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1 L’identificazione dell’evidenza come i resti di una sepoltura e l’attribuzione al medesimo conte- sto coevo è stata possibile quasi esclusivamente per il rinvenimento nel riempimento, di natura chiara- mente moderna, di frammenti di ceramica tardo ellenistica e in particolare di un bombylios ampia- mente lacunoso. BUCHE DELLE FATE: IL CORREDO DI UNA RICCA TOMBA DEL II SECOLO A.C. La prosecuzione nel 2007 delle ricerche intraprese dal 2003 dalla cattedra di Archeologia dell’Italia preromana dell’Università di Milano, sotto la direzio- ne di Cristina Chiaramonte Treré, nella necropoli ellenistica di Buche delle Fa- te a Populonia (BARATTI, MORDEGLIA 2005; CHIARAMONTE TRERÉ 2004-2005; EAD. 2006; BARATTI 2006; ID. 2007) ha offerto un nuovo importante contribu- to alla conoscenza dei caratteri di questo contesto funerario. Come era stato segnalato (BARATTI 2006, p. 366), le indagini esplorative nel nuovo settore identificato in prossimità della linea di costa, dove sono emerse sepolture ancora in parte intatte, erano state allargate ai contesti contermini e in particolare alle pendici del Poggio del Telegrafo direttamente soprastanti l’area con maggiore concentrazione di deposizioni. I primi risultati avevano già spinto a ipotizzare, nel corso delle precedenti campagne di scavo, la presenza di un’area più ampia interessata dalle sepolture; si era infatti supposto che proprio le tracce di espansione della necropoli verso Nord-Est costituissero un interessante indizio della presenza di una linea ideale di continuità con il già noto settore con tombe a camera ipogea (BARATTI 2006, p. 367). Si è scelto quindi di concentrare una parte delle nuove ricerche lungo il ver- sante, a una quota più alta rispetto al terrazzo naturale a strapiombo sul mare, in un tratto dello stretto sentiero che conduce verso l’interno della macchia per congiungersi alla Via dei Cavalleggeri. Qui già nel 2004 era stato possibile identificare le tracce di una sepoltura violata, compromessa anche nel profilo morfologico 1 , e apprezzare la presenza nelle aree più prossime, già protette dalla boscaglia, di un articolato palinsesto di buche, scassi e depressioni, segni evidenti di un’intensa attività di scavo clandestino guidata evidentemente da qualche rispondenza, anche se non qualificabile, alle attese dei cercatori. Il luogo dell’intervento (Fig. 1) è stato selezionato sulla base di sporadiche

BARATTI G, MORDEGLIA L (2008). Necropoli di Buche delle Fate: il corredo di una ricca tomba di II secolo a.C

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1 L’identificazione dell’evidenza come i resti di una sepoltura e l’attribuzione al medesimo conte-sto coevo è stata possibile quasi esclusivamente per il rinvenimento nel riempimento, di natura chiara-mente moderna, di frammenti di ceramica tardo ellenistica e in particolare di un bombylios ampia-mente lacunoso.

BUCHE DELLE FATE: IL CORREDO DI UNA RICCA TOMBA

DEL II SECOLO A.C.

La prosecuzione nel 2007 delle ricerche intraprese dal 2003 dalla cattedradi Archeologia dell’Italia preromana dell’Università di Milano, sotto la direzio-ne di Cristina Chiaramonte Treré, nella necropoli ellenistica di Buche delle Fa-te a Populonia (BARATTI, MORDEGLIA 2005; CHIARAMONTE TRERÉ 2004-2005;EAD. 2006; BARATTI 2006; ID. 2007) ha offerto un nuovo importante contribu-to alla conoscenza dei caratteri di questo contesto funerario.

