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DAL FUNDRAISING ALLA DEMOCRAZIA PARTECIPATA. IL 5X1000 TRA ENTI E TERRITORIO 1 DAL FUNDRAISING ALLA DEMOCRAZIA PARTECIPATA. IL 5X1000 TRA ENTI E TERRITORIO 1 Premessa Lavorando nel non profit e nel mondo della ricerca di base e applicata, abbiamo acquisito una certa sensibilità nell’analizzare un tema cruciale per il funzionamento di questi due settori. Comprendere il modo in cui funziona una raccolta fondi è determinante per assicurare sostenibilità e continuità nel tempo a un progetto sociale o di ricerca. In questo paper, vorremmo fare alcune considerazioni su una delle leve di fundraising più importanti, soprattutto per la portata della raccolta che può produrre: il 5 per mille. Il contributo si basa sull’analisi degli ultimi dati resi disponibili dall’Agenzia delle Entrate, cioè quelli sull’anno fiscale 2012. Le riflessioni che proporremo sono riferite alle implicazioni strategiche e comunicative derivanti dall’uso del 5 per mille per il fundraising di progetti di utilità sociale. Dopo una disamina generale dei dati disponibili, ci concentriamo su un target preciso di beneficiari: i comuni. Per quale motivo gli enti locali di primo livello non riescono a raccogliere in modo efficace i fondi del 5 per mille? Nel rispondere a questa domanda, in chiusura del paper, proponiamo anche una strategia per il coinvolgimento degli stakeholder territoriali, strategia che, se ben applicata, potrebbe produrre un miglioramento delle capacità di raccolta dei comuni. Il 5 per mille: è un bene che se ne parli una volta all’anno? Alla data del 30 settembre 2014, secondo gli elenchi dell’Agenzia delle Entrate, sono 50.062 gli enti registrati come potenziali destinatari del contributo. A riguardo, bisogna ricordare che la Legge di stabilità 2014 fissa in un massimo di 400 milioni di euro il contributo complessivo erogabile. Un grande numero di enti concorre, quindi, per un montepremi fisso, come in una specie di lotteria. Le analogie con i concorsi a premi finiscono qui perché tra i soggetti beneficiari ci sono delle differenze macroscopiche in termini di prestigio, strategie di comunicazione e quindi capacità di raccolta. Sul fronte dei cittadini che usano il 5 per mille, invece, cosa sappiamo? Poco. Purtroppo non esistono indagini estese sui contribuenti che scelgono di destinare la quota Irpef. 1 Il paper è il risultato della collaborazione tra Alfredo Borrelli (Estrogeni), Daniela Girfatti (Estrogeni), Olivier La Rocca (Europartners), Simone Arnaldi (Europartners), Gaetano Fasano (Europartners), Gianfranco Zucca (Europartners). Per informazioni: [email protected] [email protected]

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DAL FUNDRAISING ALLA DEMOCRAZIA PARTECIPATA. IL 5X1000 TRA ENTI E TERRITORIO1

Premessa

Lavorando nel non profit e nel mondo della ricerca di base e applicata, abbiamo acquisito una certa sensibilità nell’analizzare un tema cruciale per il funzionamento di questi due settori. Comprendere il modo in cui funziona una raccolta fondi è determinante per assicurare sostenibilità e continuità nel tempo a un progetto sociale o di ricerca. In questo paper, vorremmo fare alcune considerazioni su una delle leve di fundraising più importanti, soprattutto per la portata della raccolta che può produrre: il 5 per mille.

Il contributo si basa sull’analisi degli ultimi dati resi disponibili dall’Agenzia delle Entrate, cioè quelli sull’anno fiscale 2012. Le riflessioni che proporremo sono riferite alle implicazioni strategiche e comunicative derivanti dall’uso del 5 per mille per il fundraising di progetti di utilità sociale. Dopo una disamina generale dei dati disponibili, ci concentriamo su un target preciso di beneficiari: i comuni. Per quale motivo gli enti locali di primo livello non riescono a raccogliere in modo efficace i fondi del 5 per mille? Nel rispondere a questa domanda, in chiusura del paper, proponiamo anche una strategia per il coinvolgimento degli stakeholder territoriali, strategia che, se ben applicata, potrebbe produrre un miglioramento delle capacità di raccolta dei comuni.

Il 5 per mille: è un bene che se ne parli una volta all’anno?

