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società di stoRia PatRia PeR la Puglia

Rivista della sezione di lecce

n. 13 - 2011

EDIZIONI PANICO

Musei e Patrimoni Culturali nel SalentoAnalisi e prospettive

(Atti del Seminario di Studio, Lecce 27-28 ottobre 2011)

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Biologia marina e archeologia subacqueaPer un’idea di acquario a Nardò (Le)

Cristiano Alfonso*, Rita Auriemma*, Genuario Belmonte#,Francesco Denitto#, Anna Maria Miglietta#, Marcello Emilio Posi#

Premessa e basi del progetto

Nell’ambito del Programma Europeo di Cooperazione Territoriale Grecia-Ita-lia 2007/20131 è stato di recente approvato un progetto2 per la realizzazione di un acquario-museo interdisciplinare, in territorio comunale di Nardò (LE). Tale pro-getto vedrà la cooperazione di Università del Salento, Provincia di Lecce, e Co-mune di Nardò per la sua realizzazione, nel limite temporale di due anni.

La proposta mira a valorizzare il patrimonio archeologico e naturalistico som-merso lungo le coste salentine in generale, e quelle neretine in particolare.

L’esperienza dei Dipartimenti Universitari coinvolti, in merito, costituisce ga-ranzia della validità della proposta, dal momento che insieme il Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biologiche e Ambientali (DiSTeBA) e il Dipartimento di Beni Culturali (DiBC) già gestiscono 5 strutture dislocate sul territorio e destina-te alla informazione e alla divulgazione.

Si tratta (in ordine di fondazione) del Museo di Biologia Marina “Pietro Pa-renzan” a Porto Cesareo, dell’Orto Botanico a Lecce-Ecotekne, del Museo dell’Ambiente a Monteroni-Ecotekne, del Museo Storico-Archeologico a Lecce, e dell’Osservatorio OESEM al faro di punta Palascia a Otranto.

Gli altri due partner italiani di progetto (Provincia di Lecce e Comune di Nar-dò) presentano credenziali altrettanto valide nel campo della Museologia, aven-done realizzati e mantenuti diversi nell’arco del più recente periodo storico.

In particolare il Museo di Biologia Marina a Porto Cesareo è da qualche an-no sede di studi e ricerche sul pubblico e sull’ambiente sociale in cui opera (Mu-scogiuri e Belmonte, 2007; Miglietta et al., 2008; 2011; Denitto et al., 2011; Posi et al., 2011). Tali studi hanno consentito di allestire sale espositive con il suppor-to delle aspettative e delle preconoscenze del potenziale pubblico. L’esperienza ormai pluriennale che il Museo di Biologia Marina “Pietro Parenzan” ha matura-to nei visitors studies è stata di grande supporto all’organizzazione della proposta

* DiBC – Università del Salento, Lecce# DiSTeBA – Università del Salento, Lecce

1 Programma INTERREG IV, Asse 3: Improving the quality of life, protection of the environment and enhancement of social and cultural cohesion, Obiettivo Specifico 3.1.: Promotion of cultural and natural heritage.

2 Nome del progetto: Interdisciplinary Aquaria for the Promotion of Environment and History; acronimo APrEH, coordinatore G. Belmonte Università del Salento; partners Provincia di Lecce, Comune di Nardò, Università di Patrasso, Municipalità di Cefalonia.

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progettuale oggetto del presente contributo. Tra gli studi condotti sul pubblico del Museo di Biologia Marina a Porto Ce-

sareo (circa 12.000 visitatori l’anno), l’analisi del visitors book, dove i visitato-ri lasciano consigli e giudizi dopo la visita, ha rivelato che una parte dei visitato-ri faceva esplicitamente riferimento a qualcosa che riteneva assente nel museo.

Tra le assenze più sentite si rinviene quella di animali vivi e/o di acquari in cui osservare le specie nel loro ambiente naturale (Miglietta et al., 2011).