Come era stato segnalato (BARATTI 2006, p. 366), le indagini esplorative nelnuovo settore identificato in prossimità della linea di costa, dove sono emersesepolture ancora in parte intatte, erano state allargate ai contesti contermini ein particolare alle pendici del Poggio del Telegrafo direttamente soprastantil’area con maggiore concentrazione di deposizioni. I primi risultati avevano giàspinto a ipotizzare, nel corso delle precedenti campagne di scavo, la presenzadi un’area più ampia interessata dalle sepolture; si era infatti supposto cheproprio le tracce di espansione della necropoli verso Nord-Est costituissero uninteressante indizio della presenza di una linea ideale di continuità con il giànoto settore con tombe a camera ipogea (BARATTI 2006, p. 367).

Si è scelto quindi di concentrare una parte delle nuove ricerche lungo il ver-sante, a una quota più alta rispetto al terrazzo naturale a strapiombo sul mare,in un tratto dello stretto sentiero che conduce verso l’interno della macchiaper congiungersi alla Via dei Cavalleggeri. Qui già nel 2004 era stato possibileidentificare le tracce di una sepoltura violata, compromessa anche nel profilomorfologico1, e apprezzare la presenza nelle aree più prossime, già protettedalla boscaglia, di un articolato palinsesto di buche, scassi e depressioni, segnievidenti di un’intensa attività di scavo clandestino guidata evidentemente daqualche rispondenza, anche se non qualificabile, alle attese dei cercatori.

Il luogo dell’intervento (Fig. 1) è stato selezionato sulla base di sporadiche

8 Giorgio Baratti, Laura Mordeglia

Fig. 1 - L’area della necropoli con la localizzazione delle tombe (la tomba 25 evidenziata in nero).

Buche delle Fate: il corredo di una ricca tomba del II secolo a.C. 9

emergenze di frammenti di macigno, di una formazione scistosa dalla colora-zione caratteristica, esogena in quel settore del versante, già identificata, inquesta zona della necropoli, come elemento peculiare nell’apparato strutturaledelle tombe (BARATTI 2007, pp. 336-339). L’importante rinvenimento dellatomba 15 (BARATTI 2007, pp. 142-144, fig. 7; CHIARAMONTE TRERÉ 2006, pp.381-382, fig. 9), aveva inoltre fornito un’interessante testimonianza di una cer-ta versatilità nella tipologia degli interventi e, soprattutto, del coinvolgimentonel contesto della necropoli anche delle pareti rocciose lungo il pendio, dovele tombe a fossa lasciano il posto ad apprestamenti strutturali specifici.

La pulizia superficiale ha permesso di identificare il perimetro di un tagliosubrettangolare allungato, culminante a nord con i limiti di un tratto pocoemergente di parete rocciosa. Il riempimento asportato mostrava chiaramentei caratteri di una formazione recente per consistenza e aggregazione, segno evi-dente che alcuni elementi in superficie dovevano aver attirato l’attenzione discavatori clandestini; frammenti di lastre sommariamente squadrate dalla ca-ratteristica colorazione grigio-azzurra sono state reperite durante l’asportazio-ne anche in porzioni consistenti, benché prive ovviamente di coerenza deposi-zionale. L’intervento di scasso doveva aver alterato il profilo originario del ta-glio che presentava una sagoma ondulata e irregolare nelle proporzioni; unavolta asportato completamente questo riempimento, la fossa appariva compiu-ta, limitata a nord da una parete di sabbia rossastra molto compatta, quasi ce-mentata, a prima vista omologabile a quella dei paleosuoli presenti nella strut-tura geologica del monte. Il rinvenimento all’interno della tomba 15 di unriempimento analogo, probabile effetto del lento percolare di materiale a gra-nulometria molto fine trascinato da infiltrazioni delle acque meteoriche tra iblocchi della struttura e compattato dal contestuale discioglimento di particel-le calcaree dalle pietre, ha spinto a un’ulteriore verifica sulla natura del sedi-mento che, disposto alla base dell’emersione rocciosa a nord, fu evidentemen-te stimato dai clandestini come il limite settentrionale della fossa.

