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Quaderni del Circolo Filologico Linguistico Padovano - 30 - fondati da Gianfranco Folena

AUTORI COLLETTIVI E CREAZIONE DI COMUNITÀ: IL CASO WU MING

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Quaderni del Circolo Filologico Linguistico Padovano- 30 -

fondati da Gianfranco Folena

L’autorialità plurimaScritture collettive, testi a più mani, opere a firma multipla

Atti del XLII Convegno Interuniversitario(Bressanone, 10-13 luglio 2014)

a cura di Alvaro Barbieri e Elisa Gregori

Questo volume è stato stampato con il contributodel Dipartimento di Studi linguistici e letterari

dell’Università degli Studi di Padova

ISBN 978-88-6058-042-9© 2015 Esedra editrice s.a.s.via Hermada, 4 - 35141 PadovaTel e fax 049/723602e-mail: [email protected]

INDICE

Alvaro Barbieri - Furio Brugnolo Premessa IX

Giuliana Benvenuti - Remo Ceserani Autoricollettiviecreazionedicomunità:ilcasoWuMing 1

Andrea SciutoChiracconta,chièraccontato.IcasidiTimiraePoint Lenana 15

Tommaso MeozziInformaticaeautorialitàmultipla:apartiredaSIC 33

Renato NicassioScriverealgoritmicamente.Invisible Seattle,ilromanzodiunacittàscrittodaunacittà 47

Leonardo TerrusiIlnomedell’autoremultiplo 61

Angela FabrisIllimitesfuggentedell’autorialitàplurima:ilcasodeigemelliPressburger 75

Piero Severi - Bianca BaratelliL’enigmaF&L.ComelavoravanoFrutteroeLucentini

87Helmuth MeterBoileau-Narcejacolascritturaeterodossa.Comenascelasuspensedalconnubiodiduementiautonome 107

Marie Luise WandruszkaLa famiglia Floriani(1951)diIngeborgBachmann,JörgMautheePeterWeiser 117

Leonardo VileiIlromanzoenigmaageometriavariabile.IltrioBorges,BioyCasares,Ocampo 129

Elisa GregoriPaulValéry-CatherinePozzi:unascritturaaquattromani? 143

Alexandra VranceanuLereinvenzionedellarelazioneautor-scriptornelromanzoLa famille PerlmutterdiPanaitIstratieJosuaJéhouda 159

Stefania SiniLaplurivocità“ipocrita”.ApropositodeitesticontroversidiMichailBachtin 175

Mario DomenichelliLa natura del reato.IromanziaquattromanidiJosephConradeFordMadoxFord 191

Patrizia MuscaEliot,PoundeThe Waste Land 203

Bruno CapaciLafabbricadellibretto.LascritturaapiùmanidiTosca 223

Francesca MedagliaIl mistero della strada di SintradiEçadeQueirozeeRamalhoOrtigão.Ilgiallonellascritturaaquattromani 235

Donatella Siviero IlromanzocollettivoinSpagnatraOttoeNovecento.DaLas vírgenes locas(1886)aEl nadador(1998)e¿Quién teme a papá Noel?(1998)247

Edgar Sallager EdmondeJulesdeGoncourt:unejumellitélittéraire 267

Attilio Motta Uno,nessunoeiMille.Perunacasisticarisorgimentaledell’autorialitàcomplessa 281

Adone BrandaliseAllesogliedelsistema.MitdenkenemitologiadellaragioneneIl più anticoprogramma di sistema dell’Idealismo tedesco 297

Mario ManciniIlcasoDiderot 305

Kazuaki UraIlgenereRengael’autorialitàplurima 319

Carlo CeniniUncanzoniereapiùmani 335

Tina Matarrese L’Orlando innamorato:uncasospecialediautorialitàmultipla? 353

Stefano PezzèSulprocessoelaborativodelCertame coronario 365

Patrizio Tucci Moriredisetevicinoallafontana.Charlesd’OrléanselapolifoniapoeticaallacortediBlois 379

Michael RyzhikPredicheesermonidiRobertoCaracciolo:frareportationeseoperaindividuale 405

Danielle Buschinger LeRappoltsteiner Parzifal:dixauteursàl’œuvre 421

Veronica Orazi«ElReyfazeunlibro,nonporquelescrivaconsusmanos»(General Estoria,I,216R).AlfonsoXele escuelas alfonsíes:paradigmadiautorialitàmultipla 431

Alvise Andreose Il Devisement dou mondeeilprogettoeditorialediRustichellodaPisa 443

Indicedeinomi 461

Giuliana Benvenuti - Remo Ceserani

AUTORI COLLETTIVI E CREAZIONE DI COMUNITÀ: IL CASO WU MING

1. L’armata dei sonnambuli è l’ultimo romanzo («in tutti i sensi»,1 ci tengo-no a specificare gli autori) di un gruppo di scrittori che si fa chiamare, da più di un decennio ormai, Wu Ming. Con un certo gusto per il paradosso e la provocazione che caratterizza il collettivo fin dalle sue origini, il nome Wu Ming significa in mandarino ‘senza nome‘, oppure ‘cinque nomi‘, a seconda di come venga pronunciata la prima sillaba. Sono stati cinque, in-fatti, i membri del gruppo da quando – nel 2000 – al nucleo originario com-posto da Roberto Bui (alias Wu Ming 1), Giovanni Cattabriga (Wu Ming 2), Luca Di Meo (Wu Ming 3) e Federico Guglielmi (Wu Ming 4), si è aggiunto Riccardo Pedrini (Wu Ming 5); e fino a quando – nel 2008 – Luca Di Meo ha abbandonato il collettivo per ragioni personali e politiche.2

