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Tipologie ed effetti temporali delle decisioni di incostituzionalità Percorsi di diritto costituzionale interno e comparato a cura di Daniele Butturini e Matteo Nicolini

(2014) Qual è l’efficacia della legge incostituzionale prima della dichiarazione d’incostituzionalità per opera delle Corti costituzionali?

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Tipologie ed effetti temporali

delle decisioni

di incostituzionalitàESI

€ 36,00

Questo volume, sprovvisto del tal-loncino a fronte, è da considerarsicopia saggio gratuito esente da IVA(art. 2, c. 3, lett. d, DPR 633/1972)

Collana del Dipartimento di Scienze Giuridichedell’Università di Verona

sezione raccolte e atti di convegno, 5 7514

0311

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Tipologie ed effetti temporalidelle decisioni di incostituzionalità

Percorsi di diritto costituzionale interno e comparato

a cura di

Daniele Butturini e Matteo Nicolini

5

ISBN 978-88-495-2816-9

cop butturini:copertina 1-04-2014 12:16 Pagina 1

RAÚL LETELIER WARTENBERG

Qual è l’efficacia della legge incostituzionale prima della dichiarazione d’incostituzionalità

per opera delle Corti costituzionali?

«Fu il giorno in cui inventai il viaggio nel tempo.

Me lo ricordo benissimo: stavo in piedi sul water at-

taccando un orologio, la porcellana era bagnata so-

no scivolato e ho battuto la testa sul lavandino.

Quando ho ripreso i sensi ho avuto una rivelazione

… una visione … un’immagine scolpita nella men-

te. Un’immagine di questo. Questo rende possibile

viaggiare nel tempo».

Dr. Emmett Brown, Ritorno al futuro, 1985.

SOMMARIO: 1. L’interrogativo. – 2. La risposta. – 2.1. La validità soggettiva. – 2.2. La validità istituzionale. – 2.3. La validità istituzionale come organizzazione della diver-sità. – 2.4. Gli effetti del contrasto sulla validità – 3. La ‘pressione’ annullatoria. – 4. Conclusioni.

1. L’interrogativo – L’interrogativo da cui muove il presente contributo

– quale sia, cioè, l’efficacia della legge incostituzionale prima della dichia-razione d’incostituzionalità da parte delle Corti costituzionali – è interro-gativo ingannevole. Esso, infatti, confonde in modo indiscriminato due di-stinti momenti temporali, conferendo una sorta di ‘ubiquità’ a chi pone l’interrogativo medesimo. Il fatto è che non è logicamente possibile formu-lare la domanda senza aver prima chiaramente precisato cosa debba in-tendersi per ‘legge incostituzionale’. Al contrario, detta domanda è sì po-sta nel momento in cui la legge è vigente (nel senso che è stata approvata e pubblicata dai pubblici poteri a ciò costituzionalmente legittimati), ma in previsione della dichiarazione d’incostituzionalità – che si colloca in un momento futuro –, per poi ‘tornare indietro’ a un momento cronologi-camente anteriore alla dichiarazione. Ciò, al fine di potersi così chiedere quale sia l’efficacia della legge nell’intervallo tra la vigenza e la dichiara-zione di incostituzionalità.

Raúl Letelier Wartenberg 106

Non si fa altro, dunque, che interrogarsi in merito all’efficacia di una legge ‘che è certamente incostituzionale’ dando per scontato che tale sarà l’esito della dichiarazione d’incostituzionalità. Domanda ingannevole, s’è detto: perché essa occulta l’importanza di un altro problema – la certezza o l’incertezza della costituzionalità o meno della norma – e si limita sem-plicemente ad accertare quale debba essere il comportamento dei soggetti al cospetto di una dichiarazione istituzionale d’incostituzionalità. La cir-costanza che si presti attenzione solo a quest’ultimo aspetto si apprezza quando si esaminano i modi, attraverso cui taluni autori provano a offrire risposte all’indicato interrogativo. Secondo alcuni, la risposta evidenzia la «posizione della Costituzione nel sistema giuridico, come norma che esplica i sui effetti soltanto nel circuito autori in giudizio-autorità giudi-ziaria-Corte costituzionale, postulando l’indifferenza di ogni altro sogget-to rispetto alla legge incostituzionale»1. Che il soggetto debba attendere la dichiarazione istituzionale o possa disobbedire la legge riflette – secondo gli autori citati – l’impostazione per cui la Costituzione è una norma solo per i giudici e non, invece, per il cittadino. Se una norma è incostituziona-le, per quale ragione mai dovrebbe essere applicata per poi attendere la decisione della Corte? Se la norma giuridica è obbligatoria tanto per il cit-tadino quanto per la Corte, perché solo quest’ultima potrebbe disatten-derla?

Come già s’è affermato, gli interrogativi appena formulati altro non fanno che distogliere l’attenzione dal problema dell’incertezza del conte-nuto delle norme giuridiche per focalizzarla sui rapporti tra individui e giudici. Tale prospettiva, tuttavia, induce in errore. Il problema principale con cui si confronta qualsiasi sistema istituzionale di sindacato di costitu-zionalità è sempre quello dell’incertezza e indeterminatezza del contenu-to delle formulazioni giuridiche. L’effetto delle sentenze dei tribunali co-stituzionali è, pertanto, una precisa risposta a tale problema.

Al contrario, non sembra potersi rispondere alla domanda riguardante l’atteggiamento che gli individui devono tenere dinnanzi al diritto vigente che ritengono in contrasto con la Costituzione, se non ponendo in di-scussione in modo generale l’intera teoria del diritto. Ciò che gli autori fanno, invece, è pensare di sciogliere il quesito conservando una prospet-

1 G. ZAGREBELSKY, V. MARCENÒ, Giustizia costituzionale, Bologna 2012, 354. «Così – prosegue

il testo – non valendo fuori di questo circuito, la Costituzione verrebbe a essere congelata ai mar-gini della dinamica complessiva dell’ordinamento».

L’efficacia della legge ‘incostituzionale’ 107

tiva squisitamente giuridica e trovare nel diritto positivo la risposta che cercano.

2. Il problema – Quando si sostiene che non si deve prestare osservan-

za alcuna alla legge perché è incostituzionale, si richiamano in realtà con-cetti diversi. In primo luogo, con tale affermazione si vuole ribadire che una legge contrastante con la Costituzione ‘deve’ essere sempre eliminata dal sistema giuridico. Tale affermazione potrebbe colocarsi su piano del disegno giuridico dei meccanismi di eliminazione delle norme contrastanti con l’ordinamento.

In secondo luogo, l’affermazione può essere riguardata da un’altra prospettiva. Se il sindacato ha ad oggetto una legge determinata, esso pone in collegamento la privazione dei relativi effetti giuridici con un giudizio ‘soggettivo’ circa violazione da parte di questa dell’ordinamento giuridico. Con altre parole: se ritengo che la legge contrasti con la Costitu-zione, allora la norma va eliminata. In tale ipotesi, potremmo condividere la richiamata affermazione solo nel caso in cui la norma contrasti con l’ordinamento anche secondo la nostra personale valutazione.

