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Numismatica Medioevale DATE A DIO QUEL CHE È DI CESARE, LA CROCE E LA MONETA NEL MEDIOEVO Magdi A. M. Nassar I l binomio croce-moneta è sinonimo di un rapporto dai connotati stridenti; questi elementi, in effei, rappresentano l’esao opposto l’uno dell’altro; un rapporto tra sacro e profano che merita di essere analizzato. L’idea evangelica stessa del denaro è streamente e intrinsecamente legata all’idea del male: il denaro è rappresentazione di tuo ciò che vi si può comprare, ovvero ogni bene terreno che può certo placare la fame terrena del corpo, offuscando però il desiderio piú elevato di sfamare i bisogni dell’anima. Gesú stesso afferma, all’interno dei vangeli, che sarà piú facile per un cammello passare dalla cruna di un ago, piuosto che un ricco entri nel regno dei cieli; si pensi, poi, che l’estraneità tra il denaro, e quindi tuo ciò che è terreno, e il regno dei cieli è sempre dichiarata con forza nelle scriure sacre; questo conceo, passato alla storia con l’affermazione celeberrima “date a Dio ciò che è di Dio e a Cesare ciò che è di Cesare”, con riferimento ad una moneta su cui il diatore era effigiato, sostiene con forza la nea separazione tra ciò che è umano, e dunque debolezza, e ciò che è santo, e che dunque sarà riconosciuto nel regno dei cieli. In ultima analisi si pensi che sempre il denaro è, all’interno dei fai evangelici, il mezzo araverso cui il traditore Giuda vende Gesú ai sacerdoti, dunque il mezzo del male, alla stregua del serpente di Adamo ed Eva: l’interesse personale che induce la fragilità umana ad allontanarsi da Dio. Inutile affermare che questa visione cristiana appare ancor piú esasperata e radicalizzata in un’età come quella medievale, in cui la classe borghese mercantile emerge e fa la sua fortuna proprio grazie alle ricchezze, con la conseguente necessità per le autorità di delineare dei limiti etici 1 . 1 La Croce nella simbologia cristiana Agli albori della cristianità, la croce non ne fu l’emblema che ne è oggi; ciò è reso chiaro dall’utilizzo di altri simboli, quali il pesce, i pani o l’ancora, che prevalgono di gran lunga in numero sulle piú rare croci, ad esempio nei graffiti delle catacombe. Solo dopo l’edio di Costantino (Mila- 1 In proposito può essere utile mezzo di approfondimento il saggio J. Le Goff, La bourse et la vie. Economie et religion au Moyen Age, Parigi (FR), 1998. aderni di laMoneta.it. Copyright 2016 laMoneta.it – ISBN 978-1-533-32647-8_5 23

Date a Dio quel che è di Cesare, la Croce e la Moneta nel Medioevo

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Numismatica Medioevale

DATE A DIO QUEL CHE È DI CESARE, LA CROCEE LA MONETA NEL MEDIOEVO

Magdi A. M. Nassar

Il binomio croce-moneta è sinonimo di un rapporto dai connotati stridenti; questi elementi,in effetti, rappresentano l’esatto opposto l’uno dell’altro; un rapporto tra sacro e profano che

merita di essere analizzato. L’idea evangelica stessa del denaro è strettamente e intrinsecamentelegata all’idea del male: il denaro è rappresentazione di tutto ciò che vi si può comprare, ovveroogni bene terreno che può certo placare la fame terrena del corpo, offuscando però il desideriopiú elevato di sfamare i bisogni dell’anima. Gesú stesso afferma, all’interno dei vangeli, che saràpiú facile per un cammello passare dalla cruna di un ago, piuttosto che un ricco entri nel regnodei cieli; si pensi, poi, che l’estraneità tra il denaro, e quindi tutto ciò che è terreno, e il regnodei cieli è sempre dichiarata con forza nelle scritture sacre; questo concetto, passato alla storiacon l’affermazione celeberrima “date a Dio ciò che è di Dio e a Cesare ciò che è di Cesare”, conriferimento ad una moneta su cui il dittatore era effigiato, sostiene con forza la netta separazionetra ciò che è umano, e dunque debolezza, e ciò che è santo, e che dunque sarà riconosciuto nelregno dei cieli. In ultima analisi si pensi che sempre il denaro è, all’interno dei fatti evangelici,il mezzo attraverso cui il traditore Giuda vende Gesú ai sacerdoti, dunque il mezzo del male, allastregua del serpente di Adamo ed Eva: l’interesse personale che induce la fragilità umana adallontanarsi da Dio.