Un acquario, dunque, pare essere una esigenza del territorio, se si deve prestar orecchio a tali suggerimenti, e rientra tra le agenzie educative fondate sulla colle-zione, come anche i musei e gli zoo, che possono giocare un ruolo fondamentale nell’educazione ambientale perché stimolano la curiosità del pubblico, fornisco-no occasioni di apprendimento e guidano una modificazione degli stili di vita, of-frendo al pubblico una eccezionale opportunità di incontro con il mondo naturale, anche in contesti fortemente antropizzati, come quello urbano. Una struttura di questo tipo è sicuramente più impegnativa da un punto di vista tecnico ed econo-mico rispetto ad un Museo in senso stretto (motivo, forse, dell’assenza, ad oggi, in Puglia di una simile istituzione), e questo è uno dei motivi per i quali il proget-to propone qualcosa di relativamente piccolo ma originale e fortemente rappre-sentativo della realtà territoriale, culturale e sociale in cui si vuole inserire.

Background scientifico della proposta

Dal momento che la proposta riguarda un allestimento interdisciplinare tra Biologia Marina e Archeologia, è bene precisare che anche dal punto di vista dei contenuti, la tradizione universitaria salentina, in entrambe i campi, è di tutto ri-lievo e ben giustifica una messa in luce di questi aspetti.

I Biologi Marini del DiSTeBA dell’Università del Salento, membri del net-work di eccellenza europeo MarBEF, hanno già realizzato, di utile al concepi-mento e all’allestimento del museo-acquario, mappature estese di fondali costieri salentini, e un censimento dettagliato delle grotte sommerse lungo le coste roc-ciose della provincia di Lecce (per la costa di Nardò si consultino Onorato et al., 2006; Belmonte et al., 2011). Inoltre non si dimentichi che il Salento accoglie ben 2 Parchi Nazionali marini (le Aree Marine Protette Torre Guaceto e Porto Cesa-reo), ed uno di istituzione proposta (l’AMP della costa Otranto-Leuca), a testimo-nianza della forte valenza naturalistica delle coste salentine.

Dalla parte degli studi archeologici esistono altrettante basi a giustificare un in-vestimento sulla loro promozione. Gli archeologi subacquei del DiBC dell’Uni-versità del Salento svolgono da due decenni un’intensa attività di ricerca, lanciata già nei primi anni ‘90 dall’Unità Operativa “Porti e approdi” del Progetto Strate-gico CNR-Università di Lecce 251100. Nel 2004 è apparsa una prima pubblica-zione sui modi e le forme del paesaggio costiero salentino, di cui era parte inte-grante la Carta Archeologica Subacquea del Salento – Forma maris (Auriemma, 2004), il sistema informativo contenente i dati cartografici e documentari geore-ferenziati relativi ai relitti e ai rinvenimenti (fig. 1). Da allora il gruppo di lavoro

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si è attivamente impegnato nell’aggiornamento continuo del sistema ed ha raffi-nato l’apparato catalogico, recependo le direttive dell’Istituto Centrale per il Ca-talogo e la Documentazione nel censimento dei beni culturali (Auriemma et al., 2011) e sviluppato l’applicazione delle metodologie dei GIS in ambiti così pe-culiari quali quelli costieri e marittimi. A tutt’oggi il lavoro rappresenta l’uni-co sistema informativo del genere in ambito nazionale e comprende 80 relitti accertati, 34 ipotetici e 530 rinvenimenti isolati, decontestualizzati o aree di con-centrazione/dispersione di materiali.

Le nuove acquisizioni impongono un’ulteriore riflessione sull’archeologia del paesaggio costiero salentino, di cui i relitti sono parte integrante, sia dal pun-to di vista della restituzione di questi paesaggi d’acqua nell’antichità, sia nella ri-composizione della rete delle vie del mare, di rotte e circuiti preferenziali di cui rappresentano i ponderosi miliari.

è prevista la prossima pubblicazione del volume integrativo Salentum a salo II, con tutte le nuove acquisizioni e soprattutto il WebGIS subacqueo, che trasfor-merà l’attuale semplice sistema informativo in una sorta di “Facebook geografi-co” a disposizione, su più piani e livelli di accesso, della collettività, degli addetti ai lavori, degli enti di tutela e di controllo (Cossa et al., 2012).

