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Aprile - Giugno 2015 Anno XXXI 3 GIORNALE DEL ROTARY CLUB VENEZIA RIVIERA DEL BRENTA – DISTRETTO 2060 Dare et accipere sicut rotarum dentes Gabriele D’Annunzio 2

Dare et accipere sicut rotarum dentes Gabriele D'Annunzio

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Aprile - Giugno 2015 Anno XXXI n° 3

GIORNALE DEL ROTARY CLUB

VENEZIA RIVIERA DEL BRENTA – DISTRETTO 2060

Dare et accipere sicut rotarum dentes

Gabriele D’Annunzio

2

ROTARY CLUB VENEZIA RIVIERA DEL BRENTA

CONSIGLIO DIRETTIVO

*

COMMISSIONI E RELATIVI PRESIDENTI

ROTARY CLUB VENEZIA RIVIERA DEL BRENTA – Distretto 2060

Villa Franceschi via Don Minzoni, 28 - 30034 Mira tel +39 041 4266531

Redazione bollettino: Rocco Majer cell. +39 337 492888 e-mail [email protected]

Gabrio Pellegrini cell. +39 335 8076 504 e-mail [email protected]

Segretario: Ivana Vianello cell. +39 347 7102 869 e-mail [email protected]

Prefetto: Renato Maria Cesca cell. +39 335 7467 864 e-mail [email protected]

www.rotaryveneziarivieradelbrenta.it

BOLLETTINO PERIODICO, STAMPATO A PADOVA - TIPOGRAFIA MODULI CONTINUI, VIA NAVIGAZIONE INTERNA, 8

Presidente Vice Presidente

Segretario Tesoriere

Prefetto Consigliere Consigliere Consigliere Consigliere

Past Presidente Incoming Presidente

Amministrazione del Club ....................Sviluppo dell'effettivo.............................

Fondazione Rotary e Venice Marathon

Progetti e Nuove Generazioni.................

Programmi di Interesse Pubblico............

FRANCESCO SARTI GABRIO PELLEGRINI IVANA VIANELLO ADRIANO BIANCO RENATO MARIA CESCA PIERO BORTOLETTI ANTONELLA FEDE GIUSEPPE DI GIOVANNI ROCCO MAJER

STEFANO -G.-SIGGIA PIERO MILANO

Gabrio PELLEGRINIPiero BORTOLETTI

Rocco MAJER

Giuseppe Di GIOVANNIAntonella FEDE

1. Saluto dei Presidenti Francesco Sarti e Pietro Milano Pag. 2

2. Le sere e i notturni dagli Egizi al Novecento

3. Tra cielo e terra

4. A Evreux per un incontro tra amici

5. Rodolfo Siviero, lo 007 dell’arte

6. Riflessione sulla corruzione

7. Gita in Abruzzo

8. Interclub con musica di qualità

9. Le religioni e il quadro geopolitico del terzo millennio

10. Il Delta del Po

11. Poco pane e tante forchette

12. Ritorno a San Francesco del deserto

13. Giuliano Bordigato ci racconta la sua America

14. Congresso Distretto Rotary 2060: ci siamo anche noi

15. Il collare passa da Francesco a Pietro

16. LiberaMente: EXPO 2015 nutrire il pianeta

17. Venice Marathon 2015: Pronti.......Via! 18. Ringraziamenti

manca

così

poco!

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La volontà di servizio comincia con la scoperta della nostra

compatta solidarietà e il desiderio di accedere alla realtà

dell'altro, per dargli qualcosa che gli manca. E ciò

comporta un costo. "Non si perde nulla, ad essere cortesi",

disse una mamma al figlio; e l'umorista Tristan Bernard

fece di rimando:

"Sì, il posto nel metrò". Quel posto, siamo disposti a cederlo operderlo? Ne dipende il nostro servizio.

(PDG Federico Weber)

Aprile - Giugno 2015

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18. Consiglio Direttivo e Soci del Club Pag.60

ROTARY CLUB Venezia - Riviera del Brenta Mira Porte, 25 giugno 2015

2060° DISTRETTO

SALUTO DEL PRESIDENTE FRANCESCO SARTI ALLE CONSEGNE

Cari amici,

siamo giunti al traguardo dopo il giro di boa del Natale scorso e mi ricollego alla

partenza del giugno dell’anno scorso, ove, nel mio discorso d’insediamento, ho ringraziato

l’amico Stefano per avermi consegnato il Club in condizioni tali da avvertirne una netta e

percepibile armonica composizione.

Credo, e ne sono convinto, di aver mantenuto presente e costante anche nel mio

anno tale percezione, avendo applicato con convinzione e coerenza i principi fondanti del

Rotary, quali la professione di una disinteressata amicizia, di una tolleranza attiva, da non

equivocare con l’indifferenza o il lassismo, entrambe declinate e determinate dall’etica.

In sintesi, il mantenimento e la trasmissione della tradizione, allocata all’interno del

nostro Club, luogo virtuale ove si raccolgono uomini e donne che portano ad un solo

cumulo la cultura che ciascuno ha potuto acquisire secondo la propria individualità, nella

sua condizione.

Ciascuno porta e dà quello che possiede; la testa pensante darà concetti chiari e

precisi, l’uomo di azione capacità e agilità nell’arte del vivere, il religioso la sua religiosità,

l’artista il suo entusiasmo artistico. Una associazione che si alimenta della conoscenza

che ogni socio apporta in base al proprio temperamento e qualità, e che a sua volta

diventa cumulo, “depositum”, patrimonio culturale ed umano del Club, al quale ciascuno

potrà e saprà attingere, in modo che la cultura di ogni Rotariano, dapprima unilaterale,

diventi utilità generale ed universale.

Venendo a noi e lasciando da parte i massimi sistemi, voglio ringraziare i soci che

mi hanno voluto affidare l’incarico a rappresentare il Club in qualità di Presidente per

l’anno 2014-15; di conseguenza ringrazio i singoli componenti del mio direttivo, che mi

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hanno assistito e consigliato in questa esperienza, esperienza che definirei interessante e

da me vissuta in maniera non incalzante, direi in modo morbido, risultato dell’assidua e

produttiva presenza dei soci del direttivo, tutti meritevoli di essere menzionati. Un grazie

particolare alla nostra solerte e diligente segretaria Ivana e al nostro mai domo

organizzatore e coordinatore prefetto Renato, per la loro infaticabile attività e per le

energie spese a favore del nostro Club.

Un ulteriore riconoscimento a Rocco e Gabrio per il loro continuo, minuzioso e

paziente contributo alla redazione del nostro giornale “Il Giovedì”, testimone della nostra

attività, strumento privilegiato della ancor inespressa potenzialità. Un ulteriore pensiero al

vicepresidente Gabrio, per avermi sostituito in alcune occasioni.

Un plauso a ciascuno degli altri componenti del direttivo che mi hanno affiancato in

questa conduzione con i loro preziosi e competenti suggerimenti e consigli.

DALLA RENDICONTAZIONE

SERVICE: AIL Onlus Baby Ospedale di Gerusalemme, Rotary Day, Amici Campus delle

Arti, Handycamp Albarella, Parchi del Sorriso, RYLA, RYLA Junior, CUAMM, Calamità nel

Mondo, Legalità e Cultura, Venice Marathon, Libri universitari a liceale Dolo per Fisica.

N. 22 RELATORI A CONVIVIALI: Gumirato, Mistri, Di Giovanni, due giovani al RYLA e

RYLA Junior, Boldrin, Sgarabotto, Lanteri, Grossato, Mazzetto, Grinzato, Pino, Muraro,

Fede, Baldan, Trolese, Biagi, Dalla Zuanna.

MOSTRE E VIAGGI: viaggio in Normandia, Paolo Veronese, Corcos, Tutankamon, Museo

della Specola, Giardino Botanico, viaggio in Abruzzo, concerto Campus delle Arti, San

Francesco del Deserto.

Pensiamo di aver svolto i nostri compiti.

Francesco Sarti

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ROTARY CLUB Venezia - Riviera del Brenta Mira Porte, 25 giugno 2015

2060° DISTRETTO

DISCORSO DEL PRESIDENTE PIETRO MILANO ALLE CONSEGNE

Un saluto a tutti i presenti: amiche Rotariane, amici Rotariani e ospiti.

Quando inizia un nuovo anno Rotariano il Presidente è sicuramente emozionato ed anche un po’ preoccupato. Credo che tutti coloro che hanno avuto l’onore di assumere questo incarico possano confermare questo.

Il Rotary è una grande organizzazione che porta avanti service importanti in tutto il mondo e soprattutto lega persone diverse con identità diverse ma sicuramente tutte accomunate da sentimenti di amicizia, onestà, di attenzione alle problematiche mondiali e locali. Tutto questo non può non pesare nella persona del Presidente nel momento in cui assume l’incarico, però nel contempo è uno stimolo ad impegnare tutte le energie e le capacità per portare avanti, anche in un piccolo Club come il nostro le tradizioni ed i sentimenti del Rotary.

Consiglio direttivo 2015-2016

Presidente Piero Milano Vice Presidente Stefano G. Siggìa Segretario Ivana Vianello Tesoriere Adriano Bianco Prefetto Luca Baldan Consiglieri Stefano Boldrin

Piero Bortoletti Antonella Fede Rocco Majer Alessandro Nalin

Past Presidente Francesco Sarti Presidente Incoming Adriano Bianco

Commissioni: Azione Internazionale e Rotary Foundation: Giuseppe Di Giovanni Azione Interna, Immagine, Comunicazione e gite culturali: Gabrio Pellegrini, Rocco Majer Azione Professionale: Stefano G. Siggia Azione Pubblico Interesse: Alessandro Nalin Azione Sviluppo Effettivo: Piero Bortoletti Coordinamento Programmi e Progetti Nuove Generazioni: Antonella Fede Fundraising (ricerca risorse economiche): Stefano M. Boldrin Rapporti con altri club e viaggi all’estero: Renato M. Cesca

Questa è la mia squadra. Ringrazio tutti i componenti per aver accettato il mio invito e naturalmente so di poter contare sulla loro collaborazione.

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Cosa faremo nell’anno di mia presidenza:

Ancora al Presipe nel Settembre dell’anno scorso con i presidenti di Mestre, Mestre Torre e Noale ci siamo parlati per cercare in questo anno di creare delle sinergie e di fare qualcosa insieme. Ci siamo già riuniti 3 volte, anche con l’aiuto di Renato Cesca, in qualità di assistente del Governatore ed abbiamo deciso di fare una serie di cose tra cui 4 interclub, organizzati uno da ognuno di noi con personaggi importanti per darci anche una certa visibilità. Sempre in un’ottica di sinergie, su iniziativa anche del Governatore, l’incontro annuale con lui quest’anno si terrà con gli amici di Noale.

Ci saranno poi dei service che faremo insieme. Il primo al quale noi stiamo già lavorando è un service in Mali. L’iniziativa è del nostro club, che è stata assolutamente sposata anche da Mestre, Mestre Torre e Noale.

Ci si potrebbe chiedere perché andiamo a fare qualcosa in un paese così lontano, quando anche da noi la crisi sta portando preoccupazioni e situazioni di indigenza impensabili fino a pochi anni fa?....io credo che quando Marisa Bettio ci racconta che in Mali se un bimbo nasce sottopeso o con qualche problema anche lieve, viene abbandonato tra i le immondizie perché non ce la farà a sopravvivere, credo che tutti noi dobbiamo sentirci in dovere di fare si che queste situazioni non debbano verificarsi…. È inutile che parliamo di immigrazione, di integrazione, di accoglienza, se poi non diamo un aiuto nel momento in cui un bimbo viene al mondo!!! Già ha la sfortuna di trovarsi in quella parte del mondo almeno aiutiamolo a nascere!!!

Questo è sicuramente il service principale dell’anno della mia presidenza, ma naturalmente valuteremo tutta una serie di altre iniziative che ci verranno proposte e/o che portiamo avanti ormai da anni. Mi riferisco a Ryla, Ryla Junior, Venice Marathon, Handicamp Albarella ed altri che non sto qui ad elencarvi e che valuteremo di volta in volta con il consiglio.

Per quanto riguarda i relatori che interverranno alle nostre serate non ho scelto un filone o un unico argomento. Interverranno conferenzieri che tratteranno temi del ns. territorio, temi di attualità, temi economici e culturali es. in luglio il Prof. Toppan ci parlerà di sviluppo economico della Riviera del Brenta, Dr. Rossi di MPS di passaggi generazionali, a settembre il Comandante dei Carabinieri di VE Mestre su Ordine Pubblico, Prof. Corradini sul Casino di Venezia, e poi Giuseppe Bortolussi di CCGIA di Mestre, Avv. Vianello del Porto di Marghera e via di seguito..non sto qui a elencarveli tutti.

Durante l’anno della mia presidenza a settembre avremo il gemellaggio in Puglia con gli amici Francesi al quale vi prego di partecipare!! Sono 4 gg. di cui 2 festivi, andremo a visitare una regione molto interessante per la storia, per la cultura e per il cibo, oltre al piacere di stare con i ns. collaudati amici francesi.

L’11 e il 12 ottobre andiamo all’Expo a Milano. Non possiamo non partecipare a questo evento eccezionale in cui l’Italia si mostra in tutto il Mondo e che,al di là purtroppo degli scandali che l’hanno preceduto, sta avendo un successo importante di pubblico!!

E poi con l’aiuto dell’instancabile Rocco Majer organizzeremo sicuramente delle visite alle varie mostre che ci saranno durante l’anno. Rocco e Gabrio continueranno poi a seguire il nostro giornale.

Come vedete quindi cose da fare ce ne sono e sono fermamente convinto che le faremo.

C’è però un argomento che per me è primario e che mi piacerebbe lo diventasse per tutti noi. L’argomento è “Lo sviluppo dell’effettivo”. Da oltre un anno per prepararmi all’incarico di Presidente ho partecipato praticamente a tutte i convegni organizzati dal Distretto. Bene, in tutti è stato chiaramente evidenziato che l’aumento del numero dei soci è assolutamente necessario per

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fermare una tendenza che ci vede in diminuzione, seppur con delle distinzioni: cala l’area dell’Ovest del Mondo, cresce invece l’Est (Cina, Giappone etc..).

Questa è la tendenza del Rotary a livello Mondiale, se restringiamo l’esame al ns. club la situazione è sotto gli occhi di tutti. Siamo passati da ca. 45 soci agli attuali 32. Siamo in questo momento uno tra i più piccoli club del distretto. La cosa non può lasciarci indifferenti. Se continuiamo con questo trend, credo che tra qualche anno il ns. club, con i suoi 30 anni di storia festeggiati due anni fa in pompa magna, potrebbe avere dei grossi problemi di sopravvivenza. Penso che nessuno di noi possa accettare questa sconfitta se non altro per lo sforzo che è stato fatto da parte dei soci fondatori e per il lavoro che è stato fatto in questi anni.

A mio avviso dobbiamo cercare tra tutte le persone che conosciamo chi possa avere le caratteristiche per poter entrare nel nostro club. Questo deve essere l’obiettivo primario mio e di tutti noi.

L’operazione non è facile per i tempi che corrono, io ho avuto dei dinieghi per motivi diversi da parte di potenziali soci che avevano le caratteristiche per far parte della grande famiglia del Rotary. Spesso siamo poco conosciuti o conosciuti male. Dobbiamo darci visibilità e creare attrattiva, cosa certamente non facile!! Obiettivo primario ripeto deve essere l’aumento dei soci. Nella ricerca io personalmente sto cercando signore da far entrare nel club! Non sono per le quote rosa per definizione. Una donna deve esserci nel mondo del lavoro, della politica, del Rotary non perchè è donna, ma perché se lo merita. L’universo femminile è uno splendido universo e sicuramente questo il Rotary non lo può ignorare.

Concludo l’argomento soci, con due aspetti non trascurabile. Quando invitiamo un relatore a parlare con 30 soci e magari una presenza del 50% finiamo per non dare una grande soddisfazione al conferenziere!..la prossima volta che lo invitiamo potrebbe declinare l’invito!!...

Un club con pochi soci diventa sicuramente poco attraente anche per i service che può organizzare. Credo che anche queste siano una riflessioni che vadano tenute in considerazione!!