Infine, l’intersezione tra disegno e valutazione soggettiva si consolida sul piano istituzionale. Solo una volta che si promuova un’azione giudi-ziale e un giudice reputi che la norma è incostituzionale, questa potrà es-sere considerata invalida.

Con l’invalidità, dunque, ci si riferisce sia a un disegno istituzionale, sia a un giudizio soggettivo. Esaminiamo più attentamente quest’ultimo.

2.1. La validità soggettiva – Non è per nulla azzardato affermare che cia-

scun individuo è in grado di tracciare, nella propria mente, distinti sistemi giuridici. Il nostro modo di pensare l’esperienza giuridica è principalmen-te una struttura derivante dalla validità2 – che, a livello contenutistico, di-pende dal significato interpretativo che attribuiamo a ciascuna norma –; ciò fa sì che, da una prospettiva individuale, si diano tanti sistemi giuridi-co quante sono le menti che li elaborano. Pertanto, se all’idea di validità associamo che una norma debba rispettarne un’altra di rango superiore, detta attività di conciliazione con la norma superiore richiede che si riem-piano di contenuto gli enunciati normativi, o (il che è lo stesso) che si

2 E che raggiunge il più elevato grado di sviluppo teorico con la riflessione di Hans Kelsen.

Cfr. B. CELANO, La teoria del diritto di Hans Kelsen, Bologna 1999, 292 ss.

Raúl Letelier Wartenberg 108

estraggano norme da questi3. Poiché dette norme possono ricavarsi solo a seguito di attività interpretative, caratterizzate da complessi procedi-menti di attribuzione di significato, variamente influenzati, fra gli altri fat-tori, da delimitazioni semantiche, da attribuzioni previe di senso e di va-lore o da esperienze personali4, la possibilità che vengano ricavate diverse norme da distinti individui è alquanto elevata.

D’altra parte, rimanendo tali procedimenti interpretativi sempre sog-getti alla discussione, non è raro che, a seguito di proposte argomentative nelle quali si contrappongono diverse opinioni, possa ridisegnarsi l’ordi-namento giuridico che abbiamo nella nostra mente5 in ragione dei mu-tamenti dei contenuti assegnati ai distinti enunciati normativi.

A questo livello si sviluppa buona parte delle discussioni che gli avvo-cati sono soliti intraprendere per definire ciò che si considera come la va-lidità delle norme. Pertanto, quando in un dibattito qualcuno sostiene che la norma, che stabilisce la sanzione penale nei confronti della donna che abortisce, è incostituzionale, questi realmente afferma che nella sua costruzione giuridica relativa ai contenuti dei precetti costituzionali in materia di libertà, ad esempio, si ricavi una norma giuridica che consente alla donna di decidere liberamente rispetto al proprio corpo e alla scelta di essere o meno madre in un momento specifico della vita. Tale norma contraddice la norma penale che, inerendo a un grado inferiore nella ge-rarchia di efficacia, deve essere eliminata. La norma penale, dunque, non può derivarsi dalla Costituzione e, per tale ragione, non è valida.

Siamo soliti sottoporre tale argomento interpretativo a valutazione congiuntamente ad altri elementi ricavabili dall’esame della società, nel-l’obiettivo di convincere altri ad avvicinarsi alla nostra attribuzione di si-gnificato.

Dunque, a livello intersoggettivo, la diversità nell’attribuzione di con-tenuti normativi è non solo possibile, ma è un dato di fatto inconfutabi-le6. In effetti, anche quando sosteniamo l’incostituzionalità della norma

3 Sulla distinzione tra norma e disposizione (o enunciato) cfr. R. GUASTINI, Interpretare e Ar-gomentare, Milano 2011, 63-64.

4 R. GUASTINI, L’interpretazione dei documenti normativi, Milano 2004, 64 ss. Analogamente cfr. J. WRÓBLEWSKI, Sentido y hecho en el derecho, San Sebastián 1989, 67-84, e P. COMANDUCCI, Razo-namiento jurídico. Elementos para un modelo, México 1999, 94 ss.

5 L’idea di possedere un sistema giuridico completo nella nostra mente è chiaramente una metafora. Ciò che disegnamo, si potrebbe dire, sono parti di una costruzione coerente.

6 E che, a sua volta, deriva dall’esistenza del pluralismo nelle nostre società e dalla relativa protezione in chiave liberale. Cfr. J. HABERLAS, J. RAWLS, Debate sobre el liberalismo político, Barcelona 1998, 54 ss.

L’efficacia della legge ‘incostituzionale’ 109

menzionata, accettiamo che altri ragionino in modo diverso e ci confron-tiamo con l’intento di esporre i nostri migliori argomenti – e, tuttavia, ac-cettiamo anche la possibilità di essere persuasi della bontà dell’opinione contraria7. In altre parole, anche quando consideriamo anormale l’e-sistenza di una norma giuridica che ci sembra incostituzionale, non ci pa-re, al contrario, strano discutere con altri confrontando i diversi significa-ti che assegniamo alla norma cui ci si riferisce. E ciò è vero non solo quando non ricorriamo alla locuzione ‘mi sembra incostituzionale’ – che enfatizza il carattere soggettivo della nostra conclusione –, ma anche quando ci limitiamo semplicemente a utilizzare l’espressione ‘è incostitu-zionale’, presentando con vigore l’universalizzazione del nostro giudizio, benché consapevoli dell’esistenza di altri soggetti che disegnano nelle proprie menti altri ordinamenti giuridici. In ragione della sopra indicata ‘soggettività’, afferma esattamente Guastini che «in un ordinamento co-me il nostro, dal ‘punto di vista esterno’ [cioè, di operatori distinti da quelli che hanno il potere di giudicare la validità], il sistema delle norme valide è semplicemente inconoscibile»8.

Ciò nonostante, la constatazione del caos intersoggettivo derivante dalla pluralità di attribuzioni di significato, non arresta la nostra analisi. E ciò, per due ragioni.

In primo luogo, accettare la diversità non distoglie l’attenzione dalla circostanza che ogni individuo che determina la validità degli atti norma-tivi lo fa in conformità a un modello di analisi più o meno simile. L’ap-partenenza di tutti noi a un medesimo ambito culturale, con un’identica formazione accademica e con codici linguistici tipici della nostra discipli-na fa sì che le decisioni si diano dentro un ventaglio di possibilità più o meno limitato9. A tale riguardo, qualora si vogliano ‘predire’ le risposte degli individui che operano come giudici, con le ormai classiche parole di

7 «Pertenece a la naturaleza de la persuasión el poder fracasar, porque si todo intento de

persuasión estuviera destinado al triunfo, no habría nada semejante a la práctica de persuadir. Pero también esta en la naturaleza del persuadir el que no se pueda prever de antemano cuándo se triunfará en la persuasión y cuándo no» (A. VADECANTOS, Contra el relativismo, Madrid, 1999, 132-133).