Godiamo quindi di una situazione privilegiata, se non unica, che motiva a 360 gradi la proposta APrEH: abbiamo a disposizione un ingente patrimonio som-merso, storico-archeologico e naturalistico, conosciuto ed in gran parte docu-mentato; si tratta di un bacino di conoscenze e informazioni da cui il progetto po-trà attingere per contestualizzare pienamente il museo nel paesaggio costiero e marittimo neretino e salentino.

Il comune di Nardò

Rimane da stabilire le ragioni di una scelta territoriale su una delle circa 100 località (tra comuni e frazioni) della Provincia di Lecce. Innanzitutto la città di Nardò (31.500 abitanti3), è il centro più popoloso e il comune più esteso territo-rialmente di tutta la Provincia, dopo il capoluogo Lecce, con questo offrendo ga-ranzie di solidità economica e interesse culturale per una proposta del genere. Accoglie sul suo territorio importanti valori naturalistici, riconosciuti con la isti-tuzione del Parco Regionale “Porto Selvaggio e Palude del Capitano”, e la condi-visione di parte dell’area marina costiera con l’AMP Porto Cesareo, della quale ha già chiesto una estensione che includa ulteriori tratti di costa neretina. I fondali marini della costa neretina custodiscono relitti di ogni epoca (come in ogni parte del Salento) ma uno in particolare ha stimolato e ispirato il progetto APrEH: una nave oneraria del II secolo a.C. il cui abbondante carico di anfore è in parte stato trasferito in locali comunali, senza mai, però, riuscire a costituire una mostra per-manente al pubblico.

Il relitto giace nelle acque di S. Caterina, all’altezza di Punta dell’Aspide ed a

3 Bilancio demografico ISTAT, aggiornato al 31/12/2010.

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22 m circa di profondità; trasportava anfore “greco-italiche tarde”, vinarie, e va-sellame ceramico. Nel corso della campagna di scavo del 1984, condotta dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici della Puglia, venne messa in luce la prua dello scafo e venne recuperata parte del carico (Auriemma, 2004). Una ricogni-zione Soprintendenza - Università del Salento ha verificato come, nonostante le asportazioni indebite, gran parte del giacimento sia ancora in posto, in attesa di un nuovo e articolato programma di indagini.

Il mare antico di Nardò cela comunque altri relitti, come quello degli Sco-gli delle Tre Sorelle, in prossimità del porticciolo di S. Caterina, tra 11 e 14 m di profondità, dove, incastrati e concrezionati nelle fenditure della parete, si nota-no numerosi frammenti anforari. Si tratta sempre di anfore vinarie dell’Italia me-ridionale o della Sicilia, ma prodotte tra il IV e la prima metà del III secolo a.C. In origine questo carico si presentava, stando a testimonianze autoptiche, come “una massa di anfore ordinatamente sovrapposte”, il cui saccheggio era sicura-mente in atto già nel 1945; nelle vicinanze è stata rinvenuta anche un’ancora.

Ancora, sono stati recentemente segnalati resti di un carico di anfore adriati-che della fine del II – I sec. a.C. (forma Lamboglia 2) ad un miglio dalla costa di Porto Selvaggio; non sono state rintracciate parti dello scafo.

Nardò, in aggiunta, ha sempre manifestato il suo debole per la Biologia Ma-rina, avendo assecondato la volontà del professore Pietro Parenzan di istituire una stazione scientifica per il mare a Porto Cesareo nel 1966 (nel 1976 la locali-tà neretina sarebbe diventata comune indipendente), e avendo accolto nel 1973 il quinto Congresso Nazionale di Biologia Marina, organizzato dalla costituenda Società Italiana di Biologia Marina4.

In quella circostanza fu redatto l’atto ufficiale di costituzione della Società Italiana di Biologia Marina che, di conseguenza, è ufficialmente nata a Nardò.

Con il distacco politico-amministrativo di Porto Cesareo, Nardò perdette an-che la sua Stazione di Biologia Marina e provò immediatamente a sostituirla con un Acquario comunale, in località Santa Caterina, sul mare. I pesanti oneri eco-nomici di una tale struttura, però, non le hanno consentito di sopravvivere a lun-go. Stessa sorte pareva toccare alla stazione di Biologia Marina di Porto Cesareo che, però, ebbe l’intuizione di uscire dalla realtà locale e di inserirsi in un conte-sto più ampio con la confluenza nell’Università che, da allora (1976) se ne occu-pa con successo.

