 modelli a confronto
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APPENDICE A 250
A questo punto diagrammiamo lo sforzo assiale per i tre modelli in corrispondenza della
formazione della cerniera assiale:
Figura A.44 - Diagramma dello sforzo assiale della trave 1
Figura A.45 - Diagramma dello sforzo assiale della trave 2
Figura A.46 - Diagramma dello sforzo assiale della trave 3
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APPENDICE A 251
La Nt calcolata dal SAP2000 rimane costante al variare della lunghezza della trave e pari a
quella da noi determinata come mostrato dal punto di vista numerico in tabella 5 e visivo nel
grafico 2:
Npl (KN) Nt (KN) Nt (%) ΔNt (%)
N ( Trave 1 ) 1246,9 1246,8 100,0 0,0
N ( Trave 2 ) 1246,9 1246,8 100,0 0,0
N ( Trave 3 ) 1246,9 1246,8 100,0 0,0
Tabella A.33 - Nt delle travi studiate
Grafico A.23 - N di snervamento per le tre travi
A.3.4.3 - Curva di capacità Nel grafico 3 riportiamo la curva di capacità del modello trave al variare della sua
lunghezza.
Grafico A.24 - Curva di capacità trave tesa
1246,8 1246,8 1246,8 1246,8
N di snervamento (KN)
N ( Trave 1 ) N ( Trave 2 ) N ( Trave 3 ) Npl
0
200
400
600
800
1000
1200
1400
0 0,1 0,2 0,3 0,4 0,5 0,6
Re
azio
ne
alla
ce
rnie
ra (
KN
)
Spostamento al carrello (m)
Curva di Capacità
Trave 1
Trave 2
Trave 3
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APPENDICE A 252
Si riscontrano i risultati attesi:
1. La pendenza del primo tratto di ciascuna curva differisce dagli altri a causa di una
differente lunghezza della trave e quindi a causa di una differente rigidezza assiale
dell’elemento trave;
𝑢 = 𝜀 ∙ 𝐿 =∆𝐿
𝐿∙ 𝐿 = ∆𝐿
𝐾 =𝐹
𝑢=
𝜎 ∙ 𝐴
∆𝐿=
𝐸 ∙ 𝜀 ∙ 𝐴
∆𝐿=
𝐸 ∙ 𝐴
∆𝐿∙
∆𝐿
𝐿=
𝐸 ∙ 𝐴
𝐿 → 𝐹 =
𝐸 ∙ 𝐴
𝐿∙ ∆𝐿
La rigidezza assiale (K) è funzione solo della lunghezza della trave (L) poiché sia il
modulo di Young (E) che l’area della sezione (A) sono costanti e quindi i valori che
assumerà saranno:
E (KN/m2) A (m2) L (m) K (KN/m)
Trave 1 210000000 0,005306 8 139282,5
Trave 2 210000000 0,005306 4 278565
Trave 3 210000000 0,005306 0,5 2228520 Tabella A.34 - K delle travi studiate
Grafico A.25 - Rigidezza assiale in funzione della lunghezza della trave
2. Il primo tratto è elastico in quanto ancora non si ha la formazione della cerniera
plastica;
3. Il passaggio dal primo al secondo tratto è individuato dal punto in cui si ha la
formazione della cerniera plastica, punto nel quale si raggiunge la forza massima
uguale per tutte le travi ma diverso spostamento al limite elastico;
0
500000
1000000
1500000
2000000
2500000
0 2 4 6 8 10
K (
KN
/m)
L (m)
Trave 1
Trave 2
Trave 3
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APPENDICE A 253
𝐹 =𝐸 ∙ 𝐴
𝐿∙ ∆𝐿 → 𝑢 = ∆𝐿 =
𝐹 ∙ 𝐿
𝐸 ∙ 𝐴
E (KN/m2) A (m2) L (m) F (KN) uy (m)
Trave 1 210000000 0,005306 8 1246,8 0,00895
Trave 2 210000000 0,005306 4 1246,8 0,00448
Trave 3 210000000 0,005306 0,5 1246,8 0,00056 Tabella A.35 - Spostamenti al limite elastico delle travi studiate
Grafico A.26 - Spostamento al limite elastico in funzione della lunghezza della trave
4. Dopo la formazione della cerniera plastica segue un tratto orizzontale coerente con il
legame rigido-plastico non incrudente della cerniera;
5. Il passaggio dal secondo al terzo tratto è individuato dal punto in cui la cerniera
plastica ha una deformazione ultima del 5%;
𝑢 = 𝜀 ∙ 𝐿
εu (%) L (m) u (m)
Trave 1 5 8 0,4
Trave 2 5 4 0,2
Trave 3 5 0,5 0,025 Tabella A.36 - Spostamenti a εu =5% delle travi studiate
6. Il terzo e ultimo tratto ha una pendenza negativa che descrive la perdita di resistenza
della cerniera, ciò è coerente con il comando “Drops to zero” che attribuisce alla
cerniera una perdita di resistenza al di là del punto “E”.
0,0000
0,0015
0,0030
0,0045
0,0060
0,0075
0,0090
0,0105
0 2 4 6 8 10
u (
m)
L (m)
Trave 1
Trave 2
Trave 3
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APPENDICE A 254
A.4 - MODELLO TELAIO CONTROVENTATO 2D
Studiamo un telaio 2D così composto:
Figura A.47 - Telaio 2D
Elemento strutturale Profilo L elemento (m) Materiale
Colonna HE360M 4 S450
Trave IPE400 4 S355
Asta del controvento TUBO 219,1/8 5,65 S235 Tabella A.37 - Elementi costituenti il telaio 2D
A.4.1 - Materiale
In sede di progettazione si possono assumere convenzionalmente i seguenti valori nominali
delle proprietà dell’acciaio:
modulo elastico E = 210.000 N/mm²
modulo di elasticità trasversale G = E / [2 (1 + ν)] N/mm²
coefficiente di Poisson ν = 0,3
coefficiente di espansione termica lineare α = 12 x 10-6 per °C-1
(per temperature fino a 100 °C)
densità ρ = 7850 kg/m3
I tipi di acciaio utilizzati nel telaio preso in esame sono riportati in tabella 2:
ACCIAIO Ftk (N/mm^2) fyk(N/mm^2) gmo fyd(N/mm^2) Es(N/mm^2)
S235 360 235 1,05 223,8 210000
S355 510 355 1,05 338,1 210000
S450 550 440 1,05 419,0 210000
Tabella A.38 - Proprietà acciaio con t ≤ 40mm
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APPENDICE A 255
L’acciaio utilizzato per il sistema di controventamento è S235 al quale è stato dato un
legame elasto-plastico ed è stato così definito sul SAP2000:
deformazione di snervamento εy =0,112%
deformazione ultima εu =20%
Figura A.48 - Curva tensione-deformazione acciaio S235
A.4.2 – Cerniera plastica assiale nei controventi
Il legame che usiamo per definire la cerniera plastica invece è un legame rigido-plastico
con comportamento simmetrico. I valori da inserire nel Sap2000 per definirlo sono valori
normalizzati, per cui ogni volta si inseriranno i valori di tensione e di deformazione
rapportati ai valori di snervamento.
Il punto necessario a definire il grafico è quello la cui ascissa definisce il rapporto tra la
deformazione ultima e la deformazione di snervamento dell’acciaio. In questo caso,
fissando per la cerniera una deformazione ultima del 5%, per gli elementi soggetti
prevalentemente a sforzi di trazione e compressione, si definisce in funzione del tipo di
acciaio utilizzato (S235), il valore del rapporto:
εu = 5%
εy = fy/Es = 0,112%
μ = εu/εy = 44,68
La posizione scelta è all’inizio e alla fine dell’elemento solo per facilitare l’individuazione
dell’elemento corrispondente alla cerniera formatasi, particolarmente utile nel caso dei
controventi a croce di S. Andrea.
Detto ciò si definisce la dimensione e la posizione delle cerniere plastiche:
1. dimensione: essendo due cerniere a sforzo assiale ed essendo lo sforzo assiale
costante su tutta la lunghezza del controvento, esse potranno formarsi in qualsiasi
parte dell’elemento per cui porremo una relative length = 0,5;
2. posizione: le cerniere sono state concentrate a 0,25 e 0,75 della lunghezza dell’asta.
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APPENDICE A 256
Tramite il comando “Drops to zero” si attribuisce alla cerniera una perdita di resistenza al di
là del punto “E”. La brusca perdita di resistenza è spesso irrealistica e potrebbe essere molto
difficile da analizzare. Per arrivare a convergenza il programma automaticamente limita la
pendenza negativa di una cerniera ad essere non più rigida del 10% della rigidezza elastica
dell’elemento contenente la cerniera stessa, come nel grafico 1.
Grafico A.27 - Legame Forza-Spostamento adimensionalizzato
Come fattori di scala per le tensioni e le deformazioni usiamo quelli a snervamento, opzione
possibile solo nel caso dell’acciaio.
La figura 3 mostra tutte le grandezze, relative alle proprietà della cerniera, descritte
precedentemente.
Figura A.49 - Tendina definizione cerniera plastica con comportamento simmetrico
-1,5
-1
-0,5
0
0,5
1
1,5
-60 -50 -40 -30 -20 -10 0 10 20 30 40 50 60
F/SF
Spost./SF
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APPENDICE A 257
A.4.3 - Caso di analisi: PUSHOVER
Vale quello stabilito nel paragrafo “A.1.3 - Caso di analisi: PUSHOVER”.
A.4.4 - Risultati dell’analisi
Il profilo in acciaio utilizzato nella realizzazione del sistema di controventamento è riportato
in tabella 3 con i rispettivi sforzi assiali di trazione e compressione che portano allo
snervamento delle cerniere assiali:
PROFILI A(mm^2) fy(N/mm^2) Nt,lim(KN) Nc,lim(KN)
219,1x8 5306 223,8 1246,9 1246,9
Tabella A.39 - Sforzi assiali limite
La formazione delle prime cerniere plastiche nel controvento è mostrata in figura 8:
Figura A.50 - Deformata step1
A questa deformata corrisponde tale diagramma di sollecitazione a sforzo assiale:
Figura A.51 - Diagramma dello sforzo assiale step1
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APPENDICE A 258
Figura A.52 - Diagramma dello sforzo assiale step1 del controvento
Dallo stato di sollecitazione si evince come il limite a compressione da noi imposto non sia
stato raggiunto:
Nc= 949,66 KN < Nc,lim = 1246,9 KN => Nc,lim ≠ Nc,lim(SAP)
Nt= 775,24 KN < Nt,lim = 1246,9 KN
All’incremento monotono del carico si ha una evoluzione sulla formazione e sviluppo delle
cerniere plastiche descritto con il procedere degli steps.
In corrispondenza dello step 2 si ha la formazione delle cerniere plastiche anche nell’asta
tesa, come mostrato nel diagramma dello sforzo assiale in fig.11 e 12:
Figura A.53 - Diagramma dello sforzo assiale step 2
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APPENDICE A 259
Figura A.54 - Diagramma dello sforzo assiale step 2 del controvento
Dallo stato di sollecitazione si evince come il limite a trazione sia stato raggiunto:
Nc= 949,66 KN < Nc,lim = 1246,9 KN => Nc,lim ≠ Nc,lim(SAP)
Nt= 1246,8 KN ≈ Nt,lim = 1246,9 KN
Dai dati illustrati emerge che:
Nc,lim ≠ Nc,lim(SAP)
Nt,lim = Nt,lim(SAP)
A.4.5 - Modelli a confronto
Per fare chiarezza si è pensato di mettere a confronto il modello appena studiato con altri
due modelli di telaio 2D dove abbiamo cambiato le lunghezze degli elementi mantenendo
però tra loro le stesse proporzioni del modello di partenza.
MODELLO (H=8m; B=8m):
Elemento strutturale Profilo L elemento (m) Materiale
Colonna HE360M 8 S450
Trave IPE400 8 S355
Asta del controvento TUBO 219,1/8 11,3 S235 Tabella A.40 - Elementi costituenti il telaio 2D
MODELLO (H=0,5m; B=0,5m):
Elemento strutturale Profilo L elemento (m) Materiale
Colonna HE360M 0,5 S450
Trave IPE400 0,5 S355
Asta del controvento TUBO 219,1/8 0,71 S235 Tabella A.41 - Elementi costituenti il telaio 2D
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APPENDICE A 260
A questo punto diagrammiamo lo sforzo assiale per i tre modelli in corrispondenza della
formazione delle cerniere plastiche sia nell’asta compressa che in quella tesa:
Figura A.55 - Diagramma dello sforzo assiale del telaio 8x8m
Figura A.56 - Diagramma dello sforzo assiale del telaio 4x4m
Figura A.57 - Diagramma dello sforzo assiale del telaio 0,5x0,5m
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APPENDICE A 261
Riassumiamo nella tabella 6 i valori di sforzo normale che portano a snervamento l’asta
compressa dei diversi telai analizzati:
Telaio 2D Npl (KN) Nc (KN) Nc (%) ΔNc (%)
N (H=8m; B=8m) 1246,9 420,3 33,7 66,3
N (H=4m; B=4m) 1246,9 949,66 76,2 23,8
N (H=0,5m; B=0,5m) 1246,9 1241,5 99,6 0,4
Npl (teorico) 1246,9 1246,9 100,0 0,0
Tabella A.42 - Nc dei telai 2D studiati
Grafico A.28 - N di snervamento dell’asta compressa per i diversi telai
Grafico A.29 - ΔNc di snervamento dell’asta compressa per i diversi telai
420,3
949,66
1241,5 1246,9
Telaio 2D
N di snervamento dell'asta compressa
N (H=8m; B=8m) N (H=4m; B=4m) N (H=0,5m; B=0,5m) Npl
33,7
76,2
99,6 100,0
Telaio 2D
ΔN di snervamento dell'asta compressa
N (H=8m; B=8m) N (H=4m; B=4m) N (H=0,5m; B=0,5m) Npl
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APPENDICE A 262
Studiamo in particolare la relazione esistente tra la Npl dell’asta compressa e la lunghezza
Lc della medesima asta.
Telaio 2D Lc (m) Npl (KN)
H=8m; B=8m 11,3 420,3
H=4m; B=4m 5,7 949,66
H=0,5m; B=0,5m 0,7 1241,5
Tabella A.43 - Lc e Npl dei telai 2D studiati
Grafico A.30 - Npl di snervamento in funzione della L controvento
Si riscontra che all’aumentare della lunghezza dell’asta compressa del controvento la Npl
calcolata dal SAP2000 diminuisce pur non avendo introdotto le non linearità geometriche
(effetto P-Δ); per far convergere la Npl(SAP) al valore da noi determinato è stato necessario
considerare degli elementi molto corti, quindi notevolmente rigidi.
0
200
400
600
800
1000
1200
1400
0,0 2,0 4,0 6,0 8,0 10,0 12,0
Np
l (K
N)
L controvento (m)
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APPENDICE A 263
A.4.5.1 - Curva di capacità
La curva di capacità rappresenta in ordinata il taglio alla base e in ascissa lo spostamento
dell’ultimo piano che nel nostro caso lo approssimiamo con lo spostamento del nodo
evidenziato in figura:
Figura A.58 - Visualizzazione del nodo di controllo (nodo 2)
Nei grafici seguenti riportiamo la curva di capacità dei modelli messi a confronto:
Grafico A.31 - Curve di capacità dei primi due modelli
0
500
1000
1500
2000
2500
3000
3500
0 0,2 0,4 0,6 0,8 1 1,2 1,4
Tagl
io a
lla b
ase
(K
N)
Spostamento ultimo piano (m)
Curva di Capacità
H=8m; B=8m
H=4m; B=4m
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APPENDICE A 264
Entrando nello specifico delle tre curve di capacità avremo:
1. Curva di capacità del modello telaio (H=8m; B=8m)
Grafico A.32 - Curva di capacità e punti significativi
n° step Taglio alla base U1 (nodo 2) [KN] [m]
1 544,168 0,006402
2 1192,335 0,023189
4 1366,399 0,276296
7 1311,526 0,628288
9 1446,909 0,825149
12 798,369 1,160942 Tabella A.44 - Punti che definiscono la curva di capacità
I punti utili a definire la curva sono:
“step 1” dove si snervano le due cerniere dell'asta compressa;
“step 2” dove si snervano le due cerniere dell'asta tesa;
“step 4” dove le due cerniere dell'asta compressa raggiungono il limite a
rottura prima della perdita di resistenza;
“step 7” dove le due cerniere dell'asta compressa raggiungono la completa
perdita di resistenza;
“step 9” dove le due cerniere dell'asta tesa raggiungono il limite a rottura
prima della perdita di resistenza;
“step 12” dove le due cerniere dell'asta tesa raggiungono la completa perdita
di resistenza.
