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L’ERA DEL WEBMARKETING
E LA FINE DELLE 4 P
Simone Brancozzi
“Nulla è più normale, tutto cambia velocemente
attorno alle nuove regole di mercato scandite dal
web marketing”
Autore Simone Brancozzi
Edito da Brancozzi & Partners Consulting
www.simonebrancozzi.it
SOMMARIO
INTRODUZIONE
1. ERA DIGITALE? SÌ, GRAZIE.
2. GLI STRAMBI, OVVERO LA NUOVA MASSA
3. DEFINIZIONE DEL CONCETTO DI MARKETING
4. DIFFERENZA TRA VECCHIO E NUOVO
MARKETING
5. COME SARA’ IL FUTURO?
6. IL FUTURO E’ GIA’ INIZIATO
7. LA RETE, LE TRIBÙ E IL WEB MARKETING
CONCLUSIONE
BIBLIOGRAFIA
INTRODUZIONE
Il concetto di Web Marketing è abbastanza
recente poiché il mezzo che questa disciplina utilizza
per “piazzare sul mercato” prodotti e servizi è
anch’esso relativamente giovane, almeno rispetto ai
mezzi tradizionali: carta stampata, televisione, radio,
posta.
Il Web o la Rete o, se preferite, Internet nasce agli
inizi degli anni ’90, ma è soltanto negli anni 2000 che
diviene un mezzo di comunicazione di massa grazie
all’avvento della tecnologia DSL, che lo rende più
veloce e accessibile a tutti grazie a modalità di
navigazione sempre più semplici.
L’idea chiave del Web Marketing è esattamente
questa: se (quasi) chiunque può accedere alla Rete,
allora Internet rappresenta contemporaneamente
un mercato potenziale senza confini e un mezzo
formidabile che consente alle aziende di raggiungere
chiunque, dovunque si trovi.
Fin qui tutto bene, allora perché, ci si chiederà,
continuare a fare pubblicità sui media tradizionali?
Facciamo un sito Internet e il gioco è fatto! Non
proprio. Ecco il punto: il Web Marketing non è il sito
Internet, ma un sistema o, se preferite, un mondo di
cui il sito è solo un elemento.
L’idea alla base di tutto ciò che leggerete da qui in
avanti è che il Web Marketing è uno strumento e
che, come ogni strumento, deve essere utilizzato
conoscendone tutti gli aspetti e le possibilità per
poter ottenere i risultati voluti.
Quindi, sia che pensiate di sapere che cos’è il Web
Marketing, sia che non ne abbiate idea, continuate a
leggere e scoprirete come può aiutare la vostra
azienda a ottenere risultati insperati, anche in un
momento di crisi come quello che stiamo vivendo.
A questo proposito mi preme puntualizzare un
fatto: questa crisi, come tutte quelle che l’hanno
preceduta e tutte quelle che inevitabilmente la
seguiranno hanno di buono che prima o poi finiscono
e lasciano il passo a periodi di crescita che sono però
appannaggio di chi durante la crisi ha saputo “tenere
duro”. Perché uscire dalla crisi attuale in condizioni
tali da poter ripartire più forte si può e si deve, ma
solo se si sa come farlo.
Ecco, il Web Marketing vi dà l’opportunità di
sfruttare la crisi a vostro vantaggio: con i giusti
investimenti e soprattutto con la giusta mentalità,
potrete ottenere un vantaggio competitivo sulle
aziende che non hanno saputo o voluto utilizzare
questo strumento fondamentale.
Questo E‐book è il primo di una serie di undici
pubblicazioni, che hanno lo scopo di trattare tutte
assieme, in maniera approfondita, ma allo stesso
tempo in modo semplice e facilmente comprensibile
a tutti, ogni aspetto dell’attività di Web Marketing.
Il Web Marketing è una innovativa forma di
marketing che può essere riassunta in 5 attività
distinte e complementari:
1. Leading
2. Databasing
3. Follow Up
4. Customer Relationship Management (CRM)
5. Analisi dei risultati
Tutte queste attività compongono un sistema
organizzato al fine di ottenere lo stesso risultato a
cui mira il marketing tradizionale: aumentare le
quote di mercato dell’azienda consentendole di
espandersi e prosperare.
La differenza fra marketing tradizionale e web
marketing quindi non sta negli scopi, ma nelle
modalità utilizzate per sviluppare le tecniche di
marketing e nella specificità del mezzo utilizzato per
veicolare il messaggio dell’azienda, che rimane il
punto centrale dell’attività di marketing.
Il web marketing, come si evince dal nome, ha come
mezzo di elezione la rete internet, piuttosto che i
mezzi tradizionali: televisioni, radio, giornali,
cartellonistica, telemarketing, ecc.
Come detto, la specificità del mezzo è alla base delle
attività di web marketing ed è anche la ragione per
cui il web marketing è uno strumento innovativo.
In sostanza, poiché la rete è un mezzo strutturato in
maniera completamente diversa e nuova rispetto ai
mezzi di comunicazione di massa tradizionali,
utilizzare le tecniche tradizionali di marketing in
questo contesto è un controsenso: sarebbe come far
viaggiare un treno a vapore su una rotaia ad alta
velocità.
Pensate a Internet come ad una rete di strade, una
rete intricatissima e capillare. Se decidete di
sfruttare le potenzialità di questa rete, diventerete
automaticamente un punto nodale della rete e
potrete essere raggiunti da chiunque, da qualunque
punto del globo terrestre nel tempo di un click.
Quindi non siete voi che andate verso il mondo, ma
dovete fare in modo che il mondo venga da voi.
Ed è qui che entra in gioco il web marketing che è
strutturato scientificamente per veicolare i vostri
messaggi in modo efficace nella rete per indurre gli
internauti in cerca di informazioni ad “atterrare”
(landing) sul vostro sito.
La costruzione del sito però non è l’attività
fondamentale del sistema di web marketing e non
bisogna commettere l’errore di considerare
l’approdo del potenziale cliente al sito aziendale
come il punto d’arrivo delle strategie di web
marketing.
Per la verità il LANDING è solo una piccola parte
delle attività di web marketing.
Questo manuale ha due scopi: far comprendere a
tutti coloro che sono alla ricerca di tecniche di
marketing efficaci quali sono i vantaggi del web
marketing rispetto al marketing tradizionale;
spiegare a coloro che vogliono sviluppare una
strategia di web marketing per ottenere un
vantaggio competitivo nell’era digitale, cosa fare e
come farlo.
1. ERA DIGITALE? SÌ, GRAZIE.
1.1 Perché un giorno qualunque andate a pescare
per hobby?
La pesca ha rappresentato per millenni una
risorsa importante, quando non l’unica fonte di
sostentamento per intere popolazioni che anche
grazie ad essa hanno potuto crescere, prosperare,
viaggiare, conquistare territori, colonizzare altri
continenti.
La pesca è tutt’ora un’attività economica
importante soprattutto per quei paesi che, come
l’Italia, hanno migliaia di kilometri di costa. La pesca
però è anche uno sport (tant’è vero che si parla di
pesca sportiva) praticato da molti e sotto varie
forme: tra pesca di superficie, pesca subacquea e
pesca dalla barca si contano circa 50 specialità
(http://it.wikipedia.org/wiki/Pesca_sportiva).
Allora la domanda è: che cosa aveva in mente il
primo che ha deciso di andare a pescare per hobby?
Risponderemo alla domanda più avanti. Intanto
prova a dare una risposta.
1.2 Era digitale: LA DOMINANZA DELLA RETE
Si scrive era digitale, si legge era di Internet. Sì
perché l’aggettivo digitale in questo caso ha poco a
che vedere con la tecnologia digitale, su cui la
rivoluzione digitale si basa, ma il cui funzionamento
è sconosciuto ai più; e molto a che vedere con il
mezzo di comunicazione digitale per eccellenza: la
Rete.
Vivere nell’era digitale significa vivere in uno stato
di costante mutamento, di cambiamento continuo:
ciò che era vero ieri non è più vero oggi e domani è
già un’altra storia.
Oggi l’80% delle madri usa Google per gli scopi più
svariati: trovare la ricetta del cheesecake, aiutare i
figli a fare la ricerca di scienze, trovare un centro
estetico dove fanno il massaggio con le pietre e via di
questo passo.
Non si tratta solo delle mamme: il 90% dei giovani
tra i 20 e i 35 anni ha un suo profilo su Facebook e,
più in generale, il 72% di coloro che possiedono
un’istruzione superiore dispone di una connessione
internet e la utilizzano. E questo è ancora niente se si
pensa che si tratta cifre destinate a crescere poiché i
media tramite i quali è possibile accedere alla Rete si
moltiplicano: telefonini di ultima generazione,
tablets e chi sa cos’altro ci aspetta ancora.
Viene da chiedersi che cos’è che cercano tutte
queste persone che navigano in Internet. Ecco,
chiedetelo a voi stessi: che cosa cercate quando
aprite la magica pagina iniziale del vostro browser?
Se siete come me, probabilmente la vostra pagina
iniziale è Google, cioè un motore di ricerca: digitate
nell’apposita finestrella la parola chiave e
immediatamente compaiono decine di pagine con
centinaia di link a pagine web che hanno quella
parola nel nome, avete solo l’imbarazzo della scelta:
libri, film, prodotti di ogni tipo, servizi; voi chiedete e
Google trova.
E che cosa trova Google?
Trova le informazioni che state cercando.
Ecco: voi, io, tutti utilizziamo Internet per cercare
qualcosa, per informarci su qualcosa che ci interessa
e mai, almeno inizialmente, per acquistare qualcosa.
L’acquisto è l’atto eventuale (perché non sempre chi
ha cercato e trovato alla fine decide di compare) e
finale di un processo che inizia con la ricerca di
informazioni, che è un momento imprescindibile:
non esiste acquisto on‐line senza una preventiva
ricerca di informazioni.
1.3 Il passaparola digitale
Già una decina di anni fa Seth Godin, guru del
marketing digitale, aveva predetto che nel 2015 il
90% delle vendite di prodotti e servizi negli Stati
Uniti sarà generato dal passaparola digitale. La
profezia si sta avverando e coloro che una decade
addietro commentavano con un tono tra lo scettico
e il sarcastico le affermazioni di Godin, ora sono
costretti a ricredersi.
Tutto merito di Internet 2.0 o, se preferite, della
popolarità di cui gode la rete soprattutto grazie ai
social network: se anche il presidente degli Stati
Uniti ha la sua pagina Facebook e il suo account
Twitter e preferisce trasmettere i suoi discorsi
tramite piattaforme digitali piuttosto che per mezzo
dei canali televisivi, qualcosa vorrà pur dire.
La rete, e su questo non ci sono dubbi, è un
potente moltiplicatore di popolarità e, per chi sa
come usarlo, è un mezzo di promozione formidabile
e a costi decisamente più contenuti rispetto ai canali
tradizionali: il passaparola non costa niente, si tratta
solo di fare bene il proprio lavoro e lasciare che siano
i clienti soddisfatti a spargere la voce: la migliore
pubblicità è un lavoro ben fatto.
