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TRISKELES COLLANA DI STUDI ARCHEOLOGICI

Archeologia 'politica', archeologia globale e archeologia dei paesaggi negli Erei, Sicilia centrale. Il caso studio della valle del Torcicoda nel territorio di Enna (2014)

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TRISKELESCOLLANA DI STUDI ARCHEOLOGICI

X Convegno di StudiViaggio in Sicilia.Racconti, segni e città ritrovateAuditorium della Biblioteca Comunale “L.Scarabelli”Caltanissetta, 10-11 maggio 2013

Organizzato da SiciliAntica, sede di Caltanissetta

Con il patrocinio di:Soprintendenza BB.CC.AA. di CaltanissettaProvincia Regionale di Caltanissetta, Assessorato alla CulturaCittà di Caltanissetta, Assessorato alla Cultura

Con il contributo di:Camera di Commercio di CaltanissettaBanca di Credito Cooperativo “San Michele” di Caltanissetta e PietraperziaAssociazione Duciezio, F.lli Alessi - Mazzarino, Unicredit, Impresa Venniro Calogero, Mi.Lo. di Milazzo e Lomonaco s.n.c.

Comitato organizzatore:Massimo Arnone, Lillo Cammarata, Silvana Chiara, Marina Congiu, Michelangelo Lacagnina, Calogero Miccichè, Sergio Milazzo,Simona Modeo, Luigi Santagati

Redazione atti:Simona Modeo, Marina Congiu, Calogero Micciché, Silvana Chiara, Sergio Milazzo

Segreteria organizzativa:Silvana Chiara, Stefania D’Angelo, Salvatore Difrancesco,Sergio Milazzo, Federica Spinelli

Si ringraziano inoltre:Salvatore Sciascia EditoreIstituto Professionale Alberghiero di CaltanissettaL’angolo dell’Avventura di Caltanissetta’A ferabio. Mercatino equosolidaleSplokay di Antonio Talluto, studio di grafica

Il presente volume è stato pubblicato con il contributo della Banca di Credito Cooperativo del Nisseno

Viaggio in SiciliaRacconti, segni e città ritrovate

Atti del X Convegno di Studi

a cura diMarina Congiu

Calogero MiccichéSimona Modeo

con la collaborazione diSilvana Chiara e Sergio Milazzo

SALVATORE SCIASCIA EDITORE

SiciliAnticaSede di Caltanissetta

PROPRIETÀ LETTERARIA RISERVATA©

Copyright 2014 by Salvatore Sciascia Editore s.a.s.Caltanissetta-Roma

[email protected]

ISBN 978-88-8241-441-2

Stampato in Italia / Printed in Italy

In copertina:Cartolina che riproduce la foce del fiume Gela sulla quale compare la firma di Saverio Cavallari.

Archeologia ‘politica’, archeologia globale e archeologia dei paesaggi negli Erei, Sicilia centrale.

Il caso studio della valle del Torcicoda nel territorio di Ennadi Enrico Giannitrapani*

Il territorio è un’opera d’arte […] pro-dotta attraverso un dialogo, una relazione fraentità viventi, l’uomo stesso e la natura, neltempo lungo della storia. […] Il territorionasce dalla fecondazione della natura da par-te della cultura. L’essere vivente che nasce daquesta fecondazione […] ha carattere, perso-nalità, identità, percepibili nei segni del pae-saggio1.

ARCHEOLOGIA DEI PAESAGGI NEGLI EREI, TRA REALTÀ STORICIZZATE E NUOVE PROSPETTIVE DI RICERCA2

La percezione che comunemente si ha del paesaggio archeologico degliErei, un’ampia fascia collinare posta nella parte più orientale della Sicilia cen-trale, grosso modo corrispondente alla provincia di Enna, è fortemente condi-zionata ed influenzata dalla grande visibilità storico-archeologica, oltre che me-diatica, di siti come Morgantina e la villa con mosaici di età tardoantica del Ca-sale di Piazza Armerina. La narrazione tradizionalmente proposta per questaparte della Sicilia interna, pertanto, ha da tempo proposto una lettura del suopopolamento umano come se questo abbia avuto inizio solo a partire dagli ul-timi secoli del II millennio a.C., con l’affermarsi di quelle popolazioni che,qualche secolo dopo, daranno vita, qui come nel resto dell’Isola, alle diverse et-

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* Arkeos – Servizi integrati per i Beni Culturali, Enna.1 Magnaghi 2003, p. 9.2 Voglio ringraziare Marina Congiu per l’invito a partecipare all’annuale convegno di Si-

ciliAntica di Caltanissetta e per la pazienza dimostrata nei confronti di un ‘eterno’ ritardata-rio. Il testo che qui presento fa riferimento in larga parte a quello oggetto della mia comuni-cazione orale: tuttavia, ho voluto in parte modificarne titolo e contenuto, ma non il sensocomplessivo, influenzato dalle riflessioni scaturite da recenti letture e, in particolare, dagli sti-moli raccolti durante il convegno “Archeologia pubblica al tempo della crisi” tenuto lo scorsonovembre ad Agrigento.

nie indigene ricordate nelle fonti storiche. Tali dinamiche sono bene testimo-niate archeologicamente dalle vaste necropoli rupestri di Realmese e del Vallo-ne Calcarella e dai siti indigeni e di età arcaica arroccati sulle tante alture chesegnano questo territorio. Da qui prenderebbe quindi l’avvio una vicenda sto-rica che, senza soluzione di continuità, arriverebbe fino ad età medievale3.

Tale visione ‘breve’ della storia degli Erei, tuttavia, cancella e oscura4 unalongue durée molto più ricca e densa di ‘segni’ che narrano in realtà di un’oc-cupazione stabile che in quest’area si avvia già a partire dal Neolitico, se nonprima, sviluppandosi poi in modo continuo, anche se con modalità insediativee con complesse dinamiche culturali che cambiano e si trasformano costante-mente, fino a tutta l’Età del Bronzo. Le recenti ricerche condotte nell’area col-linare degli Erei, con la realizzazione di numerose ed intense ricognizioni di su-perficie e di campagne di scavo in alcuni dei più importanti insediamenti cosìindividuati, quali Tornambè, Case Bastione, il Riparo di C.da S. Tommaso, da-tabili in particolare all’Età del Rame e a quella successiva del Bronzo, consen-tono oggi di avviare una rilettura critica della storia più antica degli Erei5.

