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7/24/2019 Storia Dell'Aeronautica Militare [Divisione Formazione Superiore SGA-SAAM]
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DIVISIONE FORMAZIONE SUPERIORE
SGA/SAAM
Storia
dell'Aeronautica Militare
7/24/2019 Storia Dell'Aeronautica Militare [Divisione Formazione Superiore SGA-SAAM]
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Dagli aerostieri alla vigilia del secondo conflitto mondiale
Dai palloni allaffermazione del pi pesante
La Grande Guerra e lintervento
Il dopoguerra e la nascita della Regia Aeronautica
La Coppa Schneider
La Regia Aeronautica tra primati e trasvolate
LAeronautica tra i due conflitti mondiali
Dallo scoppio della 2 Guerra Mondiale alla Rinascita
La Regia Aeronautica nella 2 Guerra Mondiale
LAccademia Aeronautica da Livorno a Nisida
LArmistizio e la Guerra di Liberazione
La Regia Aeronaulica nella lotta clandestina
Dal dopo guerra alla storia di oggi
Nasce lAeronautica Militare
Con la NATO arrivano gli aviogetti
Dal G.91 alla storia pi recente
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Lo stemma dellAeronautica
Militare Italiana, sormontato
dallaquila turrita, simbolo
dei piloti militari, racchiude i
distintivi di quattro squa-
driglie che, nella 1^ Guerra
Mondiale, si misero in luceper abilit, coraggio ed ero-
ismo.
Il Quadrifoglio riproduce il
simbolo della 10^ Squadri-
glia da bombardamento
Caproni, anchessa impie-
gata in audaci azioni belliche
durante la Grande Guerra.
Il cavallo alato con fiacco-
la raffigura il distintivo
dellimpavida 27^ Squadri-
glia Aeroplani, erede della
10^ Squadriglia Farman.
Fu protagonista, nel primo
conflitto mondiale, di nume-
rose missioni di ricognizio-
ne e di bombardamento.Accompagna lo stemma il
cartiglio con il motto Virtute
Siderum Tenus - con valo-
re verso le stelle - che sin-
tetizza il coraggio, la bravu-
ra ed il sacrificio di tutti gli
Av ia to ri it al ia ni . Da gl i
aerostieri alla vigilia del se-
condo conflitto mondiale Dai
palloni allaffermazione del
pi pesante
Il Grifo Rampante rappre-
senta linsegna della 91 ^
Squadriglia da Caccia.
Nota come Squadriglia de-
gli assi, ebbe tra le sue file
eroi come Francesco Barac-
ca, Piccio, Ruffo e Ranza.
Il celebre Leone di S. Mar-
co fu adottato come emble-
ma dalla 87^ Squadriglia
Aeroplani, ribattezzata La
Serenissima in omaggio
alla citt di Venezia. E di
questa squadriglia lepico
volo su Vienna al comando
di DAnnunzio.
Lo stemma dellAeronautica Militare
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Medaglie concesse alla Bandiera
dell Aeronautica
Croce di Cavaliere dellOrdine Militare dItaliaRoma,13 settembre 1991
Croce di Cavaliere dell Ordine Militare di Savoia
Roma, 28 aprile 1937
Medaglia d Oro al Valor MilitareRoma, 4 giugno 1936
Medaglia d Oro al Valor MilitareRoma, 31 gennaio 1949
Medaglia d Oro al Valor AeronauticoRoma, 12 marzo 1973
Medaglia d Argento al Valor MilitareRoma, 5 giugno 1920
Medaglia d Argento al Valor Militare
Roma, 8 ottobre 1920
Medaglia d Argento al Valor MilitareRoma, 20 dicembre 1928
Medaglia d Argento al Valor MilitareRoma, 3 ottobre 1929
Medaglia d Argento al Valor MilitareRoma, 25 aprile 1932
Croce di Guerra al Valor MilitareRoma, 11 marzo 1926
Medaglia dOro Ai Benemeriti della Salute Pubblica
Roma, 3 aprile 1981
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Capi di Stato Maggiore
dellAeronautica Militare
Gen. D .A. P ier R uggero P ICCIO dal l gennaio 1926 al 6 febbr aio 1927
Gen. S.A. Armando ARMANI dal 10 febbraio 1927 al 13 ottobre 1928
Gen. B.A. Giuseppe VALLE dal 22 febbraio 1930 al 23 novembre 1933
Gen. D.A. Antonio BOSIO dal 23 novembre 1933 al 22 marzo 1934
Gen. S.A. Giuseppe VALLE dal 22 marzo 1934 al 10 novembre 1939
G en . S . A. F ra nc es co P RI CO LO d al 10 n ov em br e 1 93 9 a l 1 5 n ov em br e 1 94 1
Gen. S .A. R ino Corso FOUGIER dal 15 novem br e 1941 al 26 l ugl io 1943
Gen. D.A. Renato SAN DALL dal 27 luglio 1943 al 18 giugno 1944
Gen. D.A. Pietro PIACENTINI dal 19 giugno 1944 al l 11 dicembre 1944
Gen. S .A. Mario A lMONE dal 13 dicembre 1944 al 25 febbraio 1951
Gen. S.A. Aldo URBANI dal 25 febbraio 1951 al 10 novembre 1954
Gen . S .A . Ferdinando RAFFAELLI dal 10 novembre 1954 a l 1 febb raio 1958
Gen. S.A. Silvio NAPOLI dal 1 febbraio 1958 al 1 settembre 1961
Gen. S.A. Aldo REMONDINO dal 1 set tembr e 1961 al 28 febbr ai o 1968
Gen. S.A. Duilio S. FANALI dal 28 febbraio 1968 al 31 ottobre 1971
G en. S .A . V inc enz o L UC ERT IN l d al 1 n ov em br e 1 97 1 a l 2 7 f eb br ai o 1 97 4
Gen. S.A. Dino CIARLO dal 27 febbraio 1974 al 19 giugno 1977
Gen. S.A. Al essandro METTIMANO d al 2 0 g iu gn o 1 97 7 a l 1 a pr il e 1 98 0
Gen. S.A. Lamberto BARTOLUCCI dal 2 aprile 1980 al 12 ottobre 1983
Gen. S .A. B asilio COTTONE dall 9 ottobre 1983 al 17 settembre 1986
Gen. S.A. Franco P ISANO dal 18 set tembre 1986 al 15 apri le 1990
Gen. S.A. Stelio NARDlNI dal 16 apri le 1990
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Dagli Aerostieri alla
vigilia del secondo
conflitto mondiale
(a sinistra)La prima esperienza sul campodegl i aerost ier i nel le colonie i tal iane del MarRosso.(sopra)I l tenente Dal Fabbro , al centro, che coni l capi tano Moris , ef fet tu la prima ascensionel ibera ut i l izzando un pal lone mil i tare dicostruz ion e i tal iana.
mento del genio, il cui parco comprende due pal-
loni da 550 metri cubi, l Africo e il Torricelli,
un generatore di idrogeno e un verricello a vapo-
re per la manovra del cavo di ascensione. Un ini-
zio davvero modesto per quel la che sar la futu-
ra arma azzurra!Nellestate di tre anni dopo la Sezione, grazie alla
prima legge dello Stato relativa alla nuova spe-
cialit, viene assorbita, insieme a tutti gli altri ser-
vizi speciali del genio, dalla Compagnia speciali-
sti, che ha subito modo di dimostrare sul campo
le proprie capacit partecipando alla spedizione
del generale Asinari di San Marzano nei posse-
dimenti italiani sul Mar Rosso con tre aerostati -
il Serrati, il Volta e il Lana - che vengono
impiegati in ascensioni frenate di ricognizione.
Per la prima volta nella storia fa la sua comparsa
quello che sar poi il colore della forza armata.
Una nappina azzurro cobalto viene infatti adotta-
ta come distintivo di specialit e va a fregiare il
copricapo del personale assegnato alla Compa-
gnia che, nel 1889, subisce un ulteriore aggiu-
stamento ordinativo diventando Brigata mista del
genio, articolata in una Compagnia treno per il
trasporto dei materiali in dotazione e una Com-
pagnia specialisti. Questultima si impone nel-
lestate del 1894 agli onori della cronaca con la
prima ascensione libera di un pallone militare di
costruzione italiana, il Generale Durand de la
Penne, compiuta dal capitano Maurizio Moris e
Dai palloni
all'affermazione del "pi pesante"Il 28 Marzo 1923 fu fondata lAeronautica Milita-
re Italiana come forza armata autonoma.
Le sue origini risalgono, per, a qualche decen-
nio prima quando, sullo scenario del potenziale
bellico nazionale, fa il suo primo e ancor timido
ingresso una nuova specialit il cui sviluppo
legato, almeno per il momento, al pi leggerodellaria, a quei palloni, cio, grazie ai quali ardi-
ti aeronautici avevano conquistato il cielo.
Siamo nel 1884 per lesattezza e, agli ordini del
tenente Alessandro Pecori Giraldi, viene costitu-
ito a Roma - dapprima al Forte Tiburtino, quindi
alla caserma di Castel SantAngelo - un Servizio
aeronautico che, nel gennaio dellanno succes-
sivo, diventa Sezione aerostatica del 3 Reggi-
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dal tenente Cesare Dal Fabbro i quali, pi ani-
mati da grande coraggio che sorretti da specifi-
ca preparazione, si levano in volo dalla piazza
darmi ai Prati di Castello (nei pressi dellattuale
piazza Mazzini in Roma) per discendere poi, for-
tunatamente senza incidenti, a qualche chilome-
tro dalla capitale. Altri, in questi primi tentativi,
saranno meno fortunati: la prima vittima un
geniere di ventanni, Oreste Vacca, che il 15 giu-
gno 1899 precipita su una riva del Tevere dopo
essere rimasto aggrappato ad una delle funi di
vincolo di un pallone strappato dal vento; la se-
conda il capitano Arnaldo Ulivelli il cui pallone
prende fuoco in volo, il 7 giugno 1907, dopo es-
sere stato colpito da un fulmine.
Nel novembre del 1894 il Ministero della Guerradecide di riunire in un unico reparto tutti i servizi
di aeronautica: nasce cos la Brigata specialisti
che nel 1909 diventer autonoma.
I primi voli liberi con pallone, se da una parte ave-
vano fatto gi ampiamente intravedere le grandi
potenzialit del nuovo mezzo, dallaltro ne aveva-
no anche evidenziato tutti i limiti, soprattutto in
applicazioni militari, derivanti dal fatto che la loro
traslazione orizzontale era affidata esclusivamen-
te ai venti. La necessit di dotarli di un sistema
autonomo di navigazione rappresenta dunque,
agli inizi del secolo, il maggior problema tecnico
alla cui soluzione vengono rivolti studi e ricerche
che vedono seriamente impegnati anche gli uo-
mini della Brigata. Questi sforzi si concretizzanonella realizzazione del primo dirigibile militare ita-
liano, lN. 1, ideato, progettato e costruito dai ca-
pitani Gaetano Arturo Crocco e Ottavio Ricaldoni.