Il progetto Wu Ming, com’è noto, aveva trovato origine nel «Luther Blis-sett Project», un movimento artistico attivo tra il 1994 e il 1999, quando «in giro per l’Europa, centinaia di artisti, attivisti e burloni [scelsero] di adottare la medesima identità»3 per produrre contenuti, provocazioni, per-formance orientate a scuotere l’industria culturale della fine del secolo. Un «piano quinquennale», come lo definiscono gli stessi protagonisti di quella vicenda, che trova in Bologna il centro propulsore della sua attività e che «organizza eterodosse campagne di solidarietà a vittime della censura o del-la repressione, e – soprattutto – orchestra elaborate beffe mediatiche come forma d’arte, rivendicandole sempre e spiegando quali difetti del sistema ha sfruttato per far pubblicare o trasmettere notizie false».4

Nel corso degli anni Novanta, il «Luther Blissett Project» – che dove-va il nome a un giocatore afro-caraibico la cui carriera fu tanto gloriosa in Inghilterra, quanto fallimentare sarebbe stata la breve stagione che tra-scorse al Milan nel 1983 – coinvolse artisti provenienti soprattutto dalle controculture punk e antagoniste che agivano sul territorio bolognese. Fra

1 Cfr. http://www.wumingfoundation.com/giap/?p=17774.2 Che si leggono qui: http://www.wumingfoundation.com/italiano/Giap/giap1_IXa.

htm#gummo.3 Cfr. http://www.wumingfoundation.com/italiano/biografia.htm4 Ibidem.

GIULIANA BENVENUTI - REMO CESERANI2

questi, nel «Luther Blissett Project», aveva avuto un ruolo di primo piano Piermario Ciani, «grafico, mail-artista, fotografo, editore, artefice di grandi beffe»,5 e protagonista dell’esperienza musicale dei Mind Invaders negli anni Ottanta, cui rendeva omaggio la band Klasse Kriminale con un brano omonimo del 1998. Il testo, scritto proprio da Luther Blissett, aveva tutto l’aspetto di un manifesto dell’anonimato come strumento rivoluzionario, e dava un’idea dell’operazione che il collettivo di scrittori intendeva compie-re sul piano letterario e culturale:

Il mio nome è il tuo nome Senza nomi tutti liberi Un solo nome per tutto il mondo Un solo nome per tutta la musica Uniti uniti, tanto uniti Da non avere neanche il nome Se non ci riconoscono non ci imprigioneranno Se non ci distinguono non ci abbatteranno.6

Dal confronto e dalla partecipazione ai movimenti antagonisti degli anni Novanta dipende la caratteristica principale dell’opera di Luther Blis-sett prima, e di Wu Ming successivamente: l’uso della scrittura (e più in ge-nerale, degli strumenti offerti da qualunque forma di espressione artistica) come momenti di intervento politico e rivoluzionario. Di volta in volta, nel corso della sua storia, gli scrittori del collettivo Luther Blissett/Wu Ming hanno dichiarato, ostentandoli come segni di appartenenza e di identità anche all’interno di una più generale critica a tutte le forme di investi-mento identitario, i punti di riferimento ai quali le loro azioni di disturbo culturale si sono ispirate. Da Robin Hood, la cui figura viene però aggior-nata e contrapposta al tipo di oppressione prodotta dalla società contem-poranea,7 all’irriverente e sfaccendato Till Eulenspiegel, personaggio del folklore tedesco considerato primo guerrigliero della comunicazione; dal rivoluzionario messicano Emiliano Zapata, al Subcomandante Marcos, vera e propria icona internazionale dell’anonimato («È quello il vero significato del passamontagna: la rivoluzione non ha volto, chiunque può essere uno zapatista, tutti siamo Marcos»),8 i punti di riferimento politici di Luther

5 Ibidem.6 Cfr. http://www.lutherblissett.net/archive/443_it.html.7 Cfr. http://www.wumingfoundation.com/italiano/biografia.htm: «Questo Robin Hood

dell’era dell’informazione ingaggia una guerriglia dentro/contro un’industria culturale in via di radicale trasformazione (siamo ai primordi del web), organizza eterodosse campagne di solidarietà a vittime della censura o della repressione, e – soprattutto – orchestra elaborate beffe mediatiche come forma d’arte, rivendicandole sempre e spiegando quali difetti del sistema ha sfruttato per far pubblicare o trasmettere notizie false».

8 Wu Ming 1, Tute bianche. La prassi della mitopoiesi n tempi di catastrofe (2001), in Wu Ming,

AUTORI COLLETTIVI E CREAZIONE DI COMUNITÀ: IL CASO WU MING 3

Blissett/Wu Ming funzionano anche come modelli di guerriglia semiotica all’interno del progetto complessivo di insurrezione culturale: «l’esempio degli Zapatisti aiutò il Luther Blissett Project a definire il suo intento: strap-pare l’uso dei miti dalle mani dei reazionari».9

Fra questi, gioca un ruolo particolarmente importante la figura del Ge-nerale Giap, lo storico comandante vietnamita che aveva sconfitto l’eserci-to giapponese, aveva liberato il Vietnam dalle forze francesi nella Guerra d’Indocina e che in seguito aveva combattuto contro l’esercito Usa nella Guerra del Vietnam. Finissimo stratega della guerriglia, Vo Nguyen Giap diviene per Luther Blissett non solo un modello di lotta per la libertà final-mente vincente sul piano delle strategie militari come sul piano di quelle comunicative, ma anche un modello di riscatto delle masse proletarie che in quel nome e nella sua battaglia antimperialista contro le forze coloniali dell’Occidente, possano riconoscersi:

Sia chiaro: per noi “Giap” non è tanto la Grande Personalità, il Nome Famoso, l’Eroe, il “battilocchio” la cui contemplazione distoglierebbe lo sguardo dai processi collettivi e di lungo corso. Al contrario, per noi “Giap” è molteplicità, “Giap” sta per le miriadi di persone che, ciascuna a suo modo, hanno contribu-ito alla decolonizzazione, alla lotta planetaria contro razzismo e colonialismo, alla presa di coscienza degli spossessati di vaste aree del mondo. Per noi “Giap” è il secolo, la parte del XX secolo che vale la pena continuare a interrogare, con spirito critico ma senza revisionismi cialtroneschi. Né replicare né rinnegare, assumersi la responsabilità del phylum che ci porta all’oggi, senza affannarsi a strappare pagine dall’album di famiglia per paura che le vedano gli sbirri della memoria. Vengano pure a perquisirci: noi non abbiamo vergogne.10

Dal comandante prenderanno il nome prima una newsletter spedita pe-riodicamente agli iscritti alla lista a partire dal 2000; e quindi un volume – edito da Einaudi nel 2003 – in cui si erano raccolti i materiali redatti dal nuovo collettivo nato sulle ceneri del «Luther Blissett Project», il quale si sottopose a un simbolico seppuku, l’‘abbandono di sé’, il suicidio simbolico della cultura nipponica, all’indomani dell’uscita e del successo di Q nel 1999. Dall’aprile 2010, Giap è anche il titolo del blog che ha preso il posto di quella newsletter e che si trova oggi al ventiseiesimo posto della classi-fica di Blogbabel,11 con decine di migliaia di contatti unici al giorno e un lavoro costante di controinformazione sui temi caldi dell’attualità che si affianca all’aspetto più strettamente promozionale del lavoro del collettivo Wu Ming.

Giap. Tre anni di narrazioni e movimenti, Torino, Einaudi, 2003.9 Cfr. http://www.wumingfoundation.com/italiano/Giap/giap6_IXa.htm.10 Cfr. http://www.wumingfoundation.com/giap/?p=5005.11 Cfr. http://blogbabel.liquida.it/classifica-blog/.

GIULIANA BENVENUTI - REMO CESERANI4

2. Il romanzo Q esce nel marzo del 1999. È il contributo di quattro mem-bri ‘bolognesi’ di Luther Blissett al progetto europeo che da esso prende il nome, e ottiene immediatamente uno straordinario successo che lo por-terà, negli anni successivi, a essere tradotto in inglese, spagnolo, tedesco, olandese, francese, portoghese, danese, polacco, greco, russo, ceco, turco, basco e coreano. Sembrerebbe un successo inaspettato per un romanzo sto-rico di 600 pagine ambientato in Europa centrale nel XVI secolo, ai tempi della riforma protestante e dei movimenti anabattisti. In realtà, le rivolte contadine che sono al centro del volume da una parte interpretano il lin-guaggio, gli ideali e i desideri dei movimenti altermondialisti planetari che, a partire dalla fine degli anni novanta, contestavano i processi economici di globalizzazione e il pensiero unico neoliberista; e dall’altra forniscono a una parte di quei movimenti – quella poi nota in Italia con il nome di ‘tute bianche’ – un linguaggio e dei modelli che li rendono presto, loro malgra-do, un punto di riferimento politico oltre che più genericamente culturale:

Vi fu una sorta di corto-circuito tra Q e il movimento. Grazie al passaparola e a Internet, il romanzo stava diventando un best-seller internazionale. Iniziammo a vedere il motto “Omnia sunt communia” su pareti e striscioni. Iniziammo a vedere citazioni da Q usate come “firme” nelle e-mail di svariati attivisti. Nei forum del movimento, c’era chi adottava nickname come “Magister Thomas” o “Gert dal Pozzo”.Non era che il principio di una strana, controversa, tormentata relazione tra il nostro lavoro letterario e le lotte in corso. Nei mesi che ancora ci separavano da Genova, il nome “Wu Ming” finì per essere associato più alle nostre trovate “agit-prop” che alla nostra narrativa.Fu soprattutto colpa nostra, perché ci calammo nelle lotte con tanta convinzio-ne da sovrapporre i due contesti (si vedano i numeri di Giap degli anni 2000 e 2001).12

Oltre al suo intrinseco valore letterario e all’influenza esercitata sui let-tori, Q rappresenta una novità anche sul piano editoriale. Gli autori, infatti, riescono a imporre in copertina alla casa editrice Einaudi che lo pubblica, la dicitura: «Si consente la riproduzione parziale o totale dell’opera e la sua diffusione per via telematica, purché non a scopi commerciali e a condizio-ne che questa dicitura sia riprodotta». Gli autori utilizzano insomma, anche sotto contratto di una casa editrice prestigiosa e proprietaria, il concetto di copyleft 13 presente, fino ad allora, solo sulle fanzine autoprodotte del circui-to antagonista o sui libri pubblicati dalle piccole case editrici del movimen-to. A tutt’oggi, tutti i romanzi e i saggi pubblicati da Luther Blissett e da Wu

12 Cfr. http://www.wumingfoundation.com/italiano/Giap/giap6_IXa.htm.13 Cfr. http://www.wumingfoundation.com/italiano/outtakes/tematico_copyright.html.