0
200
400
600
800
1000
1200
1400
1600
0 0,2 0,4 0,6 0,8 1 1,2 1,4
Tagl
io a
lla b
ase
(K
N)
Spostamento ultimo piano (m)
H=8m; B=8m
step 1
step 2
step 4
step 7
step 9
step 12
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APPENDICE A 265
2. Curva di capacità del modello telaio (H=4m; B=4m)
Grafico A.33 - Curva di capacità e punti significativi
n° step Taglio alla base U1 (nodo 2) [KN] [m]
1 1249,543 0,007246
2 1602,428 0,011656
5 3137,923 0,31286
6 3262,31 0,415331
7 2985,971 0,485219
8 2979,006 0,584369 Tabella A.45 - Punti che definiscono la curva di capacità
I punti utili a definire la curva sono:
“step 1” dove si snervano le due cerniere dell'asta compressa;
“step 2” dove si snervano le due cerniere dell'asta tesa;
“step 5” dove le due cerniere dell'asta compressa raggiungono il limite a
rottura prima della perdita di resistenza;
“step 6” dove le due cerniere dell'asta tesa raggiungono il limite a rottura
prima della perdita di resistenza;
“step 7” dove le due cerniere dell'asta compressa raggiungono la completa
perdita di resistenza;
“step 8” dove le due cerniere dell'asta tesa raggiungono la completa perdita di
resistenza.
0,00
500,00
1000,00
1500,00
2000,00
2500,00
3000,00
3500,00
0 0,1 0,2 0,3 0,4 0,5 0,6 0,7
Tagl
io a
lla b
ase
(K
N)
Spostamento ultimo piano (m)
H=4m; B=4m
step 1
step 2
step 5
step 6
step 7
step 8
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APPENDICE A 266
A.5 - BIBLIOGRAFIA
[9] FEMA (2000), “Prestandard and commentary for the seismic rehabilitation of
buildings”, Federal Emergency Management Agency-356, Washington D.C. (USA),
November 2000.
[25] EN 1993-1-1: 2005, “Eurocode 3 – Design of steel structures – Part 1-1: General rules
and rules for buildings”, Brussels, Maggio 2005.
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APPENDICE B 267
APPENDICE B – APPLICAZIONE DEL METODO N2 [26]
B.1 - INTRODUZIONE
Il metodo si articola nei seguenti punti:
1) Si realizza il modello strutturale non lineare del sistema a n-GDL e si definisce
l’azione sismica tramite gli spettri di risposta elastici in accelerazione e spostamento.
2) Domanda sismica per il sistema a 1-GDL nel formato AD dove Rμ=f(μ;T;Tc)
3) Si determina la curva di capacità del sistema reale a n-GDL
4) Si determinano le caratteristiche del sistema a 1-GDL a comportamento bilineare
equivalente
Figura B.1 - Sistema e diagramma bilineare equivalente [19]
La forza F* e lo spostamento d* del sistema equivalente sono legati alle corrispondenti
grandezze Fb e dc del sistema reale dalle relazioni:
F* = Fb / Γ
d* = dc / Γ
dove Γ è il “fattore di partecipazione modale” definito dalla relazione:
Γ = φT M τ / φT M φ
Il vettore τ è il vettore di trascinamento corrispondente alla direzione del sisma
considerata; il vettore φ è il modo di vibrare fondamentale del sistema reale
normalizzato; la matrice M è la matrice di massa del sistema reale.
5) Si determina la domanda sismica per il sistema a 1-GDL
6) Si determina la domanda sismica globale per il sistema a n-GDL
7) Valutazione della prestazione (capacità) tramite il Performance Point
-
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APPENDICE B 268
B.2 - MODELLO TELAIO REGOLARE IN ALTEZZA
Studiamo un telaio così composto:
Figura B.2 - Telaio 2D
Elemento strutturale Profilo L elemento (m) Materiale
Colonna HE300B 4 S355
Trave IPE200 4 S355 Tabella B.1 - Elementi costituenti il telaio 2D
B.2.1 - Materiale
In sede di progettazione si possono assumere convenzionalmente i seguenti valori nominali
delle proprietà dell’acciaio:
modulo elastico E = 210.000 N/mm²
modulo di elasticità trasversale G = E / [2 (1 + ν)] N/mm²
coefficiente di Poisson ν = 0,3
coefficiente di espansione termica lineare α = 12 x 10-6 per °C-1
(per temperature fino a 100 °C)
densità ρ = 7850 kg/m3
Il tipo di acciaio utilizzato nel telaio preso in esame è riportato in tabella:
ACCIAIO ftk (N/mm2) fyk(N/mm2) γmo fyd(N/mm2) Es(N/mm2)
S355 510 355 1,05 338,1 210000 Tabella B.2 - Proprietà acciaio con t ≤ 40mm
L’acciaio utilizzato per il telaio è S355 al quale è stato dato un legame elasto-plastico ed è
stato così definito:
deformazione di snervamento εy =0,169%
deformazione ultima εu =5%
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APPENDICE B 269
Grafico B.1 - Curva tensione-deformazione acciaio S355
B.2.2 - Modello telaio con cerniere secondo FEMA 356
B.2.2.1 - Trave: cerniera flessionale secondo FEMA 356
B.2.2.1.1 - Definizione del legame della cerniera
Si è utilizzato per la cerniera un legame rigido plastico incrudente partendo da un legame
costitutivo elastoplastico incrudente come in figura:
Figura B.3 - Legame costitutivo elastoplastico incrudente [9]
La risposta lineare è descritta tra il punto A (componente scarica) ed il punto B di effettivo
snervamento. La pendenza da B a C è tipicamente una piccola percentuale (0-10%) della
pendenza elastica, ed è necessaria per rappresentare il fenomeno dell’incrudimento. Il punto
C ha una ordinata che rappresenta la resistenza ed un valore in ascissa uguale alla
deformazione alla quale inizia una significativa degradazione di resistenza. Dopo il punto D
la componente risponde con una sostanziale riduzione di resistenza sino al punto E. A
deformazioni più grandi del punto E la resistenza è nulla.
Sperimentalmente per la maggioranza dei casi si è riscontrato che per travi e colonne la
pendenza del tratto soggetto a incrudimento può essere assunta pari al 3% di quella elastica.
Seguiamo le indicazioni delle FEMA 356 per definire il legame della nostra cerniera
plastica flessionale.
-600000
-400000
-200000
0
200000
400000
600000
-0,25 -0,15 -0,05 0,05 0,15 0,25
σ[K
N/m
2 ]
ε [-]
Legame σ-ε
Bilineare
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APPENDICE B 270
I parametri di modellazione e il criterio di accettazione per le procedure non lineari della
sezione IPE200 considerata, soggetta a flessione, risultano espressi nella tabella 5-6 delle
FEMA 356:
Figura B.4 - Tabella 5-6 [9]
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APPENDICE B 271
Abbiamo tre possibili casi a seconda della snellezza dell’anima e delle ali della sezione
IPE200.
Prima di tutto troviamo le grandezze di interesse ed esprimiamole nelle unità richieste dalle
FEMA:
bf = 100 mm
bf = 3,937 in
tf = 8,5 mm
tf = 0,3346 in
hw = 183 mm => hw = 7,2047 in
tw = 5,6 mm
tw = 0,2205 in
fy = 355000 KN/m²
Fye = 51,488 Kip/in²
Adesso vediamo quale è il nostro caso:
𝑏𝑓
2𝑡𝑓
= 5,88 𝑒 ℎ𝑤
𝑡𝑤
= 32,68
𝑏𝑓
2𝑡𝑓
<52
√𝐹𝑦𝑒
= 7,25 𝑒 ℎ𝑤
𝑡𝑤
<418
√𝐹𝑦𝑒
= 58,25 → siamo nel caso "a"
I parametri di modellazione e il criterio di accettazione da considerare sono quelli del caso
“a” evidenziati in figura:
Figura B.5 - Particolare della Tabella 5-6 [9]
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APPENDICE B 272
Rimane da definire la rotazione a snervamento θy, per fare ciò si seguono le indicazioni del
paragrafo 5.5.2.2.2 ( Procedura statica non lineare) delle FEMA 356.
Figura B.6 - Definizione della rotazione di corda [9]
Quando si prevede che il punto di flesso sia a metà lunghezza della trave allora per il calcolo
di θy è possibile usare questa equazione:
𝜃𝑦 =𝑍 𝐹𝑦𝑒 𝑙𝑏
6 𝐸 𝐼𝑏
Z = 0,00021 m3 Fye = 355000 KN/m²
lb = 4 m => θy = 0,0128
E = 2,1E+08 KN/m² Ib = 1,8E-05 m4
Dove:
Z = Modulo della sezione plastica;
Fye = Resistenza a snervamento attesa del materiale;
lb = Lunghezza della trave;
Ib = Momento di inerzia della trave;
E = Modulo di elasticità.
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APPENDICE B 273
Noto θy è possibile determinare i parametri di modellazione e i criteri di accettazione:
Criteri di accettazione
Parametri di modellazione primari secondari
a b c IO LS CP LS CP
0,1152 0,1408 0,6 0,0128 0,0768 0,1024 0,1152 0,1408 Tabella B.3 - Parametri di modellazione e criteri di accettazione [9]
Avendo ora a disposizione tutti i parametri necessari è possibile definire il legame della
cerniera flessionale:
𝑀𝑝𝑙 = 𝑍 𝐹𝑦𝑒
Mpl (KNm) 74,48
θy (-) 0,01280 Tabella B.4 - Fattori di scala (SF)
Punto M / Mpl θ / θy
E- -0,6 -11
D- -0,6 -9
C- -1,27 -9
B- -1 0
A 0 0
B 1 0
C 1,27 9
D 0,6 9
E 0,6 11 Tabella B.5 - Valori del Legame MOMENTO-ROTAZIONE (adimens.)
Grafico B.2 - Legame MOMENTO-ROTAZIONE (adimens.)
-1,5
-1
-0,5
0
0,5
1
1,5
-15 -10 -5 0 5 10 15
M /
Mp
l
θ / θy
Legame Momento-Rotazione (adimens.)
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_________________________________________________________________________
APPENDICE B 274
Punto M (KNm) θ (-)
E- -44,7 -0,1408
D- -44,7 -0,1152
C- -94,6 -0,1152
B- -74,5 0,0000
A 0,0 0,0000
B 74,5 0,0000
C 94,6 0,1152
D 44,7 0,1152
E 44,7 0,1408 Tabella B.6 - Valori del Legame MOMENTO-ROTAZIONE
Punto M (KNm) θ (-)
-IO -76,7 -0,0128
-LS -87,9 -0,0768
-CP -92,4 -0,1024
IO 76,7 0,0128
LS 87,9 0,0768
CP 92,4 0,1024 Tabella B.7 - Coordinate dei Criteri di Accettazione
Grafico B.3 - Legame MOMENTO-ROTAZIONE
-100
-75
-50
-25
0
25
50
75
100
-0,20 -0,15 -0,10 -0,05 0,00 0,05 0,10 0,15 0,20M (
KN
m)
θ (-)
Legame Momento-Rotazione
IO
LS
CP
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_________________________________________________________________________
APPENDICE B 275
La cerniera flessionale così definita è stata inserita manualmente nel programma di calcolo
SAP2000:
Figura B.7 - Tipo di cerniera (SAP2000)
Figura B.8 - Proprietà cerniera (SAP2000)
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_________________________________________________________________________
APPENDICE B 276
B.2.2.2 - Colonna: cerniera presso-flessionale FEMA 356
B.2.2.2.1 - Dominio di interazione
Il primo passo sarà quello di calcolare il dominio di interazione P-M per la sezione
considerata; tale dominio lo si otterrà secondo NTC-08 e FEMA-356 e sarà poi definito nel
programma SAP2000.
Dominio di interazione N-M secondo NTC-08
Riassumiamo le grandezze di interesse della colonna:
Elemento strutturale Profilo L (m) Materiale A (cm2) Wpl,y(cm3) Npl(KN) Mpl,y,Rd(KNm)
Colonna HE300B 4 S355 142,82 1790,47 5070,1 635,6 Tabella B.8 - Grandezze della colonna
Per sezioni a doppio T di classe 1-2 doppiamente simmetriche, soggette a presso o tenso
flessione si ha:
1. Nel piano dell’anima:
𝑀𝑁,𝑦,𝑅𝑑 = 𝑀𝑝𝑙,𝑦,𝑅𝑑
(1 − 𝑛)
(1 − 0,5𝑎)≤ 𝑀𝑝𝑙,𝑦,𝑅𝑑
2. Nel piano delle ali:
a) 𝑀𝑁,𝑧,𝑅𝑑 = 𝑀𝑝𝑙,𝑧,𝑅𝑑 𝑝𝑒𝑟 𝑛 ≤ 𝑎
b) 𝑀𝑁,𝑧,𝑅𝑑 = 𝑀𝑝𝑙,𝑧,𝑅𝑑 [1 − (𝑛−𝑎
1−𝑎)
2
] 𝑝𝑒𝑟 𝑛 > 𝑎
Dove: 𝑛 =𝑁𝐸𝑑
𝑁𝑝𝑙,𝑅𝑑 ; 𝑎 =
(𝐴−2𝑏 𝑡𝑓)
𝐴≤ 0,5 𝑐𝑜𝑛 {
𝐴 = area lorda della sezione𝑏 = 𝑙𝑎𝑟𝑔ℎ𝑒𝑧𝑧𝑎 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑒 𝑎𝑙𝑖𝑡𝑓 = 𝑠𝑝𝑒𝑠𝑠𝑜𝑟𝑒 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑒 𝑎𝑙𝑖
Per il nostro telaio 2D si avrà soltanto il caso “1”.
L’ultimo parametro necessario rimane il coefficiente di instabilità χ:
χ = 0,8257
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_________________________________________________________________________
APPENDICE B 277
A questo punto abbiamo tutti i parametri per definire il dominio di interazione N-M3:
Grafico B.4 – Dominio N-M3
Dominio di interazione P-M secondo FEMA-356
Riassumiamo le grandezze di interesse della colonna:
Elemento strutturale Profilo L (m) Materiale Ag (cm2) Z (cm3) Pye (KN) Z Fye (KNm)
Colonna HE300B 4 S355 142,82 1790,47 5070,1 635,6 Tabella B.9 - Grandezze della colonna
La resistenza flessionale attesa per l’elemento colonna sarà:
𝑀𝑝𝑙 = 1,18 𝑍 𝐹𝑦𝑒 (1 −𝑃
𝑃𝑦𝑒
) ≤ 𝑍 𝐹𝑦𝑒
Dove:
Z = Modulo della sezione plastica;
Fye = Resistenza a snervamento attesa del materiale;
P = Forza assiale nel membro allo spostamento fissato per l’analisi statica non
lineare;
Pye = Forza assiale a snervamento attesa nel membro = Ag · Fye ;
Ag = Area lorda della sezione orizzontale.