Rinviando alla bibliografia citata la discussione circa le principali eviden-ze archeologiche oggi disponibili relative ai processi sociali e culturali chehanno favorito ed alimentato tali intense dinamiche insediative, si vuole quiriassumere il risultato della recente attività di ricerca sul campo6: in tal sen-so è possibile subito notare come, in contrasto con l’immagine di siteless ar-chaeology tradizionalmente assegnata a questa parte dell’Isola, sono oggicensiti negli Erei oltre un centinaio di siti che coprono un lungo periodocompreso tra il Paleolitico Superiore e l’Età del Ferro, cioè tra 15.000 annifa e l’VIII sec. a.C.7.

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Enrico Giannitrapani

3 Per una nuova e più aggiornata revisione delle vicende di età storica che hanno interessatogli Erei, vedi Valbruzzi 2012, in c.d.s.

4 Più in generale è tutta la preistoria siciliana, pure rappresentando uno dei contesti più ric-chi e fecondi dell’intero Mediterraneo, che da sempre è poco considerata sia da un punto di vi-sta accademico che per quanto riguarda l’investimento pubblico utilizzato per la sua ricerca e leconseguente azioni di valorizzazione. Basti pensare che da sempre manca nel sistema universita-rio siciliano la Cattedra di Paletnologia e che corsi di Preistoria e Protostoria sono tenuti solo indue delle quattro università dell’isola. Per una più ampia discussione su tale questione, vedi Gian-nitrapani 1998; Id. 2013; Procelli 2000.

5 Giannitrapani 2012a.6 Per un’aggiornata analisi delle fasi di età classica, romana, medievale e post-medievale, ol-

tre alla bibliografia già citata alla nota n. 3, vedi anche Giannitrapani et Al. in c.d.s.; Mientjes etAl. 2002; Pluciennik et Al. 2004.

7 Tale intensa attività di ricerca è stata in parte condizionata e limitata da una costante caren-za di fondi, attenuata dalla possibilità di utilizzare, solo in alcuni casi, le risorse economiche deifondi strutturali europei, in particolare quelli del POR Sicilia 2000-2006 e, in misura minore, delPO FESR 2007-2013, e da quelli di volta in volta messi a disposizione dai colleghi delle universi-tà straniere che con me hanno condotto le ricerche sul campo. Ovviamente, tutte le attività di ri-cerca fino a qui condotte hanno largamente beneficiato della stretta e proficua collaborazione

In estrema sintesi, è possibile osservare come in quest’area il popolamentoumano si è sviluppato a bassa intensità nei periodi più antichi, almeno fino alNeolitico, per aumentare decisamente a partire dall’Età del Rame fino alBronzo Antico, periodo compreso tra il IV millennio a.C. e i primi secoli delII millennio a.C., fase a cui è possibile attribuire oltre il 60% dei siti noti, con-centrati in particolare tra la metà del III millennio a.C. e la metà del millenniosuccessivo. Quest’ultimo dato è indice, evidentemente, di una notevole esplo-sione demografica, segno della costituzione in quest’area, in particolare negliErei occidentali, di una formazione economico-sociale di notevole complessi-tà culturale, confrontabile con altri contesti coevi del Mediterraneo8.

Come in altre parti della Sicilia centrale, nel corso della Media Età del Bron-zo, vale a dire durante i secoli a cavallo della metà del II millennio a.C., la for-mazione economico-sociale della fase precedente dovette entrare in crisi e subi-re un forte ridimensionamento, come evidenziato dalla rapida e drammatica di-minuzione nel numero di siti attribuibili a questa fase. Rimangono ancora dachiarire le ragioni per cui tale crisi demografica e culturale investe ora la Siciliacentrale, un processo forse connesso con il contemporaneo sviluppo nella Sici-lia orientale e meridionale di significativi centri proto-urbani, bene inseriti neitraffici transmarini organizzati e controllati dalle marinerie egee e micenee. So-lo a partire dalla fine del II millennio a.C., durante le fasi finali dell’Età del Bron-zo, l’area degli Erei torna a popolarsi di insediamenti, con dinamiche economi-che e culturali già bene indagate, fino a giungere, qualche secolo più tardi, allaformazione di importanti centri indigeni che entrano in contatto con le primeapoikiai greche fondate lungo le coste siciliane a partire dall’VIII sec. a.C.9.

Il dato relativo il popolamento di età preistorica degli Erei qui sinteticamen-te presentato, dato che peraltro corrisponde anche a quello oggi noto per lesuccessive fasi di età storica, è ovviamente sbilanciato verso un livello superfi-ciale di conoscenza, visto che, come già detto, solo pochi di questi siti sono sta-ti fino ad ora indagati stratigraficamente, mentre i diversi progetti di ricogni-zione di superficie condotti recentemente nel territorio, hanno permesso di lo-calizzare una densa trama orizzontale di insediamenti, spesso segnalati solo dal-la presenza in superficie di piccole concentrazioni di frammenti ceramici, oltreche numerose necropoli con tombe scavate lungo i costoni rocciosi, databili al-le diverse fasi dell’età dei metalli, strutture ipogeiche successivamente trasfor-mate in luoghi fortificati, abituri o strutture produttive, in particolare duranteil medioevo, aspetti questi dell’architettura ‘in negativo’ che rappresentano ele-menti attivi nella formazione del paesaggio antico degli Erei, ma che rappre-

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Archeologia ‘politica’, archeologia globale e archeologia dei paesaggi …

scientifica con la Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali di Enna, e dell’impegno co-stante e delle capacità professionale di tante/i colleghe/i che qui voglio, una volta di più, ringra-ziare di cuore.

8 Giannitrapani 2009; Id. 2012a; Id. 2012b; Id. c.d.s. a; Id. c.d.s. b; Giannitrapani- Iannì 2011.9 Albanese Procelli 2003.

sentano, allo stesso tempo, un significativo segno materiale per la costituzionenel presente di una forte connessione con le memorie del passato, un paesag-gio archeologico che presenta una sincronia orizzontale estremamente ricca eculturalmente avanzata10 ma che, al tempo stesso, è testimonianza di una pro-fonda diacronia cronologica e sociale.

