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Mobilità articolare Possiamo intendere la flessibilità come quella capacità della nostra struttura articolare , muscolare ,legamentosa di raggiungere il massimo grado di escursione articolare , vedremmo come questa capacità sarà influenzata dalla caratteristiche intrinseche della struttura e come sarà influenzata dal sistema nervoso centrale SCN e periferico SNP. La ricerca di una qualsiasi escursione articolare è limitata da diversi fattori che possiamo definire barriere , schematicamente parleremo di : 1. Barriera fisiologica (legamento ,capsula articolare , fascia ) 2. Barriera elastica (tessuto muscolare ) 3. Barriera anatomica (contatto tra 2 capi ossei che limita definitivamente l’escursione) La prima barriera rappresenta la prima resistenza che si oppone al raggiungimento di un determinato grado di mobilità sia per caratteristiche legate alla struttura di questo tessuto sia per fattori nervosi legati alla stimolazione di recettori situati all’interno dei legamenti. Il legamento ha una struttura che lo rende meno elastico ed allungabile rispetto al muscolo è composto da cellule denominate fibroblasti, fibre elastiche(elastina),fibre connettivali (collageno),all’interno di queste strutture troviamo dei piccoli spazi lacunari deputati al passaggio di liquido sieroso deputato al mantenimento di questa struttura sempre lubrificata e flessibile. Proprio il continuo movimento quindi lo scorrimento di queste strutture garantiscono la continua circolazione di questo liquido che offre elasticità e nutrimento alla struttura. Tale struttura legamentosa è deputata a mantenere l’integrità di un articolazione tramite il supporto del tessuto muscolare ,ed al trasferimento delle forze dal muscolo all’osso . La barriera fisiologica è spesso la struttura che per prima perde il grado di allungamento assieme al tessuto fasciale e connettivo. Una scarsa attività motoria crea alla lunga delle

Mobilità articolare(2)

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Mobilità articolare

Possiamo intendere la flessibilità come quella capacità della nostra struttura articolare , muscolare ,legamentosa di raggiungere il massimo grado di escursione articolare , vedremmo come questa capacità sarà influenzata dalla caratteristiche intrinseche della struttura e come sarà influenzata dal sistema nervoso centrale SCN e periferico SNP. La ricerca di una qualsiasi escursione articolare è limitata da diversi fattori che possiamo definire barriere , schematicamente parleremo di :

1. Barriera fisiologica (legamento ,capsula articolare , fascia )2. Barriera elastica (tessuto muscolare )3. Barriera anatomica (contatto tra 2 capi ossei che limita definitivamente

l’escursione)

La prima barriera rappresenta la prima resistenza che si oppone al raggiungimento di un determinato grado di mobilità sia per caratteristiche legate alla struttura di questo tessuto sia per fattori nervosi legati alla stimolazione di recettori situati all’interno dei legamenti. Il legamento ha una struttura che lo rende meno elastico ed allungabile rispetto al muscolo è composto da cellule denominate fibroblasti, fibre elastiche(elastina),fibre connettivali (collageno),all’interno di queste strutture troviamo dei piccoli spazi lacunari deputati al passaggio di liquido sieroso deputato al mantenimento di questa struttura sempre lubrificata e flessibile. Proprio il continuo movimento quindi lo scorrimento di queste strutture garantiscono la continua circolazione di questo liquido che offre elasticità e nutrimento alla struttura. Tale struttura legamentosa è deputata a mantenere l’integrità di un articolazione tramite il supporto del tessuto muscolare ,ed al trasferimento delle forze dal muscolo all’osso . La barriera fisiologica è spesso la struttura che per prima perde il grado di allungamento assieme al tessuto fasciale e connettivo. Una scarsa attività motoria crea alla lunga delle alterazioni strutturali all’interno di questo tessuto che si manifestano in un addensamento delle fibre connettivali (collageno) ed una perdita di elastina questo addensamento crea una scarsa circolazione della linfa all’interno degli spazi lacunari che non garantisce più nutrimento ed elasticità .

Lo stesso meccanismo avviene quando il legamento è stressato eccessivamente a livello meccanico , questi stress lo portano ad aumentare i suoi meccanismi di riparazione aumentando la deposizione di fibre connettivali .