L’ultimo parametro necessario rimane il coefficiente di instabilità χ = 0,8257
-6000
-4000
-2000
0
2000
4000
6000
-800,0 -600,0 -400,0 -200,0 0,0 200,0 400,0 600,0 800,0N[K
N]
M [KN m]
INTERAZIONE N-M3
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_________________________________________________________________________
APPENDICE B 278
A questo punto abbiamo tutti i parametri per definire il dominio di interazione N-M3:
Grafico B.5 - Dominio N-M3
Con il programma SAP2000 è possibile definire tale dominio, con l’unica accortezza di
accertare la convessità della curva stessa.
Figura B.9 - Definizione della curva di interazione N-M3
-6000
-4000
-2000
0
2000
4000
6000
-800,0 -600,0 -400,0 -200,0 0,0 200,0 400,0 600,0 800,0N[K
N]
M [KN m]
INTERAZIONE N-M3
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_________________________________________________________________________
APPENDICE B 279
Grafico B.6 - Confronto FEMA-356 / SAP2000
Confronto tra NTC-08 e FEMA-356
A parità di coefficiente di instabilità abbiamo trovato queste due curve di interazione P-M:
Grafico B.7 - Confronto NTC-08 / FEMA-356
-6000
-4000
-2000
0
2000
4000
6000
-800,0 -600,0 -400,0 -200,0 0,0 200,0 400,0 600,0 800,0N[K
N]
M [KN m]
INTERAZIONE N-M3
FEMA 356
SAP2000
-6000
-4000
-2000
0
2000
4000
6000
-800,0 -600,0 -400,0 -200,0 0,0 200,0 400,0 600,0 800,0N[K
N]
M [KN m]
INTERAZIONE N-M3
NTC-2008
FEMA 356
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APPENDICE B 280
I due domini sono quasi equivalenti, in particolare quello secondo NTC-08 risulta più
cautelativo.
B.2.2.1.2 - Definizione del legame della cerniera
Si è utilizzato per la cerniera un legame rigido plastico incrudente partendo da un legame
costitutivo elastoplastico incrudente come in figura:
Figura B.10 - Legame costitutivo elastoplastico incrudente [9]
La risposta lineare è descritta tra il punto A (componente scarica) ed il punto B di effettivo
snervamento. La pendenza da B a C è tipicamente una piccola percentuale (0-10%) della
pendenza elastica, ed è necessaria per rappresentare il fenomeno dell'incrudimento. Il punto
C ha una ordinata che rappresenta la resistenza ed un valore in ascissa uguale alla
deformazione alla quale inizia una significativa degradazione di resistenza. Dopo il punto D
la componente risponde con una sostanziale riduzione di resistenza sino al punto E. A
deformazioni più grandi del punto E la resistenza è nulla.
Sperimentalmente per la maggioranza dei casi si è riscontrato che per travi e colonne la
pendenza del tratto soggetto a incrudimento può essere assunta pari al 3% di quella elastica.
Seguiamo le indicazioni delle FEMA 356 per definire il legame della nostra cerniera
plastica presso/tenso-flessionale.
I parametri di modellazione e il criterio di accettazione per le procedure non lineari della
sezione HE300B considerata, soggetta sia a sforzo normale che a flessione, risultano
espressi nella tabella 5-6 delle FEMA 356 in funzione prima di tutto del rapporto fra lo
sforzo normale agente P e il più piccolo valore di capacità a compressione assiale PCL. Le
FEMA-356 per un’analisi Pushover in controllo di spostamento impongono due campi
all’interno dei quali può variare il valore dello sforzo assiale agente P:
1. P/PCL < 0,2
2. 0,2 < P/PCL <0,5
Il programma SAP2000 consiglia l’utilizzo di almeno tre curve momento rotazione per
definire il legame di una cerniera presso/tenso-flessionale secondo FEMA-356 capace di
considerare la variabilità dello sforzo assiale. In base ai campi sopra definiti si troveranno
questi sforzi assiali:
PCL = χ Ag Fye = -4186,4 KN
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APPENDICE B 281
for 0,2 < P/PCL < 0,5
for P/PCL < 0,2
P/PCL [-] P [KN]
P/PCL [-] P [KN]
0,5 -2093,195
0,2 -837,278
0,499994 -2093,168
0,199997 -837,267
0,200997 -841,4534
0,2 -837,278
Tabella B.10 - Sforzi assiali caratteristici dei due campi
In corrispondenza dei tre sforzi assiali caratteristici determinati troviamo tre punti del
dominio di interazione N-M3 e quindi siamo capaci di delimitare i due campi di interesse.
for 0,2 < P/PCL < 0,5
for P/PCL < 0,2
P / PCL = 0,4999
P / PCL = 0,1999
N M
N M
[KN] [KN m]
[KN] [KN m]
0 0
0 0
-2093,1680 353,4772
-837,2670 565,5581
P / PCL = 0,2009
N M
[KN] [KN m]
0 0
-841,4534 564,8512
Tabella B.11 - Punti caratteristici dei due campi del dominio P-M
Grafico B.8 - Visualizzazione dei due campi di interesse
-4500
-4000
-3500
-3000
-2500
-2000
-1500
-1000
-500
0
0 200 400 600 800
N[KN]
M [KN m]
INTERAZIONE N-M3
P / PCL = 0,4999
P / PCL = 0,2009
P / PCL = 0,1999
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APPENDICE B 282
CURVA 1
P = -2093,168 KN => P/PCL = 0,4999 => 0,2 < 0,4999 < 0,5
Figura B.11 - Tabella 5-6 [9]
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APPENDICE B 283
Abbiamo tre possibili casi a seconda della snellezza dell’anima e delle ali della sezione
HE300B. Prima di tutto troviamo le grandezze di interesse ed esprimiamole nelle unità
richieste dalle FEMA:
bf = 300 mm
bf = 11,811 in
tf = 19 mm
tf = 0,748 in
hw = 262 mm => hw = 10,315 in
tw = 11 mm
tw = 0,4331 in
fy = 355000 KN/m²
Fye = 51,488 Kip/in²
Adesso vediamo quale è il nostro caso:
𝑏𝑓
2𝑡𝑓
= 7,89 𝑒 ℎ𝑤
𝑡𝑤
= 23,82
𝑏𝑓
2𝑡𝑓
>52
√𝐹𝑦𝑒
= 7,25 𝑒 ℎ𝑤
𝑡𝑤
<260
√𝐹𝑦𝑒
= 36,23 → non siamo nel caso "a"
𝑏𝑓
2𝑡𝑓
<65
√𝐹𝑦𝑒
= 9,06 𝑜 ℎ𝑤
𝑡𝑤
<400
√𝐹𝑦𝑒
= 55,74 → non siamo nel caso "b"
I parametri di modellazione e il criterio di accettazione da considerare sono quelli del caso
“c” evidenziati in figura, ottenuti tramite interpolazione lineare tra i valori del caso “a” e
“b” per entrambe le snellezze della flangia (primo termine) e dell’anima (secondo termine),
e dovrebbe essere usato il valore risultante più basso:
Figura B.12 - Particolare della Tabella 5-6 [9]
_3: Plastic rotation = 11 (1-1,7 P/PCL) θy = 1,65 θy
_4: Plastic rotation = 17 (1-1,7 P/PCL) θy = 2,55 θy
_5: Plastic rotation = 8 (1-1,7 P/PCL) θy = 1,20 θy
_6: Plastic rotation = 14 (1-1,7 P/PCL) θy = 2,10 θy
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_________________________________________________________________________
APPENDICE B 284
Adesso interpoliamo sia per la snellezza delle ali che per quella dell’anima e poi prendiamo
il valore minore per ciascun parametro di modellazione e criterio di accettazione:
snellezza ali
Caso a Caso c Caso b
a / θy 1,65 1,42 1,00 b / θy 2,55 2,17 1,50 LS / θy 1,20 0,95 0,50
Caso c
CP / θy 1,65 1,35 0,80
a / θy 1,42
=> b / θy 2,17
snellezza anima
LS / θy 0,95
Caso a Caso c Caso b
CP / θy 1,35
a / θy 1,65 2,06 1,00
b / θy 2,55 3,22 1,50
LS / θy 1,20 1,65 0,50 CP / θy 1,65 2,19 0,80
Tabella B.12 - Valori ottenuti mediante interpolazione lineare
Rimane da definire la rotazione a snervamento θy, per fare ciò si seguono le indicazioni del
paragrafo 5.5.2.2.2 ( Procedura statica non lineare) delle FEMA 356.
Figura B.13 - Definizione della rotazione di corda [9]
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_________________________________________________________________________
APPENDICE B 285
Quando si prevede che il punto di flesso sia a metà lunghezza della colonna allora per il
calcolo di θy è possibile usare questa equazione:
𝜃𝑦 =𝑍 𝐹𝑦𝑒 𝑙𝑐
6 𝐸 𝐼𝑐
(1 −𝑃
𝑃𝑦𝑒
)
Z = 0,0017905 m3 Fye = 355000 KN/m² lc = 4 m E = 210000000 KN/m² => θy = 0,005
Ic = 0,0002419 m4 P = 2093,168 KN
Pye = 5070,11 KN
Dove:
Z = Modulo della sezione plastica;
Fye = Resistenza a snervamento attesa del materiale;
lc = Lunghezza della colonna;
Ic = Momento di inerzia della colonna;
E = Modulo di elasticità;
P = Forza assiale nel membro allo spostamento fissato per l’analisi statica non
lineare;
Pye = Forza assiale a snervamento attesa del membro = Ag · Fye ;
Ag = Area lorda della sezione orizzontale.
Noto θy è possibile determinare i parametri di modellazione e i criteri di accettazione:
Criteri di accettazione
Parametri di modellazione primari secondari
a b C IO LS CP LS CP
0,0069 0,0107 0,2 0,0012 0,0047 0,0066 - - Tabella B.13 - Parametri di modellazione e criteri di accettazione [9]
Avendo ora a disposizione tutti i parametri necessari è possibile definire il legame della
cerniera presso/tenso-flessionale:
𝑀𝑝𝑙 = 1,18 𝑍 𝐹𝑦𝑒 (1 −𝑃
𝑃𝑦𝑒
) ≤ 𝑍 𝐹𝑦𝑒
Mpl (KNm) 440,38
θy (-) 0,00490 Tabella B.14 - Fattori di scala (SF)
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_________________________________________________________________________
APPENDICE B 286
Punto M / Mpl θ / θy
A 0 0
B 1 0
C 1,04 1,42
D 0,2 1,42
E 0,2 2,17 Tabella B.15 - Valori del Legame MOMENTO-ROTAZIONE (adimens.)
Grafico B.9 - Legame MOMENTO-ROTAZIONE (adimens.)
Punto M (KNm) θ (-)
A 0,0 0,0000
B 440,4 0,0000
C 459,1 0,0069
D 88,1 0,0069
E 88,1 0,0107 Tabella B.16 - Valori del Legame MOMENTO-ROTAZIONE
Punto M (KNm) θ (-)
IO 443,7 0,0012
LS 452,9 0,0047
CP 458,2 0,0066 Tabella B.17 - Coordinate dei Criteri di Accettazione
0
0,2
0,4
0,6
0,8
1
1,2
0 0,5 1 1,5 2 2,5
M /
Mp
l
θ / θy
Legame MOMENTO-ROTAZIONE
Legame Momento-Rotazione (adimens.)
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_________________________________________________________________________
APPENDICE B 287
Grafico B.10 - Legame MOMENTO-ROTAZIONE
0
50
100
150
200
250
300
350
400
450
500
0,000 0,002 0,004 0,006 0,008 0,010 0,012
M (
KN
m)
θ (-)
Legame MOMENTO-ROTAZIONE
Legame Momento-Rotazione
IO
LS
CP
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_________________________________________________________________________
APPENDICE B 288
CURVA 2
P = -841,453 KN => P/PCL = 0,2009 => 0,2 < 0,2009 < 0,5
Figura B.14 - Tabella 5-6 [9]
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_________________________________________________________________________
APPENDICE B 289
Abbiamo tre possibili casi a seconda della snellezza dell’anima e delle ali della sezione
HE300B. Prima di tutto troviamo le grandezze di interesse ed esprimiamole nelle unità
richieste dalle FEMA:
bf = 300 mm
bf = 11,811 in
tf = 19 mm
tf = 0,748 in
hw = 262 mm => hw = 10,315 in
tw = 11 mm
tw = 0,4331 in
fy = 355000 KN/m²
Fye = 51,488 Kip/in²
Adesso vediamo quale è il nostro caso:
𝑏𝑓
2𝑡𝑓
= 7,89 𝑒 ℎ𝑤
𝑡𝑤
= 23,82
𝑏𝑓
2𝑡𝑓
>52
√𝐹𝑦𝑒
= 7,25 𝑒 ℎ𝑤
𝑡𝑤
<260
√𝐹𝑦𝑒
= 36,23 → non siamo nel caso "a"
𝑏𝑓
2𝑡𝑓
<65
√𝐹𝑦𝑒
= 9,06 𝑜 ℎ𝑤
𝑡𝑤
<400
√𝐹𝑦𝑒
= 55,74 → non siamo nel caso "b"
I parametri di modellazione e il criterio di accettazione da considerare sono quelli del caso
“c” evidenziati in figura, ottenuti tramite interpolazione lineare tra i valori del caso “a” e
“b” per entrambe le snellezze della flangia (primo termine) e dell’anima (secondo termine),
e dovrebbe essere usato il valore risultante più basso:
Figura B.15 - Particolare della Tabella 5-6 [9]
_3: Plastic rotation = 11 (1-1,7 P/PCL) θy = 7,24 θy
_4: Plastic rotation = 17 (1-1,7 P/PCL) θy = 11,19 θy
_5: Plastic rotation = 8 (1-1,7 P/PCL) θy = 5,27 θy
_6: Plastic rotation = 14 (1-1,7 P/PCL) θy = 9,22 θy
Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile
_________________________________________________________________________
APPENDICE B 290
Adesso interpoliamo sia per la snellezza delle ali che per quella dell’anima e poi prendiamo
il valore minore per ciascun parametro di modellazione e criterio di accettazione:
snellezza ali
Caso a Caso c Caso b
a / θy 7,24 5,01 1,00 b / θy 11,19 7,73 1,50 LS / θy 5,27 3,56 0,50
Caso c
CP / θy 7,24 4,94 0,80
a / θy 5,01
=> b / θy 7,73
snellezza anima
LS / θy 3,56
Caso a Caso c Caso b
CP / θy 4,94
a / θy 7,24 11,21 1,00
b / θy 11,19 17,36 1,50
LS / θy 5,27 8,30 0,50 CP / θy 7,24 11,34 0,80
Tabella B.18 – Valori ottenuti mediante interpolazione lineare
Rimane da definire la rotazione a snervamento θy, per fare ciò si seguono le indicazioni del
paragrafo 5.5.2.2.2 ( Procedura statica non lineare) delle FEMA 356.
Figura B.16 - Definizione della rotazione di corda [9]
Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile
_________________________________________________________________________
APPENDICE B 291
Quando si prevede che il punto di flesso sia a metà lunghezza della colonna allora per il
calcolo di θy è possibile usare questa equazione:
𝜃𝑦 =𝑍 𝐹𝑦𝑒 𝑙𝑐
6 𝐸 𝐼𝑐
(1 −𝑃
𝑃𝑦𝑒
)
Z = 0,0017905 m3 Fye = 355000 KN/m² lc = 4 m E = 210000000 KN/m² => θy = 0,007
Ic = 0,0002419 m4 P = 841,453 KN
Pye = 5070,11 KN
Dove:
Z = Modulo della sezione plastica;
Fye = Resistenza a snervamento attesa del materiale;
lc = Lunghezza della colonna;
Ic = Momento di inerzia della colonna;
E = Modulo di elasticità;
P = Forza assiale nel membro allo spostamento fissato per l’analisi statica non
lineare;
Pye = Forza assiale a snervamento attesa del membro = Ag · Fye ;
Ag = Area lorda della sezione orizzontale.