PER UN’ARCHEOLOGIA ‘POLITICA’ E GLOBALE

Uno dei contributi più originali e significativi del recente dibattito nel cam-po dell’archeologia, riguarda in modo particolare il ruolo primario attribuibileal senso e al significato fenomenologico del paesaggio antropico, inteso comela capacità cognitiva, simbolica e ‘politica’ di interazione con l’ambiente svilup-pata da parte delle comunità antiche, determinando così, in modo significati-vo, lo sviluppo di complessi modi di produzione e riproduzione delle condizio-ni materiali della vita quotidiana di quelle stesse comunità. In quest’ottica, laparte restante del saggio è quindi dedicato alla definizione del concetto cultu-rale di ‘paesaggio’, secondo una prospettiva di ricerca che prende spunto dal-la recente e felice definizione di archeologia globale dei paesaggi, un’archeolo-gia cioè che sviluppi una visione dinamica e valorizzi la complessità dei dati e de-gli approcci, con una lettura fortemente diacronica finalizzata all’individuazionedei caratteri ‘identitari’ di un territorio e delle comunità che lo hanno abitato nelcorso del tempo11. Tale approccio, che è al tempo stesso storico e antropologi-co e che ha come fine ultimo la narrazione della ‘storia totale’ di un territorio,dalla preistoria all’età moderna, non può essere limitato al solo studio dei di-versi sistemi insediativi o a quella di singole categorie ‘archeologiche’, ma deveinvece adottare una prospettiva metodologica adeguata per essere in grado dianalizzare le relazioni funzionali che si sono venute a creare nel tempo, e nellospazio, indagando la complessità di tutte le forme dialettiche che gli individui ele società hanno stabilito nel passato tra loro e con l’ambiente, con un’attenzioneparticolare alle strutture materiali e all’organizzazione socio-economica, senza perquesto sottovalutare le sfere culturali, religiose e ideologiche delle società del pas-sato12.

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Enrico Giannitrapani

10 Ai fini della tutela e della valorizzazione di tale paesaggio archeologico, la Sezione per i Be-ni Archeologici della Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali di Enna ha in questi anniinventariato, perimetrato e georeferenziato oltre 350 zone di interesse archeologico, oggi inseritee normate ai fini della tutela nell’ambito del Piano Territoriale Paesaggistico Regionale, per cui siattende ancora l’approvazione finale, che interessano tutti i tre ambiti territoriali (nn. 8, 11 e 12)che ricadono all’interno degli Erei; per questo, vedi Valbruzzi 2009 e il saggio della stessa in que-sto volume.

11 Volpe 2008, p. 454.12 Volpe 2008, p. 455.

Tornando ad esaminare l’area degli Erei, questi sono storicamente caratte-rizzati da un’economia basata sulla pastorizia e su un’agricoltura altamenteproduttiva, favorita dalla fertilità dei suoli e dall’abbondanza di acqua, un’areaanche ricca di risorse naturali e materie prime, come lo zolfo, il salgemma, il le-gname, i numerosi giacimenti d’argilla, i diversi tipi di rocce utilizzate nellaproduzione di strumenti litici. Gli Erei sono inoltre attraversati e percorsi dauna fitta rete di fiumi e torrenti, in gran parte oggi a regime stagionale, ma chein passato hanno avuto portate d’acqua più significative, delimitata a Ovestdall’ampia valle dell’Imera meridionale e ad Est da quella del Simeto. Tale re-te ‘liquida’ costituisce un fondamentale snodo nel sistema di strade e vie di co-municazione, sia naturali che ‘antropiche’, che hanno permesso agli Erei, soloapparentemente distanti dal Mediterraneo, di essere facilmente raggiunti ed at-traversati da idee, merci, uomini e donne: un’area di frontiera, da intendersinon tanto come muro invalicabile che divide, ma come soglia che invita al pas-saggio13. Tali valenze ‘naturali’, quando lette ed interpretate insieme ai dati re-lativi la ricca cultura materiale prodotta e consumata dai diversi gruppi umaniche qui si sono succeduti nel corso dei millenni, rappresentano pertanto fon-damentali segni necessari per avviare una nuova e più efficace lettura delle for-me e dei modi con cui si sono costituite, legittimate e mantenute le complessestrutture sociali che hanno segnato gli Erei già a partire dall’età preistorica.

Nell’ambito della storiografia sulla Sicilia moderna e contemporanea, que-sta parte più interna dell’isola è invece descritta come un territorio socialmen-te ed economicamente poco sviluppato, dominato paesaggisticamente dallamonotonia della monocultura cerealicola. In gran parte tale visione è giustifi-cata da una reale condizione di marginalità e scarsa dinamicità sociale rispettoalle più vivaci aree costiere, aperte ai contatti e agli influssi mediterranei: anco-ra oggi le provincie della Sicilia interna sono spesso tra le ultime in tutte le gra-duatorie che leggono lo sviluppo economico e sociale dell’Italia. Tuttavia, lostato di sottosviluppo che oggi caratterizza gli Erei, nasconde e nega un passa-to che, al contrario, ha avuto processi sociali e dinamiche ricche di storia e cul-tura, dinamiche che hanno contribuito ad alimentare aspirazioni e speranzenelle popolazioni rurali di queste terre non differenti da quelle della Sicilia co-stiera14.

Proprio l’attuale condizione di marginalità economica e sociale di que-st’area ha contribuito in modo determinate, anche se paradossale, ad una con-servazione ‘inerziale’15 dei vari aspetti del paesaggio che non trova confrontocon altre aree dell’isola, colpite e devastate dalle conseguenze di una moderni-tà che in Sicilia, e più in generale nel Mezzogiorno, ha da sempre fatto preva-lere i suoi effetti più negativi, accompagnata e sostenuta da una classe dirigen-

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Archeologia ‘politica’, archeologia globale e archeologia dei paesaggi …

13 Augé 2009, p. 14.14 Giannitrapani 2012a, p. 147.15 Settis 2010.

te, politica, amministrativa ed economica, che ha pensato più ai propri interes-si che al bene comune, e da una società civile spesso colpevolmente addormen-tata e particolarmente incline ad adeguarsi supinamente allo stato delle cose16.Questo paesaggio, in gran parte ancora conservato nei suoi aspetti e valoriprincipali, intaccato negli ultimi 50 anni solo dagli aratri dei mezzi agricolimeccanici e, nei piccoli centri che caratterizzano l’Ennese, da uno sviluppo ur-bano disgregato e senza regole, è oggi pesantemente sotto attacco da parte diun rigurgito di modernismo immorale e di malaffare ignorante: il paesaggio de-gli Erei è infatti oggi imbrattato dalla presenza di pale eoliche, impianti foto-voltaici, capannoni industriali, enormi centri commerciali costruiti nel nulla, fi-no ad arrivare al progetto del Parco di Regalbuto, oggi forse fortunatamenteaccantonato, in cui si voleva costruire sulle rive della Diga Pozzillo un megaparco dei divertimenti in cui i turisti sarebbero arrivati ‘a milioni’ per ‘fruire’ lerepliche artefatte, per esempio, della Torre Eiffel, del Colosseo, del Tempiodella Concordia di Agrigento (sic!). In altre parole, in una società come quellaoccidentale, che corre pericolosamente lungo l’orlo del precipizio e delle bar-barie, stretta tra integralismi e intolleranze di diverso colore ma tutte uguali tradi loro, intrappolata nella crisi economica e morale della società capitalista co-sì come l’abbiamo conosciuta nel corso degli ultimi duecento anni, oramaigiunta quasi al punto di non ritorno rispetto alla crisi ambientale mondiale, sisceglie, nell’Ennese come nel resto del Mezzogiorno, di inseguire ancora unamodernità di plastica, una macchina impersonale, senza anima che impazzitaprosegue la sua opera di sradicamento planetario17, in cui il paesaggio culturalepuò essere tranquillamente violentato e devastato, utilizzato come una mercequalunque, comunque finalizzato ad una valorizzazione subalterna, ai marginidello sviluppo, in cui la Sicilia, il Sud d’Italia e il Mediterraneo sono percepitisolo come l’ideale del vacuum della vacanza, paradisi esotici in offerta speciale al-le truppe del turismo di massa, un sud come fondale del mese d’aria della civiltàindustriale18.