Direi che ho già parlato abbastanza! Non mi rimane che augurare a tutti noi un buon anno nello spirito dei legami e della tradizione del Rotary.

Vi ringrazio per l’attenzione.

Pietro Milano

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La mostra di Vicenza sui notturni nell’arte: forse un pretesto per presentare un grande numero di opere appartenenti a un periodo storico amplissimo, quasi tutto il ciclo della civiltà occidentale, dagli Egizi ai tempi moderni dell’informale. Un criterio francamente eccezionale, per non dire eccessivo. Però diciamo subito che dobbiamo riconoscere all’ideatore della mostra il merito di aver offerto al visitatore l’opportunità di vedere (o rivedere) opere di grande qualità create nei momenti più significativi della cultura occidentale.

Così, seguendo la traccia delle diverse sezioni temporali e stilistiche, siamo andati alla scoperta

delle emozioni che il tema della notte suscita nell’osservatore.

Per capire, ho cercato un aiuto nella letteratura, che a parole esprime le sensazioni provate di fronte allo spettacolo della notte, e ho colto un’affinità tra la poesia e l’opera d’arte. Il fenomeno della notte suscita un sentimento passivo di contemplazione

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della bellezza della natura addormentata, ma anche un sentimento reattivo di solitudine, di abbandono, di percezione della notte come imago mortis o via di transito nell’aldilà.

Dagli Egizi, per i quali la notte è un paradigma della transizione verso l’eternità, si passa ai diversi momenti della pittura classica, esempi insigni Marta e Maddalena e il Narciso di Caravaggio, dove la notte assume il valore di elemento luministico della composizione (avrei voluto vedere Gherardo delle Notti, ma non c’era!!) , finalmente un volo fino ai romantici, come Friedrich, che più di tutti hanno interpretato la notte come un ambiente di sublime bellezza da contemplare o un mondo arcano nel quale annullarsi e obliare il presente quotidiano. E dopo i romantici e gli impressionisti, i postimpressionisti, fauves ed espressionisti, grandi interpreti della notte come metafora della dolente esistenza umana.

Mi piace abbinare al dipinto di Van Gogh Sentiero di notte in Provenza, quei tre versi famosi di Quasimodo, che a mio parere esprimono, al pari del dipinto, la concezione dolorosa della vita e il senso profondo si solitudine.

Ognuno sta solo sul cuor della terra trafitto da un raggio di sole: ed è subito sera.

********* Emersi dalle latebre della notte, siamo approdati a Lapio, posato su un delizioso colle dei Berici, dove abbiamo lietamente pranzato.

.

Rocco Majer

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Mi pare questo il titolo più azzeccato per la giornata che abbiamo trascorso a Padova sabato 18 aprile: se ci siamo avvicinati al cielo con la visita all’antico osservatorio astronomico della Specola, abbiamo poi piantato i piedi a terra, anzi le radici, nella visita all’ Orto Botanico, patrimonio dell’Umanità dal 1997.

Il primo monumento ci è stato illustrato da due brave guide del Museo, mentre la visita all’Orto è stata illustrata da una vera autorità in materia, la Prof.ssa Barbara Baldan, sorella del nostro Socio Luca, Vice Prefetto dell’Orto, che già il 9 aprile era venuta al Club per una relazione e che ci ha oggi

condotti per mano a visitare questa vera e propria meraviglia.

Laureata in Scienze Biologiche presso l’Università degli studi di Padova, in Francia ha condotto ricerche di dottorato, perfezionando le conoscenze di biologia cellulare delle piante e le tecniche di microscopia elettronica, presso l’Institut J. Monod e l’IBPC di Parigi. Dal 2000 è professore associato presso il

Dipartimento di Biologia dell’Università degli Studi di Padova svolgendo attività scientifica su argomenti di biologia cellulare nelle piante. Dal 2013 ricopre la carica di Vice-prefetto del Centro di Ateneo Orto Botanico dell’Università di Padova.

Insomma di meglio non potevamo pretendere ed infatti grande è stata la soddisfazione e l’apprezzamento della trentina di Soci e amici che hanno trascorso una magnifica giornata padovana tra il sole del mattino e il temporale del pomeriggio.

Orto Botanico L’Orto botanico di Padova fu istituito nel 1545 per la coltivazione delle piante medicinali, che allora costituivano la grande maggioranza dei "semplici", cioè di quei medicamenti che provenivano direttamente dalla natura. Proprio per questa ragione i primi orti botanici vennero denominati “giardini dei semplici” ovvero horti simplicium.

In quel tempo era già consolidata la fama dell’Ateneo padovano nello studio delle piante, soprattutto come applicazioni della scienza medica e farmacologica: qui infatti venivano lette e

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commentate le opere botaniche di Aristotele e di Tefrasto; sempre qui tra gli altri avevano studiato Alberto Magno di Laningen (1193-1280), considerato il più grande cultore della materia dopo

Aristotele, e Pietro D’Abano (1253-1316), che aveva tradotto in latino la terapeutica greca di Galeno.

Nell’epoca in cui l’Orto fu fondato regnava grande incertezza circa l'identificazione delle piante usate in terapia dai celebri medici dell'antichità: frequenti erano gli errori e anche le frodi, con grave danno per la salute pubblica. L'istituzione di un horto medicinale, sollecitata da Francesco Bonafede che allora ricopriva la cattedra di "lettura dei

semplici", avrebbe permesso agli studenti un più facile riconoscimento delle vere piante medicinali dalle sofisticazioni.

Per questo scopo il primo "custode" dell'Orto, Luigi Squalermo detto Anguillara, vi fece introdurre e coltivare un gran numero di specie (circa 1800).

L'Orto, per la rarità dei vegetali contenuti e per il prezzo dei medicamenti da essi ricavati, era oggetto di continui furti notturni, nonostante le gravi pene previste per chi avesse arrecato danni (multe, carcere ed esilio). Venne quindi ben presto costruito un muro di recinzione circolare (da cui anche i nomi di hortus sphaericus, hortus cinctus e hortus conclusus).

L'Orto era continuamente arricchito di piante provenienti da varie parti del mondo, specialmente dai paesi dove la Repubblica di Venezia aveva possedimenti o scambi commerciali; proprio per questa ragione Padova ha avuto un posto preminente nell'introduzione e nello studio di molte specie esotiche.

Nell'Orto patavino vivono alcune piante notevoli per la loro vetustà, normalmente indicate come alberi storici. Ciascuna di esse, come tutte le altre piante, reca l’apposita etichetta con il nome scientifico della specie (binomio latino), l'iniziale o la sigla dell'autore che per primo l'ha validamente denominata e descritta, la famiglia di appartenenza e il luogo di origine e, in questo caso, anche l'anno di introduzione oppure di impianto in

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Orto. All'interno dell'Hortus sphaericus si possono ammirare una palma di S. Pietro che è attualmente la pianta più antica dell'Orto, messa a dimora nel 1585 e resa famosa da Goethe che le

dedicò alcuni scritti e opere scientifiche, un ginkgo (Ginkgo biloba L.) del 1750 ed una magnolia (Magnolia grandiflora L.), probabilmente piantata nel 1786 e ritenuta la più antica d'Europa.

Altri alberi storici si trovano nell'Arboretum realizzato dalla seconda metà del Settecento all'esterno del muro circolare, ad opera specialmente dei prefetti Giovanni Marsili e Roberto de Visiani. In quest'area fu inserita anche una collinetta artificiale ("Montagnola" o Belvedere) con sentieri sinuosi secondo un disegno di parco romantico all'inglese: si trovano in questi spazi un gigantesco platano orientale (Platanus orientalis L.) del 1680 con il fusto cavo ed inoltre un cedro dell'Himalaya [Cedrus deodara (D.Don) G.Don fil.], molto meno vetusto del precedente e quindi non ancora considerato albero storico, ma importante perché si tratta del primo esemplare di

questa specie introdotto in Italia (1828).

Alberi interessanti, anche se non storici, sono gli annosi cipressi calvi [Taxodium distichum (L.) Rich.] originari delle paludi della Florida e della Louisiana, inseriti lungo il canale Alicorno presso il ponte di ingresso (ponte delle priare), e una metasequoia (Metasequoia glyptostroboides Hu & Cheng), specie conosciuta solo come fossile fino al 1941, poi trovata vivente nella Cina Occidentale. I suoi semi sono stati diffusi in tutto il mondo e un individuo vive dal 1961 nell'Orto botanico di Padova, nel quarto medicinale presso la porta Sud, accostato alla cinta muraria. In vicinanza della porta Nord, è vissuto fino al 1984 un venerando esemplare di agnocasto (Vitex agnus-castus L.), la cui presenza in Orto è testimoniata dal 1550.

Nell'Arboretum sono stati collocati a scopo didattico anche due frammenti di

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tronchi. La parte basale del tronco di un gigantesco olmo (Ulmus minor L.), vissuto per circa un secolo e mezzo e morto nel 1991 a seguito di un attacco fungino, evidenzia sulla sezione trasversale gli anelli di accrescimento (contrassegnati

chiodini) che permettono di calcolarne l'età. Un frammento di fusto subfossile di una grossa quercia, precisamente una farnia (Quercus robur L.), rinvenuta nel corso di scavi presso Padova, è

risultato risalire a 2650 anni fa (datazione effettuata col metodo del carbonio radioattivo) e costituisce un'importante testimonianza della vegetazione della Pianura Padana prima della distruzione dei boschi ad opera dell'uomo. Purtroppo il contatto con l'atmosfera e la colonizzazione da parte di vari microrganismi hanno innescato un accentuato processo di decomposizione.

Oltre che per famiglie e specie, alcune piante sono state suddivise in collezioni tematiche, formate sulla base di

determinate caratteristiche con lo scopo principale di sollecitare l’attenzione dei visitatori e di stimolarne l’osservazione.

Chiamate spesso anche carnivore, si tratta di piante che compiono una normale attività fotosintetica e che riescono a colonizzare ambienti particolarmente poveri d'azoto e di sali minerali, dove trovano una limitata competizione da parte di altre specie, integrando le carenze nutrizionali con l'utilizzo di materiale organico derivato da insetti e piccoli animali.

A questo scopo, esse hanno modificato profondamente le loro foglie, che svolgono funzioni di richiamo, cattura e digestione delle prede e assorbimento dei prodotti della digestione. Le loro

foglie possono così funzionare da trappole passive o attive, cioè dotate di movimenti determinati da variazioni di turgore di alcune cellule. Trappola attiva è ad esempio la foglia della trappola di Venere o pigliamosche (Dionaea muscipula Ellis), che si chiude ripiegandosi lungo la nervatura centrale, quando alcuni peli sensibili presenti sulla sua superficie intercettano un visitatore.

Trappole passive sono invece le foglie delle drosere

(Drosera sp.pl.) ricoperte di peli ghiandolari secernenti un liquido vischioso, ricco di enzimi idrolitici che attira le prede e le intrappola (trappola a carta moschicida). Altre trappole passive sono quelle della sarracenia e delle nepenti (Sarracenia sp.pl., Nepenthes sp.pl.), le cui foglie sono

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ripiegate a forma di coppa (ascidio). Sul margine dell'ascidio numerose ghiandole secernono un liquido zuccherino che attira gli insetti, che scivolano poi dentro (trappola a scivolo). Le pareti della trappola sono infatti lisce e con peli rigidi rivolti all'interno, per impedire agli insetti la risalita. Sul fondo dell'ascidio si accumula un liquido contenente enzimi proteolitici, in cui vivono batteri specializzati che contribuiscono alla digestione della preda.

Queste piante trovano ospitalità nella prima delle serre ottocentesche, posta poco oltre la porta Nord, lungo il viale delle serre, dove è facile vederle anche in fiore.

Una ricca collezione di piante medicinali e aromatiche si trova all'interno della parte più antica dell’Orto, nei due settori situati a ridosso del muro circolare tra le porte nord e sud.

Questa collezione, che rappresenta la diretta continuazione dell'attività dell'originario Horto medicinale, comprende anche alcune piante medicinali "storiche", molto utilizzate in passato, ma che oggi non hanno più alcun interesse terapeutico.

La maggior parte delle specie coltivate in questi settori è però d'impiego attuale e la collezione viene costantemente aggiornata, con l'inserimento di nuove entità per le quali vengano dimostrate interessanti

proprietà terapeutiche. Si coltivano anche alcune specie che, pur non contenendo sostanze di immediata utilizzazione, forniscono molecole che rappresentano per l'industria farmaceutica il punto di partenza per la semi-sintesi di sostanze utilizzate a scopo terapeutico. Tra queste, varie specie del genere Dioscorea e il tasso (Taxus baccata L.), usate rispettivamente per la semi-sintesi di ormoni e di sostanze antitumorali. Le piante sono coltivate nelle varie parcelle a seconda delle loro esigenze microclimatiche e sono provviste di un cartellino che ne indica, oltre al nome, anche le proprietà terapeutiche.

In un altro settore, tra la porta Est e sud, a ridosso del quarto della Magnolia, vengono esposte alcune delle più comuni piante velenose, spontanee e coltivate. Alcune sono le stesse che si possono vedere nel settore delle piante medicinali, perché le sostanze in esse contenute, anche se originariamente tossiche, possono produrre, se usate a dosi appropriate, effetti biologici utili alla cura di varie malattie. Si tratta tuttavia di piante che devono essere utilizzate con estrema cautela e solo sotto forma di farmaci e che, se ingerite, possono provocare avvelenamenti anche gravi, talora mortali. Il loro grado di pericolosità è indicato sul cartellino: una crocetta per le piante poco tossiche, due per quelle più tossiche, tre per quelle che possono essere mortali.

Fin dalla sua fondazione, l'Orto botanico di Padova fu al centro di una fitta rete di relazioni internazionali con scambi di semi, di piante e di materiale scientifico di ogni tipo. Fu così che l'Orto patavino ebbe un ruolo importante nell'introduzione in Italia e nell'acclimatazione di specie esotiche.

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Alcune delle piante introdotte per la prima volta nell'Orto botanico di Padova, e da questo poi diffuse in tutto il territorio nazionale, sono allineate lungo il viale che fronteggia le serre ottocentesche; i cartellini identificativi riportano, in questo caso, anche l'anno di introduzione.

Tra queste, si possono osservare piante oggi molto diffuse perché di interesse ornamentale, come il lillà (Syringa vulgaris L.), il gelsomino giallo (Jasminum fruticans L.), la vite del Canadà [Parthenocissus quinquefolia (L.) Planch.], l'albero dei tulipani (Liriodendron tulipifera L.), il cedro dell'Himalaya [Cedrus deodara (D.Don) G.Don fil.], la fresia [Freesia refracta (Jacq.) Klatt], il cuor di Maria (Dicentra spectabilis Lem.). Altre sono piante alimentari di largo impiego, come il girasole (Helianthus annuus L.), il sesamo (Sesamum indicum L.), la patata (Solanum tuberosum). Alcune si sono spontaneizzate in Italia, come l'agave (Agave americana L.), la falsa acacia (Robinia pseudacacia L.) e l'albero del Paradiso [Ailanthus altissima (Miller) Swingle]; esse caratterizzano talora il paesaggio di vaste aree del territorio nazionale.