Il rinvenimento di un grosso frammento di lastra scistosa sbozzata grigio-az-zurra nel corso dell’asportazione del sedimento ha offerto una prima confermadella non pertinenza di quest’ultimo a un suolo antico; lo scavo è quindi pro-seguito approfondendosi al di sotto dell’emergenza rocciosa e mantenendo co-me piano la superficie di un paleosuolo, anch’esso sabbioso ma distinguibileper colore e consistenza; appoggiato a questo piano sono apparsi i primi og-getti che il prosieguo dell’indagine, reso particolarmente complesso negliaspetti logistici dalla morfologia della fossa e dalla precarietà del materiale so-prastante, ha permesso di identificare come il corredo di una sepoltura tardo-ellenistica (tomba 25).

Si tratta di una deposizione supina disposta in senso Est-Ovest, con cranio

10 Giorgio Baratti, Laura Mordeglia

2 Le caratteristiche geologiche di questa zona, soggetta peraltro a una marcata esposizione ai fe-nomeni atmosferici, sembrano essere facilmente predisposte alla formazione di limitati spazi cavi cheoggi si apprezzano in vari punti dello scosceso roccioso prossimo al mare.

rivolto verso Est, lungo la linea del fronte roccioso e quindi perpendicolare al-la fossa antistante, con ricco corredo integralmente disposto a sud, verso valle(Fig. 2).

La lettura dell’intero complesso appare comunque particolarmente ardua:oltre ai danni all’esterno provocati dalle esplorazioni clandestine, la parte ipo-gea della struttura risultava parzialmente compromessa da segni evidenti di ce-dimenti e alterazioni post-deposizionali tanto che, per proseguire in sicurezzaalla completa messa in luce del fianco destro dello scheletro, si è dovuto pro-cedere all’abbattimento di una parte del fronte roccioso soprastante.

Si può ipotizzare, anche in base a quanto appena esposto, che il defunto do-vesse essere stato disposto in una nicchia, una piccola grotticella, forse già inparte naturalmente conformata2; la cavità potrebbe essere stata regolarizzata eapprofondita sfruttando la presenza di un suolo più friabile in parete alla basedella roccia e mantenendo quest’ultima come ‘soffitto’, a garanzia di una mag-giore stabilità.

Questo accorgimento e l’intera disposizione della tomba 25 sembrano inoltreoffrire un contributo fondamentale alla comprensione della natura di un altrorinvenimento effettuato nelle campagne di scavo precedenti (tomba 23) in unaparte approssimativamente piana del terrazzo sottostante, dove sono state iden-tificate alcune delle tombe a fossa: si tratta di una camera vagamente rettangola-re, purtroppo completamente violata, scavata a discreta profondità e collegataalla superficie da un dromos. Quest’ultimo, che conserva nella parte iniziale trac-cia di due gradini, penetrava lo spesso strato di argilla fino a inoltrarsi, versoNord, al di sotto di un tratto di formazione rocciosa scistosa, profondamentefratturata, tanto da apparire a prima vista come una copertura artificiale di lastregiustapposte, forse collassata già prima dell’intervento dei clandestini. Il rinveni-mento di frammenti di ceramica tardo-ellenistica aveva consentito di inquadrarel’ipogeo come parte coerente del resto del complesso, nonostante i dubbi susci-tati dalla compresenza di una simile struttura in un tratto piano che fino a quelmomento aveva restituito solo semplici fosse con lastre di copertura; più proble-matica appariva l’interpretazione della gestione dello spazio interno della came-ra, comunque limitato e più ampio in larghezza che in lunghezza (Fig. 4).

Lo scavo di strutture ipogee all’interno di suoli più leggeri è attestato anchenelle altre necropoli ellenistiche di Populonia, seppur con modalità apparente-mente differenti; nella necropoli di Poggio Malassarto, ad esempio, troviamostrutture ipogee con breve dromos e camere aperte nell’argilla, benché anche

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Fig. 2 - Rilievo della tomba 25.

12 Giorgio Baratti, Laura Mordeglia

3 In verità dalle foto pubblicate anche in questo caso gli ipogei appaiono ricavati in spazi parti-colarmente limitati più che in vere e proprie camere.