AUTORI COLLETTIVI E CREAZIONE DI COMUNITÀ: IL CASO WU MING 5

Ming sono liberamente scaricabili dal sito del collettivo per essere letti su varie piattaforme e questa pratica non solo non ha finora danneggiato la casa editrice e gli scrittori, ma ha funzionato anche come incentivo all’ac-quisto e promozione delle vendite.

Il successo di Q, le responsabilità che questo ha comportato e comporta nei confronti del movimento altermondialista e l’arrivo di un nuovo ele-mento nel gruppo, portano alla fine dell’esperienza del «Luther Blissett Project» e alla nascita, nel gennaio del 2000, della Wu Ming Foundation. All’interno di questo nuovo progetto escono, tra 2002 e 2009, i romanzi 54, Manituana e Altai e tutti rispondono alla Dichiarazione d’intenti, un vero e proprio manifesto, pubblicata nel 2000 e parzialmente rivista tre anni dopo alla luce degli eventi che erano seguiti alla fondazione del nuovo collettivo:

Che tipo di storie interessano a Wu Ming? Innanzitutto, storie che abbiano un capo, un intreccio e una coda. Lo sperimentalismo è accettabile solo ed esclu-sivamente se aiuta a raccontare meglio. Se invece non è che il proverbiale dito dietro cui si nascondono mediocri o pessimi narratori, per quel che ci riguarda possono ficcarselo nel culo. Quelle che ci interessano sono storie di conflitti, intessute sui telai dell’epos e della mitopoiesi, storie che adottino i meccanismi e stilemi propri della narrativa “di genere”, del biopic, dell’inchiesta militante o della microstoria. Romanzi che attingano materia viva dalle zone d’ombra della storia, storie vere narrate come romanzi e/o viceversa, recupero di vicen-de dimenticate, al centro o ai margini delle quali si sviluppano le nostre trame: «La nostra narrazione ininterrotta è confusa al di là di ogni verità o giudizio retrospettivo. Soltanto una radicale verosimiglianza senza scrupoli è in grado di rimettere tutto in prospettiva» (James Ellroy, premessa ad American Tabloid). Ciò che conta, è mettere anni-luce tra noi e la narrativa borghese: vero prota-gonista della storia non è il Grande Personaggio né l’Individuo-monade, bensì l’anonima folla dei comprimari e, dietro di essi o per loro tramite, l’anonima e brulicante moltitudine di eventi, destini, movimenti, vicissitudini […]. Voglia-mo narrare il farsi, l’emergere e l’interagire della multitudo, che nulla ha a che vedere con la massa, blocco omogeneo da mobilitare o “buco nero” del senso da stimolare a colpi di sondaggi.14

Fra gli eventi che avevano inaugurato il nuovo millennio e concluso il triennio che era cominciato con le proteste di Seattle del novembre 1999, la mattanza di Genova dell’estate del 2001 è certamente quello più trau-matico per tutto il movimento antagonista e per chi, come il collettivo Wu Ming, vi aveva svolto un ruolo non secondario. Gli scrittori vi prendono parte posizionandosi al fianco delle ‘tute bianche’ in nome di una pratica di lotta puramente difensiva e denominata ‘disobbedienza civile protetta’

14 Cfr. http://www.wumingfoundation.com/italiano/presbody.htm, e il testo auto-critico qui consultabile: http://www.wumingfoundation.com/italiano/Giap/Giap1_IVa.html#bastardi.

GIULIANA BENVENUTI - REMO CESERANI6

in cui i protagonisti, i ‘disobbedienti’, per l’appunto, «quasi tutti orfani – come, in modo più sghembo, alcuni di noi – della vecchia Autonomia»,15 impugnano scudi di plexiglass o alzano tutti insieme barricate mobili fatte di pneumatici, per poi marciare verso i celerini in una formazione a testug-gine. D’altra parte, è il movimento stesso (o una parte di esso) a riconosce-re negli autori di Q, un punto di riferimento politico-culturale e un model-lo narrativo cui ispirarsi nella pratica quotidiana delle lotte di quei mesi.16

Durante il periodo in cui le proteste di Genova vengono preparate, nei cortei e nelle discussioni in rete, il romanzo di Luther Blissett viene citato sempre più spesso e cominciano a comparire riferimenti ai personaggi che lo animano. Molti dei partecipanti alle newsletter e ai forum del movimen-to si nascondono dietro nickname che rimandano esplicitamente agli eroi di Q, e fanno propri gli slogan e le parole d’ordine lanciate dagli autori del romanzo: l’appello intitolato Dalle moltitudini d’Europa in marcia contro l’impero e verso Genova,17 che esce anonimo ma la cui paternità è riconosciuta da molti militanti di quegli anni, gira in rete e viene stampato su volantini e riviste fino a diventare, per i giornali “borghesi” dell’epoca, il manifesto di quel movimento.18

3. La tragedia di Genova e la ritirata del movimento che ne consegue, con gli strascichi di polemiche, divisioni, rotture che sempre caratterizzano le fasi di riflusso, comportano per Wu Ming un momento di confronto e di discussione sulle forme e sulle pratiche del narrare, e conducono a una riflessione complessiva sull’uso del mito e sulla mitopoiesi come strumento di lotta. Da una parte Wu Ming continua a sottolineare l’effetto coagulante del mito e la necessità di costruirne quali strumenti di coesione di una co-munità che attorno a essi può riconoscersi:

I miti ci mettono a disposizione esempi da seguire o rifiutare, ci danno un senso di continuità o discontinuità col passato e ci permettono di immaginare un futuro. Senza di essi non potremmo vivere, la nostra mente funziona così, il

15 Cfr. http://www.wumingfoundation.com/italiano/Giap/giap6_IXa.htm16 Ibid.: «Ci abbiamo riflettuto, e siamo convinti di una cosa. Il fantasma di Müntzer, Q

e – di conseguenza – noi autori del romanzo ci ritrovammo al centro della mobilitazione per-ché là dentro stava prendendo forma una grande metafora. Sempre più spesso, l’impero era descritto come un castello assediato da una moltitudine di contadini. La metafora ricorreva in diversi scritti e discorsi. A volte era esplicita, molto spesso era sottopelle, ma c’era […]. Benché suggestiva ed efficace, la metafora era fallace. Nessun assedio era in corso, perché non si poteva assediare un potere che era ovunque e la cui principale manifestazione erano flussi di elettroni in continuo transito di borsa valori in borsa valori».

17 Cfr. http://www.wumingfoundation.com/italiano/Giap/giapxgenova.html.18 Si veda in proposito l’articolo di F. Cardini, Globalizzazione. Miti ed eroi delle tute bianche

visti da uno storico, «L’Espresso», 22 giugno 2001 (che si consulta anche on-line: http://www.wumingfoundation.com/italiano/Giap/mitopoiesi.html#cardini).

AUTORI COLLETTIVI E CREAZIONE DI COMUNITÀ: IL CASO WU MING 7

nostro cervello pensa attraverso narrazioni, metafore, allegorie.19

Dall’altra parte, sulla scorta degli studi sul mito di Károly Kerényi e, so-prattutto, di Furio Jesi, si rilevano i pericoli intrinseci a un uso incauto dei miti e al rischio che esso pregiudichi un atteggiamento critico da parte della comunità che attorno al mito si riconosce:

In un saggio intitolato Letteratura e mito, Jesi si chiedeva: “Com’è possibile in-durre gli uomini a comportarsi in un determinato modo – grazie alla forza esercitata da opportune evocazioni mitiche –, e successivamente indurli a un atteggiamento critico verso il movente mitico del loro comportamento?”. E si rispondeva: “Non sembra praticamente possibile”. Nel “periodo d’oro” del mo-vimento globale (dall’autunno 1999 all’estate 2001), noi cercammo di interve-nire nello spazio tra l’avverbio (“praticamente”) e l’aggettivo (“impossibile”), cercando di usare il primo per forzare il secondo. Ritenevamo la risposta di Jesi troppo pessimistica. Credevamo che “aprire l’officina”, mostrare a tutti come venivano processati i “mitologemi” – le unità concettuali minime, i “noccioli” allegorici delle narrazioni mitologiche – fosse sufficiente a fornire gli strumenti della critica. La nostra chimera era la “giusta distanza”: non tanto vicini al mito da rimanerne abbagliati, né tanto lontani da non avvertirne fascino e potere. Era un equilibrio difficile da mantenere, e infatti non lo mantenemmo.20

L’esperienza negativa dell’estate del 2001 a Genova spinge, insomma, il collettivo Wu Ming a ripensare l’uso dei ‘miti tecnicizzati’ (che, come spiega Kerényi, si rivolgono precisamente ai ‘dormienti’, a coloro cioè il cui spirito critico è assopito, al fine di condizionarne la coscienza) e a rimet-

19 Http://www.wumingfoundation.com/italiano/Giap/giap6_IXa.htm.20 Ibidem.21 Altrove, Wu Ming 1 ha dichiarato (M. Amici, Fra narrazioni di trasformazione storica ed

etica del mito: intervista a Wu Ming 1, «La Libellula», 2, 2010, 2, p. 12; cfr http://www.lalibel-lulaitalianistica.it/blog/wp-content/uploads/2011/02/LaLibellulan2.pdf): «Oggi usiamo meno spesso la parola ‘mitopoiesi’, anche perché è un po’ criptica, poco immediata. Ma anche quando la usiamo, ci teniamo a chiarire che non la intendiamo nell’accezione esa-geratamente letterale di ‘fabbricare il mito’. Noi non facciamo letteratura per fabbricare il mito di lotta. Il compito che ci siamo dati è cercare di penetrare il mito, capire il motivo per cui ha preso forma e, soprattutto, il motivo per cui si è ‘indurito’. Insomma, prendere una narrazione consueta, mal tramandata, essiccata, gettarci sopra un po’ d’acqua e manipolarla, cercare di renderla di nuovo malleabile e lavorabile. Si tratta, se vuoi, di un’etica del mito, un interrogarsi su come mantenere aperto il mito. “Raccontare mille storie alternative” significa anche trovare mille alternative dentro una storia per troppo tempo raccontata in un modo solo. Rimuovere i ‘blocchi’ che ne avevano portato alla chiusura, i clichés, i detriti depositati dall’uso politico di una vulgata… La sfida ulteriore è quella di rimuoverli senza pregiudi-care la ‘poesia’ del mito, cioè senza s-mitizzarlo, senza ridurne la complessità riportandolo solamente al suo significato storico. Per capirci: il rischio è quello di fare un lavoro ‘da mec-canico’, absit iniuria. Come lo smontaggio e la pulizia di un carburatore. Ma non funziona così. Né ci interessa la mera ‘demistificazione’. Il trucco è quello di mostrare come funziona