Noto θy è possibile determinare i parametri di modellazione e i criteri di accettazione:
Criteri di accettazione
Parametri di modellazione primari secondari
a b C IO LS CP LS CP
0,0349 0,0538 0,2 0,0017 0,0248 0,0344 - - Tabella B.19 - Parametri di modellazione e criteri di accettazione [9]
Avendo ora a disposizione tutti i parametri necessari è possibile definire il legame della
cerniera presso/tenso-flessionale:
𝑀𝑝𝑙 = 1,18 𝑍 𝐹𝑦𝑒 (1 −𝑃
𝑃𝑦𝑒
) ≤ 𝑍 𝐹𝑦𝑒
Mpl (KNm) 625,551
θy (-) 0,007 Tabella B.20 - Fattori di scala (SF)
Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile
_________________________________________________________________________
APPENDICE B 292
Punto M / Mpl θ / θy
A 0 0
B 1 0
C 1,15 5,01
D 0,2 5,01
E 0,2 7,73 Tabella B.21 - Valori del Legame MOMENTO-ROTAZIONE (adimens.)
Grafico B.11 - Legame MOMENTO-ROTAZIONE (adimens.)
Punto M (KNm) θ (-)
A 0,0 0,0000
B 625,6 0,0000
C 719,6 0,0349
D 125,1 0,0349
E 125,1 0,0538 Tabella B.22 - Valori del Legame MOMENTO-ROTAZIONE
Punto M (KNm) θ (-)
IO 630,2 0,0017
LS 692,4 0,0248
CP 718,2 0,0344 Tabella B.23 - Coordinate dei Criteri di Accettazione
0
0,2
0,4
0,6
0,8
1
1,2
1,4
0 2 4 6 8 10
M /
Mp
l
θ / θy
Legame MOMENTO-ROTAZIONE
Legame Momento-Rotazione (adimens.)
Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile
_________________________________________________________________________
APPENDICE B 293
Grafico B.12 – Legame MOMENTO-ROTAZIONE
0
100
200
300
400
500
600
700
800
0,00 0,01 0,02 0,03 0,04 0,05 0,06
M (
KN
m)
θ (-)
Legame MOMENTO-ROTAZIONE
Legame Momento-Rotazione
IO
LS
CP
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APPENDICE B 294
CURVA 3
P = -837,267 KN => P/PCL = 0,1999 < 0,2
Figura B.17 - Tabella 5-6 [9]
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APPENDICE B 295
Abbiamo tre possibili casi a seconda della snellezza dell’anima e delle ali della sezione
HE300B. Prima di tutto troviamo le grandezze di interesse ed esprimiamole nelle unità
richieste dalle FEMA:
bf = 300 mm
bf = 11,811 in
tf = 19 mm
tf = 0,748 in
hw = 262 mm => hw = 10,315 in
tw = 11 mm
tw = 0,4331 in
d = 300 mm
d = 11,811 in
fy = 355000 KN/m²
Fye = 51,488 Kip/in²
Adesso vediamo quale è il nostro caso:
𝑏𝑓
2𝑡𝑓
= 7,89 𝑒 ℎ𝑤
𝑡𝑤
= 23,82
𝑏𝑓
2𝑡𝑓
>52
√𝐹𝑦𝑒
= 7,25 𝑒 ℎ𝑤
𝑡𝑤
<300
√𝐹𝑦𝑒
= 41,81 → non siamo nel caso "a"
𝑑𝑏𝑓
2𝑡𝑓
= 93,24
𝑑𝑏𝑓
2𝑡𝑓
>65
√𝐹𝑦𝑒
= 9,06 𝑜 ℎ𝑤
𝑡𝑤
<460
√𝐹𝑦𝑒
= 64,11 → siamo nel caso "b"
I parametri di modellazione e il criterio di accettazione da considerare sono quelli del caso
“b” evidenziati in figura:
Figura B.18 - Particolare della Tabella 5-6 [9]
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APPENDICE B 296
Rimane da definire la rotazione a snervamento θy, per fare ciò si seguono le indicazioni del
paragrafo 5.5.2.2.2 ( Procedura statica non lineare) delle FEMA 356.
Figura B.19 - Definizione della rotazione di corda [9]
Quando si prevede che il punto di flesso sia a metà lunghezza della colonna allora per il
calcolo di θy è possibile usare questa equazione:
𝜃𝑦 =𝑍 𝐹𝑦𝑒 𝑙𝑐
6 𝐸 𝐼𝑐
(1 −𝑃
𝑃𝑦𝑒
)
Z = 0,0017905 m3 Fye = 355000 KN/m² lc = 4 m E = 210000000 KN/m² => θy = 0,007
Ic = 0,0002419 m4 P = 837,267 KN
Pye = 5070,11 KN
Dove:
Z = Modulo della sezione plastica;
Fye = Resistenza a snervamento attesa del materiale;
lc = Lunghezza della colonna;
Ic = Momento di inerzia della colonna;
E = Modulo di elasticità;
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APPENDICE B 297
P = Forza assiale nel membro allo spostamento fissato per l’analisi statica non
lineare;
Pye = Forza assiale a snervamento attesa del membro = Ag · Fye ;
Ag = Area lorda della sezione orizzontale.
Noto θy è possibile determinare i parametri di modellazione e i criteri di accettazione:
Criteri di accettazione
Parametri di modellazione primari secondari
a b c IO LS CP LS CP
0,02786 0,0418 0,2 0,0017 0,0139 0,0209 0,0209 0,0279 Tabella B.24 - Parametri di modellazione e criteri di accettazione [9]
Avendo ora a disposizione tutti i parametri necessari è possibile definire il legame della
cerniera presso/tenso-flessionale:
𝑀𝑝𝑙 = 1,18 𝑍 𝐹𝑦𝑒 (1 −𝑃
𝑃𝑦𝑒
) ≤ 𝑍 𝐹𝑦𝑒
Mpl (KNm) 626,17
θy (-) 0,007 Tabella B.25 - Fattori di scala (SF)
Punto M / Mpl θ / θy
A 0 0
B 1 0
C 1,12 4
D 0,2 4
E 0,2 6 Tabella B.26 - Valori del Legame MOMENTO-ROTAZIONE (adimens.)
Grafico B.13 - Legame MOMENTO-ROTAZIONE (adimens.)
0
0,2
0,4
0,6
0,8
1
1,2
0 2 4 6
M /
Mp
l
θ / θy
Legame MOMENTO-ROTAZIONE
Legame Momento-Rotazione…
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APPENDICE B 298
Punto M (KNm) θ (-)
A 0,0 0,0000
B 626,2 0,0000
C 701,3 0,0279
D 125,2 0,0279
E 125,2 0,0418 Tabella B.27 - Valori del Legame MOMENTO-ROTAZIONE
Punto M (KNm) θ (-)
IO 630,9 0,0017
LS 663,7 0,0139
CP 682,5 0,0209 Tabella B.28 - Coordinate dei Criteri di Accettazione
Grafico B.14 - Legame MOMENTO-ROTAZIONE
Confrontiamo le tre curve dimensionalizzate:
Grafico B.15 - Legame MOMENTO-ROTAZIONE delle 3 curve
0
100
200
300
400
500
600
700
800
0,00 0,01 0,02 0,03 0,04
M (
KN
m)
θ (-)
Legame MOMENTO-ROTAZIONE
LegameMomento-RotazioneIO
LS
0
100
200
300
400
500
600
700
800
0,00 0,01 0,02 0,03 0,04 0,05 0,06
M (
KN
m)
θ (-)
CURVA 1
CURVA 2
CURVA 3
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APPENDICE B 299
La cerniera a presso/tenso-flessione così definita è stata inserita nel programma di calcolo
SAP2000:
Figura B.20 - Tipo di cerniera
Figura B.21 - Interazione P-M3
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APPENDICE B 300
Figura B.22 - Legame Momento-Rotazione (CURVA 1)
Figura B.23 - Legame Momento-Rotazione (CURVA 2)
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APPENDICE B 301
Figura B.24 - Legame Momento-Rotazione (CURVA 3)
Figura B.25 - Definizione della curva di interazione P-M3
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APPENDICE B 302
Il SAP2000 sembra fissare una fattore di scala uguale per le tre curve anche se soggette a
diversi sforzi normali, mentre in realtà gli effetti di tali sforzi sulla rotazione θy vengono
considerati direttamente nei valori delle tabelle descriventi il legame della cerniera.
La formula completa per la rotazione a snervamento data dalle FEMA-356 è la seguente:
𝜃𝑦 =𝑍 𝐹𝑦𝑒 𝑙𝑐
6 𝐸 𝐼𝑐
(1 −𝑃
𝑃𝑦𝑒
)
Il SAP2000 invece la scompone così:
1. Inserisce in figura 20 una rotazione a snervamento calcolata come se l’elemento
fosse una trave
θy(SAP) =Z Fye lc
6 E Ic
2. Calcola il fattore che tiene conto degli effetti prodotti dallo sforzo normale e lo
moltiplica per tutti i valori della tabella del legame Momento-Rotazione
(1 −P
Pye
)
Ad esempio considerando il caso della curva 3 abbiamo:
θy(SAP) =Z Fye lc
6 E Ic
= 0,00834
(1 −P
Pye
) = 0,83486
Inseguito al prodotto di questo fattore per le rotazioni adimensionalizzate corrispondenti al
caso “b” per P/PCL < 0,2 si ottiene il medesimo legame Momento-Rotazione calcolato dal
SAP come in figura 23.
Punto M / Mpl θ / θy
A 0 0
B 1 0
C 1,12 3,3394
D 0,2 3,3394
E 0,2 5,0092 Tabella B.29 - Valori del Legame MOMENTO-ROTAZIONE (adimens.)
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APPENDICE B 303
B.2.3 - Analisi PUSHOVER
Si passa ora a mostrare l’analisi di pushover al fine di ottenere la curva di capacità della
struttura analizzata e visualizzare così quali sono i meccanismi di collasso che la
contraddistinguono.
L’analisi viene eseguita impostando in successione i seguenti scenari di carico:
Si imposta un primo “load case” , che chiamiamo push-v ,di analisi non lineare a
Load control per carichi verticali. Come carico è stato impostato il peso proprio, il
carico permanente e quello accidentale.
Figura B.26 - Analisi non lineare push-v.
Si crea un successivo caso di analisi non-lineare, chiamato push , che avrà come base
di partenza il precedente e si riferirà ad uno scenario di carico orizzontale
appositamente definito. Questo caso sarà a displacement control.
Figura B.27 - Analisi non lineare push.
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APPENDICE B 304
Per la struttura in esame si considera solo lo stato limite di collasso (SLC) e sono scelte due
distribuzioni di carico invarianti:
1. una distribuzione proporzionale alle masse;
𝐹𝑖 = 100 ∙𝑀𝑖
𝑀𝑡𝑜𝑡
2. una distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la deformata del primo
modo di vibrare.
𝐹𝑖 = 100 ∙𝑀𝑖 ∙ 𝜑𝑖
∑ 𝑀𝑖 ∙ 𝜑𝑖𝑖
Dove 𝜑𝑖 sono gli spostamenti modali normalizzati rispetto al massimo spostamento
modale.
La seconda distribuzione è possibile secondo le NTC-08 solo se il modo di vibrare
fondamentale nella direzione considerata ha una partecipazione di massa non inferiore al
75%, i valori di partecipazione di massa ottenuti con l’analisi modale della struttura ci
confortano:
TABLE: Modal Participating Mass Ratios
OutputCase StepType StepNum Period UX UY UZ
Text Text Unitless Sec Unitless Unitless Unitless
MODAL Mode 1 0,647434 0,76617 0 0
MODAL Mode 2 0,15173 0,18111 0 0
MODAL Mode 3 0,066792 0,05272 0 0 Tabella B.30 - Valori di partecipazione di massa ottenuti con SAP2000
Questo tipo di distribuzioni (invarianti) conduce a valutazioni della risposta della struttura
approssimate sebbene tale approssimazione sia ancora buona per strutture basse o medio
alte in cui gli effetti dei modi alti sono probabilmente minimi e la plasticizzazione ben
distribuita in altezza.
Le distribuzioni di forze sono:
PIANO MASSA [KNs2/m] Mi / Mtot F [KN]
3 3,06 0,30 30,37
2 3,51 0,35 34,82
1 3,51 0,35 34,82
tot 10,08 1 100 Tabella B.31 - Distribuzione proporzionale alle masse
PIANO MASSA [KNs2/m] U [m] Φ Mi Φ Mi Φ / (M Φ)tot F [KN]
3 3,06 0,429282 1 3,06 0,52 51,88
2 3,51 0,259406 0,60 2,12 0,36 35,94
1 3,51 0,087985 0,20 0,72 0,12 12,19
tot 10,08 5,90 1 100 Tabella B.32 - Distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la deformata del primo modo di vibrare
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APPENDICE B 305
Grafico B.16 - Distribuzione delle Forze
B.2.3.1 - CASO 1: Distribuzione proporzionale alle masse
1. Dati: si realizza il modello strutturale non lineare del sistema a n-GDL e si definisce
l’azione sismica tramite gli spettri di risposta elastici in accelerazione e spostamento.
Grafico B.17 - Spettri di Risposta Elastici in Accelerazione e Spostamento (SLC)
2. Domanda sismica per il sistema a 1-GDL nel formato AD: il formato AD assicura una
interpretazione visiva diretta della procedura. Si procede alla conversione dello spettro di
risposta elastico; le ascisse devono essere determinate in funzione dei valori delle ordinate.
𝑆𝐷𝑒(𝑇) = 𝑆𝑒 ∙ (𝑇
2𝜋)
2
0
4
8
12
0 10 20 30 40 50 60
H [
m]
F [KN]
Proporzionale alle masse
Proporzionale al prodottodelle masse per ladeformata del modo divibrare principale
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APPENDICE B 306
Grafico B.18 - Curva di Domanda Elastica (ADRS: Acceleration Displacement Response Spectrum)
3. Si determina la curva di capacità del sistema reale a n-GDL: il vettore dei carichi
laterali {F} è definito in modo che la distribuzione dei carichi laterali {ψ} si
mantenga costante nel corso dell’analisi e sia correlata alla forma del vettore degli
spostamenti di piano {Ф}.
Grafico B.19 - Curva di Capacità del sistema reale a MDOF
4. Si determinano le caratteristiche del sistema a 1-GDL a comportamento bilineare
equivalente.
a) Il tratto elastico si determina imponendo il passaggio per il punto (0.60-
0.70T*bu) 𝑘∗ =0,60 T∗
bu
d∗0,60
b) Il tratto plastico è individuato dalla forza di plasticizzazione Fy* individuato uguagliando le aree sottese dalla bilineare e dalla curva di capacità.
Si passa dal sistema MDOF a quello a 1-GDL attraverso il coefficiente di
partecipazione Γ che nel caso di distribuzione proporzionale alle masse è assunto pari
ad 1.
0
2
4
6
8
10
12
0 10 20 30 40 50
S [m
/s2
]
SD [cm]
Sp. Elastico (SLC)
TB (SLC)
TC (SLC)
TD (SLC)
0
50
100
150
200
250
300
0,0 0,5 1,0 1,5 2,0 2,5 3,0 3,5
Tb [
KN
]
dc [m]
F_UNIF (MDOF)
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_________________________________________________________________________
APPENDICE B 307
T*bu 0,6T*bu d*c (0,6 T*bu) K* 0,85T*bu ≤0,85T*bu d*u(≤0,85T*bu)
[KN] [KN] [m] [KN/m] [KN] [KN] [m]
245,3 147,176 0,1917 767,564 208,500 208,377 2,1608
F*y [KN] d*y [m] d*u [m] m* [KN s2/m] T* [s]
229,249 0,2987 2,1608 10,08 0,720
Tabella B.33 - Caratteristiche del sistema a 1-GDL a comportamento bilineare equivalente.