In tale contesto, l’archeologia, se vuole mantenere un senso e un significatoutile alla contemporaneità, deve cambiare radicalmente, smettendo i panni dipaludata attività accademica e vestendo quelli di una disciplina concreta e diuna prassi intellettuale organica che, anche avendo il coraggio di mettersi ingioco completamente, sia capace di assumersi almeno in parte la responsabili-tà di cambiare la società, provando ad allontanarla dal baratro. In altre parolel’archeologia deve essere capace di studiare il passato partendo da un punto di

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Enrico Giannitrapani

16 Ovviamente non è sempre stato così: basti ricordare le stagioni dei Fasci Siciliani alla finedel XIX sec., delle lotte sindacali per la terra nel secondo Dopoguerra, quelle per i diritti dei la-voratori nelle miniere di zolfo degli anni ‘50 e ‘60 del secolo scorso o, ancora, i tanti movimentipopolari di lotta alla mafia; a tale proposito, vedi Santino 2000.

17 Latouche 1992, p. 12.18 Cassano 2003, p. 4.

vista profondamente radicato nel presente, stabilendo una forte connessionetra i propri metodi e obiettivi con il dibattito contemporaneo su quale deve es-sere il modello di sviluppo della nostra società, necessariamente alternativo ri-spetto a quello in crisi fino ad oggi imperante: l’alternativa è che la sua praticadiventi del tutto inutile e velleitaria, essa stessa reperto archeologico da conser-vare ben chiuso nella vetrina di un museo. Il progetto di un’archeologia ‘poli-tica’, quindi, deve porre al centro della propria azione la conoscenza, la cura ela tutela del territorio in quanto elemento fondamentale di recupero della me-moria e costruzione di identità, per l’attivazione di processi virtuosi di svilup-po sociale ed economico. L’attività di ricerca e studio condotta negli Erei nelcorso degli ultimi 20 anni insieme a tanti altri colleghi ha avuto e ha lo scopoquindi, oltre a quello di indagare le strutture politiche delle società antiche del-la Sicilia centrale, anche di provare a dare un contributo alla costruzione di unmodello di sviluppo che abbia l’ambizione di contrapporsi, per quanto ciò siadifficile, allo strapotere della modernità capitalista, costruendo un futuro pos-sibile di alternativa sociale fondata sul recupero della memoria storica del no-stro passato, inteso quale ‘bene comune’, elemento irriducibile di democraziae libertà.

Per mettere in campo un credibile progetto di studio dei paesaggi archeo-logici è dunque necessario agire lungo tre principali direttrici. Da un lato taleprogetto deve essere globale nel senso prima indicato, non tanto con l’obietti-vo di una irrealizzabile quanto illusoria comprensione di tutte le testimonianzearcheologiche19, quanto in riferimento alla globalità dell’approccio da utilizza-re, mediante l’impiego di una moltitudine di fonti e di strumenti di indagini de-rivati sia dalle discipline umanistiche che di quelle scientifiche, di tecniche etecnologie innovative20, che sappia comunque porre al centro dell’indagine lecondizioni materiali di vita delle società, sia quelle antiche che quella del pre-sente: l’utilizzo di un approccio materialista21 implica la necessità di scoprireed indagare le ragioni che legano le forme, le funzioni, l’articolazione, la gerar-chia, la comparsa e la scomparsa di determinate strutture sociali e dei relativimodi di produzione, elementi che hanno contribuito a modellare i rapporti trasingoli e tra gruppi sociali diversi, oltre che tra società e natura.

La seconda direttrice d’analisi riguarda la capacità di definizione multisca-lare dello spazio geografico oggetto di studio, che sappia cioè coniugare l’ana-lisi di dettaglio del singolo sito o di un’area ristretta in relazione con tutte le in-terconnessioni sociali, economiche e culturali rispetto il bacino, la regione, la‘macro-area’, da indagare ugualmente in modo contestuale e stratigrafico22: in

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Archeologia ‘politica’, archeologia globale e archeologia dei paesaggi …

19 Manacorda 2004, p. 136.20 Volpe 2008, p. 453.21 Godelier 1977; Bloch 1983; McGuire 1992.22 Nel caso studio della valle del Torcicoda più avanti presentato, il bacino corrisponde agli

Erei, la regione alla Sicilia, la macro-area al Mediterraneo centrale.

altre parole, è necessario sviluppare un approccio al passato che sia glocale, incui si agisce localmente, pensando però globalmente. Se queste due direttricisono oramai da tempo praticate ampiamente, come dimostrato dalla semprecrescente letteratura oggi disponibile, la terza direttrice rimane, in Sicilia comepiù in generale in Italia, largamente inesplorata. Tale direttrice riguarda l’ora-mai irrinunciabile necessità di avviare una concreta e approfondita discussioneteorica sulla definizione politica, antropologica e fenomenologica del concettodi paesaggio e del rapporto che questo ha con lo sviluppo delle comunità uma-ne. Solo percorrendo fino in fondo queste tre direttrici, è possibile rendereesplicito e produttivo il processo narrativo che deve stare alla base della prati-ca dell’archeologia, mantenendo allo stesso tempo un corretto bilanciamentotra le esigenze della ricerca sul nostro passato e la necessità di essere disciplinautile al presente.

PER UN PRAXIS DELL’ARCHEOLOGIA DEI PAESAGGI: ALCUNI SPUNTI METODOLOGICI TRA TEORIA E PRATICA

A questo punto della ricerca, per produrre un nuovo avanzamento sia me-todologico che interpretativo, è necessario passare da carte puntiformi di di-stribuzione dei siti a carte che siano al tempo stesso ‘globali’ e in grado di re-stituire il senso fenomenologico oggi attribuibile al paesaggio. In questa sede,quindi, si vuole affrontare il tema relativo il rapporto esistente tra i diversi siti,intesi come porzioni tridimensionali di spazio che recano i segni del tempo,cioè della quarta dimensione, scelti e occupati dall’uomo nello svolgere inten-zionalmente una o più attività, e identificabili grazie alla presenza di tracce ar-cheologiche23, e l’ambiente circostante, provando a definire metodologica-mente, oltre che da un punto di vista sia teorico che pratico, il concetto di ‘pae-saggio’.