Alla data del 30 settembre 2014, secondo gli elenchi dell’Agenzia delle Entrate, sono 50.062 gli enti registrati come potenziali destinatari del contributo. A riguardo, bisogna ricordare che la Legge di stabilità 2014 fissa in un massimo di 400 milioni di euro il contributo complessivo erogabile. Un grande numero di enti concorre, quindi, per un montepremi fisso, come in una specie di lotteria. Le analogie con i concorsi a premi finiscono qui perché tra i soggetti beneficiari ci sono delle differenze macroscopiche in termini di prestigio, strategie di comunicazione e quindi capacità di raccolta.

Sul fronte dei cittadini che usano il 5 per mille, invece, cosa sappiamo? Poco. Purtroppo non esistono indagini estese sui contribuenti che scelgono di destinare la quota Irpef.

1 Il paper è il risultato della collaborazione tra Alfredo Borrelli

(Estrogeni), Daniela Girfatti (Estrogeni), Olivier La Rocca (Europartners), Simone Arnaldi (Europartners), Gaetano Fasano (Europartners), Gianfranco Zucca (Europartners). Per informazioni: [email protected] [email protected]

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Qualche informazione utile si può però ottenere consultando Google Trend, il principale sistema di monitoraggio delle ricerche online. Questo strumento difatti permette di sapere il peso relativo di un termine sul totale delle ricerche effettuate in un determinato periodo, in altre parole offre una misura dell’interesse che gli utenti di internet hanno per uno specifico tema.

Se s’interroga Google Trend rispetto all’interesse per il 5 per mille, si nota un andamento ciclico che ha i suoi picchi nel mese di maggio di ogni anno, ossia in corrispondenza del periodo appena precedente la dichiarazione dei redditi (Figura 1).

FIGURA 1 – Andamento dell’interesse per il 5 per mille (2006-2014)2

Fonte: Google Trend

Questo andamento dipende dal fatto che le organizzazioni beneficiarie concentrano le proprie campagne di sensibilizzazione nel periodo primaverile, mettendo in moto l’interesse del contribuente in corrispondenza del momento in cui dovrà decidere a chi destinare la propria quota di Irpef. È una strategia corretta perché si basa sull’idea della vicinanza temporale tra stimolo e risposta. Le strategie sono molto differenziate e tendono a penetrare con tutti i mezzi possibili, in buona dose diretti (mailing, email, sms, quando non attraverso lo stesso commercialista), l’immaginario dell’utente.

Chiunque si occupi di comunicazione sociale e social marketing sa benissimo che oggi si è arrivati a un livello di complessità e differenziazione notevole. Esistono strumenti tradizionali e non, esistono cronologie ormai standardizzate, esistono posizionamenti ben precisi. Sempre per rimanere nell’ambito del 5 per mille, grandi ong come Emergency e Medici Senza Frontiere hanno una capacità di fundraising che dipende in larga parte dalle scelte di promozione e comunicazione.

Eppure esiste un momento dell’anno in cui almeno il campo di gioco è uguale per tutti e anche il target potenziale. Paradossalmente, è il momento della non donazione. Ovvero il periodo dell’anno in cui il contribuente può decidere di sostenere una causa, un’associazione, la comunità in cui vive senza essere condizionato. Per cui la risposta alla domanda posta in apertura è no. 2. La figura rapporta il numero di ricerche web eseguite con un

termine specifico rispetto al numero totale di ricerche eseguite su Google nel tempo. Non rappresentano valori assoluti di volume di ricerca, perché i dati sono normalizzati e presentati su una scala da 0 a 100. Ciascun punto sul grafico è diviso per il punto più alto e moltiplicato per 100.

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È un bene che si parli del 5 per mille una volta all’anno? Non è un bene, soprattutto per le organizzazioni che non possono disporre di un’immagine forte e consolidata. Se ci si deve fare spazio tra i big della raccolta fondi, non ci si può muovere in primavera ma occorre farlo prima.