Analoghe considerazioni possono farsi per l’agognato Museo del Mare di Nardò, a tutt’oggi in attesa di sistemazione definitiva: qui dovevano essere espo-sti carico e scafo del relitto di S. Caterina, secondo gli intenti iniziali, a cui però non si è dato seguito nonostante lo stanziamento di una somma eccezionale per l’epoca (primi anni ’80) e la disponibilità dell’Amministrazione comunale. Il re-litto di S. Caterina rimane l’occasione perduta dell’archeologia subacquea italia-na (Auriemma, 2000).

Tutte queste vicende testimoniano senza ombra di dubbio la convinzione del

4 La SBM, operativa di fatto dal 1969, si è costituita ufficialmente con atto notarile, sempre a Nardò, nel 1974 (info dal sito SBM).

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municipio neretino nella valorizzare il proprio mare e le sue ricchezze non econo-miche, ma piuttosto naturalistiche e storico-archeologiche.

Il comune di Cefalonia (Kefallinia)

In parallelo alla organizzazione del piano operativo per la realizzazione di un museo-acquario interdisciplinare a Nardò, come previsto dal programma (bilate-rale Grecia-Italia), anche in Grecia il progetto APrEH prevede a Cefalonia la rea-lizzazione di una struttura gemella di quella da realizzare a Nardò.

I due musei-acquari avranno il compito di arricchire l’offerta culturale di aree turisticamente marginali (rispetto ai grandi circuiti nazionali) per offrire una op-portunità in più all’economia del territorio. Questo sarà ottenuto con la valoriz-zazione congiunta degli aspetti naturalistici e archeologici dei fondali marini prospicienti alle due municipalità coinvolte. Anche a Cefalonia, ovviamente, i fondali sono ancora incontaminati da una pressione antropica eccessiva, e le te-stimonianze sommerse della storia Greco-Romana non mancano. I due musei-ac-quari, una volta realizzati, avranno la possibilità di crescere confrontandosi e ri-solvendo i problemi in modo congiunto. Si realizzerà con essi una sorta di museo diffuso sul territorio dello Ionio settentrionale, con l’incoraggiamento del turi-smo a comprendere entrambe le mete nella propria offerta.

L’idea progettuale

Acquari e musei del mare non sono una novità. Molti ne esistono e questa pre-senza diffusa in qualche modo preoccupa i progettisti se non altro dal punto di vi-sta del confronto e della competizione sulle proposte.

In realtà, gli acquari, per essere attrattivi e scientificamente accettabili, han-no bisogno di grandi volumi di acqua, con un conseguente enorme dispendio di energie e risorse per il loro mantenimento. Dall’altra parte, i musei del mare sono sempre stati una rappresentazione del mondo del mare e della navigazione ma … fuori del contesto acquatico delle storie che raccontano: navi e storie, ricostruite e raccontate, sono state offerte sempre senza l’elemento cui sono legati: il mare.

La necessità di realizzare una struttura obbligatoriamente limitata negli spa-zi per questioni economiche, ha fatto nascere l’idea di abbandonare la proposta di un museo del mare “tipico” (tra l’altro già progettato, ma mai aperto alla fruizio-ne del pubblico) per puntare su una proposta scenografica e interdisciplinare che coinvolgesse più attori da una parte, e più interessi, dall’altra.

Il progetto APrEH, dunque vuole mostrare imbarcazioni (ricostruite o del tut-to virtuali) nella loro attuale situazione di rapporto col mezzo acqueo, da relitti, in diretta e reale interazione.

Riproduzioni dei relitti più famosi di questo tratto di costa verranno proposte immerse in un mezzo acqueo abitato da quegli organismi marini che ora ne sono spettatori e in molti casi i nuovi padroni. Questa proposta, che molto dovrà inve-stire sulla scenografia e la strategia pubblicitaria per attirare il pubblico, dovrà

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fare da esca per condurre il visitatore, secondo i più collaudati meccanismi di per-corso logico-didattico, all’approfondimento biologico-naturalistico e/o storico-archeologico. Lo scopo dei progettisti è quello di insinuare la consapevolezza nel pubblico, che una grande prateria, una cozza-pinna colossale, o la tavolozza di colori prodotta da decine di spugne su una stessa parete di grotta sommersa, pos-sano rappresentare bene culturale anch’essi al fianco e al posto di un relitto gre-co-romano e delle sue anfore.