8 R. GUASTINI, L’illegittimità delle disposizioni e delle norme, in Analisi e diritto, 1992, 201. 9 Su tale idea di appartenenza a una medesima comunità razionale cfr. A. AARNIO, Lo racional

como razonable. Un tratado sobre la justificación jurídica, Madrid 1991, 247-248. Sull’assenza di contro-versia nel significato die gran parte delle norme v. R. GUASTINI, Conoscere il diritto. Un inventario di problemi, in Diritto e questioni pubbliche, 13/2013, 535 ss.

Raúl Letelier Wartenberg 110

Holmes10, ciò ci è possibile perché, in quanto esseri umani, sappiamo co-me si realizza il processo individuale di attribuzione di significato o come si assumono le decisioni collettive negli organi collegiali.

Dunque, l’analisi reale dei limiti da cui dette persone o gruppi di per-sone sono influenzate necessariamente implica l’esame della forma attra-verso cui si compone tanto il ragionamento individuale, quanto quello collettivo11 nell’accostarsi alla ‘lettura’ del diritto vigente. Come questi in-dividui scelgano, tra le opzioni interpretative, quelle che sono ‘possibili’, e quali costituiscano il prezzo da pagare per allontanarsi da tali possibili-tà: ciò ci assicura una sorta di ‘coarse tunning’ delle decisioni che sono pos-sibili da adottare.

In secondo luogo, la stessa affermazione della diversità interpretativa è solo una constatazione. Se s’intendono adottare decisioni o fornire ri-sposte si deve costruire un sistema che si confronti con detta diversità, la amministri e la organizzi affinché consegua gli obiettivi sociali che si propone di conseguire l’ordinamento. Questa è l’altra prospettiva di ana-lisi.

2.2. La validità istituzionale – Per quanto si convenga sui tratti (più o

meno essenziali) del contenuto degli enunciati normativi, la diversità ge-nerata dalla soggettività non è in grado di assolvere alle richieste di rego-lazione della società che sono assolte dal diritto12. Una costruzione giuri-dica che pretende di regolare le condotte umane nella prospettiva della realizzazione della miglior convivenza sociale o del conseguimento di fi-nalità morali, o il cui obiettivo è dissuadere dal compimento di azioni contrarie a valori comunemente accettati deve essere strutturata in modo tale da offrire risposte chiare e precise. Pertanto, il disegno giuridico di tutte le istituzioni che svolgono pubbliche funzioni è costruito con la fi-nalità di garantire ai cittadini la che le decisioni giuridiche siano uguali per tutti. Di qui la regola tradizionale, propria di molte costituzioni, che ga-rantisce l’uguaglianza nell’applicazione della legge. Tale eguaglianza è una forma di organizzazione della diversità soggettiva e il modo per realizzar-

10 «The prophecies of what the courts will do in fact, and nothing more pretentious, are what

I mean by the law». O.W. HOLMES Jr., The Path of the Law, in Harvard Law Rev., vol. 10, 1897, 460-461.

11 R. POSNER, How Judges Think, London 2008, 19 ss. 12 Si veda come l’idea di una gerarchia justiciable sotto il profilo istituzionale appaia a tale ri-

guardo come la base nella costruzione di un ordine sociale. S.J. SHAPIRO, Legality, Cambridge, 165.

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la è proprio l’instaurazione di un processo di spersonalizzazione delle ri-sposte pubbliche. Nessuno potrà negare che le risposte saranno date da persone. Tuttavia, la disciplina normativa dell’organizzazione e il relativo procedimento sono la base per il processo di oggettivizzazione istituzio-nale13.

La necessità di istituzionalizzazione, dunque, è un requisito di opera-tività del diritto. Non va dimenticato che nello stesso concetto di diritto è contenuto il riferimento all’organizzazione ordinata della forza14. In ef-fetti, alla produzione istituzionalizzata di norme giuridiche15 si affianca altresì la fissazione, anch’essa istituzionalizzata, del sindacato delle stesse regole16. L’esistenza di norme giuridiche senza istituzioni che le applichi-no potrebbe considerarsi ciò che di più contiguo vi sia ai codici morali. L’assenza di voci istituzionali suppone, in definitiva, l’estrazione dello stesso significato giuridico da tali norme.

Così, a livello di sistema giuridico non sono rilevanti le opinioni sog-gettive sulla validità dei diversi operatori, o (il che è lo stesso) opinioni sulla derivabilità de significati normativi ricavati dagli enunciati. A livello di sistema, l’unico dato di rilievo sono queste stesse opinioni, nella misu-ra in cui, però, siano pronunciate da autorità inserite in procedimenti e decisioni istituzionali.

Ciò, naturalmente, senza trattare un altro tema – estremamente im-portante –, relativo alle opinioni soggettive chiamate a dire cosa sia dirit-to in un momento determinato, a qualificare il diritto medesimo come individuazione degli argomenti per la realizzazione delle sue finalità, o a giustificare determinati mutamenti normativi o, ancora, a integrare criteri

13 Ibid., 167. Certo, in sede di applicazione delle norme del sistema, possano darsi differenti applicazioni di queste. Ciò, tuttavia, non accade perché il diritto impedisca di fornire risposte uni-formi in casi concreti; ma perché i cittadini rinunciano a tale attività di unificazione in sede appli-cativa. Così, per esempio, ben può accadere che uno stesso caso, con parti diverse, possa essere risolto in modo differente da tribunali o amministrazioni distinte. Il diritto mette a disposizione meccanismi come i ricorsi giurisdizionali o amministrativi affinché le due risposte possano unifi-carsi. Il ricorso per cassazione, ad esempio, è lo strumento di unificazione per antonomasia a li-vello giudiziale. Tuttavia, se una delle parti non ricorre, il diritto proteggerà la risposta anche se non in linea con quella pronunciata in ultima istanza in altro caso analogo. Ciò semplicemente perché vi è una regola – pure di applicazione uniforme – sul carattere dispositivo di tale processo. Vi sono comunque casi di errori nel disegno giuridico istituzionale che rendono possibili risposte differenti nello stesso momento storico, come nell’ipotesi in cui sezioni di tribunali superiori de-cidono diversamente casi uguali.

14 H. KELSEN, La dottrina pura del diritto, trad. di M. Losano, Torino 1966, 45 ss. 15 C.S. NINO, Introducción al análisis del derecho, Buenos Aires, 105. 16 M. SHAPIRO, A. STONE SWEET, On Law, Politics & Judicialization, New York 2002, 90 ss.

Raúl Letelier Wartenberg 112

giuridici incerti o prendere parte a procedimenti preordinati all’adozione di dette decisioni.