Questo semirigido - di 2.500 m., rivestito di seta
verniciata esternamente in alluminio, lungo 63
metri e con un diametro di 10 alla sezione mae-
stra - effettua durante il mese di ottobre del 1908
quindici uscite, condotto in volo dagli stessi
costruttori. Gli esperimenti si concludono proprio
lultimo giorno del mese con il volo Vigna di Val-
le-Anguillara-Roma e ritorno, per un totale di 80
chilometri percorsi in unora e trentacinque mi-
nuti. Per la prima volta nella storia un dirigibile
vola, a 500 metri di quota, sulla capitale del Re-
gno; un giornale lindomani titoler: Da Bracciano
al Quirinale in 32 minuti.
Esattamente un anno dopo lN. 1 bis parte da
Vigna di Valle ed effettua, in 14 ore di volo senza
scalo, una crociera di 470 chilometri nel corso
della quale vengono sorvolate Napoli e Roma.
Ma il progresso ormai incalza e, accanto agli studi
sul pi leggero e alle relative realizzazioni do-
vute nel nostro Paese ad uomini geniali come
Almerigo da Schio, Enrico Forlanini (noto anche
per aver legato il suo nome allideazione delleli-
cottero), Domenico Piccoli o Celestino Usuelli,
tanto per citarne alcuni, il nuovo secolo vede
schiudersi un nuovo, decisivo capitolo nella sto-
ria del volo. Il 17 dicembre 1903 un velivolo a
motore realizzato da due fratelli, Orville e Wilbur
Wright, si alza a tre metri da terra sulla spiaggia
di Kitty Hawk e compie per dodici secondi un volo
di trentasei metri... troppo modesto - dir poi lo
stesso Orville - se paragonato a quello degli uc-
celli, ma pur tuttavia il primo nella storia del mon-
do.
La grande impresa compiuta e, ovviamente,
enorme lo scalpore che essa suscita ovunque.
Gli Stati Uniti per primi, ma anche il Vecchio Con-
tinente grazie soprattutto alla Francia, iniziano lacostruzione delle nuove macchine volanti. In Ita-
lia ci si limita allacquisto da parte del Club degli
aviatori del velivolo Wright n. 4 - costruito in Fran-
cia e capace di una velocit di 58 chilometri lora
con un carico utile di 120 chilogrammi - che in
assoluto la prima macchina pi pesante in li-
nea nel nostro esercito. Su di esso lo stesso
Wilbur compie, il 15 aprile 1909, il primo di una
lunga serie di voli circondato dallentusiasmo di
una folla enorme convenuta per loccasione sul-
laeroporto romano di Centocelle.
Ben presto, per, anche nel nostro Paese sorgo-
no le prime case costruttrici, certamente con
strutture e metodologie ancora artigianali, ma che
di fatto aprono la strada a quella che, di li a pochi
anni, diventer una vera e propria industria aero-
nautica. Nascono cos, nel 1909, il triplano di
Aristide Faccioli sul quale, particolare curioso, il
pilota manovra stando in piedi; il primo biplano
I l dir igibi le P.1 esce dal l hangar da campoal lest ito in Libia.
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Caproni, dellanno successivo, capostipite di una
gloriosa serie di velivoli; i motori Anzani a raf-
freddamento ad aria, uno dei quali viene montato
sul Blriot con il quale il celebre costruttore com-
pie la prima traversata della Manica; le costru-
zioni aeronautiche di Franz Miller, di Mario
Cobianchi, di tanti altri, noti e meno noti, la cui
opera contribuir comunque al progresso del-
laviazione.
Insieme alle prime macchine, ecco anche i primi
pilot i i taliani regolarmente brevettat i: i l
sottotenente di vascello Mario Calderara, brevet-
to di pilota di aeroplano n. 1, conseguito il 12 set-
tembre 1909 per acclamazione durante il 1 Cir-
cuito aereo internazionale di Brescia, e il tenente
del genio Umberto Savoia, n. 2, entrambi adde-strati da Wilbur Wright durante la sua permanen-
za romana.
Il 1910 rappresenta un anno decisivo per le sorti
della nuova specialit e segna storicamente il
primo atto ufficiale del riconoscimento della vali-
dit dellaeroplano come mezzo operativo e, quin-
di, della nascita dellaviazione militare. Si orga-
nizza a Centocelle la prima Scuola militare di
aviazione; le nascenti forze aeree vengono rior-
dinate e potenziate con la costituzione, agli ordi-
ni di Maurizio Moris, ora tenente colonnello, del
Battaglione specialisti autonomo del genio nel
quale viene inserita la nuova Sezione aviazione,
con sede a Torino, che viene posta sotto il co-
mando del tenente colonnello Vittorio Cordero diMontezemolo; il Parlamento, soprattutto, ratifica
ufficialmente limportanza dellaviazione appro-
vando uno stanziamento, cospicuo per lepoca,
di 10 milioni di lire per la costruzione di nove diri-
gibili, lacquisto di 10 aeroplani e il pagamento
delle indennit speciali spettanti a tutto il perso-
nale del settore. Una materia, questultima, che
sar pi compiutamente disciplinata lanno succes-
sivo con il Regio Decreto n. 1265 del 25 settembre.
Alla sua costituzione il Battaglione pu contare
su una forza di otto piloti e altrettanti velivoli - tre
Farman e cinque Blriot tutti dislocati a Centocelle
-che rappresentano, insieme a due dirigibili e ad
alcuni aerostati, tutta la nostra forza aerea. La
quale, peraltro, ha ben presto la possibilit di di-
mostrare ancora una volta sul campo le sue ca-
pacit. Nel settembre del 1911 scoppia infatti il
conflitto italo-turco per il possesso della Libia,
dove, insieme a tre dirigibili e ad alcuni aerostati,
viene inviata una flottiglia di aeroplani forte di cin-
que piloti effettivi e sei di riserva, una trentina tra
graduati e uomini di truppa e nove aerei -tre
Nieuport, due Blriot, due Etrich e due Farman -
tutti con motore da 50 HP.
Questa esperienza, durata poco pi di un anno,
ha assunto particolare rilevanza nella storia del-
laeronautica, non solo italiana, in quanto ha co-
stituito il primo caso al mondo di impiego bellico
del pi pesante dellaria. Da allora nomi come
quello di Piazza, Gavotti o Moizo, tanto per limi-
tarci ai pi noti, sono ormai legati storicamente
alla prima missione di ricognizione strategica, al
primo bombardamento, al primo volo di guerra
notturno, alla prima missione di aerocooperazione
o alla prima concezione dellaviazione da caccia.
Tutto ci, pi di ogni teoria, convince le autorit
di governo che ormai impensabile trascurare la
nuova specialit e gli atti ordinativi si susseguo-
no per razionalizzarne e potenziarne lorganizza-
zione. Il Regio Decreto 25 febbraio 1912 n. 182istituisce a Vigna di Valle la prima unit di quello
che diventer il Servizio meteorologico dellaero-
nautica: la Regia Stazione aerologica principale.
Con la legge 27 giugno 1912 n. 698 viene istitu-
ita, nellambito del Ministero della Guerra unor-
ganizzazione aeronautica che - attraverso un
Ufficio dispezione dei servizi aeronautici - si ar-
ticola sul preesistente Battaglione specialisti di
Roma (al quale viene affidato limpiego esclusivo
di dirigibili e palloni), un Battaglione aviatori con
sede a Torino e uno Stabilimento costruzioni ed
esperienze, sempre nella capitale, alle cui dipen-
denze viene posto il Cantiere sperimentale di Vi-
gna di Valle. Contemporaneamente prende il via
un programma di potenziamento che prevede -entro la primavera del 1913 - la costruzione di
dieci dirigibili e la costituzione di dieci squadri-
glie con 150 aeroplani.
Anche lidroaviazione trova intanto applicazione
Lentrata in l inea di t r imotori Ca proni ,apposi tamente concepi t i per i l bombardamento ,segn aron o un o dei salt i di qu alit pi si gn it icat i v i del la nostra aviaz ione durante la GrandeGuerra.
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bilitate -6 su Blriot, 4 su Nieuport e 2 su Maurice
Farman - oltre a 3 dirigibili: il P.4 (messo a dispo-
sizione della Marina), lM. 1 e il P.5. A questi
mezzi, facenti parte dell'Aeronautica dellEserci-
to, si aggiungono quelli della Marina compren-
denti 15 idrovolanti - 5 Curtiss, 4 Borel, 4 Albatros
e 2 Brguet - e due dirigibili: lM.2 Citt di Ferrara
e il V.1 Citt di Jesi. Un totale di unottantina tra
aeroplani e idrovolanti, tutti di costruzione stra-
niera, a fronte dei 1.150 velivoli della Francia, ad
esempio, o dei 764 della Germania. i piloti di ae-
roplano sono circa 130, di cui solo una cinquan-
tina ai reparti mobilitati; gli specialisti, tra motoristi
e montatori, poche unit di pi; gli ufficiali osser-
vatori una ventina.
Lattivit dei nostri reparti aerei inizia fin dal pri-mo giorno di guerra con ricognizioni fotografiche
nella zona di Podgora effettuate dal tenente pilo-
ta Gaetano Coniglio e dal tenente Andrea De
Bratti, appartenente questultimo ad una specia-
lit, losservazione, nata fin dal 1911 alla Scuola
di Aviano dopo il positivo giudizio espresso dallo
Stato Maggiore sulla prima partecipazione del
mezzo aereo alle Grandi manovre dell Esercito.
Il 25 maggio la prima azione di guerra vera e pro-
pria: cinque velivoli del 3 Gruppo effettuano con
esito positivo il bombardamento dei cantieri di
Monfalcone.
In questa prima fase, comunque, lattivit della
nostra aviazione piuttosto limitata, soprattutto
se confrontata con quella svolta dagli austriaci, ilcui livello di organizzazione e di addestramento
sensibilmente superiore al nostro. In aggiunta
a ci, si fa ben presto sentire lusura della guer-
ra: gi nel mese di agosto, dopo solo tre mesi, la
consistenza dellaeronautica dellEsercito si ridu-
ce a otto squadriglie di aeroplani, con i Blriot
praticamente scomparsi dalla scena.