Attenzione però, perché se questo è vero, è vero
anche l’opposto: non c’è peggior pubblicità di quella
di un cliente insoddisfatto; e se nell’era ante‐internet
si poteva sperare che i commenti negativi restassero
confinati ad una certa cerchia di persone o area
geografica e che prima o poi sarebbero stati
dimenticati, ora questo non è più vero perché un
solo commento negativo può essere letto da
chiunque e resta nella rete per sempre.
Quindi curate con particolare attenzione i vostri
prodotti e servizi e assicuratevi che i commenti
positivi dei clienti soddisfatti circolino su tutti i social
media e, soprattutto, fate in modo che un cliente
insoddisfatto non rovini la vostra immagine con un
unico commento negativo: a tutti può capitare di
sbagliare, chi lavora; soprattutto chi lavora molto, sa
che gli errori e i contrattempi, per quanto si cerchi di
essere scrupolosi, possono sempre capitare.
L’importante è rimediare subito per evitare una
cattiva pubblicità, soprattutto sotto forma di
passaparola digitale negativo: meglio rinunciare al
compenso, con tanto di scuse e rassicurazioni che la
cosa non si ripeterà; piuttosto che rischiare un
passaparola negativo in rete.
Non sottovalutate mai il fatto che le persone sono
molto motivate a commentare negativamente un
acquisto che non risponde alle aspettative e poco
inclini a commentare positivamente gli acquisti o le
esperienze positive. È il solito meccanismo per cui
un’intera foresta che cresce non fa nessun rumore,
mentre un solo albero che cade fa un casino
d’inferno.
2. GLI STRAMBI, OVVERO LA NUOVA MASSA
2.1 Il XX secolo e i prodotti di massa
Non c’è dubbio che il Novecento sia stato per il
mondo occidentale il secolo della diffusione del
benessere. In Italia, ad esempio, il boom economico
degli anni ’60 ha consentito ad ampi strati di
popolazione di vivere con stipendi o salari che per la
prima volta andavano ben oltre la soglia della
semplice sussistenza. Il benessere raggiunto durante
quella decade è ben testimoniato dall’incremento
demografico verificatosi nello stesso periodo, il
cosiddetto ‘baby boom’.
Ed è proprio in quegli anni che gli italiani, grazie
alle migliorate condizioni economiche, cominciano
ad acquistare in massa oggetti considerati un lusso
fino a pochi anni prima: dagli asciugacapelli ai
frigoriferi, dalle lavatrici alle prime utilitarie.
Il mercato di massa, nato negli Stati Uniti già da
alcuni decenni, diventa una realtà anche in Italia. Si
può dire quindi, e a ragion veduta, che il secolo
appena trascorso è stato il secolo del mercato di
massa, nel senso che le aziende producevano per la
massa che invariabilmente correva a comprare i
prodotti pubblicizzati sui cartelloni pubblicitari, sulle
riviste e i giornali, alla radio e in televisione.
Il mercato di massa rispondeva perfettamente alle
esigenze della produzione industriale poiché
garantiva efficienza produttiva grazie alla
commercializzazione di prodotti medi pensati per
incontrare il gusto del maggior numero di persone e,
di conseguenza, assicurava il profitto.
Sono gli anni d’oro delle agenzie pubblicitarie, la
cui unica preoccupazione era quella di trovare slogan
accattivanti e volti attraenti per invogliare il pubblico
ad acquistare il proprio prodotto piuttosto che
quello dei concorrenti.
Inizialmente fare una distinzione tra massa e
persone con gusti ricercati era alquanto difficile.
Questo sia perché la massa era numericamente in
prevalenza e di conseguenza appetibile da un punto
di vista remunerativo e sia perché la gente
“particolare”, era in numero esiguo. Con il passare
del tempo, la situazione è mutata. Ad oggi la massa
si è notevolmente ridotta facendo spazio sempre più
a quella parte di persone esigenti. Segnando cosi la
“fine” della massa.
Tale passaggio, se cosi lo si vuol chiamare, è stato
graduale nel tempo, provocando uno spostamento
della domanda.
Ora, la maggior parte delle persone che prima si
rispecchiavano nella caratteristiche della massa, ora
si ritrovano a far parte di quella con gusti ricercati.
2.2 La massa degli strambi
Abbiamo detto che il mercato di massa nasce in
seguito all’aumento e alla diffusione del benessere
nella società occidentale nella prima metà del
Novecento.
A questo punto vi ripropongo la domanda che ho
formulato all’inizio: perché qualcuno che non ha più
problemi di sussistenza e non fa il pescatore di
professione dovrebbe prendersi la briga di andare a
pescare? Se vuole mangiare del pesce se lo può ben
comprare! Chi glielo fa fare di caricare canne da
pesca, retini, esche e via dicendo, e spostarsi anche
per lunghi tratti solo per gettare l’esca in acqua?
La risposta è una e una sola, ed è semplice: la
possibilità di scegliere. Il benessere ha fatto
aumentare la possibilità di scegliere e quindi
l’esigenza di scegliere; la pesca quindi non è più una
necessità, ma un passatempo, cioè qualcosa che si
sceglie di fare piuttosto che qualcosa che si è
costretti a fare.
Il benessere raggiunto durante il secolo scorso è
stato tale che per la prima volta nella storia la
maggior parte delle persone che vivevano nel
cosiddetto mondo occidentale hanno avuto due cose
in abbondanza: tempo e denaro.
Il denaro non ha solo alimentato il mercato di
massa, ma ha anche permesso ad ampi strati di
popolazione di ottenere un’istruzione superiore
grazie alla quale essi hanno avuto accesso alla
cultura, intesa come strumento che genera una
nuova consapevolezza di sé e del mondo, che
consente di sviluppare preferenze ed esigenze
particolari e peculiari che l’offerta di massa non è più
in grado di soddisfare.
Se l’aumentato benessere e quindi il denaro
hanno alimentato il mercato di massa, il tempo
libero ne ha decretato la fine.
Il tempo libero (dal lavoro) è cresciuto in
importanza tanto da essere considerato un bene
primario e imprescindibile nella società attuale in
cui, soprattutto a causa dei mezzi telematici, la
tendenza è alla progressiva contrazione.
Il tempo libero, cioè non occupato dal lavoro o da
incombenze di qualsiasi genere è per definizione il
momento in cui si esercita la facoltà di scegliere, e
quando si può scegliere di fare qualsiasi cosa non si
sceglierà mai di fare quello che fanno tutti gli altri. La
possibilità di scegliere porta con sé l’esigenza di
scegliere, decretando così la fine della massa.
I cosiddetti normali, ovvero la massa, sono
sempre meno, mentre gli strambi sono sempre di
più. Ciò significa che la massa tende a scomparire
soppiantata da un numero sempre crescente di
strambi, la cui percentuale invece tende ad
aumentare.
2.3 Sfruttare le nuove necessità
La rivoluzione digitale ha agevolato il
cambiamento delle abitudini di consumo e continua
a farlo soprattutto grazie al passaparola digitale.
Inoltre, la possibilità di scegliere unita alla cultura
ha generato nuove necessità poiché potendo
scegliere si sceglie di fare o avere ciò che gli altri non
fanno o non hanno.
A noi qui interessano due necessità in particolare:
la necessità di informazione e quella di
condivisione.
Da un lato la scomparsa della massa ha
determinato l’esigenza per gli strambi di trovare altri
strambi con i quali condividere lo stesso interesse, le
stesse passioni. Dall’altro le persone il cui interesse si
concentra intorno ad un argomento tendono a
cercare quante più informazioni sul quel
determinato argomento, informazioni che si trovano
in grande quantità e gratuitamente soltanto nella
rete globale.
E nella rete si trovano gli strumenti in grado di
soddisfare entrambe queste necessità: Google e gli
altri motori di ricerca per la ricerca di informazioni e i
social network per la condivisione. Sì perché la rete,
almeno nella sua versione più recente, la cosiddetta
2.0 è fatta apposta per soddisfare queste due
esigenze.
Tutto ciò che avviene in rete origina dalla
necessità di informarsi e/o condividere: nessuno
naviga in internet per comprare, l’acquisto è la
conclusione di un percorso che inizia sempre con la
ricerca di informazioni o con la necessità di
condividere le informazioni e scambiare opinioni. E
che cos’è il passaparola digitale se non uno scambio
di opinioni su scala globale?
Quindi non si naviga in internet per comprare; ma
allora, vi chiederete, perché utilizzare la rete per
vendere i propri prodotti?
Perché la rete non è un mercato, ma
un’opportunità di business che può essere sfruttata
giocando proprio sulle nuove necessità di cui
abbiamo parlato: informazione e condivisione.
3. DEFINIZIONE DEL CONCETTO DI MARKETING
In merito alla portata del concetto, mi preme
innanzitutto precisare che marketing non è sinonimo
di pubblicità. La pubblicità, sotto qualsiasi forma, è
un metodo per promuovere un prodotto o un
servizio in modo tale da suscitare nei consumatori
l'idea che potranno trarre beneficio dall'acquisto di
quel tale prodotto o servizio. In questo senso la
pubblicità è una strategia di marketing, ma non
coincide con esso.
Market significa 'mercato', e marketing altro non
è che una parola derivata da market e che ha il
significato approssimativo di 'mettere sul mercato',
cioè mettere a disposizione dei consumatori il
prodotto, bene o servizio che sia, in modo che gli
stessi siano informati della sua esistenza e abbiano la
possibilità di acquistarlo.
Lo scopo finale è quello di collocare
opportunamente il prodotto nel tempo, nel luogo e
nel modo più adatti e al prezzo più basso per i
consumatori e al tempo stesso più remunerativo per
l'impresa.
4. DIFFERENZA TRA VECCHIO E NUOVO
MARKETING
Il marketing fino ad oggi è stato considerato una
funzione dell'azienda, alla stregua di tutte le altre
funzioni aziendali: produzione, amministrazione,
finanza; ciascuna delle quali assolve ad un solo
compito.
Qualche tempo fa ho avuto l'opportunità di
visitare il quartier generale del Milan, sebbene io sia
juventino ... come dicono gli anglosassoni: business is
business... Comunque, durante la visita ho
constatato che non solo, come mi aspettavo, la
società possiede un ufficio marketing, ma che
l'ufficio in questione occupa un intero piano del
palazzo che ospita l'intera struttura aziendale.
Questo fatto, da una parte conferma l'importanza
che il marketing assume all'interno della struttura
aziendale, dall'altra ribadisce che la funzione da esso
svolta viene vista come qualcosa di indipendente
rispetto alle altre funzioni.
Questa visione del marketing è ormai obsoleta
perché oggi esso assume una forma 'trasversale'. Il
marketing cioè attraversa ogni ramo della vita
aziendale e pertanto tutti i rami dell'azienda:
indipendentemente dalla funzione principale assolta,
tutti devono fare marketing, dal centralinista che
risponde in modo cortese e privo di inflessioni
dialettali agli impiegati amministrativi al direttore
dell'ufficio vendite.