2.3. La validità istituzionale come organizzazione della diversità – Se la fonte

di validità di tutte le norme giuridiche è una norma ulteriore, dalla quale detta validità deriva – se, cioè, il modello di validità cui ricorriamo è di tipo derivato – si può agevolmente sostenere che una norma è valida quando sia conforme a diritto, poiché è stata emanata dall’organo abilita-to dall’ordinamento alla produzione giuridica, è stato rispettato il proce-dimento stabilito per la sua emanazione, così come il contenuto che l’ordinamento stesso consente di trarre dalla norma medesima.

Possiamo dunque convenire che la formula ‘la norma X è valida se e solo se conforme ai requisiti a, b e c stabiliti dall’ordinamento’ definisce correttamente il regime della validità. L’unico elemento rispetto al quale possiamo non essere d’accordo è se effettivamente la norma X abbia ri-spettato i requisiti di validità. Chi stabilisce che siano stati rispettati o no i requisiti prescritti dall’ordinamento? Ogni atto del potere è una afferma-zione istituzionalizzata circa il rispetto dei requisiti medesimi. Ogni atto è, dunque, un’affermazione istituzionalizzata di validità. Quando la pub-blica amministrazione emana un atto amministrativo, quando il potere legislativo approva una legge, la norma è valida anche quando qualsiasi interprete sia convinto della sua illegittimità o incostituzionalità. Non sa-rà un atto valido per noi – in termini soggettivi –; ma lo sarà secondo la prospettiva sistemica o istituzionale. A tal punto che la sua esecuzione mediante il ricorso della forza legittima potrà realizzarsi proprio in ragio-ne della sua validità. E la norma è valida non perché sia ‘oggettivamente’ conforme alle norme del sistema, ma perché l’atto è tale in forza di una volontà istituzionalizzata; e un’istituzione titolare del ‘potere pubblico’ è esattamente chiamata ad attribuire validità ai propri atti. Un atto è, dun-que, attributo del potere perché se n’è affermata la validità.

Da tale impostazione conseguono tre apparenti inconvenienti. Il primo deriva dalla constatazione per la quale è possibile che una

norma non rispettosa delle regole sulla validità sia comunque valida dal punto di vista istituzionale. L’affermazione è comune nel dibattito giuri-dico. Quando si vuole sostenere l’illegittimità o l’incostituzionalità di una norma si è soliti affermare che conservarla nel sistema produrrebbe una antinomia. Il medesimo paradosso si produce quando si evidenzia la pe-culiare circostanza, per la quale una norma illegittima continua a produr-

L’efficacia della legge ‘incostituzionale’ 113

re effetti giuridici17. In verità, tale constatazione è un falso problema: si sovrappongono infatti le due prospettive di analisi qui indicate. Nel caso di norme illegittime produttive di effetti si chiama in causa l’illegittimità ‘soggettiva’, mentre la produzione di effetti è propria della prospettiva istituzionale o di sistema.

Se, invece, manteniamo ben separate le due prospettive, non dovreb-be apparire così strano che la norma produca effetti, dal momento che l’atto vigente è tale in ragione della affermazione della sua validità dichia-rata dal soggetto che l’ha prodotta. Come fra breve si vedrà, finché non v’è un’affermazione di invalidità istituzionale (o di validità negativa), pre-vale la validità connessa alla produzione normativa.

Il secondo inconveniente è determinato dal rilievo che sarebbe suffi-ciente che una norma sia adottata dal potere pubblico affinché questa sia valida, il che altro non sarebbe che restringere i requisiti di validità delle norme giuridiche. Ma quali requisiti sarebbero mai questi, se dovessero ritenersi sempre rispettati in sede di produzione normativa? Quali limiti incontrerebbero mai gli organi pubblici?

Quando si ragiona di limiti all’applicazione del diritto si confondono nuovamente i piani soggettivo e istituzionale. Che limite incontra un tri-bunale ordinario nell’affermare che una legge prescrive una determinata condotta? La risposta che comunemente si dà è che il tribunale conosce come limite il fatto che l’ordinamento prescrive effettivamente la condot-ta. Tuttavia, poiché per operare la iurisdictio necessita di individui che di-chiarino ciò che il diritto prescrive, i sistemi creano a loro volta sistemi di controllo di siffatti ragionamenti giuridici. Se c’è il controllo, si darà sem-pre un limite ogni qual volta l’organo controllante – un tribunale di se-condo grado, ad esempio – potrà privare degli effetti la risposta che è stata provvisoriamente data dal primo tribunale. Ancora: quale limite in-contra il Tribunale costituzionale nell’affermare che una legge prescrive una determinata condotta? La carenza di controllo obbliga a sostenere che tale Corte non conosce limiti, e tutto ciò che essa dirà sarà diritto. Una conclusione siffatta è sia polemica, sia pragmatica. Ed è proprio tale pragmatismo al quale attinge Hans Kelsen nell’adottare la c.d. ‘clausola alternativa tacita’ come istituto che consente di spiegare perché si posso-no dare decisioni di ultima istanza contrarie al diritto. Più precisamente,

17 Qui la presunzione di legittimità o costituzionalità è l’argomento più comunemente usato al

fine di giustificare il regime dell’atto. Contro l’uso di tale presunzione, cfr. R. LETELIER, Nulidad y restablecimiento en procesos contra normas, Navarra 2010, 235 ss.

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Kelsen si proponeva di offrire una risposta all’interrogativo sul modo di qualificare giuridicamente la ‘soggettività’ del giudizio di giuridicità, che necessariamente è esercitato da un organo specializzato, con un’oggetti-vità che è caratteristica attribuita agli esiti del relativo controllo ogni qual volta la decisione è anche l’interpretazione finale e prescrittiva dell’or-dinamento. Tale dualismo può apprezzarsi con nitidezza quando ci si confronta con l’ipotesi in cui la Costituzione non conferisce ad alcun or-gano il compito di esercitare il controllo di costituzionalità delle leggi, se non al Legislativo; o quando si effettua il sindacato sulle decisioni di ul-timo grado. Nel primo caso, è il Legislativo che è «autorizzato a decidere se la legge approvata è costituzionale». Così – prosegue Kelsen «la solu-zione positiva di questo problema è contenuta nell’emanazione di una leg-ge da parte dell’organo legislativo»18. Nel secondo caso, ciò è ancora più chiaro «[i]l fatto che l’ordinamento giuridico attribuisca forza di cosa giu-dicata ad una sentenza pronunciata in ultima istanza significa che è in vi-gore non soltanto una norma generale che predetermina il contenuto del-la sentenza giudiziaria, ma anche una norma generale in base alla quale il tribunale può determinare egli stesso il contenuto delle norme individuali che esso deve produrre»19.