Nei mesi immediatamente successivi, grazie an-
che agli aiuti francesi e ad una pi funzionale
strutturazione dell'industria del settore, vengono
L imp onente carico di bombe appeso al lanavicel la di un M.10 fotog rafato a Casarsa nellugl io d el 1917.
in campo militare. Dopo i riusciti esperimenti di
Guidoni, Crocco e Ginocchio, che avevano dato
risultati concreti intorno al 1911, nellottobre del-
lanno successivo viene costituita a Venezia la
Sezione idroaeroplani, prima nellambito del Re-
gio Esercito, poi, lanno successivo, in quello della
Marina. Nel cominciare a porre concretamente
le basi della sua organizzazione aeronautica mi-
litare, negli stessi anni lItalia anche il primo
paese, e per lungo tempo lunico, nel quale si
sviluppa, grazie a Giulio Douhet, una vera e pro-
pria dottrina del potere aereo e del suo impiego
nel campo strategico, una dottrina che fa del do-
minio dellaria la chiave di volta decisiva per il
conseguimento della vittoria finale in un conflitto
moderno.Il 1915, alla vigilia del nostro intervento in guerra,
vede intanto configurarsi con maggior chiarezza
unorganizzazione aeronautica sempre pi stac-
cata dallArma del genio. Il Regio Decreto del 7
gennaio di quellanno, poi convertito in legge nel
1917, istituisce infatti il Corpo aeronautico mili-
tare - dipendente dal Ministero della Guerra e
articolato fondamentalmente su due Comandi,
quattro Battaglioni, uno Stabilimento costruzioni
aeronautiche, una Direzione tecnica dellaviazio-
ne militare e un Istituto centrale aeronautico - il
quale, insieme all'Ispettorato sommergibili e avia-
zione che vedr ufficialmente la luce lanno suc-
cessivo nellambito dello Stato Maggiore Marina,
rappresenta il quadro di tutta la forza aerea na-zionale al momento in cui i colpi di pistola sparati
a Sarajevo danno inizio a una terribile guerra.
La grande Guerra e linterventoMalgrado la preziosa esperienza acquisita duran-
te la Campagna di Libia e i successivi tentativi di
dare una pi organica e funzionale definizione
alla nuova arma, lo scoppio della Grande Guerra
nellagosto del 1914 trova comunque le nostre
forze aeree del tutto impreparate, scarse di mez-
zi e di infrastrutture e senza un adeguato sup-
porto di un industria di settore, la cui capacitproduttiva complessiva ancora limitata a pochis-
sime macchine allanno. Neppure i mesi che tra-
scorrono tra linizio delle ostilit e lintervento ita-
liano sono sufficienti per modificare sostanzial-
mente questa situazione.
Il 24 maggio 1915, dunque, il nostro Paese si
presenta sul teatro di guerra con una forza aerea
di 15 squadriglie di aeroplani, di cui solo 12 mo-
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acquisiti mezzi pi moderni e in numero tale da
consentire di organizzare quattordici squadriglie
da bombardamento e ricognizione. Lentrata in
linea dei nuovi trimotori Caproni appositamente
realizzati per il bombardamento e la costituzione
della prima squadriglia da caccia segnano per la
nostra aviazione un ulteriore e decisivo salto di
qualit. La nuova specialit deve comunque se-
gnare il passo fino alla primavera successiva, so-
prattutto a causa della difficolt di installare armi
efficaci sui velivoli. Nel 1915 i piloti sono ancora
armati con una pistola, sia pure a tiro rapido, la
cui utilizzazione evidentemente limitata all'even-
tualit di atterraggio in territorio nemico.
La situazione migliora decisamente con lentrata
in linea del Nieuport Beb, un monoposto co-struito in Italia dalla Macchi, lo stesso con il qua-
le, il 7 aprile 1916, il maggiore Francesco Barac-
ca ottiene la prima vittoria della caccia italiana
abbattendo un Brandenburg austriaco nel cielo
di Medeuzza. Quando sar a sua volta abbattuto
sul Montello le vittorie di questo asso ammon-
teranno a 34.
Nei quattro anni del conflitto le forze aeree svol-
gono un ruolo determinante per la vittoria finale.
Le operazioni si sviluppano in varie forme: dal-
losservazione al bombardamento, dallappoggio
alle forze di superficie allattacco, anche con razzi,
a palloni drachen.
La fantasia popolare, comunque, si appropria
soprattutto delle imprese dei cacciatori, romanti-camente visti come la moderna versione degli
antichi eroi cavallereschi.
Nella battaglia del Piave del giugno del 1918 lim-
piego della massa da caccia e di quella da bom-
bardamento rappresenta lelemento determinan-
te del ripiegamento del nemico che aveva sferra-
to lultima offensiva. Il 9 agosto dello stesso anno
dieci SVA dell87 Squadriglia nota come La Se-
renissima compiono unimpresa senza prece-
denti volando su Vienna sulla quale lanciano
manifestini tricolore con un messaggio di Gabriele
DAnnunzio. Il 24 ottobre comincia la battaglia di
Vittorio Veneto dove, a fronte di unaviazione au-
striaca ormai allo sbando, tutte le specialit del-
laeronautica italiana partecipano attivamente al-
lultima lotta prima della vittoria.
Al momento dellarmistizio, il 4 novembre 1918,
le forze aeree del nostro Paese comprendono:
70 squadriglie di aeroplani e 5 dirigibili dellEser-
cito; 45 squadriglie tra idrovolanti e aeroplani e
15 dirigibili della Marina. Complessivamente i
velivoli in linea sui fronti italiano, francese e gre-co-albanese sono 1.758, 26 i dirigibili. Malgrado
tutto lo sforzo industriale era stato imponente: nel
corso della guerra erano stati costruiti 11.986
velivoli e prodotti 23.979 motori, 39.783 eliche,
7.700 mitragliatrici, 512.400 bombe daereo e
10.644 metri quadrati di lastre fotografiche. Le
scuole di volo - 31 dellEsercito e 4 della Marina -
avevano fornito ai reparti 5. 100 piloti (fra cui cir-
ca 500 allievi per il servizio aereo degli Stati Uni-
ti, detti anche i foggiani dalla scuola dove erano
stati addestrati sui Caproni), 500 osservatori, 100
mitraglieri e 5.000 specialisti. Al nome di Barac-
ca si erano ben presto affiancati quelli di Scaroni,
Piccio, Baracchini, Ruffo di Calabria e Ranza,
tanto per citare linizio di un albo doro che, a fineconflitto, raggiunge le 43 unit se ci limitiamo a
conteggiare solo gli aviatori accreditati di almeno
cinque aerei abbattuti, duecento invece i prota-
gonisti di un numero inferiore di vittorie. Gli avia-
tori caduti in voli di guerra, in incidenti di volo o in
(sopra) Gabriele DAnnunzio e i p i lot i del la Sereniss ima,protago nist i del l audace volo su Vienna.(a destra) Tre assi del la caccia i tal iana: I l colon nel loPicc io, i l maggiore Baracca e i l capi tano Ruf fo.
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Divenne ben presto la pi famosa gara di veloci-
t al mondo. La pubblicit di cui era oggetto il
vincitore della manifestazione, infatti, crebbe dal-
linizio di edizione in edizione e laereo vittorioso
fu considerato lesempio probante della capacit
aeronautica del paese al quale apparteneva. Si
spiega cos linteresse diretto che, anche in ter-
mini di cospicui investimenti, i governi delle na-
zioni partecipanti manifestarono per la Coppa.
La gara si svolse la prima volta nel 1913 e il pri-
mo binomio vincente fu il francese Maurice
Prvost su un monoplano Deperdussin spinto da
un motore rotativo Gnme. Lanno successivo la
vittoria arrise invece alla Gran Bretagna che si
impose con Howard Pixton su Sopwith Tabloid,
un biplano che avrebbe poi ispirato il velivolo mi-litare Sopwith "Pup".
Dopo queste due edizioni, che si svolsero sulle
acque del Principato di Monaco, la gara fu ovvia-
mente sospesa durante gli anni della guerra, per
essere quindi ripresa nel 1919 a Bournemouth in
Inghilterra. Il percorso era di 370 chilometri e luni-
co pilota che riusc a compierlo fu litaliano Gui-
do Jannello che pilotava un S. 13. La vittoria, per,
non fu omologata in quanto, a causa della fitta
nebbia, non fu possibile confutare la decisione
di uno dei giudici di gara che sostenne che il con-
corrente italiano aveva saltato un pilone.
Malgrado la squalifica di Jannello, lItalia fu co-
munque riconosciuta come vincitrice morale, tan-
to che ad essa fu affidata lorganizzazione dellasuccessiva edizione che si svolse a Venezia dove,
addestramento erano stati 1.784. Il riconoscimen-
to del valore dimostrato sul campo dagli apparte-
nenti alla nostra aviazione si concretizza con la
concessione di 24 medaglie doro al valor milita-
re, pi una ad un ufficiale del Corpo aereo ameri-
cano, di 1.890 dargento e di 1.312 di bronzo; il
Corpo aeronautico militare italiano viene decora-
to della Croce di cavaliere dellOrdine militare di
Savoia e di due medaglie dargento al v.m..
La Coppa SchneiderLa progressiva affermazione del mezzo aereo si
accompagn fin dallinizio con tutta una serie di
gare e concorsi che, al di l dellentusiasmo po-
polare che seppero suscitare e degli aspetti pi
propriamente propagandistici, rappresentarono in
molti casi un fattore eccezionale di progresso del
mezzo aereo.
Fra tutte queste manifestazioni quella che, sen-
za dubbio, ebbe la maggior risonanza internazio-
nale e una pi sostanziale capacit di incidere
sullo sviluppo aeronautico, fu la Coppa Schneider,
ideata da un industriale, Jacques Schneider ap-
punto, che, alle grandi risorse finanziarie, univa
una grande passione per laviazione e doti non
comuni di fantasia e di lungimiranza.
Quando fu istituita, la Coppa avrebbe dovuto ave-
re, nelle intenzioni del suo ideatore, soprattutto
la funzione di incoraggiare lo studio e la ricercaper aumentare la capacit di galleggiamento e la
stabilit in acqua degli idrovolanti. Di fatto essa
Ripresa del l idrocorsa di Mario de Bernardi ,v inc i tore nel '26 del la Coppa Schnelder, mentredoppia un pi lone.
I l marescial lo Francesco Agel lo davant i ai suoMC. 72 con cui con quist nel '34 i l primato dive lo ci t.
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tra eliminazioni e ritiri, gareggi alla fine un solo
concorrente, litaliano Luigi Bologna, che vinse
con un S. 12.
Lanno seguente la competizione si disput nuo-
vamente a Venezia e vide la partecipazione di ben
16 italiani e di un solo francese. Dopo le elimina-
torie la vittoria arrise allitaliano Giovanni De Bri-ganti su M.7bis.
Nel 1922 la gara assunse particolare importanza
e interesse in quanto se uno dei nostri piloti aves-
se ottenuto la terza vittoria consecutiva, la Cop-
pa sarebbe stata definitivamente assegnata al-
l'Italia. La lotta si svolse sulle acque del Golfo di
Napoli e, dopo leliminazione dei francesi, rima-
se circoscritta a tre italiani e allinglese Henry
Biard. La vittoria and proprio a questultimo che
pilotava un Supermarine Sea Lion spinto da un
motore Napier da 450 CV.
Lamericano David Rittenhouse fu il vincitore del-
ledizione successiva - che si svolse nellisola di
Wight e alla quale non parteciparono italiani - con
un Curtiss Navy CR.3S Racer.