Inutile affermare che questa visione cristiana appare ancor piú esasperata e radicalizzata inun’età come quella medievale, in cui la classe borghese mercantile emerge e fa la sua fortunaproprio grazie alle ricchezze, con la conseguente necessità per le autorità di delineare dei limitietici1.

1 La Croce nella simbologia cristiana

Agli albori della cristianità, la croce non ne fu l’emblema che ne è oggi; ciò è reso chiaro dall’utilizzodi altri simboli, quali il pesce, i pani o l’ancora, che prevalgono di gran lunga in numero sullepiú rare croci, ad esempio nei graffiti delle catacombe. Solo dopo l’editto di Costantino (Mila-

1In proposito può essere utile mezzo di approfondimento il saggio J. Le Goff, La bourse et la vie. Economie et religion auMoyen Age, Parigi (FR), 1998.

Quaderni di laMoneta.it.Copyright 2016 laMoneta.it – ISBN 978-1-533-32647-8_5

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no, 313 d.C.) l’utilizzo della croce si fa piú comune, portando anche alla nascita di nuove formegrafiche, come la croce commissa e la croce greca.

Quello dell’iconografia cristiana dei primi secoli è un terreno quantomai impervio: le rappre-sentazioni crucifere sono in questo periodio estremamente rare, sia per il fatto delle persecuzioni,sia per una precisa scelta liturgica: già nel concilio di Elvira (303–306) si prescrive: “Ci è sem-brato bene che nelle chiese non ci debbano essere pitture, in modo che non sia dipinto sui muri ciòche è onorato e adorato”2; pratica, del resto, già in uso presso la cultura giudaica, dalla cui grandetradizione discende la tradizione cristiana.

Dunque le illustrazioni dei primi cristiani hanno una conformazione simbolica: i temi religiosivengono raffigurati mediante quei simboli criptici (pesce, ancora, pani) di cui parlavamo prima. Lacroce, simbolo inequivocabile di cristianità, e pertanto pericoloso, era solo raramente utilizzato;non a caso una delle rappresentazioni piú antiche della croce, il graffito di Alessemeno, incisoda un pagano tra la fine del I e l’inizio del III sec. d.C., si presenta come forma di denigrazione,raffigurando un cristiano che adora la croce, sulla quale è posto un cristo con testa di asino, conl’iscrizione Alexamenos sebete theon, ovvero “Alessameno venera [il suo] Dio”.

l’apologeta Tertulliano (160–230) già afferma che i cristiani sono crucis religiosi,3 ossia “devotidella croce”, schernendo i pagani che, a suo dire, si vergognavano di venerare una croce nuda ene pregavano quindi una vestita, alludendo ai vessilli e labari imperiali.

Sempre Tertulliano sottolinea il ruolo del simbolo-croce all’interno dell’immaginario simbolicocristiano, che ci fa comprendere come tale rappresentazione fosse identificativa di questa religionegià nel II secolo d.C.

Già nei primi anni del Duecento, del resto, Clemente di Alessandria nomina la croce con ladizione “il segno per eccellenza del Signore”4 senza temere fraintendimenti, cosa che ci da un’ideadella rilevanza già raggiunta dalla simbologia crucifera in quest’epoca, mentre nei coevi papirievangelici si ritrova rappresentata sottoforma di staurogramma.

2 La comparsa della croce sulle monete nel mondo antico

Per i primi tre secoli dopo la venuta di Cristo, nessuna monetazione riporta la simbologia cruci-fera, fatto salvo per alcune emissioni di Costantino I, che presentano croci latine ad ornamentodi altari o interposte agli stendardi, e per i bronzetti di Costanzo II, celebrativi dell’impresa delpadre a Ponte Milvio, che presentano, al R/ un milite portante un labaro crociato (figura 1).