Sono circa 1.300 le specie che fanno parte del progetto espositivo del giardino della biodiversità. Vivono in ambienti omogenei per umidità e temperature, che simulano le condizioni climatiche dei biomi del pianeta: dalle aree tropicali alle zone subumide, dalle zone temperate a quelle aride. La posizione delle piante all’interno di ciascun ambiente e del laghetto delle piante acquatiche rispecchia una suddivisione fitogeografica: quello de “La pianta e l’ambiente” è un viaggio attraverso la vegetazione della Terra (in America come in Africa e Madagascar, in Asia, nell’Europa temperata, in Oceania). E

il visitatore ha l’immediata rappresentazione della ricchezza (o povertà) di biodiversità presente in ciascuna fascia climatica. Il Giardino non racconta il pianeta dal punto di vista dell’uomo, o a partire dal mondo animale, sposta invece l’attenzione sulle forme di vita vegetali. A partire dalle domande “cos’è un essere vegetale?”, “quali sono le caratteristiche che lo rendono così indispensabile per la nostra esistenza?”, emerge il ruolo svolto dalle piante nell’evoluzione umana: dai primi insediamenti in epoca preistorica ad oggi. Già nel 1880, nel testo The power of movements in plants, Darwin scriveva che “la punta della radice agisce come il cervello di un animale inferiore”. Un’intuizione, questa, che trova riscontro nelle più recenti scoperte scientifiche e che idealmente ispira il percorso La pianta e l’uomo. Pannelli informativi, filmati, exhibit interattivi, reperti raccontano come l’intelligenza vegetale e l’intelligenza umana abbiano svolto un comune percorso di coevoluzione da Lucy sino ai nostri giorni. Le piante intanto raccontano il loro millenario rapporto con l’uomo: usate per nutrire, per curare o per costruire gli oggetti che fanno la nostra storia. All’esterno delle serre le aiuole vengono dedicate a temi specifici e prevedono la coltivazione di specie compatibili con il clima locale, quali le piante alimurgiche, i giardini fioriti, le piante aromatiche. I giardini tematici sono infatti uno spazio aperto all’implementazione in nome dell’interesse scientifico dell’Orto e della divulgazione al pubblico.

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Il Giardino della biodiversità La nuova struttura è stata ideata dall’architetto Giorgio Strappazzon dello studio VS Associati di

Vicenza, che ha vinto un concorso internazionale con un progetto di forte effetto, basato su un’estetica moderna e razionale e sul basso impatto ambientale. Spicca nel nuovo spazio, distinto ma perfettamente contiguo all’Hortus simplicium, l’edificio delle serre, con un fronte di 100 metriinteramente rivestito in vetro e un’altezza che arriva fino a 18. Un effetto ottenuto attraverso un nuovo sistema di fissaggio, senza profili esterni e in grado di sopportare carichi di vento oltre i 400 kg/mq. Un vero e proprio Solar Active Building, progettato per mantenere e trasformare l’energia solare attraverso l’impiego di materiali innovativi e l’installazione di pannelli fotovoltaici. Il complesso sarà inoltre provvisto di un sistema per la raccolta dell’acqua piovana, che sarà poi immagazzinata per essere utilizzata nell’irrigazione delle piante. Sono 1.300 le specie provenienti da tutto il mondo ospitate, che si aggiungeranno alle 6.000 già presenti nell’Orto

storico. Le piante sono divise in ambienti omogenei per umidità e temperature, che simulano le condizioni climatiche dei biomi del Pianeta: dalle aree tropicali a quelle subumide, dalle zone temperate a quelle aride.

Si tratta probabilmente dell’intervento piùimportante nella storia dell’Orto botanico, negli oltre 450 anni dalla sua creazione. La riflessione sulla necessità di una ristrutturazione e di un ampliamento risalgono agli anni Novanta del secolo scorso, quandol’abbassamento della falda acquifera mette in pericolo il delicato ecosistema del giardino. Nel 2003 viene acquistata l’area dove oggi sorge il Giardino della biodiversità, con lo scopo innanzitutto di fornire all’Orto una cintura di protezione rispetto all’ambiente urbano circostante. Dopo la scelta del progetto e il completamento delle serre, la nuova struttura negli ultimi mesi è stata fornita di un apparato espositivo d’avanguardia, articolato in diversi percorsi tematici e in decine di reperti, pannelli, video e postazioni interattive. L’obiettivo è anche quello di aprire l’area a un rapporto sempre più stretto con la città, rafforzandone al tempo stesso il suo potenziale attrattivo per i turisti, italiani e stranieri.

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La Specola La Torlonga era un'antica torre di difesa, edificata nel IX secolo d.C. Fu risistemata da Ezzelino III da Romano nel XIII secolo ed è legata alla sua fama di crudeltà: fu infatti prigione e sala di tortura per i nemici del tiranno. Caduto il tiranno, il castello fu abbandonato.

Nella seconda metà del Trecento i nuovi signori di Padova, i Carraresi, edificarono il nuovo castello, sui resti del preesistente in parallelo al Bacchiglione. In una antica veduta della città di Padova è raffigurato colorato a quadri bianchi e rossi (Giusto de' Menabuoi nella Basilica di Sant'Antonio di Padova). Con la costruzione delle mura cinquecentesche il castello e la Torlonga persero la loro funzione militare e caddero in abbandono. Infatti nel Settecento l'antica fortezza, in gran parte cadente, veniva chiamata "Castel Vecchio", e da tempo era

stata destinata a magazzino di granaglie, di paglia, di fieno, deposito di armi e munizioni.

Nel 1761 il senato veneziano decretò l'istituzione di un osservatorio astronomico per l'Università padovana. Il progetto fu voluto dall'abate Giuseppe Toaldo che assieme all'architetto Domenico Cerato di Vicenza utilizzò l'esistente torrione, aggiungendovi alla sommità la sala di accesso alle torrette d'osservazione. I lavori, condotti su progetto di Domenico Cerato, contemplavano la creazione di due osservatori distinti, ognuno adatto a svolgere una precisa funzione. Sulla sommità della torre sarebbe stato costruito l'osservatorio superiore, un ambiente ottagonale dotato di alte finestre per consentire, dall'interno della sala, l'osservazione del cielo dall'orizzonte fin quasi allo zenit. La terrazza circostante sarebbe stata più ampia verso sud per potervi collocare qualche strumento.

A circa 16 m di altezza sarebbe stato costruito l'osservatorio inferiore, una sala progettata appositamente per leggere il mezzogiorno sulla linea meridiana da incidere sul pavimento, e per l'osservazione degli astri nel passaggio al meridiano celeste. La testimonianza della trasformazione della torre-prigione in un luogo dedicato agli studi astronomici fu incisa una lapide sopra la porta a pianterreno della torre quando i lavori furono ultimati nel 1777. “Questa torre, che un tempo conduceva alle ombre infernali, ora sotto l’auspicio dei Veneti apre la via agli astri” Dal settembre 1772 all'agosto 1773 la sala ottagonale dell'osservatorio superiore

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venne affrescata dal pittore vicentino Giacomo Ciesa con soggetti di carattere astronomico ideati da Toaldo. Nel Settecento, e fino ai primi anni dell'Ottocento, l'accesso alla Specola avveniva dall'attuale piazza Castello.

Nel 1773, prima ancora che i lavori della Specola fossero finiti, Toaldo ottenne il permesso di collocare un parafulmine. Quello della Specola fu il primo parafulmine installato su un edificio pubblico nella Repubblica veneta - l'invenzione era stata fatta da Benjamin Franklin nel 1750 - con la consulenza del professore ginevrino Saussure, di passaggio per Padova.

Nel 1777 la Specola di Padova venne finalmente completata come edificio, ma altrettanto non si poteva dire del corredo strumentario. L'acquisizione degli strumenti avvenne a varie riprese; nel 1779, dopo un viaggio per nave dall'Inghilterra a Venezia, poi in battello dalla città lagunare sino all'Osservatorio, arrivò un grande quadrante che venne fissato al muro appositamente predisposto e orientato con grande precisione lungo l'asse nord-sud all'interno della sala meridiana. Nel complesso il corredo strumentario della Specola, verso la fine del Settecento, era formato da quadranti, cannocchiali rifrattori, orologi a pendolo, e altri strumenti per la misura delle coordinate celesti come lo strumento dei passaggi e la macchina parallattica.

Napoleone emanava il 25 luglio 1806, il decreto con il quale veniva conservata l'Università di Padova, e con essa anche l'Osservatorio.

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Con l'entrata in guerra dell'Italia il 24 maggio 1915, Padova, dopo Udine, divenne la sede del Comando supremo delle forze armate: furono requisiti dal Comando generale gli apparati telegrafici in uso all'Osservatorio per il servizio dell'ora; nel 1916 fu requisita la torre per il servizio di avvistamento degli aerei nemici. Nel 1919 i locali dell'Osservatorio furono riconsegnati all'università di Padova.

Con la costruzione della succursale di Asiago nel 1942 (Osservatorio astrofisico di Asiago) e il suo sviluppo negli anni successivi (Stazione osservativa di Asiago Cima Ekar), la torre della Specola non fu più usata per compiere osservazioni astronomiche. Alcuni locali furono invece trasformati per collocarvi la biblioteca antica e l'archivio. Nel 1994 l'Osservatorio di Padova, giuridicamente autonomo dal 1923, presentò domanda al Ministero delle Finanze per poter acquisire un nuovo edificio, la cosiddetta 'Casa del Munizioniere' del Castelvecchio, che era divenuta infermeria del carcere sotto il dominio austriaco. Nello stesso anno il consiglio direttivo deliberò l'istituzione della sezione museale dell'Osservatorio, con la denominazione di "Museo La Specola". L'acquisizione dei nuovi spazi, avvenuta qualche anno più tardi, permise poi all'Osservatorio di ampliare il percorso museale e di destinare interamente la torre a museo.

Dal 1994, quindi, il Museo La Specola, conserva, restaura ed espone gli strumenti di osservazione utilizzati dagli astronomi padovani nel corso dei 250 anni della loro storia.

Renato Maria Cesca

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Trovandomi con Mara a Parigi, non potevo non andare a salutare gli amici rotariani di Evreux e, come sempre, la loro accoglienza è stata più che affettuosa.

Ho partecipato nel tardo pomeriggio a una riunione del Club in cui ho avuto occasione di incontrare un personaggio davvero singolare, loro ospite, che ha proiettato ed illustrato un video con una impresa a dir poco straordinaria: un viaggio in bicicletta da Brest al Nepal ! Vincent Bernard, dopo un mese di coma causato da una caduta

in montagna, ha avuto una lunga e difficile riabilitazione, che gli ha comunque lasciato qualche deficit non grave ma in qualche modo inabilitante; proprio per dimostrare che con l’handicap si può convivere e avere una vita interessante, ha organizzato questo straordinario viaggio. Austria, Ungheria, Romania, Bulgaria, Grecia, Turchia, Iran,

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Uzbekistan, Kazakistan, Cina, Tibet i paesi che ha attraversato per raggiungere la meta agognata, il Nepal. Poi, quattro pedalate fino in India per prendere il volo che l’ha riportato in Francia: 25.000 km. pedalando, 17 paesi attraversati, grandi esperienze umane e l’intento di fondare una associazione di sostegno ai traumatizzati. Come potete immaginare questo incontro è stato davvero toccante e gli amici francesi hanno capito che io e Mara avevamo bisogno di riaverci da tante emozioni: detto fatto, una magnifica cena a casa di Pierre e Dominique, con Jean-Aude e Nicole e Jean e Marie José – merci beaucoup ! Abbiamo naturalmente parlato anche del nostro prossimo incontro in Puglia che loro, come noi, aspettano con entusiasmo: au revoir à Bari.

Renato Maria Cesca

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Rodolfo Siviero è stato un personaggio eccezionale nel campo degli intellettuali esperti d’arte, noto soprattutto per la sua opera instancabile nel rintracciare e ricuperare migliaia di opere d’arte trafugate dall’Italia durante l’ultimo conflitto mondiale. La figura e l’opera di Siviero è stata illustrata nella conviviale del 23 aprile dal prof. Diego Mazzetto, storico dell’arte che già in altra occasione abbiamo avuto il piacere di ospitare ed ascoltare per le sue

interessanti relazioni d’arte.

Dopo un periodo come agente segreto militare prima del conflitto, Rodolfo Siviero operò nella resistenza e nel dopoguerra come incaricato da De Gasperi per il recupero di opere d’arte, sistematicamente trafugate dalla Kunstschutz nazista durante l’occupazione tedesca in Italia.

Come testualmente ci rammenta il Prof. Mazzetto, Rodolfo Siviero ha narrato, attraverso fitte pagine di memorie, ciò che pochissimi altri potevano, di convogli nazisti in partenza per il nord, zeppi di quadri e statue sottratti ai musei, sorvegliati in segreto dai suoi uomini.

Alleati e partigiani furono messi al corrente, dagli informatori che lui addestrava e organizzava, sulle rotte dei camion, sulle destinazioni dei treni, sui nascondigli dove i tedeschi ammassavano i capolavori italiani. Conoscere le mete di

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questi trasporti significava, infatti, poterli un giorno recuperare e riportare a casa. La documentazione che con metodica perizia Rodolfo Siviero ha raccolto in quegli anni, unita a quella raccolta dagli Alleati, ha fatto sì che della gran parte delle opere trafugate non fossero cancellate le tracce. L’esodo dei beni fu, davvero, di un’entità inimmaginabile. Napoli, Roma, Firenze ma anche molte altre città italiane, mentre la guerra infuriava, furono spogliate di molti dei loro tesori destinati ad arricchire le collezioni tedesche e le due

gallerie private di Hitler e Goering. A Rodolfo Siviero il merito di aver recuperato gran parte di questi tesori e di aver lasciato, prima della sua morte, documentazioni utili per il recupero di altre 2500 opere d’arte trafugate dall’Italia e non ancora tornate.

Ringraziamo il Prof. Mazzetto per averci illustrato l’opera meritoria di questo straordinario personaggio, e nello stesso tempo ci dobbiamo rammaricare per le migliaia di opere d’arte sottratte e non ancora ricuperate!

Possiamo sperare?

Rocco Majer .

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E’ il Prof. LORENZO BIAGI l’ospite della conviviale che ha come tema la corruzione, partendo proprio dal suo recente saggio titolato appunto “Corruzione”.

Insegna antropologia filosofica ed etica presso l’Istituto Universitario Salesiano di Venezia, filosofia morale presso l’ISSR - Isituto Superiore di Scienze Religiose di Treviso-Vittorio Veneto, ed è segretario generale della Fondazione Lanza, che, sorta nel 1988 in accordo con le indicazioni del lascito testamentario dell'avv. Carlo Lanza e

per volontà dell'allora vescovo di Padova mons. Filippo Franceschi, si propone lo scopo specifico di entrare nel delicato dibattito fede-cultura, con particolare attenzione alla riflessione etica.

Il dato sconfortante di partenza è che l’Italia è prima per corruzione tra i paesi dell’Ue. Lo scrive nero su bianco l’ultima classifica della corruzione percepita, il Corruption Perception Index 2014 di Transparency International, che riporta le valutazioni degli osservatori internazionali sul livello di corruzione di 175 paesi del mondo. L’indice 2014 colloca il nostro paese al 69esimo posto della classifica generale, come nel 2013, fanalino di coda dei paesi del G7 e ultimo tra i membri dell’Unione Europea. Rispetto al passato l’Italia ferma la sua rovinosa discesa verso il basso della classifica (i valori sono uguali al 2011 e 2013), ma resta maglia nera tra gli Stati occidentali. Anzi peggiora la sua situazione complessiva in Europa, dato che Bulgaria e Grecia la raggiungono al 69esimo posto, migliorando la loro posizione in classifica. Adesso dietro all’Italia, in Ue, non c’è più nessuno.

Nel panorama globale, in una scala da zero (gravemente corrotto) a 100 (assolutamente pulito), il nostro paese con i suoi 43 punti si colloca tra le nazioni al mondo che non

raggiungono neppure la sufficienza in trasparenza. Nel G20 si colloca in una posizione inferiore a tutte le nazioni europee, sorpassata come è prevedibile da Usa e Canada, ma anche da Arabia Saudita e Turchia.

Ma quale significato può avere la pessima performance dell’Italia? Difficile dirlo, ma esistono alcuni dati di fatto: l’arresto della caduta dell’Italia in classifica coincide con i mesi in cui è stata varata la legge Severino sulla corruzione e a quelli più recenti in cui il Governo Renzi ha attribuito nuovi poteri all’Autorità Anticorruzione, nominandone come presidente Raffaele Cantone. Fattori che potrebbero aver contribuito a non peggiorare ulteriormente la nostra situazione agli occhi degli organismi internazionali, ma che non sono bastati comunque a migliorarla.Se la pagella di Transparency è legata solo alla percezione è pur vero che proprio tale percezione orienta gli investimenti nel nostro paese. È una sorta di termometro dell’opinione che imprenditori ed esperti hanno. E se questa è la situazione, per l’Italia è ancora febbre alta.