4 Come si è già in parte accennato, il riempimento mostrava chiari i segni dello smottamento ditutta la parte superiore con il seppellimento di deposizione e corredo che verosimilmente all’atto dellachiusura della tomba dovevano essere conservati in un ambiente vuoto.

qui ormai di difficile lettura; alle Grotte strutture analoghe sono presenti in as-sociazione con le camere ricavate nella panchina (FEDELI 1983, pp. 141-142,205, figg. 99-1023; p. 316, fig. 276).

Nel settore con tombe ipogee della necropoli di Buche delle Fate, le recentiindagini esplorative hanno inoltre permesso di verificare come, con una certafrequenza, le strutture venissero aperte scavando il dromos nella panchina finoa raggiungere proprio la base del filone, ricavando quindi la camera all’internodel suolo sottostante e mantenendo la calcarenite solo come soffitto.

Nel caso della tomba 25 non è ovviamente possibile ricostruire l’altezza del-l’ipogeo4, ma i dati planimetrici, ricostruibili sulla base del taglio operato nelsuolo sabbioso, mostrano chiaramente che lo spazio ricavato doveva essere li-mitato strettamente alla posa del defunto, come conferma anche la posizionedel corredo, sicuramente collocato dopo l’inumazione, deposto interamentelungo il fianco sinistro, verso l’esterno.

Un interessante confronto in una realtà coeva, per quanto in contesto diffe-rente, è costituito da alcune sepolture della necropoli di Monte Tamburino aMonte Bibele (BO) recentemente pubblicata (Monte Tamburino, 2003). Inquesto caso si dispone di un’ampia documentazione relativa a una necropoli arito misto dove le inumazioni, disposte con una certa regolarità, sono caratte-rizzate da strutture con fosse rettangolari secondo almeno tre tipologie: è inte-ressante notare come proprio nelle parti a pendio ricorra il tipo a pianta ret-tangolare con dromos aperto sul lato lungo (VITALI 2003, p. 21).

Un altro elemento di confronto è costituito dalla presenza di una nicchiarettangolare o quadrata sottoscavata a fianco della sepoltura. Anche nella tom-ba di Buche delle Fate è presente lungo il fianco sinistro dello scheletro una si-mile depressione quadrangolare (lato circa 0,5 m, profondità circa 0,2 m) sot-toscavata con taglio regolare nel piano di sabbia e, come a Monte Bibele, èpossibile mettere in relazione questa nicchia ad apprestamenti particolari con-nessi alla deposizione del corredo. Alcuni dei vasi infatti erano stati deposti sulfondo della buca, quindi a una quota più bassa rispetto al piano di posa deglialtri oggetti, e altri dovevano essere scivolati all’interno come segnala la posi-zione di alcuni piatti, rinvenuti appoggiati alle pareti (Fig. 3).

La presenza di questa depressione verso il corridoio esterno consente anco-ra una volta di inquadrare un’altra apparente anomalia della tomba 23 ovverola presenza di una profonda depressione ai piedi del dromos che coinvolgeva

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Fig. 3 - Il corredo della tomba 25 in corso di scavo da Sud-Ovest.

Fig. 4 - La tomba 23 vista da Sud.

14 Giorgio Baratti, Laura Mordeglia

5 La superficie totale dei frammenti di lastre recuperate nei riempimenti copre in effetti un’esten-sione discretamente ampia, compatibile con un’eventuale copertura completa del dromos, anche se nonsi può escludere che la struttura potesse essere costituita da lastre disposte in modo composito, occu-pando in questo modo uno spazio più limitato, forse solo a prolungamento del soffitto dell’ipogeo.

un’ampia porzione della camera ipogea; è probabile che costituisca infatti il re-sto di un’analoga nicchia disposta sul fianco del defunto. La presenza all’inter-no della depressione di oggetti archeologici potrebbe avere spinto gli scavatoriabusivi a procedere in profondità e in larghezza con lo scasso del terreno, re-stituendo così la sagoma di una fossa tanto ampia e profonda, altrimenti diffi-cilmente interpretabile.