La croce subentra invece bruscamente e sorprendentemente a partire dal 360 nelle coniazionidel regno di Axum, a nord dell’etiopia, dove all’inizio del Trecento Re Ezanà si era fatto battezzareconvertendo il proprio popolo al cristianesimo, e dove adesso suo figlio Mehadeyis faceva coniareuna moneta al cui rovescio campeggia una evidente croce patente inscritta in un cerchio liscato,per la prima volta la moneta diventa “testa e croce”.

Ad Axum si continuerà a coniare secondo questo stesso schema per i secoli successivi (figura 2);lo stesso schema che quasi mille anni dopo troveremo nei denari e nei grossi europei.

Nel IV secolo, anche nell’Impero occidentale facevano ingresso nelle rappresentazioni istitu-zionali i primi simboli cristiani, che comunque non ricoprivano il ruolo di predominanza che

2E. Reichert, Die Canones der Synode von Elvira: Einleitung und Kommentar, 1990.3Cfr. Tertulliano in Apologia (XVI,6).4J. Ries, I cristiani e le religioni, Brescia, 1992, p. 82.

LA COMPARSA DELLA CROCE SULLE MONETE NEL MONDO ANTICO 25

Figura 1: Costanzo II, bronzetto con vessillo crociato (350 ca.).

Figura 2: Moneta axumita del IV secolo.

rivestivano nel caso axumita, ma che assumono una particolare rilevanza nell’individuazione delpercorso di affermazione di questi segni. Il primo tra questi casi pare essere il cristogramma pre-sente su alcuni solidi d’oro di Costantino, i quali presentano comunque un’iconografia ancorasemi-pagana, con la personificazione della vittoria alata. La simbologia cristiana prosegue an-che sotto gli imperatori successivi: ne sono un esempio i solidi di Teodosio II che presentano uningombrante globo crucigero sorretto dalla personificazione di Costantinopoli.

Sotto Teodosio II appare anche la prima croce latina, nelle monete in oro e argento a nomedella moglie Elia Eudocia, tanto religiosa da essere venerata come santa dalla chiesa ortodossa,che presentano, come nella siliqua in figura 3, la croce contenuta all’interno di una corona d’alloro.

Figura 3: Teodosio II, zecca di Costantinopoli . Siliqua al nome e con l’effigie di Elia Eudocia,430–438 d.C. (R.I.C. X/270/388), Asta Bolaffi n.25, L. 422.

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3 Le croci della monetazione longobarda

Nel primo periodo altomedievale, l’iconografia cristiana si fa preponderante: il valore della mo-neta diviene simbolico, spariscono i complessi ritratti bizantini, che lasciano invece il posto ai piúsemplici e intuitivi monogrammi, ed è qui che la moneta diviene definitivamente “testa e croce”,cioè per metà dedicata al potere temporale e per metà dedicata alla sfera religiosa; in questo sen-so la croce fa la sua comparsa da subito al rovescio delle monete, potrebbero essere molteplici iriferimenti ai tremissi di varie zecche, e questa presenza religiosa diviene sempre piú radicata,sino ad arrivare alle rappresentazioni del San Michele alato con la croce astile attribuiti alla zeccadi Pavia, rendendosi evidente anche nei ducati di Salerno e di Benevento con i tremissi recanti lacroce latina (figure 4 e 5).

Figura 4: Lucca, Anonime longobarde, sec. VII–VIII. Tremisse. Asta NAC n. 89/2015. lotto 57.

Figura 5: Benevento, Grimoaldo III Principe (788–806), Tremisse, Asta NAC n. 30/2005. lotto 825.

4 Carlo Magno e la grande Riforma

Con l’arrivo di Carlo Magno anche in Italia avviene la grande riforma monetaria dell’argento, econ questa il ruolo della croce viene definitivamente codificato all’interno di quella che sarà lamoneta unica per tutto l’impero: subentra il denaro carolingio, che si proporrà come base pertutte le evoluzioni dell’estetica monetale nel medioevo occidentale.

