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Aspetti economici e sociali di Mileto in età moderna

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DEPUTAZIONE DI STORIA PATRIA PER LA CALABRIA

I Centri storici calabresi: politica, territorio, società

Atti del Convegno di Studi Reggio Calabria, 30 - 31 ottobre 2008

ISBN: 978-88-96276-09-9 t'l 20 l O - EDITRICE lL COSCILE Corso Garibaldi, 114 -Via A. Alfano, 36 Tclefax: 0981.22632- Castrovillari www.ilcoscile.it - [email protected]

Impaginazione e grafica di copertina: Francesco Gallicchio

P R O G R A M M A-----­

GIOVEDÌ 30 OITOBRE

Ore 9,00

Saluti MICHELANGELO TRiPODI (A>scssore all'Urbanistica e al Governo del

rerritorio della Regione Calabria)

Ore 9,30 Presiede - GIOVANNI B RANCACCIO (Università di Chieti-Pescara)

GrusEPPI' CARIDI (Presideme Deputazione di Stona Patria per la

Calabria - Un iversilà di Messina)

La Calabria nei secoli XVI e XVll: politica, territorio, società

SALVATORI- T RAMOl'.TANA (Università di Messina)

San Marco Argentano: ristrutturazione urbana nel secolo Xl

FRANCESCA MARI ORA 'IO (Università di Reggio Calabria)

Reggio Calabria: le città scomparse

MJRELLA M AFRICI (L.niversità di Salerno)

Squillace tra Sei e Settecento

FRANCFS<:O À"-'TO'IIO C UTERI (Università di Reggio Calabria)

Catanzaro nel Medioevo: la fondazione bizantina e il tessuto urbano e

sociale fra età normanna e aragonese

Ore 15,00 Presiede- GtUSL:PPC CARIDI (Università di Messina)

VJNCI:'IZO NAYMO (lJni\·ersità di Messina)

A5petti economici e sociali di Mileto in età moderna

Rocco LIBERTI (Deputazione di Storia Patria per la Calabria)

Oppido dalle origini al terremoto del/783

GnJSEPPF. MASI (llnl\ersità della Calabria)

A spelli di vita politica e sociale a

Nicastro nel secondo Ottocento

At-.'TO!'EILO SA VAGLIO (Università di Messina)

Monteleone (Vìbo Valentia) e i Pignatelli nel Cinquecento

s~RGIO CHI AlTO (Deputazione di Storia Patria per la Calabria)

Amantea nel catasto onciario dell754

S1 LFANIA MALfRBA (Assessorato Cultura Comune di Crotone)

Il nucleo urbano di Crotone medievale e moderna

VENERDÌ310TTOBRE

Ore 9,00 Presiede - SALVATORE TRAMONTANA (Università di Messina)

fRANCO LiGUORI (Deputa7ione di Storia Patria per la Calabria)

Cariati tra XVI e XVII secolo: aspelli politico-sociali, economici ed ecclesiastici

E N lO D' AGOS n1-;0 (Deputa7ione di Storia Patria per la Calabria)

Gerace nel Seicento

FAUSTO COZZETIO (Università della Calabria)

Cosenza nel catasto onciario di metà Settecento

GIUSEPPE CARIDI (Università di Messina)

Santa Severina e la sua diocesi nelle re/a::ioni arcivescovili della seconda metà del Seicento

FRANCESCO Mano (Deputazione di Storia Patria per la Calabria)

Rossano: il santo e il nobile. Aspetti nel/ 'urbanistica del centro storico

GIOVAN"'l BRANCACCIO (Università di Chieti-Pescara)