Tornando alla tomba 25, appare ancora difficilmente inquadrabile anche ilreperimento, cui si è accennato, di una quantità abbastanza rilevante di lastrescistose sbozzate, litologicamente assimilabili a quelle usate per la coperturadelle tombe a fossa ma con spessore per lo più maggiore (fino a una dozzina dicentimetri) e soprattutto distinguibili per una sagomatura, sempre approssima-tiva, ma più accurata e regolare. Lastre simili erano presenti anche nella tomba15 con funzione di architrave di sostegno della struttura a tumulo, costituitaviceversa da blocchi di arenaria. Pensando per la tomba 25 a una funzionestrutturale analoga, si potrebbe supporre la presenza di apprestamenti struttu-rali negli spazi antistanti la grotticella, la cui effettiva ricostruzione appare co-munque difficilmente delineabile5.

Lo smottamento generale cui è stato sottoposto l’intero contesto e soprat-tutto l’intervento degli abusivi proprio in questa parte, non ha consentito in-fatti di reperire ulteriori dati atti alla comprensione dell’evidenza. Un’interes-sante suggestione è suscitata da quanto segnalato per alcune strutture ipogeedella necropoli delle Grotte ricavate negli ‘strati di sabbioni’: «…alcune diqueste tombe presentavano il vano d’accesso ostruito da lastroni di panchinaperfettamente squadrati e di rilevante spessore» (FEDELI 1983, p. 316, fig.277), forse impiegati anche qui per apprestamenti particolari per i quali venivautilizzato il materiale più facilmente reperibile in quel luogo.

La prosecuzione delle indagini potrà forse fornire una risposta più puntualea questi interrogativi; ancora una volta comunque i dati emersi dalle nuove in-dagini a Buche delle Fate consentono di aggiungere un ulteriore importantetassello nella comprensione dei complessi funerari ellenistici a Populonia, oggisempre meno riconducibili a ristretti canoni standardizzati e sempre più carat-terizzati dalla ricerca di soluzioni specifiche e forse personalizzate, sia nellascelta delle localizzazioni che in quella delle strutture, specchio evidente diuna società urbana sfaccettata e socialmente dinamica.

GIORGIO BARATTI

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6 La presentazione del materiale in questa sede ha carattere preliminare poiché non è finora sta-to possibile analizzare il corredo nel suo complesso a causa dello stato di conservazione molto fram-mentario di alcuni reperti, in attesa di restauro.

7 Una parziale eccezione è rappresentata dalla tomba 15, in cui sono stati recuperati 13 oggetti, mail corredo originario potrebbe essere stato ben più consistente, dal momento che circa metà della strut-tura non è conservata e lo stesso scheletro era limitato al tronco superiore (BARATTI 2007, pp. 142-144).

8 Nella comunicazione preliminare si fa infatti riferimento a un rilevante numero di patere inCampana A, una decina di phialai mesomphaloi e due coppe di tipo ‘caleno’.

Il corredo della tomba 256 costituisce un complesso particolarmente ricco evariegato rispetto alle altre tombe di questo settore della necropoli in cui i vasidi accompagnamento non superano quasi mai la decina (CHIARAMONTE TRERÉ

2004-2005; EAD. 2006; BARATTI 2007)7.Significativamente l’unico contesto noto paragonabile a questo, pur nella

frammentarietà della documentazione disponibile per l’intera necropoli di Bu-che delle Fate, è il corredo dell’unica tomba rinvenuta pressoché intatta nell’a-rea delle strutture ipogee, assimilabile anche per il tipo di ceramica presente(MAGGIANI 1981, p. 182, nota 24)8.