La seconda barriera elastica è rappresentata dal tessuto muscolare il quale presenta notevoli capacità elastiche è ossia in grado di essere stirato in tutta la sua lunghezza accumulando energia meccanica e di restituire questa energia nel minor tempo possibile . Al suo interno presenta dei recettori alfa o fibre intrafusali disposti in parallelo rispetto alle fibre muscolari, sono costituiti da terminazioni assonali che avvolgono la porzione centrale di fibre , i quali innescano un riflesso spinale che si attua quando il muscolo viene stirato rapidamente. Lo stiramento rapido determina un eccitazione da parte dei recettori alfa i quali inviano un potenziale d’azione il quale arriva all’altezza del corno grigio posteriore di una sezione midollare l’impulso viene trasmesso tramite un interneurone situato all’interno della materia grigia il quale stimola il motoneurone delle fibre alfa.Fuoriuscendo dal corno anteriore conduce gli impulsi al muscolo effettore creando la contrazione riflessa questo riflesso si definisce riflesso da stiramento, o riflesso di Sherringhton (1906) Più e rapido lo stiramento che porta il raggiungimento di una escursione articolare più il muscolo attiverà dei recettori che stimoleranno una contrazione riflessa per riportare il muscolo alla lunghezza originale . I recettori alfa sono a loro volta inibito dai motoneuroni di primo ordine che partono dalla corteccia motoria del SNC . Si

comprende quindi come il SNP e SNC abbiano un ruolo importante nel contrastare e facilitare il superamento della barriera elastica muscolare .

Al contrario i recettori del Golgi OTG sono localizzati nella giunzione tra i tendini e il muscolo e disposti in serie rispetto alle fibre muscolari. La contrazione del muscolo e il conseguente stiramento del tendine provocano la risposta degli OTG che innescano un arco riflesso che inibisce la tensione del muscolo che ha causato la tensione del tendine proteggono il muscolo stesso da eccessiva tensione. L’impulso del Golgi passa per il corno grigio posteriore ma in tal caso stimola l’interneurone che inibisce il motoneurone alfa .

Risulta facile intuire come sulla stimolazione dei recettori OTG possa svolgere un ruolo importante nel superamento della barriera elastica muscolare .

L’ultima barriera è quella anatomica ossea , seppur anche il tessuto osseo presenta una sua capacità elastica o plasticità ,questa barriera è quella che rappresenta il punto terminale di un escursione articolare dato dal contatto di due capi ossei oltre il quale si arriva alla lesione ossea.

Facilitazione dei fusi neuromuscolari

La metodologia classica utilizzata per miglioramento della mobilità articolare è stato per anni lo stretching statico passivo di Anderson(1980) ed una metodica che si basa sui principi del metodo di riabilitazione neuromotoria (PNF) stretching settoriale(Proprioceptive Neuromuscolar Facilitation) ideato da H. Kabat e ripreso successivamente da M. Knott e D. Voss, utilizzato in ambito riabilitativo .Il termine stesso indica come questo metodo si basi sulla inibizione lenta dei fusi neuromuscolari che abbiamo detto sono sensibili alle rapide forze di stiramento che si attuano su un muscolo ; se lo stiramento avviene molto lentamente questi recettori vengono inibiti e la barriera muscolare non si oppone all’ escursione che vogliamo raggiungere .

La manovra di stretching prevede quattro "fasi" sequenziali:

1. messa in tensione2. mantenimento della tensione3. ritorno4. riposo prima di una nuova ripetizione

La prima fase dura circa 4 secondi il mantenimento circa da30 fino a 60 secondi ed il ritorno in altri 4 secondi .

Queste tecniche si possono applicare in maniera attiva o passiva in presenza di un operatore esterno che conduca la messa in tensione . La variante passiva è particolarmente utilizzata nel caso di una muscolatura particolarmente retratta o nel caso di ricercare un maggior grado di mobilità oltre il così detto ROM attivo.

I vantaggi di questa tecnica sono diversi

-E’ sicura, di facile apprendimento e d’altrettanto semplice esecuzione.

-Richiede un dispendio energetico molto contenuto.

-Permette di by-passare la problematica inerente il riflesso da stiramento.

Questa metodica per la ricerca della mobilità può tuttavia presentare alcuni svantaggi. La prima problematica sarebbe legata al tempo di prolungato utilizzo dello stretching statico non sufficientemente supportato da esercizi di forza che può

costituire un possibile effetto negativo sulla produzione di forza muscolare. Le capacità contrattili del muscolo sottoposto ad un eccessivo carico d’allungamento, verrebbero infatti diminuite a causa sia di un cambiamento della “damping-ratio muscolare” (ossia della capacità da parte del muscolo di assorbire e dissipare lo shock derivante da un carico esterno imposto), ed una riduzione della sua reattività .Bisogna ricordare che la ricerca di mobilità non debba portare lassità muscolari e legamentose per non sovraccaricare altre strutture come quella ossea. Se legamento , connettivo , e tessuto muscolare diventano poco capaci di assorbire forze esterne diventa il tessuto osseo l’elemento maggiormente delegato a questo ruolo ma ciò lo predispone ad eventuali patologie da sovraccarico ed inspessimenti delle giunture articolari. Bisogna far notare come un allungamento passivo, possa presentare rischio di lesioni o microtraumi che può nel caso in cui la differenza tra il range di flessibilità attiva e quello di flessibilità passiva sia cospicuo.