Conclusioni

La pol Gius

Geo Tra d·lu iran Ja fe si o n Car sua gera

aiUJ= Fu i Ger trOI

Cas rico zie: defi e s1 d aH C or di l Gic nui' pro COI che i p<

Aspetti economici e sociali di Mileto in età moderna Vincenzo Naymo

Gli studi e le ricerche sulla città di Mileto hanno sempre tendenzialmente pri­vilegiato l'età medievale, a scapito di altri periodi storici a noi più prossimi. Indubbiamente questa è stata, e per molti versi ancora oggi è, una scelta quasi obbligata, se si considerano le vicende di assoluto rilievo che hanno caratte­rizzato la storia di questa importante città della Calabria nell'età normanna e nei secoli adiacenti1• Ciò, naturalmente, non significa che per altre epoche sto­riche, e in particolare per l'età moderna, non vi siano state del tutto ricerche; ·queste, tuttavia, talvolta sporadiche e settoriali, non permettono ancora oggi di addivenire ad una visione complessiva ed esaustiva della storia della città a partire dalla fme del XV secolo2• Questo veloce e sintetico contributo, lungi da qualsiasi pretesa di completezza, si è posto l'esclusivo obiettivo di eviden­ziare qualche momento delle vicende storiche della città, in particolar modo nell'ambito economico e sociale, fra Cinque e Settecento. Il basso medioevo e la prima età moderna sono tradizionalmente considerati una sorta di parabola discendente nella storia della città di Mileto3, l'epoca nella quale si compì la decadenza di questo antico centro. A ragioni di carat­tere oggettivo che si prenderanno in esame in appresso, sulla storia post-nor­manna della città, paradossalmente, grava il fatto che la straordinaria luce che si era registrata al tempo della Mileto capitale, naturalmente, non si sarebbe mai più ripresentata: qualsiasi destino avesse avuto la città dopo quell'irripe­tibile periodo, questo non avrebbe mai potuto eguagliare i fasti precedenti. Una sorta di marchio, dunque, di cui Mileto ha beneficiato nell'immediato ma che ne ha talvolta condizionato il futuro, almeno in ambito storiografico. Uscita dal medioevo attraverso un XV secolo di luci e di ombre, alle soglie del­l'età moderna anche Mileto risentì del clima di grave instabilità che stava ca­ratterizzando ]a storia del Regno di Napoli, in quel periodo di profonde trasformazioni. I riflessi evidenti a livello locale di tale clima si registrarono

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sia sul piano civile che su quello religioso. Sul primo attraverso le vicende di natura feudale, legate alla sorte dei suoi signori, i Sanseverino, severamente puniti da re Ferrante I d'Aragona per essere stati fra i principali artefici della congiura dei baroni4

. Sul secondo attraverso una successione di vescovi spesso non residenti e non sempre attenti alle necessità della città e della diocesi, sia sul piano materiale che su quello spirituale5•

Carlo Sanseverino, conte di Mileto, infatti, appartenente ad un casato tradi­zionalmente filo-angioino, aveva anch'egli preso parte attiva alla predetta con­giura. Scoperto il complotto, la repressione del sovrano fu spietata ed il Sanseverino accusato di fellonia, insieme ad altri e ben più famosi membri del suo casato, tra i quali il fratello Geronimo Principe di Bisignano, fu arrestato e spodestato dei suoi possedimenti di natura feudale. Al suo posto il sovrano inviò temporaneamente il regio governatore Nicola Donnorso da Sorrento6•

A complicare ulteriormente in chiave negativa il quadro politico, sia a livello generale che locale, concorse la temporanea invasione francese del Regno da parte delle truppe di Carlo VIII, verificatasi all'indomani della morte di Fer­rante I. Fra il1494 ed il1496 e fino almeno al1504, la regione attraversò un periodo di gravissima instabilità, i cui riflessi non mancarono di sconvolgere la vita delle popolazioni di città, paesi e villaggi. La condotta senza scrupoli ed i veri e propri crimini di Robert Stuart d' Aubigny7