Al suo arrivo in Italia, Carlo Magno trova gli obsoleti tremissi d’oro, moneta che con il suovalore elevatissimo rende complesse le piccole transazioni, rallentando l’economia spicciola che sipratica ancora attraverso il baratto. Prima di attuare la grande riforma dell’argento sulla penisola,

CARLO MAGNO E LA GRANDE RIFORMA 27

Carlo Magno emette alcuni tremissi a proprio nome, oggi rarissimi, tra cui se ne conoscono conla sua effigie e altri con la croce (figura 6).

Figura 6: Lucca, Carlo Magno Re dei Franchi (773–814). Tremisse, Lamoneta.it.5

All’applicazione della riforma dell’argento in Italia, vengono effettuati vari tentativi sulla formadel denaro, e alla fine di questa ricerca stilistica, il modello di denaro carolingio adottato presentasul lato del dritto una evidente croce patente, del tutto simile a quella potenziata presente sultremisse che poco prima aveva coniato a suo nome, mentre al rovescio è presente un monogrammacruciforme che esprime il suo nome; le leggende iniziano anch’esse con una croce: è una monetache esprime cristianità e che viene prodotta sotto la stessa forma in tutte le zecche dell’Impero(figure 7, 8 e 9).

Figura 7: Pavia, Carlo Magno re dei Franchi (774–814), Denaro, Asta NAC n. 68/2012. lotto 317.

Figura 8: Milano, Carlo Magno re dei Franchi (774–814), Denaro, Asta NAC n. 57/2010. lotto 111.

5Dal forum Lamoneta.it, dove in un post del 30 marzo 2010 se ne segnala il recente ritrovamento avvenuto in Corsica.

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Figura 9: Tolosa, Carlo Magno re dei Franchi (774–814), Denaro, Asta NAC n. 57/2010. lotto 111.

5 Le forme della croce monetale

5.1 Lettere in croce

Alla fine del primo millennio, il simbolo della croce è cosí radicato che appare, quando non è pre-sente nella sua forma originaria, sotto la forma ancor piú mistica della composizione delle lettere.È una croce talvolta anacronistica, ispirata all’antica e ormai superata necessità di evangelizza-zione, e in questo senso si propone come oggetto pedagogico; ne sono un esempio emblematicoalcuni denari veronesi, come il rarissimo denaro scodellato della prima monetazione autonoma,in cui la parola VERONA segue l’andamento del segno della croce, divenendo croce anch’essa,accompagnata poi dalla croce sull’altra faccia e la leggenda +HIXPINOMIN•E (figura 10); oppurequelli di poco successivi, rispettivamente a nome di Berengario e Adalberto, e di Ottone I, in cuiancora la parola VERONA è spezzata intorno al cerchio a formare una croce (figura 11), sempresecondo un andamento speculare rispetto a quello con cui i credenti si segnano durante la pre-ghiera, il che facilita i credenti nell’apprendimento del segno della croce, con una esemplaritàspeculare simile a quella con cui la suora insegna ai bambini dell’asilo ad eseguire il segno dellacroce, e che è oltretutto coerente con la pratica di definire destra e sinistra della moneta secondo ladestra e la sinistra di chi la guarda, come ancora si usa, del resto, nelle descrizioni numismatiche.

Figura 10: Verona, monetazione autonoma (inizio X sec.), Denaro scodellato, (dal forumLamoneta.it).

Oltre al toponimo, spesso è anche il nome dell’autorità a diventare croce: già è successo conil monogramma di Carlo Magno sui suoi denari, ma avviene anche sui denari successivi, ne è unesempio questo denaro lucchese dubitativamente attribuito ad Ugo I Marchese di Toscana, che

LE FORME DELLA CROCE MONETALE 29

Figura 11: Verona, Berengario II e Adalberto (950–961), Denaro scodellato, Asta NAC n. 50/2008,lotto 559.

porta un monogramma cruciforme, come anche, per la stessa zecca, ad esempio, quelli di Ugo eLotario, oppure con estensione alle zecche di Milano e Pavia, quelli ottoniani (figure 12, 13 e 14).