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Il 3 febbraio Cecile Malmstrom, commissario europeo per gli affari interni, presenta il primo rapporto sulla corruzione nell’Unione, stimata in 120 miliardi di euro. Nel capitolo dedicato all’Italia si ricorda che la nostra Corte dei Conti ha valutato la corruzione italiana in 60 miliardi di euro.

Oltre che essere «banale», il male può diventare «abituale», fino a diventare «vera cultura, con capacità dottrinale, linguaggio proprio, maniera di procedere peculiare». Queste le parole di Papa Francesco, che ha sorpreso un po' tutti dicendo che «la corruzione non può essere perdonata». Ma allora cosa ne è del perdono instancabile di Dio? Cosa intende il papa affermando «peccatori sì, corrotti no»? La sua riflessione, coltivata e maturata fin da quando era arcivescovo di Buenos Aires, si concentra sulla differenza qualitativa tra peccato e corruzione, e su come per guarire dalla corruzione ci voglia una svolta di vita qualitativamente alternativa. Il discorso ha grandi risvolti anche sul piano civile, dove il dibattito su questo tema è ormai consunto e quasi disarmato. È necessario leggere la corruzione in modo nuovo, fuori da un moralismo che produce solo effimera indignazione. Occorre piuttosto puntare diritti alla «struttura interna» della corruzione, per tentare di far compiere un salto di qualità alla nostra coscienza civile.

Ed è proprio dalle parole del Papa che parte la riflessione del Prof. Biagi.

"Questo Papa ha maturato una consapevolezza molto forte circa lo spessore di questo male così speciale che è la corruzione, la cui peculiarità è di essere abituale, un costume continuativo, contagioso. La gravità sta nel fatto che diventa come una seconda natura nella coscienza della persona, che abituandosi a questo male pensa di essere Dio. Questo è il peccato più grave: credersi Dio in maniera immanente, pensarsi intoccabili, capaci di potere tutto, asservendo

tutte le persone ai propri scopi. Il peccatore commette azioni malvagie, ma resta nella sua coscienza quel barlume che potrà spingerlo a chiedere perdono; il corruttore e il corrotto, invece, sono portati a credere di non avere bisogno di Dio e, quindi, di perdono. Il Papa riconduce la questione al cuore: non riguarda solo l'esteriorità dell'agire, ma la disposizione dell'animo, intacca la coscienza mettendola a tacere, e così scattano meccanismi di egolatria, in cui il corruttore pensa di essere al centro del mondo.

La vera questione che il nostro Paese deve affrontare con coraggio è la logica del “così fan tutti”, che alimenta lo stile abituale della corruzione, che tende a insinuarsi attraverso comportamenti quotidiani. Bisogna poi prendere coscienza che la corruzione è umana: chiamarlo male, come fa Papa Francesco, significa essere consapevoli che non facciamo mai abbastanza per contrastarlo e sradicarlo. Il popolo italiano ha un grosso problema con l'etica civile, è debole il senso dell'essere cittadini. Certamente il clima culturale individualistico non aiuta, spingendo solo a rivendicare diritti, dimenticandosi dei doveri. L'etica civile è quella sorta di grammatica elementare che governa la coscienza del cittadino, il quale riconosce di avere anche doveri. Questa è la vera sfida. Veniamo purtroppo da una storia di coscienza civile assai fragile: si dice che l'Italia sia una società a giuridicità debole. Ora, a fronte dell'emersione di tutto questo male divenuto fin troppo abituale nel nostro Paese, occorre una grande rinascita dello spirito civile, una ripresa dell'ideale e del valore del bene comune, altrimenti non ci si può sentire legati ad alcuna responsabilità".

E’ responsabilità particolare dei cattolici, forti anche della riflessione di Papa Francesco sulla corruzione, rilanciare una presenza civile rinnovata, a partire da un servizio di base tra la gente per far conoscere, apprezzare e applicare

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questa etica civile, che è la cura culturale, del corpo civico. Per intervenire sul male dell'anima invece, le nostre comunità cristiane devono farne comprendere la gravità, predicando la conversione, annunciando che la fede cristiana dà la possibilità, anche a chi è entrato in questa spirale mortale, di riscattarsi se accetta la proposta di misericordia e cambia vita. Se è vero che le notizie di corruzione sgomentano, è anche vero che nel nostro Paese ci sono tantissime esperienze, realtà e persone che nel quotidiano continuano a credere e impegnarsi affinché si divenga una comunità civile non più ostaggio della mafia, della corruzione, di tutto quel malaffare che oggi conosciamo. Come cattolici dobbiamo prendere in mano un nuovo protagonismo civico, imperniato su quello che la “Gaudium et Spes” ha definito umanesimo della responsabilità. Non possiamo assolutamente rassegnarci a credere che questo Paese sia perduto. Si parla di corruzione e si pensa al politico ammanettato, al costruttore che paga tangenti, al magistrato che sforna avvisi di garanzia.

In realtà la corruzione è qualcosa di più profondo, che coinvolge tutti noi senza che nessuno si opponga. È una questione ontologica, che riguarda il nostro essere, le azioni, il modo di pensare, di desiderare, di consumare, di vivere.

La piattaforma consumistica globale entro la quale ci muoviamo ha trasformato la corruzione in un valore essenziale alla sua stessa sopravvivenza. Insomma siamo inseriti in un sistema che fa della corruzione una vera cultura, con capacità dottrinale, linguaggio proprio, maniera di procedere peculiare.

Il consumismo è il brodo di coltura di tutte le corruzioni. Si può dire che in questo campo il consumismo abbia operato un capovolgimento micidiale. Per il consumismo occorre che tutto si corrompa, anche velocemente, per indurre a nuovi bisogni da soddisfare e quindi a nuovi

consumi. Un tempo il concetto di corruzione si legava all’evidenza della morte. Oggi, invece, il consumismo ha imposto che tutto sia corruttibile: cose, persone e sentimenti. Tutto si compra, si usa e si getta. L’esito è che siamo stati trascinati in un’angoscia di fondo che si deve autoalimentare di cose corruttibili rendendo noi stessi, alla fine, inconsistenti e disimpegnati. Il brodo di coltura consumista ha indotto la corruzione delle nostre convinzioni morali e spirituali, cioè del nostro stesso essere.

La nostra naturale tensione all’eterno è stata convertita alla finitezza.

E il primo obiettivo del mio libro è di smascherare questa strategia che ha trasformato il disvalore della corruzione in valore assoluto. Il dramma è che se tutto è degradabile non possiamo in alcun modo edificare la nostra vita. Tutto, come nella parabola evangelica, viene costruito sulla sabbia. Una questione antropologica, anzi, il problema antropologico di oggi. Siamo all’insignificanza che pretende di diventare sistema. Una deriva di inconsistenza che fa in modo di non fornirci strumenti per rispondere ad eventuali domande di senso. Noi stessi, del resto, usiamo il metro dell’insignificanza per cui ogni cosa ha il suo prezzo. Il risultato è che sappiamo il prezzo di tutto, ma non ne conosciamo più il valore.

E poi c’è la corruzione dei sentimenti: ciò che porta comunemente a dire che l’amore non è più eterno. Quando il desiderio di cose corruttibili e di ciò che può essere corrotto diventa il nostro metro di misura è chiaro che si corrompono anche i nostri sentimenti spirituali e morali profondi. Sono anzi i primi a corrompersi perché anelano a quell’incorruttibilità che tutto intorno a noi ci dice che non esiste. Così la corruzione dei sentimenti diventa la grande desertificazione. Diventiamo collezionatori di relazioni, di contatti, di connessioni, ma non siamo più capaci di costruire legami.

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I sentimenti si comprano, si consumano, si cambiano come tutto ciò che può darci emozioni. Lo si vede nelle difficoltà delle famiglie, ma anche nella coscienza sociale.

L’esplosione dell’individualismo rivendicativo ne è l’evidenza: a ogni bisogno deve corrispondere al più presto un diritto, ma quando è l’ora di misurarsi con i doveri (in corrispondenza ai diritti degli altri, in particolare dei più deboli) improvvisamente evaporiamo, non riusciamo a tener fede al nostro impegno di coscienza. Questo è il grande dramma civile. E non si tratta di un discorso moralistico, ma di un problema antropologico: il brodo di coltura consumista ha corrotto la nostra coscienza, ci ha reso fragili, inconsistenti, inaffidabili. Serve pertanto una grande alleanza educativa

trasversale per ricostruire la nostra umanità, l’intelaiatura di quei sentimenti morali e spirituali che costituiscono la coscienza sociale e civica, che ci tengono in piedi anche quando non ci sono istituzioni che fanno da controllori. Ecco, bisogna provocare un riposizionamento dell’uomo rispetto al concetto di corruzione.

Il tema della conversione oggi è più che mai essenziale. E bisogna stare attenti a non banalizzarlo. Non ci si può accontentare, per fare un esempio, della moda, anche televisiva, del perdono facile, di un perdono banalizzato, anch’esso usa e getta. Il perdono cristiano nasce da tre elementi fondamentali: riconoscimento dell’errore, conversione nel modo di pensarmi nel mondo, effettiva tensione verso una vita nuova”.

Renato M. Cesca

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“FORTE E GENTILE” definiva questa regione Primo Levi e grandi erano curiosità ed aspettative dei Soci che hanno affrontato questa esperienza da giovedì 14 a domenica 17 maggio, guidati dall’abruzzese verace Mario Rossi.

Con lui c’erano Adriano Bianco, Piero Bortoletti con Marlisa, Sandro Vicari con Alberta Carla, Augusto con Cristina, Piero Milano con Rita, Renato M. Cesca con Mara, Marina Roncoroni, Gabrio Pellegrini, Rocco Majer, Stefano G. Siggia, Ivana Vianello con Roberto, che ci hanno seguiti con la loro auto in quanto intenzionati a trattenersi qualche giorno in più a Scerne Pineto; tutti gli altri nel confortevole pullman magistralmente condotto da Paolo Borille (grazie!).

Partiti da Dolo, Piazza Mercato, dopo la consueta sosta al Casello di Padova Z.I. per raccogliere i gitanti patavini, abbiamo puntato verso Bagno di Romagna dove ci attendeva un gustoso pranzo a buffet presso l’Hotel Tosco-Romagnolo. Gradevole e immerso nel verde, il centro termale ha riservato ad alcune fortunate l’emozionante (?) incontro con Vittorio Sgarbi.

E’ Norcia la prima tappa del viaggio: raggiunto l’ Hotel Salicone, di proprietà del rotariano Carlo Bianconi, passeggiata per la piccola cittadina per vedere la Basilica di San Benedetto la cui costruzione originale, con la splendida facciata gotica, il rosone e i fregi dei 4 evangelisti, risale al XII secolo, il Portico delle Misure, un mercato dei cereali al coperto, con le misure di capacità in pietra ancora ben visibili, edificato a ridosso della basilica nel 1570, La Castellina, residenza fortificata sede della prefettura e dei governatori pontifici, edificata nel 1554 su disegno del Vignola.

La Cattedrale di Santa Maria Argentea, il Palazzo Comunale, edificio risalente al XIV secolo, Il Monumento a San Benedetto da Norcia eseguito da Francesco Prinzi in occasione del XIV centenario della nascita del santo, il complesso Monumentale di San Francesco la cui costruzione risale al XIV secolo come la Chiesa di Sant'Agostino, il Tempietto, la costruzione storica più originale e meglio conservata di Norcia, opera

del 1354 del nursino Vanni della Tuccia. Nei pressi della Porta Ascolana il Criptoportico ospita alcuni reperti archeologici rinvenuti in zone diverse della città ed appartenenti principalmente alla civiltà sabina. E’ nella piazza San Benedetto in cui incontriamo la prima persona straordinaria, e

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saranno numerose, di questo viaggio: tale Giobbe Furi Calzavara si avvicina a Cristina per illustrarle gli aspetti architettonici della Basilica e poi, attorniato da tutti noi, si rivela uomo colto ed enciclopedico, profondo conoscitore del monachesimo, amante della cittadina che da alcuni anni lo ospita, dopo aver lasciato la vita attiva e la professione di ingegnere in quel di Milano. Inoltre si dichiara ricercatore accanito delle origini della famiglia Calzavara, a suo dire proveniente da un unico ceppo di antica tradizione ebraica, sparsa oramai per il mondo: ci è venuto facile rivelargli che anche il nostro Club di un Calzavara qualche cosa sapeva.

Siamo attesi dal Priore benedettino e quindi salutiamo il nostro originale e colto nuovo amico, non senza averlo invitato a passare ancora un po’ di tempo con noi più tardi a cena.

Seconda persona davvero speciale è il Priore Dom P. Cassian Folsom, nato a Boston, con studi teologici nel seminario dell’Indiana in cui sono stati formati tutti gli attuali Cardinali statunitensi. Mandato da Papa Ratzinger a fondare questo monastero internazionale che vede presenti monaci americani,

tedeschi, indonesiani e

un italiano, ci intrattiene sulla Regola di San Benedetto e sulla vita monacale e risponde volentieri alle nostre numerose domande e curiosità: naturalmente Mario Rossi interloquisce con lui sul canto gregoriano che i monaci praticano con sapienza e che abbiamo modo, di lì a poco, di ascoltare partecipando alla preghiera di Compieta in Basilica.

L’incontro si era svolto in una sala dell’Hotel Seneca, lussuoso albergo di proprietà della famiglia Bianconi, ed è nel ristorante Granaro del Monte dirimpetto che il rotariano Carlo Bianconi ci accoglie per una cena umbra che più umbra non si potrebbe: antipasto di norcinerie, zuppa di lenticchie, tagliatelle funghi e tartufo, brasato di vitello e cinghiale in salmì, per non parlare del dolce e dei vini . Durante la cena abbiamo continuato a conversare con il nostro colto amico Giobbe che confessa una leggera forma di Alzheimer di cui sinceramente nessuno si era accorto e, al termine, Carlo Bianconi ci racconta la storia dei locali che ospitano il ristorante, seconda sede di

sempre di un Monte di Pietà (1466) posteriore solo a quello di Perugia (1463) e di come la sua famiglia si sia dedicata con passione all’arte di ricevere: non a caso la ditta si chiama Bianconi Ospitalità. Ricambia poi i nostri consueti omaggi rotariani (guidoncino, piatto argentato e rivista del XXX) con un prezioso volumetto che raccoglie appunto la storia che ci ha illustrato. Ritorniamo in albergo, appena fuori le mura, percorrendo le stradine lastricate di Norcia

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illuminate in maniera suggestiva, davvero soddisfatti per l’incontro con questa affascinate cittadina. Venerdì, dopo la prima colazione, sconfiniamo nelle Marche per raggiungere Ascoli Piceno per una breve visita del suo centro storico; costruito quasi interamente in travertino è tra i più ammirati della regione e del centro Italia, in virtù della sua ricchezza artistica e architettonica. Conserva diverse torri gentilizie e campanarie e per questo è chiamata la Città delle cento torri. In esso si trova la rinascimentale Piazza del Popolo, considerata tra le più belle piazze d'Italia. Ci fanno

compagnia le auto storiche che partecipano alla Mille Miglia e che incontreremo ancora nel pomeriggio.

Raggiungiamo quindi Teramo dove ci accoglie con grande cordialità e amicizia il Presidente del R.C. Teramo Avv. Tommaso Navarra, che ci fa da prima guida alla scoperta del centro storico, seguito poi dal Socio Avv. Maurizio Cocciolito. Visitato il Comune, dove ci ha accolti e salutati la Vice Sindaco, raggiungiamo il Caffè Grand’Italia per un light lunch (che poi tanto light non sarà) che gli amici rotariani hanno voluto generosamente offrirci.

Partecipa al rinfresco la Curatrice del Museo Archeologico di Teramo “F. Savini” che avrà la cortesia di accompagnarci nella visita in cui potremo scoprire l’antica origine della città e la sua importanza nella storia dell’Italia centrale.