Il corredo è composto da 34 oggetti, cui va aggiunto un anello digitale inbronzo indossato sulla mano sinistra; gli scarsi resti metallici si limitano a unoggetto di bronzo e osso (?) di forma discoidale, purtroppo in mediocre statodi conservazione e di dubbia interpretazione (forse un coperchio pertinente auna pisside in materiale deperibile) e alcuni elementi di ferro, ipoteticamenteriferibili a una scatoletta di legno, anch’essa non conservata. Il resto del corre-do è composto da vasi in ceramica a vernice nera, in ceramica depurata acro-ma, a decorazione lineare o interamente rivestita di vernice rossa e in ceramicagrezza. Gli oggetti, di cui non è possibile ricostruire esattamente la collocazio-ne originaria a causa del fenomeno di lento riempimento per infiltrazione dellacamera e di graduale collasso di porzioni della roccia, furono comunque depo-sti raggruppati all’altezza del fianco sinistro del defunto, probabilmente inparte impilati, come già osservato per altre sepolture di Buche delle Fate. Inposizione isolata erano solo la lucerna all’altezza della testa e una brocca pres-so i piedi, entrambe leggermente scostate dal corpo (Figg. 2-3).

Nel complesso il corredo ceramico è costituito da sei coppe con decorazionesovradipinta in bianco, due tazze biansate, otto patere, due brocche miniaturi-stiche, una kylix con decorazione a rilievo, una lucerna e un bombylios in verni-ce nera; in ceramica depurata due brocche con ingobbio rossastro, una pissidecon ingobbio rossastro e coperchio con decorazione lineare, due ollette con de-corazione lineare e relativi coperchi, un balsamario con decorazione lineare e areticolo; un vaso biansato in ceramica depurata di colore grigio scuro e un’ollet-ta in ceramica grezza completano il quadro delle attestazioni (Figg. 5-6).

16 Giorgio Baratti, Laura Mordeglia

9 Più in dettaglio appartengono al tipo 1312b1 gli esemplari 4, 20, 21, 28, mentre sembrano piùsimili alla variante 1312d1 le patere 7 e 30; per gli esemplari 9 e 29 si potrebbero infine proporre sia lavariante 1312a1 che 1312f1.

Passando a considerare in maniera dettagliata la ceramica a vernice nera èpossibile rilevare come le sei coppe, tutte attribuibili alla produzione CampanaA, possano essere suddivise in tre gruppi. In particolare gli esemplari 1 e 10(Fig. 5) sono caratterizzati da vasca profonda a profilo convesso, con decora-zione interna sovradipinta in bianco costituita da un bollo centrale e quattrofasce concentriche con un motivo a tralcio finemente graffito e foglia schema-tica sovradipinta tra le due fasce più vicine all’orlo (MOREL 1981, 2152a, conprofilo del fondo più complesso). Le coppe 2 e 6 (Fig. 5) presentano inveceuna vasca abbastanza profonda a profilo quasi rettilineo, con bollo centraleimpresso con motivo floreale a otto petali e stami alternati e delimitato da uncircolo di puntini in rilievo, racchiuso da una solcatura concentrica e da tre fa-sce sovradipinte in bianco, sempre con tralcio graffito e dipinto (serie MOREL

1981, 2154, vicino al tipo 2154a). Infine le coppe 12 e 13 (Fig. 5), di formaanaloga ai precedenti esemplari, ma con vasca meno profonda, appaiono ca-ratterizzate da una fattura più sommaria, anche per quanto riguarda la decora-zione con bollo centrale scarsamente leggibile, tre fasce sovradipinte senzal’indicazione del tralcio graffito e in un caso anche delle foglie sovraddpinte(serie MOREL 1981, 2154, vicino al tipo 2154c). Nel complesso l’intero gruppodi vasi appare databile attorno al 200 a.C., o comunque entro la prima metàdel II secolo a.C.

Anche le due tazze biansate (nn. 8 e 22; Fig. 5) con vasca profonda a pareterettilineo-convessa continua, alto piede troncoconico con listello e anse a dop-pio bastoncello con barretta superiore trasversale, decorate con una scanalatu-ra sotto l’orlo e due fasce sovradipinte concentriche sulla superficie internadella vasca, sembrano costituire una coppia e trovano corrispondenza con laserie MOREL 1981, 3131, verosimilmente con il tipo 3131b per le anse e il li-stello del piede poco sagomati, sempre riconducibile alla Campana A (inizi delII secolo a.C.).