GIULIANA BENVENUTI - REMO CESERANI8

tere in discussione i metodi con cui al mito ci si era avvicinati con Q.21 È in questo clima e alla luce di questa disfatta che nascono i romanzi successivi di Wu Ming, a cominciare da 54 che, a differenza del romanzo precedente, è ambientato nel secondo dopoguerra, e presenta un centinaio di perso-naggi e una decina di protagonisti e ha richiesto un approccio nuovo alla scrittura di gruppo:

Per quanto ci riguarda, la prima cosa che facciamo è una sceneggiatura. Dopo una fase di sei mesi o un anno di ricerca storica, dedichiamo svariate settimane, fino a due mesi, al brainstorming, da cui facciamo emergere dei grumi narrativi che colleghiamo tra loro con tanto di tabelloni, tavole sinottiche e diagrammi di flusso. Alla fine viene fuori una vera sceneggiatura, sequenza per sequenza, del romanzo, di cui quindi sappiamo già tutto tranne il finale, per il quale ci teniamo aperte tre o quattro ipotesi. A quel punto ci dividiamo i capitoli a ro-tazione, e ognuno sa sempre dove si trova, perché ha i tabelloni sott’occhio.22

Non che si sia mai trattato di rinunciare alla dimensione politica del romanzo storico e alla sua declinazione quale strumento di lotta. Al con-trario, l’ipotesi di ricostruzione di una controstoria degli oppressi sembra rafforzarsi nella misura in cui la parabola del movimento – dopo Genova – sembra ripiegarsi su se stessa e lo spazio per una pratica politica di piazza deve prendere nuove forme, non sempre corrispondenti allo scontro di-retto con l’Impero, come nel triennio 1999-2001. Nascono così Manituana – che, scritto fra il 2004 e il 2007, rappresenta il primo episodio di una ‘tri-logia panatlantica’ o di un ‘trittico panatlantico’, e che narra il momento costituente degli Stati Uniti d’America – e Altai, del 2009, che in qualche modo si lega a quanto in Q era stato lasciato in sospeso e ne costituisce un possibile seguito. Altai è anche il primo romanzo scritto senza la parteci-pazione di Luca di Meo (Wu Ming 3) che, attivo fin dai tempi del Luther Blissett Project, abbandona il collettivo nel 2008, dopo una tormentata di-scussione interna:

Scrivere Altai è stato il modo di far emergere i non-detti, i conflitti latenti tra di noi, conflitti che avevano avuto un ruolo nell’uscita di Wu Ming 3. Ci siamo ‘chiusi in studio’, come ogni band che si rispetti in ogni fase critica che si ri-spetti. Abbiamo lavorato un anno e mezzo. Abbiamo ri-imparato a litigare. Ne siamo usciti temprati, il collettivo era salvo.23

il mito senza sminuirne gli elementi che lo hanno reso seducente, motivante, illuminante».22 Il Mucchio incontra Valerio Evangelisti e Wu Ming 1. Storia, lettere e artigianato, «Il Mucchio

selvaggio», 2002, 513: cfr. http://www.wumingfoundation.com/italiano/outtakes/mucchio_eymerich.html.

23 Amici, Fra narrazioni di trasformazione storica ed etica del mito, cit., p. 5.

AUTORI COLLETTIVI E CREAZIONE DI COMUNITÀ: IL CASO WU MING 9

4. Nel corso di questi anni, si definisce dunque la forma e la sostanza narrativa della scrittura di Wu Ming che corrisponde, almeno schemati-camente, a due filoni: quello del romanzo storico e quello degli ‘oggetti narrativi non identificati’. Da una parte, cioè, Wu Ming si inserisce nella tradizione del romanzo storico italiano ed europeo, aggiornandola però alle esigenze del presente e rovesciando così la consueta proporzione tra i numerosi personaggi fittizi che rappresentano diverse componenti della società e i pochi personaggi realmente esistiti. Questi, invece, nei romanzi di Wu Ming, diventano invece i protagonisti della narrazione, specie se pro-vengono dalle pieghe della storia e vi esercitano un ruolo anche solo appa-rentemente marginale. Dall’altra parte, prende forma una scrittura, spesso elaborata in coppia fra uno dei membri del collettivo e un altro autore, di difficile classificazione, a metà strada tra finzione, reportage, resoconto storico e documentario, alla quale viene dato il nome di ‘oggetto narrativo non identificato’. Con questa formula, già nel 2000, il collettivo aveva defi-nito il volume Asce di guerra, scritto insieme al comunista imolese Vitaliano Ravagli e composto dall’autobiografia di quest’ultimo, da una narrazione di taglio storico e saggistico sulle guerre d’Indocina e da un’indagine a tratti romanzata sulla Resistenza in Emilia-Romagna. Nulla a che vedere, sostengono gli autori, con il pastiche postmoderno, quanto piuttosto con la necessità di utilizzare tutti i mezzi (finzionali, saggistici, archivistici ecc.) che il testo mette a disposizione:

a interessarci non è tanto la «contaminazione tra i generi», operazione da tem-po pleonastica e ormai realizzata in partenza anche nel più bieco mainstream (lo stesso Dan Brown «contamina i generi»), bensì l’ibridazione delle tipologie testuali. Pensiamo che la collisione tra le più disparate tecniche e retoriche usate in diversi tipi di testo (narrativo, poetico, espositivo, argomentativo, descrittivo) possa sprigionare una grande potenza. Questa potenza investe da direzioni inattese i temi che vogliamo affrontare.24