Se è vero che nell’interpretazione corrente24 il paesaggio è letto come il ri-sultato di un millenario rapporto tra natura e le comunità umane, frutto di unagrande quantità di lavoro realizzato per adattare alle necessità umane l’ambien-te naturale25, una prima considerazione riguarda il fatto che il punto di parten-za per lo studio del paesaggio, compreso quello antico, non può essere l’anali-si delle sue sole valenze naturali e ambientali, ma deve necessariamente riguar-dare il suo rapporto dialettico con la cultura, cioè con gli esseri umani. Pertan-to, l’approccio al paesaggio, allo spazio e alla sua dimensione materiale e sim-

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23 Manacorda 2007.24 La letteratura sul tema dell’archeologia dei paesaggi prodotta nel corso degli ultimi decen-

ni è molto ampia ed è impossibile darne conto in modo esaustivo in questa sede, per cui si riman-da per un’ottima sintesi e una completa bibliografia a Farinetti 2012.

25 Farinetti 2012, p. 23.

bolica, deve essere innanzitutto di tipo antropologico. In tal senso, se la rap-presentazione dell’individuo può essere considerata come una costruzione so-ciale, per cui il sociale comincia con l’individuo26, è evidente che all’interno diuno stesso gruppo sociale, l’organizzazione dello spazio e la costituzione deiluoghi rappresentano una delle modalità delle pratiche collettive ed individua-li messe in campo per simbolizzare gli elementi costitutivi di un’identità condi-visa. Il modo di trattare lo spazio, appunto, è uno dei mezzi di questa opera-zione: questo percorso è essenzialmente ‘culturale’ poiché, passando attraver-so i segni più visibili e riconosciuti dell’ordine sociale, esso ne disegna simulta-neamente il luogo27. Se si considera la definizione di luogo antropologico, que-sto è prima di tutto luogo geometrico, definibile sostanzialmente da tre formespaziali semplici: la linea, l’intersezione delle linee e il punto di intersezione.Nella geografia quotidiana, si può parlare di itinerari, di assi o di sentieri checonducono da un luogo a un altro e che sono stati tracciati dagli uomini; di cro-cevia in cui gli uomini si incontrano e si riuniscono; e, ancora, di centri più omeno monumentali, religiosi o politici, che definiscono a loro volta spazi efrontiere al di là dei quali altri uomini si definiscono come ‘altri’28. Nel suo si-gnificato antropologico, quindi, l’identità, collettiva, individuale e dei luoghi, èsempre costruita attraverso complesse relazioni, conflittuali e dialettiche, conl’alterità29. Se poi allarghiamo lo sguardo dal luogo allo spazio antropologico,questo diventa spazio ‘esistenziale’, dato che comporta lo sviluppo di esperien-ze di relazione con il mondo da parte di un essere situato in rapporto ad unspecifico ambiente30.

Da un punto di vista fenomenologico, quindi, il concetto di spazio non puòesistere separato dagli eventi e dalle attività in cui questo è coinvolto: è prodot-to socialmente e la sua costituzione ha luogo come parte di una prassi quoti-diana di attività pratiche realizzate in luoghi specifici da individui o da gruppi.Uno spazio umanizzato costituisce quindi sia il mezzo che il risultato di azionie strutture cognitive, fisiche ed emozionali, che contribuiscono a modellarlo,riprodurlo, sempre pronto alla trasformazione e al cambiamento31, uno spaziosociale, piuttosto che uniforme e sempre uguale, costituito da diverse densitàdi esperienza umana: i luoghi non stanno mai fermi, cambiano con l’umidità del-le vite che vi lasciano impronte. Una storia personale e collettiva in cui spazi e ter-ritori sono indistinguibili dall’esperienza che si ha di essi nel corso del tempo32.La specificità di ciascun luogo è un elemento essenziale nella comprensione delsuo significato: non ha una propria essenza sostanziale, ma ha solo un signifi-

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Archeologia ‘politica’, archeologia globale e archeologia dei paesaggi …

26 Augé 2009, p. 37.27 Augé 2009, p. 59.28 Augé 2009, p. 62-63.29 Augé 2009, p. 9.30 Augé 2009, p. 78.31 Tilley 1994, p. 10.32 La Cecla 2008, p. 13.

cato di tipo relazionale strutturato, cioè, attraverso le relazioni che si stabilisco-no tra le persone e i luoghi. Lo spazio è costantemente reso culturale attraver-so un processo simbolico nel quale la coscienza umana dà significato alla real-tà fisica dell’ambiente naturale, trasformandolo in una forma intellegibile e so-ciale. L’esperienza spaziale peraltro non è innocente e neutrale, ma rende atti-vi rapporti differenziati di potere collegati all’età, al genere, alla posizione so-ciale, alle relazioni con gli altri, e costituisce un mezzo contraddittorio e porta-tore di conflitto attraverso cui gli individui agiscono. L’esperienza dello spazio,inoltre, è sempre connesso con il concetto di tempo, poiché gli spazi sono crea-ti, riprodotti e trasformati in relazione ad altri spazi costituiti nel passato: i luo-ghi quindi sono intimamente collegati alla formazione di biografie e di relazio-ni sociali33. In tal senso lo spazio è evocativo di azioni del passato e gioca unruolo fondamentale nella costruzione di un suo significato storico, popolato daentità ancestrali e spirituali che costituiscono parti di un sistema mitologico,utilizzato per definire gruppi sociali e il loro rapporto con le risorse naturali.Storie, discorsi e ideologie sono creati e ricreati facendo riferimento alla spe-ciale affinità che ciascuno stabilisce con il proprio territorio e la sua complessatopografia formata da fiumi, rocce, luoghi, sentieri, confini34.