Pertanto – e questa è la formulazione tradizionale della teoria della clausola alternativa tacita –, sia quando una norma conferisce una com-petenza a un’autorità per emanare nuove norme, sia quando la Costitu-zione assegna detto potere al Legislativo, non solo in tale attribuzione è implicito il limite in forza del quale le nuove norme debbono essere e-manate in conformità alla norma attributiva della competenza, ma vi è pure compresa una clausola che abilita l’autorità ad approvare norme con qualsiasi contenuto, anche se tale contenuto è, secondo una differente prospettiva (naturalmente, quella soggettiva), contrario alle regole che i-neriscono a un livello gerarchico dotato di maggiore di efficacia. Così, nella prospettiva istituzionale, sarà diritto valido, nel caso d’impugna-zione, ciò che la Corte suprema affermerà essere tale.

18 «Questo significa – prosegue il testo – che tutto ciò che l’organo legislativo emana come

legge deve valere come legge nel senso voluto dalla costituzione, che le norme che sono il senso soggetivo di un atto statuito dall’organo legislativo hanno il senso oggettivo di norme giuridiche anche quando la legge – secondo il punto di vista di una quasiasi persona – non è conforme alle norme della costituzione che regolano il procedimento legislativo ed il contenuto delle leggi» (H. KELSEN, La dottrina pura del diritto, cit., 304).

19 Ibidem, 300.

L’efficacia della legge ‘incostituzionale’ 115

Non dobbiamo tuttavia confondere la conclusione cui si è pervenuti con l’altra e diversa impostazione che si propone di evidenziare le conse-guenze disastrose che potrebbero derivare dall’assenza di limiti all’attività dei tribunali di grado superiore o all’attività di qualsiasi autorità pubblica. Il limite sociale, da una parte, sarà sempre presente in qualsiasi decisione pubblica. Il controllo politico, dall’altra, è anch’esso una forma mediante la quale elevare limiti. Così, quando l’interpretazione o la mera decisione di un tribunale superiore contraddica alla sopra indicata coarse tunning del-la legittimità o costituzionalità, sarà probabilmente sufficiente supporre che tale decisione sia stata adottata mediando in essa altri interessi, il cui ingresso nella decisione stessa potrà essere sindacato sia dal controllo e-sercitato dal potere politico, sia da una reazione sociale che provenga ‘dall’esterno’ del sistema giuridico contraria alla decisione definitiva – problematica, quest’ultima, altamente improbabile in società scarsamente impegnate nella sfera pubblica e tuttavia non impossibili.

I limiti giuridici all’esercizio dei poteri pubblici, dunque, non derivano solo da un ordinamento inerte. È la diversità istituzionalizzata nelle anali-si sulla validità che dà forma e vita a detti limiti.

A tale riguardo, non v’è migliore garanzia del rispetto delle norme giu-ridiche – rispetto che è la vera finalità dello Stato di diritto che si reputi tale – se non la creazione di formule di controllo istituzionalizzate delle decisioni pubbliche efficienti, attivabili celermente e in grado di conse-guire esiti proficui. Al contrario, non v’è qualcosa di più incerto e distrut-tivo per lo Stato di diritto della possibilità che qualsiasi individuo possa opporsi legittimamente all’imposizione di una regola giuridica che egli consideri incostituzionale.

Infine, l’analisi potrebbe incontrare un terzo inconveniente – un’evi-dente confusione tra validità e potere di emanazione dell’atto. Potrebbe affermarsi che, racchiudendo l’atto del potere pubblico un giudizio di va-lidità, la stessa idea di validità verrebbe a perdere di significato: l’ema-nazione di un atto e la sua validità, cioè, sarebbero sinonimi. L’impo-stazione, tuttavia, per quanto convincente nel breve periodo, manifesta le proprie debolezze in un’analisi più dinamica del funzionamento del si-stema giuridico. In effetti, adottata la decisione politica per la quale gli atti del potere pubblico sono assoggettabili a sindacato da parte di altri poteri dello Stato nella forma di un nuovo giudizio sulla validità effettua-to dall’organo controllante, l’indagine consente di esaminare come l’or-dinamento giuridico organizzi e giustifichi il contrasto tra i due giudizi istituzionali di validità.

Raúl Letelier Wartenberg 116

Adottata dunque la decisione di esercitare il controllo tra e sui poteri, si torna alla diversità soggettiva – conferita, ovviamente, ai soli organi pubblici legittimati – e diventa possibile costruire un nuovo giudizio di validità esercitabile da parte di un distinto ente.

2.4. Gli effetti del contrasto sulla validità – Come già si è più sopra indica-

to, la migliore garanzia del rispetto da parte delle autorità pubbliche delle regole di diritto, in precedenza adottate, e interpretate in modo quasi condiviso è l’esistenza di una diversità istituzionale nei giudizi di validi-tà20. Accettata o costruita dall’ordinamento giuridico, detta diversità va disciplinata anche negli effetti o, più precisamente, nei modi in cui i due giudizi coesistono.

Non può essere altrimenti: gli effetti della diversità dei giudizi posso-no prodursi solo nell’ordinamento giuridico. In altra occasione ci si è sof-fermati sui modi attraverso cui gli ordinamenti organizzano la coesisten-za di distinte dichiarazioni istituzionali di validità21. Può tuttavia ricordar-si che non v’è una soluzione valida in assoluto. La decisione giuridica sull’organizzazione di detti giudizi e sui relativi effetti considera diversi fattori – fra i quali la distinta legittimazione di ciascuno dei decisori, il ca-rattere tecnico della risoluzione dei conflitti fra giudizi, il momento tem-porale nei quali questi si danno. Tali fattori incidono sul disegno degli ef-fetti di ciascun giudizio, o – il che è lo stesso – sulla forma attraverso cui l’ordinamento scioglie l’antinomia tra giudizi istituzionali contradditori. Così, ad esempio, in alcuni casi si stabilisce la completa eliminazione de-gli effetti prodotti dall’atto impugnato, in altri si preclude la produzione di effetti retroattivi del secondo giudizio di validità nell’ambito del con-trollo – legge, regolamento, atto amministrativo individuale che sia.

La disciplina basata sulla nullità radicale, di pieno diritto o assoluta, predilige generalmente il giudizio di validità esercitato dall’organo con-trollante. In conseguenza, l’ordinamento impedisce di considerare validi gli atti o le conseguenze dell’atto annullato. Può ben affermarsi che in tali ipotesi l’ordinamento fa totalmente prevalere il giudizio di validità nella fase di controllo con quello operato in sede di adozione dell’atto giuridi-co.

20 Altri fattori possono suggerire che, in talune ipotesi, non si diano altri giudizi di validità o che questi si esercitino in forme specifiche come nella giustizia costituzionale. Sia consentito rinviare a R. LETELIER, Jueces ordinarios y justicia constitucional, en Revista Chilena de Derecho, vol. 34, n. 3, 539 ss.

21 R. LETELIER, Nulidad y restablecimiento, cit., 281 ss.

L’efficacia della legge ‘incostituzionale’ 117

D’altra parte, discipline degli effetti come l’abrogazione o l’annul-labilità sottintendono che l’ordinamento ‘preferisce’ il giudizio di validità in sede di controllo – anche se non totalmente: si ammette che il giudizio di validità in sede di adozione faccia salve talune conseguenze, o – il che è equivalente – tali conseguenze o atti possano derivare la propria validi-tà dall’atto impugnato anche quando questo sia stato dichiarato incosti-tuzionale a seguito di un secondo giudizio di validità.