Dopo un anno di interruzione decisa dagli ameri-cani che si rifiutarono di disputare la gara in as-
senza di concorrenti stranieri, nel 1925 la coppa
si svolse a Baltimora e sul podio sal lo statuni-
tense James Doolittle su Curtiss Navy R.2C2. A
questo punto si ripeteva per gli americani la stes-
sa favorevole circostanza che si era presentata
agli italiani qualche anno prima: la possibilit di
aggiudicarsi definitivamente il trofeo.
Grandissima era quindi lattesa quando, nel 1926
a Norfolk, si classificarono per la finale tre italia-
ni e tre americani. Pari allattesa fu per la delu-
sione del folto pubblico presente quando, la mat-
tina del 13 novembre, lidrocorsa M. 39 di Mario
de Bernardi, dopo un appassionante duello con i
Curtiss, tagli vittoriosamente il traguardo allamedia di 396,689 km/h.
Nel 1927 la competizione ritorn in italia, ancora
a Venezia, dove gli italiani furono messi fuori gara
da una serie di incidenti ai motori. Alla fine la
spunt linglese Sidney Webster su idrocorsa
Supermarine 5.5. La delusione italiana fu mitiga-
ta solo dal prestigioso record conquistato lanno
successivo da de Bernardi il quale, con il Macchi
M.52R (dove "R" sta appunto per record), supe-
r primo al mondo il limite dei 500 km/h: per lesat-
tezza 512,776.
Ma la Schneider era di nuovo alle porte, sia pure
con la cadenza biennale proposta dallItalia, e ad
essa era ormai rivolto linteresse anche dei vari
governi e in particolare del nostro che, attraverso
queste gare, tendeva soprattutto a rafforzare ilconsenso interno e il prestigio allestero. Un con-
corso bandito dal Ministero dellAeronautica vide
scendere in lizza, in stretta collaborazione con la
Scuola alta velocit nel frattempo costituita a
Desenzano, ditte come la Fiat, la Macchi, la SIAI
o la Piaggio, che affidarono i progetti per un nuo-
vo idrocorsa a uomini come Rosatelli, Castoldi,
Marchetti o Pegna.
(sopra) Ferrarin, Masiero, Cappan ini eMaret to in tr ionto ad Osaka dopol incredibi le impresa por tata a termine.(a destra) Il Norge durante la primatrasvolata del Polo Art ico.
Umberto Nobi le, fotogra-tato alla Baia del Re l11maggio 1926, prima del lapartenza per l ul t imatappa del la t rasvolata.
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Malgrado ci, i risultati in coppa non furono per i
colori italiani quelli sperati. Nelledizione del 1929
svoltasi a Calshot, infatti, fu Henry Waghorn su
Supermarine S.6 a spuntarla su Tommaso Dal
Molin, il cui ormai vecchio M.52R nulla pot con-
tro il ben pi potente idrocorsa britannico.
Due anni dopo, infine, lInghilterra non si lasci
sfuggire loccasione di aggiudicarsi definiti-
vamente la Schneider vincendo, con John
Boothman su S.6B, unedizione discussa e con-
testata, per essere stata organizzata malgrado
nessunaltra nazione avesse potuto assicurare la
propria partecipazione.
La delusione fu in ogni caso grande ovunque e,
in Italia, essa fu almeno pari al desiderio di rival-
sa. La Scuola di Desenzano divenne ben prestoReparto, il cui compito era quello di conquistare,
prima di tutto, il primato di velocit. E quando
Francesco Agello, il 23 ottobre 1934, raggiunse
il limite - ancora imbattuto per idro con motore
alternativo - di 709,209 chilometri di media con
un Macchi Castoldi Mc.72, spinto da un motore
Fiat da 3.100 CV, lorgoglio nazionale sembr
essere appagato e il Reparto, assolto il suo com-
pito, venne praticamente prima smobilitato e poi,
nel giro di pochi anni, sciolto. Ancora una volta,
soddisfatte le primarie esigenze di propaganda,
si lasci che studi ed esperienze preziosissime
e davanguardia cadessero nel vuoto senza la
bench minima ricaduta sulla normale produzio-
ne industriale, soprattutto in quel settore dei mo-tori che si sarebbe rivelato particolarmente ca-
rente e limitativo per la nostra reale efficienza
militare negli anni successivi.
Il dopoguerra e la nascita della
Regia AeronauticaLe esigenze belliche avevano avuto senza dub-
bio leffetto di accelerare lo sviluppo della nuova
arma aerea, del suo impiego - sia pure nella
contrapposizione dottrinaria tra aviazione das-
salto, di cui era sostenitore Amedeo Mecozzi, e
aviazione strategica, propugnata gi da tempo dal
Douhet - e, pi in generale, del progresso tecni-
co del materiale di volo e dellaeroplano.
A fronte di questi fermenti positivi, per la situa-
zione economica della Nazione appare gravemen-
te compromessa dai quarantuno mesi di conflit-
to. Il che - unitamente alla mancanza di una reale
volont politica in favore dellaviazione, relegata
a rango subalterno da un Esercito e una Marina
che, non dimentichiamo, erano ancora le uniche
a esistere come forze armate indipedenti -provo-
ca una vera e propria smobilitazione che, se fa
segnare delle battute darresto, non pu per fer-
mare il cammino di quella che ormai conside-
rata larma del futuro. Non a caso, anche in que-
sto periodo di crisi, gli aviatori sono comunque i
protagonisti di imprese importanti e significative.
Gi nei primi mesi del 1919 una missione milita-
re italiana parte per lArgentina. Di essa fanno
parte Antonio Locatelli e Luigi De Riseis. Il 2 lu-
glio Locatelli decolla con uno SVA da Buenos
Aires diretto in Cile: unimprovvisa tempesta
scoppiata sulla Cordigliera delle Ande, sulle quali
due mesi prima era caduto il pilota argentino
Matienzo, rende impossibile questo primo tenta-tivo. Limpresa riesce il 30 luglio e viene ripetuta
il 5 agosto sul percorso inverso dallo stesso
Locatelli che copre i 1.500 chilometri di distanza
in sette ore e mezzo, Nel volo di andata, sul pun-
to approssimativo dove era caduto Matienzo,
Locatelli lascia cadere una corona di fiori e una
pergamena con le firme di tutte le donne italiane
di Mendoza. De Riseis, dal canto suo, parte il 2
agosto da Rio Lujan, nei dintorni di Buenos Aires,
e, risalendo il Rio della Plata, raggiunge Asuncin,
percorrendo la rotta inversa quattro giorni dopo.
Il 12 maggio dello stesso anno, intanto, Mario
Stoppani e Giuseppe Grassa partono da Torino
con uno SVA 5 e uno SVA 9 e, in quattro ore,
raggiungono Barcellona in tempo per linaugura-zione dellEsposizione mondiale aeronautica.
Dopo alcune esibizioni acrobatiche nella stessa
citt catalana e a Madrid, Stoppani rientra in Ita-
lia con un volo senza scalo di 1.900 chilometri
che si conclude sullaeroporto di Centocelle.
Lopinione pubblica seguiva con grande interes-
se queste gesta delle quali venivano colti so-
prattutto gli aspetti di affermazione individuale e
quelli tecnico-sportivi. Senza dubbio, per, lim-
presa che pi dogni altra colp la fantasia della
gente e che fu vista a livello di cultura popolare
come una versione aggiornata del viaggio di Mar-
co Polo, fu il volo Roma-Tokio. Unimpresa in-
credibile per lepoca in cui si svolse e che, pi
concretamente, ha costituito il primo esempio
pratico delle enormi possibilit dellaeroplano e
del suo impiego come moderno vettore di pace e
di progresso tra i popoli. Tra il gennaio e il feb-
braio dell 920, dunque, quattro trimotori Caproni
partono isolatamente senza peraltro riuscire ad
andare pi in l dellAsia Minore dove vengono
bloccati da incidenti di vario genere. Nel marzo
decollano ancora, questa volta in formazione, cin-
que SVA agli ordini del capitano Mario Gordesco.
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Anche questo tentativo non ha fortuna: lultimo
dei cinque velivoli subisce un incidente irrepara-
bile a Calcutta.
Contro ogni previsione il successo arrise invece
ad altri due piloti, Francesco Ferrarin e Guido
Masiero, che il 14 febbraio erano decollati da
Centocelle su due SVA con a bordo due giovani
motoristi, Gino Cappannini e Roberto Maretto.
Partiti in aggiunta alla missione ufficiale, con alle
spalle appena sette giorni di tempo per organiz-
zare il volo, con un bagaglio individuale che,
come avrebbe poi scritto lo stesso Ferrarin, com-
prende due chilogrammi di zucchero, una botti-
glia di acqua di colonia, una camicia e un paio di
mutande, i due arrivano in coppia fino ad Adalia
per poi proseguire separatamente verso Tokio cheraggiungono insieme il 31 maggio e dove sono
oggetto di eccezionali festeggiamenti che si pro-
traggono per quarantadue giorni. In tre mesi e
mezzo di viaggio i due hanno percorso circa
18.000 chilometri per complessive 112 ore di volo
alla media di circa 160 km/h. i due SVA, reduci
dalla Grande Guerra, e sommariamente revisio-
nati, erano dotati solo di strumenti per il controllo
del motore: un contagiri, un termometro della tem-
peratura dellacqua, un manometro della pressio-
ne dellolio e un indicatore del livello del carbu-
rante. Per la navigazione Ferrarin, che era stato
il solo ad arrivare con lo stesso SVA con cui era
partito, si era servito di una piccola bussola pre-
levata da un caccia inglese Sopwith e di alcunepagine... strappate da un atlante. Per il pilotaggio
nessuno strumento, nemmeno lindicatore di ve-
locit.
I tempi per dare alla nuova arma quellautonomia
fino ad oggi mancatale si rivelano a questo punto
maturi, se non sul piano strettamente militare, non
vedendo lEsercito e la Marina di buon occhio il
sorgere di una terza forza armata che avrebbe
esercitato la sua competenza su quella compo-
nente aerea che esse avevano sempre impiega-
to in proprio, certamente su quello politico, i cui
maggiori esponenti avevano invece colto gi da
tempo le grandi possibilit offerte dalla carica di
novit, modernit, progresso tecnico e tensione
spirituale che circondava il mondo dellaviazio-
ne. Il 24 gennaio 1923 viene istituito il Commis-
sariato per laeronautica; il 28 marzo la Regia
Aeronautica e, pochi mesi dopo, lAccademia
Aeronautica. Il 4 novembre, quinto anniversario
della vittoria, la nuova forza armata riceve, nelle
mani del suo primo Comandante generale,
lasso e medaglia doro Pier Ruggero Piccio, la
bandiera di guerra. Il 30 agosto 1925 il Commis-
sariato diventa Ministero.
La Regia Aeronautica tra primati
e trasvolateLa costituzione della Regia Aeronautica in forza
armata autonoma d un nuovo impulso allo svi-
luppo dellaviazione italiana che si ripropone ben
presto allattenzione del mondo con altre impre-
se eccezionali.