Mobilità attiva

Una metodologia che può soppiantare le problematiche di lassità muscolari legate allo stretching classico passivo comporta la contrazione isometrica della muscolatura sottoposta ad allungamento, nello specifico questo tipo di allungamento si compone di tre parti distinte:

-Inizialmente si assume la posizione articolare desiderata.

-Si effettua una contrazione isometrica contro una resistenza esterna (generalmente un compagno, pavimento od una parete un sovraccarico esterno ) per un periodo di tempo normalmente compreso tra i 7 ed i 15 secondi.

-Infine si rilassa il muscolo contratto per periodo della durata di perlomeno 7- 15 secondi

- successivamente si ri-effettua una successiva contrazione con un grado di escursione maggiore

Si procede con questa andatura fino al raggiungimento del massimo grado di mobilità raggiungibile.

La contrazione isometrica del muscolo interessato da allungare può essere facilitata grazie all’azione dei recettori del Golgi GTO come detto in precedenza rispondono allo tensione arrecata sul tendine del muscolo che si sta contraendo(muscolo agonista) ,tramite un arco riflesso verrà quindi inibito e verrà stimolato l’antagonista. Questo è uno dei motivi per il quale nel momento in cui si mantiene

una tensione muscolare prolungata contro un carico esterno, ad una determinata escursione avvertiamo dei tremori ed un incapacità dopo un lasso di tempo variabile da soggetto a soggetto che ci impedisce di mantenere quella posizione siamo quindi portati a mollare quella posizione e rilassarci. Più aumenta il carico esterno più questo sistema interviene precocemente .

Come illustrato nelle figura sottostante una tensione del bicipite brachiale innescherà l’azione dei GTO che andranno ad inibire il bicipite come muscolo agonista e stimoleranno l’azione del tricipite come antagonista . Ciò contribuisce ad avere un azione di allungamento più diretta sul tendine più modulata dai riflessi periferici rispetto allo stretching classico che mobilizza passivamente il tendine .

Questo meccanismo risponde quindi al concetto di “innervazione reciproca” muscolare con il quale s’intende la reciproca strategia collaborativa che, nell’ambito del movimento, la muscolatura agonista ed antagonista adottano. Da quanto sopra, scaturisce il concetto di “coattivazione” o “co-contrazione”, che sottintendono l’attivazione simultanea di due gruppi muscolari opposti, agonista ed antagonista, a. A questo proposito, già nel 1925 Tilney e Pike33, definirono la coordinazione

muscolare come “un meccanismo dipendente principalmente dalla relazione di sincronia contrattile nei gruppi muscolari antagonisti”.

Lo stretching isometrico è considerato come una delle migliori ed efficaci tecniche rivolte allo sviluppo della flessibilità statico-passiva e si dimostra normalmente maggiormente efficace dello stretching attivo o passivo utilizzati singolarmente. Inoltre questo tipo di tecnica contribuirebbe notevolmente alla diminuzione della sensazione dolorosa associata all’allungamento. In parte questa tecnica si ricollega alla tecnica di contrazione rilassamento (CR): nella tecnica di CR, anche denominata hold-relax technique, il muscolo antagonista viene prima allungato passivamente dall’operatore, in seguito viene richiesta all’atleta una contrazione isometrica della muscolatura da allungare contro la resistenza fornita dall’operatore della durata di circa 7-15 secondi, dopo di che il muscolo viene brevemente rilassato per 2-3 secondi ed infine nuovamente allungato passivamente per circa 10-15 secondi. A differenza di questo metodo nel modello di mobilità attivo è il soggetto stesso che modula quanta resistenza offrire al carico esterno e quanto far durare la tensione prima di guadagnare il ROM articolare. Questo può rappresentare un vantaggio per far prendere maggior coscienza al soggetto del suo livello di mobilità attiva e quando progredire con il carico . Questo modello di mobilità attiva ha il vantaggio di ottimizzare i tempi da dedicare ad un allenamento finalizzato alla mobilità ed alla forza.

Lo stretching classico è stato spesso adoperato come metodo per ridurre la decoattazione articolare quindi quella pressione tra due strutture ossee che può aumentare dopo un allenamento più o meno intenso . Prima di arrivare ad agire sulla barriera ossea bisogna quindi aggirare le barriere legamentose e muscolari tramite stiramento passivo . Questo rappresenta una notevole problematica nel post allenamento in quanto i fusi muscolari sono molto più eccitati e sensibili a causa dei rapidi stiramenti a cui è stato sottoposto il muscolo ; ciò significa che il muscolo si opporrà molto precocemente allo stiramento passivo irrigidendosi diventa quindi più complicato avere un azione diretta sino all’articolazione decomprimendola.

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