, il conte di Lennox della casa reale di Scozia, uomo fidato del sovrano francese e suo luogotenente nella regione, ridusse molti centri allo stremo8. Mileto non costituì un'eccezione: sebbene apertamente schieratasi con gli occupanti d'Oltralpe, che nel frat­tempo l'avevano restituita ai fedeli Sanseverino, fu teatro tuttavia, prima di gravi contrasti con gli appartenenti al partito aragonese, pure presente in città, poi della terribile rappresaglia degli aragonesi ritornati al potere, che la puni­rono duramente per il tradimento. Si ha notizia, ma occorrerebbe verificarne l'attendibilità, che la città sarebbe stata addirittura rasa al suolo e privata di nu­merosi privilegi9. A giudicare però dalla consistenza monumentale di Mileto, quale risulta negli anni precedenti al terremoto del 1783, si stenta a dare cre­dito a questa notizia. Non fu sufficiente il ritorno dei sovrani aragonesi per una stabilizzazione della situazione. Solo con l'avvento degli spagnoli nel Regno, dopo la morte di re Federico d'Aragona, si registrò una sostanziale normalizzazione, grazie ai nuovi signori di Mileto, gli Hurtado de Mendozza, preferiti da Ferdinando il Cattolico a Giacomo Sanseverino, pronipote ex fratre di Carlo, il cui padre Bernardino era stato negli anni precedenti reintegrato da Carlo Vlll di Fran­cia, durante la menzionata fugace occupazione del Regno10•

91 Mileto ...

Siamo nel periodo nel quale continuò la frantumazione dei più grossi stati feu­dali della Calabria, deliberatamente voluta dai sovrani aragonesi per indebo­lire l'eccessivo potere dei signori feudali. Tale politica fu proseguita anche nel secolo successivo dai viceré spagnoli che governarono il Regno nel corso del Cinquecento11

• Tuttavia, lo stato di Mileto non sembra avere subito mutila­zioni nel corso di questi eventi, essendosi trasmesso ai nuovi signori della stessa consistenza risultante ai tempi dei Sanseverino. Esso era composto oltre che dal capoluogo con i suoi casali di Compami, San Giovanni, Paravati, Ca­labrò, San Pietro, Catapani, Jonadi, Nao ed altri, anche dalle terre di Franca­villa, di Francica e casali, di Roccangitola e casali, di Pizzo, di Montesanto con il casale di Capistrano e di Caridà e casali. Un territorio piuttosto vasto che, oltre a Mileto, abbracciava ben cinque feudi in capite curiae12•

ll Cinquecento fu un secolo durante il quale, nonostante le premesse tutt'altro che incoraggianti, Mileto, come del resto tutta la regione, registrò un deciso miglioramento delle condizioni economiche e di vita, testimoniato dal sensi­bile incremento demografico che la città ed i suoi casali conobbero fra l'ini­zio e la fine del secolo13. Un progresso che viene confermato anche dall'aumento della rendita feudale dell'intero stato. Come risulta documen­tato dalle rilevazioni di natura fiscale, nel1447 Mileto e i suoi casali avevano una popolazione di 358 fuochi. Nel 1521, a circa un ventennio dalle trava­gliate vicende della città, i fuochi risultavano 424, registrando così un incre­mento molto contenuto rispetto alla rilevazione precedente, nonostante gli oltre settant' anni trascorsi'4• È presumibile, dunque, che a fine Quattrocento la popolazione risultasse ancora meno numerosa e che ciò fosse diretta conse­guenza degli eventi bellici che avevano fatto fuggire e perire una buona fetta degli abitanti. A testimoniare la reale stabilizzazione della situazione politica nazionale e lo­cale ed il conseguente miglioramento del tenore di vita della popolazione, con­corre il dato demografico del1532 quando i fuochi di Mileto e casali risultano ben 882, più del doppio rispetto a quelli di undici anni prima15• Considerata la brevità del periodo, questo dato, a mio giudizio, non può giustificarsi esclusi­vamente attraverso il progressivo miglioramento delle condizioni di vita, ma probabilmente va pure connesso al fenomeno del rientro in città di molte fa­miglie fuggite nei decenni precedenti. L'ulteriore incremento registrato nel 1545, quando sono attestati 971 fuochi, e la sostanziale tenuta della popola­zione sul finire del Cinquecento (916 fuochi nel 1595) confermano il dato di una sorta di normalizzazione della situazione ed una buona ripresa della città, anche sotto il profilo urbanistico, nel corso del Cinquecento16•