Grafico B.20 - Curva di Capacità del sistema a un SDOF a comportamento bilineare equivalente
5. Si determina la domanda sismica per il sistema a 1-GDL:
TC = 0,532 s => T* ≥ TC
T* = 0,720 s
Se (T*) = 6,827 m / s2 => Se (T*) ≤ Fy / m*
F*y / m* = 22,738 m / s2
Figura B.28 - Calcolo della domanda [27]
0
50
100
150
200
250
300
0,0 0,5 1,0 1,5 2,0 2,5
Tb [
KN
]
dc [m]
F_UNIF (SDOF)
F_UNIF bilineare(SDOF)
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APPENDICE B 308
Si riscontra un sistema flessibile dove: 𝑑𝑚𝑎𝑥∗ = 𝑑𝑒,𝑚𝑎𝑥
∗
Grafico B.21 - Domanda sismica per il sistema a un SDOF
Facciamo un ingrandimento nella zona di interesse, ovvero quella del Performance
Point:
Grafico B.22 - Domanda sismica per il sistema a un SDOF
T* [s] S (T*) [m/s2] d*max [cm]
0,720 6,827 8,967
Il Performance Point del sistema a un 1-GDL sarà:
P.P.
S (T*) [m/s2] d*max [cm]
6,827 8,967 Tabella B.34 - Performance Point per il sistema a un SDOF
0
5
10
15
20
25
0 50 100 150 200 250
S [m
/s2
]
SD [cm]
Sp. Elastico (SLC)
TB (SLC)
TC (SLC)
TD (SLC)
C. di capacità
P.P.
d*max
0
2
4
6
8
10
12
0 10 20 30 40 50
S [m
/s2
]
SD [cm]
Sp. Elastico (SLC)
TB (SLC)
TC (SLC)
TD (SLC)
C. di capacità
P.P.
d*max
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APPENDICE B 309
6. Si determina la domanda sismica globale per il sistema a n-GDL:
d*max [cm] Г dmax [cm]
8,9673 1 8,9673
Verifica
du [cm] =>
dmax<du
216,08 OK
q* =>
q*<3
0,3 OK
7. Valutazione della prestazione (capacità).
Grafico B.23 - Curva di Capacità e Performance Point
Il Performance Point del sistema a n-GDL sarà:
P.P.
Tb [KN] dmax [m]
79,48 0,08967 Tabella B.35 - Performance Point per il sistema a MDOF
0
50
100
150
200
250
300
0,0 0,5 1,0 1,5 2,0 2,5 3,0 3,5
Tb [
KN
]
dc [m]
F_UNIF (MDOF)
P.P.
dmax
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_________________________________________________________________________
APPENDICE B 310
B.2.3.2 - CASO 2: Distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la deformata
del primo modo di vibrare
1. Dati: si realizza il modello strutturale non lineare del sistema a n-GDL e si definisce
l’azione sismica tramite gli spettri di risposta elastici in accelerazione e spostamento.
Grafico B.24 - Spettri di Risposta Elastici in Accelerazione e Spostamento
2. Domanda sismica per il sistema a 1-GDL nel formato AD: il formato AD assicura
una interpretazione visiva diretta della procedura. Si procede alla conversione dello
spettro di risposta elastico; le ascisse devono essere determinate in funzione dei
valori delle ordinate.
𝑆𝐷𝑒(𝑇) = 𝑆𝑒 ∙ (𝑇
2𝜋)
2
Grafico B.25 - Curva di Domanda Elastica (ADRS: Acceleration Displacement Response Spectrum)
I periodi non compaiono esplicitamente, ma sono rappresentati dalle rette radiali
uscenti dall’origine degli assi [la pendenza della generica retta per l’origine è pari a
(2π/T)2].
0
2
4
6
8
10
12
0 10 20 30 40 50
S [m
/s2
]
SD [cm]
Sp. Elastico (SLC)
TB (SLC)
TC (SLC)
TD (SLC)
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APPENDICE B 311
3. Si determina la curva di capacità del sistema reale a n-GDL: il vettore dei carichi
laterali {F} è definito in modo che la distribuzione dei carichi laterali {ψ} si
mantenga costante nel corso dell'analisi e sia correlata alla forma del vettore degli
spostamenti di piano {Ф}.
Grafico B.26 - Curva di Capacità del sistema reale a MDOF
4. Si determinano le caratteristiche del sistema a 1-GDL a comportamento bilineare
equivalente.
a) Il tratto elastico si determina imponendo il passaggio per il punto (0.60-0.70
T*bu) 𝑘∗ =0,60 T∗
bu
d∗0,60
b) Il tratto plastico è individuato dalla forza di plasticizzazione Fy* individuato uguagliando le aree sottese dalla bilineare e dalla curva di capacità.
Si passa dal sistema MDOF a quello a 1-GDL attraverso il coefficiente di
partecipazione modale Γ così definito:
𝛤 =∑ 𝑚𝑖Φ𝑖
∑ 𝑚𝑖Φ𝑖2
dove Φ rappresenta il vettore deformata del primo modo.
PIANO MASSA U [m] Φ mi Φ mi Φ2 Γ
3 3,06 0,4293 1 3,06 3,06 1,314
2 3,51 0,2594 0,60 2,12 1,28
1 3,51 0,0880 0,20 0,72 0,15
Tot 10,08 5,90 4,49 Tabella B.36 - Forma modale e coefficiente di partecipazione modale
0
50
100
150
200
250
0,0 0,5 1,0 1,5 2,0 2,5 3,0 3,5
Tb [
KN
]
dc [m]
F_1°modo (MDOF)
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APPENDICE B 312
Grafico B.27 - Curva di Capacità del sistema equivalente a confronto con quella reale
T*bu 0,6T*bu d*c (0,6 T*bu) K* 0,85T*bu ≤0,85T*bu d*u(≤0,85T*bu)
[KN] [KN] [m] [KN/m] [KN] [KN] [m]
152,928 91,757 0,1775 516,876 129,989 129,839 1,6690
F*y [KN] d*y [m] d*u [m] m* [KN s2/m] T* [s]
143,250 0,2771 1,6690 5,90 0,6714
Tabella B.37 - Caratteristiche del sistema a 1-GDL a comportamento bilineare equivalente.
Grafico B.28 - Curva di Capacità del sistema a un SDOF a comportamento bilineare equivalente
5. Si determina la domanda sismica per il sistema a 1-GDL:
TC = 0,532 s => T* ≥ TC
T* = 0,671 s
Se (T*) = 7,322 m / s2 => Se (T*) ≤ Fy / m*
F*y / m* = 24,270 m / s2
0
50
100
150
200
250
0,0 0,5 1,0 1,5 2,0 2,5 3,0 3,5
Tb [
KN
]
dc [m]
F_1°modo (MDOF)
F_1°modo (SDOF)
0
20
40
60
80
100
120
140
160
180
0,0 0,5 1,0 1,5 2,0
Tb [
KN
]
dc [m]
F_1°modo (SDOF)
F_1°modo bilineare (SDOF)
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_________________________________________________________________________
APPENDICE B 313
Si riscontra un sistema flessibile dove: 𝑑𝑚𝑎𝑥∗ = 𝑑𝑒,𝑚𝑎𝑥
∗
Grafico B.29 - Domanda sismica per il sistema a un SDOF
Facciamo un ingrandimento nella zona di interesse, ovvero quella del Performance
Point:
Grafico B.30 - Domanda sismica per il sistema a un SDOF
T* [s] S (T*) [m/s2] d*max [cm]
0,671 7,322 8,361
Il Performance Point del sistema a un 1-GDL sarà:
P.P.
S (T*) [m/s2] d*max [cm]
7,322 8,361 Tabella B.38 - Performance Point per il sistema a un SDOF
0
5
10
15
20
25
30
0 50 100 150 200
S [m
/s2
]
SD [cm]
Sp. Elastico (SLC)
TB (SLC)
TC (SLC)
TD (SLC)
C. di capacità
P.P.
0
2
4
6
8
10
12
0 10 20 30 40 50
S [m
/s2
]
SD [cm]
Sp. Elastico (SLC)
TB (SLC)
TC (SLC)
TD (SLC)
C. di capacità
P.P.
d*max
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APPENDICE B 314
6. Si determina la domanda sismica globale per il sistema a n-GDL:
d*max [cm] Г dmax [cm]
8,3611319 1,314255 10,988659
Verifica
du [cm] =>
dmax<du
219,35 OK
q* =>
q*<3
0,3 OK
7. Valutazione della prestazione (capacità).
Grafico B.31 - Curva di Capacità e Performance Point
Il Performance Point del sistema a n-GDL sarà:
P.P.
Tb [KN] dmax [m]
73,693 0,1099 Tabella B.39 - Performance Point per il sistema a un MDOF
A questo punto dobbiamo considerare come spostamento massimo, ovvero il Performance
Point della struttura (P.P.), quello maggiore tra il caso 1 e il caso 2:
dmax (CASO 1) = 8,967 cm
dmax (P.P.) = 10,99 cm
dmax (CASO 2) = 10,99 cm
0
50
100
150
200
250
0,0 0,5 1,0 1,5 2,0 2,5 3,0 3,5
Tb [
KN
]
dc [m]
F_1°modo (MDOF)
P.P.
dmax
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APPENDICE B 315
B.3 - BIBLIOGRAFIA
[9] FEMA (2000), “Prestandard and commentary for the seismic rehabilitation of
buildings”, Federal Emergency Management Agency-356, Washington D.C. (USA),
November 2000.
[19] Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici (2008), “Bozza di Istruzioni per l’applicazione
delle Norme tecniche per le Costruzioni”, aggiornamento al 07/03/2008.
[26] P. Fajfar (2000), “A nonlinear analysis method for performance-based seismic design”,
Earthquake Spectra, 16(3): 573-592.
[27] E. Del Monte (2010), “L’analisi statica non lineare secondo il D.M. 14/01/2008”,
Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale, Università degli Studi di Firenze, Firenze,
26/04/2010.
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_________________________________________________________________________
APPENDICE C 316
APPENDICE C - APPLICAZIONE DEL METODO MPA [20]
C.1 - INTRODUZIONE
L’analisi modale pushover di Chopra e Goel (2001) consiste essenzialmente nell’eseguire
tante analisi statiche non lineari quanti sono i modi di vibrare significativi, ognuna con una
distribuzione di forze orizzontali proporzionale alla deformata del modo considerato. Per
ogni modo si ha:
𝐹𝑖 = 100 ∙𝑀𝑖 ∙ 𝜑𝑖
∑ 𝑀𝑖 ∙ 𝜑𝑖𝑖
successivamente si determina la risposta globale combinando i singoli effetti ottenuti da
ciascuna analisi tramite la combinazione SRSS:
𝑑 = (∑ 𝑑𝑖2
𝑁
𝑖=1
)
1/2
C.2 - MODELLO TELAIO IRREGOLARE IN ALTEZZA
Studiamo un telaio 2D così composto:
Figura C.1 - Telaio 2D
Elemento strutturale Profilo L elemento (m) Materiale
Colonne 1°, 2° e 3° piano HE300B 4 S355
Colonne 4°, 5°, 6° e 7° piano HE300B 3 S355
Travi IPE200 4 S355 Tabella C.1 - Elementi costituenti il telaio 2D
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APPENDICE C 317
C.2.1 - Materiale
In sede di progettazione si possono assumere convenzionalmente i seguenti valori nominali
delle proprietà dell’acciaio:
modulo elastico E = 210.000 N/mm²
modulo di elasticità trasversale G = E / [2 (1 + ν)] N/mm²
coefficiente di Poisson ν = 0,3
coefficiente di espansione termica lineare α = 12 x 10-6 per °C-1
(per temperature fino a 100 °C)
densità ρ = 7850 kg/m3
Il tipo di acciaio utilizzato nel telaio preso in esame è riportato in tabella:
ACCIAIO ftk (N/mm2) fyk(N/mm2) γmo fyd(N/mm2) Es(N/mm2)
S355 510 355 1,05 338,1 210000 Tabella C.2 - Proprietà acciaio con t ≤ 40mm
L’acciaio utilizzato per il telaio è S355 al quale è stato dato un legame elasto-plastico ed è
stato così definito:
deformazione di snervamento εy =0,169%
deformazione ultima εu =5%
Grafico C.1 - Curva tensione-deformazione acciaio S355
-600000
-400000
-200000
0
200000
400000
600000
-0,25 -0,15 -0,05 0,05 0,15 0,25σ[K
N/m
2 ]
ε [-]
LEGAME COSTITUTIVO
Legame σ-ε
Bilineare
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APPENDICE C 318
C.2.2 - Definizione cerniere plastiche secondo FEMA 356
La definizione dei legami delle cerniere plastiche a presso/tenso-flessione per le colonne e a
flessione per le travi sono state definite con la stessa procedura utilizzata in “APPENDICE
B”.
C.2.3 - Analisi PUSHOVER
Si passa ora a mostrare l’analisi di pushover al fine di ottenere la curva di capacità della
struttura analizzata e visualizzare così quali sono i meccanismi di collasso che la
contraddistinguono.
L’analisi viene eseguita impostando in successione i seguenti scenari di carico:
Si imposta un primo “load case” , che chiamiamo push-v ,di analisi non lineare a
Load control per carichi verticali. Come carico è stato impostato il peso proprio, il
carico permanente e quello variabile.
Figura C.2 - Analisi non lineare PUSH-V.
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APPENDICE C 319
Si crea un successivo caso di analisi non-lineare, chiamato push , che avrà come base
di partenza il precedente e si riferirà ad uno scenario di carico orizzontale
appositamente definito. Questo caso sarà a displacement control.
Figura C.3 - Analisi non lineare PUSH-1modo.
Per la struttura in esame è stato necessario considerare gli effetti dei modi di vibrare
superiori. Il tipo di analisi utilizzata per risolvere questo problema è la MPA (Analisi
Modale Pushover, Chopra e Goel [2001]), che consiste nel condurre tante analisi Pushover
quanti sono i modi di vibrare significativi utilizzando profili delle forze laterali diversi, che
rappresentino la risposta della struttura relativa a quel modo.
Le diverse curve di capacità così ottenute vengono trasformate in quelle dei sistemi SDOF
equivalenti e successivamente idealizzate rendendole bilineari. Vengono quindi valutate
separatamente le richieste in termini di deformazioni spettanti ad ognuno dei sistemi SDOF
ed infine combinate con il metodo SRSS.
Si considera solo lo stato limite di collasso (SLC) e sono state scelte quattro distribuzioni di
carico invarianti:
1. una distribuzione proporzionale alle masse;
𝐹𝑖 = 100 ∙𝑀𝑖
𝑀𝑡𝑜𝑡
2. una distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la deformata del primo
modo di vibrare.
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APPENDICE C 320
3. una distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la deformata del secondo
modo di vibrare.
4. una distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la deformata del terzo
modo di vibrare.
𝐹𝑖 = 100 ∙𝑀𝑖∙𝜑𝑖
∑ 𝑀𝑖∙𝜑𝑖𝑖
Dove 𝜑𝑖 sono gli spostamenti modali normalizzati rispetto al massimo spostamento
modale.