Nel 1925 Francesco De Pinedo e il motorista Ernesto Campanelli volano per 370 ore su tre conti-
nenti, percorrendo con lidrovolante S16ter
Gennariello, 55.000 chilometri da Sesto
Calende a Melbourne, a Tokio fino a Roma.
Sempre De Pinedo, questa volta con Carlo Del
Prete e con il motorista Carlo Zacchetti, compie
nel 1927, a bordo dellS.55 Santa Maria, una
crociera di 46.700 chilometri sul percorso Elmas-
(sopra)LS16ter Gennariel lo, qui ripreso inf lot taggio su l Tevere, vol nel '25 con De Pinadoe Campanel l i su tre cont inent i .(sotto)Gli equipag gi della 2Croc iera atlantic aad Orbetel lo prim a del la t raversata. Al le lorospalle l'idrov olante S. 55X. Con lor ganizzazionedei vol i in formazione da un c ont inente al l al t ro,s i posero le bas i per un ser io addes t ramentocol let t ivo mod erno.
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Porto Natal-Rio de Janeiro Buenos Aires-
Asuncin-New York-Terranova-Lisbona-Roma.
Lanno 1926 vede invece protagonista il dirigibile
nella prima trasvolata del Polo Nord. Liniziativa
ideata contemporaneamente dal celebre esplo-
ratore Roald Amundsen e dal colonnello Umberto
Nobile, direttore dello Stabilimento aeronautico
di Roma.
Amundsen, dopo aver tentato invano di raggiun-gere il Polo con degli aerei, aveva infatti rivolto la
sua attenzione al pi leggero dellaria sollecitan-
do lAero Club norvegese ad acquistare un diri-
gibile. La scelta era caduta sullN.1 costruito in
Italia da Nobile che viene acquistato grazie ai
finanziamenti forniti da un amico dello stesso
Amundsen, Lincoln El lsworth. La preparazione
tecnica dellimpresa e lallestimento delle basi
lungo il percorso vengono fatte dal governo ita-
liano: lavventura ha inizio.
Il dirigibile, battezzato Norge, parte il 10 aprile
1926 da Ciampino agli ordini di Nobile. Giunto in
Norvegia, e presi a bordo Amundsen ed Ellsworth
alla Baia del Re, alle 9,50 dellil maggio parte per
ultima tappa della trasvolata polare. Il giorno dopo,
alle l ,30, sorvola il Polo Nord sul quale vengonolanciate tre bandiere: quella italiana, la norvege-
se e, in onore del finanziatore dellimpresa, lame-
ricana. 1114 alle 7,30 il Norge approda a Teller,
in Alaska, dopo aver percorso 5.300 chilometri
in 70 ore e 40 minuti.
Trascorrono due anni e Nobile pronto con un
nuovo dirigibile, gemello del primo, che viene
chiamato Italia.
La nuova spedizione composta da quattordici
italiani, un cecoslovacco e uno svedese. Il 15
aprile 1928 il dirigibile condotto da Nobile parte
da Milano e, dopo un viaggio fortunoso, raggiun-
ge la Baia del Re. Il 24 maggio alle 0,20 i l Polo
raggiunto ancora una volta. Durante il viaggio di
ritorno, dopo 131 ore di navigazione, la tragedia:
il dirigibile perde improvvisamente quota e urta
violentemente contro la banchisa. Dei sedici uo-mini a bordo uno muore nellurto, nove sono sbal-
zati sui ghiacci e sei vengono trascinati via
dallaeronave ormai squarciata: di questi ultimi
non si sapr pi nulla. I superstiti, al riparo della
celebre tenda rossa, resisteranno sul pack fino
a quando la generosa corsa contro il tempo per
salvarli, nella quale perdono la vita alcuni uomini
tra i quali lo stesso Amundsen, non si conclude-
r felicemente. I naufraghi sono avvistati da
Umberto Maddalena, Nobile viene portato in sal-
vo dal primo aereo che riesce a prendere terra,
quello dello svedese Lundborg, gli altri dal rom-
pighiaccio sovietico Krassin. Lavventura pola-
re chiude definitivamente il discorso, nel nostro
Paese, del pi leggero,, forse solo con un pic-
colo anticipo sui tempi.Nel frattempo in Italia - dove nel 1927 era stato
costituito a Guidonia un Centro studi ed espe-
rienze dotato di sofisticati laboratori di ricerca e
di apparecchiature davanguardia - si va facendo
strada il progetto di effettuare lunghi raid con un
numero consistente di aerei. Nascono cos le
crociere collettive, di cui si fa energico sostenito-
re Italo Balbo, Ministro dellAeronautica.
Tre moment i del l im piego dei mezzo aereodurante la Campegna di Et iopia: mit ragl iamentodi po starloni avversarle, Ca. 133 schierat i sulcampo di Macal l in at tesa di u naz ione d ibom bardamento, ri fornimento dal c ielo di carnefresca al le l inee avan zate.
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Il primo esperimento di navigazione aerea di mas-
sa viene compiuto dal 26 maggio al 2 giugno del
1928 nel Mediterraneo occidentale con una bri-
gata e due stormi per un totale di 61 tra S.59bis
ed S.55 sul percorso di 2.804 chilometri da
Orbetello alla penisola iberica e ritorno.
Un anno dopo dal 5 al 19 giugno, trentacinque
S.55 volano per 4.667 chilometri effettuando la
crociera del Mediterraneo orientale sul percorso
Taranto-Atene-lstanbul-Varna-Odessa-Costanza
con rientro ad Orbetello, un idroscalo che lanno
successivo vedr nascere la Scuola di naviga-
zione aerea dalto mare e i preparativi per la pri-
ma traversata in formazione dellAtlantico dallIta-
lia al Brasile.
Dopo unaccurata e capillare organizzazione, lamattina del 17 dicembre 1930 alle 6,45, quattor-
dici idrovolanti S.55A, due dei quali attrezzati ad
officina, decollano da Orbetello, agli ordini di Italo
Balbo. Il 15 gennaio 1931, dopo aver toccato
Cartagena, Kenitra, Villa Cisneros, Bolama e poi,
attraverso lAtlantico, Porto Natal e Bahia, in 61
ore e mezzo di volo per 10.350 chilometri, la cro-
ciera si conclude a Rio de Janeiro sollevando len-
tusiasmo di tutto il mondo e, pi concretamente,
aprendo di fatto la strada alle linee regolari tra i
due continenti e ponendo le basi per un serio
addestramento collettivo moderno.
Il successo della 1 Crociera atlantica e il presti-
gio che da essa deriva allancor giovane Aero-
nautica, consente di mettere in piedi un progettoanalogo con cui celebrare degnamente il
decennale della forza armata: la traversata del-
lAtlantico fino agli Stati Uniti in occasione del-
lEsposizione internazionale di Chicago e del-
linaugurazione del monumento a Cristoforo Co-
lombo. La preparazione tecnica, lorganizzazio-
ne logistica, l'approntamento delle basi di appog-
gio, tutto viene previsto e organizzato con una
cura, se possibile, ancora maggiore dellesperien-
za precedente. Sempre agli ordini di Balbo, il 1
luglio 1933 otto squadriglie di ventiquattro S.55X,
versione potenziata dell'ormai celebre idrovolan-
te, decollano da Orbetello e, dopo varie tappe,
raggiungono New York il giorno 19 in un clima di
incredibile entusiasmo che ha il suo epilogo nel-
la trionfale sfilata per Broadway.
Se le crociere di massa hanno segnato il pas-
saggio dal periodo romantico dellaviazione, dove
tutto o quasi era affidato alliniziativa del singolo,
a -quello moderno, fatto soprattutto di organiz-
zazione e programmazione seria e meticolosa,
non per questo esse hanno impedito che nello
stesso periodo altri primati e imprese individuali
arricchissero il gi blasonato albo doro della
Regia Aeronautica.
Nel 1928 Ferrarin e Del Prete avevano volato
dallItalia al Brasile con un idrovolante 5.64, per-
correndo 7.666 chilometri in 58 ore e 34 minuti e
battendo i primati mondiali di durata e distanza in
circuito chiuso. Gli stessi, dopo appena un mese,
erano partiti da Montecelio e, dopo 51 ore di volo,
senza scalo, avevano raggiunto in 7.188 chilo-
metri Touros sulle coste del Brasile. I due primati
erano stati migliorati due anni dopo da Maddalena
e da Fausto Cecconi che con un S.64bis aveva-
no percorso 8.188 chilometri in 67 ore e 13 mi-
nuti.
Nel 1934 il pilota Renato Donati conquista il pri-
mato di altezza raggiungendo i 14.433 metri, ol-
tre mille in pi del record precedente detenutodal francese Lemonine. Per limpresa viene op-
portunamente adattato un velivolo Ca.113 trasfor-
mandolo per le alte quote e dotandolo anche di
un impianto di erogazione automatica di ossige-
no. Dopo mesi di duro lavoro e di severo allena-
mento Donati decide di tentare la mattina dell11
aprile. Preparato laereo e indossata la tuta
termoelettrica, alle 11,38 egli decolla. Secondo i
calcoli la quota massima sarebbe stata raggiun-
ta intorno a mezzogiorno; in realt laereo inizia a
scendere solo alle 12,45. Dopo un brusco atter-
raggio laereo, invece di fermarsi, comincia a gi-
rare su se stesso con Donati che, svenuto al
momento di toccare terra, non in condizioni di
agire sui comandi. Lintervento sollecito dei mec-
canici evita pi gravi conseguenze. Il pilota, ri-
presi i sensi, apprende di aver battuto il primato.
Un alt ro primatoancora Imbat tuto quel loconquis ta to nel1938 daicolonnel lo MarioPezzi con u n Ca.161bis.
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Il 7 maggio 1937 il colonnello Mario Pezzi, co-
mandante del Reparto alta quota costituito a
Guidonia, raggiunge i 15.655 metri daltezza e
poi, dopo essere stato superato dallinglese
Adams, ritenta limpresa il 22 ottobre dell anno
successivo su uno speciale Ca.161bis dotato di
un motore Piaggio a doppio compressore e di una
cabina stagna, antesignana delle moderne cabi-
ne pressurizzate. 17.083 metri raggiunti costitu-
iscono ancor oggi un primato imbattuto per veli-
voli con motore a pistoni. Nel 1937, intanto, lequi-
paggio formato da Cupini e Paradisi su 5.79 vin-
ce la gara Istres-Damasco-Parigi. Un anno dopo
Roma collegata con Rio de Janeiro da tre S.79
della famosa Squadriglia dei sorci verdi in 24
ore e 20 minuti di volo con una sola tappa inter-media a Dakar.
Un susseguirsi, insomma, di imprese tra le quali
la pi singolare resta quella compiuta nel 1933
da Tito Falconi che vola da Saint Louis a Chicago
in tre ore, sei minuti e trentasei secondi... a te-
sta in gi.