Negli anni '60 il successo dell'impresa era
garantito dalla circostanza che il prodotto o il
servizio offerto fosse in grado di soddisfare una
necessità avvertita dalla maggioranza dei
consumatori. La congiuntura economica favorevole
riusciva da sola a garantire il successo dell'impresa.
In tali condizioni, l'unica funzione del marketing
era quella di raggiungere il maggior numero di
persone possibile. Per fare ciò, ci si serviva della
pubblicità. Spot alla radio e in televisione, pubblicità
su giornali e riviste. Si tratta del cosiddetto
'marketing di interruzione', basato cioè su
comunicati commerciali inseriti in diversi generi di
intrattenimento: dalla partita di calcio al film al
programma di varietà o di approfondimento politico.
L'evoluzione più recente e fastidiosa di questo
tipo di marketing la sperimentiamo tutti i giorni
quando, nel bel mezzo di una qualsiasi attività,
rispondiamo al telefono e ci ritroviamo a parlare con
un operatore che ci riempie le orecchie di cifre e
promozioni per questo o quel contratto con il
gestore telefonico X a suon di “Pensi signore, solo
per lei 6 mesi di abbonamento gratis e chiamate
illimitate...” e via sproloquiando. La qual cosa, oltre
ad essere estremamente irritante e a farci perdere
un sacco di tempo, pone anche dei seri problemi in
relazione al diritto di privacy di cui tanto si parla ma
di cui poi, di fatto, nessuno si occupa un gran che.
Questo tipo di marketing, sebbene datato,
tuttavia può funzionare per i beni e i servizi
massificati, quelli cioè che vengono offerti ad un
vasto pubblico indifferenziato in quanto hanno le
potenzialità per attrarre un vasto numero di
acquirenti. Esso si basa essenzialmente sull'idea di
indurre le masse all'acquisto di un determinato
prodotto tramite due semplici passi: PRODUZIONE
(fare il prodotto) e PUBBLICITA’ del medesimo
(vendere il prodotto).
Il nuovo marketing, invece, quello a cui sono
interessato, piuttosto che basarsi sull'idea di
'interruzione' si basa sul concetto di permission,
ossia sul permesso concesso dal possibile
cliente/acquirente del prodotto a ricevere
informazioni circa il prodotto stesso.
E’ il concetto alla base dei social network. Chi è
pratico di Facebook non avrà problemi a
comprendere che cosa si intende per permissione. Di
fatto, tutti i contatti che avvengono tramite questi
mezzi sono regolati dalla libera volontà delle persone
di decidere liberamente con chi condividere le
informazioni riguardanti la propria vita e la propria
persona. L'adesione o accettazione crea un rapporto
di fiducia tra le persone e questo rapporto di fiducia
si traduce nella possibilità di farsi conoscere da un
vasto numero di persone con il consenso delle
stesse.
Va da sè che questo tipo di contatti, creando un
rapporto diretto con il cliente, è particolarmente
interessante per le aziende che, come la vostra, si
occupano di offrire un prodotto fatto 'su misura' per
il cliente, che risponda perfettamente alle sue
esigenze.
Mentre il vecchio marketing operava mediante la
sistematica e programmata interruzione delle
attività di massa mediante lo strumento principale
dello spot pubblicitario con lo scopo di promuovere
prodotti medi su vasta scala; il nuovo marketing
cerca di promuovere prodotti e servizi creando
interazioni e comunità legate dai medesimi interessi.
Il moderno uomo di marketing deve quindi essere
in grado di:
diffondere nuove idee
raccontare storie che la gente vuole ascoltare e
alle quali vuole credere
utilizzare il miglior medium disponibile per
raggiungere le persone giuste al momento
giusto
produrre cose che la gente VUOLE acquistare in
modo da poter incrementare le vendite
tradurre tutto questo in un incremento delle
vendite
Quanto detto ci conduce ad un altro aspetto
molto importante: non è il marketing che deve
sostenere l'organizzazione, ma, al contrario, è
l'organizzazione che deve adeguarsi al marketing, in
altre parole, occorre ridisegnare l'azienda in funzione
del nuovo marketing.
5. COME SARA’ IL FUTURO?
Partendo dall’analisi che abbiamo fatto finora,
vorrei provare a ipotizzare quali saranno i futuri
sviluppi del marketing, in particolare del web
marketing, per aiutarvi a capire quali sono le
opportunità che dovete essere pronti a cogliere
per non rimanere esclusi dai benefici della
rivoluzione digitale in atto.
Volendo riassumere il nuovo marketing in due
concetti, potremmo sintetizzarlo nei seguenti punti:
1. il focus di tutta l’attività di marketing deve
essere sul consumatore come individuo e non
sulla massa dei consumatori: l'azienda deve
innanzitutto conoscere le esigenze del proprio
cliente (effettivo e potenziale) e saperne
identificare, e possibilmente anticipare, le
richieste per poter creare e offrire un prodotto
che lo soddisfi pienamente;
2. Internet e i social network rappresentano il
mezzo di comunicazione per eccellenza.
Attraverso il web e sfruttando tutti i canali che
esso mette a disposizione di degli utenti, le
aziende possono realizzare un’attività di
marketing completa che va dalla promozione del
prodotto, alla realizzazione della vendita, alla
espansione dell’influenza e alla fidelizzazione
verso il marchio e/o il prodotto.
5.1 Pesci rossi nel mare di Internet
Internet sta già sostituendosi ai media classici
come canale preferenziale dell’attività di marketing
poiché, a differenza della promozione sui canali
tradizionali, che mira a convincere la massa a
comperare prodotti di massa; consente alle aziende
che non hanno la disponibilità di budget stratosferici
da investire in pubblicità, di raggiungere le persone
interessate ai propri prodotti (e solo quelle),
piuttosto che perdere tempo e soprattutto denaro
(che spesso non hanno) a convincere tutti quanti a
compare prodotti di cui non conoscono l’esistenza e
di cui non hanno neanche bisogno.
Internet infatti ha largamente contribuito a
cambiare le abitudini di consumo con i motori di
ricerca, grazie ai quali sono i consumatori che
cercano i produttori e non viceversa.
In questo scenario non ha senso applicare le
strategie di marketing tanto care ai media
tradizionali poiché Internet, come oramai abbiamo
imparato, funziona secondo logiche completamente
diverse da quelle che guidano i vecchi mezzi di
comunicazione.
In particolare non ha senso utilizzare il
marketing di interruzione (spot pubblicitari,
telefonate, campagne pubblicitarie su riviste, etc.),
quando il tempo medio di permanenza in una pagina
internet non supera pochi secondi: nel tempo che ci
impiega il messaggio a comparire, l’utente sarà già
passato ad un’altra pagina. Altro che zapping!
Questo non ha impedito al marketing
tradizionale di infestare ogni centimetro libero delle
pagine web con pubblicità che si ostinano a
comparire sullo schermo del computer sotto forma
di banner o finestre che si sovrappongono alla
pagina che l’utente ha appena aperto.
Sfortunatamente (per chi si ostina a utilizzare le
logiche proprie del vecchio marketing sui nuovi
media), il consumatore, ormai avvezzo ai meccanismi
del web, sa che può ignorare tutti i messaggi che non
lo interessano semplicemente chiudendo una
finestra, bloccando un pop‐up, interrompendo la
riproduzione di un video, o addirittura uscendo dalla
pagina; vanificando così gli sforzi di chi ha pagato
profumatamente per mostrare i suoi spot.
Questi signori infatti non hanno compreso che
gli internauti si stanno trasformando tutti in pesci
rossi.
Pesci rossi? Direte voi. Sì, pesci rossi, dico io. A
quanto pare, infatti, la durata dell’attenzione di un
pesce rosso è la più breve esistente in natura.
Questione di qualche secondo.
Internet è un mare magnum in cui si trova di
tutto, e se è vero che l’uso dei motori di ricerca ha
limitato e ordinato la mole smisurata di informazioni
che ci investe ad ogni ricerca, è altresì vero che i
risultati di ricerca sono sempre molti e verificarli uno
per uno richiederebbe una quantità tempo
considerevole.
Tempo che non abbiamo.
Ragion per cui, la permanenza media di un
visitatore di una qualsiasi pagina non supera i 10
secondi.
Dieci secondi bastano all’utente per rendersi
conto della rilevanza delle informazioni contenute in
un sito ai fini della propria ricerca.
Quindi dieci secondi è esattamente l’intervallo di
tempo che gli strateghi del web marketing hanno a
disposizione per catturare l’attenzione degli
internauti e convincerli a concedere loro altri dieci
secondi di attenzione.
Attenzione che non si ottiene certo tappezzando
di pubblicità indesiderate in ogni spazio disponibile
delle pagine web, a mo’ di cartelloni, che oltretutto
seguono gli internauti nel loro peregrinare
attraverso la rete; oppure oscurando la pagina
appena aperta con video non richiesti.
Tutto questo appartiene alla logica del vecchio
marketing poiché riproduce sul web il meccanismo di
interruzione proprio di altri mezzi, ignorando la
specificità della rete, e cioè che ciò che appare sullo
schermo non dipende da quanto denaro le aziende
investono per “farsi vedere”, ma dai desideri degli
utenti: se non me ne importa un fico secco delle
auto sportive, navigando in Internet non incapperò
mai nello spot dell’ultimo modello di Porsche
Carrera, e Porsche non può farci niente.
Dirò di più: a Porsche non gliene importa che a
me non me ne importa perché io comunque la
Porsche Carrera non la comprerei nemmeno se la
potessi permettere, quindi a che scopo mostrare a
me, che non sono interessato, la sua pubblicità?
5.2 Prendete il retino: Google AdWords
Quello che deve fare l’azienda, quindi è
semplicemente farsi trovare dagli interessati. Per
fare ciò la rete mette a disposizione delle aziende
strumenti di ricerca come Google AdWords, in cui gli
annunci commerciali che compaiono all’inizio dei
risultati di ricerca sono correlati alla ricerca stessa. In
questo modo gli annunci sono visibili solo alle
persone interessate e il pagamento scatta solo
quando qualcuno ci clicca su per vederne il
contenuto, (e state per certi che solo chi è davvero
interessato lo farà). Inoltre, più persone guardano
l’annuncio, maggiore sarà l’evidenza che AdWords gli
darà.
L’idea vincente alla base di questo meccanismo
è che essendo mutate le abitudini di consumo e i
canali attraverso il quali le persone ricevono
informazioni sui prodotti, non conviene più
rivolgersi alla massa dei consumatori con compagne
costose che hanno lo scopo di raggiungere quante
più persone possibile per convincerle a preferire un
determinato prodotto a quello di un concorrente.
Ora sono i clienti che vanno a cercare i prodotti
a cui sono interessati, perché hanno esigenze
particolari che non tutti possono soddisfare, perché
a loro non interessa il prodotto che hanno tutti, ma
quello che fa per loro, perché loro sono unici e
hanno bisogno di trovare un’azienda che riconosca
la loro unicità e la assecondi.