A partire da Asce di guerra, numerose opere dei Wu Ming saranno irri-ducibili a un genere e dunque ascrivibili alla sfera degli ‘oggetti narrativi non identificati’: si pensi, per citare solo gli esempi più recenti, a Timira. Romanzo meticcio di Wu Ming 2 e Antar Mohamed; e a Point Lenana di Wu Ming 1 e Roberto Santachiara, usciti rispettivamente nel 2012 e nel 2013. In questa relazione complessa tra realtà e finzione, tra storia e narrazione, con l’aggravante di una relazione con soggetti esterni al collettivo, che non necessariamente hanno condiviso un percorso e delle scelte di poetica, co-minciano a porsi problemi nuovi, nuove esigenze, che intervengono nel

24 Wu Ming 1, Risposte alle domande su romanzo e storia, «Lo straniero», 2014, 168; oggi si consulta on-line: http://www.wumingfoundation.com/giap/?p=17774.

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processo della scrittura e modificano la relazione che intercorre tra il testo e l’autore e mettono in discussione, ancora una volta, il concetto stesso di autorialità.

Wu Ming 2 ricorda, ad esempio, le incertezze che lo hanno attraversato nel mettere mano all’impresa di scrivere un romanzo insieme con una don-na di ottantaquattro anni, con esperienze, gusti e preferenze tanto diversi dai suoi. Per questo, in un primo tempo, il cantastorie ha pensato di regi-strare le conversazioni con Isabella Marincola, la protagonista della vicen-da, per poi trascriverle. Ma, complice Antar Mohamed, co-autore del libro e figlio della protagonista, Isabella rifiuta, e Wu Ming 2 riflette, scoprendo di essersi in tal modo accostato a Isabella in forma neocoloniale: «sono ve-nuto alle tue coste come un europeo d’altri tempi, per trasformare le tue terre nella mia colonia». Ma prendere la decisione di scrivere in due non vuol dire mettersi anticipatamente al riparo dal commettere un sopruso, magari con «l’aggravante della buona volontà». C’è, infatti, «un piccolo colonialista che abita stabilmente i crani degli occidentali»; c’è, potremmo dire con Said, una persistente «struttura di atteggiamenti e riferimenti» imperialista nella cultura occidentale. Per questo, dice a se stesso e ai suoi lettori Wu Ming 2, occorre stare sempre in guardia: «Allora ho cominciato a chiedermi se sia possibile, per uno che di mestiere scrive e racconta storie, porgere la tastiera a chi non l’ha mai usata prima e aiutarlo a mettere in romanzo la sua vita, senza però confiscarla con le metafore e gli arnesi che ha imparato a usare».

Si tratta di questioni che restano aperte sul tavolo degli scrittori fino al punto di diventare esse stesse uno strumento narrativo che si incrocia con le questioni poste dall’altro filone, quello del romanzo storico, dando vita a nuove possibilità di scrittura, come accade nell’Armata dei sonnam-buli, uscito nel 2014. Anche in questo caso si riconoscono linee ricorrenti già incontrate nelle opere precedenti, ma alle quali si sovrappongono le esperienze narrative non direttamente ascrivibili alla rubrica del romanzo storico canonico.

Si individuano, dunque, qui e altrove, come motivi ricorrenti della scrit-tura di Luther Blissett/Wu Ming, da Q all’Armata dei sonnambuli, la mesco-lanza di true story e fiction; certi modi del postmoderno (non euforico) che comprendono la sovrapposizione dei piani temporali, la proliferazione del-le voci e dei punti di vista e l’abolizione della distinzione fra letteratura alta e letteratura popolare (con un riuso consapevole dell’immaginario main-stream e un uso aggiornato delle nuove tecnologie e dei diversi media); un coinvolgimento del lettore finalizzato alla costituzione di una comunità attiva di fan attraverso la partecipazione emotiva al testo e una tensione etica e politica che anima la narrazione; il rifiuto, mutuato attraverso una lettura non superficiale di Nietzsche e Benjamin da una parte, e di Carlo Ginzburg e Adriano Prosperi dall’altra, di qualsiasi concezione lineare del-

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la storia; e, infine, un’interpretazione della storia in chiave allegorica: alla luce, cioè, di prospettive politiche future nel tentativo, ad esempio, di non ripetere gli errori del passato e di fornire una visione non eroica, ma critica della Rivoluzione.

È quanto avviene nell’Armata dei sonnambuli, in cui i Wu Ming affron-tano nientemeno che il tema della rivoluzione per antonomasia, quella francese di fine Settecento, banco di prova di schiere infinite di storici di professione. Essi l’affrontano dal punto di vista dei sanculotti (che parlano collettivamente usando il pronome ‘noi’), e introducono, con intento chia-ramente metaforico e allegorico e dando una nuova interpretazione dei movimenti e dei miti collettivi, i temi del mesmerismo e del magnetismo rivoluzionario.

5. Non è questa la sede per entrare nel merito delle ulteriori trasfor-mazioni del romanzo storico ravvisabili nell’ultimo romanzo dei Wu Ming – con il quale si è conclusa, stando alle dichiarazioni degli scrittori, la sta-gione, apertasi con Q, che ha visto il collettivo concentrare la propria at-tenzione sul romanzo storico. Converrà pertanto concentrare l’attenzione, mentre ci avviamo alla conclusione di questo breve intervento, sugli aspetti legati all’attività in rete del collettivo, alla pratica della trasmedialità e alla scrittura collettiva che essa incoraggia e sostiene.