92 Vincenzo Naymo

Una sorta di placet per questa rinascita da parte delle autorità si era avuto già nel 1518 quando la contea di Mileto era stata elevata a Principato, in favore del conte Diego II Hurtado de Mendoza17• Al genitore di quest'ultimo l'impera­tore Carlo V aveva confermato definitivamente lo stato militese, nonostante il possesso fosse stato fmo ad allora invano preteso dai Sanseverino18• La figlia del primo principe, Anna de Hurtado Mendoza, e sua erede a partire dal1578, andò in sposa a Ruy Gomez da Sylva, il noto favorito del re Filippo II di Spa­gna, ai cui discendenti rimase fmo alla prima metà del Settecento, quando Maria Francesca de Sylva Hurtado de Mendoza, trasmise il principato al pro­prio figlio Pietro d'Alcantara de Sylva y Mendoza. Il figlio di costui, suo omo­nimo, Pietro d'Alcantara de Sylva y Mendoza juniore fu colpito dalle leggi eversive della feudalità del1806 e fu l'ultimo principe di Mileto19•

I feudatari non soggiornarono se non sporadicamente in città; pertanto, come av­venne anche altrove, la giurisdizione fu esercitata da un governatore, detto anche vice principe, fenomeno, questo, non sempre positivo nella gestione dei feudi. L'amministrazione cittadina era invece pertinente alla locale università, retta da un Sindaco dei Nobili, da due eletti e da un Sindaco del popolo, a testimo­nianza di una netta separazione dei ceti almeno nel corso del XVlll secolo20•

Pipemi, Prestia, Lacquaniti, Sarlo, Comerci, sono solo alcune delle tante fa­miglie di spicco della Mileto di età moderna. Assai meno oligarchica l' ammi­nistrazione cittadina era stata nei secoli precedenti. La decina di casali miletesi aveva avuto ciascuna un proprio sindaco e dunque una propria università, tut­tavia dipendente da quella del capoluogo21 .

L'economia dello stato, di carattere prevalentemente agricolo, dimostrava un certo dinamismo: la fondazione nel1621 di un monte di pietà, situato presso l'Ospedale e la necessità di istituirne altri tre, entro la metà del Settecento (quello della Pietà sito in Cattedrale, quello di S. Michele Arcangelo, nella chiesa omonima e infme quello di San Rocco, istituito nel1744), testimoniano una vivacità economica abbastanza marcata22•

Certo il XVII secolo, periodo generale di recessione e di contrazione demo­grafica, a Mileto fu foriero di mali in misura decisamente maggiore rispetto ad altre località. Basti pensare alla serie terribile di terremoti che si abbatterono in modo particolare nell' area della città; furono almeno quattro e cioè quelli del 3 febbraio 1624, del 27 marzo 1638, del 5 novembre 1659 e dell' 11 gen­naio 1693. Gli effetti maggiori a Mileto si registrarono con i terremoti del1638 e del 5 novembre 165923; in particolare quest'ultimo arrecò danni notevolis­simi alla celebre abbazia della SS. Trinità, la cui origine ed i cui trascorsi erano indissolubilmente legati alle grandi vicende del periodo norrnanno, abbazia

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che, di fatto, era diventata il simbolo della grandezza e della fama di Mileto24•

Le epidemie e le carestie completarono l'opera. È in questo periodo che si ri­trovano spesso fra i protocolli notarili atti nei quali la gente era costretta ad alienare i propri beni patrimoniali, anche quelli dotali per alimentare i propri figli a causa "dell'annata o de' tempi calamitosi"25.