Un fenomeno frammentato: enti pigliatutto e concentrazioni territoriali

Dall’analisi degli ultimi dati disponibili e relativi alle dichiarazioni dei redditi del 2012, circa il 46% dei contribuenti italiani decide di indicare un ente a cui destinare il 5 per mille. L’ammontare complessivo del contributo è stato pari a 393.191.234,61€, per un totale di 49.189 enti destinatari, a questi vanno aggiunti poco meno di 2.000 enti che non hanno ricevuto alcuna indicazione. I primi 10 enti destinatari, di cui 5 appartenenti alla categoria Volontariato e 5 alla categoria Ricerca (sanitaria e scientifica), sono stati scelti da 3.357.176 contribuenti (pari al 25% su un totale di 13.386.021) e hanno raccolto da soli 111.440.051€, pari al 28,3% del totale. Facendo una semplice operazione aritmetica si nota che, esclusi i primi dieci enti, il contributo medio ricevuto è decisamente esiguo: 5.729 euro. Questi dati evidenziano un elemento rilevante: un ristretto numero di enti drena una quota significativa delle risorse disponibili mentre gli altri si dividono il resto, frammentando estremamente le risorse.

Un altro elemento di frammentazione si riscontra considerando il territorio. Dal punto di vista geografico, è la Lombardia la regione che esprime il maggior numero di enti destinatari. (grafico 1), con quasi 10mila organizzazioni che hanno ricevuto un qualche contributo. Ci sono poi quattro regioni che hanno più o meno lo stesso numero di enti beneficiari, circa 4mila: si tratta di Piemonte, Emilia Romagna, Veneto e Lazio. È interessante notare come la prima regione abbia quasi il doppio di enti della seconda. Poi ci sono Toscana, Sicilia e Campania con un numero di beneficiari compreso tra 3.200 e 2.400. Con valori decrescenti si trovano tutte le altre regioni.

GRAFICO 1 – Enti destinatari del 5x1000 per regione

Fonte: elaborazione Estrogeni/Europartners su dati Agenzia delle Entrate È evidente che il numero di enti, soprattutto se si considera la componente volontariato e onlus, dipenda anche dal numero di abitanti. Se si mettono in correlazione queste due variabili (Grafico 2) si nota che ci sono delle regioni in cui la correlazione è lineare: Lombardia, Toscana e Veneto sono i principali esempi di una situazione nella quale all’aumentare della popolazione aumentano anche gli enti beneficiari. Dal momento che il coefficiente di correlazione generale è molto elevato (0,84), questa situazione riguarda la maggior parte delle regioni. Fatta eccezione per tre regioni meridionali (evidenziate nel grafico con una linea tratteggiata): Puglia, Sicilia e soprattutto Campania, nelle quali il numero di residenti non è correlato in modo netto con il numero di enti beneficiari.

9.562

4.746 4.277 4.267 3.991 3.211 2.876 2.457 2.047 1.870 1.452 1.416 1.395 1.381 1.281 993 755 595 351 266

0

1.500

3.000

4.500

6.000

7.500

9.000

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GRAFICO 2 – Numero di residenti per enti beneficiari

Fonte: elaborazione Estrogeni/Europartners su dati Agenzia delle Entrate

La tendenza dei dati è dunque chiara: la raccolta del 5 per mille finisce soprattutto in alcune regioni e particolarmente in quelle che sono dotate di una rete di enti più densa. L’effetto popolazione è valido per buona parte delle regioni, mentre si mitiga in alcune grandi regioni del Meridione.

Esiste una relazione tra capacità di raccolta e brand?

Il 5 per mille non è una donazione perché il contribuente destina una parte delle tasse, comunque dovute all’erario, a un soggetto sociale che ritiene meritevole: se volessimo parafrasare pratiche ormai tipiche del mondo anglosassone, questa modalità di allocazione fiscale potremmo definirla revenue giving o social tax fee. Trattandosi, appunto, di una non donazione e quindi di una scelta incondizionata e probabilmente eseguita per sincera condivisione di un progetto sociale, abbiamo ritenuto utile misurare la social awareness dei primi 10 enti destinatari premiati dalle scelte degli italiani del 2012. A riguardo è utile analizzare un primo indicatore, ossia il numero di fan su Facebook (tabella 1).

TABELLA 1 – Primi 10 enti per entità della raccolta e fan su Facebook Ente beneficiario Raccolta Fan FACEBOOK Euro*FAN AIRC € 55.771.052,42 465.226 € 119,88 EMERGENCY € 10.360.132,05 814.123 € 12,73 FONDAZIONE PIEMONTESE RICERCA SUL CANCRO € 8.232.176,61 6.927 € 1.188,42 MEDICI SENZA FRONTIERE € 8.187.963,90 663.322 € 12,34 UNICEF € 5.364.214,54 226.756 € 23,66 AIL € 5.196.772,34 97.128 € 53,50 OSPEDALE SAN RAFFAELE € 5.189.526,28 11.605 € 447,18 FONDAZIONE UMBERTO VERONESI € 4.634.398,94 227.024 € 20,41 AISM € 4.629.573,94 61.299 € 75,52 ACLI € 3.874.240,06 3.138 € 1.234,62 Fonte: elaborazioni Estrogeni/Europartners su dati Agenzia delle Entrate e Facebook al 18 novembre 2014