Secondo le NTC-08 è possibile utilizzare una distribuzione proporzionale al prodotto delle
masse per la deformata del modo fondamentale di vibrare solo se nella direzione considerata
ha una partecipazione di massa non inferiore al 75%, mentre i valori di partecipazione di
massa ottenuti con l’analisi modale della struttura in esame sono:
TABLE: Modal Participating Mass Ratios
OutputCase StepType StepNum Period UX
Text Text Unitless Sec Unitless
MODAL Mode 1 1,309 0,60
MODAL Mode 2 0,417 0,24
MODAL Mode 3 0,216 0,08 Tabella C.3 - Valori di partecipazione di massa ottenuti con SAP2000
Le distribuzioni di forze sono:
PIANO MASSA [KNs2/m] Mi / Mtot F [KN]
7 3,38 0,08 8,00
6 4,04 0,10 9,56
5 4,04 0,10 9,56
4 4,04 0,10 9,56
3 4,26 0,10 10,08
2 10,80 0,26 25,56
1 11,70 0,28 27,69
tot 42,26 1,00 100,00 Tabella C.4 - Distribuzione proporzionale alle masse
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APPENDICE C 321
Grafico C.2 - Distribuzione delle Forze
PIANO MASSA [KNs2/m] U [m] Φ Mi Φ Mi Φ / (M Φ)tot F [KN]
7 3,38 0,2953 1,000 3,38 0,20 17,71
6 4,04 0,2626 0,889 3,59 0,21 18,82
5 4,04 0,2223 0,753 3,04 0,18 15,94
4 4,04 0,1745 0,591 2,39 0,14 12,51
3 4,26 0,1224 0,414 1,77 0,10 9,25
2 10,8 0,0580 0,196 2,12 0,12 11,12
1 11,7 0,0183 0,062 0,73 0,04 3,80
tot 42,26
17,02 1,00 89,14 Tabella C.5 - Distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la deformata del primo modo di vibrare
PIANO MASSA [KNs2/m] U [m] Φ Mi Φ Mi Φ / (M Φ)tot F [KN]
7 3,38 0,2520 1,000 3,38 -0,27 -23,94
6 4,04 0,1154 0,458 1,85 -0,15 -13,10
5 4,04 -0,0282 -0,112 -0,45 0,04 3,20
4 4,04 -0,1478 -0,587 -2,37 0,19 16,78
3 4,26 -0,2115 -0,839 -3,58 0,28 25,32
2 10,8 -0,1883 -0,747 -8,07 0,63 57,15
1 11,7 -0,0753 -0,299 -3,50 0,27 24,77
tot 42,26
-12,73 1,00 90,19 Tabella C.6 - Distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la deformata del secondo modo di vibrare
0
3
6
9
12
15
18
21
24
0 10 20 30
H [
m]
F [KN]
Proporzionale alle masse
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APPENDICE C 322
PIANO MASSA [KNs2/m] U [m] Φ Mi Φ Mi Φ / (M Φ)tot F [KN]
7 3,38 0,25347 1,000 3,38 0,47 13,65
6 4,04 -0,00939 -0,037 -0,15 -0,02 -0,60
5 4,04 -0,20072 -0,792 -3,20 -0,45 -12,92
4 4,04 -0,21741 -0,858 -3,47 -0,48 -14,00
3 4,26 -0,06445 -0,254 -1,08 -0,15 -4,38
2 10,8 0,16304 0,643 6,95 0,97 28,06
1 11,7 0,1029 0,406 4,75 0,66 19,19
tot 42,26
7,18 1,00 29,01 Tabella C.7 - Distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la deformata del terzo modo di vibrare
Grafico C.3 - Distribuzione delle Forze
0
3
6
9
12
15
18
21
24
-30 -20 -10 0 10 20 30 40 50 60 70
H [
m]
F [KN]
Proporzionale al prodotto dellemasse per la deformata del 1°modo di vibrare
Proporzionale al prodotto dellemasse per la deformata del 2°modo di vibrare
Proporzionale al prodotto dellemasse per la deformata del 3°modo di vibrare
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APPENDICE C 323
C.2.3.1 - CASO 1: Distribuzione proporzionale alle masse
1. Dati: si realizza il modello strutturale non lineare del sistema a n-GDL e si definisce
l’azione sismica tramite gli spettri di risposta elastici in accelerazione e spostamento.
Grafico C.4 - Spettri di Risposta Elastici in Accelerazione e Spostamento (SLC)
2. Domanda sismica per il sistema a 1-GDL nel formato AD: il formato AD assicura
una interpretazione visiva diretta della procedura. Si procede alla conversione dello
spettro di risposta elastico; le ascisse devono essere determinate in funzione dei
valori delle ordinate.
𝑆𝐷𝑒(𝑇) = 𝑆𝑒 ∙ (𝑇
2𝜋)
2
Grafico C.5 - Curva di Domanda Elastica (ADRS: Acceleration Displacement Response Spectrum)
0
2
4
6
8
10
12
0 5 10 15 20 25 30 35 40
S [m
/s2
]
SD [cm]
Sp. Elastico
TB
TC
TD
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APPENDICE C 324
3. Si determina la curva di capacità del sistema reale a n-GDL: il vettore dei carichi
laterali {F} è definito in modo che la distribuzione dei carichi laterali {ψ} si
mantenga costante nel corso dell’analisi e sia correlata alla forma del vettore degli
spostamenti di piano {Ф}.
Grafico C.6 - Curva di Capacità del sistema reale a MDOF
4. Si determinano le caratteristiche del sistema a 1-GDL a comportamento bilineare
equivalente.
a) Il tratto elastico si determina imponendo il passaggio per il punto (0.60-0.70
T*bu) 𝑘∗ =0,60 T∗
bu
d∗0,60
b) Il tratto plastico è individuato dalla forza di plasticizzazione Fy* individuato uguagliando le aree sottese dalla bilineare e dalla curva di capacità.
Si passa dal sistema MDOF a quello a 1-GDL attraverso il coefficiente di
partecipazione Γ che nel caso di distribuzione proporzionale alle masse è assunto pari
ad 1.
T*bu 0,6T*bu d*c (0,6 T*bu) K* 0,85T*bu ≤0,85T*bu d*u(≤0,85T*bu)
[KN] [KN] [m] [KN/m] [KN] [KN] [m]
416,2 249,707 0,4932 506,264 353,752 353,359 5,123
F*y [KN] d*y [m] d*u [m] m* [KN s2/m] T* [s]
382,984 0,7565 5,123 42,26 1,815 Tabella C.8 - Caratteristiche del sistema a 1-GDL a comportamento bilineare equivalente.
0
50
100
150
200
250
300
350
400
450
0,0 2,0 4,0 6,0
Tb [
KN
]
dc [m]
Curva di capacità (MDOF)
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APPENDICE C 325
Grafico C.7 - Curva di Capacità del sistema a un SDOF a comportamento bilineare equivalente
5. Si determina la domanda sismica per il sistema a 1-GDL:
TC = 0,532 s => T* ≥ TC
T* = 1,815 s
Se (T*) = 2,708 m / s2 => Se (T*) ≤ Fy / m*
F*y / m* = 9,063 m / s2
Figura C.4 - Calcolo della domanda [27]
Si riscontra un sistema flessibile dove: 𝑑𝑚𝑎𝑥∗ = 𝑑𝑒,𝑚𝑎𝑥
∗
0
50
100
150
200
250
300
350
400
450
0,0 2,0 4,0 6,0
Tb [
KN
]
dc [m]
Curva di capacità (SDOF)
Curva bilineare (SDOF)
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_________________________________________________________________________
APPENDICE C 326
Grafico C.8 - Domanda sismica per il sistema a un SDOF
Facciamo un ingrandimento nella zona di interesse, ovvero quella del Performance
Point:
Grafico C.9 - Domanda sismica per il sistema a un SDOF
T* [s] S (T*) [m/s2] d*max [cm]
1,815 2,708 22,606
Il Performance Point del sistema a un 1-GDL sarà:
P.P.
S (T*) [m/s2] d*max [cm]
2,708 22,606 Tabella C.9 - Performance Point per il sistema a un SDOF
0
2
4
6
8
10
12
0 100 200 300 400 500 600
S [m
/s2
]
SD [cm]
Sp. Elastico
TB
TC
TD
0
2
4
6
8
10
12
0 5 10 15 20 25 30 35 40
S [m
/s2
]
SD [cm]
Sp. Elastico
TB
TC
TD
C.di Capacità
P.P.
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APPENDICE C 327
6. Si determina la domanda sismica globale per il sistema a n-GDL:
d*max [cm] Г dmax [cm]
22,6058377 1 22,605838
Verifica
du [cm] =>
dmax<du
512,30 OK
q* =>
q*<3
0,3 OK
7. Valutazione della prestazione (capacità).
Grafico C.10 - Curva di Capacità e Performance Point
Il Performance Point del sistema a n-GDL sarà:
P.P.
Tb [KN] dmax [m]
156,10 0,2261 Tabella C.10 - Performance Point per il sistema a MDOF
0
50
100
150
200
250
300
350
400
450
0,0 2,0 4,0 6,0
Tb [
KN
]
dc [m]
Curva di capacità (MDOF)
P.P.
dmax
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APPENDICE C 328
C.2.3.2 - CASO 2: Distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la deformata
del primo modo di vibrare
1. Dati: si realizza il modello strutturale non lineare del sistema a n-GDL e si definisce
l’azione sismica tramite gli spettri di risposta elastici in accelerazione e spostamento.
Grafico C.11 - Spettri di Risposta Elastici in Accelerazione e Spostamento
2. Domanda sismica per il sistema a 1-GDL nel formato AD: il formato AD assicura
una interpretazione visiva diretta della procedura. Si procede alla conversione dello
spettro di risposta elastico; le ascisse devono essere determinate in funzione dei
valori delle ordinate.
𝑆𝐷𝑒(𝑇) = 𝑆𝑒 ∙ (𝑇
2𝜋)
2
Grafico C.12 - Curva di Domanda Elastica (ADRS: Acceleration Displacement Response Spectrum)
0
2
4
6
8
10
12
0 5 10 15 20 25 30 35 40
S [m
/s2
]
SD [cm]
Sp. Elastico
TB
TC
TD
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_________________________________________________________________________
APPENDICE C 329
I periodi non compaiono esplicitamente, ma sono rappresentati dalle rette radiali
uscenti dall’origine degli assi [la pendenza della generica retta per l’origine è pari a
(2π/T)2].
3. Si determina la curva di capacità del sistema reale a n-GDL: il vettore dei carichi
laterali {F} è definito in modo che la distribuzione dei carichi laterali {ψ} si
mantenga costante nel corso dell'analisi e sia correlata alla forma del vettore degli
spostamenti di piano {Ф}.
Grafico C.13 - Curva di Capacità del sistema reale a MDOF
4. Si determinano le caratteristiche del sistema a 1-GDL a comportamento bilineare
equivalente.
a) Il tratto elastico si determina imponendo il passaggio per il punto (0.60-0.70
T*bu) 𝑘∗ =0,60 T∗
bu
d∗0,60
b) Il tratto plastico è individuato dalla forza di plasticizzazione Fy* individuato uguagliando le aree sottese dalla bilineare e dalla curva di capacità.
Si passa dal sistema MDOF a quello a 1-GDL attraverso il coefficiente di
partecipazione modale Γ così definito:
𝛤 =∑ 𝑚𝑖Φ𝑖
∑ 𝑚𝑖Φ𝑖2
dove Φ rappresenta il vettore deformata del primo modo.
0
50
100
150
200
250
300
0,0 1,0 2,0 3,0 4,0
Tb [
KN
]
dc [m]
Curva di capacità (MDOF)
Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile
_________________________________________________________________________
APPENDICE C 330
PIANO MASSA U [m] Φ mi Φ mi Φ2 Γ
7 3,38 0,2953 1,000 3,38 3,38 1,483
6 4,04 0,2626 0,889 3,59 3,20
5 4,04 0,2223 0,753 3,04 2,29
4 4,04 0,1745 0,591 2,39 1,41
3 4,26 0,1224 0,414 1,77 0,73
2 10,8 0,0580 0,196 2,12 0,42
1 11,7 0,0183 0,062 0,73 0,04
tot 42,26
17,02 11,47 Tabella C.11 - Forma modale e coefficiente di partecipazione modale
Grafico C.14 - Curva di Capacità del sistema equivalente a confronto con quella reale
T*bu 0,6T*bu d*c (0,6 T*bu) K* 0,85T*bu ≤0,85T*bu d*u(≤0,85T*bu)
[KN] [KN] [m] [KN/m] [KN] [KN] [m]
171,368 102,821 0,4792 214,547 145,663 146,615 2,696
F*y [KN] d*y [m] d*u [m] m* [KN s2/m] T* [s]
157,609 0,7346 2,6964 17,02 1,769 Tabella C.12 - Caratteristiche del sistema a 1-GDL a comportamento bilineare equivalente.
0
50
100
150
200
250
300
0,0 1,0 2,0 3,0 4,0
Tb [
KN
]
dc [m]
Curva di capacità (MDOF)
Curva di capacità (SDOF)
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_________________________________________________________________________
APPENDICE C 331
Grafico C.15 - Curva di Capacità del sistema a un SDOF a comportamento bilineare equivalente
5. Si determina la domanda sismica per il sistema a 1-GDL:
TC = 0,532 s => T* ≥ TC
T* = 1,769 s
Se (T*) = 2,778 m / s2 => Se (T*) ≤ Fy / m*
F*y / m* = 9,263 m / s2
Si riscontra un sistema flessibile dove: 𝑑𝑚𝑎𝑥∗ = 𝑑𝑒,𝑚𝑎𝑥
∗
Grafico C.16 - Domanda sismica per il sistema a un SDOF
0
20
40
60
80
100
120
140
160
180
0,0 0,5 1,0 1,5 2,0 2,5 3,0
Tb [
KN
]
dc [m]
Curva di capacità (SDOF)
Curva bilineare (SDOF)
0
2
4
6
8
10
12
0 50 100 150 200 250 300
S [m
/s2
]
SD [cm]
Sp. Elastico
TB
TC
TD
C.di Capacità
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APPENDICE C 332
Facciamo un ingrandimento nella zona di interesse, ovvero quella del Performance
Point:
Grafico C.17 - Domanda sismica per il sistema a un SDOF
T* [s] S (T*) [m/s2] d*max [cm]
1,769 2,778 22,035
Il Performance Point del sistema a un 1-GDL sarà:
P.P.
S (T*) [m/s2] d*max [cm]
2,778 22,035 Tabella C.13 - Performance Point per il sistema a un SDOF
6. Si determina la domanda sismica globale per il sistema a n-GDL:
d*max [cm] Г dmax [cm]
22,035 1,483 32,685
Verifica
du [cm] =>
dmax<du
399,97 OK
q* =>
q*<3
0,3 OK
0
2
4
6
8
10
12
0 5 10 15 20 25 30 35 40
S [m
/s2
]
SD [cm]
Sp. Elastico
TB
TC
TD
C.di Capacità
P.P.
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_________________________________________________________________________
APPENDICE C 333
7. Valutazione della prestazione (capacità).
Grafico C18 - Curva di Capacità e Performance Point
Il Performance Point del sistema a n-GDL sarà:
P.P.
Tb [KN] dmax [m]
113,77 0,3269 Tabella C.14 - Performance Point per il sistema a un MDOF
C.2.3.3 - CASO 3: Distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la deformata
del secondo modo di vibrare
1. Dati: si realizza il modello strutturale non lineare del sistema a n-GDL e si definisce
l’azione sismica tramite gli spettri di risposta elastici in accelerazione e spostamento.
Grafico C.19 - Spettri di Risposta Elastici in Accelerazione e Spostamento
0
50
100
150
200
250
300
0,0 1,0 2,0 3,0 4,0 5,0
Tb [
KN
]
dc [m]
Curva di capacità (MDOF)
P.P.