Viceversa, il relitto divorato da secoli di vita marina, abitato fin nelle viscere da nuovi inquilini, smette di essere solo un resto storico (un bene culturale) e co-mincia ad essere considerato una nuova tipologia di substrato marino su cui si in-sedia una nuova o diversa tipologia di biocenosi.

A dire il vero, negli ultimi decenni la Biologia Marina ha compiuto impor-tanti passi sulla via della conoscenza, dedicandosi agli ambienti ristretti nelle di-mensioni spaziali o anche temporali (di breve durata). Lo studio di piccoli appez-zamenti di fondale marino in prossimità delle sorgenti idrotermali ha riservato sorprese semplicemente inimmaginabili a chi prima studiava il mare nelle sue grandi estensioni. Novità simili (nella composizione e nel grado di interesse) si sono rinvenute anche sulle carcasse di grandi cetacei (ciascun grande cetaceo in-teso come substrato limitato nello spazio e nel tempo). Un mondo diverso, ma al-trettanto caratteristicamente isolato, è quello che vive addosso a grandi animali come le Pinna nobilis. Tra gli ambienti ristretti, l’Università del Salento ha con molto entusiasmo intrapreso lo studio delle grotte sommerse a causa della singo-larità di ciascuna di esse, per la comprensione di un mondo pur grandemente fra-zionato in porzioni di piccola (apparentemente) importanza. Le grotte sommerse della provincia di Lecce sono state stimate (ad oggi) in circa 90 e più di 20 sono state segnalate nel tratto di costa tra porto Cesareo e Santa Maria di Nardò (Ono-rato et al., 2006; Belmonte et al., 2011). E quanto è stato trovato in alcune di es-se è risultato unico al mondo. Se si considera che anche il numero di relitti som-mersi antichi (però lungo l’intera penisola salentina) si aggira da 80 a 114 unità, si realizza come potrebbe essere possibile trovare unicità biologiche associate al legno di tutto rilievo anche per l’interesse prettamente biologico. Se, a questi re-litti, si aggiungono gli altri (per parlare solo di quelli già noti) in ferro che raccon-tano storie ben più recenti, il numero praticamente raddoppia e le similitudini con l’ambiente di grotta aumentano, dal momento che l’interno di un relitto di metal-lo potrebbe essere una sorta di grotta sommersa con le stesse caratteristiche.

Un museo-acquario di questo tipo, come deriva immediatamente da queste poche righe, potrebbe (e dovrebbe) diventare una sorta di laboratorio per lo stu-dio di fenomeni ancora poco o per nulla conosciuti che riguardano i processi in ambiente acquatico marino:- Processo di decomposizione del legno in acqua marina (la cui comprensione

potrebbe aiutare anche nel settore della protezione dei manufatti e/o del loro re-stauro)

- Processo di colonizzazione del relitto da parte di organismi marini xilofili (at-tratti o preferenti il substrato di legno)

- Processo di colonizzazione interna dei relitti in metallo, del vasellame in cera-

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mica, e comparazione con le situazioni sciafile naturali (grotte sottomarine e cavità di ogni tipo), con studio del comportamento delle specie (pesci e mollu-schi) legate a tane o rifugi.

- Allevamento e propagazione di specie rare, protette, o di grande appeal per il pubblico.

- Sviluppo di tecniche e sostanze per soluzione di problemi tecnici (fouling) o di possibile uso farmacologico

Se questa è la parte oscura, faticosa e necessariamente lenta negli sviluppi, che riguarda la ricerca e i ricercatori e non il pubblico (almeno nella sua fase istruttoria), il nuovo museo-acquario rappresenterà lo spunto per ricostruzioni storiche e racconti di naufragio che andranno a costituire la parte che più solleci-terà la fantasia ed appagherà la curiosità del visitatore.