Figura 12: Lucca, Ugo I (950–961), Denaro, Asta NAC n. 65/2012, lotto 3320.

Figura 13: Milano, Ottone II (9̃73–1002), Denaro, Asta H. D. Rauch GmbH n. 90/2012, lotto 1227.

L’evoluzione di queste croci celate fatte di lettere culmina, poi, nel piú evidente bolognino, incui le lettere, convergendo in un punto centrale, talvolta evidenziato da un bisante, un cerchietto oaltro simbolo, disegnano con chiarezza estrema una croce greca, mentre una ulteriore croce ancorpiú criptica si manifesta al dritto, formata da bisanti o altri segni che convergono al centro nellalettera A, costituendo un archetipo che, nelle sue evoluzioni, si protrarrà sino al Quattrocentoinoltrato. La stessa croce “letterata” del bolognino darà poi vita anche alla anomala croce patentedistaccata che si ritrova sui grossi aretini da 12 denari (figure 15, 16 e 17).

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Figura 14: Lucca, Ottone II ( 967–983), Denaro, Asta Künker n. 137/2008, lotto 3690.

Figura 15: Bologna, Comune (1191–1337), Bolognino, asta Ranieri 7/2014, lotto 323.

Figura 16: Macerata, Autonome (1404–1447), Bolognino, asta ArtCoins Roma s.r.l. n. 5/2012, lotto879.

Figura 17: Arezzo, Repubblica (post 1250–XIV), Grosso, asta Jean Elsen & ses Fils n. 116/2013,lotto 880.

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5.2 Croci geometriche

Una forma piú rara di quella letterale è quella della croce geometrica, ottenuta per somma difigure dalla geometria generalmente semplice che si ripetono uscendo da un punto comune versol’alto, il basso, la destra e la sinistra; è il caso, ad esempio, di alcuni denari scodellati veneziani(figura 18), in cui la croce al centro è ottenuta per la somma dello stesso punzone triangolare,cosa che ritroviamo, nella croce della leggenda, anche su alcuni dei grossi primitivi lucchesi; se netrovano esempi già nella monetazione longobarda, come nella crocetta di inizio leggenda su alcunitremissi beneventani (figura 19), mentre altri esempi interessanti possono essere anche quellocostituito da un tarí d’oro di zecca incerta a nome di Guglielmo II, che presenta al dritto una crocegeometrica formata da globetti (figura 20), oppure anche il caso del denaro napoletano a nome diCarlo II che riporta una croce formata da quattro gigli (figura 21); alla stessa categoria appartieneil grosso aretino di cui già abbiano trattato, formato dai quattro quadrati staccati, uscenti dalbisante centrale.

Figura 18: Venezia, Orio Malipiero (1178–1192), Denaro scodellato, asta Ranieri 3/2011, lotto 276.

Figura 19: Benevento, Grimoaldo III Principe (788–806), Tremisse, Asta NAC n. 30/2005, lotto825.

A questa categoria appartengono anche quelle croci piú occulte realizzate su alcuni bologninidi cui si trattava prima, che utilizzano la lettera A come punto di fuoco e motivi geometrici perindicare i quattro angoli della croce, come nell’esempio di Perugia in cui vengono utilizzate lestelle figura 22), ma anche e piú spesso per altre zecche, in cui le stelle sono sostituite da bisanti,anelli o rosette.

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Figura 20: Palermo o Messina, Guglielmo II (1166–1189), Tarí, Asta Bolaffi 24/2014, lotto 462.

Figura 21: Napoli, Carlo II d’Angiò (1285–1309), Denaro Regale, Asta NAC 35/2006, lotto 1025.

Figura 22: Perugia, Comune (post 1395), Bolognino, asta NAC 81/2014, lotto 100.

Figura 23: Verona, Federico II (1198–-1250), Denaro, asta NAC 65/2012, lotto 3424.