Se si comprende questo, risulta chiaro che non
vale la pena sforzarsi di attirare l’attenzione della
massa che, come abbiamo visto, va assottigliandosi
sempre di più a favore della moltiplicazione degli
strambi, ma conviene rivolgersi alle persone già
interessate al prodotto o al servizio cercando di
catturare la loro attenzione con messaggi mirati a
quella data tipologia di consumatore.
Utilizzando una metafora, e sperando di non
apparire blasfemi, potremmo dire che mentre il
vecchio marketing portava la montagna (il prodotto)
a Maometto (il consumatore); il nuovo marketing
porta Maometto alla montagna.
È di tutta evidenza come la strategia del vecchio
marketing sia dispendiosa oltreché poco efficace
(soprattutto nell’ambito dei nuovi media), mentre
quella proposta dal nuovo marketing è sicuramente
più conveniente e capace di produrre i risultati
attesi.
5.3 Comunicazione diretta con il consumatore
AdWords quindi può portare il consumatore
all’interno del sito aziendale dove, grazie ad un
incentivo, si invoglia l’utente a compilare un modulo
con i propri dati e l’indirizzo e‐mail.
In tal modo l’azienda ottiene gli indirizzi e‐mail
delle persone interessate al suo prodotto e li può
sfruttare per stabilire un contatto e promuovere i
propri prodotti direttamente presso gli interessati
servendosi degli strumenti propri del nuovo
marketing (newsletter, e‐mail personalizzate).
La comunicazione diretta con il consumatore
attraverso l’invio di messaggi di posta elettronica
rappresenta un costo per l’azienda poiché non tutti
apprezzano di ricevere newsletter e comunicazioni
commerciali tuttavia, se opportunamente sfruttata,
essa rappresenta anche un’opportunità unica per le
aziende che in questo modo possono promuovere i
propri prodotti presso coloro che hanno dato la
propria disponibilità a ricevere informazioni, e che
quindi si suppone siano più propensi a leggere le
comunicazioni che a cestinarle.
In questo modo l'azienda potrà concentrarsi sul
soddisfacimento delle esigenze di coloro che sono
interessati al suo prodotto (permission marketing),
piuttosto che 'sparare' spot pubblicitari a caso con la
speranza di raggiungere tutti, interessati e non
(marketing di interruzione).
5.4 Prodotti per i clienti, non clienti per i prodotti
A questo proposito, va anche detto che vale la
pena modificare l’approccio alla produzione
provando a creare prodotti per il cliente, invece che
cercare clienti per i prodotti.
Mi spiego meglio con un esempio. Pensate al
latte di mucca: la maggior parte delle persone che
consumano latte vaccino acquistano il latte intero,
supponiamo ad esempio che il 60% di chi beve latte
consumi abitualmente latte intero, che è quindi il
latte di mucca più venduto.
Ora questo 60% del mercato viene conteso da
diversi produttori; ammettiamo che la vostra
azienda sia una delle dieci aziende che producono
latte intero: la vostra fetta di mercato sarà intorno al
6%. Con una buona campagna di marketing potrete
arrivare a conquistarvi il 10% del mercato.
Non male, ma … il restante 40% del mercato del
latte? Che latte compra chi non compra il latte
intero? È presto detto: chi non consuma latte intero
acquista latte parzialmente scremato, latte
scremato, latte al cacao, latte ad alta digeribilità,
latte con aggiunta di fibre, latte con probiotici, latte
alta qualità, latte crudo.
Prese singolarmente, le fette di mercato di
questi prodotti posso sembrare esigue, perché in
quel 40% sono compresi almeno una decina di
prodotti simili, ma diversi.
Il punto però è che sommando tutte le varianti
otteniamo una fetta di mercato piuttosto ampia che
sarebbe un peccato non sfruttare.
Un produttore accorto allora continuerebbe a
produrre latte intero e contemporaneamente
inizierebbe a produrre anche gli altri tipi di latte,
creando una gamma di prodotti più ampia, in modo
da intercettare i gusti dei consumatori che non si
accontentano del latte intero.
Il punto è proprio la possibilità di scelta. Oggi
esistono sul mercato una decina di tipi di latte, non
perché i produttori si divertono ad inventarne di
nuovi, ma perché i consumatori vogliono poter
scegliere, perché chi sceglie cosa si vende non è più
chi produce, ma chi acquista.
Viviamo in un mondo in cui la tecnologia ha
allargato la gamma delle possibilità, quindi perché
non approfittarne? Perché dovrei rinunciare al
cappuccino se non digerisco il latte?
Il latte Alta Digeribilità non è nato dal capriccio
di un produttore, ma dal fatto che un numero
sempre maggiore persone ha scoperto di essere
intollerante al latte.
I produttori quindi hanno utilizzato una
tecnologia che consente di scindere la proteina
indigesta in due zuccheri semplici che possono
essere assimilati anche da chi non tollera il latte
normale. Ma il bello della storia è che il latte HD non
lo compra solo chi è intollerante al latte, ma anche
chi vuole consumare un latte più digeribile. Perché?
Ma perché può scegliere!
Quindi chi offre un’ampia scelta di prodotti
aumenterà sicuramente il proprio fatturato senza
dover stravolgere la produzione, in definitiva si tratta
sempre di variazioni su un tema, che quindi
richiedono degli adattamenti dei metodi di
produzione, più che di cambiamenti radicali.
La cosa importante è sapere cosa cercano le
persone che si rivolgono a Internet, intercettando i
desideri degli internauti e proponendo loro prodotti
che soddisfino questi desideri.
I più audaci potrebbero anche decidere di creare
prodotti personalizzati su richiesta dei singoli clienti,
ci sono infatti casi in cui la personalizzazione può
essere fatta senza un eccessivo aggravio di costi,
semplicemente partendo da un prodotto base che
può essere facilmente modificato, come le t‐shirt, ad
esempio; o a prodotti che possono essere assemblati
in modo diverso per rispondere alle esigenze dei
clienti, pensiamo ai computer.
5.5 Tessere mancanti
Recentemente mi è capitato di ritrovare in
soffitta la scatola di vecchio puzzle di quelli da
cinquemila pezzi, quelli che ci impieghi una vita per
completarli, per intenderci. A me i puzzle non
piacciono gran che, ma a mia figlia sì, così mi ha fatto
promettere che l’avrei aiutata a completarlo.
La realizzazione è andata avanti per diverse
settimane e alla fine mi sono appassionato pure io,
senonché, arrivati alla fine ci siamo accorti con
enorme disappunto che mancavano delle tessere.
Conclusione: il puzzle incompleto è ritornato in
soffitta. A ripensarci forse stava lì proprio perché
mancavano delle tessere.
E che c’entra questa storia con il web
marketing? Direte voi. C’entra perché la delusione
della bambina (e anche la mia per la verità) è stata
tale che avendone la possibilità avrei ricomprato le
tessere mancanti anche ad un prezzo superiore al
loro valore effettivo, ma pur sempre inferiore al
costo di una scatola dello stesso puzzle nuova di
zecca.
Applicando questo discorso al web marketing,
dobbiamo prendere in considerazione il ruolo
sempre più importante che stanno assumendo il
commercio e lo scambio tra consumatori e come
questo sta influenzando il commercio B2C.
E‐bay ne è l’esempio più lampante, sfruttando
un canale già esistente chiunque può mettere in
vendita qualsiasi cosa, con la certezza che ci sarà
sempre qualcuno, in qualche parte del mondo, che
sta cercando proprio quella cosa: i capitelli delle
colonne in giardino si sono rovinati, ma non volete
ricompare tutte le colonne? Su e‐bay trovate quanti
capitelli volete, di diversi diametri e fogge.
Dovete sostituire i pistoncini del cofano
posteriore della Smart? Su e‐bay ve li portare a casa
per 10 euro.
Il concetto è che tutto ciò che si può smontare, e
ricomporre o assemblare può essere venduto
separatamente: non occorre ricompare la colonna se
posso sostituire il capitello, e non è necessario
sostituire il portello posteriore dell’auto se i pistoni
non funzionano più.
Perché se i produttori fino a poco tempo fa vi
costringevano ad acquistare tutto il cofano, ora c’è
chi vi offre il pezzo che vi serve e solo quello.
Loro ci guadagnano lo stesso perché vi vendono
due pezzetti di plastica per 10 euro, ma ci
guadagnate pure voi perché comprate solo quello
che vi serve e non tutto il pacchetto.
Come produttori dovete rendervi conto di
questa realtà e del fatto che vendendo i singoli pezzi
piuttosto che i pacchetti guadagnerete di più
perché il mancato introito del pacchetto sarà
ampiamente compensato dal numero maggiore di
vendite delle singole componenti.
5.6 Le idee sono il vero valore aggiunto
Trent’anni fa per vendere di più dei vostri
concorrenti avevate due strade: fare più pubblicità
oppure vendere a prezzi stracciati. Trent’anni fa
avevate qualche decina di concorrenti.
Al giorno d’oggi con la globalizzazione i vostri
concorrenti sono diventati qualche centinaio e
probabilmente la metà di loro fa prezzi così stracciati
che volendo competere sul quel fronte sareste
immediatamente fuori dal mercato; mentre l’altra
metà investe ogni mese in pubblicità quello che voi
spendete in un anno per mandare avanti la baracca.
Mettetevi nei panni del consumatore: quando
avete la necessità di comprare un oggetto, poniamo
un paio di scarpe, avete due alternative: o decidete
di risparmiare, e allora comprerete l’oggetto al
prezzo più basso sul mercato; oppure volete un
oggetto esclusivo, e allora vi indirizzerete verso i
marchi e le grandi firme.
Tutto ciò che sta nel mezzo tra questi due
estremi: prezzo stracciato e scarsa qualità da una
parte; prezzo alto e alta gamma dall’altro, verrà
ignorato dalla maggior parte dei consumatori.
Perché? Perché il fatto di voler credere che le
decisioni di acquisto sono decisioni razionali non le
rende tali.
Un consumatore razionale sceglierebbe
senz’altro il prodotto con il miglior rapporto qualità‐
prezzo, quindi il vostro prodotto, ma i consumatori
razionali non esistono.
La razionalità entra in gioco a cose fatte: quando
l’acquisto è avvenuto la mente si inventa motivazioni
a non finire per giustificarlo, tipo: “ho speso un po’ di
più del previsto, ma ho comprato un prodotto di
marca che sicuramente è di qualità superiore e
durerà di più” e via di questo passo. E chi lo dice che
il prodotto di marca è di qualità superiore?
Spesso, soprattutto nel campo alimentare, gli
stessi produttori sono fornitori del marchio famoso e
pubblicizzato e di quello sconosciuto: stesso
prodotto, stessa qualità.
Quello che cambia è il nome sulla scatola e il
prezzo (che a volte arriva anche al doppio). Ma la
maggior parte dei consumatori preferirà il prodotto
di marca, perché la spinta all’acquisto dipende da
meccanismi inconsci sui quali la razionalità non ha
influenza.