Il caso paradigmatico della prima tipologia di effetti è quello spagnolo che annette alla sanzione della dichiarazione di incostituzionalità la nulli-tà. L’art. 39 LOTC, infatti, afferma espressamente che «cuando la sen-tencia declare la inconstitucionalidad, declarará igualmente la nulidad de los preceptos impugnados ... »22.

Al contrario, nella seconda tipologia si annovera i casi di Austria o Ci-le. Nel caso austriaco, gli artt. 140, c. 5 e 140, c. 7, B-VG stabiliscono i due principi in materia di effetto delle sentenze d’incostituzionalità delle leggi. A tale riguardo, la prima disposizione stabilisce che «la sentenza del Tribunale costituzionale che annulla una legge incostituzionale (verfas-sungswidrig aufgehoben23) impone al Cancelliere federale o al Governatore competente l’obbligo di pubblicazione della sentenza di annullamento senza dilazione. Nello stesso modo si procede nel caso di decisione adot-tata ai sensi del comma 4. L’annullamento produrrà effetti dal giorno della pubblicazione della decisione sempre che la Corte non stabilisca un termine diverso. In tale caso il termine non potrà essere super»iore ai diciotto mesi24.

Nel caso cileno, l’art. 83 della Constitución Política è ancora più chiaro nello stabilire che «el precepto declarado inconstitucional … se enten-derá derogado desde la publicación en el Diario Oficial de la sentencia que acoja el reclamo, la que no producirá efecto retroactivo».

22 La connessione incostituzionalità-nullità è assolutamente generale nel caso del Tribunal Con-

stitucional spagnolo. Normalmente il Tribunal dichiara che la disposizione legislativa è incostituzio-nale «e pertanto nulla» (cfr., fra le altre, SSTC 154/1989, 62/1993, 206/1997,164/2001, 109/2004) o che la nullità è conseguenza dell’incostituzionalità (STC 235/1999).

23 Il sostantivo Aufhebung ha in tedesco un significato polisemico: può significare anullamento, cancellazione o abrogazione.

24 «Das Erkenntnis des Verfassungsgerichtshofes, mit dem ein Gesetz als verfassungswidrig aufgehoben wird, verpflichtet den Bundeskanzler oder den zuständigen Landeshauptmann zur unverzüglichen Kundmachung der Aufhebung. Dies gilt sinngemäß für den Fall eines Ausspru-ches gemäß Abs. 4. Die Aufhebung tritt am Tage der Kundmachung in Kraft, wenn nicht der Verfassungsgerichtshof für das Außerkrafttreten eine Frist bestimmt. Diese Frist darf 18 Monate nicht überschreiten».

Raúl Letelier Wartenberg 118

Si noti che l’adozione del modello abrogativo preclude (o risolve) l’in-terrogativo che posto a capo del presente contributo. Se l’effetto della di-chiarazione d’incostituzionalità è l’abrogazione della norma, la domanda formulata in un momento anteriore alla dichiarazione non solo è istitu-zionalmente irrilevante (già c’è un atto del potere pubblico che ne ha di-chiarato la validità), ma lo è anche da un punto di vista normativo, poi-ché la dichiarazione d’incostituzionalità successiva non inciderà in modo alcuno su pregresse situazioni giuridiche, che saranno consolidate dal-l’atto del potere pubblico. In altre parole, alla domanda sull’efficacia della legge incostituzionale prima della dichiarazione d’incostituzionalità si do-vrà rispondere affermandone la necessaria piena efficacia: pur dichiarata-ne l’incostituzionalità, gli effetti della dichiarazione non riguarderanno il momento in cui è stata formulata la domanda. Ciò, naturalmente, senza pregiudizio alcuno per leggi specifiche, incidenti sugli effetti retroattivi delle abrogazioni.

D’altra parte, va evidenziato quanto siano simili la formulazione dei precetti austriaco e cileno e di quello contenuto all’art. 136 della Costitu-zione italiana, laddove stabilisce che «la norma cessa di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione».

La norma italiana, considerata in sé, si caratterizza tuttavia per una duplice ambiguità. Non s’intende chiaramente se sia più rilevante che la norma cessi di avere efficacia solo dal giorno successivo della sentenzia (e, pertanto, conservi gli effetti già prodottisi) o, al contrario, la circostanza che la cessazione di efficacia non può essere posticipata a un momento differente rispetto al giorno successivo alla pubblicazione della decisione.

Le due interpretazioni conducono a sistemi totalmente diversi. La prima sarebbe più coerente con gli effetti abrogativi del modello austria-co. La seconda, invece, aprirebbe a un modello annullatorio e rigettereb-be solo la posticipazione degli effetti.

L’ambiguità non caratterizza solo il sistema austriaco o quello cileno. In quelli, è sufficientemente chiaro che a rilevare è la circostanza che la legge sarà dichiarata incostituzionale con effetti pro futuro. La sentenza, in effetti, non potrà incidere su situazioni giuridiche formatesi sotto la vi-genza della stessa legge ma in un momento anteriore alla dichiarazione di incostituzionalità. Solo così può comprendersi il c.d. Ergreiferprämie au-

L’efficacia della legge ‘incostituzionale’ 119

striaco25 – cioè, la possibilità che la dichiarazione d’incostituzionalità in-cida su situazioni giuridiche anteriori. A tale riguardo, l’art. 140, c. 7, B-VG dispone che «annullata una legge per incostituzionalità o pronunciata sentenza da parte del Tribunale costituzionale ai sensi del comma 4, nel senso che una legge è contraria alla Costituzione, saranno vincolati da ta-le decisione tutti i tribunali o organi amministrativi. Tuttavia, la legge in questione continuerà a trovare applicazione per le situazioni di fatto con-solidatesi prima dell’annullamento con eccezione di quella che ha dato origine alla decisione, se il Tribunale costituzionale non ha disposto diversamente nella decisione di abrogazione. Se il Tribunale costituzionale fissa in detta decisione un termine conforme a quello previsto al comma 5, la legge si applicherà a tutti i fatti che si consolideranno prima dello spirare del ter-mine, ad eccezione del caso che ha dato origine alla sentenza»26. L’eccezione, dun-que, conferma la regola.

La stessa applicazione retroattiva si dà in Cile quando si propone un ricorso d’inapplicabilità prima della dichiarazione alla dichiarazione d’in-costituzionalità – vale a dire, un ricorso in via incidentale, come quello che si ha in Italia, nel quale gli effetti retroattivi dipenderanno da quanto chiesto dal giudice nel giudizio principale27. Nuovamente, tali effetti re-troattivi saranno eccezionali a proposito della dichiarazione d’incostitu-zionalità.