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_________________________________________________________________________
APPENDICE C 334
2. Domanda sismica per il sistema a 1-GDL nel formato AD: il formato AD assicura
una interpretazione visiva diretta della procedura. Si procede alla conversione dello
spettro di risposta elastico; le ascisse devono essere determinate in funzione dei
valori delle ordinate.
𝑆𝐷𝑒(𝑇) = 𝑆𝑒 ∙ (𝑇
2𝜋)
2
Grafico C.20 - Curva di Domanda Elastica (ADRS: Acceleration Displacement Response Spectrum)
I periodi non compaiono esplicitamente, ma sono rappresentati dalle rette radiali
uscenti dall’origine degli assi [la pendenza della generica retta per l’origine è pari a
(2π/T)2].
3. Si determina la curva di capacità del sistema reale a n-GDL: il vettore dei carichi
laterali {F} è definito in modo che la distribuzione dei carichi laterali {ψ} si
mantenga costante nel corso dell'analisi e sia correlata alla forma del vettore degli
spostamenti di piano {Ф}.
Grafico C.21 - Curva di Capacità del sistema reale a MDOF
0
2
4
6
8
10
12
0 5 10 15 20 25 30 35 40
S [m
/s2
]
SD [cm]
Sp. Elastico
TB
TC
TD
0
100
200
300
400
500
600
700
0,0 0,5 1,0 1,5 2,0 2,5
Tb [
KN
]
dc [m]
Curva di capacità (MDOF)
Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile
_________________________________________________________________________
APPENDICE C 335
4. Si determinano le caratteristiche del sistema a 1-GDL a comportamento bilineare
equivalente.
a) Il tratto elastico si determina imponendo il passaggio per il punto (0.60-0.70
T*bu) 𝑘∗ =0,60 T∗
bu
d∗0,60
b) Il tratto plastico è individuato dalla forza di plasticizzazione Fy* individuato uguagliando le aree sottese dalla bilineare e dalla curva di capacità.
Si passa dal sistema MDOF a quello a 1-GDL attraverso il coefficiente di
partecipazione modale Γ così definito:
𝛤 =∑ 𝑚𝑖Φ𝑖
∑ 𝑚𝑖Φ𝑖2
dove Φ rappresenta il vettore deformata del secondo modo.
PIANO MASSA U [m] Φ mi Φ mi Φ2 Γ
7 3,38 0,2520 1,000 3,38 3,38 0,809
6 4,04 0,1154 0,458 1,85 0,85
5 4,04 -0,0282 -0,112 -0,45 0,05
4 4,04 -0,1478 -0,587 -2,37 1,39
3 4,26 -0,2115 -0,839 -3,58 3,00
2 10,8 -0,1883 -0,747 -8,07 6,03
1 11,7 -0,0753 -0,299 -3,50 1,05
tot 42,26
-12,73 15,74 Tabella C.15 - Forma modale e coefficiente di partecipazione modale
Grafico C.22 - Curva di Capacità del sistema equivalente a confronto con quella reale
0
100
200
300
400
500
600
700
800
0,0 0,5 1,0 1,5 2,0 2,5 3,0
Tb [
KN
]
dc [m]
Curva di capacità (MDOF)
Curva di capacità (SDOF)
Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile
_________________________________________________________________________
APPENDICE C 336
T*bu 0,6T*bu d*c (0,6 T*bu) K* 0,85T*bu ≤0,85T*bu d*u(≤0,85T*bu)
[KN] [KN] [m] [KN/m] [KN] [KN] [m]
714,589 428,753 0,4604 931,244 607,400 599,514 2,738
F*y [KN] d*y [m] d*u [m] m* [KN s2/m] T* [s]
661,024 0,7098 2,7378 12,73 0,735 Tabella C.16 - Caratteristiche del sistema a 1-GDL a comportamento bilineare equivalente.
Grafico C.23 - Curva di Capacità del sistema a un SDOF a comportamento bilineare equivalente
5. Si determina la domanda sismica per il sistema a 1-GDL:
TC = 0,532 s => T* ≥ TC
T* = 0,735 s
Se (T*) = 6,691 m / s2 => Se (T*) ≤ Fy / m*
F*y / m* = 38,848 m / s2
Si riscontra un sistema flessibile dove: 𝑑𝑚𝑎𝑥∗ = 𝑑𝑒,𝑚𝑎𝑥
∗
Grafico C.24 - Domanda sismica per il sistema a un SDOF
0
100
200
300
400
500
600
700
800
0,0 0,5 1,0 1,5 2,0 2,5 3,0
Tb [
KN
]
dc [m]
Curva di capacità (SDOF)
Curva bilineare (SDOF)
0
5
10
15
20
25
30
35
40
45
0 50 100 150 200 250 300
S [m
/s2
]
SD [cm]
Sp. Elastico
TB
TC
TD
C.di Capacità
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_________________________________________________________________________
APPENDICE C 337
Facciamo un ingrandimento nella zona di interesse, ovvero quella del Performance
Point:
Grafico C.25 - Domanda sismica per il sistema a un SDOF
T* [s] S (T*) [m/s2] d*max [cm]
0,735 6,691 9,149
Il Performance Point del sistema a un 1-GDL sarà:
P.P.
S (T*) [m/s2] d*max [cm]
6,691 9,149 Tabella C.17 - Performance Point per il sistema a un SDOF
6. Si determina la domanda sismica globale per il sistema a n-GDL:
d*max [cm] Г dmax [cm]
9,149 0,809 7,401
Verifica
du [cm] =>
dmax<du
221,47 OK
q* =>
q*<3
0,17 OK
0
2
4
6
8
10
12
0 5 10 15 20 25 30 35 40
S [m
/s2
]
SD [cm]
Sp. Elastico
TB
TC
TD
C.di Capacità
P.P.
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_________________________________________________________________________
APPENDICE C 338
7. Valutazione della prestazione (capacità).
Grafico C.26 - Curva di Capacità e Performance Point
Il Performance Point del sistema a n-GDL sarà:
P.P.
Tb [KN] dmax [m]
203,2521 0,0740 Tabella C.18 - Performance Point per il sistema a un MDOF
C.2.3.4 - CASO 4: Distribuzione proporzionale al prodotto delle masse per la deformata
del terzo modo di vibrare
1. Dati: si realizza il modello strutturale non lineare del sistema a n-GDL e si definisce
l’azione sismica tramite gli spettri di risposta elastici in accelerazione e spostamento.
Grafico C.27 - Spettri di Risposta Elastici in Accelerazione e Spostamento
0
100
200
300
400
500
600
700
0,0 0,5 1,0 1,5 2,0 2,5
Tb [
KN
]
dc [m]
Curva di capacità (MDOF)
P.P.
Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile
_________________________________________________________________________
APPENDICE C 339
2. Domanda sismica per il sistema a 1-GDL nel formato AD: il formato AD assicura
una interpretazione visiva diretta della procedura. Si procede alla conversione dello
spettro di risposta elastico; le ascisse devono essere determinate in funzione dei
valori delle ordinate.
𝑆𝐷𝑒(𝑇) = 𝑆𝑒 ∙ (𝑇
2𝜋)
2
Grafico C.28 - Curva di Domanda Elastica (ADRS: Acceleration Displacement Response Spectrum)
I periodi non compaiono esplicitamente, ma sono rappresentati dalle rette radiali
uscenti dall’origine degli assi [la pendenza della generica retta per l’origine è pari a
(2π/T)2].
3. Si determina la curva di capacità del sistema reale a n-GDL: il vettore dei carichi
laterali {F} è definito in modo che la distribuzione dei carichi laterali {ψ} si
mantenga costante nel corso dell'analisi e sia correlata alla forma del vettore degli
spostamenti di piano {Ф}.
Grafico C.29 - Curva di Capacità del sistema reale a MDOF
0
2
4
6
8
10
12
0 5 10 15 20 25 30 35 40
S [m
/s2
]
SD [cm]
Sp. Elastico
TB
TC
TD
0
100
200
300
400
500
600
700
0,0 0,2 0,4 0,6 0,8 1,0
Tb [
KN
]
dc [m]
Curva di capacità (MDOF)
Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile
_________________________________________________________________________
APPENDICE C 340
4. Si determinano le caratteristiche del sistema a 1-GDL a comportamento bilineare
equivalente.
a) Il tratto elastico si determina imponendo il passaggio per il punto (0.60-0.70
T*bu) 𝑘∗ =0,60 T∗
bu
d∗0,60
b) Il tratto plastico è individuato dalla forza di plasticizzazione Fy* individuato uguagliando le aree sottese dalla bilineare e dalla curva di capacità.
Si passa dal sistema MDOF a quello a 1-GDL attraverso il coefficiente di
partecipazione modale Γ così definito:
𝛤 =∑ 𝑚𝑖Φ𝑖
∑ 𝑚𝑖Φ𝑖2
dove Φ rappresenta il vettore deformata del secondo modo.
PIANO MASSA U [m] Φ mi Φ mi Φ2 Γ
7 3,38 0,253474 1,000 3,38 3,38 0,461
6 4,04 -0,009394 -0,037 -0,15 0,01
5 4,04 -0,200726 -0,792 -3,20 2,53
4 4,04 -0,217411 -0,858 -3,47 2,97
3 4,26 -0,064456 -0,254 -1,08 0,28
2 10,8 0,163041 0,643 6,95 4,47
1 11,7 0,10293 0,406 4,75 1,93
tot 42,26
7,18 15,56 Tabella C.19 - Forma modale e coefficiente di partecipazione modale
Grafico C.30 - Curva di Capacità del sistema equivalente a confronto con quella reale
0
200
400
600
800
1000
1200
1400
1600
0,0 0,5 1,0 1,5 2,0 2,5
Tb [
KN
]
dc [m]
Curva di capacità (MDOF)
Curva di capacità (SDOF)
Università degli Studi di Roma La Sapienza – Facoltà di Ingegneria Civile
_________________________________________________________________________
APPENDICE C 341
T*bu 0,6T*bu d*c (0,6 T*bu) K* 0,85T*bu ≤0,85T*bu d*u(≤0,85T*bu)
[KN] [KN] [m] [KN/m] [KN] [KN] [m]
1388,150 832,890 0,3109 2678,778 1179,928 1154,542 2,184
F*y [KN] d*y [m] d*u [m] m* [KN s2/m] T* [s]
1275,781 0,4763 2,1836 7,18 0,325 Tabella C.20 - Caratteristiche del sistema a 1-GDL a comportamento bilineare equivalente.
Grafico C.31 - Curva di Capacità del sistema a un SDOF a comportamento bilineare equivalente
5. Si determina la domanda sismica per il sistema a 1-GDL:
TC = 0,532 s => T* < TC
T* = 0,325 s
Se (T*) = 9,233 m / s2 => Se (T*) ≤ Fy / m*
F*y / m* = 74,976 m / s2
Figura C.5 - Calcolo della domanda [27]
0
200
400
600
800
1000
1200
1400
1600
0,0 0,5 1,0 1,5 2,0 2,5
Tb [
KN
]
dc [m]
Curva di capacità (SDOF)
Curva bilineare (SDOF)
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_________________________________________________________________________
APPENDICE C 342
Si riscontra un sistema rigido dove: 𝑑𝑚𝑎𝑥∗ = 𝑑𝑒,𝑚𝑎𝑥
∗
Grafico C.32 - Domanda sismica per il sistema a un SDOF
Facciamo un ingrandimento nella zona di interesse, ovvero quella del Performance
Point:
Grafico C.33 - Domanda sismica per il sistema a un SDOF
T* [s] S (T*) [m/s2] d*max [cm]
0,325 9,233 2,475
0
10
20
30
40
50
60
70
80
0 50 100 150 200 250
S [m
/s2
]
SD [cm]
Sp. Elastico
TB
TC
TD
C.di Capacità
0
2
4
6
8
10
12
0 5 10 15 20 25 30 35 40
S [m
/s2
]
SD [cm]
Sp. Elastico
TB
TC
TD
C.di Capacità
P.P.
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_________________________________________________________________________
APPENDICE C 343
Il Performance Point del sistema a un 1-GDL sarà:
P.P.
S (T*) [m/s2] d*max [cm]
9,233 2,475 Tabella C.21 - Performance Point per il sistema a un SDOF
6. Si determina la domanda sismica globale per il sistema a n-GDL:
d*max [cm] Г dmax [cm]
2,475 0,461 1,142
Verifica
du [cm] =>
dmax<du
100,74 OK
q* =>
q*<3
0,12 OK
7. Valutazione della prestazione (capacità).
Grafico C.34 - Curva di Capacità e Performance Point
Il Performance Point del sistema a n-GDL sarà:
P.P.
Tb [KN] dmax [m]
70,11 0,0114 Tabella C.22 - Performance Point per il sistema a un MDOF
0
100
200
300
400
500
600
700
0,0 0,2 0,4 0,6 0,8 1,0 1,2
Tb [
KN
]
dc [m]
Curva di capacità (MDOF)
P.P.
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_________________________________________________________________________
APPENDICE C 344
C.2.3.5 – Combinazione dei risultati e confronti
Una volta determinate separatamente le richieste in termini di deformazioni spettanti alla
struttura per i casi 2-3-4 le abbiamo combinate con il metodo SRSS.
1° modo 2° modo 3° modo SRSS
dmax [cm] dmax [cm] dmax [cm] dmax [cm]
32,685 7,401 1,142 33,532 Tabella C.23 - Valori dei Perfomance Points
Come riscontrato in tabella, per la struttura in esame, l’aver considerato i primi tre modi di
vibrare ha dato un contributo tale da incrementare il P.P. del 3% circa.
A questo punto dobbiamo considerare come spostamento massimo, ovvero il “Performance
Point” della struttura (P.P.), quello maggiore tra il caso 1 e quello scaturito dalla
combinazione SRSS dei casi 2-3-4:
dmax (CASO 1) = 22,606 cm
dmax (P.P.) = 33,532 cm
dmax (SRSS) = 33,532 cm
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_________________________________________________________________________
APPENDICE C 345
C.3 - BIBLIOGRAFIA
[20] Chopra A.K., Goel R.K., (2001): “A modal pushover analysis procedure for estimating
seismic demands for buildings”, Earthquake Engineering Research Center, University of
California, Berkeley, 31 August 2001.
[27] E. Del Monte (2010), “L’analisi statica non lineare secondo il D.M. 14/01/2008”,
Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale, Università degli Studi di Firenze, Firenze,
26/04/2010.
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_________________________________________________________________________
APPENDICE D 346
APPENDICE D: TELAIO A NODI SEMI-RIGIDI
D.1 - MODELLO UTILIZZATO PER LA ZONA PANNELLO
Per modellare le zone pannello viene utilizzato il “modello non lineare con zone pannello”
descritto nella FEMA-355F, in particolare è stato utilizzato il modello Scissor.
Figura D.1 - Modello Scissor [4]
Le proprietà del modello Scissor sono determinate da quelle trovate per il modello
Krawinkler.
Le proprietà delle molle nel modello Krawinkler sono facilmente calcolate in termini di
proprietà fisiche.
Figura D.2 - Definizione della zona pannello [4]
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_________________________________________________________________________
APPENDICE D 347
Il momento nella molla è uguale al taglio del pannello per l'altezza del pannello e la
rotazione è uguale alla deformazione di taglio nel pannello diviso l'altezza del pannello.