Le otto patere, corrispondenti alla forma LAMBOGLIA 1952, 36, rientranotutte nella specie MOREL 1981, 1310 per lo scarso sviluppo del labbro a tesacon profilo curvilineo rispetto all’ampiezza della vasca, in particolare nella se-rie 1312 per il labbro mediamente curvilineo, distinto nettamente dalla vasca eper la profondità della vasca stessa9.

In tutti i casi esaminati la produzione è attribuita a officine della CampanaA con cronologia nel corso della prima metà del II secolo a.C.

Per quanto riguarda le due brocchette a vernice nera l’esemplare 3 (Fig. 6)

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Fig. 5 - Tomba 25: il corredo ceramico (scala 1:3).

18 Giorgio Baratti, Laura Mordeglia

10 Una collocazione analoga presentano anche altre sepolture della necropoli (tombe 16 e 19:CHIARAMONTE TRERÉ 2006, pp. 376-378, fig. 8), anche se non mancano collocazioni diverse (nella tom-ba 15 la lucerna era posta lungo il fianco sinistro dell’inumato all’altezza del bacino: IBIDEM, p. 376).

si distingue per la particolare raffinatezza nell’esecuzione e la qualità della ver-nice coprente e lucida con riflessi bluastri; questa forma, con corpo tozzo,bocca larga, ansa a doppio bastoncello, è inquadrabile solo genericamente nel-la serie MOREL 1981, 5361 poiché se ne discosta per la maggiore elaborazionedel profilo dell’orlo, la presenza del listello sull’ansa e il fondo piano. La broc-chetta 31 (Fig. 6) richiama invece, anche se in maniera generica, il tipo MOREL

1981, 5222b (forma più sfilata con corpo mediamente rigonfio al centro e at-tacco dell’ansa non sormontante).

Per entrambe le forme, attribuite a fabbrica etrusca settentrionale, ipoteti-camente volterrana, si può notare come la cronologia della loro diffusione, fi-nora circoscritta agli inizi del III secolo, si possa estendere almeno fino ai pri-mi decenni del II secolo a.C., come suggerito anche dalle attestazioni nei cor-redi delle sepolture 19 (CHIARAMONTE TRERÉ 2006, p. 378) e 27 (in corso distudio) di questa necropoli.

La lucerna 34 (Fig. 6), posta relativamente vicino al capo e nettamente di-scosta dagli altri oggetti10, è, come gli altri esemplari rinvenuti nella necropoli(CHIARAMONTE TRERÉ 2006, p. 383), di tipo sud-etrusco con serbatoio globu-lare, disco centrale leggermente depresso e piccola ansa a nastro (PAVOLINI

1987, p. 142, fig. 1.4).Accanto a questi prodotti più seriali, ricorrenti anche in altri corredi di que-

sta necropoli seppur in numero più limitato e con variabili nelle associazioni,sono presenti anche oggetti che per la loro peculiarità e il loro carattere di uni-cità rispetto al panorama generale della necropoli contribuiscono a distinguerequesta sepoltura dalle altre.

All’interno del corredo infatti è presente anche un vaso (n. 11; Fig. 6) in ce-ramica depurata di colore grigio, di forma biconica leggermente schiacciatacon breve labbro quasi a tesa e due anse orizzontali sulla spalla, verosimilmen-te un prodotto di importazione sulla base delle caratteristiche tecniche e del-l’anomalia del profilo, utilizzato per un certo tempo prima della deposizionenella tomba, in considerazione della riparazione antica con sostituzione delfondo con uno spesso disco di piombo.

L’oggetto senza dubbio più rilevante e più pregiato – che qui si presenta informa preliminare – è rappresentato dalla kylix (n. 15; Fig. 6) su alto piede condecorazione a rilievo all’interno della vasca attorno all’omphalos centrale aprofilo troncoconico. La decorazione, distribuita su due fasce concentriche, èottenuta ripetendo tramite un semplice accostamento i singoli elementi. La fa-

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Fig. 6 - Tomba 25: il corredo ceramico (scala 1:3).