Se esaminassimo solo la norma costituzionale italiana, la similitudine con un sistema abrogativo sarebbe evidente anche assumendo la seconda impostazione, relativa a un’interpretazione di mera proibizione di poster-gazione degli effetti. Tuttavia, l’art. 30 L. 11 marzo 1953, n. 87 complica ancor più le cose statuendo che «le norme dichiarate incostituzionali non possono avere applicazione dal giorno successivo alla pubblicazione della de-

25 Così W. BERKA, W. Lehrbuch Verfassungsrecht, Springer, Wien 2005, 286, 298; H. SCHÄFFER,

Verfassungsgericht und Gesetzgebung, in H. Schäffer (Hrsg.), Staat, Verfassungs, Verwaltungs: Festschrift für Friedrich Koja, Wien, 128.

26 «Ist ein Gesetz wegen Verfassungswidrigkeit aufgehoben worden oder hat der Verfas-sungsgerichtshof gemäß Abs. 4 ausgesprochen, daß ein Gesetz verfassungswidrig war, so sind alle Gerichte und Verwaltungsbehörden an den Spruch des Verfassungsgerichtshofes gebunden. Auf die vor der Aufhebung verwirklichten Tatbestände mit Ausnahme des Anlaßfalles ist jedoch das Gesetz weiterhin anzuwenden, sofern der Verfassungsgerichtshof nicht in seinem aufhebenden Erkenntnis anderes ausspricht. Hat der Verfassungsgerichtshof in seinem aufhebenden Erkennt-nis eine Frist gemäß Abs. 5 gesetzt, so ist das Gesetz auf alle bis zum Ablauf dieser Frist verwir-klichten Tatbestände mit Ausnahme des Anlaßfalles anzuwenden».

27 Cfr. R. LETELIER, Sobre los efectos de la inconstitucionalidad. Nulidad, derogación y premios, in P. Marshall (coord.), Jurisprudencia Constitucional Destacada, Santiago 2011, 201 ss.

Raúl Letelier Wartenberg 120

cisione». L’idea della non applicazione generale sembrerebbe riprodurre il modello annullatorio. Pero, se così fosse, quale rilevanza potrebbe mai avere il fatto che tale ‘non applicazione’ si produca «dal giorno successi-vo»? Se l’effetto fosse dunque quello della nullità, non ci dovrebbe essere indicazione alcuna della fissazione del giorno dal quale si producono gli effetti. Il modello della nullità genera la perdita degli effetti, la non appli-cazione li fa perdere dall’origine e, pertanto, non avrebbe alcun senso proibire la proroga degli effetti.

L’unico modo per meglio comprendere tale situazione sarebbe quella di considerare la non applicazione dal giorno successivo come sinonimo del-l’effetto abrogativo. Sarebbe così una non applicazione a nuove situazio-ni (dal giorno successivo). La norma dichiarata incostituzionale dovrebbe seguitare ad applicarsi alle anteriori situazioni giuridiche consolidatesi pri-ma del «giorno successivo». Ciò renderebbe compatibile la norma costi-tuzionale con quella della l. n. 87 cit., senza che si possa ancora ragionare di antinomia tra queste.

Ciò, tuttavia, viene a complicarsi ancor più dal momento in cui l’in-costituzionalità è in gran parte apprezzata dalla Corte costituzionale in via incidentale. Così, dunque, i veri effetti della dichiarazione d’incostitu-zionalità saranno influenzati dalla disciplina del processo instaurata in-nanzi al giudice a quo. Ciò può restringere fortemente gli effetti abrogativi sopra indicati generando un modello inefficiente di nullità che si realizza solo a richiesta della parte interessata. In ogni caso, la presenza di termini brevi per consolidare situazioni giuridiche, riduce anche fortemente le distorsioni del modello abrogativo.

3. La ‘pressione’ annullatoria – Non è per nulla strano che le discipline

degli effetti temporali delle decisioni d’incostituzionalità siano fortemen-te criticate in letteratura. Il modello della nullità ha lo svantaggio di pro-durre effetti eccessivi e inderogabili. Il modo in cui i tribunali rispondono a tali critiche è il ricorso a tecniche alquanto discutibili. L’applicazione di dubbi principi giuridici e la costruzione di tipologie fittizie di decisioni d’incostituzionalità sono alcuni degli strumenti utilizzati per aggirare gli effetti eccessivi della nullità28.

28 Cfr. l’eccellente e completo lavoro di A. MARTÍN DE LA VEGA, La sentencia constitucional en

Italia, Madrid 2003, e AA.VV (1989) Effetti temporali delle sentenze della Corte costituzionale anche con riferimento alle esperienze straniere, Milano 1989.

L’efficacia della legge ‘incostituzionale’ 121

Per parte sua, il modello abrogativo è sistematicamente sottoposto a critica per le diseguaglianze che genera. Non sembra prima facie accettabi-le per alcuni che una legge dichiarata incostituzionale produca effetti per alcuni e non per altri o che taluni atti siano considerati nulli e, invece, al-tri identici validi29.

In ogni caso, e a prescindere da una distribuzione più o meno equita-tiva delle critiche, è molto forte la tendenza a regolamentare de lege ferenda le discipline di cui i Paesi si dotano sugli effetti delle loro decisioni (so-prattutto quando queste sono formulate in modo aperto e indeterminato) verso il modello della nullità totale30. La semplicità teorica del modello (tutto è nullo), la maggior protezione dei cittadini che si ritenga esso assi-curi, e il ruolo centrale della stimata figura del gudice costituzionale fan-no sì che si abbia una calla costruzione di modelli annullatori.

Ciò nonostante, si danno pure validi argomenti a favore del modello abrogativo come formula di compendio degli effetti della decisione d’incostituzionalità. Invero, e come già si è evidenziato, la definizione dell’effetto abrogativo definisce la forza o la potenza che il patto costitu-zionale ha deciso di conferire alla decisione della Corte costituzionale. In tal senso, l’opzione per l’abrogazione viene ad assumere due significati.

In primo luogo, affidare alle Corti costituzionali una potestà abrogati-va comporta concepirne la funzione come vero e proprio ‘legislatore ne-gativo’ in tutti i significati che tale espressione assume nell’ormai famosa espressione di Hans Kelsen. Così, mentre un tribunale formula princi-palmente giudizi dichiarativi che si propongono di determinare un’inter-pretazione giuridica da sempre presente nell’ordinamento o comunque corretta, il legislatore genera giudizi costitutivi che solo si giustificano in un momento temporale ben determinato. Quando un tribunale cambia un’interpretazione determinata, può dirsi che stabilisca l’interpretazione che da sempre avrebbe dovuto essere quella corretta. Quando un legisla-

29 È questa, in termini generali, la critica all’idea austrica di ‘premio’. Cfr. W. BAUERREISS, An-

tinomie zwischen Art. 139/140 und 140a B-VG? Zur Frage der Konkretisierungstheorie des Verfas-sungsgerichtshofes, en Österreichische Juristen-Zeitung, 1976, 505 ss.