E’ durante la visita all’opera artistica di maggior pregio, il Duomo, la basilica cattedrale di Santa Maria Assunta che Mario ha il piacere di rivedere il Parroco, suo vecchio amico. “La cattedrale di Teramo è una delle cose più singolari, più composite

e insieme più schiette, che possegga l'arte italiana... il ricco portale cosmatesco e l'alta guglia gotica che lo corona slanciandosi al di sopra del cornicione, creano una dimensione nuova e rendono affatto inedita questa singolare facciata...”(Mario Pomilio). Terminata la visita, ci accomiatiamo dagli amici teramani, commossi dalla loro cordialissima disponibilità e con la speranza vogliano accogliere il nostro invito a venire a visitare il nostro Club e la Riviera del Brenta.

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Pochi chilometri ci separano dalla meta successiva, Civitella del Tronto, e ci fanno compagnia lungo in percorso le auto storiche: Bugatti, MG, Mercedes, Lancia che rombano sui tornanti abruzzesi.

La cittadina, o meglio il borgo, è su di un cocuzzolo cinto da mura sovrastato da La fortezza, una delle più imponenti opere di ingegneria militare mai realizzate in Italia. Senza lasciarci scoraggiare da un paio di erte e scoscese rampe di accesso, visitiamo l’imponente manufatto da cui si gode un bel

panorama, con il Gran Sasso e la Maiella sullo sfondo. Alloggiamo all’Hotel Zunica, prospiciente la panoramica piazzetta Pepe, che si definisce gourmet & relax e già questo doveva farci immaginare qualche esperienza gastronomica ci aspettava.Daniele Zunica, chef di chiara fama (ha curato al Caffè Pedrocchi il sontuoso pranzo per il 150° dell’Unità d’Italia), e i due cuochi Luca Di Felice e Sabatino Lattanzi, ci danno una superba dimostrazione di cosa significhi la cucina di tradizione, con la ricerca di ingredienti di primissima scelta e con salumi e formaggi preparati da famiglie contadine del territorio con decenni di storia alle spalle: un’esperienza davvero particolare con sapori e profumi d’altri tempi. La Selezione di salumi e pecorini, le Ceppe di Civitella in salsa classica, Le virtù (minestrone povero che si prepara solo a maggio), il Maialino nero teneramente croccante con purea di sedano rapa sono state un inno alla gola e un attentato a colesterolo e glicemia, a cui siamo comunque trionfalmente sopravvissuti. Solo una leggera pioggerella ci impedisce di prolungare per più di qualche minuto la passeggiata digestiva che ci proponevamo tra le suggestive viuzze del borgo medievale.

Accompagnati dalla Banda di Civitella che in nostro onore intona l’Inno di Mameli, sabato mattina raggiungiamo Castelli alle pendici del Gran Sasso, dove ci attende, preziosa ed appassionata guida

il Dr. Giovanni Giacomini, amico di Mario, profondo conoscitore delle maioliche castellane, per visitare il Museo delle Maioliche e la chiesa di San Donato, definita dallo scrittore Carlo Levi “la Cappella Sistina della Maiolica”.

Non poteva mancare un pranzo in tipico ristorante locale a base di gustosi arrosticini.

L’ultima tappa del nostro viaggio è Pescara, dove arriviamo in serata e prendiamo alloggio all’hotel

Maja, sul lungomare. Non avendo qui alcuna particolare curiosità culturale da soddisfare, ci concentriamo sulla cena di pesce che ci attende al Ristorante Ferraioli davanti al porticciolo, per

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chiudere in bellezza questi splendidi tre giorni tra arte e natura.

Se non che, anche fauci aduse ad ogni sforzo gastronomico come le nostre hanno un limite che evidentemente avevamo raggiunto e superato: la ricchissima selezione di antipasti, freschi e saporiti, ostriche comprese, ci costringono a ridurre di molto il previsto ricco menu, tanto da doverci scusare con lo chef, che non pensasse mai che non gradissimo le sue pietanze, ma proprio non ce la facevamo più ! Peccato, perché la qualità del pesce era veramente eccellente.

Domenica mattina ci avviamo sulla strada, anzi autostrada, del ritorno: dopo aver salutato Ivana, Roberto, Piero e Marlisa che restano in zona ancora qualche giorno, lasciamo a Roseto degli Abruzzi il nostro condottiero Mario Rossi, che va a trovare alcuni parenti, non senza avergli

tributato una vera e propria ovazione per come ha organizzato questa preziosa visita ad alcune eccellenze di Umbria, Marche e Abruzzo.

La sosta gastronomica è prevista al Ristorante Due Torri a Torriana di Rimini, una costruzione turrita in posizione dominante da cui si rimirano la Rocca di San Leo e San Marino.

Sazi, soddisfatti e arricchiti umanamente e culturalmente, grazie anche alla profonda amicizia che ci unisce, chiudiamo questa

davvero piacevole gita con l’impegno a proseguire alla scoperta delle innumerevoli bellezze che anche l’Italia cosiddetta minore sa offrire.

Renato M. Cesca

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Giovedì 21 maggio 2015, nell’accogliente ed elegante Hotel AbanoRitz di Abano abbiamo condiviso con il Club di Abano Terme-Montegrotto Terme una serata particolarmente interessante e piacevole.

Alle 20.00 circa, nella sala musica abbiamo ascoltato due giovani talenti musicali, un pianista, Simone Rugani di 22 anni, ed un violinista, Daniele Sabatini, di 20 anni, entrambi premiati dal Campus delle Arti

che rappresenta il “luogo” ( con sede a Bassano del Grappa ) dove ciascuno, a prescindere dall’età, può trovare una opportunità per far fruttare i propri talenti attraverso i linguaggi della Musica e delle Arti”.

A tale Associazione il nostro club aveva elargito il corrispettivo per una borsa di studio da assegnare ai nostri giovani concertisti.

Il programma musicale ha riguardato l’esecuzione pianistica della Polonaise op. 44 di F. Chopin, di 2 studi, op. 8 n. 3 e 9, di A. Scriabin e l’Etude tableau op. 39. n. 9 di S. Rachmaninov. Nella seconda parte è stata proposta la sonata per violino e pianoforte n. 2 op. 9 di S. Prokofiev.

Si tratta di brani musicali di non frequente ascolto nel loro insieme, e che sono particolarmente impegnativi più per gli esecutori che per gli ascoltatori:

- CHOPIN ( 1810 – 1849 ), come è noto, richiede non solo adeguata padronanza tecnica, ma anche profonda compenetrazione stilistica e aderenza interpretativa;

- SCRIABIN ( 1872 -1915 ), nonostante fosse ritenuto anche da Horowitz un palese folle, riuscì a catturare l’attenzione del mondo musicale russo dimostrando di essere non solo un grande pianista ma anche un importante ed innovatore compositore le cui opere si collocano tra tardo-romanticismo e sperimentazione novecentesca. Fu grande ammiratore di Chopin;

- RACHMANINOV (1873–1943) uno dei migliori ed apprezzati pianisti del suo tempo, è considerato un rappresentante del tardo romanticismo russo; il suo Etude Tableau fu composto nel 1916;

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- PROKOFIEV ( 1891 – 1953 ) è forse il più conosciuto dal grande pubblico per aver composto colonne sonore per celebri film di Eisenstein, quali Alexander Nevskij e Ivan il Terribile, nonché autore di altre opere quali Pierino e il Lupo, L’Amore delle Tre Melarance, la suite per balletto Giulietta e Romeo, L’Angelo di Fuoco, ecc..

Entrambi i concertisti hanno dimostrato di aver conseguito un notevole grado di maturità artistica, sia dal punto di vista tecnico, sia dal punto di vista interpretativo, nonostante la giovane età. In particolare è emersa la spiccata personalità, connotata da doti culturali e temperamentali non comuni del giovane Rugani, sicuramente incline ad un repertorio pianistico romantico, tardo romantico ed anche moderno della grande Scuola Pianistica russa. Anche il violinista Sabatini ha dato buona prova delle sue doti tecniche e musicali.

Il pubblico ha manifestato vivo apprezzamento tributando prolungati applausi a tutte le esecuzioni: è stato un bel successo!

Al termine del concerto la prof.ssa Angela Chiofalo, Direttore Artistico del Campus delle Arti, ha espresso i suoi più sentiti ringraziamenti per la generosità dimostrata dal nostro Club, per l’accoglienza riservata ai giovani musicisti, per l’ospitalità a loro offerta

dalla proprietà del Ritz e per la serata nel suo insieme.

E’ seguita una graditissima, elegante cena nella bella sala da pranzo dell’Hotel.

Mario Rossi

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È tornato a trovarci, giovedì 28 maggio, il Prof. Alessandro Grossato, uno dei maggiori esperti di geopolitica e di storia delle religioni.

È merito di Yves Lacoste aver introdotto per primo il concetto e il termine, assai appropriato, di «rappresentazioni geopolitiche». In pratica, secondo Lacoste, oltre alle situazioni geopolitiche che traducono, su di un dato territorio, le rivalità fra diverse potenze in conflitto, esistono anche idee geopolitiche antagoniste, individuali e collettive, storicamente consolidate, che si possono definire «rappresentazioni» in un duplice senso: cartografico, cioè facente riferimento alla rappresentazione grafica di un dato territorio conteso; e teatrale, ove i popoli e le nazioni protagonisti del dramma che si svolge nel territorio, sono descritti alla stregua di attori che recitino su di un palcoscenico. Si potrebbe dire che le rappresentazioni religiose sono i mythomoteurs della geopolitica. In fondo, in quest’idea c’era già la premessa necessaria e sufficiente allo sviluppo d’una branca specifica della geopolitica, dedita allo studio e all’interpretazione di tutte quelle «rappresentazioni geopolitiche» collettive che scaturiscono dalle diverse religioni. Ma, sul finire del Novecento, le religioni erano quasi del tutto rimosse dal quadro della ricerca e della discussione politologica, perché considerate come un fenomeno storico e culturale ormai in fase d’inesorabile regressione ed esaurimento. E ancora oggi,

come scrive François Thual, «sebbene tutti concordino sul fatto che le religioni siano un fattore non trascurabile delle relazioni internazionali, al di là di questa dichiarazione di principio, ci si accontenta, in generale, di relegare il fatto religioso nella sua dimensione geopolitica a un ruolo superficiale e secondario.» Invece, scrive ancora Thual, «la religione non è un fattore secondario delle relazioni internazionali e non è nemmeno una

sovrastruttura della geopolitica.» In quello scorcio di fine secolo avrebbe dovuto essere evidente che le cose stavano cambiando, già da tempo.

La rinascita religiosa mondiale, che è ancora in corso, è stata definita da Gilles Kepel come la revanche de Dieu. Secondo Kepel, che nel suo libro si concentra sulle tre religioni monoteiste,

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quest’inversione di tendenza è iniziata a partire dalla metà degli anni Settanta. Giustamente Huntington annota al riguardo, che il fenomeno, in realtà, «ha interessato tutti i continenti, tutte le civiltà, praticamente tutti i paesi.» È quello che Thual ha definito, assai efficacemente, come «il riemergere del represso». Un sostantivo che, «preso in prestito dalla psicanalisi, sembra adattarsi perfettamente al periodo che si

apre con lo smembramento, e prosegue con la caduta, dei regimi comunisti a partire dalla fine del 1989. Lo straordinario in questo avvenimento fu che la disintegrazione degli Stati comunisti mise a nudo delle problematiche nazionali e religiose che si credevano finite per sempre sotto il coperchio del socialismo.» Così, anche per Thual,«come tutto sembra confermare, un certo numero di regioni del mondo sono entrate in un processo di desecolarizzazione, in particolare a livello politico.

Ma la laicizzazione delle società e la desecolarizzazione degli spiriti non sono fenomeni contraddittori, poiché la laicizzazione concerne il comportamento degli Stati, e la desecolarizzazione l’attitudine degli individui di fronte alla religione come fattore d’ispirazione del comportamento politico.» Va inoltre considerato un altro importante fattore, da diversi decenni la «modernizzazione non è sinonimo di occidentalizzazione».

Solo nell’ultimo ventennio, e più esattamente a partire dal 1993, la geopolitica delle religioni è finalmente emersa dalla sua lunga gestazione, attestandosi, a livello internazionale, quale importante sottodisciplina di settore. Questo per merito, innanzitutto, dello statunitense Samuel Huntington, che per primo, pur senza nominarla, ne ha saputo sostanzialmente intuire, indicare, e in parte dimostrare, la straordinaria utilità per l’analisi e l’interpretazione degli insoliti e inaspettati eventi geopolitici che iniziarono a verificarsi durante la transizione dal XX al XXI secolo. Delle avvisaglie importanti c’erano già state con la lunga guerra civile in Libano, tra diverse fazioni religiose, durata dal 1975 fino al 1990, poi, nel 1979, con la rivoluzione khomeinista in Iran e l’inizio della guerriglia islamica contro l’Armata Rossa in Afghanistan. Ma è soprattutto a partire dal fatidico triennio 1989-1991, che il fattore religioso rivela in pieno la sua potenzialità geopolitica, con l’inizio, nel 1991, della guerra civile prima in Iugoslavia e quindi in Algeria, ma soprattutto con l’imprevedibile ‘Rinascita islamica’ nei Balcani e nelle ex Repubbliche sovietiche dell’Asia Centrale. In certo qual modo, Huntington prefigurò la matrice prevalentemente religiosa di quanto sarebbe avvenuto anche in seguito, culminando negli attentati dell’11 settembre 2001 e nelle guerre che ne sono direttamente conseguite, e che perdurano, fra molte incognite geopolitiche.

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Il libro di Huntington viene tradotto in francese già nel 1997. In quegli stessi anni, saranno principalmente Yves Lacoste e François Thual ad assegnare il nome alla nuova disciplina, a fondarne in buona parte i principi, e a testarne progressivamente il metodo interpretativo. Già nel 1984-85 erano usciti due numeri speciali, rispettivamente il 35 e il 36, di «Hérodote», l’importante rivista francese di geopolitica diretta da Yves Lacoste, entrambi con il titolo di Géopolitique des islams. Nel 1990 esce il n. 56, col titolo Églises et géopolitique. Da allora, la geopolitica delle religioni diviene un tema costante di questo periodico. Le date di uscita delle principali monografie di François Thual, specificamente dedicate alla geopolitica delle religioni, e che, di fatto, gettano le basi di questa nuova sottodisciplina, sono invece comprese fra il 1993-2004, e cioè esattamente due anni dopo l’inizio della guerra nei Balcani, ma pochi mesi dopo la pubblicazione dell’articolo di Huntington. Va inoltre sottolineato che solo Thual ha avuto il coraggio di rivendicare con forza l’importanza di questa nuova scienza: «In questa fine di XX secolo in cui si vede risorgere in diverse religioni – che siano l’Islam, il Cattolicesimo, l’Induismo o, addirittura certi Protestantesimi – delle correnti fondamentaliste eintegraliste, si è decisamente obbligati, studiando il funzionamento concreto di questo risveglio religioso, a rendersi conto che la religione è al centro delle pratiche e dei dispositivi geopolitici.» Dunque, «sembra legittimo definire il religioso come elemento a pieno titolo del sapere geopolitico, poiché il religioso è un fattore determinante e preponderante di ciò che Yves Lacoste chiama la rappresentazione geopolitica.»

******** Abbiamo avuto la gradita visita di Sara Zanferrari, Presidente incoming del nuovo Rotary eClub 2060, qui con il nostro Presidente incoming Piero Milano.

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Grazie alla generosa cortesia del Socio Stefano M. Boldrin e a Banca Mediolanum, molti Soci hanno avuto la possibilità, sabato 30 maggio, di una interessante escursione in battello sul Delta veneto del grande fiume della pianura padana. All’imbarco di Taglio di Po due pullman hanno scaricato una sessantina di persone che, complice la bella giornata di sole e la temperatura ideale, si sono imbarcati sul battello fluviale per andare alla scoperta di una natura lussureggiante: a bordo, caffè, pranzo

gustoso e la intelligente compagnia della “voce narrante”, la Guida Danilo che ci ha davvero fatto godere ogni metro del fiume.

Il Delta si estende per 786 km² dal Po di Goro fino al fiume Adige e comprende 9 comuni della provincia di Rovigo con una popolazione, all'interno dei limiti del parco, di circa 73.000 abitanti. La zona protetta ha una superficie di 120 km² .

La formazione del territorio del delta, su cui oggi sorge il parco, è dovuta al progressivo deposito di sedimenti che, sul lungo periodo, ha determinato l'avanzamento progressivo della linea

di costa. Si tratta quindi di terreni geologicamente "nuovi".