Passando dallo spazio al paesaggio, quindi da un approccio di tipo antro-pologico e fenomenologico ad uno più propriamente archeologico, è possibileaffermare come il paesaggio sia un insieme sinergico di caratteristiche fisiche eculturali che richiama la presenza in chiave storica dell’uomo sul territorio, inquanto agente di trasformazione dello spazio naturale. Il paesaggio diventadunque lo spazio geografico, meglio ‘politico’, dove la storia umana si esplicain un rapporto di reciproco condizionamento con la natura. Le forme del pae-saggio fisico e umano sono generate attraverso il continuo dispiegarsi di rela-zioni e trasformazioni reciproche. Il paesaggio è pertanto inteso quale palinse-sto, prodotto dalle trasformazioni intercorse nei vari periodi storici in cui è sta-to oggetto di vita naturale e antropica, e quale entità dinamica, viva nel tempoe in continua trasformazione. Il paesaggio diventa un vero e proprio conteni-tore di memoria, individuale e al tempo stesso collettiva, in quanto reca le trac-ce, i ‘segni’, della storia delle sue trasformazioni. Per questo motivo non puòessere inteso come una semplice giustapposizione di entità archeologiche ‘di-screte’, separate da spazi vuoti, isolate nello spazio e nel tempo, bensì come uncontinuum in due dimensioni: quella dello spazio, in cui il paesaggio è visto co-me una superficie continua e multiforme che porta i segni della storia del suouso e della sua occupazione, e quella del tempo, in cui è considerato come unprodotto delle continue trasformazioni che sono intervenute nella sinergia trafattori naturali e culturali. L’archeologia dei paesaggi studia pertanto il territo-rio costruito dall’uomo nel suo rapporto di interdipendenza con la natura, leg-

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33 Tilley 1994, p. 11.34 Tilley 1994, p. 67.

gendolo ed interpretandolo proprio in quanto risultato di tale attività. Esso èin continuo divenire ed è contrassegnato da una dinamicità analoga a quelladell’attività umana. Per tale motivo, il paesaggio contemporaneo diventa parteintegrante, anzi punto di partenza, per le ricerche sui paesaggi antichi. L’ele-mento peculiare di un paesaggio è il suo valore come insieme, la sua continui-tà nello spazio e nel tempo35.

Proprio quest’ultima considerazione deve spingere a chi pratica l’archeolo-gia a considerare come elemento fondamentale della propria attività, non sololo studio dei processi costitutivi delle forme dei paesaggi antichi, ma anche latutela di tali paesaggi, oltre che di un loro uso socialmente ed economicamen-te compatibile con la salvaguardia dei valori in essi compresi. D’altra parte i li-miti di una tutela esclusivamente basata solo sul tradizionale concetto di vinco-lo archeologico, concetto ovviamente non derogabile, nascono dalla non com-prensione che il paesaggio è ‘costruito’ da un’intera collettività e, pertanto, al-la sua salvaguardia deve partecipare l’insieme della popolazione, perché è que-sta che lo ha prodotto nel corso delle generazioni ed è questa che quotidiana-mente lo vive36. Per questo è necessario innanzitutto indagare, comprendere edivulgare quelli che sono i caratteri identitari e i segni della memoria di ciascunterritorio, tutte attività in cui ovviamente l’archeologia, ma non solo questa, haun ruolo fondamentale, per favorire insieme a tutti quei soggetti che sono pre-posti e culturalmente interessati a contribuire al ‘governo’ del territorio, la na-scita di una società ‘locale’ sufficientemente complessa e articolata da essere ingrado di avere cura del proprio territorio e dei valori da esso rappresentati, conlo scopo di mettere in campo utili progetti condivisi di sviluppo locale auto-so-stenibile37, in cui il paesaggio e la sua valenza culturale riacquisti la propria ir-rinunciabile dimensione di ‘bene comune’.

PER UN’ARCHEOLOGIA GLOBALE DEI PAESAGGI: IL CASO DELLA VALLE DEL TOR-CICODA NEL TERRITORIO DI ENNA

In questo paragrafo conclusivo si vuole esporre, in modo ovviamente sinte-tico, i risultati di quasi 20 anni di ricerche nell’area della valle del Torcicoda, si-tuata nella parte occidentale degli Erei: la stretta e fertile valle di questo torren-te, che nasce dalle pendici meridionali della montagna sede del moderno cen-tro urbano di Enna, è lunga circa 15 km fino alla sua confluenza con l’Imerameridionale (Fig. 1). È caratterizzata nella parte alta da terreni collinari forte-mente antropizzati dalla moderna espansione urbanistica di Enna, fino a lam-bire le propaggini occidentali del sistema collinare che circonda il bacino del

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Archeologia ‘politica’, archeologia globale e archeologia dei paesaggi …

35 Farinetti 2012.36 Farinetti 2012, p. 20.37 Magnaghi 2003, p. 66.

lago di Pergusa, uno dei pochi laghi naturali ancora esistenti in Sicilia e, perquesto, importante risorsa naturalistica e paleo-ambientale38. La parte meri-dionale della valle è costituita da terreni che degradano dolcemente verso laconfluenza con l’Imera, mentre il tratto centrale del torrente, oggi un corsod’acqua a regime stagionale, è invece profondamente incassato nel substrato inarenaria, scavato dall’azione delle acque, che hanno creato un vero e propriocanyon, lungo circa 2 km, largo circa 80 m e profondo in diversi tratti fino a 60m (Fig. 2). La complessità culturale che segna quest’area, verificata nel corsodelle nostre ricerche, è chiaramente riscontrabile anche nella toponomastica,per cui lo stesso corso d’acqua, che nasce come torrente Torcicoda ancora nel-l’ambito urbano di Enna, prende nella sua parte più alta il nome di torrente S.Giovannello, di Vallone Serieri prima e Vallone Cataratta poi all’interno del ca-nyon, per riacquistare definitivamente il toponimo Torcicoda nella sua partemeridionale, dopo la confluenza con le acque del torrente Scioltabino. Il pro-getto di ricerche “Archeologia nella Valle del Torcicoda” è stato condotto consuccessive campagne di ricognizione di superficie realizzate tra il 1996 e il200639, riuscendo ad esplorare in modo intensivo circa il 65% degli 80 kmqche compongono il bacino geografico di questa piccola valle fluviale e dei ter-ritori circostanti, compresa l’area del lago di Pergusa (Fig. 3). Al progetto è sta-ta applicata, fin dai suoi primi passi, una prospettiva multidisciplinare di am-pio raggio, con l’obiettivo di indagare le complesse dinamiche sociali ed eco-nomiche che, dalla preistoria all’età moderna, hanno contribuito a formare,modellare e trasformare il paesaggio di questa parte degli Erei.