Quindi se producete scarpe di buona qualità ad
un prezzo ragionevole, state per certi che sarete
presto in crisi.
E allora che si fa? Chiudiamo baracca e
burattini? No, almeno non ancora, perché avete
un’altra carta da giocare: un’idea.
Se volete che i consumatori preferiscano il
vostro prodotto a quello a prezzo stracciato e alla
grande marca dovete offrire loro qualcosa che gli
altri non hanno, qualcosa che percepiscano come un
valore aggiunto che solo il vostro prodotto può
offrire. In definitiva, vi serve un’idea.
Le idee che a mio parere si stanno dimostrando
vincenti in questo momento sono
fondamentalmente tre:
strutturare la vendita intorno al concetto di
“servizio al cliente”;
offrire prodotti ecosostenibili;
sfruttare la scarsità.
Avete presente quando acquistate un prodotto
tecnologico, sia hardware o software, e per qualche
motivo non riuscite a farlo funzionare?
L’hi‐tech ha cambiato la nostra vita in meglio, su
questo non c’è dubbio, ma questo solo finché tutto
funziona come dovrebbe, perché quando il palmare
non vuole accendersi o il programma si inceppa,
allora cominciano i dolori, perché magari ne avete
bisogno per lavorare.
Quando l’intervento di un tecnico o di un
esperto diventa necessario diventa
contemporaneamente imprescindibile che esso sia
tempestivo perché questi apparecchi sono diventati
parte integrante della nostra vita e spesso del nostro
lavoro e senza il loro supporto siamo bloccati.
Per chi vende o realizza questi prodotti è
essenziale offrire un servizio di assistenza efficiente
e tempestivo sia tramite call center, per risolvere i
problemi che non richiedono un intervento diretto,
sia per mezzo di una rete di tecnici riparatori che
possano sostituire il pezzo rotto o aggiustare il
meccanismo che non funziona.
Un paio di anni fa ad esempio, dopo una brutta
esperienza con un portatile che ho dovuto buttare
dopo due anni e svariate riparazioni a mio carico
(dato che ha cominciato a rompersi ripetutamente
appena un mese dopo la scadenza della garanzia), ho
deciso di acquistare un computer con una garanzia a
tre anni che dà diritto ad un portatile in sostituzione
quando si renda necessaria una riparazione.
Inoltre la macchina data in sostituzione viene
consegnata nello stesso momento in cui il portatile
da riparare viene preso in consegna da un incaricato
presso il mio domicilio, ovunque mi trovi in Italia o
all’estero. Ovviamente la consegna del portatile
riparato avverrà con le stesse modalità. Io dovrò solo
fare la segnalazione, al resto penseranno loro.
Naturalmente questo servizio non è gratuito, nel
senso che il prezzo del computer comprende questa
copertura, e sicuramente il mio portatile costa un
po’ di più rispetto ad altri portatili con le stesse
caratteristiche, e magari non è neanche una gran
bellezza dal punto di vista estetico, né è di una
marca conosciuta (un mio amico mi ha detto che non
l’aveva mai sentito nominare), ma di sicuro è
affidabile (nessuna riparazione si è resa necessaria
finora) e, cosa ancora più importante, io ho la
sicurezza che se anche ci fosse bisogno di intervenire
per ripararlo, io sarei comunque coperto, che per me
è la cosa più importante, dal momento che io con il
computer ci lavoro, mica ci gioco.
Altra idea vincente è quella di impiegare
materiali ecosostenibili o, meglio ancora, riciclati per
la fabbricazione dei prodotti.
Ho un’amica che pratica yoga da parecchi anni e
che un po’ di tempo fa mi ha raccontato che il suo
gruppo di yoga ha deciso di acquistare uno stock di
tappetini su internet da un produttore che utilizza
solo materiali riciclati al 100%.
Ora, un tappetino normale può costare fino a
venti euro, se lo volete di marca, ma se vi
accontentate lo potete portare a casa per 10‐15
euro.
L’azienda in questione invece proponeva
tappetini da 30 euro (prezzo pieno) da scontare per
ordini di un numero consistente di pezzi.
Il prezzo è giustificato non solo dalla qualità dal
prodotto (io non me ne intendo, ma la mia amica
dice che “non scivolano neanche se ci versi sopra
dell’acqua”), ma anche dal valore aggiunto, dato dal
fatto che sono fatti interamente con materiali
riciclati e con metodi di produzione non inquinanti,
cioè sono “ecosostenibili”, che per i praticanti di
yoga (e oggi sempre di più anche per tutti gli altri) è
molto importante. Tanto importante che sono
disposti a sborsare in media 15 euro in più che per
un normale tappetino.
Infatti, se è vero che grazie alla consistenza
dell’ordine hanno ottenuto uno sconto del 20%, è
anche vero che la maggior parte di quelli che lo
hanno acquistato ha dichiarato di essere così
soddisfatto che lo avrebbe acquistato anche a prezzo
pieno. Devo aggiungere altro?
Ultima idea vincente è quella di offrire un
prodotto che non esiste sul mercato, insomma
inventarsi un prodotto nuovo sfruttando il concetto
di scarsità.
In sostanza si tratta di individuare quali sono i
beni materiali o immateriali di cui i consumatori
sentono la necessità, ma che il mercato ancora non
offre.
Mi vengono in mente i prodotti di quarta
gamma, cioè la frutta e la verdura che trovate nel
banco frigo accanto a quella fresca e venduta sfusa.
L’insalata di quarta gamma, a differenza di
quella fresca, è già lavata, imbustata e pronta per
essere consumata. Alcuni tipi hanno anche il
condimento e la forchetta inclusi nel pacchetto.
Accanto all’insalata trovate la frutta, sia fresca
che disidratata. Ultimamente la frutta fresca così
trattata viene anche venduta nei distributori
automatici e sembra che vada alla grande,
nonostante non sia propriamente economica.
I prodotti di quarta gamma sono un’invenzione
recente: fino a dieci anni fa non esistevano. Fino a
qualche anno fa erano una rarità. Ora ce ne sono a
decine. Domandatevi perché. Semplice, perché ora
quasi tutti ne hanno bisogno.
Al giorno d’oggi solo pochi fortunati possono
permettersi un vero pasto all’ora di pranzo. La
maggior parte si accontenta di un panino. I più
fortunati di un primo o di un secondo precotto e
riscaldato. Ma la frutta e la verdura? Alzi la mano chi
mangia l’insalata al bar sotto l’ufficio.
Eppure oggi più che mai siamo consapevoli che
mangiare in modo sano ed equilibrato è una
necessità, perché ne va della nostra salute e la salute
è ancora il bene più prezioso che abbiamo.
I prodotti di quarta gamma sfruttano la scarsità
di tempo, nel caso specifico di tempo per consumare
un pasto casalingo e salutare, proponendo prodotti
sani che possono essere consumati alla stregua di un
panino ma che, a differenza del tramezzino pieno di
maionese o del piatto di pasta nel contenitore di
plastica, fanno bene alla salute. Insomma, se non
avete tempo per preparavi un’insalata, non per
questo dovete rinunciare a mangiarla.
5.7 Social media: alleati o nemici?
Internet non rappresenta soltanto
un’opportunità di business per l’azienda, ma anche
un rischio; come tutti i mezzi, infatti, non è uno
strumento buono né cattivo, ma è l’uso che se fa che
può produrre effetti positivi o negativi per chi se ne
serve.
L’ultima novità in questo campo (anche se
oramai non si può più parlare di novità) sono i social
media, cioè tutti quei canali in cui la comunicazione
è gestita dagli stessi utenti, piuttosto che da
un’entità, sia essa pubblica o privata.
Sto parlando naturalmente dell’immancabile
Facebook, ma anche di Twitter e, in generale, di
tutte le reti sociali che consentono la comunicazione
diretta fra gli utenti e, quindi il “passaparola”.
Il passaparola è un efficace mezzo di
promozione che esiste da quando esiste il mercato, il
fatto che ora sia digitale, non cambia il meccanismo.
La differenza, semmai, sta nel fatto che i commenti,
a meno che non vengano rimossi dall’autore (e non
sempre è possibile farlo), rimangono nella rete per
sempre.
Ora, se si tratta di commenti positivi va tutto
bene, ma che succede se i commenti sono negativi?
A questo proposito mi preme farvi notare che fra
tutti i vostri clienti soddisfatti solo l’1% si prenderà il
disturbo di commentare positivamente l’acquisto di
un prodotto o le buone pratiche aziendali, mentre
molti di più saranno quelli che posteranno commenti
negativi sui prodotti che non li hanno soddisfatti o
sull’inefficienza del servizio clienti, solo per fare un
esempio.
Particolarmente temibili sono i commenti dei
blogger, veri opinion leader della rete, soprattutto di
quelli che si sono guadagnati un nutrito seguito di
lettori.
L’idea alla base del passaparola positivo è fare
tutto il possibile perché i clienti siano soddisfatti del
prodotto e quindi lo consiglino ad altri, quindi non
solo offrire prodotti o servizi all’altezza delle
aspettative dei consumatori, ma anche offrire tutta
una serie di servizi che facciano sentire il
consumatore al sicuro, ad esempio offrendo dei
servizi post vendita, una linea dedicata per eventuali
richieste di assistenza, ecc.
Il problema è che anche così, non tutti coloro
che sono soddisfatti di un certo prodotto, saranno
anche disposti a postare un commento su un social
network per consigliarlo ai propri amici o follower, o
quello che è.
Quindi bisogna incentivare queste persone a
innescare un meccanismo di passaparola positivo
anche attraverso l’offerta di sconti, prodotti, omaggi.
Servirsi dei clienti soddisfatti come di una cassa di
risonanza ha molteplici vantaggi:
il feedback di un consumatore è sempre
molto apprezzato dagli altri consumatori,
perché, a differenza della comunicazione
commerciale dell’azienda, il consiglio
proviene da qualcuno che sta dalla loro
parte;
incoraggiare il passaparola è sicuramente
meno costoso di una campagna
pubblicitaria e nel lungo termine favorisce
la fidelizzazione dei consumatori;
può innescare l’effetto palla di neve:
partendo da pochi commenti positivi, il
seguito può crescere in modo graduale, ma
anche notevole, fino a raggiungere una
grande visibilità. Non sono pochi gli esempi
di prodotti di successo che sono diventati
tali grazie a un video su youtube che è
diventato virale grazie al passaparola.
Nel prossimo capitolo vi illustrerò alcuni casi concreti
da cui potrete (spero) trarre ispirazione nella vostra
pratica aziendale, e lo farò aiutandomi con dei video
che ho realizzato durante un mio recente viaggio in
quello che alcuni secoli fa era chiamato il Nuovo
Mondo, ma che per quanto mi riguarda lo è ancora
per quanto riguarda le tendenze in fatto di
marketing.