In una decina danni la Regia Aeronautica, in
competizione con le altre nazioni industrialmen-
te progredite, aveva guadagnato oltre cento pri-
mati in varie categorie. Alla vigilia dellentrata in
guerra, nel 1939, essa - sugli 84 primati previsti
dalla Federazione aeronautica internazionale - ne
deteneva ben 33, contro i 15 della Germania, 12
della Francia, 11 degli Stati Uniti, 7 dellUnione
Sovietica, 3 del Giappone, 2 dellInghilterra e ldella Cecoslovacchia.
Le crociere, i raid, i primati avevano prodotto ef-
fetti considerevoli, sia sul piano interno che al-
lestero, in termini di prestigio e di crescita tecni-
co-organizzativa, ma avevano anche evidenziato
limiti che la mancanza di un dibattito interno se-
rio e spregiudicato imped di cogliere. Al di l di
ogni altra considerazione, l'affermazione dell'Ae-
ronautica come nuova forza armata alla pari
delle altre due, non costitu un elemento unifi-
cante della nostra politica militare, ma, in luogo
di unauspicabile maggior cooperazione tra le tre
componenti, accentu di fatto la tendenza
isolazionistica di ognuna di esse.
Laeronautica tra i due conflitti
mondial iDopo la conclusione della la Guerra Mondiale,
lItalia fu impegnata nelle operazioni per la
riconquista della Libia, che iniziarono nel 1922 e
si conclusero solo dieci anni dopo. La repressio-
ne della resistenza interna attuata attraverso la
guerriglia fu infatti pi lunga ed estenuante del
previsto, e il ruolo della Regia Aeronautica si ri-
vel determinante soprattutto per lappoggio che
essa forn alle truppe di superficie.
Alle operazioni parteciparono praticamente sol-
tanto bombardieri e ricognitori in quanto, non esi-
stendo aviazione avversaria, non furono impie-
gati reparti da caccia. Gli aerei utilizzati furono,
allinizio, quelli residuati dalla Grande Guerra e,
successivamente, i Ro.1, i Ca.73 e i Ca.101.
Erano passati solo tre anni quando il governo fa-
scista, approfittando con estremo tempismo del-
la crisi del sistema di equilibri europei determi-
nata dal ritorno della Germania nazista ad unapolitica di potenza, decise di giocare la carta del
posto al sole: un modo per consolidare il potere
e rispondere, come soluzione alla depressione
in atto, a quelle aspettative che lo stesso regime
aveva ingenerato nelle masse popolari.
Inizi cos nel 1935, cogliendo a pretesto un pre-
sunto attacco ad un presidio italiano, la campa-
gna di Etiopia, uno dei pochi territori africani non
ancora colonizzato. Lobiettivo era importante e
grande fu quindi lo sforzo organizzativo e
logistico. Solo per consentire una funzionale
operativit delle forze aeree furono costruiti 83
nuovi aeroporti: 29 in Eritrea e 54 in Somalia.
La proporzione delle forze, la diversa qualit de-
gli armamenti, lassenza di un'aviazione contrap-posta, la decisione del Negus, soprattutto, di af-
frontare il nemico in campo aperto piuttosto che
ricorrere a forme di guerriglia, tutto ci fece si
che la guerra si risolse molto pi rapidamente
del previsto: dopo soli sette mesi dalla dichiara-
zione di guerra, infatti, le truppe italiane entrava-
no vittoriose ad Addis Abeba e limpero riappariva
sui colli fatali di Roma.
La Regia Aeronautica aveva affrontato nella cam-
pagna una prova impegnativa, sia per le difficolt
ambientali e climatiche incontrate, sia per la
vastit del territorio da controllare. Un ruolo es-
senziale nella condotta delle operazioni fu svolto
dallAeronautica nel campo della ricognizione, del
trasporto e dellaerorifornimento. Ma non meno
determinate fu, prima della caduta della capitale
abissina e durante la successiva repressione
della resistenza, limpiego del mezzo aereo in
campo tattico, contro truppe e postazioni avver-
sarie, e in campo strategico, con bombardamen-
ti di fortificazioni, ponti, vie di comunicazione e
centri abitati. Inizialmente i reparti operanti furo-
no equipaggiati con Ro. 1, Ca.97, Ca. 101 e
CR.20, ma ben presto questi aerei vennero so-
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stituiti dai pi moderni Ro.37 e Ca.111 per la ri-
cognizione, mentre il bombardamento utilizz i
monoplani Ca.133 ed S.81.
Era appena terminata la campagna etiopica che
unaltra occasione si present al governo italiano
per estendere la sua influenza fuori dai patri con-
fini: dopo alcuni chiari segni premonitori, infatti
era scoppiata in Spagna una durissima guerra
civile che coinvolse ben presto alcune nazioni,
tra le quali la nostra, e migliaia di volontari. Da
una parte i democratici schierati a difesa di una
Repubblica che, nelle lacerazioni interne e nel
mancato sostegno delle grandi democrazie occi-
dentali, sempre pi prudenti quando nel gioco
entrava la Germania, aveva visto esaurirsi in mil-
le contraddizioni la spinta propulsiva per ledifi-cazione di una societ nuova; dallaltra i genera-
li, con a capo Franco, che contro questa Repub-
blica proponevano un progetto di restaurazione
di stampo nazionalista e reazionario. A sostegno
di questi ultimi si schier lItalia che, appena do-
dici giorni dopo il pronunciamento dei generali
spagnoli, intervenne con nove trimotori S.81 - in-
quadrati nel Tercio, la Legione straniera spa-
gnola - che da Melilla assicurarono il potere ae-
reo sufficiente per consentire lo sbarco delle trup-
pe franchiste dal Marocco alla penisola iberica.
Se nei primi mesi della guerra le forze aeree in
campo non furono numerose, ben presto i con-
tendenti vennero per riforniti di materiale mo-
derno. La Regia Aeronautica partecip ai 32 mesidel conflitto con 730 velivoli: bombardieri S.81,
S.79 e Br.20, caccia CR.32 e Ro.41, assaltatori
Ba.65, ricognitori Ro.37, idrovolante Cant.Z.506
e, sperimentalmente, anche i nuovi caccia mo-
noplani G.50. Per lesigenza Operazioni militari
in Spagna furono effettuati oltre 8.500 voli di guer-
ra e conferite agli aviatori 56 medaglie doro al
valor militare, di cui due ad ufficiali spagnoli.
Senza entrare nel merito di unanalisi storico-po-
litica delle vicende spagnole, lutilizzazione del-
laviazione in questo teatro dette preziosi inse-
gnamenti sullimpiego tecnico operativo del mez-
zo aereo, soprattutto in ordine alla vulnerabilit
delle formazioni da bombardamento in assenza
di protezione della caccia.
Si era appena chiuso con la vittoria del franchismo
il conflitto spagnolo, che lItalia in armi era di nuo-
vo sul piede della mobilitazione. Appena tre mesi
dopo, infatti, il nostro governo decise, il 7 aprile
1939, di occupare militarmente un territorio, lAl-
bania, che dal 1927 era un protettorato italiano.
Organizzata dal Ministero della Guerra, la spedi-
zione, che altro non fu se non un velleitario tenta-
tivo di Mussolini per arginare la penetrazione te-
desca nei Balcani, si concluse con estrema rapi-
dit, grazie soprattutto alla mancanza di una se-
ria opposizione avversaria, piuttosto che alla bon-
t di unorganizzazione che in realt fu messa in
piedi in maniera quanto meno affrettata e appros-
simativa.
La Regia Aeronautica fu chiamata a partecipare
con 261 aerei che, in una decina di giorni, effet-
tuarono 1.800 ore di volo per azioni dimostrative,
di spezzonamento e di protezione alle colonne
terrestri, di ricognizione, aviosbarco e trasporto
di personale e materiale.
Se queste partecipazioni belliche avevano con-
fermato il ruolo determinante ormai assunto in
un conflitto moderno dallaviazione sia in campo
tattico, sia in quello strategico, e si erano rivelatecome esperienze estremamente significative di
impiego militare del mezzo aereo, esito altrettan-
to positivo esse non ebbero, per il nostro Paese
sul piano pi strettamente politico. A parte, ma
non poco, il logoramento praticamente senza
soste a cui furono sottoposte le nostre forze ar-
mate e lo svuotamento delle casse dello Stato
per le ingenti e sproporzionate risorse che que-
ste campagne avevano assorbito, sottraendole a
quello che avrebbe dovuto essere un normale e
pi realistico potenziamento, tali esperienze
ingenerarono nellopinione pubblica lillusione di
una potenza militare certamente superiore alla
realt e alle possibilit della Nazione, come gli
eventi della 1 Guerra Mondiale avrebbero pre-sto messo impetuosamente a nudo.
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Dallo scoppio della
2 Guerra Mondiale
alla Rinascita
La Regia Aeronautica nella 2
Guerra Mondiale
I limiti di sviluppo di cui soffrirono nel loro com-plesso le forze armate italiane tra le due guerre
mondiali non furono, fino ad un certo punto, un
nostro fatto esclusivo. Mentre per negli altri pa-
esi gli anni '35 e '36 segnarono, a fronte del pro-
filarsi sempre pi evidente del riarmo tedesco, la
svolta decisiva per colmare i ritardi accumulati
grazie a stanziamenti per la difesa di ecceziona-
le portata, in Italia nello stesso periodo le risorse
vennero invece assorbite da una politica di po-
tenza a breve respiro che trov in Etiopia e in
Spagna le manifestazioni pi rilevanti. Se a que-
sti ritardi, reali soprattutto per lEsercito e lAero-
nautica, si aggiungono poi gli altri elementi di de-
bolezza strutturale del nostro potenziale, il qua-
dro che ne deriva non certo tale da spingere a
condividere il troppo facile ottimismo di chi, al-
lepoca, vagheggiava una guerra di breve durata,
al termine della quale sedersi al tavolo della pace
dalla parte dei vincitori.
Su questi elementi di debolezza e sul peso reale
che essi ebbero, mancano ancor oggi studi ade-guati e momenti di serio approfondimento critico
tutto essendo per lo pi limitato alla ricostruzio-
ne di singoli avvenimenti che, presi anche nel loro
insieme, sono per staccati da quel pi ampio
quadro di riferimento indispensabile per collegarli
ed interpretarli correttamente. In tal modo tutto
finisce quindi per trovare la sua ragione dessere
nella generica individuazione di responsabilit, di
volta in volta attribuite allincapacit della classe
(sopra) Un S. M. 79 con un car ico di due s i lur i ,provato sp erimentalmente nel 1938 con scarsosuccesso : gl i equipaggi di questa special i tscrissero pagine di autent ico eroismo n el lalunga guerra comb at tuta sul Mediterraneo.(a lato)Uno d ei pi prest igio s i caccia d el la 1Guerra Mondiale fu senza dubb io i l Macchi MC.202 Folgore, entrato in l inea nel m aggio d ei1941: i primi repart i che operarono c on questamac ch ina fur on o il 1ed i l 4Sto rm o.