Il parco del delta del Po possiede la più vasta estensione di zona umida protetta d'Italia. La flora e la fauna sono varie e numerose: in particolare, è notevole la fauna, con più di 400 specie diverse, tra mammiferi, rettili, anfibi e pesci. La presenza di uccelli è tanto rilevante, con più di 300 specie (nidificazione ed ibernazione), da rendere il Delta del Po la più importante zona ornitologica italiana ed una fra le più conosciute zone d'Europa per gli osservatori di uccelli.

Per Delta del Po si intende il sistema idraulico di diramazioni fluviali attraverso cui il fiume Po sfocia nel Mare Adriatico dopo il suo corso lungo la Pianura Padana. La sua formazione attuale deriva dalla grande opera idraulica attuata dalla Repubblica di Venezia nel 1604. Questa è conosciuta come Taglio di Porto Viro che gradatamente ha esteso la superficie deltizia di circa 18 mila ettari. È costituito innanzitutto dall'insieme di questi rami fluviali e, per estensione, dal territorio tra di essi compreso. Secondo questa definizione il delta del Po ricade interamente nella

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Provincia di Rovigo o Polesine e ne occupa quasi interamente la porzione orientale (a partire dall'incile del Po di Goro sino al mare) e si definisce anche come "delta attivo".

In un'accezione più ampia, esso comprende la più vasta area del delta storico, vale a dire quella compresa tra gli antichi rami deltizi del fiume Po: esistendo un tempo importanti diramazioni meridionali del corso d'acqua, tra cui citiamo il Po di Volano e il Po di Ferrara o Po di Primaro,

esso includerebbe la parte della Provincia di Ferrara a forma di cuspide compresa tra i vertici di Stellata, Sacca di Goro e Valli di Comacchio.

L'assetto idraulico contemporaneo del delta del Po avvalora la definizione più restrittiva sopra enunciata, anche se la parte litoranea della Provincia di Ferrara, in particolare quella compresa tra la bocca del Po di Goro e il Lido di Volano e quella comprendente le Valli di Comacchio, conserva un aspetto paesaggistico di carattere tipicamente deltizio - paludoso.

Il delta del Po è stato inserito, dal 1999, nella lista dei siti italiani patrimonio dell'umanità dall'UNESCO come estensione del riconoscimento conferito alla città di Ferrara nel 1995.

La superficie dell'area deltizia è interessata da una progressiva espansione (pari a circa 60 ha. l'anno) dovuta dall'avanzamento verso est delle foci dei vari rami del delta. Tale spostamento avviene per il progressivo deposito del considerevole trasporto solido del fiume Po sul basso fondale dell'Adriatico che ne determina l'innalzamento e quindi il costante prolungamento a mare del letto delle diverse diramazioni. La Provincia di Rovigo è pertanto l'unico territorio italiano soggetto ad espansione, con la conseguente necessità di aggiornare periodicamente i dati statistici relativi alla sua superficie.

Le diramazioni deltizie del fiume Po attualmente attive e che nel loro complesso costituiscono il delta sono, da nord a sud: il Po di Maistra, il Po di Venezia - Po della Pila che sbocca in mare attraverso tre distinte bocche (Busa di Tramontana, Busa Dritta e Busa di Scirocco), il Po delle Tolle (con le diramazioni di Busa Bastimento e Bocca del Po delle Tolle), Po di Gnocca o della Donzella (anch'esso con una biforcazione terminale) e Po di Goro.

Discorso a parte deve essere fatto per il Po di Levante il quale, pur essendo collegato al corso principale del fiume Po attraverso la conca di navigazione di Volta Grimana, ne è idraulicamente separato e non ne recepisce le acque. Infatti, in seguito alle imponenti opere di sistemazione idraulica del fiume Fissero-Tartaro-Canalbianco, avvenute negli anni trenta del secolo scorso, questa antica diramazione settentrionale del fiume venne separata dal corso principale per divenire unicamente collettore terminale del Canalbianco. Attualmente il sistema Fissero-Tartaro-

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Canalbianco-Po di Levante costituisce un'importante via navigabile che consente il collegamento tra il mare Adriatico, i laghi di Mantova, il Lago di Garda ed i porti fluviali della conca di Canda e di Torretta di Legnago.

A sud del Delta il mare forma un'insenatura che, pur non prendendo il nome di golfo, ne ha tutte le caratteristiche.

Il delta del Po comprende le aree naturali protette istituite nel territorio geografico di riferimento:

• Parco Regionale Delta del Po dell'Emilia-Romagna - istituito nel 1988, ma funzionante solodal 1996, comprende anche territori che fanno parte del bacino idrico di altri fiumi (tra cui ilReno). Comprende la parte sud del delta storico del Po, ma solo una minima parte del deltaattuale;

• Parco Regionale Veneto del Delta del Po - funzionante dal 1997, comprende praticamentetutto il delta geografico del Po, come sopra definito;

• Parco interregionale Delta del Po è il nome del parco che le Regioni del Veneto edell'Emilia-Romagna avrebbero dovuto costituire congiuntamente entro il 1993, ai sensidalla Legge Quadro sulle Aree Protette (Legge n. 394 del 1991, art. 35). Non essendo statotrovato un accordo tra le parti, sono stati costituiti i due distinti parchi regionali.

Il sollevamento meccanico delle acque dei terreni più bassi fu possibile a partire dal 1872, anno di costruzione del più vecchio stabilimento idrovoro di Marozzo a Lagosanto, al servizio del drenaggio di un bacino costituito da Valle Gallare, Valle Tassoni ed altre minori.

Fino al 1930, e con frequenza minore sino a tutt'oggi, altri impianti sono entrati in servizio per il drenaggio dei bacini del comprensorio, con lo scavo di canali profondi, come si faceva ai tempi dei Romani. Di là, pompe azionate principalmente da energia elettrica, fanno risalire l'acqua dalle zone basse in canali emissari che si versano in seguito nel mare.

Così, oggi il Po di Goro e Primaro, i fiumi Reno e Lemone sono collegati tra loro da canali che giungono al mare. Questo permette il drenaggio di tutte le terre del delta ad eccezione delle paludi di Comacchio (le più grandi) e due o tre altre piccole paludi. I terreni bonificati sono stati dedicati all'agricoltura.

Con gli ultimi interventi imponenti di risanamento delle paludi di Mezzano e di Pega, effettuati dall'ente per la colonizzazione del delta della pianura del Po, 20.000 nuovi ettari di terre coltivabili sono passati nel 1989 in gestione al consorzio di bonifica II circondario - Polesine di San Giorgio.

Una relazione del Consorzio di Bonifica Delta Po Adige fornisce alcuni dati per comprendere meglio la portata dell'intervento dell'uomo su un territorio che era per la sua natura alluvionale già soggetto a fenomeni di subsidenza naturali. Dagli anni trenta e soprattutto negli anni quaranta e cinquanta, fino alla sospensione decisa dal Governo nel 1961, furono estratti anche nel territorio del Delta del Po miliardi di m³ di metano e gas naturali. L'estrazione avveniva da centinaia di pozzi (una trentina nel

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Delta) che non raggiungevano i 1000 metri di profondità. Tramite dei manufatti in calcestruzzo, in parte ancora visibili su territorio, il gas veniva inviato alle centrali di compressione, mentre l'acqua salata (1 m³ di acqua per ogni m³ di gas estratto) veniva scaricata nei fossi e negli scoli.

Dal 1954 al 1958 furono estratti 230 milioni di m³ di gas per anno; nel 1959 si salì a 300 milioni. Dal 1951 al 1960 furono misurati abbassamenti medi del suolo di un metro con punte di due metri; nonostante la sospensione delle estrazioni del 1961 il territorio continuò a calare molto nei 15 anni successivi; dall'inizio degli anni cinquanta a metà degli anni settanta il territorio è calato mediamente di oltre 2 metri sino a punte di 3,5 metri. Rilievi recenti dell'Istituto di Topografia della Facoltà di Ingegneria dell'Università di Padova hanno stabilito che i territori deltizi dell'Isola di Ariano e dell'Isola della Donzella si sono ulteriormente abbassati di 0,5 metri che vanno ad aggiungersi ai 2 -

3 metri sotto il livello del mare del territorio.

Le conseguenze della subsidenza, anche sotto il profilo economico, sono facilmente immaginabili:effetti sulle arginature: il terreno che si abbassa trascina con sé anche gli argini. Questo causa minor spessore delle fiancate di sicurezza degli stessi, maggiori spinte dell'acqua, maggiore possibilità di formazione di fontanazzi e tracimazioni, maggiori possibilità di cedimenti degli

argini. Le infiltrazioni sono calcolate in 70 litri al secondo per Km di argine. Le rotte del Po: l'Alluvione del Polesine del novembre 1951, le due rotte del Po di Goro nell'Isola di Ariano, la rottura dell'argine a mare in Comune di Porto Tolle, altre rotte di altri rami, avvennero negli anni in cui si estraeva il metano. Fu necessario rialzare e allargare gli argini dei fiumi (480 km) e gli argini a mare (80 km), con una spesa stimata di 3 miliardi e 300 milioni di lire per gli argini di tutto il Polesine.

• maggiori spese per la bonifica: funecessario ricostruire tutto ilsistema di scolo conricalibrazione delle sezioni edelle pendenze necessarie,demolire e ricostruire manufatti,chiaviche, ponti sui canali e sugliscoli, ricostruire o adeguare ainuovi livelli dell'acqua leidrovore, con una spesa stimata di700 milioni di Euro. Il Delta e glialtri territori del comprensorio del Consorzio di Bonifica Delta Po Adige (Comuni del Deltapiù Rosolina e un piccolissima parte di Chioggia) vengono mantenuti asciutti da 38 idrovoree 117 pompe, con una capacità di sollevamento di 200.000 litri al secondo, con una spesa di1.600.000 Euro per anno di sola energia elettrica, per un'altezza media di sollevamentoacque maggiore di 4 metri.

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Il Delta del Po ha nel fiume e nell’uomo i due principali attori del territorio. Se da una parte il fiume col continuo apporto di detriti ha costruito questa terra non v’è dubbio che l’uomo sia stato, e lo sia tutt’ora, l’agente modellatore di quest’area fatta di acqua e di terra.

In questa logica il Museo Regionale della Bonifica di Ca’ Vendramin, che abbiamo visitato sempre brillantemente guidati da Danilo, diventa uno dei luoghi chiave per conoscere il territorio e l’ottimale punto di partenza per un’escursione alla scoperta del Parco del Delta del Po.

L’impianto idrovoro Ca’ Vendramin con le sale del museo, sapientemente recuperate, costituisce uno splendido esempio di archeologia industriale. Nella

Sala Caldaie si percepisce il sistema che garantiva, un secolo fa, il funzionamento dell’impianto, nella Sala Pompe si apprende l’ingegno che ha guidato le grandi opere di bonifica ma anche il buon gusto che ha portato i costruttori di allora ad ornare con fregi le pareti ed i soffitti della struttura, infine nella Sala dell’Officina si intuisce il duro lavoro dei “macchinisti”, gli operai delle idrovore, gente che ha contribuito alla crescita sociale ed economica del Delta.

Come una finestra sul passato il Museo della Bonifica Ca’ Vendramin racconta, a chi le ha vissute, le fatiche, gli errori e le atmosfere del tempo che fu, alle nuove generazioni invece vuole semplicemente far capire il grande merito delle tante persone che in epoche lontane ebbero la capacità di realizzare quelle opere che oggi ci consentono di vivere meglio.

Termina qui la nostra bella giornata fluviale: hanno partecipato con Stefano M. Boldrin accompagnato da Laura e dal piccolo simpatico Paolo, Gabrio Pellegrini, Ivana Vianello con Roberto, Augusto Gabbrielli con Cristina, Giulio Argenti con Manuela, Leopoldo Trolese con Roberta, Leonardo e Tommaso, Renato M. Cesca con Mara, Sandro Vicari con Alberta, Piero Bortoletti con Marlisa, Philip Panter con Fiorenza.

Grazie ancora Stefano ci hai regalato una bellissima esperienza.

Renato M. Cesca

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(Aspetti demografici)

E’ il titolo inquietante della relazione del prof. Dalla Zuanna, tenuta al Club l’11 giugno: una succinta lezione magistrale sul rapporto tra la crescita demografica mondiale e le risorse disponibili del pianeta. Il prof. Gianpiero Dalla Zuanna è ordinario di Demografia presso il Dipartimento di Scienze Statistiche dell’Università degli Studi di Padova e senatore della XVII Legislatura, ha insegnato in diverse Università italiane, preside dal 2008 al 2011 della Facoltà di Scienze statistiche di Padova, consulente del Ministero, autore di numerose pubblicazioni scientifiche e associate editor della rivista European Journal of Population. La teoria di Thomas Malthus prevedeva una crescita geometrica della popolazione mondiale a fronte di una crescita aritmetica delle risorse alimentari disponibili, col risultato di una progressiva divaricazione fra le due curve. Una prospettiva drammatica di condanna alla fame del mondo, che Malthus prevedeva risolversi in pestilenze, morìa, guerre, emigrazione. La crescita della popolazione mondiale oggi è espressa in sintesi da due dati: 3 miliardi di individui

nel 1950, oltre 6 miliardi nel 2015. Ma In realtà la teoria di Malthus è smentita da un andamento ben diverso, che non prevedeva il grande progresso tecnologico in agricoltura e il diverso atteggiamento delle famiglie una volta raggiunto il benessere. Nelle economie sviluppate ora compare una tendenza alla diminuzione della crescita demografica. Come dire che si tende a conservare e migliorare lo stato di

benessere pianificando in diminuzione il numero di figli: da 1 a 2 per donna. In tal modo la curva demografica si appiattisce; nello stesso tempo il progresso tecnologico innalza in modo inaspettato il livello di produzione alimentare; per fare un esempio la resa del mais si è decuplicata dal secolo scorso. Il problema dell’alimentazione, fame e carestie, allora non è più un rischio delle economie sviluppate, ma permane in modo drammatico nelle economie meno sviluppate dove il tasso demografico è ancora alto e il progresso tecnologico arretrato. Il problema quindi è piuttosto una cattiva distribuzione delle risorse. Cioè il problema è indirizzare le risorse eccedenti e i know-how tecnologici delle economie sviluppate a basso tasso demografico verso i paesi meno sviluppati ad alto tasso di crescita. Il problema della fame nel mondo potrebbe quindi essere meno grave se si instaurasse una razionale distribuzione delle risorse alimentari e uno sviluppo tecnologico. Un problema che solo un accordo ad alto livello tra le potenze mondiali potrebbe risolvere.

R. Majer

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Qui era cominciata sei anni fa la nostra consuetudine di trascorrere tre giorni in Monasteri o Conventi per una pausa di riflessione, insieme agli amici del Club, e qui siamo tornati dal 12 al 14 giugno, il che ci ha anche dato l’occasione di festeggiare con i nostri ospiti francescani Sant’Antonio da Padova, francescano eccellentissimo. Ci siamo sentiti subito a casa, aiutati in questo dalla fraterna accoglienza dei Frati: il Guardiano Fra’ Roberto, Fra’ Silvio, Fra’ Rosario e Fra’ Felice ci hanno aperto le braccia come fossimo vecchi amici, mettendo a nostra disposizione con generosità quello che avevano e quello che sapevano. Perfino la loro mascotte Tosca, una cagnetta di dubbio pedigree ma di indubbia simpatia e fedeltà al convento e ai frati, tanto che segue regolarmente le funzioni religiose comodamente sdraiata su un banco della chiesa, ci ha sempre seguito con affettuosi scodinzolii.

San Francesco del Deserto è un'isola della Laguna Veneta, con un'estensione di circa 4 ettari, situata tra Sant'Erasmo e Burano. Ospita un convento di frati minori, originariamente fondato dallo stesso San Francesco.