30 Anche in Cile, dove la formulazione della norma è chiarissima nell’instaurare un modello abrogativo, continuamente autori e giurisprudenza desiderano promuovere un’interpretazione favorevole alla nullità. Cfr. H. NOGUEIRA ALCALÁ, El control represivo concreto y abstracto de inconstitucionalidad de leyes en la reforma constitucional 2005. De las competencias del Tribunal Constitucional y los efectos de sus sentencias, in F. Zúñiga (coord.), Reforma constitucional, Santiago 2005, 607; R. Ugalde, ¿Cuál será la suerte de las causas tributarias que actualmente se encuentran en la Excelentísima Corte Suprema pendientes de su resolución, in Gaceta Jurídica, n. 330, 2007.

Raúl Letelier Wartenberg 122

tore cambia un’interpretazione, semplicemente modifica la sua compren-sione di un fatto determinato.

È quello che affermava lo stesso Kelsen quando – riferendosi a quello che qualificava il modello annullatorio in contrapposizione al modello della nullità totale31 – diceva che l’annullamento di una legge da parte di un tribunale costituzionale non comporta di per sé solo la rimessione in pristino dello stato di diritto anteriore alla sua entrata in vigore, né che si sarebbe data la reviviscenza della norma abrogata32. «La decisión del Tribunal Constitucional que anulaba una ley – afferma il professore austriaco – tenía la misma naturaleza que una ley derogatoria. Era ello un acto de legislación negativa»33. Non va dimenticato che per Kelsen non si dà differenza tra abrogazione e annullamento: anche la prima va intesa come «revocación de la validez de una norma válida por otra norma»34.

L’abrogazione, secondo la prospettiva comunemente acettata, si col-loca dentro la problematica della vigenza o efficacia temporale delle norme. Quando si afferma che una norma è stata abrogata s’intende una delle principali cause di cessazione della sua vigenza nel tempo – la con-correnza della regola successiva che rigetta la prima norma. L’abro-gazione, in tal modo, non implica alcuna influenza sull’atto giuridico pubblico che dispose l’entrata in vigore della norma, ma solo incide sulla vigenza35. È, in parole povere, la mera cancellazione della vigenza di una norma giuridica. L’abrogazione presuppone così sempre una norma suc-cessiva che sia emanata nella stessa forma, dotata della medesima legitti-mità e con eguale validità della precedente – solo ha davanti a sé un ‘se-gno negativo’ rispetto alla norma anteriore. Dalla necessità di una nuova rogatio l’origine del termine ab-rogatio (presente nelle fonti giuridiche come Ulp., Reg. 3, 1; Mod. Dig. 50, 16, 102), inteso come eliminazione della

31 È la classica distinzione tra nulidad de pleno derecho e anulabilidad sulla quale si fonda ad esem-

pio oggi il sistema del contencioso administrativo in Spagna. 32 H. KELSEN, La garantie juridictionelle de la Constitution (La justice constitutionelle), in Rev. dr. public,

XLV, 243. 33 «Así, y en la medida en que al Tribunal Constitucional le era atribuida una función

legislativa, es decir, una función reservada, en principio, al Parlamento, la Constitución austriaca de 1920 preveía que los miembros del Tribunal constitucional fueran elegidos por el Parlamento y no nombrados por el gobierno, como los demás jueces» (H. KELSEN, La giustizia costituzionale, Milano 1981, 300).

34 H. KELSEN, Derogación, in Boletín Mexicano de Derecho Comparado, n. 21, 1976, 259. Sulla concezione kelseniana di abrogazione, cfr. J. AGUILÓ REGLA, La derogación de normas en la obra de Hans Kelsen”, in Doxa, n. 10, 1991, 223 ss.

35 Cfr. H. KELSEN, Teoria generale delle norme, trad. di M. Torre, Torino 1985, 171 ss.

L’efficacia della legge ‘incostituzionale’ 123

norma, e derogatio che si riferiva a una eliminazione parziale di quel con-tenuto36.

In secondo luogo, quando una costituzione annette un effetto abroga-tivo all’incostituzionalità pronunciata dalla Corte costituzionale, si ha una decisione di rango costituzionale che protegge gli effetti passati prodotti dalla legge ormai dichiarata incostituzionale. L’abrogazione viene, così, a definire la sintesi istituzionale tra la volontà legislativa – che neppure in-corporò il relativo test di costituzionalità – e la volontà della Corte costi-tuzionale, nella reciproca opposizione del giudizio d’incostituzionalità. Da una parte, si predilige il giudizio della corte nel momento di defini-zione della sorte degli effetti futuri della norma e gli effetti annullatori del relativo giudizio di costituzionalità; dall’altra, si favorisce l’organo legisla-tivo quanto agli effetti passati della norma.

Che l’abrogazione, nella sua matrice legale, non tabbia effetti retroat-tivi è conseguenza del principio d’irretroattività delle leggi. Si le leggi non hanno effetto retroattivo, ciò significa che «no son aplicables a hechos precedentes, que deberán entonces regirse por lo establecido en la norma derogada»37. Tuttavia, è ben noto che, proprio perché principio di rango legislativo, non può opporsi obiezione alcuna alla circostanza che altra legge, abrogatrice o no, possa produrre effetti retroattivi. Nel nostro ca-so, comunque, sono le stesse costituzioni che hanno riconosciuto l’effetto abrogativo.

4. Conclusioni – Qual è l’efficacia della legge incostituzionale prima del-

la dichiarazione d’incostituzionalità per opera delle corti costituzionali? L’efficacia è dunque totale. E lo è a tal punto che l’unico modo per cadu-carla è la dichiarazione d’incostituzionalità e gli effetti che la dichiarazio-ne produrrà sulle situazioni giuridiche consolidate anteriormente (mo-mento, questo, in cui si pone l’interrogativo) dipenderanno dalla forma che ciascun sistema giuridico ha adottato per sciogliere il quesito.

Nei sistemi a nullità totale, gli effetti che la legge ha già potuto pro-durre potranno essere eliminati non appena se ne dichiari l’incostituzio-nalità.

Nei sistemi abrogativi, invece, gli effetti pro praeterito si consolideranno a meno che non si dispongano premi o eccezioni specifiche che amplino l’effetto soppressivo della dichiarazione.

36 S. PUGLIATTI, Abrogazione degli atti normativi, in Enc. dir., I, Milano 1958. 37 L. PRIETO SANCHÍS, Apuntes de Teoría del Derecho, II ed., Madrid 2007, 173.

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Come devono comportarsi, da un punta vista sociologico, gli individui al cospetto di leggi che reputino manifestamente incostituzionali? La do-manda non ha risposta giuridica. Solo potrà averla quando l’opposizione alla legge che essi ritengono incostituzionale sia di natura tale che detta opposizione sia in grado di instaurare un nuovo sistema giuridico.