Eppure già durante gli ultimi decenni del Seicento è attestata una sensibile ri­presa, di carattere demografico ed economico, che dimostra una insospettata vitalità della città e delle sue risorse, umane e produttive. Tale ripresa è se­gnalata da Giuseppe Caridi, il quale, esaminando i registri parrocchiali della Cattedrale, sotto il titolo di S. Nicola, rileva un notevole incremento delle na­scite fra gli ultimi anni del XVII ed i primi decenni del XVIIF6• Tale crescita demografica comportò come riflesso un incremento della rendita fondiaria «derivante sia dall'aumento del canone degli affitti dei fondi cerealicoli, sia dalla conversione colturale che portò a sostituire con le più redditizie piante di olivo, i gelsi, la cui produzione di fronda era meno richiesta per la flessione su­bita nel commercio della seta»27

• Nel corso del Settecento l'economia dello stato miletese registrerà un ulteriore progresso per arrestarsi soltanto in se­guito al cataclisma sismico del 1783. Dal punto di visita demografico, tutta­via, la popolazione, avrebbe solo eguagliato ma mai superato i livelli raggiunti nel corso del Cinquecento. Nel celebre manoscritto di Ignazio Piperni, edito dall'Occhiato e dal Bartuli, si fa ampio cenno al numero tutto sommato con­tenuto della popolazione del capoluogo che spesso si ritrovò ad essere inferiore a quella di alcuni degli stessi casali28•

Fra Cinque e Settecento un certo progresso si registrò anche dal punto di vista ecclesiastico, settore nel quale la città aveva sempre individuato una risorsa piuttosto affidabile, soprattutto nei periodi difficili. In effetti di benefici per il fatto di essere sede vescovile la città di Mileto ne aveva ricevuti anche in pas­sato, basti pensare all'istituzione di una sorta di seminario già nel1440, sotto l'episcopato di Mons. Antonio Sorbilli, più di un secolo prima del Concilio di Trento e della fondazione di simili istituti in altre diocesi29• Vescovo, capitolo e clero, forse talvolta ingombranti, nel bene e nel male, costituirono comun­que una importante risorsa per la città. La presenza della ricca e ben dotata Mensa Vescovile e di altri enti di natura ecclesiastica giocò sempre un ruolo di non secondaria importanza in seno a ta­lune dinamiche di natura economica, con ricadute di certo non indifferenti anche sul piano sociale30. Le fonti notarili del tempo attestano in modo ine­quivocabile il ruolo di tali enti nella concessione a terzi in enfiteusi di beni patrimoniali, pratica assai diffusa nella Calabria di età moderna. Questo ben

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noto e studiato istituto permetteva soprattutto ai ceti meno abbienti l'accesso e la fruizione delle rendite di estensioni di terra, talvolta anche consistenti, die­tro un pagamento al concessionario di un canone annuale di norma piuttosto contenuto. Non risulta superfluo ribadire ancora il ruolo spesso determinante di tali concessioni n eli' ascesa di alcune famiglie contadine e del ceto medio, che chi ha dimestichezza con tale tipologia di fonti storiche può facilmente rilevare31•

Il fenomeno è attestato anche nello stato di Mileto e si renderebbe evidente qua­lora si conducesse uno studio di carattere monografico su una delle tante fami­glie intraprendenti che, cresciute di censo grazie a negozi, professioni e rendite, premeva per essere accolta fra gli strati più alti della società32•

Un evento importante agli inizi del settecento fu la decisione del pontefice Clemente XI che, con la bolla del 31 marzo 1717, aggregava l'Abbazia della SS. Trinità al vescovado, durante l'episcopato di Moos. Domenico Antonio Bemardini, abbazia fmo allora rimasta indipendente. Tale provvedimento non poteva che rafforzare il potere del vescovo. Giova ricordare che Mons. Ber­nardini nel 1696 aveva istituito una biblioteca nel locale Seminario33•