6.3 Apple
6.4 Stazione South Station a Boston
6.5 Aziende a misura d’uomo
6.6 Sonos e la fine degli intermediari
Introduzione
Negli ultimi anni abbiamo assistito a delle rivoluzioni
epocali, sia a livello di tecnologia, che a livello di
società. Quando ci poniamo a riflettere su quello che
potrebbe essere il futuro del nostro Mondo è
davvero difficile fare un quadro chiaro, alla luce del
ritmo forsennato al quale il mondo sta cambiando.
Proprio perché il ritmo di cambiamento del mondo è
molto veloce, molte aziende sono in difficoltà nel
percepire questo mutamento globale e si trovano
quindi in crisi nel programmare l’attività aziendale
del futuro.
Da consulente aziendale, quando entro nelle aziende
e “tocco con mano” la realtà aziendale, riscontro
quasi sempre un senso di disagio e di tensione
nell’aria: nessuno sa effettivamente cosa sta
succedendo e perché i vecchi modi di agire, i vecchi
modi di fare business non funzionano più!
La questione del cambiamento ovviamente si riflette
non solo in ambito aziendale, ma anche in ambito
familiare, per cui di fronte agli stravolgimenti del
mondo ci troviamo pressoché tutti in uno stato di
difficoltà.
Questo quadro che emerge con tinte fosche e toni in
chiaro scuro, mi si è però rasserenato nell’ultimo mio
viaggio di aggiornamento che ho fatto negli Stati
Uniti ed in Canada.
Con questo video‐capitolo voglio quindi condividere
con Te tutto quello che ho appreso nel mio viaggio e
che può realmente aiutare anche la tua Azienda a
capire meglio cosa la attende nel nuovo mondo che
verrà nel prossimo futuro.
Non sono qui a tediarti con lunghe e noiose nozioni
sul marketing o sulla gestione aziendale: nelle
prossime righe leggerai e vedrai (attraverso video
che ho pubblicato su Youtube) tutti casi pratici
aziendali. I video li vedrai tu in anteprima: non sono
aperti a tutti ma solo a chi ha scelto questo video‐
capitolo.
Questo video‐capitolo sarà quindi un concentrato di
mini‐lezioni per la tua Azienda, che in questo modo
si avvarrà di tutte le novità, idee, che sono
già insite nei paesi più avanzati come gli Stati Uniti, e
che inesorabilmente dovranno essere adottate
anche nel nostro paese dalle Aziende che vorranno
sopravvivere.
Ti preannuncio che la stragrande maggioranza delle
Aziende italiane non solo ha molto da imparare da
queste lezioni, ma dovrà riorganizzarsi se vuole
sopravvivere nel mercato del nuovo mondo…
Il consiglio che ti do per usufruire al meglio di questo
video‐capitolo è di aprire la mente al cambiamento e
prendere tutto quello che di buono c’è da prendere
dagli altri.
Imparare ad osservare e riadattare le tecniche altrui
è un lavoro che sarà preziosissimo per la tua
Azienda.
Ecco il primo video di questo video‐capitolo (clicca
sull’immagine per vederlo su Youtube):
6.1 Starbucks e Greyhound
Starbucks è una semplice caffetteria, vedendola
dall’esterno è questo che si percepisce. Il passante
ignaro potrebbe pensare di poter prendere un caffè
ovunque, quindi di fare tranquillamente a meno di
entrare in Starbucks e magari prendere un caffè in
uno dei qualsiasi milioni di bar sparsi in giro per gli
Usa.
Ma Starbucks ha una caratteristica che lo rende
unico nel suo genere: si mette nel senso letterale del
termine a disposizione del cliente e fa tutto il
possibile per farlo stare comodo, e soprattutto per
farlo rimanere all’interno dei suoi locali!
Innanzitutto da Starbucks tu puoi entrare
tranquillamente e metterti seduto a leggere il
giornale, senza che un barista ti soffi sul collo o ti
guardi di traverso (scene classiche in molte parti del
nostro bel paese…) se non consumi.
Già non è una meraviglia?
Poi da Starbucks puoi usufruire di collegamento wi‐fi
senza doverti registrare… praticamente puoi anche
lavorare col tuo pc dentro Starbucks per ore senza
pagare un centesimo e nessuno ha niente da ridirti:
sembra un sogno vero?
Come se non bastasse, senti questa chicca…
Sono andato al bancone per ordinare, e mentre
stavo facendo l’ordinazione mi suona il telefono.
Qualsiasi barista avrebbe fatto passare avanti un
cliente, poi alla fine della telefonata avrebbe servito
me. Invece da Starbucks no! La barista è stata ad
aspettare tutto il tempo della telefonata senza
battere ciglio, incredibile!!!
Questo a riprova che nel nuovo mondo si può essere
straordinari anche solo facendo un caffè.
Puoi vedere il video girato da me su questo caso su
Youtube al seguente link:
(clicca sull’immagine per vederlo su Youtube):
STARBUCKS
A riprova di quanto appena detto ho anche un’altra
storia da raccontarti.
Durante il mio viaggio di formazione negli States mi
sono dovuto trasferire da Boston a Montreal in
Canada. Ho fatto il viaggio con la compagnia
Greyhound, la più grande compagnia di bus degli
Stati Uniti (per intenderci è quella che si vede anche
nei film, col levriero come logo aziendale).
Sono quindi arrivato a Montreal in un tripudio
candore, con neve che cadeva giù fittissima ed una
coltre di 50 cm!
E’ incredibile constatare che nonostante ci sia così
tanta neve, in Canada tutti continuino a fare il loro
lavoro senza alcun problema: gli autobus fanno i loro
trasferimenti normalmente e le auto sfrecciano
come se attraversassero una comune provinciale
asfaltata…
Ma la cosa che mi ha sorpreso ancora di più nel mio
viaggio è stato il servizio assolutamente impeccabile
di cui ho usufruito all’interno del bus: sono sempre
stato collegato ad Internet in wi‐fi ed ho avuto anche
la possibilità di attaccare il mio portatile allo
spinotto!
In questo modo chiunque viaggia può sempre
lavorare in tranquillità, perché oltre al collegamento
gratuito può ricaricare il proprio dispositivo (laptop,
tablet….)
Se a questo aggiungiamo i comodissimi sedili in pelle
del bus, capiamo tutti i motivi per cui negli States
fare un viaggio in autobus è prassi e capiamo anche
come nelle 6 ore di viaggio che mi sono fatto da
Boston a Montreal sono stato assolutamente bene!
Per chiudere il quadro della fisolofia “giusta” che la
tua Azienda dovrà avere nel nuovo mercato ti
racconto quanto è accaduto nella mattina successiva
al mio arriva a Montreal in Canada.
Nella mattinata ho fatto colazione con uova e bacon
e ho pagato con dollari usa. Tra il dollaro usa e il
dollaro canadese c’era un differenza del 10% circa: la
cassiera canadese non solo ha accettato le
banconote usa, ma mi ha anche rimborsato la
differenza!
Nella stessa mattinata mi è arrivata la telefonata di
un mio cliente in Italia che era in banca con un
assegno. Questo signore non riusciva a farsi
cambiare un assegno dalla stessa banca che lo aveva
emesso… La banca, ligia alle sue norme, si opponeva
perché il signore non era censito; allorchè il mio
cliente ha detto :‐Beh, allora censitemi‐.
Lui ha prodotto il documento ma non aveva dietro la
targhetta del codice fiscale… Alla fine la banca non
ha potuto cambiargli l’assegno che un cliente della
stessa filiale aveva emesso!
Questo è uno dei tanti gravi handicap che ci fa capire
come freni del genere in Italia ci allontanino sempre
di più dal colmare i gap che abbiamo, soprattutto a
livello di business, con i paesi più avanzati del nostro.
Puoi vedere il video relativo su Youtube al seguente
link:
(clicca sull’immagine per vederlo su Youtube):
GREYHOUND
6.2 Max Brenner
Durante il mio viaggio mi sono fermato davanti alla
vetrina dell’agenzia di assunzioni di Max Brenner.
Max Brenner fa cioccolate, praline… e fin nulla di
nuovo.
Il bello è che da Max Brenner una semplice
cioccolata costa la bellezza di 10$!
Il loro prodotto è un vero e proprio inno alla
cioccolata, servita in tutte le sue forme e in tutte le
sue salse.
Chi è il cliente tipico di Max Brenner?
Chiunque immaginerebbe che il locale sia
frequentato solo da ragazzini e genitori; in realtà,
invece,
Max Brenner è frequentato da chiunque e per di più
è sempre affollato.
Ma come fa una cioccolateria di lusso, con prezzi
assolutamente fuori dall’ordinario, ad essere così
affollata, specie in un periodo economico non certo
florido?
E’ semplice, è così affollata perché tutti al giorno
d’oggi vogliono concedersi almeno 1 volta ogni tanto
il lusso di sentirsi ricchi.
Tutti vogliono almeno qualche volta all’anno andare
a cena in un ristorante di lusso, farsi un viaggio
all’estero…o magari se si è un cittadino Usa, andare
da Max Brenner!
Uno dei trend del nuovo mercato è appunto il “lusso
accessibile”, cioè il fatto che la ricchezza oggi è a
portata di tutti quanti: magari oggi si rinuncia ad un
abito, si rinuncia ad un bene primario, ma una
vacanza di lusso, una cena in un ristorante d’alta
classe… beh a questo non vogliamo proprio
rinunciare!
Puoi vedere il video relativo su Youtube al seguente
link:
(clicca sull’immagine per vederlo su Youtube):
MAX BRENNER
6.3 Apple
Apple è un must. Tutti quanti almeno una volta nella
vita ne hanno sentito parlare, soprattutto per il
successo planetario dei suoi prodotti (iPhone e iPad
tra tutti).
A Boston sono entrato in un loro negozio ed è saltato
lampante uno dei motivi del loro successo.
Nel negozio della Apple tutti vengono tratti allo
stesso modo. Si può entrare ed accomodarsi su una
delle tante postazioni ed il commesso di turno verrà
da voi per assistervi, sia che abbiate giacca e cravatte
ed un Rolex da 10.000€ al polso, sia che siate vestiti
con bermuda e maniche corte.
Tutti da Apple sono uguali, e tutti da Apple possono
stare tranquillamente nel negozio senza dover per
forza essere interessati ad acquistare qualcosa.
La vera forza di Apple è il passaparola: trattando
bene i suoi clienti, anche i più piccoli ed
insignificanti, sa che avrà come ritorno commenti
solo positivi sull’azienda, che quindi potranno
tramutarsi in vendite.
Nel video emerge lampante come io, nonostante sia
lì nel bel mezzo del negozio a fare il video, non sono
assolutamente mal visto dai commessi; tutto
continua tranquillo come se niente fosse.
Il monito di questo caso è il seguente: ricordiamoci
che nel nuovo mondo dovremo ristrutturare le
Aziende affinchè anche il cliente più piccolo sia
trattato come quello grande. Anche perché le
apparenze inganno e non sai chi potrebbe essere, e
cosa potrebbe fare, quel clienti che tu oggi giudichi e
tratti da “Piccolo”.
Puoi vedere i video relativi su Youtube ai seguenti
link:
Alla stazione South Station di Boston, importante
crocevia del traffico di Boston e cruciale per arrivare
in Canada, regna l’informalità più assoluta.