Se si considerano i primi dieci enti per portata della raccolta fondi, si riscontrano situazioni molto diverse. Da una parte ci sono organizzazioni come Emergency e Medici Senza Frontiere che hanno un numero elevatissimo di fan (rispettivamente 814mila e 663mila), dall’altra ci sono invece

Lombardia

Piemonte Emilia Romagna

Veneto Lazio

Toscana

Sicilia

Campania

Puglia

Trentino Alto Adige Liguria Sardegna

Friuli Venezia Giulia Calabria

Marche Abruzzo

Umbria Basilicata Molise

Valle d'Aosta

R² = 0,84143

0

1

2

3

4

5

6

7

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10

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0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

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Enti beneficiari (x 1.000)

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organizzazioni che hanno pochissimi fan come le Acli (3mila) e la Fondazione Piemontese per la ricerca sul cancro (quasi 7mila fan).

Rapportando il numero di fan all’entità della raccolta, si ottiene una stima della donazione media. I fan su Facebook sono soggetti che seguono da vicino le attività dell’organizzazione e rappresentano dei potenziali donatori, per cui non appare improprio stimare l’entità della donazione in questo modo. Innanzitutto, si nota che per alcuni enti questo ragionamento conduce a risultati abbastanza credibili: i fan di Emergency e Medici Senza Frontiere donerebbero circa 12 euro, quelli di Unicef 23 euro. Diverso è il discorso per le organizzazioni poco presenti su Facebook, come Acli e Fondazione piemontese per la ricerca sul Cancro, le quali fanno registrare valori completamente fuori norma, perché superiori ai mille euro. Questo semplice esercizio aritmetico evidenzia diverse strategie di fundraising: ci sono organizzazioni che per la creazione di un legame con il potenziale donatore puntano molto sui social e enti che, invece, usano altre strategie (ad esempio, nel caso delle Acli, non è ininfluente nel determinare l’entità della raccolta il fatto che l’associazione disponga di un CAF).

La correlazione tra presenza sui social ed entità della raccolta fondi è statisticamente molto forte: 0,95 (grafico 4). Per Emergency e Medici Senza Frontiere, il nesso è particolarmente solido mentre per le altre organizzazioni considerate, fatta eccezione per UNICEF, il legame con i fan di Facebook non influisce in modo significativo sulla capacità di attrarre il 5 per mille. A riguardo, è interessante notare che Emergency, MSF e UNICEF sono organizzazioni che investono molto nella comunicazione sociale: ad esempio, dedicando al 5 per mille un web site specifico all’interno del quale gli utenti possono reperire tutte le informazioni relative alle modalità di impiego dei fondi.

GRAFICO 4 – Primi 10 enti per entità della raccolta e fan su Facebook×

Fonte: elaborazioni Estrogeni/Europartners su dati Agenzia delle Entrate e Facebook al 18 novembre 2014, × Sono stati esclusi AIRC, FONDAZIONE PIEMONTESE RICERCA SUL CANCRO e ACLI

Il grande assente: perché i comuni raccolgono solo una piccola parte dei fondi 5 per mille?

Nonostante i tempi di spending review, le esigenze della comunità più prossima non vengono sostenute dai contribuenti. Analizzando i dati del 2012, risulta che i Comuni hanno ricevuto solo il 16% delle scelte di destinazione del 5 per mille (614.370 scelte su 13.386.021). Se si analizzano i dati relativi alla raccolta dei comuni (tabella 2), si nota che nel complesso la somma loro destinata è di poco superiore ai 13 milioni di euro, con il picco ottenuto dai comuni lombardi che hanno beneficiato di oltre 3 milioni di euro.