Sul piano culturale Mileto dimostrò sempre una certa vivacità: nel 1723, du­rante l'episcopato di Moos. Ercole Michele d'Aragona de Ayerbe fu fondata l'Accademia Milesia, sodalizio di tipo arcadico indirizzato alla promozione di studi di erudizione e di ricerche scientifiche34•

Negli annali cittadini pertinenti al Settecento la data del 16 febbraio 1735 ri­sulta certamente indicata e si riferisce alla visita che il nuovo sovrano del Regno di Napoli Carlo m di Borbone effettuò nella città, segno tangibile del­l' importanza e della fama di questa. Testimonianze dell'epoca riferiscono che sarebbe stato ricevuto dal vicario capitolare, il rev. don Rinuccio Lacquaniti, il Capitolo, il Clero, il Seminario e le autorità comunali della città35•

A costituire una sorta di cesura nella storia di Mileto nel Settecento, un vero e proprio spartiacque, con un prima ed un poi, sarebbe ben presto sopraggiunto l'evento certamente più catastrofico di tutta la sua storia, quello che di fatto, avrebbe cancellato la città dalla carta geografica: il terribile cataclisma sismico del 5 febbraio 1783, sisma che sconvolse quasi l' intera Calabria. Per Mileto fu la fme: la fme dell'antica Abbazia, la fme della Cattedrale e di tutte le chiese della città, la fine di tutto il tessuto urbano; persino il sito della città sarebbe stato abbandonato. Ad un numero sorprendentemente contenuto di vittime, una ventina in tutto, era corrisposta la totale distruzione della città e persino la trasformazione orografica del sito che la ospitava. Fra le testimonianze supersiti per Mileto non si può non accennare a quella forse più nota, ma non per questo ancora oggi meno sconvolgente, lasciata dal

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nobiluomo Luigi Pipemi, testimone oculare della sciagura e vittima egli stesso e la sua famiglia delle conseguenze della medesima. Una narrazione, detta­gliata ed esaustiva, che lascia davvero sbigottito e senza parole il lettore con­temporaneo, testimone delle sofferenze e delle privazioni della popolazione durante quel terribile periodo36.

Come è notorio, Mileto sarebbe stata ricostruita altrove, precisamente a circa tre chilometri ad ovest dell'antico sito lungo il corso della grande strada delle Calabrie che coincide con l'attuale SS. 18. Fu in questo nuovo sito che sa­rebbe stata scritta la storia della Mileto contemporanea.

Conclusioni A ben osservare la storia di Mileto in età moderna, nel complesso, non diffe­risce poi molto da quella coeva di altri centri capoluogo di diocesi della Cala­bria e, per certi versi, anche dell'intero Regno di Napoli. Le dinamiche economiche e sociali, a parte qualche singolare specificità, riflettono anda­menti più generali abbastanza noti altrove e che sembrano venir confermati anche a Mileto. Un sola sostanziale peculiarità può essere rilevata esaminando i trascorsi feudali della città: l'essere appartenuta per circa due secoli ai San­severino, un casato tradizionalmente favorevole agli angioini, divenne pre­giudizievole alla città allorquando il Regno pervenne in possesso prima della casa di Durazzo, poi dei sovrani aragonesi. Costoro, ben consci dell'atteggia­mento tutt'altro che coerente nei loro confronti assunto dal potente casato ba­ronale, certamente si dimostrarono tutt'altro che accondiscendenti nei loro confronti. Mileto, pagò indubbiamente a caro prezzo la condotta equivoca dei suoi conti durante tutto il corso del XV secolo. Questa circostanza costituì per lo stato miletese una sorta di handicap, di palla al piede con la quale convivere, foriera com'era di ritorsioni, di vendette e di sfiducia da parte del potere centrale. Estromessi i Sanseverino, le vicende dello stato di Mileto e del suo capoluogo, come si è rilevato, si "normalizzano", rientrando nell'orbita della storia tradi­zionale della Calabria e del Regno, con i suoi successi ed i suoi noti limiti. Una storia che comunque fino a quel tragico 5 febbraio 1783, al di là dei lontani glo­riosi trascorsi di età normanna, ha comunque reso Mileto una tra le più impor­tanti e ricche sedi vescovili della Calabria e dell'intero Regno di Napoli.