20 Giorgio Baratti, Laura Mordeglia

scia più interna è costituita da motivi naturalistici disposti su due ordini (19ghiande all’interno, 19 composizioni foglia-fiore all’esterno), mentre la fasciaesterna è costituita dalla ripetizione di tre figure: un felino rivolto verso destracon una sorta di protome sul dorso, una figura femminile in visione frontalecon corta veste divisa in tre fasce, braccia tese verso l’alto a impugnare un og-getto sopra la testa (copricapo? corona? elmo?) e, forse, uno scudo in secondopiano dietro alle gambe; il terzo elemento è un volatile con ali spiegate rivoltoverso destra. Tra la figura umana e il volatile è inoltre posto un elemento riem-pitivo a ‘S’.

Sia la qualità degli stampi che la loro disposizione sembrano tradire un’ese-cuzione piuttosto sommaria: nel punto di raccordo tra inizio e fine della teoriainfatti la sequenza è alterata col mancato inserimento della figura umana. Inol-tre, appare piuttosto anomala la scelta stessa dei motivi decorativi e la loro di-sposizione rispetto alle tipiche composizioni più strutturate e complesse (SA-NESI MASTROCINQUE 1982, RICHTER 1959); contrasta con la presunta raffina-tezza del prodotto anche l’asimmetria nel profilo del vaso e in particolare nellaresa delle anse.

L’analisi iconografica è ancora in corso di approfondimento: mentre il felinopotrebbe essere interpretato come una chimera con la testa di capra sul dorso,più complessa appare la lettura della figura femminile (Athena con elmo e scu-do?); occorre tuttavia notare come sembri poco probabile una volontà unitarianella composizione, aldilà di un intento meramente decorativo.

Per quanto attiene il profilo del vaso, l’esemplare è assimilabile al tipo MO-REL 1981, 4282a, corrispondente alla forma 118 di M. Montagna Pasquinucci(1972, pp. 387-388, fig. 2, n. 509) e al gruppo delle ‘falsche omphalosschalen’di R. Pagenstecher (1908, tav. 27, forma 24) nell’ambito della ceramica ‘Cale-na’. Questa produzione, caratterizzata dalle ben più frequenti phialai me-somphaloi con decorazione a rilievo, sembra in realtà inserirsi in un circuitopiù complesso di manifatture etrusche con diverse dislocazioni – tra cui sicu-ramente Volterra – dalle quali sarebbe solo in un secondo momento derivatauna produzione locale a Cales (MOREL 1994, p. 818).

Nel complesso l’esame fin qui condotto sulla ceramica di questa sepolturaconsente un inquadramento della deposizione nei decenni iniziali del II secoloa.C., certamente entro la prima metà.

Il completamento dello studio del materiale consentirà di proporre una vi-sione d’insieme della composizione del corredo e una migliore lettura della va-lenza delle associazioni dei vasi; fin da ora sembra delinearsi una sorta di strut-tura binaria (coppie di oggetti uguali o con uguale funzione), come emerge,pur nella minore consistenza quantitativa del corredo, anche in altre sepolture

Buche delle Fate: il corredo di una ricca tomba del II secolo a.C. 21

(in particolare la tomba 16: CHIARAMONTE TRERÉ 2006, pp. 376-378, figg. 7-8). Ulteriore elemento peculiare di questa deposizione, a sua volta suscettibiledi approfondimento, appare la volontà da una parte di utilizzare il repertoriotipico del corredo ceramico (coppe, tazze, brocche, piatti, lucerna, bombylios),dall’altra di distinguersi attraverso l’inserimento di oggetti non comuni, qualiad esempio una forma ricercata come la kylix e recipienti più semplici, quali leollette a fascia con coperchio (nn. 8 e 15; Fig. 6), la pisside con coperchio e al-tri vasi, da interpretare verosimilmente come contenitori di sostanze particola-ri per noi non più identificabili. Non estranea a questo carattere di eccellenzainfine potrebbe anche essere la natura stessa della sepoltura che, come si è vi-sto, si segnala, insieme alla tomba 15, per un maggiore investimento strutturalee per una differente dislocazione all’interno della necropoli.

LAURA MORDEGLIA

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