Real izzato dal la Fiat , su u n pro get todel l ingegner Celest ino Rosatel l i , r isalente al1936, i l CR. 42 Falco fu prod ot to in circa 1.800esemplari f ino a tut to i l 1944. Estremamentemaneggevo le, ma lento e scarsamente armato,questo aereo fu im piegato in varie special i t e,t ranne in Russia, su tut t i i f ront i di guerra.
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politica o allinettitudine di quella militare, allo stra-
potere del nemico o addirittura allaccanirsi di un
destino avverso.
Anche se rilevante il pericolo di cadere in
schematizzazioni e generalizzazioni approssima-
tive - un pericolo peraltro altrettanto facile quanto
quello di affastellare acriticamente tutto il passa-
to in quanto tale nellesaltazione agiografica e
indiscriminata della tradizione - non per pos-
sibile non accennare, se non vogliamo fermarci
ai singoli episodi o alle vicende puramente politi-
che, a quegli elementi che pesavano in negativo
sul nostro paese alla fine degli anni 30: larretra-
tezza tecnologica dellindustria nazionale, ad
esempio, o la relativa capacit di mobilitazione
da essa messa in atto, la mancanza di materieprime o, per converso, quella di una chiara dot-
trina militare, o ancora lincapacit del regime di
comporre con coerenza la sua volont di perse-
guire un certo tipo di politica insieme con lovvia
necessit di indirizzare a questo fine risorse ben
pi ampie di quanto avvenne. Si pensi, tanto per
avere un pi concreto riscontro, che lItalia libe-
rale aveva destinato a spese belliche, nel perio-
do 1913-1919, il 76% delle uscite statali e i l 38%
del reddito nazionale lordo, contro il 20% e il 6%
rispettivamente del periodo 1939-1940.
Ma torniamo agli avvenimenti. Dopo un breve
periodo di neutralit, dunque, il 10 giugno 1940
lItalia entra in guerra a fianco dellalleato tede-
sco. Al momento della dichiarazione la RegiaAeronautica ancora in fase di riorganizzazione.
Lattivit svolta negli anni precedenti, se da una
parte era servita ad aumentare lesperienza pro-
fessionale dei suoi piloti e tecnici, dallaltra ave-
va provocato il logoramento e del personale e,
soprattutto, del materiale di volo, peraltro
depauperato dalle consistenti esportazioni impo-
ste da ragioni valutarie.
Complessivamente la forza armata pu contare
su 23 stormi da bombardamento terrestre &rmati
con velivoli Br. 20, Cant.Z 1007, S.79 ed 5.81; 2
da bombardamento marittimo su Cant.Z.506; 6
stormi da caccia terrestre montati su Cr.42, G.50,
MC.200 e CR.32; 1 stormo assalto su Ca.310; 2
gruppi da combattimento su Ba.88; una squadri-
glia da caccia marittima su Ro.43 e 44; 37 unit
da osservazione aerea su Ca.31 1 e Ro.37 per
lEsercito e 19 da ricognizione su Cant.Z.501 per
la Marina; 2 gruppi dellaviazione coloniale e 2
squadriglie dellaviazione sahariana su Ca.309.
Un totale di 1.332 velivoli da bombardamento,
1.160 da caccia, combattimento e assalto, 497
per lEsercito e 307 per la Marina, sparsi tra il
territorio metropolitano, lAlbania, la Libia e le isole
dellEgeo. gli aerei da trasporto, di ben 15 tipi di-
versi, sono 114 di cui 25 in Africa orientale, dove
sono presenti arlche 323 aerei da bombardamen-
to, caccia e ricognizione.
Lltalia, insomma, dispone di oltre 3.000 velivoli,
ma di questi soltanto 1.796 efficienti e di pronto
impiego e per di pi sparsi in uno scacchiere
vastissimo, praticamente dalle Alpi allEquatore.
Gli aerei pi moderni sono, tra i bombardieri, gli
5.79, i Br.20 e i Cant. Z.506, e, per la caccia, i G.
50, gli MC.200 e i CR.42, tutti gi operanti nella
Guerra di Spagna ad eccezione degli ultimi due.
Soltanto la caccia dispone di una certa aliquota
di apparecchi di costruzione metallica, mentre
quelli da bombardamento e da ricognizione sono
a struttura mista o addirittura interamente in le-gno. Ma anche alcuni'velivoli che le valutazioni
nazionali danno per moderni hanno caratteristi-
che di volo e di armamento nettamente i~~feriori
a quelle degli apparecchi tedeschi o britannici
delle corrispondenti specialit. Un divario che
molto spesso sar riequilibrato solo dal coraggio
e dalle capacit dei nostri equipaggi.
Con queste forze - che durante trentanove mesi
di durissima guerra verranno rifornite di oltre
8.000 macchine delle varie specialit, purtroppo
insufficienti a colmare le perdite o a sostituire gli
aerei sorpassati tecnicamente - la Regia Aero-
nautica entra in campo ancora una volta per far
fronte con valore e tenacia ai compiti che le sono
stati assegnati. Le difficolt si rivelano prestoenormi e i risultati condizionati, oltre che dallo
scarto tecnologico e dallinsufficienza delle risor-
se, anche dalle caratteristiche proprie del con-
flitto, e cio dalla vastita dello scacchiere e dalle
distanze delle fonti di rifornimento, dalle diversi-
t ambientali e climatiche dei vari teatri operativi,
dalla durata stessa della guerra.
Secondo un copione che sembra ricalcare quel-
lo della 1 a Guerra Mondiale, le operazioni hanno
inizio il giorno successivo a quello della dichiara-
zione con voI, di ricognizione prima e con unazio-
ne di bombardamento poi. A causa del le cattive
condi.oni meteorologiche sul fronte francese,
infatti, si deve aspettare il giorno 13 per effettua-
re la prima operazione bellica vera e propria. Sono
i Br.20 del 130 Stormo che durante la notte con-
ducono un primo attacco su Tolone, poi ripetuto
nella tarda mattinata. A questultima azione par-
tecipano anche i CR.42 del 3 e 53 Stormo che
vengono duramente impegnati dai nuovi e oen
armati Dewoitine. Dieci giorni dopo, comunque,
le operazioni contro la Francia si concludono, in
un clima che crede ancora alla guerra lampo, con
la firma dellarmistizio: a quel punto le perdite
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dellAeronautica sono di 10 velivoli e 24 uomini.
Contemporaneamente prendono avvio le opera-
zioni in Africa settentrionale dove la Regia Aero-
nautica sar duramente impegnata per lunghis-
simi mesi. Dopo unavanzata che porta le nostre
forze fino a Sidi el Barrani, la prima controffensiva
inglese tra la fine del '40 e i primi mesi dell,anno
successivo ci costringe al ripiegamento: gi in
questa fase la forza armata subisce pesanti per-
dite e un forte logoramento solo in parte com-
pensati dallarrivo di nuovi mezzi, tra cui lo Junker
87 Picchiatello, e del X Corpo aereo tedesco.
In tal modo possibile sferrare unoffensiva che
si conclude di fronte a Tobruk, mentre i nostrireparti in terra dAfrica iniziano a ricevere nel-
laprile del '41 il primo aereo veramente
competitivo, lM.C. 200 in linea fin dallinizio del-
le ostilit.
Alla seconda controffensiva degli inglesi nel no-
vembre successivo, comunque, la situazione ita-
liana in fatto di macchine ancora fortemente
carente, tanto da costringere anche allimpiego
dei CR.42 come assaltatori con bombe alari da
50 e da 100 chili. DallItalia giungono intanto an-
che i primi M.C.202, veloci e manovrieri anche
se dotati di un volume di fuoco giudicato ancora
insufficiente, il cui contributo non per ta:e da
risolvere una situazione ormai compromessa. Gli
inglesi insitono nellavanzata, che si esaurisce aSollum nei primi giorni del '42 e a farne le spese
sono anche i "202".
Nel Mediterraneo i nostri bombardieri e
aerosiluranti contrastano con successo lazione
della flotta inglese. Il conflitto intanto si allarga
sempre pi. Alla fine del 1940 hanno inizio le
operazioni in Grecia dove i nostri velivoli sono
subito impegnati a contrastare e contenere la
pressione nemica ed aiutare la difficile resisten-
za delle truppe italiane. I nostri equipaggi sono
sottoposti ad una continua e snervante attivit
soprattutto per far fronte alla superiorit del ne-
mico. Il 19 aprile 1941 ha inizio loffensiva italo-
tedesca nella quale una forza aerea di circa 400
velivoli si rivela determinante.
Il 22 ottobre 1940, intanto, due stormi da bom-
bardamento su Br. 20, uno stormo da caccia su
CR. 42 e G. 50 e una squadriglia da ricognizione
strategica su Cant.Z. 1007bis erano stati inviati
in Belgio a costituire il Corpo aereo italiano. Lo
scopo, dettato pi da motivi di prestigio politico
che da realistiche esigenze belliche, quello di
partecipare a fianco dei tedeschi allattacco con-
tro llnghilterra. La mancanza di addestramentodegli equipaggi al volo strumentale (paradossal-
mente la Scuola di volo senza visibi lit era stata
sciolta proprio alla vigilia del conflitto!) e di ido-
nee attrezzature radioelettriche abbreviano que-
sta esperienza, tanto che nei primi giorni del gen-
naio successivo le nostre unit vengono richia-
mate e molti piloti inviati direttamente in Africa
orientale, dove le nostre forze aeree conducono
da tempo una battaglia a difesa delle nostre co-
lonie, nella quale la distanza dalla madre patria
accentua i gi gravi problemi della nostra mac-
china logistica e rende estremamente difficoltosi
i rifornimenti. In questo scacchiere vecchi veli-
voli come i Ca. 133 e i CR. 32, affiancati da po-
chi 5.79, 5.81 e CR.42, cercano di contrastare lasuperiorit di uomini e mezzi degli inglesi e la
loro pi efficiente organizzazione, che consente
malgrado il rinforzo di alcuni S.79 e di una cin-
quantina di CR. 42 trasportati in volo con degli
5.82, loccupazione dellintero territorio. A que-
sto punto tutta laviazione italiana in quel settore
distrutta; lultimo CR.42 ancora in grado di vo-
lare compie alla fine di novembre 1941 lultima
missione decollando verso Gondar nei cui din-
torni viene abbattuto. Rimasto senza aerei, il per-
sonale si organizza allora in Reparti azzurri che
combattono accanto a quelli dellEsercito. Un dato
documentato che testimonia della capacit dei
nostri piloti che con coraggio e valore si erano
opposti in maniera durissima alla controffensiva
inglese, sono i 140 aerei nemici abbattuti in volo
e gli 80 distrutti al suolo.