Quindi:
𝑀𝑦,𝐾 = 𝑉𝑦 ∙ 𝑑𝑏 = (0,55 ∙ 𝐹𝑦 ∙ 𝑑𝑐 ∙ 𝑡) ∙ 𝑑𝑏
𝜃𝑦,𝐾 =𝑉𝑦 ∙ 𝑑𝑏
𝐺 ∙ 𝑑𝑐 ∙ 𝑡∙ (
1
𝑑𝑏
) =𝑉𝑦 ∙ 𝑑𝑏
𝐺 ∙ ∇𝑃
= 0,55 ∙𝐹𝑦
𝐺
dove:
db = profondità della trave
dc = profondità della colonna
t = spessore della zona pannello
G = modulo di taglio
Fy = tensione di snervamento
∇𝑃= 𝑑𝑐 ∙ 𝑡 ∙ 𝑑𝑏 = volume del pannello
Una volta determinati il momento e la rotazione di snervamento del pannello è possibile
determinare la rigidezza iniziale della molla rotazionale:
𝐾𝑦,𝐾 =𝑀𝑦,𝐾
𝜃𝑦,𝐾
Dal modello Krawinkler si passa a quello Scissor tramite i termini α e β che rappresentano
rispettivamente i rapporti tra l'effettiva profondità della colonna sulla lunghezza della
campata, e l'effettiva profondità della trave sull'altezza della colonna.
Figura D.3 - Tipico sottoassemblaggio interno colonna-trave [5]
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_________________________________________________________________________
APPENDICE D 348
𝑀𝑦,𝑆 =𝑀𝑦,𝐾
(1 − 𝛼 − 𝛽)
𝐾𝑦,𝑆 =𝐾𝑦,𝐾
(1 − 𝛼 − 𝛽)2
Per la rigidezza post-snervamento si utilizza una rigidezza pari a 𝛿 ∙ 𝐾𝑦,𝑆 con 𝛿 = 0,06.
D.2 - TELAIO 2D
Studiamo un telaio così composto:
Figura D.4 - Telaio 2D
Elemento strutturale Profilo L elemento (m) Materiale
Colonna HE320A 3 S275
Trave IPE400 5 S275 Tabella D.1 - Elementi costituenti il telaio 2D
D.2.1 - Materiale
In sede di progettazione si possono assumere convenzionalmente i seguenti valori nominali
delle proprietà dell’acciaio:
modulo elastico E = 210.000 N/mm²
modulo di elasticità trasversale G = E / [2 (1 + ν)] N/mm²
coefficiente di Poisson ν = 0,3
coefficiente di espansione termica lineare α = 12 x 10-6 per °C-1
(per temperature fino a 100 °C)
densità ρ = 7850 kg/m3
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APPENDICE D 349
Il tipo di acciaio utilizzato nella trave presa in esame è riportato in tabella D.2:
ACCIAIO Ftk (N/mm^2) fyk(N/mm^2) gmo fyd(N/mm^2) Es(N/mm^2)
S275 430 275 1,05 261,9 210000
Tabella D.2 - Proprietà acciaio con t ≤ 40mm
All’acciaio utilizzato è stato dato un legame elasto-plastico così definito sul SAP2000:
deformazione di snervamento εy =0,131%
deformazione ultima εu =20%
Figura D.5 - Curva tensione-deformazione acciaio S275
D.2.2 - Definizione cerniere plastiche secondo FEMA 356
La definizione dei legami delle cerniere plastiche a presso-flessione per le colonne e a
flessione per le travi sono state definite con la stessa procedura utilizzata in “APPENDICE
B”.
D.2.3 - Modellazione nodi semi-rigidi
Per il telaio in esame le campate delle travi sono le stesse su entrambi i lati della colonna, ed
è utilizzata per la colonna una singola sezione su tutta l'altezza. Le travi sono saldate alla
flangia della colonna.
Il nodo, nel quale si intersecano la colonna HE320A e le travi IPE 400, è definito dai
seguenti calcoli.
Modello Krawinkler
Rotazione di snervamento:
𝜃𝑦,𝐾 = 0,55 ∙𝐹𝑦
𝐺= 0,00197
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_________________________________________________________________________
APPENDICE D 350
Momento di snervamento:
𝑀𝑦,𝐾 = (0,55 ∙ 𝐹𝑦 ∙ 𝑑𝑐 ∙ 𝑡) ∙ 𝑑𝑏 = 168,79 𝐾𝑁𝑚
Rigidezza iniziale della molla rotazionale per l’asse maggiore a flessione:
𝐾𝑦,𝐾 =𝑀𝑦,𝐾
𝜃𝑦,𝐾
= 85868,42 𝐾𝑁𝑚
Modello Scissor
Momento di snervamento:
𝑀𝑦,𝑆 =𝑀𝑦,𝐾
(1 − 𝛼 − 𝛽)= 209,77 𝐾𝑁𝑚
Rigidezza iniziale della molla rotazionale per l’asse maggiore a flessione:
𝐾𝑦,𝑆 =𝐾𝑦,𝐾
(1 − 𝛼 − 𝛽)2= 132617,7 𝐾𝑁𝑚
Rigidezza di incrudimento:
𝐾𝑖𝑛𝑐𝑟.,𝑆 = 𝛿 ∙ 𝐾𝑦,𝑆 = 7957,06 𝐾𝑁𝑚
Rotazione di snervamento:
𝜃𝑦,𝑆 =𝑀𝑦,𝑆
𝐾𝑦,𝑆
= 0,00158
Rotazione ultima:
𝜃𝑢,𝑆 = 4𝜃𝑦,𝑆 = 0,00633
Momento ultimo:
𝑀𝑢,𝑆 = 𝑀𝑦,𝑆 + 𝐾𝑖𝑛𝑐𝑟.,𝑆 ∙ (𝜃𝑢,𝑆 − 𝜃𝑦,𝑆) = 247,53 𝐾𝑁𝑚
dove:
db = 0,4 m
dc = 0,31 m
t = 0,009 m
L = 5 m
H = 3 m
G = 80769231 KN/m2
Fy = 275000 KN/m2
α = 0,062
β = 0,133
δ = 0,06
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APPENDICE D 351
Definizione del legame Momento-Rotazione:
θ (-) M (KNm)
0 0
0,00158 209,77
0,00633 247,53 Tabella D.3 - Legame Momento-Rotazione
Grafico D.1 - Legame Momento-Rotazione
Nel SAP2000 è stato così definito:
Figura D.6 - Assegnazione zona pannello
0
50
100
150
200
250
300
0 0,001 0,002 0,003 0,004 0,005 0,006 0,007
M [
KN
m]
θ [-]
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APPENDICE D 352
Figura D.7 - Proprietà del Link
Figura D.8 - Proprietà direzionale del Link
D.2.4 - Analisi PUSHOVER
L’analisi viene eseguita impostando in successione i seguenti scenari di carico:
Si imposta un primo “load case” , che chiamiamo PUSH-V ,di analisi non lineare a
Load control per carichi verticali. Come carico è stato impostato il peso proprio.
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APPENDICE D 353
Figura D.9 - Analisi non lineare PUSH-V.
Si crea un successivo caso di analisi non-lineare, chiamato PUSH-OVER, che avrà
come base di partenza il precedente e si riferirà ad uno scenario di carico orizzontale
appositamente definito. Questo caso sarà a displacement control.
Figura D.10 - Analisi non lineare PUSH-OVER.
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APPENDICE D 354
Per la struttura in esame è stata scelta come distribuzione di carico invariante:
una distribuzione proporzionale alle masse:
𝐹𝑖 = 100 ∙𝑀𝑖
𝑀𝑡𝑜𝑡
La distribuzione di forze è:
PIANO MASSA [KNs2/m] Mi / Mtot F [KN]
3 1,050 0,264 26,36
2 1,468 0,368 36,82
1 1,468 0,368 36,82
tot 3,986 1,00 100,00 Tabella D.4 - Distribuzione proporzionale alle masse
Grafico D.2 - Distribuzione delle Forze
Quello definito fin qui vale per tutti i modelli:
1. Telaio con nodi trave-colonna rigidi;
2. Telaio con nodi trave-colonna a cerniera;
3. Telaio con nodi trave-colonna semi-rigidi inserendo una zona pannello modellata con
“Proprietà dell’elemento Plastico di tipo cinematico”.
0
3
6
9
0,00 10,00 20,00 30,00 40,00
Hp
ian
o [
m]
F [KN]
Distribuzioneproporzionalealle masse(UNIFORME)
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APPENDICE D 355
D.2.4.1 – Confronti dei tre modelli
Figura D.9 - Curve di capacità dei tre modelli
L’adozione del modello di telaio a nodi semi-rigidi provoca una distribuzione delle azioni
interne compresa tra quelle associate al modello di telaio pendolare e di telaio a nodi rigidi.
Dall’andamento delle curve di capacità si intuisce che è molto importante caratterizzare con
sufficiente accuratezza il legame costitutivo dei nodi, poiché da essi dipende l’intero stato di
sollecitazione del sistema. Difatti, a seconda del tipo di giunto, varia non soltanto la risposta
strutturale in termini di spostamenti, ma anche quella in termini di sollecitazioni, nonché la
rigidezza alla traslazione dei telai.
L’analisi di push-over consente di individuare la risposta non-lineare della struttura al
crescere delle azioni laterali e seguire la successione e l’evoluzione della plasticizzazione
nei vari componenti. Di seguito vengono mostrate le figure che rappresentano lo stato di
plasticizzazione dei tre modelli ad uno spostamento del punto di controllo (nodo dell’ultimo
piano) pari a dc = 1m.
Figura D.10 - Stato di plasticizzazione per dc=1m del modello a nodi rigidi
0
200
400
600
800
1000
1200
1400
0 0,2 0,4 0,6 0,8 1
Tagl
io a
lla b
ase
[K
N]
Spostamento ultimo piano [m]
NODI RIGIDI
NODI SEMI-RIGIDI
NODI CON CERNIERE
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APPENDICE D 356
Figura D.11 - Stato di plasticizzazione per dc=1m del modello a nodi semi-rigidi
Figura D.12 - Stato di plasticizzazione per dc=1m del modello a nodi cerniere
Mentre i modelli a nodi rigidi e a nodi semi rigidi danno risultati simili, quello del modello a
cerniere si comporta in modo totalmente differente in quanto si plasticizzano solo le colonne
alla base, questo è dovuto al fatto che le travi e le colonne non si trasmettono momenti.
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APPENDICE D 357
Confrontando le curve di capacità dei modelli a nodi rigidi e a nodi semi-rigidi si nota come
cambia la deformabilità ultima della struttura, assunta pari allo spostamento in
corrispondenza della forza massima.
Figura D.13 - Curve di capacità dei modelli a nodi rigidi e semi-rigidi
In particolare si mostra il profilo degli spostamenti di piano adimensionalizzati e quello dei
drift di interpiano.
Figura D.14 - Spostamenti di piano adimensionalizzati dei modelli a nodi rigidi e semi-rigidi
0
200
400
600
800
1000
1200
1400
0 0,2 0,4 0,6 0,8 1
Tb [
KN
]
Spostamento ultimo piano [m]
NODI RIGIDI
NODI SEMI-RIGIDI
0
1
2
3
0 2 4 6 8 10 12
N°
Pia
no
U / Htot [%]
NODI RIGIDI
NODI SEMI-RIGIDI
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APPENDICE D 358
Figura D.15 - Drift di interpiano dei modelli a nodi rigidi e semi-rigidi
Dai profili si evince come la deformabilità del telaio a nodi semi-rigidi aumenti rispetto a
quello del telaio a nodi rigidi, questo in effetti è quello che ci si aspettava avendo modellato
i nodi con una rigidezza finita.
0
1
2
3
0 5 10 15
N°
Pia
no
Drift [%]
NODI RIGIDI
NODI SEMI-RIGIDI
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APPENDICE D 359
D.3 - BIBLIOGRAFIA
[4] FEMA (2000), “State of the Art Report on Performance Prediction and Evaluation of
Steel Moment-Frame Buildings”, Federal Emergency Management Agency-355F,
Washington D.C., Semptember 2000.
[5] Finley A. Charney, Virginia Tech, U.S.A. William M. Downs, Simpson Strong Tie, Inc.,
U.S.A. (2004), “Modeling procedures for panel zone deformations in moment resisting
frames”, Amsterdam June 3-4, 2004.
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CONCLUSIONI 360
CONCLUSIONI
Le analisi, eseguite nel corso del lavoro svolto in questa tesi, hanno permesso di trarre
alcune conclusioni in merito all’influenza che ha la modellazione del nodo sul
comportamento sismico di strutture in acciaio quando si cimentano in campo plastico.
E’ stata effettuata un’analisi non lineare statica di un ospedale in acciaio con modellazione
delle zone pannello implementata nel software di calcolo agli elementi finiti SAP2000®, si
sono poi confrontati i vari risultati ottenuti con quelli trovati per il modello a nodi rigidi.
Dalle analisi svolte si osserva che:
la curva forza-spostamento, la quale descrive la risposta globale dell’edificio, è
funzione del punto di applicazione della risultante delle forze applicate e della
distribuzione delle rigidezze in altezza. Alla distribuzione uniforme corrisponde il
punto di applicazione più basso, quindi investe maggiormente la parte più rigida della
struttura che risponde con una maggiore resistenza e un minore spostamento allo
stato limite di collasso (SLC). La risultante della distribuzione proporzionale al
prodotto delle masse per la deformata del I modo principale è applicata in un punto
più alto rispetto a quella della distribuzione uniforme, quindi investe maggiormente
la parte meno rigida della struttura che presenta di contro minore resistenza e
maggiore spostamento allo SLC. La struttura risulta avere un comportamento più
rigido nel caso di distribuzione uniforme.
la deformabilità dei pannelli riduce la rigidezza laterale del telaio e quindi aumenta
gli spostamenti quando la struttura è sollecitata da forze orizzontali. L’incremento di
tali spostamenti aumenta la sensibilità della struttura agli effetti del secondo ordine,
per cui risulta necessario tener conto della presenza del pannello nella modellazione.
In particolare confrontando i due modelli con nodi rigidi e nodi semi-rigidi si è
osservato che:
o il tratto lineare e pseudo-lineare delle curve non subiscono variazioni
significative;
o il tratto di softening della curva del modello a nodi semi-rigidi possiede una
pendenza minore, quindi si ha una riduzione della rigidezza globale della
struttura.
i risultati, espressi in termini di spostamento di piano e drift di interpiano sia per un
terremoto di piccola intensità (Stato Limite di Operatività) che per un terremoto di
grande intensità (allo Stato Limite di Collasso), ci consentono di dire che:
o per un terremoto di modesta intensità (allo SLO) la MPA ((Modal Pushover
Analysis, Chopra e Goel [2001]), risulta più cautelativa e anche più accurata
visto che il cimento della struttura in campo plastico è limitato;
o per un terremoto di grande intensità (allo SLC) l’analisi con distribuzione
uniforme risulta più cautelativa ai piani inferiori ed è finalizzata a tenere in
conto il profondo modificarsi delle caratteristiche della struttura in presenza di
diffuse deformazioni plastiche.
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CONCLUSIONI 361
al crescere del comportamento non lineare della struttura corrisponde un aumento
in termini di spostamenti di piano e di drift di interpiano, e per l’analisi con
distribuzione uniforme tale aumento è enfatizzato ai piani inferiori della struttura.
le due modellazioni (nodi rigidi e nodi semi-rigidi), quando la struttura è soggetta a
terremoti di modesta intensità, portano a profili di spostamenti di piano e drift di
interpiano simili. In questo caso la modellazione della struttura a nodi semi-rigidi non
porta a dei cambiamenti importanti visto che la struttura ha un comportamento
ancora pseudo-lineare.
Per un terremoto di grande intensità la rigidezza laterale della struttura dipende anche
dalla rigidezza della zona pannello in quanto le deformazioni plastiche diventano
preponderanti. Le due modellazioni, in questo caso, portano a drift di interpiano
differenti, infatti in corrispondenza del 4° piano si ha un incremento del 13% del drift
trovato con il modello a nodi rigidi; ciò si giustifica con un meccanismo di piano
debole al medesimo piano.
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BIBLIOGRAFIA 362
BIBLIOGRAFIA
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BIBLIOGRAFIA 363
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and Dynamic Analysis and Design of Three Dimensional Structures ”, Berkeley, California
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