EMERGENCY

MEDICI SENZA FRONTIERE

UNICEF AIL

OSPEDALE SAN RAFFAELE

Fondazione UMBERTO VERONESI

AISM

$ 0

$ 2

$ 4

$ 6

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$ 10

$ 12

0 100 200 300 400 500 600 700 800 900

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Fan su FACEBOOK (x1.000)

R2= 0,95

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TABELLA 2 – Indicatori raccolta 5 per mille comuni italiani

Regione Scelte Comuni Numero medio di scelte per comune

Raccolta per scelte espresse

Importo medio del contributo

N N N euro euro ABRUZZO 10697 305 35 188,982.56 619.6 BASILICATA 3601 131 27 53,259.98 406.6 BOLZANO 4672 116 40 138,275.49 1,192.0 CALABRIA 8557 409 21 136,336.59 333.3 CAMPANIA 33455 551 61 605,435.25 1,098.8 EMILIA ROMAGNA 55831 348 160 1,202,216.37 3,454.6

FRIULI VENEZIA GIULIA 31063 218 142 610,779.84 2,801.7

LAZIO 29721 378 79 810,749.64 2,144.8 LIGURIA 10955 235 47 265,747.15 1,130.8 LOMBARDIA 119698 1544 78 3,046,740.75 1,973.3 MARCHE 15739 239 66 280,636.94 1,174.2 MOLISE 2359 136 17 39,319.67 289.1 PIEMONTE 70416 1206 58 1,464,222.79 1,214.1 PUGLIA 20071 258 78 339,327.41 1,315.2 SARDEGNA 17265 377 46 334,924.60 888.4 SICILIA 24880 390 64 410,983.68 1,053.8 TOSCANA 23708 287 83 546,078.59 1,902.7 TRENTO 6223 217 29 136,754.62 630.2 UMBRIA 7656 92 83 144,870.95 1,574.7 VALLE D'AOSTA 2041 74 28 48,282.58 652.5 VENETO 115762 581 199 2,270,164.80 3,907.3 Totale 614370 8092 - 13,074,090.25 - Fonte: elaborazioni Estrogeni/Europartners su dati Agenzia delle Entrate

Rapportando il contributo ricevuto al numero dei comuni si ottiene un importo medio decisamente basso, con cifre che oscillano tra le poche centinaia di euro dei comuni meridionali e i 2.800 euro della Lombardia o i 2.100 euro dei comuni laziali. Anche il numero medio di scelte per comune è esiguo, si va dalle poche decine ad alcune centinaia. In generale, la capacità dei comuni di attrarre il 5 per mille appare molto limitata.

La tabella 3 aggiunge altri dettagli. I primi 10 comuni raccolgono in totale 1.329.610,54 euro, circa il 10% del totale destinato dai contribuenti; sono invece appena 39.725 i contribuenti che hanno deciso di destinare il 5 per mille a un ente locale. Se si scorre la graduatoria, si nota che a prevalere sono le aree metropolitane. Si sta sempre parlando di importi limitati: per una città come Roma, 371mila euro non sono poi molti.

TABELLA 3 – Primi dieci comuni per importo della raccolta 5 per mille

Comune Importo della raccolta (euro) 1 ROMA 371.620,41 2 MILANO 295.515,30 3 TORINO 165.937,18 4 GENOVA 77.977,37 5 BOLOGNA 75.869,88 6 VENEZIA 74.415,58 7 SALERNO 70.186,55 8 NAPOLI 69.986,01 9 VERONA 65.762,64 10 FIRENZE 62.339,62 Fonte: elaborazioni Estrogeni/Europartners su dati Agenzia delle Entrate

A questa classifica, occorre aggiungere che il 65,5% dei comuni italiani ha raccolto tramite il 5 per mille meno di 1.000 euro. Guardando i dati nel complesso, si delinea uno scenario nel quale i comuni non sono in grado di realizzare una raccolta fondi efficace: anche nel caso dei grandi centri, la capacità di attrazione risulta limitata.

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L’ente pubblico più vicino al cittadino, quindi, non riesce a presentarsi con la sufficiente credibilità quale destinatario di risorse e forse, al di là delle relazioni e posizioni di carattere personale, raramente è in grado di costruire politiche di marketing sociale finalizzate alla condivisione trasparente di fabbisogni, azioni e rendicontazioni.

È molto probabile che questa difficoltà nasca da fattori quali la mancanza di fiducia da parte dei cittadini. C’è un modo per invertire questa tendenza? I comuni possono innalzare la loro quota di raccolta fondi, trovando risorse da destinare a progetti di utilità sociale?

Se si chiedesse ai cittadini anche di fare, oltre che dare?