Se ti mettessi ad osservare tutti i passanti vedresti
chi è vestito in modo, diremmo noi, “trasandato”, chi
è impeccabile nel suo tight e chi è sportivo al 100%.
Il bello è che tutti se ne infischiano degli abiti
dell’altro e tutto fila liscio alla perfezione: gli spazzini
fanno il loro dovere, i chioschi vendono cibi buoni
(perché sanno che il cliente se è servito bene
tornerà) e soprattutto nessuno si permette di
guardare l’altro dall’alto in basso solo perché magari
è vestito meglio.
La grande lezione che la stazione South Station ci
insegna è che nel nuovo mercato conterà la sostanza
e non la forma.
Anche le apparecchiature in questo luogo sono
rivestite di questa filosofia: i computer o altro, se
sono funzionanti vengono mantenuti, non vengono
sostituiti solo perché vecchi esteticamente!
Nel nuovo mondo scompariranno quindi le Aziende
che sono tutta formalità e poca sostanza, mentre
avrà più successo che farà davvero le cose in modo
concreto.
Puoi vedere il video relativo su Youtube al seguente
link:
(clicca sull’immagine per vederlo su Youtube):
SOUTH STATION
6.5 Aziende a misura d’uomo
Nel mio viaggio di aggiornamento negli States e in
Canada non poteva mancare un giro al centro
commerciale. Gli Usa sono la patria dei centri
commerciali, i famosi “Mall”, che hanno aperto una
vera e propria epoca di centri commerciali, che si
sono diffusi a macchia d’olio in tutto il mondo.
Ad un primo impatto un centro commerciale Usa
potrebbe sembrare uguale ad un altro in tutto il
mondo; la realtà è che nei centri commerciali, così
come nelle attività commerciali made in Usa, il locale
è disegnato a misura d’uomo.
Configurare un’attività commerciale a misura
d’uomo significa fare in modo che il tuo potenziale
cliente sia sempre il benvenuto, sia comodo, e possa
usufruire gratuitamente di una gamma di servizi che
lo fa “stare bene”.
Oltre al discorso wi‐fi già affrontato prima ( in tutti i
centri commerciali statunitensi si può lavorare
tranquillamente col proprio pc ad esempio senza
dover avere una connessione propria), voglio
metterti in evidenza un’altra peculiarità
fondamentale di questo trend: le Aziende non
chiudono praticamente mai!
Nel secondo video allegato a questo caso vedrai che
gli orari della banca Td sono davvero off‐limits se
paragonati a quelli di una banca italiana; nel terzo
video troverai gli strabilianti orari dei magazzini
Simons.
Troppo spesso noi pretendiamo di applicare le
NOSTRE regole aziendali a quelle del consumatore, e
questo sarà un grave errore.
Bisognerà quindi adeguare la struttura aziendale alle
esigenze del cliente e non alle nostre esigenze o a
quelle dei nostri dipendenti: il trend delle Aziende a
misura del CLIENTE come vedi nei paesi più avanzati
del nostro è già in essere.
Puoi vedere i video relativi su Youtube ai seguenti
link:
6.6 Sonos e la fine degli intermediari
Durante il mio viaggio sono entrato in un negozio di
musica e, a ulteriore riprova di uno dei trend del
nuovo mondo, i commessi si sono messi a mia
completa disposizione.
Mi hanno fatto provare tutti gli strumenti possibili,
ho potuto collegare il mio iPhone ai loro diffusi ed ho
ascoltato per oltre mezz’ora la mia musica preferita
con i loro device.
Tra tutti gli strumenti a disposizione nel negozio non
ho potuto fare a meno di notare il marchio Sonos.
Sonos è un caso essenziale per capire come sarà nel
nuovo mondo il rapporto Produttore – Intermediario
‐ Consumatore. Ebbene, non me ne vogliano tutti gli
intermediari di questo mondo, ma la tendenza del
nuovo mercato è quella di un rapporto diretto
azienda‐consumatore, senza l’ausilio degli
intermediari.
La Sonos è un caso eclatante di come questa
tendenza sia stata spinta al limite. Sonos ha fatto
successo sviluppando un sistema di audio diffusione
che ti consente di ascoltare musica diversa in diverse
stanze della tua casa: praticamente se tu sei in
bagno puoi ascoltare gli U2 mentre ad esempio tua
moglie in camera potrebbe ascoltare la Pausini.
Il tutto è condito da un’acustica eccezionale e da un
sistema che si basa su un’unica fonte (non devi
quindi installare diversi impianti stereo nelle diverse
stanze della casa!).
Che c’entra allora Sonos con il negozio dove sono
entrato?
Nel negozio dove sono entrato, nonostante ci fosse
tutto, ma veramente tutto in fatto di musica, e
nonostante ci fosse anche una targhetta col marchio
Sonos: non c’erano apparecchiature della Sonos!!!
Quelli della Sonos hanno infatti deciso di vendere
autonomamente i loro prodotti, senza bisogno di
intermediari.
Per fare questo si sono concentrati nel realizzare un
sistema di montaggio semplicissimo e ci sono riusciti
alla perfezione: se acquisti il loro prodotto non avrai
bisogno di alcun installatore perché montare il tutto
è davvero facile.
In questo modo Sonos ha eliminato completamente
qualsiasi intermediario e ha abbassato i costi per il
consumatore.
Impariamo da Sonos e ristrutturiamo le nostre
attività affinchè possiamo comunicare direttamente
con i nostri clienti, senza affidarci agli intermediari.
SONOS
7. LA RETE, LE TRIBÙ E IL WEB MARKETING
7.1 Le tribù e il concetto di viralità
Ritorniamo al concetto di condivisione: la
necessità di condividere è insita nel comportamento
umano. Gli esseri umani sono animali sociali, cioè
tendono naturalemente ad aggregarsi fra di loro (con
poche eccezioni).
Si tratta di un comportamento che ha origini e
ragioni ataviche del tutto palesi: in gruppo i singoli si
difendono più efficacemente dai predatori e sono in
grado di procacciarsi il cibo necessario alla
sopravvivenza. L’unione fa la forza, insomma.
Sebbene la vita moderna sia molto diversa da
quella degli uomini delle caverne, gli uomini del XXI
secolo tendono ancora naturalmente ad aggregarsi
con i propri simili; non certo perché devono
proteggersi da giganteschi predatori, o perché
devono cacciare in gruppo per assicurarsi una scorta
di cibo (per quello ci sono i supermercati!).
Le persone si aggregano intorno ad interessi
comuni perché vogliono condividere tali interessi
con altre persone che essi riconoscono come propri
simili. Ora come allora si formano delle tribù.
Le nuove tribù sono delle tribù digitali, che si
formano e prosperano nella rete grazie all’uso dei
cosiddetti canali informali o social network, come
Facebook o Twitter.
Le tribù digitali funzionano poi secondo il
concetto di viralità, cioè in base ad un meccanismo,
tipico delle comunità virtuali, in cui ogni membro di
una certa tribù è portato a condividere le
informazioni con tutti i membri della sua tribù.
Avviene così che un messaggio, un’informazione o
un video postati su una pagina Facebook e condivisi
inizialmente con qualche decina di persone possano
arrivare a raggiungere attraverso l’effetto
moltiplicatore proprio del meccanismo di
condivisione centinaia, migliaia, a volte decine di
migliaia di persone: è allora che si dice che
un’informazione o un video sono diventati virali,
perché proprio come i virus si espandono in modo
incontrollato e pervasivo.
Ed è proprio qui che interviene il web marketing
che intercetta l’interesse delle tribù e sfrutta la
necessità di condivisione per diffondere il proprio
messaggio utilizzando gli stessi canali informali
utilizzati dalle tribù.
7.2 Il sito internet non deve essere bello ma deve
informare
Se la massa non esiste più, allora bisogna
rivolgere la propria attenzione alle tribù, perché
questi gruppi possono veicolare il vostro messaggio
attraverso i canali informali servendosi del
passaparola digitale.
Le tribù digitali sono contemporaneamente il
vostro mercato, e il mezzo di promozione della
vostra azienda. Tutto ciò di cui avete bisogno è
sapere come fare per sfruttare il loro potenziale.
Più avanti vedremo passo passo quali sono le fasi
per creare una efficace strategia di web marketing;
per ora vi anticipo gli step iniziali:
1. creare un sito internet di semplice utilizzo e
con contenuti chiari, “a prova di scemo”;
2. creare dei contenuti capaci di catturare
l’attenzione di coloro che utilizzano la rete
fornendo loro le informazioni di cui hanno
bisogno in modo da rassicurarli;
3. sfruttare il passaparola digitale invogliando
coloro che si sono informati a parlarne con i
propri contatti creando così un effetto a
catena;
4. creare un contatto (tramite email,
newsletter, sms) con coloro che cercano
informazioni.
A questo punto mi preme che sia chiaro un
concetto fondamentale: un sito ben fatto, ai fini del
web marketing, non è un sito bello, ma un sito che
consenta a chiunque con un minimo di conoscenza
del mezzo di navigare con tranquillità.
Quando progettate il sito web preoccupatevi di
questo e dei contenuti piuttosto che della bellezza.
L’opzione ad una sola pagina che scorre premendo il
“tasto giù”, per quanto mi riguarda è la migliore
perché è intuitiva e non richiede la conoscenza del
funzionamento dei collegamenti ipertestuali che non
è altrettanto intuitivo, soprattutto per chi non è
avvezzo alla navigazione.
7.3 Cavalcare la rivoluzione digitale
Un bell’esempio di come si possano sfruttare le
possibilità offerte dalla rete ci viene da una azienda
leader mondiale nella produzione di frullatori: la
Blendtec.
Questa azienda ha ottenuto un successo
commerciale planetario grazie ad un video postato
su youtube. Il video in breve tempo è diventato
virale e la popolarità dell’idea è stata tale che
l’azienda ha realizzato e postato decine di video
simili.
L’idea è tanto semplice quanto brillante (ed è una
riprova del fatto che efficacia e semplicità vanno
sempre a braccetto): un tizio dall’aspetto ordinario,
diciamo pure l’uomo della strada, se ne sta in piedi
accanto ad un frullatore e si domanda se il suddetto
elettrodomestico riuscirà a frullare un oggetto che
normalmente nessuno penserebbe di frullare: dai
pennarelli al telefono cellulare. La domanda è: “Will
it blend?”, ovvero “Lo frullerà?”.
A questo punto il tizio si mette un paio di occhiali
protettivi, introduce l’oggetto nel frullatore, chiude il
coperchio e avvia l’apparecchio.
La camera inquadra il frullatore mentre fa a pezzi
tutto quello che contiene. Alla fine l’uomo estrae ciò
che rimane dell’oggetto, ormai irriconoscibile.
L’operazione è riuscita: l’ha frullato.
Semplice, geniale. Costo dell’operazione? 600
dollari. Risultato: successo mondiale. Esistono decine
di video simili nati dalla curiosità degli utenti che
avevano guardato il primo video e che sono stati
invitati a proporre oggetti da frullare.