In questa cornice un punto di riferimento importante dei Wu Ming è Henry Jenkins,25 con il quale essi condividono la valorizzazione della cul-tura partecipativa, intesa quale forma di riappropriazione dal basso dei prodotti culturali mainstream, e quale pratica di intelligenza collettiva. Lo snodo principale attraverso il quale il collettivo di scrittori promuove la for-mazione di una comunità in rete è il blog Giap, già menzionato, che ospita post scritti dai membri del collettivo, da guest blogger, da giapster (che colla-borano in modo continuativo e attivo alla costruzione del blog). Si tratta, in breve, di una comunità virtuale che tuttavia interseca la propria attività con iniziative che si svolgono al di fuori della rete (reading, reading-concerti, spettacoli, performance ecc.). Un esempio recente sono le escursioni orga-nizzate dopo l’uscita di Point Lenana e Il sentiero degli dei, all’interno del pro-getto Alpinismo Molotov : da queste escursioni nascono narrazioni collettive costruite intorno a immagini, scritture e musiche. Dal libro, che si nutre di discussioni e rapporti coltivati attraverso la rete, si diramano, anche in que-sto caso, altre narrazioni, che contribuiscono alla creazione di un universo narrativo nel quale differenti canali comunicativi sono investiti di senso.

25 A firma dei Wu Ming è la Premessa alla traduzione italiana di H. Jenkins, Cultura conver-gente, Milano, Apogeo, 2007 (ed. orig. Convergence culture. Where old and new media collide, New York, New York University Press, 2006).

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Nel modello ideale di narrazione transmediale – afferma Jenkins – ciascun me-dium coinvolto è chiamato in causa per quello che sa fare meglio [...]. Ogni accesso al franchise deve essere autonomo [...]. Ogni singolo prodotto diviene così una porta di ingresso al franchise nel suo complesso [...]. Media diversi attraggono differenti nicchie di mercato. Con tutta probabilità, il cinema e la TV si rivolgono a un pubblico molto variegato, mentre i fumetti e i giochi han-no un pubblico più ristretto: un buon franchise transmediale cerca di attrarre pubblici differenziati proponendo i suoi contenuti in modo un po’ diverso per ciascun medium.26

Intesa come parte di una più ampia collaborazione, come parte di quella che possiamo definire co-creazione, la scrittura incontrerà talvolta soltanto una parte dei fruitori di una narrazione transmediale, che tuttavia – nel mi-gliore dei casi – riuscirà invece a provocare nel fruitore la curiosità e il desi-derio di percorrere l’intero universo narrativo in tutte le sue componenti, divenendo, là dove possibile, co-autore. Il lavoro di scrittura è attraversato da una tensione alla collaborazione, alla condivisione e alla coautorialità che non solo riguarda i membri del collettivo di scrittura, ma anche li con-figura idealmente come parte di una comunità creativa più ampia.

L’intenzione che anima la scrittura è quella di elidere la distinzione net-ta tra produttore e consumatore, realizzando il sogno di certa avanguardia. Il lettore non è più chiamato a un mero atto di completamento dell’opera attraverso la lettura, ma è piuttosto provocato a entrare in una comunità, che ha nella rete il suo punto di incontro privilegiato, entro la quale diverrà parte attiva del processo di creazione. Non si tratta, d’altronde, soltanto di questo: chi partecipa alle discussioni su Giap è anche chiamato a dibattere del funzionamento del mercato editoriale, di come oggi si debba retribu-ire il lavoro dello scrittore, e infine è invitato a offrire soluzioni possibili a cambiamenti rapidi: ad esempio al fatto che la diffusione di e-reader e tablet – congiunta alla crisi dell’editoria tradizionale e all’aumento del prezzo dei libri – renda sempre meno efficaci le strategie di copyleft adottate dal collettivo di scrittori.

Il romanzo che ha dato vita all’esperimento transmediale più comples-so, fino ad ora, è Manituana, che oltre a essere un libro è anche un sito, strutturato su due livelli (il secondo dei quali è pensato per chi abbia già letto il libro), che ospita musiche, fumetti, racconti, visioni e invita i fruitori a diventare co-creatori di un mondo narrativo in espansione. L’esempio più recente è L’armata dei sonnambuli, poiché attorno al romanzo crescono altri progetti volti sia ad espanderne l’universo narrativo, sia a coinvolgere altri nella creazione di tale espansione. Il tour di presentazione del romanzo vede gli scrittori impegnati in performance cangianti, che coinvolgono la

26 Jenkins, Cultura convergente, cit., p. 84.

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band Wu Ming Contingent,27 e in un laboratorio di magnetismo rivoluzio-nario. In tutti questi casi si tratta di forme che puntano a un coinvolgimen-to del fruitore, che sfidano la fruizione passiva perché divenga attiva, che hanno quale fine ultimo la creazione di una comunità e che a questo fine utilizzano vecchi e nuovi media, nonché le diverse forme delle loro possibili interazioni.

27 L’idea dalla quale nasce nel 2012 il Wu Ming Contingent, formato da Wu Ming 1, Wu Ming 2, Yu Guerra e Cesare Ferioli, è quella di superare la formula tradizionale del reading ‘accompagnato’ da musiche, dando vita a performance nelle quali i due elementi si mesco-lino in forme innovative.