Malta, nel frattempo, viene incessantemente
martellata dalla nostra aviazione in un crescen-
do di incursioni che alla fine indeboliranno e lo-
goreranno le nostre possibilit offensive. Per nove
mesi la flotta inglese non riesce a forzare il bloc-
co aereo e lisola giunge quasi al collasso, sal-
vandosi dalloccupazione solo per i pesanti im-
Bombard ier iCant. Z.1007bisdurante unadel le miss ion iche, per lunghimesi ,Impegnaronola nos t raaviaz ione nel
tentat ivo diconquistareMalta.
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pegni imposti alle nostre forze dagli avvenimenti
del Nord Africa. Quando nellestate del 1941 vie-
ne deciso di mandare un Corpo di spedizione ita-
liano in Russia lAeronautica partecipa con due
gruppi, forniti a pi riprese di 51 M.C. 200,11,
S.82, 3 Ca.133 e 32 Ca.312 a cui si aggiungono
nel'42 altri M.C. 200, e alcuni M.C. 202 e Br.20.
Dopo un ciclo molto duro, durante il quale il ne-
mico peggiore era stato il micidiale inverno russo
che aveva praticamente immobilizzato i nostri
velivoli almeno fino a quando la proverbiale inge-
gnosit dei nostri specialisti non era riuscita ad
inventare degli efficaci riscaldatori per i motori,
nel gennaio del 1943 i reparti vengono richiamati
in patria.
Nel Mediterraneo la nostra aviazione aveva con-tinuato gli attacchi ai convogli inglesi e in nume-
rose e memorabili battaglie aveva inflitto loro per-
dite notevoli. Nella battaglia di mezzo giugno si
erano salvate solo due navi mercantili. Dal 12 al
14 agosto si svolge una battaglia aeronavale, poi
passata alla storia con il nome di battaglia di mez-
zagosto, alla quale partecipano tutti i nostri
aerosiluranti disponibili che riescono a colpire il
convoglio e la scorta inglesi arrecando loro gravi
danni. Nella prima met del 1942 in Africa set-
tentrionale le truppe italo-tedesche - conquistata
la superiorit aerea grazie al determinante con-
tributo dei 202 del 3 e del 4 Stormo - effettua-
no una travolgente avanzata fino ad EI Alamein
che, in un primo momento, sembra volgere anostro favore le srti della campagna africana.
Questa speranza viene subito vanificata dall'en-
nesima controffensiva inglese, nella quale gli al-
leati lanciano tutte le loro risorse.
Ormai il destino della guerra appare segnato e a
nulla serve che la nostra industria inizi a produr-
re macchine finalmente competitive, tanto pi che
la scarsit di mezzi e di materie prime non con-
sente ancora quella produzione di serie che
avrebbe forse fatto sentire il suo peso. Gli ultimi
aerei ad entrare in linea sono gli M.C.205, i
Re.2005 e i G.55, macchine veloci e ben armate
che si affiancano ad altre come il Re.2002, il P.I
08 o il Cant.Z.1018 di pi recente realizzazione.
Le ultime battute contro lormai schiacciante su-
periorit dellaviazione alleata, la nostra Aeronau-
tica le gioca nei cieli della Tunisia prima e del-
lItalia poi dopo lo sbarco alleato in Sicilia: anche
in queste fasi i nostri reparti, pur nella ormai ge-
nerale certezza di quello che sar lesito finale
della guerra, si sacrificano in unestrema quanto
inutile resistenza, con un ardimento che ricever
anche il riconoscimento dello stesso nemico.
LAccademia Aeronautica da
Livorno a NisidaSolo pochi mesi dopo la costituzione della Regia
Aeronautica come forza armata indipendente e
in anticipo su tutte le altre nazioni, nacque a Li-
vorno lAccademia Aeronautica che, sul piano
organizzativo e didattico, si valse naturalmente
dellesperienza acquisita in questo settore dagli
altri due istituti di formazione esistenti, quello
dellEsercito e quello della Marina, sia pure fina-
lizzando programmi e materie a quegli aspetti ri-
tenuti essenziali per lesercizio della professione
di ufficiale aviatore.La scelta di Livorno come prima sede provvisoria
non fu casuale: a parte le garanzie offerte dal-
lantica e consolidata tradizione delllstituto e dalla
sua eccellente organizzazione, era infatti convin-
zione diffusa che le attivit e le problematiche
della Marina e dellAeronautica presentassero
molte analogie e avessero molti punti in comune.
La durata dei corsi fu stabilita fin dall inizio in tre
anni e, sempre dallinizio, una delle difficolt pi
serie fu quella di reperire elementi idonei a svol-
gere le funzioni di insegnanti e di istruttori per le
materie professionali senza penalizzare i reparti
operativi: un problema, questo, che lAccademia
si sarebbe portato dietro fino ai giorni nostri.
Il primo comandante del neonato istituto fu il ca-pitano di vascello Giulio Valli, un ufficiale di Mari-
na che aveva gi esperienza di problemi
aeronautici, essendo stato messo fin dal 1910 a
disposizione di questa specialit nella quale, dopo
aver preso parte alla Guerra di Libia, era stato tra
laltro comandante dell Aviazione dell alto Adria-
tico durante la la Guerra Mondiale. Ad esso si
affiancarono ben presto altri ufficiali come Mario
Ranieri, Aldo Urbani, Mario Boschi o Francesco
Pricolo che, con il grado di tenente colonnello fu
il primo comandante in seconda dellistituto.
L'Accademia di Livorno
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lievo Fausto Cecconi, primo nella classifica di
merito del corso Aquila. Con la consegna della
bandiera fu sancito ufficialmente linizio della vita
autonoma e indi pendente dell'Accademia Aero-
nautica.
Il 1926 ebbe particolare importanza anche per
altri motivi. In quellanno iniziarono alcuni corsi -
il cui scopo era quello di integrare le eventuali,
non improbabili, deficienze di reclutamento dei
corsi normali - come quelli per ufficiali piloti di
complemento e per sottufficiali piloti aspiranti alla
nomina a sottotenente in servizio permanente, a
quelli per sottufficiali di carriera per la nomina a
sottotenente in s.p.e. del ruolo servizi. In quel-
lanno, soprattutto, lAccademia lasci Livorno per
raggiungere la prima sede indipendente dellasua storia.
Lidea originaria di dotare il nuovo istituto di una
propria sede non era infatti rimasta solo al livello
di buoni propositi; si era analizzato il problema in
tutti i suoi aspetti, cercando innanzitutto di indivi-
duare una localit che garantisse condizioni me-
teorologiche tali da non penalizare lattivit di volo,
che fosse vicina ad una universit e che posse-
desse un campo di aviazione. La scelta era ca-
duta su Napoli e li o, per essere pi precisi, a
Capodichino fu posta il 28 giugno 1926 la prima
pietra del nuovo istituto.
Laumento del numero degli allievi in relazione alle
capacit ricettive di Livorno non consentirono,
pe,r di attendere la fine dei lavori: sempre prov-visoriamente almeno nelle intenzioni, il 15 otto-
bre, bandiera in testa, lAccademia Aeronautica
si trasferi ufficialmente a Caserta dove occup
lala occidentale della Reggia anvitelliana, som-
mariamente adattata in tre mesi di lavoro alle
nuve esigenze; il 10 dicembre, alla presenza del
Sottosegretario per lAeronautica Italo Balbo,
ebbe luogo linaugurazione; il 16 iniziarono rego-
larmente i corsi con gli allievi del Drago a far da
pinguini.
Quando, due anni dopo, ledificio di Capodichino
venne ultimato, ci si accorse della sua inadegua-
tezza e lo si destin ad ospitare la meno impe-
gnativa Scuola specialisti, mentre lAccademia
prosegu i suoi corsi nella sede di Caserta, un
edificio la cui ristrutturazione funzionale avrebbe
sempre presentato non pochi problemi, soprat-
tutto in relazione ai vincoli imposti dalla
Sovraintendenza ai monumenti.
Il trasferimento in terra campana port non po-
che novit interne: fu rinnovato praticamente
tutto il corpo docente, nel quale entrarono anche
numerosi professori civili dellUniversit e del
Politecnico di Napoli, mentre per alcune materie
La Reggia di Caserta
Il primo anno di corso era di esperimento nel
senso che il comando si riservava di restituire
alle famiglie quegli allievi che in questo periodo
non avessero dato affidamento di buona riusci-ta. La posizione militare degli allievi si perfezio-
nava quindi solo nel 20 anno, allatto del giura-
mento. Il volo, escluso come attivit addestrativa
durante i tre anni di corso, era limitato a dei voli
di ambientamento che avevano il duplice scopo
di consentire agli allievi di dimostrare la richiesta
attitudine e di far conseguire loro, entro il periodo
estivo ffa il 2 e il 3o anno, il brevetto di osserva-
tore aereo. Al termine del 3 anno, finalmente,
lallievo ormai sottotenente poteva iniziare le so-
spirate esercitazioni al pilotaggio.
Al primo concorso svoltosi nellottobre del 1923
parteciparono 32 concorrenti, di essi 20 furono
dichiarati vincitori e 18 completarono il primo anno
dando vita al corso Aquila. Gli esami di ammis-sione al 2 anno determinarono per unulteriore
selezione, per cui - allo scopo di integrare i 15
allievi superstiti - venne deciso di bandire per lan-
no successivo un concorso straordinario che
consentisse di ammettere direttamente alla 1
classe altri 9 allievi: in tal modo il corso Aquila
divenne di 24 elementi che conseguirono tutti il
grado di sottotenente.
A questo primo nucleo si aggiunsero, nei primi
tre anni dellAccademia Aeronautica poi designati
come corsi fondatori, i 36 sottotenenti del Bo
rea e i 35 del Centauro, che portarono a 95 gli
ufficiali in servizio permanente effettivo che listi-
tuto aveva prodotto per la forza armata e che fu-
rono inseriti nel ruolo combattenti, il cui organico
era allepoca di 38 colonnelli, 70 ten. colonnelli,134 maggiori, 420 capitani e 1.080 subalterni tra
forza temporanea, complemento ed effettivi.
Il 28 marzo 1926, terzo anniversario della costi-
tuzione della forza armata, lAccademia ricevette
la bandiera che il Re Vittorio Emanuele li conse-
gn, nel corso di una solenne cerimonia, al co-
mandante dellistituto, colonnello Giuseppe Val-
le, dalle cui mani il vessillo pass a quelle dellal-
7/24/2019 Storia Dell'Aeronautica Militare [Divisione Formazione Superiore SGA-SAAM]
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fondamentali furono istituite con decreto apposi-
te cattedre; si decise, in analogia con una tradi-
zione dellAccademia Navale, di conferire rego-
larmente la sciabola doro allallievo classifica-
tosi primo del proprio corso per tre anni conse-
cutivi; lAccademia, infine, pot finalmente dispor-
re a Capua di una propria scuola di volo che le
avrebbe consentito di licenziare allievi gi muniti
del brevetto di pilota militare.
La nuova Scuola di pilotaggio per gli allievi del-
lAccademia Aeronautica, come fu chiamata, ini-
zi la sua attivit l8 agosto l 927 con l 2
sottotenenti del`Aquila provenienti dalla di
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