Frequentato sin dall'età romana, come testimonia il ritrovamento di alcuni reperti nel sottosuolo, il luogo, già chiamato Isola delle Due Vigne, divenne nel 1220 approdo per Francesco d'Assisi, di ritorno dall'Oriente e dalla Quinta Crociata, dove si era recato a predicare il Vangelo al sultano e per porre fine alla guerra. Il Santo scelse l'isola per fondarvi un ricovero dove fosse possibile pregare e meditare in pace, lontani dalla mondanità. Dopo la sua morte, l'isola venne donata, nel marzo del 1233, ai Frati Minori dal patrizio veneziano Jacopo Michiel, parente del patriarca di Grado Angelo Barozzi, per fondarvi un convento.

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Nel XV secolo, abbandonata l'isola ed il convento per le condizioni ambientali divenute ormai inospitali, la zona fu successivamente adibita a polveriera dagli Austriaci, sino a che nel 1858 il terreno venne donato alla Diocesi di Venezia, che consentì ai frati di rifondarvi il monastero, tuttora attivo.

Notevoli il I Chiostro risalente al XIII secolo, il II Chiostro della seconda metà del ‘400, La chiesa delle Stimmate che ingloba nel sottosuolo i resti della chiesa duecentesca, parzialmente visibili

attraverso le apposite grate, la Cappella della Madonna eretta anch’essa nella seconda metà del ‘400, l’Antica Sacrestia adibita a tale scopo dal secolo XIII.

Tutto il complesso è immerso nel verde e nel silenzio, disturbato solo dal canto degli uccelli e dai motori delle imbarcazioni che navigano la laguna; magnifiche le viste su Venezia, Burano e Mazzorbo.

La nostra giornata, uniformandoci alla vita della comunità religiosa, cominciava la mattina alle 6.45 con le Lodi cui seguiva alle 7.15 l’Eucarestia; alle 11.30 l’Ufficio delle Letture, alle 14.30 l’Ora Media, alle 18.30 il Vespro e meditazione, per finire alle 21.00 con Compieta.

A questa liturgia si è accompagnata una serie di meditazioni guidate con grande vivacità e sapienza da Fra’ Felice, che ci ha veramente trascinato all’interno delle Scritture con conoscenza e profondità ammirevoli.

Risurrezione di Lazzaro (Giovanni 11,1-57)

Era allora malato un certo Lazzaro di Betània, il villaggio di Maria e di Marta sua sorella. Maria era quella che aveva cosparso di olio profumato il Signore e gli aveva asciugato i piedi con i suoi capelli; suo fratello Lazzaro era malato. Le sorelle mandarono dunque a dirgli: «Signore, ecco, il tuo amico è malato». All'udire questo, Gesù disse: «Questa malattia non è per la morte, ma per la gloria di Dio, perché per essa il Figlio di Dio venga glorificato». Gesù voleva molto bene a Marta, a sua sorella e a Lazzaro. Quand'ebbe dunque sentito che era malato, si trattenne due giorni nel luogo dove si trovava. Poi, disse ai discepoli: «Andiamo di nuovo in Giudea!». I discepoli gli dissero: «Rabbì, poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?». Gesù rispose: «Non sono forse dodici le ore del giorno? Se uno cammina di giorno, non inciampa, perché vede la luce di questo mondo; ma se invece uno cammina di notte, inciampa, perché gli manca la luce». Così parlò e poi soggiunse loro: «Il nostro amico Lazzaro s'è addormentato; ma io vado a svegliarlo». Gli dissero allora i discepoli: «Signore, se s'è

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addormentato, guarirà». Gesù parlava della morte di lui, essi invece pensarono che si riferisse al riposo del sonno. Allora Gesù disse loro apertamente: «Lazzaro è morto e io sono contento per voi di non essere stato là, perché voi crediate. Orsù, andiamo da lui!». Allora Tommaso, chiamato Dìdimo, disse ai condiscepoli: «Andiamo anche noi a morire con lui!».

Venne dunque Gesù e trovò Lazzaro che era già da quattro giorni nel sepolcro. Betània distava da Gerusalemme meno di due miglia e molti

Giudei erano venuti da Marta e Maria per consolarle per il loro fratello. Marta dunque, come seppe che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! Ma anche ora so che qualunque cosa chiederai a Dio, egli te la concederà». Gesù le disse: «Tuo fratello risusciterà». Gli rispose Marta: «So che risusciterà nell'ultimo giorno». Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morrà in eterno. Credi tu questo?». Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio che deve venire nel mondo». Dopo queste parole se ne andò a chiamare di nascosto Maria, sua sorella, dicendo: «Il Maestro è qui e ti chiama». Quella, udito ciò, si alzò in fretta e andò da lui. Gesù non era entrato nel villaggio, ma si trovava ancora là dove Marta gli era andata incontro. Allora i Giudei

che erano in casa con lei a consolarla, quando videro Maria alzarsi in fretta e uscire, la seguirono pensando: «Va al sepolcro per piangere là». Maria, dunque, quando giunse dov'era Gesù, vistolo si gettò ai suoi piedi dicendo: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!». Gesù allora quando la vide piangere e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente, si turbò e disse: «Dove l'avete posto?». Gli dissero: «Signore, vieni a

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vedere!». Gesù scoppiò in pianto. Dissero allora i Giudei: «Vedi come lo amava!». Ma alcuni di loro dissero: «Costui che ha aperto gli occhi al cieco non poteva anche far sì che questi non morisse?». Intanto Gesù, ancora profondamente commosso, si recò al sepolcro; era una grotta e contro vi era posta una pietra. Disse Gesù: «Togliete la pietra!». Gli rispose Marta, la sorella del morto: «Signore, già manda cattivo odore, poiché è di quattro giorni». Le disse Gesù: «Non ti ho detto che, se credi,

vedrai la gloria di Dio?».Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: «Padre, ti ringrazio che mi hai ascoltato. Io sapevo che sempre mi dai ascolto, ma l'ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato». E, detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!». Il morto uscì, con i piedi e le mani avvolti in bende, e il volto coperto da un sudario. Gesù disse loro: «Scioglietelo e lasciatelo andare». Molti dei

Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di quel che egli aveva compiuto, credettero in lui. Ma alcuni andarono dai farisei e riferirono loro quel che Gesù aveva fatto. Allora i sommi sacerdoti e i farisei riunirono il sinedrio e dicevano: «Che facciamo? Quest'uomo compie molti segni. Se lo lasciamo fare così, tutti crederanno in lui e verranno i Romani e distruggeranno il nostro luogo santo e la nostra nazione».Ma uno di loro, di nome Caifa, che era sommo sacerdote in quell'anno, disse loro: «Voi non capite nulla e non considerate come sia meglio che muoia un solo uomo per il popolo e non perisca la nazione intera». Questo però non lo disse da se stesso, ma essendo sommo sacerdote profetizzò che Gesù doveva morire per la nazione e non per la nazione soltanto, ma anche per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi. Da quel giorno dunque decisero di ucciderlo. Gesù pertanto non si faceva più vedere in pubblico tra i Giudei; egli si ritirò di là nella regione vicina al deserto, in una città chiamata Efraim, dove si trattenne con i suoi discepoli.

Parabola del seme (Marco 4,26-29)

Disse ancora: «Il regno di Dio è come un uomo che getta il seme in terra. Ora la notte e il giorno, mentre egli dorme e si alza, il seme germoglia e cresce senza che egli sappia come. Poiché la terra

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produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga. E, quando il frutto è maturo, il mietitore mette subito mano alla falce perché è venuta la mietitura».

Il Discorso di Salomone (attribuito, Sapienza)

Per questo pregai e mi fu elargita la prudenza; implorai e venne in me lo spirito di sapienza. La preferii a scettri e a troni, stimai un nulla la ricchezza al suo confronto; non la paragonai neppure a una gemma inestimabile, perché tutto l’oro al suo confronto è un po’ di sabbia e come fango verrà valutato di fronte ad essa l’argento.

L’amai più della salute e della bellezza, preferii il suo possesso alla stessa luce, perché non tramonta lo splendore che ne promana. Insieme con essa mi sono venuti tutti i beni, perché la sapienza li guida, ma ignoravo che di tutti essa è madre. Senza frode imparai e senza invidia io dono, non nascondo le sue ricchezze. Essa è un tesoro inesauribile per gli uomini; quanti se lo procurano si attirano l’amicizia di Dio, sono a lui raccomandati per i doni del suo insegnamento.

Hanno partecipato a questa significativa esperienza Adriano Bianco, Gabrio Pellegrini, Piero Bortoletti, Augusto Gabbrielli, Ivana Vianello con Roberto e Renato M. Cesca con Mara.

Molte le idee per il ritiro del prossimo anno, ma certo lasciare i Francescani sarà difficile.

Pace e bene !

Renato Maria Cesca

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In occasione del Caminetto al Ristorante Barison del 18 giugno, di ritorno dal suo viaggio americano nell’ambito del programma GSE, esperienza all’estero di giovani professionisti, Giuliano Bordigato che il nostro Club aveva sostenuto come candidato meritevole di affrontare tale esperienza, è venuto a raccontarci il suo viaggio, i suoi incontri, le nove famiglie in cui ha vissuto, gli incontri professionali di altissimo livello che ha potuto realizzare, il Rotary U.S.A. così come gli è apparso nello stato, il Massachusetts, centro del New England e di buona parte della cultura americana.

“Non esiste esperienza più totalizzante e formativa di un viaggio che permetta di incontrarci con culture e luoghi differenti, per scoprire, proprio in quelle piccole e grandi differenze, più cose su noi stessi, e, in generale, sul mondo. Da sempre il Rotary International crede nel potere del viaggio come mezzo di pace e concordia tra i popoli, e il programma GSE, Global Study Exchange, rientra appieno in questa azione mirata verso la comprensione internazionale.

Grazie all’impegno del nostro Distretto Rotary 2060, del Governatore Ezio Lanteri e del Presidente della Commissione GSE Diego Vianello, è stato possibile quest’anno per un team di 5 persone, di cui ho avuto l’onore di far parte, un viaggio presso il Distretto Rotary 7910, nella regione del

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Massachusetts centrale, negli Stati Uniti d’America. Sono state tre settimane ricche di impegno, tutt’altro che vacanziere, nelle quali abbiamo avuto l’opportunità non soltanto di visitare i luoghi e di approfondire tematiche legate al nostro ambito professionale, ma di respirare e vivere la cultura americana a 360°, vivendo in 9 diverse famiglie rotariane per le altrettante tappe del viaggio. Così, accanto alle aziende d’eccellenza, come Bose, alle università più prestigiose del mondo, come MIT ed Harvard, all’approfondimento dei nostri interessi specifici (che spaziavano dal business all’ingegneria, dal marketing all’architettura, dall’educazione primaria all’agricoltura), e ai magnifici paesaggi del cuore del New England, su cui svetta la bellezza della città di Boston, ci siamo trovati a condividere gli spazi con le famiglie dei soci Rotary locali, dalla colazione alla cena, scambiando idee e formando legami di amicizia che, con un pizzico di impegno e di fortuna, potranno dimostrarsi durevoli nel tempo.

Come relatori ed ospiti, abbiamo visitato molti dei Rotary Club locali, vedendo il loro modo di condurre le conviviali (la maggior parte delle quali si svolge a pranzo, e, in taluni casi, durante la prima colazione) e di realizzare progetti di service attivo e di raccolta fondi (cosa, quest’ultima, in cui sono maestri). Inoltre, abbiamo avuto l’opportunità di partecipare al loro Congresso Distrettuale, che è stato di grande ispirazione per ciascuno di noi. Quello americano è un Rotary vivace, non esente dai problemi che la crisi dell’associazionismo ha sollevato anche nei nostri confini, eppure pronto al cambiamento. Vi basti pensare che abbiamo conosciuto una rotariana di 22 anni!

Purtroppo, non basterebbe lo spazio dell’intero bollettino per descrivere le emozioni che ciascuno di noi ha provato, ed il bagaglio di conoscenza ed esperienza che ci ha accompagnato nel viaggio di ritorno e che resterà sempre con noi. Voglio quindi usare queste ultime righe per invitarvi a consultare il nostro diario di viaggio all’indirizzo

http://www.facebook.com/gse2015district2060

e per lasciare nella carta un ringraziamento ulteriore al Governatore Ezio Lanteri, a Elisabetta, la team leader che ci ha sostenuti e supportati in ogni cosa, a Caterina, Philipp e Katia, i miei meravigliosi compagni di viaggio, e a tutti i Club che, sottoscrivendo la nostra candidatura, hanno reso possibile questa fantastica esperienza.”

Giuliano Bordigato

Past Rappresentante Distrettuale Distretto Rotaract 2060

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E’ a Villa fiorita a Monastier che sabato 20 giugno si chiude l’anno rotariano 2014 – 2015 con il passaggio del collare da Ezio Lanteri a Giuliano Cecovini; un anno positivo gestito con grande impegno ed energia da Ezio e che ha visto il numero di rotariani crescere nel Triveneto dopo molti anni di diminuzione dell’effettivo.

In questo Congresso ha trovato il suo spazio anche il nostro Club, citato dal Governatore per il buon lavoro fatto per il Rotary Day, culminato con la consegna al CUAMM – Medici con l’Africa - di un assegno da € 13.000,00.

Ma il momento davvero emozionante è stato quando il nostro Luca Baldan è stato chiamato sul palco come “anima della Venice Marathon” : è stato lui che nel 2011 ha coinvolto il Club prima e il Distretto 2060 poi in questa grande festa sportiva di cui parla tutto il mondo e che nel 2014 ha permesso di raccogliere ben 28.000,00 euro da destinare alla campagna END POLIO NOW.

Meritatissima quindi la consegna dell’onorificenza Paul Harris Fellow: bravo Luca, siamo orgogliosi di te !

Renato Maria Cesca

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E’ questo il gesto simbolico con cui il Presidente che termina il proprio mandato affida al nuovo Presidente le sorti del Club per un anno, e giovedì 25 giugno nella Sede di Villa Franceschi a Mira Porte un numeroso parterre di Soci e ospiti ha fatto da cornice alla cerimonia.

Complice la bellissima serata di inizio estate e il verde smagliante del parco dell’Hotel Villa Franceschi, la festa ha avuto inizio con l’aperitivo in giardino, dove abbiamo anche avuto

l’opportunità di conoscere gli intrattenitori che avevamo chiamato per allietare la serata: gli attori Massimo d’Onofrio e Barbara Tasca hanno con brio e vivacità messo in scena alcuni quadri veneziani a cominciare dall’”ode al vino”, quanto mai opportuna visto che avevamo tutti il bicchiere in mano.

Saliti al piano nobile per la cena, che è iniziata con un gustosissimo buffet (bravo Remigio!), dopo il tocco di campana

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e l’ascolto degli inni, il Prefetto ha salutato i numerosi ospiti: Sandra Sofia Perulli, Assistente Governatore Ezio Lanteri,il Dr. Giorgio dal Corso con la Sig.ra Francesca, vice presidente Rotary club di San Donà, Sara Zanferrari, presidente e-club Rotary2060, Giuliano Fiammengo, Presidente

Lions Club Stra Riviera Del Brenta, Sabrina De Nobili, Presidente Lions Club Stra Riviera del Brenta Rosalba Carriera, Irene M. Cesca, Responsabile Distrettuale Rotaract 2060, Anna MILANO, Presidente Rotaract Padova Euganea, Rafi El Madloum, giovane medico legale, Marisa Bettio, ostetrica che presta la propria opera in Mali e la sua collaboratrice Annalisa Polato, il Dr. Claudio Favretto con la

Sig.ra Angela, l'avvocato Francesca Scatto, la Dr.ssa Monica Monetti, direttore filiale Intesa San Paolo di Stra, Alberto Vanuzzo Socio Rotaract Padova Euganea, lo storico ed esperto d’arte Diego Mazzetto.

Francesco Sarti ha tracciato un profilo del suo anno di presidenza, dopo aver sottolineato l’ottimo lavoro svolto da Stefano Siggia che l’aveva preceduto, ricordando i numerosi services posti in essere, tra cui quello a favore del CUAMM-Medici con l’Africa e quello pro A.I.L. di Dolo per la lotta contro le leucemie. Un posto importante hanno rappresentato le gite culturali per la visita a mostre d’arte e quelli più articolati in Normandia, per incontrare i nostri “gemelli” francesi del Club di Evreux Beffroi, e in Abruzzo alla scoperta delle bellezze dell’Italia cosiddetta minore. Più di venti i conferenzieri che si sono avvicendati nel corso dell’annata le cui relazioni hanno spaziato tra i temi più diversi, dalla demografia all’arte, dalla geopolitica alla storia delle religioni, dalla

medicina alla cultura, dalla storia in occasione del centenario dell’inizio della Prima Guerra Mondiale alla sociologia. Insomma un anno intenso in cui il Club ha seguito con partecipazione le iniziative poste in essere, consolidando l’amicizia tra i Soci.