Ciascun ambiente-vasca sarà corredato di cartelli focalizzatori di attenzione (non esplicativi perché poco funzionali nella collocazione) che suggeriranno la possibilità di approfondire argomenti di Biologia Marina, Archeologia Subac-quea, Storia e vicende legate ai naufragi. Il visitatore potrà, pertanto, essere cattu-rato da uno qualsiasi di tali suggerimenti (o da tutti) e avvertire la necessità di ap-profondire e soddisfare la propria curiosità.

Relitto e imbarcazione saranno ricontestualizzati nell’ambiente marino, ani-mando una sequenza di istantanee per scorrere a ritroso le loro vicende.

La formazione del giacimento: dinamiche e contestoQuesto fuoco espositivo potrebbe valersi di realtà digitali e condurre il visi-

tatore, attraverso sistemi di fruizione semi-immersiva/ologrammi, dal momento del naufragio di una nave e del suo impatto sul fondo al reciproco adattamento tra ambiente marino e relitto, in diversi macro-contesti: alto fondale, ambiente di spiaggia, fondale roccioso. La sequenza potrebbe richiamare uno o più relitti dei fondali ionici, come quelli romani tardo-repubblicani (II sec. a.C.) di S. Caterina di Nardò o di Torre Sinfonò, Alliste (Le), con resti di legno e carico di anfore, o relitti moderni. I vari “fotogrammi” potrebbero riguardare le dinamiche del nau-fragio, la decomposizione sul fondale o, parallelamente, la trasformazione di un relitto in ambiente di spiaggia (grazie all’effetto trappola dei sedimenti), il con-crezionamento, la contaminazione e sovrapposizione, il danneggiamento e la di-spersione degli oggetti a causa di turbamenti antropici ed in minima misura an-che faunistici.

Il “fotogramma” finale potrebbe essere rappresentato anche dalla riproduzio-ne del relitto così come giace oggi sul fondale, immerso nell’acqua, circondato e colonizzato da organismi marini.

Immagini dei fondali tra natura e storiaIl percorso potrebbe offrire un’ulteriore chance: riprese video o da telecamere

a circuito chiuso di uno o più siti archeologici subacquei della costa neretina e sa-lentina per consentire immersioni “virtuali” ai visitatori, e contemporaneamente la sorveglianza dei giacimenti dall’esterno.

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Promozione del territorio

Il progetto di museo-acquario che si propone, pertanto, vuole essere occasio-ne di stimolo del visitatore che troverà i mezzi e gli argomenti per approfondire gli argomenti proposti di qualsiasi tipo con la scenografia vivente delle vasche.

La struttura, infatti, sarà dotata di sala internet - mediateca, biblioteca – sala lettura, sala proiezione filmati, e sala conferenze che riceverà seminari e conve-gni legati ai temi proposti.

La proposta informativa sul patrimonio biologico e archeo-storico sommerso nel tratto di mare antistante, sarà indubbia occasione di promozione dei beni am-bientali e culturali del posto e assolverà ad uno dei ruoli fondamentali del museo: la fidelizzazione della popolazione locale che in esso vedrà la valorizzazione di se stessa e della propria storia.

Questo scopo, pur fondamentale e di sicuro impatto, non sarà l’unico, dal mo-mento che la proposta di valorizzazione dei beni territoriali (ambientali e storici) sarà il logico stimolo all’apprendimento di notizie e situazioni connesse. In prati-ca ci si servirà degli organismi e dei relitti locali, per divulgare concetti di Biolo-gia Marina e ricostruzioni di Storia Antica.

La proposta rappresenterà una sorta di scommessa-impresa che tenderà ad offrire qualcosa di diverso al turismo pur fiorente del posto. Il potenziamento dell’offerta culturale turistica, in un’area già baciata dal recente successo turisti-co (circa 250.000 visitatori estivi accolti in vario modo nel comune di Nardò nel-la sola estate 2011), sarà un boomerang positivo che contribuirà all’indipendenza economica della struttura. Ad ogni buon conto, i partner di progetto (Università, Comune, e Provincia) saranno chiamati a sottoscrivere una dichiarazione di in-tenti per il mantenimento della struttura, una volta realizzata, con una azione con-giunta che le consenta una certa tranquillità operativa almeno per i primi 5 anni di vita.