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NOTE 1 Fra i tanti studi specifici legati alla città e ai suoi principali monumenti, segnalo il lavoro più generale di G. OccHJATO, Per la storia della città di Mileto dalle origini all'età di mezzo in Mileto nel contesto storico-culturale del! 'Italia meridionale, a cura di F. RAMON­DINO, dell'Associazione Turistica Pro Loco e dell'Associazione Culturale "Accademia Mi­lesia" di Mileto, Soveria Mannelli 1999, pp. 15-51. 2 Alcune notizie si ritrovano per esempio in F. PATA, Mileto nel tempo, Roma 1966 e, più recentemente, sono state riprese ed ampliate nel volume di AA.VV., Mileto mille anni di storia, a cura dell'Accademia Milesia, Vibo Valentia 2001, pp. 63-81. Manca ancora, tut­tavia, un vero e proprio lavoro monografico sulla Mileto di età moderna. 3 Cfr. G. ÙCCHIATO. Per la storia della città di Mileto ... cit., pp. 42 e sgg. 4 Cfr. M. PELLICANO CASTAGNA, La storia dei feudi e dei titoli nobiliari della Calabria, vol. III, L-0, Catanzaro 1999, pp. 176-177, suc­cessione feudale di Mileto. s Cfr. G. OcCHIATO. Per la storia della città di Mileto ... cit., p. 48 e sgg. 6 Cfr. M. PELLICANO CASTAGNA, La storia dei feudi .. cit., p. 177. 7 Robert Stuart (c. 1470-1544), conte di Bc­aumont-le-Roger, signore d'Aubigny, più co­nosciuto come Maresciallo d' Aubigny, era secondo figlio di Giovanni Stuart III, conte di Lennox, della casa reale di Scozia. Entrò nella guardia scozzese di Carlo VIII, che ac­compagnò nella spedizione in Italia. Dopo la morte di quest'ultimo partecipò agli assedi di Bologna ( 1506) e di Genova ( 1507). Per 1

suoi successi militari ricevette il bastone di Maresciallo (1514); combatté a Marignano (1515) e a Pavia (1525) e contribuì alla difesa della Provenza contro Carlo V. Per ulteriori notizie sulla figura e le imprese dell' Aubigny, cfr. AA.Vv., Nuovo dizionario istorico di tutti gli uomini, che si sono renduti celebri per ta­lenti, virtù, sceleratezze, errori &c, tomo