Pietro Milano ha raccolto con entusiasmo il testimone, anzi il collare, e ha posto l’accento su un problema che vuole affrontare con

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decisione, la difficoltà ad allargare la compagine dei Soci che per diversi motivi ha visto negli ultimi anni un decremento dell’effettivo. Ha sottolineato l’intesa che ha già raggiunto con i Presidenti dei tre Rotary Club viciniori che consentirà occasione di incontro e di utili scambi di idee sul futuro dei Club stessi e del Rotary.

La presenza in sala della ostetrica Marisa Bettio era significativa per il service principale dell’anno rotariano 2015-2016: aiutare chi in Mali si prodiga per le donne incinte e le partorienti, in ideale proseguimento del service “Prima le Mamme e i Bambini” dello scorso anno.

Cordiali, affettuosi applausi hanno sottolineato le due relazioni in segno di ringraziamento per quanto fatto e di augurio per l’immediato futuro.

A questo punto della serata hanno avuto campo libero i due attori che con “l’elogio della polenta” , lo scontro marito-moglie dai “Quattro Rusteghi” di Carlo Goldoni e l’intemerata contro la suocera da “Le baruffe in famegia” di Giacinto Gallina hanno divertito i presenti che li hanno ringraziati con un lungo, caloroso applauso.

Non resta che augurare buon lavoro a Pietro Milano e alla sua squadra, per la fortuna del Club e del Rotary.

Renato M. Cesca

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Questa pagina è destinata ad accogliere i contributi di coloro che desiderano condividere con i lettori della rivista emozioni o sensazioni, oppure per introdurre argomenti destinati a stimolare lo scambio di idee.

Qualche consiglio per chi vuole visitare EXPO 2015, dopo la visita di due giorni che ho effettuato con Mara.

ARRIVO

Siamo arrivati in auto, con parcheggio prenotato online al PARK MERLATA, il più vicino al quartiere espositivo, dieci minuti a piedi. Si può arrivare in pullman, in treno, in taxi.

INGRESSO

E’ forse il momento più noioso della visita: anche se ben organizzato, il controllo con i metal-detectors è accurato e costringe quindi a una certa attesa, circa 20 minuti allo scoperto.

ACCOGLIENZA

Ogni 50 metri si incontra un volontario o un addetto Expo: gran cortesia, totale disponibilità a fornire informazioni e suggerimenti, sempre sorridenti.

SUCUREZZA

E’ una delle cose che colpisce di più: c’è un numero di agenti delle forze dell’ordine davvero imponente, sono ovunque, discreti ma sempre presenti. Telecamere ovunque e quindi ci si sente particolarmente sicuri.

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ORGANIZZAZIONE

Tutto funziona benissimo, si ha l’impressione che l’organizzazione sia estremamente accurata e che nulla sia lasciato al caso.

PULIZIA

Raccoglitori di rifiuti ovunque, addetti alle pulizie sempre in azione, quindi si conferma il fatto che se un posto viene tenuto pulito tutti sono motivati a collaborare perché resti tale.

COLPO D’OCCHIO

Come si entra si ha subito l’impressione di una grande opera, in cui ingegneri e architetti hanno dato il meglio in tecnica e fantasia: il DECUMANO lungo 1.700 metri e il CARDO sono coperti da grandi vele contro sole e pioggia che hanno anche un grande impatto visivo.

GLI STAND

I 150 tra padiglioni dei vari paesi e aree tematiche sono diversi uno dall’altro, alcuni bellissimi, altri hanno solo una presenza simbolica, ma nel complesso di grande interesse. In quasi tutti il tema “nutrire il pianeta” è interpretato attraverso l’illustrazione con mezzi audiovisivi di grande qualità e impatto visivo. Solo alcuni, Italia, Giappone, Cina richiedono una coda per entrare. Tutti gli altri consentono un accesso immediato o una breve attesa mai superiore a 5 minuti.

Tra i più belli: Padiglione Zero, Israele, Corea, Cina, Emirati Arabi, Qatar, Equador (non abbiamo visitato per troppa fila Italia, Francia e Giappone).

MOBILITA’

Camminare, camminare, camminare: non c’è altra soluzione se non l’affitto di piccole motorette elettriche che permettono di spostarsi agevolmente e comodamente.

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RISTORAZIONE

Di tutto e di più: molti padiglioni hanno la loro cucina etnica, moltissimi e in qualche caso di qualità i ristoranti italiani, con tutte le cucine regionali, vini a profusione.

ASSISTENZA SANITARIA

Molto presente per affrontare ogni evenienza.

In conclusione, è un’opera di cui l’Italia può andare orgogliosa, andate a visitarla, sarà faticoso ma resterete soddisfatti e ammirati.

Renato Maria Cesca

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Rotary Distretto 2060

“Ogni Club un runner, ogni amico un donatore” Il Distretto 2060 alla 30 a Venice Marathon 2015 per

End Polio Now Il Rotary - Distretto 2060,

dopo il successo della scorsa

edizione, che ha visto

impegnati i nostri 50 runner

sarà presente anche

quest’anno all’importante

manifestazione podistica

internazionale della “Venice

Marathon” che vedrà il

prossimo 25 ottobre 2015 la partenza da Stra’ della sua

30a edizione.

Dopo aver partecipato con i propri runner alle quattro

precedenti edizioni, con rinnovato e sostenuto impegno il

Distretto Rotary 2060 - che comprende il territorio di Friuli

Venezia Giulia, Trentino Alto Adige e Veneto, - ha animato

Run to End Polio, la raccolta fondi e sensibilizzazione

dell’opinione pubblica, supportando il programma più

importante della Rotary Foundation End Polio Now per essere

ancora insieme e vincere la lotta finalizzata alla completa e totale

eradicazione della poliomielite dal mondo: una promessa che il Rotary ha fatto a tutti

i bambini del mondo e che siamo ormai prossimi a mantenere !

Con l’assistenza della “Rete del Dono” tutti i nostri Rotary Club e

Rotaract Club saranno presenti alla manifestazione tramite i loro

runner che, attraverso il collaudato e valido strumento del

fundraising, trasformeranno la loro sincera passione nella causa

del Rotary valorizzando le loro relazioni interpersonali e rendendo

la donazione un momento importante e presente nella loro vita

quotidiana. Nella precedente edizione abbiamo raccolto la

ragguardevole somma di € 24.543, ponendoci al 1° posto tra le

16 Charity presenti alla Venice Marathon. Vogliamo insieme

mantenere il raggiunto primato anche quest’anno, che vedrà la possibilità di partecipare oltre

che alla classica 42 Km anche ad una più breve 10 Km non competitiva, facilmente percorribile

da molti di noi. Partecipiamo e impegniamoci numerosi !

Per qualsiasi informazione rivolgersi a:

Sergio Zanellato 335 7050320 email: [email protected] - Luca Baldan 329 8614498 email: [email protected]

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Distretto 2060 Rotary Club Venezia Riviera del Brenta

Data di fondazione: 28.07.1983 Presidente: Francesco Sarti Segretario: Ivana VIANELLO

Ufficio di Segreteria: Hotel Villa Franceschi, 28 - 30034 MIRA PORTE (VE).0414265800 - 329 8614498 Consiglio Direttivo: Presidente Francesco SARTI - Vice Presidente Gabrio PELLEGRINI Segretario Ivana VIANELLO –-Tesoriere Adriano BIANCO - Prefetto Renato M. CESCA Consiglieri Piero BORTOLETTI, Giuseppe DI GIOVANNI, Antonella FEDE, Rocco MAJER Presidente Incoming Piero MILANO Presidente Uscente Stefano G. SIGGIA Hanno presieduto il Club: 1983-1984: Adriano BIANCO - 1984-1985: Adriano BIANCO 1985-1986: Giorgio BENINATO - 1986-1987: Giulio ARGENTI 1987-1988: Bruno MILANI - 1988-1989: Augusto GABBRIELLI 1989-1990: Benito Clauco TIOZZO - 1990-1991: Placido Sandro VICARI - 1991-1992: Giancarlo VETTORE -1992-1993: Gianfranco VALLERINI - 1993-1994: Gianni BORTOLINI - 1994-1995: Orlando DI BIAGI - 1995-1996: Mario COLLINI - 1996-1997: Rocco MAJER - 1997-1998: Riccardo ZANETTI - 1998-1999: Philip PANTER - 1999-2000: Adriano BIANCO - 2000-2001: Alberto MAGGINO -2001-2002: Attilio ZAJA - 2002-2003: Piero BORTOLETTI - 2003-2004: Marco CALZAVARA - 2004-2005: Alessandro GRINFAN - 2005-2006: Gabrio PELLEGRINI - 2006-2007: Gabrio PELLEGRINI - 2007-2008: Giuliano PUOSI – 2008-2009: Giulio ARGENTI – 2009-2010 Augusto GABBRIELLI – 2010-2011 Renato Maria CESCA – 2011-2012 Luca BALDAN – 2012-2013 Luca PASSARELLA – 2013-2014 Stefano G. SIGGIA Club Contatto: Evreux Beffroi (Distretto 1640, Francia): responsabile contatto Renato Maria CESCA Riunioni Rotariane: Conviviali: 2° e 4° giovedi', Hotel Villa Franceschi, Via Don Minzoni,28 - Mira (VE) tel. 041 4266531 – Fax 041 5608996 Non conviviali: 1°, 3° e 5°giovedi'

Soci Onorari

PIZZATI Gino PH – Sottufficiale pilota da caccia diurna e notturna1940-45 Medaglia d'argento “sul campo” e promozione a sergente maggiore ”per meriti di guerra” – Mira (VE) Soci Attivi

ARGENTI Giulio avv. prof. PH (Manuela) - libero professionista - Attività Libere e Professioni, Giurisprudenza - Dolo (VE) BALDAN Luca arch. PH (Alessandra) - Socio Architetti Baldan e Garbo Associati - Attività Libere e Professioni, Architetti, Urbanistica - Fiesso d’Artico (VE) BALLARIN Giancarlo (Helga) - Restauratore - titolare – perito di ammobiliamento antico - Artigianato, Restauratori, Lavorazioni Artistiche - Venezia BARIZZA Gianni (Luciana) - Presidente Elettrolight srl - Industria, Elettronica, Telecomunicazioni- Pianiga (VE) BIANCO Adriano rag. PH (Grazia) - Ragioniere - Attività Libere e Professioni, Consulenti, Finanziaria - Spinea (VE) BOLDRIN Stefano Maria dott. (Laura) – Attività libere e professioni, Economia aziendale- Pianiga (VE) BORTOLETTI Piero dott. PH (Marlisa) - Medico - Attività Libere e Professioni, Medici, Odontoiatria - Mirano (VE) CESCA Renato Maria PH (Mara)- Direttore Commerciale Consorzio per l'Energia e gli Impianti - Industria, Impianti, Servizi - Padova (PD) COLLINI Mario rag. PH (Elisabetta) - Titolare - amministratore Collini Atomi di Scarpa srl - Noventa Padovana (PD) CORI Bianca (Paolo) – Amministratore Unico DI.QU. S.p.A. - Servizi, Certificazione - Venezia Marghera (VE) DI GIOVANNI Giuseppe (Antonella) – Attività libere e professioni, Consulenti – Spinea (VE) FEDE Antonella dott. – Dirigente Otorinolaringoiatria Ospedale S. Antonio, Padova – Servizi sanitari e sociali, Servizio sanitario pubblico Medici, Otorinolaringoiatria - Padova

GABBRIELLI Augusto avv. PH (Cristina) - Avvocato civilista - Attività Libere e Professioni, Avvocati, Civile - Mirano (VE) MAJER Rocco dott. PH (Marialuisa) - Chimico consulente qualità - Attività Libere e Professioni, Chimici, Professionale - Dolo (VE)

MARCHETTI Roberto rag. dott. cav. (Manuela) –Amministratore unico Peruzzo srl - Artigianato, Meccanica, Casalinghi - Montegrotto Terme (PD) MELATO Massimo ing. (Elisa) - Direttore generale Unus International Spa - Industria, Elettromeccanica, Motori - Pianiga (VE) MILANO Pietro rag. (Rita) - Consulente - Attività Libere e Professioni, Consulenti, Finanziaria - San Donà di Piave (VE) MOZZATO Ermes avv. – (Elisabetta) - Attività Libere e Professioni, Avvocati, Diritto assicurativo – Mira (VE) NALIN Alessandro – Assicurazioni, Agente di assicurazione – Venezia Mestre (VE) PANTER Philip dott. prof. PH (Fiorenza) - Docente - Presidente Oxford School srl - Istruzione e Ricerca, Insegnamento, linguistico - Mirano (VE) PELLEGRINI Gabrio ing. PH (Anna Rita) – Attività Libere e Professioni, Ingegneri, Tecnologie industriali - Mirano (VE) RONCORONI Marina Dott. – Titolare Farmacia Eredi Giantin Enzo S.n.c. - Farmacisti - Mirano (VE) ROSSI Mario dott. PH (Francesca) - Medico otorinolaringoiatra Univ. di Padova - Insegnamento Universitario, Medicina, Audiologia - Padova (PD) SARTI Francesco dott. prof. (Donatella) - Docente Clinica universitaria di Padova - Insegnamento Universitario, Medicina, Internistica - Padova (PD) SIGGIA Stefano G. dott. (Jennifer Mary) – Attività libere e Professioni, Assicuratori - Venezia (VE) TROLESE Leopoldo geom. Cav. (Roberta)- Attività libere e Professioni, Geometri - Dolo (VE) VALLERINI Gianfranco ing. PH (Giuliana) - Socio incide sas - Attività Libere e Professioni, Ingegneria, Navale - Dolo (VE) VIANELLO Ivana – Commercio, Combustibili liquidi – Mirano (VE) VICARI Placido Sandro Cav. di Gr. Cr. PH (Carla Alberta) - Amministratore unico Sandro Vicari spa - Industria, Abbigliamento, Calzature- Dolo (VE) ZANETTI Riccardo dott. PH (Giovanna) - Neurologo - contitolare Poliambulatorio Fenicia - Attività Libere e Professioni, Medici, Neurologia – Mirano (VE) ZANIN Francesco Rag. (Elena) – Titolare Pasticceria Zanin - Commercio, Pubblici esercizi Bar – Dolo (VE)

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Leopoldo LESE 1 gen

Sandro VICARI 25 gen

Bianca CORI 5 feb

Antonella FEDE 24 feb

7 mar Ermes MOZZATO

Stefano Giacinto SIGGIA 21 mar

Adriano BIANCO 24 apr

Giancarlo BALLARIN 12 mag

Roberto MARCHETTI 25 mag Marina RONCORONI 8 giu

Giulio ARGENTI 4 lug

Francesco SARTI 10 lug

Giuseppe DI GIOVANNI 21 lug

Luca BALDAN 24 lug

Pietro MILANO 26 lug

Gianni BARIZZA 5 ago

Alessandro NALIN 9 ago

Augusto GABBRIELLI 16 ago

Rocco MAJER 21 ago

Mario ROSSI 26 ago

Riccardo ZANETTI 31 ago

Philip PANTER 11 sett

Mario COLLINI 15 sett

Gianfranco VALLERINI 17 sett

Ivana VIANELLO 20 sett

Piero BORTOLETTI 11 ott

Gabrio PELLEGRINI 11 ott

Stefano Maria BOLDRIN 11 nov

Massimo MELATO 6 dic

Renato Maria CESCA 10 dic

Francesco ZANIN 14 dic

Gino PIZZATI 20 dic

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ROTARY CLUB VENEZIA RIVIERA DEL BRENTA-Distretto 2060Villa Franceschi via Don Minzoni.2S 30034 Mira (VE) tel. +39 041 4266531

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