In sempre più comuni, in Italia, è possibile vedere iniziative di progettazione partecipata, organizzate da enti e associazioni del territorio in grado di avviare un percorso virtuoso di riavvicinamento tra ente pubblico e cittadino. La progettazione partecipata è un metodo flessibile di presa e condivisione di decisioni che riguardano un determinato territorio, utile alla comprensione di un processo in atto ed efficace nell’indirizzare le prese di decisione, lo sviluppo di piani d’intervento e la soluzione dei problemi. Si tratta di un servizio volto a rifondare un nuovo patto sociale in cui gli amministratori (i decisori), i tecnici (i progettisti) e i cittadini (i destinatari) si fanno carico insieme delle sfide che investono il proprio territorio.

L’obiettivo primario è quello di superare i consueti orientamenti assistenzialistici, ridurre la delega alle istituzioni e accrescere l’iniziativa e la responsabilità dei cittadini.

Risultato non secondario è quindi la responsabilizzazione dei cittadini che genera senso di appropriazione degli interventi ed empowerment.

La gestione dei processi partecipativi è molto spesso affidata a un facilitatore, il cui compito è quello di stimolare il confronto e la collaborazione tra i diversi attori. L’estraneità del facilitatore è un elemento fondamentale per produrre tra i partecipanti un senso di fiducia circa la sua imparzialità nella direzione dei lavori e così creare ponti tra stakeholder, portatori di linguaggi e interessi diversi3.

La presenza del facilitatore consente l’uso di tecniche di ascolto, ossia metodi che aiutano a capire come i problemi sono percepiti dagli stakeholder e dai comuni cittadini (come ad esempio focus group e brainstorming) e tecniche per l’interazione costruttiva, ossia metodi che aiutano i partecipanti a interagire tra di loro e a produrre conclusioni utili (workshop tematici, laboratori di quartiere, open space technology, animazioni creative PAPSA, goal oriented project planning, laboratori progettuali, metaplan, analisi SWOT).

Molto spesso più che una pianificazione errata è la comunicazione sporadica o del tutto assente tra gli attori e la difficoltà a percepirsi come parte comune di un progetto, a far fallire le iniziative degli enti sul territorio. La sfida è nel rafforzare le relazioni e la cooperazione tra cittadini. Sotto questo profilo, la progettazione partecipata è una strategia che, se sviluppata lungo tutto l’anno, potrebbe portare dei risultati significativi, spingendo i cittadini a destinare la propria quota Irpef al comune di appartenenza. Si tratterebbe di un conferimento di risorse il cui impiego è già definito poiché durante tutto l’anno si è partecipato al percorso di progettazione degli interventi.

Motivare i cittadini a dare passa per la partecipazione ai processi e alle decisioni: non si può chiedere un assegno in bianco, anche perché gli enti locali, come abbiamo visto, non hanno la credibilità e la

3. Questa figura ha le competenze per accompagnare i partecipanti

da una condizione di relativa passività alla presenza attiva ma anche di gestire e valorizzare eventuali critiche, monopolizzazioni, resistenze o prevaricazioni. Il facilitatore può rispondere con competenza e abilità anche nella sfera del sociale, della salute, dell’educazione degli adulti, della formazione alla nuova cittadinanza; e ancora, dell’educazione ambientale, dell’orientamento e delle diverse forme di peer education; vale a dire nel community care.

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social awareness dei grandi enti non profit. Se si vogliono reperire risorse da destinare al territorio, bisogna coinvolgere le persone, dare loro spazi di confronto e margini decisionali.

Volendo portare la proposta alle estreme conseguenze, esiste anche una via ancor più radicale. Cosa accadrebbe se enti locali, organizzazioni non profit del territorio e cittadinanza formassero una coalizione sociale che focalizza la propria attività su un progetto comune? Si può creare una convergenza di interessi su una issue condivisa, sulla quale lavorare assieme?

Questa strada sarebbe premiante anche per la miriade di piccole organizzazioni della società civile che scontano la stessa difficoltà dei comuni, ossia non hanno visibilità e capacità di comunicazione e nella fase calda della raccolta fondi vengono sopravanzate dai big del fundraising.

Il 5 per mille, pur toccando il punto nodale delle risorse per il sociale, è allo stesso tempo un punto di partenza per ragionamenti più ampi. La proposta di legare la destinazione del 5 per mille a percorsi partecipativi chiama in causa l’idea di comunità che abbiamo. Oggi più di ieri, non si può pensare al sociale come a una competenza di un ristretto novero di addetti ai lavori: comunità e territorio sono sostantivi plurali che necessitano del contributo di tutti. I cittadini danno, i cittadini fanno. Questo è più di uno slogan.