I(J} \_

Vincenzo Naymo

XXIV, Napoli MDCCXCIV, p. 460. 8 Cfr. V. NAYMO, Agazio Striveri da Grotte­ria. Storia di un capitano filo-aragonese al tempo del/ 'occupazione francese del Regno di Napoli (1495-1496, Gioiosa Jonica 2005. Per il periodo della conquista del Regno di Napoli da parte di Carlo Vlll, cfr. G. D'AGO­STINO, Il Mezzogiorno aragonese (Napoli dal 1458 al l 503), in AA.Vv., Storia di Napoli, Napoli 1967-1978, vol. IV, Tomo l, Cap. IV, La conquista francese ed il breve regno di Carlo VIII, pp. 263-312; F. DE SALVO, Ricer­che e studi storici intorno a Palmi, Seminara e Gioia Tauro, Palmi 1899, pp. 83-128. 9 Cfr. G. fLORIANI - S. PALAZZOLO - V. Russo, Beni culturali a Mileto di Calabria, Centro Servizio Culturali Vibo Valentia, Op­pido 1982, p. 21. 1° Cfr. M. PELLICANO CASTAGNA, La storia dei feudi ... cit., p. 177. 11 Cfr. G. GALASSO, Economia e società nella Calabria del Cinquecento, Napoli 1992, Geo­grafia e fortuna delle case feudali, pp. 33-86. 12 M. PELLICANO CASTAGNA, La storia dei feudi ... ci t., p. 172. 13 Cfr. G. GALASSO, Economia e società cit., p. 126 e sgg. 14 Cfr. G. CARIDI, Popoli e terre di Calabria nel Mezzogiorno moderno, Soveria Mannelli 2001, p. 100. 15 Ibidem. 16 Ibidem. 17 M. PELLICANO CASTAGNA, La storia dei feudi ... cit., p. 178. 18 Ibidem, p. 177. 19 Ibidem, p. 180. 20 La notizia in F. PATA, Mileto nel tempo ... cit., p. 29. 21 Ibidem. 22 Cfr. G. 0CCHIATO- F. BARTULI, Una "Me­moria " inedita di Ignazio Pipemi sul/ 'antica città di Mileto, Mileto 1984, p. 64 e ssg. per le successive istituzioni. 23 Cfr. AA.VV., Mileto mille anni di storia ... cit., p. 74. 24 Cfr. G. OCCHJATO, La Trinità di Mileto nel

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romanico italiano, Cosenza 1994, pp. 86-88. 25 Il fenomeno non è esclusivamente legato all'area di Mileto ma risulta attestato nell'in­tera regione. Nell'area di Gioiosa, per esem­pio, 1'8 aprile 1693 la vedova Ninfa Vetrisano non potendo come povera femena alimentar li soi figli per la scarsezza del/ 'annata et ri­parare altri soi bisogni, fu obbligata ad alie­nare due macine d 'olivi, con il patto di poterle ricomprare; il4 aprile 1694, Caterina Mercuri e il figlio Giacinto Scali dichiarano di essere costretti ad alienare con il patto della ricompra una macina di olivi perché si trovano oppressi in gran miseria per la quale si rendono inhabili di potere sustentare a Domenico Scali, figlio di detta Caterina (. .. ) et anco di aggiutarlo in come per la sua notoria carcera tione, cfr. Se­zione Archivio di Stato di Locri (RC), fondo notarile, not. F. Cetera, b. 61, voli. 489-490. 26 Cfr. G. CARIDI, Popoli e terre di Calabria ... cit., pp. 140-141. 27 Ibidem, p. 141. 28 Cfr. G. OccmAro- F. BARTULI, Una "Memo­ria "inedita di Ignazio Pipemi ... cit., p. 59 e sgg. 29 Cfr. G. OCCHIATO. Per la storia della città

Mileto ...

di Mileto ... cit., p. 51. w Per la Mensa vescovile cfr. V. F. LUZZI, Le <<memorie» di Uriele Maria Napolione (sec. XVJIJ), Parte II, Memoria per i beni della Mensa Vescovi/e di Mileto, Reggio Calabria 1994. 31 Sull'argomento cfr. V. NAYMO, Notai e no­tariato in Calabria in età moderna, Soveria Mannelli 2008, pp. 165-1 66. 32 Per avere immediata contezza di questa re­altà basterebbe semplicemente considerare cosa accadde con le vendite della cosiddetta Cassa Sacra, istituita in seguito al terremoto del 1783 e in quali mani finirono i terreni espropriati alla chiesa, cfr. A. PLACANICA, L 'iliade funesta. Storia del terremoto cala­bro-messinese dell783, Roma 1984. H Cfr. F. PATA, Mileto nel tempo ... cit., p. 29. 34 Cfr. G. OCCHIATO - F. BARTULI, Una "Me­moria" inedita di Ignazio Piperni... cit., p. 42. 35 La notizia è riportata da F. PATA, Mileto nel tempo ... cit. 36 Cfr. G. OcCHIATO- F. BARTULI, Una "Me­moria" inedita di ignazio Piperni ... cit.

Mileto nella stampa del Pacichelli (1703)