L’ultimo oggetto che mi è capitato di veder
frullare è un ipad e, anche se sembra incredibile, l’ha
frullato.
http://www.youtube.com/watch?v=qg1ckCkm8YI
L’idea alla base di questa trovata assolutamente
geniale è la curiosità: l’azienda ha sfruttato la
curiosità per attrarre l’attenzione degli utenti di
Internet, perché ha capito che la rete è il maggiore
mercato mondiale poiché solo attraverso il computer
si può raggiungere chiunque dovunque nel mondo.
Qui sotto potrete trovare un mio video molto
interessante su Ratei e Riscontri:
http://www.youtube.com/watch?v=3n4VflcFwRA
7.4 Web marketing vs. pubblicità
Come abbiamo appena visto, realizzare un video
promozionale e postarlo su youtube richiede un
modesto investimento, soprattutto se lo si paragona
a quello necessario per acquistare spazi pubblicitari
su riviste o in televisione, e la sua diffusione, a
differenza dei mezzi di comunicazione tradizionali, è
planetaria.
Ma qui non si tratta solo di costi e di diffusione; si
tratta di strategia.
Solo 10 anni fa la pubblicità tradizionale generava
l’85% degli introiti delle aziende, mentre oggi ben il
50% proviene da canali extra televisivi e tra questi
non si può dire che la carta stampata faccia la parte
del leone come succedeva solo fino a pochi anni fa.
Tutt’altro: il 24 febbraio del 2012 il quotidiano
Free Press City che si finanziava solo con la raccolta
pubblicitaria ha chiuso perché i ricavi non riuscivano
neanche a coprire i costi.
Perché? Semplice: la pubblicità, sia sulla carta
stampata come su tutti i mezzi tradizionali, è fatta
per colpire la massa. Con una immagine metaforica
si potrebbe dire che “spara nel mucchio” sperando di
colpire quante più persone possibile. È una
questione di grandi numeri e probabilità: più
persone vengono raggiunte dal messaggio
pubblicitario, maggiore è la possibilità che tra queste
persone ce ne siano alcune interessate al prodotto.
Questo metodo ha funzionato per decenni, ma
ora si sta rivelando sempre meno efficace. E la
ragione di ciò sta nel fatto che la massa non esiste
più. Ora esistono le tribù e le tribù funzionano
secondo un principio diverso da quello della massa:
le tribù funzionano in base al principio della
condivisione di interessi precisi, quindi è inutile
cercare di colpirle con la vecchia pubblicità.
Per attirare l’attenzione delle tribù bisogna usare
una strategia nuova, e questa strategia è il web
marketing, che è pensato e strutturato per colpire le
tribù digitali.
Ma il web marketing non è una riproposizione su
un mezzo nuovo (la rete) di uno schema vecchio (lo
spot). Un mezzo nuovo richiede un nuovo approccio,
ed è proprio questo che fa il web marketing: offre un
nuovo approccio adatto al nuovo mezzo e al nuovo
target: le tribù digitali.
7.5 Un’occasione da non perdere
I cambiamenti di cui abbiamo parlato: la
scomparsa della massa, il conseguente declino
dell’efficacia del marketing tradizionale e la
necessità di trovare nuove strategie di marketing
adatte ai canali digitali sono destinate a durare nel
tempo perché l’era digitale è appena iniziata e si
evolve ad un ritmo forsennato.
In questa corsa costante chi si ferma rimane al
palo.
Continua ad utilizzare i canali promozionali
tradizionali e puntare sulle vecchie forme di
pubblicità significa spendere una barca di soldi per
ritrovarsi con un pugno di mosche.
Bisogna avere il coraggio di cambiare e
abbracciare strategie nuove. In un certo senso si
tratta di cambiare il modo pensare. Può essere
difficile, ma è necessario perché i consumatori
l’hanno già fatto e se non lo fate anche voi, li
perderete.
Rinunciare al web marketing vi porterà fuori dal
mercato due volte più velocemente perché
rinunciate ad un vantaggio competitivo e
contemporaneamente vi troverete in svantaggio
rispetto a quelle aziende che avranno voluto e
saputo sviluppare un efficace strategia web
marketing
Se deciderete, come spero, di adottare questa
nuova e innovativa tecnica di marketing, comunque,
dovete sapere cosa vi aspetta, perché, come ho già
detto, si tratta di cambiare il modo di pensare,
prima ancora che il modo di promuovere il vostri
prodotti.
Una strategia di marketing per essere efficace
richiede un triplice impegno. Innanzitutto,
un’organizzazione scientifica di tutta l’azienda
intorno al concetto di marketing.
Il Marketing non è una funzione dell’azienda:
tutti, a cominciare dai dirigenti fino agli impiegati
sono coinvolti nel marketing perché tutto ciò che
l’azienda o un suo rappresentante fa o dice ricade
sull’azienda stessa: anche la centralinista che
risponde cortesemente al telefono o l’impiegato che
si occupa con solerzia di una richiesta del cliente
stanno facendo marketing.
Secondo punto, dovrete investire in modo
strutturato nella realizzazione di una strategia di web
marketing che, se richiede il coinvolgimento di tutta
l’azienda, richiede altresì l’impiego di risorse
economiche che sono la base imprescindibile di tutte
le innovazioni.
Terzo, e più importante, dovrete mettere in gioco
voi stessi e la passione per i vostri prodotti e il vostro
lavoro perché nessuna strategia di marketing per
quanto innovativa ed efficace può funzionare se non
poggia sull’entusiasmo.
Ricordate che il web marketing si fonda sui
contenuti e il contenuto non esiste senza il prodotto.
Il prodotto non è solo un oggetto che si vende, il
prodotto è anche la sintesi delle conoscenze e delle
competenze che voi possedete, quindi non c’è
miglior modo per comunicare il vostro prodotto che
quello di essere disposti a donare la vostra
conoscenza e la vostra competenza perché, così
facendo, dimostrerete quanto credete nel vostro
lavoro e indurrete il pubblico a fidarsi. Il concetto di
fiducia è alla base del web marketing.
7.6 Strategia di web marketing
Lo scopo di questo e‐book non è insegnare
come si progetta una strategia di web marketing, ma
quello di darvi un’idea di quanti e quali passi essa
richieda. Vediamoli in breve.
1. Identificare le tribù che possano veicolare il
vostro messaggio nella rete attraverso i canali
informali (social network). Per fare ciò dovete
innanzitutto identificare l’interesse che unisce
queste tribù e che la vostra azienda e i vostri
prodotti sono in grado di soddisfare.
2. Realizzare un sito semplice e con contenuti tali
da riuscire a soddisfare in 7 secondi (tempo
medio che gli internauti impiegano per decidere
se continuare a navigare nel vostro sito o
passare ad un altro) i bisogni inconsci, ossia
potere, bellezza, riconoscimento e tempo libero.
In questo modo otterrete altri 7 secondi di
attenzione. Secondo lo psicologo Maslow,
infatti, tutte le scelte, e quindi anche le scelte di
acquisto, non sono determinate dalla
razionalità, ma dall’inconscio. La razionalità
entra in gioco quando la scelta è già stata
compiuta e il suo ruolo è unicamente quello di
giustificare razionalmente la scelta.
3. Convincere gli internauti a visitare il vostro sito
utilizzando tutti i canali informali a disposizione:
Facebook, Linkedin, Youtube, Twitter, Google,
Google maps, Google adwords, etc.
4. Informare in modo esauriente il visitatore
perché non resti con delle domande senza
risposta e rassicurarlo in modo da convincerlo
definitivamente che il vostro sito è quello giusto.
Per fare ciò non c’è niente di meglio che le
testimonianze dirette di clienti soddisfatti.
5. Indurre il visitatore a compilare un form
contenente i contatti personali. Questi contatti
(indirizzo mail soprattutto) vi serviranno per
creare un rapporto permanente attraverso
l’invio di mail personalizzate o newsletter.
6. Utilizzare i social network e le comunità virtuali
per raccogliere il maggior numero di contatti e
sfruttare tutte le funzionalità offerte per creare
una rete che consenta di moltiplicare i contatti
in misura esponenziale.
7. Riempire il sito di contenuti. Sì perché il sito
non è altro che un contenitore, quella che fa la
differenza non è il colore o la forma, ma quello
che ci mettete dentro. Il genere di contenuti più
efficace ai fine del web marketing è quello
autoprodotto: testimonianze di clienti, racconti
di esperienze di vita o di momenti curiosi e
divertenti, meglio se in versione video perché il
video diventa più facilmente virale. Anche fare
dono della propria conoscenza è un bel modo di
creare contenuti, ad esempio spiegando aspetti
del vostro lavoro che sono sconosciuti ai più.
8. Diventare leader della tribù. Lo scopo finale
della strategia di web marketing è quello di
raccogliere intorno alla propria azienda
l’interesse di quante più persone possibile
legate da interessi comuni e diventare un punto
di riferimento per la tribù, creando un rapporto
di fiducia e condivisione.
CONCLUSIONE
Questo e‐book non ha la pretesa di esaurire
l’argomento web marketing. Al contrario, quanto
avete letto non è che una introduzione ad un
concetto molto più ampio, una sorta di
“infarinatura” che vi presenta gli aspetti principali di
questa nuova strategia senza scendere troppo nei
particolari.
…..Con queste prossime pubblicazioni:
Le attività di web marketing;
Facebook per web marketing;
Linkedin per il web marketing;
Twitter per il web marketing;
Youtube per il web marketing;
Google Adwords e I pay per click per il web
marketing;
I contenuti per il web marketing;
Il databasing per il web marketing;
Landing killer minisite per il web marketing;
Il controllo e il reporting per il web marketing.
è mia intenzione completare in maniera esaustiva
ogni argomento riguardante il web marketing.
L’intento principale di questo e‐book è spiegare
nel modo più chiaro possibile che cosa può fare il
web marketing per voi e per la vostra azienda, non
certo quello di invitarvi a mettere in pratica una
strategia di web marketing, poiché è chiaro che
un’attività di questo genere non si può improvvisare
sulla base di quello che avete appreso.
Il secondo scopo che mi sono proposto è quello di
interessarvi all’argomento e, sperando di esserci
riuscito, vi invito ad approfondirlo attraverso le
letture delle prossime pubblicazioni.
Se vuoi approfondire vai su:
WWW.CORSIWEBINAR.IT
WWW.CONSULENTIAZIENDALIDITALIA.IT
WWW.WEBMARKETINGITALIANO.IT
BIBLIOGRAFIA
Godin S. [1] (2008), Che pasticcio di marketing!, Sperling &
Kupfer.
Godin S. (2011), Siamo tutti strambi, Sperling & Kupfer.
Clochiatti G. (2008), Creatività per l'innovazione. Come
produrre idee vincenti per migliorare la competitività, Franco
Angeli, Milano.
Devoto G. - Oli G. C. (2004), Dizionario Devoto Oli della
lingua italiana, Le Monnier, Firenze.