La testimonianza più antica ad oggi rinvenuta è costituita dai pochi resti diindustria litica rinvenuti nel Riparo di C.da Ramata, situato nei pressi del lagodi Pergusa (Fig. 4, a): si tratta di un piccolo riparo scavato lungo un basso co-stone roccioso posto lungo i terrazzi del torrente Scavo, tributario del Dittai-no. Il riparo è stato eroso quasi completamente dagli agenti atmosferici, con laconseguente dispersione lungo il terrazzo sottostante dell’antico deposito edella relativa industria, costituita da schegge non ritoccate e da alcuni tipi pri-mari, principalmente grattatoi e raschiatoi, che presentano precisi riscontri nelconsolidato quadro tipologico del Paleolitico Finale. Al Neolitico è invece at-

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38 Sadori- Narcisi 2001.39 Il progetto è stato diretto da me, Mark Pluciennik e Antoon Mientjes ed è stato condotto

dal Centro Studi di Archeologia Mediterranea di Enna in collaborazione con l’University of Wa-les, Lampeter fino al 2001, in seguito con l’University of Leicester, oltre che con la Soprintenden-za per i Beni Culturali di Enna. Francesca Valbruzzi ha curato lo studio dei dati relativi l’età clas-sica e romana, mentre Jaimie Woodward e Mike Morley hanno studiato la geomorfologia dellavalle; al progetto hanno quindi partecipato diversi altri studiosi e numerosi studenti sia italiani cheinglesi. I risultati preliminari ottenuti dalle nostre ricerche sono stati presentati in numerosi con-vegni e pubblicati in diversi articoli; a tale proposito vedi, oltre la bibliografia già indicata nellenote precedenti, anche Giannitrapani c.d.s. c. Al momento è in corso l’edizione completa dei ri-sultati ottenuti in una monografia che verrà pubblicata entro l’anno.

tribuibile un focolare rinvenuto alla base di un terrazzo fluviale lungo la partemeridionale del corso del Torcicoda, a Sud di Borgo Cascino40, costituito dauna fossa riempita con ciottoli e carbone, da cui è stata ottenuta una datazioneal C14 che colloca l’utilizzo di tale struttura intorno alla metà del V millennioa.C. La presenza di questo focolare, che peraltro non ha restituito altro mate-riale antropico, è probabilmente da collegarsi al sistema di percorsi utilizzatidai pastori neolitici che, allora come oggi, usavano la piccola valle per sposta-re le greggi da e verso le colline degli Erei centrali.

Le dinamiche insediative che caratterizzano la valle del Torcicoda nelle suc-cessive fasi di età preistorica seguono il modello già descritto più in generaleper l’area degli Erei, con un’intensificazione dell’insediamento tra la Tarda Etàdel Rame e il Bronzo Antico, un successivo calo durante il Bronzo Medio e unanuova fase di intenso popolamento durante le fasi finali dell’Età del Bronzo ela successiva Età del Ferro. Dei tanti insediamenti individuati nel corso delle ri-cognizioni, quali ad esempio Cozzo Matrice e Viale Borremans a Enna Bassa(Fig. 4, b) per il Rame Antico, Masseria Sacella, Sorgente del Pioppo, Contra-da Nicola per il Rame finale, La Guardiola e Casa Giambettaro per l’età delBronzo (Fig. 4, c-d), sicuramente il più importante, anche per la comprensio-ne delle complesse dinamiche che interessano tutta la valle del Torcicoda neiperiodi successivi, è rappresentato dal Riparo 1 di contrada S. Tommaso, po-sto nella parte meridionale del Vallone Cataratta. In tale riparo41, lungo 70 me profondo circa 15 m, sono stati condotti nel 2000 e 2001 alcuni test pits, este-si in modo significativo nel 2010 (Fig. 5, a), allo scopo di verificare la consisten-za del deposito archeologico, indiziato in un primo momento dal rinvenimen-to in superficie di frammenti ceramici databili sia ad età preistorica che ad etàgreco-arcaica. La sequenza stratigrafica così esposta è caratterizzata dall’alter-narsi regolare di livelli ricchi di materiali antropici e di livelli sterili, indice diun’occupazione stagionale del riparo; in alcuni punti della stratigrafia, inoltre,i livelli di vita sono delimitati e segnati da strati compatti di cenere e materialeorganico combusto, probabile esito di incendi intenzionali dei depositi più an-tichi42.

Le indagini condotte in questo sito hanno permesso di verificare come ad og-gi la frequentazione di età preistorica sia databile appunto dal Rame Finale finoalle fasi finali del Bronzo Antico, fase quest’ultima caratterizzata dalla presenzadi numerosi resti di cervo, tra cui un palco di corna completo, capro-ovini e sui-ni, spesso di giovane età (Fig. 5, b). Di particolare interesse è il rinvenimento diresti di tartaruga terrestre (T. hermanni), che in diversi casi presentano evidenti

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40 Giannitrapani- Pluciennik 2001.41 Il riparo è situato sulla riva orientale del torrente; sulla sponda opposta sono conservati al-

tri due ripari più piccoli, al cui interno si conservano strutture abitative di età moderna, ma chefino ad oggi non hanno restituito significativi resti archeologici in senso lato.

42 Giannitrapani c.d.s. c.

no, per lo sfruttamento delle risorse agricole del territorio ennese e per l’imma-gazzinamento delle produzioni ed il trasporto verso la città di Henna e da quiverso i caricatori della costa. Gli insediamenti più piccoli, come quelli di con-trada Risicallà (Fig. 5, c), contrada San Tommasello, Masseria San Tommaso,Masseria Nicola, Giardino Paradiso (Fig. 7, c), si ritrovano su pianori distan-ziati dalla viabilità principale, in posizione utile allo sfruttamento agricolo. I si-ti più ampi, riferibili ad insediamenti complessi, quali Masseria Ramata, Mas-seria Scioltabino, Masseria Fico d’India, sono localizzati in posizione aperta neipunti di snodo della viabilità naturale e lungo il tracciato di veri e propri assiviari, spesso riutilizzati durante l’età post-medievale a formare la fitta rete di re-gie trazzere, e in alcuni casi ancora conservati, come quello ancora oggi visibi-le nei pressi di Monte Carangiaro, che collegava l’area di Enna e della valle delTorcicoda con la villa tardoantica di Contrada Gerace e, quindi, con la Siciliameridionale49.