L’area in cui la struttura sarà realizzata, al centro del villaggio costiero di San-ta Maria al Bagno (comune di Nardò) è necessariamente prossima al mare, su un tratto di costa tra i più scenografici dell’intera costa del Golfo di Taranto (sito de le 4 colonne), e a 200 m da una struttura museale di recente inaugurazione (il Mu-seo della Memoria e dell’Accoglienza, dedicato ai profughi israeliti che venivano concentrati in questo villaggio, al termine della seconda guerra mondiale, prima di andare in Palestina). La fortunata posizione (sul mare e nei pressi di altra strut-tura museale) consentirà di prevedere un intenso flusso di visitatori per l’estate, oltre che per la stagione scolastica. Inoltre il villaggio di Santa Maria al Bagno è a soli 20 Km da Porto Cesareo, e potrebbe giovarsi dei visitatori del locale Museo di Biologia Marina (o giovare a quel museo con i propri) o in generale di quelli dell’AMP, in una strategia di offerta multipla che potrebbe contenere anche la vi-sita, sott’acqua nelle aree accessibili, degli ambienti e dei relitti, e grazie alla pre-senza di diving centers i cui accompagnatori conoscono tutti i segreti dei fondali e delle grotte neretine (Miglietta, 2008).

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Dettagli tecnici del museo-acquario

Il museo-acquario APrEH propone:- un grande diorama (la nave oneraria romana) ed esposizioni di reperti archeo-

logici e fuori dalle vasche-acquario;- ricostruzione di relitti, della loro colonizzazione biologica, e degli scenari di

rinvenimento all’interno delle vasche acquario;- percorso obbligato (storico - geografico) attraverso le esposizioni, accompa-

gnato da contributi testuali realizzati secondo uno stile narrativo, disegni, ri-produzioni e modelli digitali;

- allestimento di una sala multimediale/biblioteca /internet point (50 posti a se-dere) per la didattica, la documentazione e l’organizzazione di convegni;

- complementarietà rispetto al Museo di Biologia Marina “Pietro Parenzan” a Porto Cesareo;

La progettazione è stata già assistita e continuerà ad avvalersi di indagini: - conoscitive sulle potenzialità del territorio (ricettività alberghiera, flusso turi-

stico annuo e mensile, previsione di sviluppo nel breve termine, rete stradale e mezzi pubblici a servizio dell’area, facilità di accesso, ecc.);

- sulle aspettative dei diversi Pubblici potenziali; - sulla progettazione dell’immobile e degli impianti tecnologici, congiunta, da

parte di ingegneri, architetti, biologi, tecnici acquaristi, ecc.;- sull’analisi dei costi di gestione (uscite) e delle potenziali entrate a regime (do-

po 5 anni di avvio);- sullo studio del contesto territoriale finalizzato ad un corretto inserimento della

struttura all’interno del tessuto socio-ecologico ed economico dell’area.

Gli interventi da realizzare, oltre quelli strutturali dell’edificio che accoglierà il museo-acquario, comprenderanno:- la mappatura GIS delle principali biocenosi marine, e dei singoli punti di inte-

resse (relitti o animali) sott’acqua;- il prelievo e l’allevamento in vasca degli abitanti più tipici e spettacolari del

mare neretino;- la documentazione fotografica e rilievi topo-metrici su particolari situazioni

(grotte e relitti) fino a 90 m di profondità;- l’indagine pre-allestimento condotta con questionari somministrati a campioni

rappresentativi (più di 1000 unità) di abitanti del posto, e turisti provenienti da altre località;

- l’allestimento di scenografie e acquari con le migliori tecniche, anche di realtà virtuale, con materiali non fissi e intercambiabili;

- contatti e scambi continui con l’intervento gemello in Grecia (anche al fine di scambiare soggetti e allestimenti);

- realizzazione di un sito web a promozione e informazione sul decorso dell’ini-ziativa;

- realizzazione di corsi di formazione rivolti a candidati tecnici acquaristi, da re-clutare a fine progetto per lavorare direttamente nella nuova struttura.

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Bibliografia

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