Uno dei contributi più originali portati dal progetto di ricerche condottonella valle del Torcicoda, è sicuramente rappresentato dallo studio delle evi-denze architettoniche e materiali di età post-medievale, riguardanti in partico-lare le fasi di età moderna50. Nel corso delle ricognizioni effettuate in que-st’area, infatti, insieme alle tante masserie prima ricordate, quasi tutte sorte apartire dal XV secolo su terreni spesso già in uso durante i periodi precedenti,collegate da una vasta rete di strade, e trazzere che in parte ricalcano l’anticaviabilità di età romana, oggi quasi del tutto scomparsa ma ancora ben percepi-bile dalla lettura dell’ampia cartografia del XIX secolo, sono state infatti docu-mentate numerose strutture produttive, costituite ad esempio dagli stazzi, omannare, per il bestiame, come quello di contrada Grotta Stretta posto all’in-gresso settentrionale del Vallone Serieri, evidenza del ruolo svolto dal Torcico-da ancora in età recente da tale importante asse di collegamento tra la valle del-l’Imera e gli Erei centrali per le pratiche della transumanza, testimoniata anchedalla larga diffusione del toponimo marcato (per es. Marcato Tardo, Marcatodei Vitelli). Numerosi sono inoltre i mulini ad acqua, lungo la valle del Torci-coda ne sono stati documentati nove, dal Mulino Giampino posto all’internodel Vallone Serieri fino a quello di Marcato Bianco, situato nei pressi della con-fluenza del Torcicoda con l’Imera (Fig. 7, a), e palmenti connessi con la produ-zione di olio e vino, quest’ultima attività oggi scomparsa, ma molto sviluppatafino alla fine del XIX secolo nelle campagne circostanti Enna, come bene di-mostrano le ricerche d’archivio relative, per esempio, Contrada Torre, postaimmediatamente a Sud di Enna. Tutte queste evidenze, bene inserite nel con-testo politico-economico del sistema latifondista che caratterizza tutta la Siciliacentrale, implicando altresì l’esistenza di complessi e articolati rapporti sociali

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49 Valbruzzi c.d.s.50 Mientjes et Al. 2002; Pluciennik et Al. 2004. Per una definizione di maggiore dettaglio dei

vari aspetti della ricerca su tali periodi, si rimanda alla monografia ora in corso di pubblicazione.

che segnano le relazioni tra le varie classi, contadini, pastori, gabellotti, pro-prietari, di quella formazione economico-sociale, indicano come per il lungoperiodo compreso tra il Medioevo e l’inizio del XX secolo, l’area della valle delTorcicoda, compreso il bacino di Pergusa, già riserva di caccia di Federico II,svolsero un ruolo fondamentale per lo sviluppo della città, con un rapporto at-tivo tra città e campagna che ha contribuito in modo determinante a modella-re e trasformare il paesaggio culturale degli Erei.

Grazie alla ricerca nella valle del Torcicoda è stato possibile anche indaga-re l’uso più recente del paesaggio di questa parte della Sicilia centrale, caratte-rizzato, per esempio, dalla diffusa presenza di siti rurali che rappresentano iltentativo compiuto sia negli anni ‘30 del secolo scorso che nell’immediato do-poguerra, di attuare riforme agrarie che avevano come obiettivo il contrasto almodello economico latifondista in uso fino a quel momento. Sono esempi si-gnificativi di quei tentativi Borgo Cascino (Fig. 7, b), che ancora oggi conservaimmutata l’organizzazione dello spazio rurale e dell’architettura di età fascista,e i tanti casolari e case coloniche costruite tra gli anni ‘40 e ‘50 del secolo scor-so (Fig. 7, c) che, oggi abbandonati marcando così il fallimento di quei tenta-tivi, rappresentano un forte segno nel paesaggio del Torcicoda. È stato inoltrepossibile documentare la presenza qui, come nel resto della Sicilia centrale, diun ricco paesaggio minerario, rivolto principalmente allo sfruttamento dellozolfo, come nel caso delle miniere di Contrada Salerno nei pressi del lago diPergusa e di Pizzo Cutura nella parte alta della valle, ma anche di sali potassi-ci, come nel caso della Miniera Pasquasia, attiva fino a qualche decennio fa eimportante risorsa economica per un grande numero di lavoratori, chiusa al-l’inizio degli anni ‘90 del secolo scorso dopo la sua privatizzazione e oggi so-spettata di essere stata utilizzata per il deposito di rifiuti pericolosi, che rappre-senta, con le sue imponenti strutture produttive oggi in forte stato di degrado(Fig. 7, d), uno dei simboli più significativi del fallimento della modernità inquesto territorio.

CONCLUSIONI

Per concludere questo saggio e per dare un significato pratico alla defini-zione di ‘archeologia globale dei paesaggi’, bisogna tornare al Riparo di contra-da S. Tommaso (Fig. 8). Dopo la fine della sua frequentazione in età arcaica,infatti, il riparo venne abbandonato per un lungo periodo e rioccupato solo inetà post-medievale, come testimoniato dal rinvenimento di ceramiche databilial XVI e XVII secolo lungo i terrazzi che dai ripari scendono verso il corso deltorrente, oggi abbandonati ma un tempo coltivati con alberi da frutta e fichid’India. I ripari vennero poi occupati in modo significativo a partire dal XIXsecolo, come anche testimoniato dalle ricerche d’archivio, quando al loro inter-no vennero costruite una serie di strutture abitative e produttive, compreso 93

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uno dei mulini ad acqua censiti nella valle, il cosiddetto Mulino Nuovo, occu-pate e utilizzate da una piccola comunità di pastori, contadini e mugnai finoagli anni ‘60 del secolo scorso.

La ricerca fin qui condotta in questo sito, ricerca peraltro ancora non con-clusa, rappresenta pertanto una metafora dell’archeologia definita come storia‘totale’, dalla preistoria al presente, che ha potuto beneficiare dell’apporto didiscipline diverse, sia umanistiche che scientifiche. Da un punto di vista dellospazio antropologico, il riparo e il tratto di corso d’acqua su cui insiste, rappre-sentano perfettamente il concetto di linea, itinerario fondamentale in tanti se-coli come collegamento tra l’area centrale delle colline degli Erei e la valle del-l’Imera e la Sicilia centro-meridionale. Al tempo stesso è un fondamentale pun-to di intersezione, reso sacro dalle attività rituali svolte al suo interno nelle fasipiù antiche, e nevralgico centro di produzione legato all’attività agricole nel pe-riodo più recente. Luogo dalla forte valenza simbolica e mitica, arena utilizza-ta attivamente per la creazione di biografie condivise e costruzione di un sen-so d’identità comune ma, allo stesso tempo, luogo dove viene affrontata e ge-stita l’alterità e la differenza con l’attivazione appunto di complesse strategiecultuali, contenitore di memoria sociale nel passato quanto nel presente, comeevidenziato dalle tante interviste fatte nel corso delle nostre ricerche a coloroche fino a poco tempo fa vivevano e lavoravano nei ripari. In altre parole il Ri-paro di contrada S. Tommaso rappresenta per la valle del Torcicoda e gli Ereiun fondamentale segno materiale, ambientale e sociale del paesaggio contem-poraneo che, per la sua continuità nello spazio e nel tempo, assume una valen-za fondamentale sia per la ricerca archeologica, presente e futura, che per la co-struzione e la valorizzazione possibile dell’identità di quest’area, elemento datutelare e da utilizzare per nuovi processi di territorializzazione, oggi semprepiù necessari per dare nuova dignità culturale e sociale a questo territorio.

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Finito di stampareper conto dell’Editore Salvatore Sciascia

nel mese di maggio 2014