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5.3 Croci intersecanti

Nella monetazione medievale, soprattutto in quella centrosettentrionale, l’impostazione graficaè solitamente affidata alle due circonferenze concentriche che fanno da scheletro per il montag-gio del conio e che poi vengono evidenziate con la costituzione dei caratteristici cerchi liscati operlinati, facilitando anche il lavoro di chi si trovava ad incidere le matrici con cui si sarebberopoi coniati i tondelli metallici; accade spesso, tuttavia, che il simbolo della croce, se presente, su-peri questa gerarchia di spazi, fatto abbastanza raro che trova analogie solo con i casi del grossoagontano, in cui il santo prevarica il cerchio, o nel caso di alcuni grossetti centroitalici.

Il superamento dei cerchi esalta la croce e implica la formazione di quattro quadranti in cuiè divisa tutta la moneta, e non solo la parte centrale del campo, rendendo necessario anche lospezzamento delle leggende.

Per comprendere quale risonanza mediatica potessero avere queste variazioni grafiche a cuispesso non attribuiamo alcun valore, porremo di seguito un testo tratto dal Renner, poema reli-gioso di Hugo von Trimberg, scritto nel Trecento in volgare tedesco, nel quale l’autore descriveproprio un denaro veronese (figura 23) traendone una morale:

“ …auch haben die kleinen bernerliinein ringel umb ir kruezelin:seht, daz betuetet, das gotes wortnoch soll erschellen in vier ortder werlde, so juden una eiden uf erdenin unsern gelauben gevangen werdenals daz kruzelin in den rincditz sint bezeichenlichiu dinc…

…Persino i piccoli denaretti veronesi hannoun anello attorno alla loro crocetta:guardate, questo significa che la parola di Diodeve ancora risuonare alle quattro estremitàdel mondo, cosí gli Ebrei e i Pagani sulla terrasaranno catturati al nostro credocome la crocetta dentro l’anello.Queste son cose piene di significato!…

”Hugo von Trimberg, Renner

5.4 Le terminazioni

Ai fini di un’inventariazione e di una definizione delle croci monetali, può essere utile suddividerlesulla base delle terminazioni. La terminazione della croce piú diffusa è sicuramente quella piattae larga , che contraddistingue la maggior parte delle croci monetali, le quali vengono dette patentiin virtú di questo particolare; sono tuttavia censibili altri tipi di terminazione, tra le quali la piúantica è quella lineare, dove, cioè, la croce greca è tagliata di netto; questo tipo di taglio si ritrova

34 DATE A DIO QUEL CHE È DI CESARE, LA CROCE E LA MONETA NEL MEDIOEVO

nella monetazione del primo basso medioevo, nell’ambito di alcune coniazioni ossidionali e inaltre moderne, sono invece rarissime nei secoli centrali del basso medioevo. Una terminazionepiú frequente è certamente quella triforcuta, che si ritrova in molti denari dell’epoca precomunalee piú raramente nell’età dei comuni, si pensi, ad esempio, al caso singolare delle croci sui denarisenesi, oppure al denaro anonimo scodellato della zecca veneziana (970–1024). Meno frequenteè la croce biforcuta, che fa una delle sue rare apparizioni in un denaro veneziano dell’XI secoloattribuito ad Enrico IV di Franconia. Altra tipologia di chiusura è quella potenziata, in cui ognibraccio termina con un tratto perpendicolare formando quattro tau, maggiormente utilizzata neltardo medioevo e nell’età moderna.

Molto utilizzata nell’ambito di alcune zecche, invece, è la croce fogliata, la quale nasce perevoluzione della biforcazione e triforcazione; questo processo evolutivo è particolarmente chiaronelle monete senesi, in cui sia la S presente sul lato del dritto che la croce del rovescio subisconoquesta mutazione.

Nella fogliatura della S, che avviene prima di quella della croce, il processo è particolarmentechiaro: i vertici della S si estendono emancipandosi sempre di piú fino a diventare motivo orna-mentale; vale la pena di vedere, per il caso senese, il processo riguardante la S civica, molto piúeloquente di quello della croce ma concettualmente analogo.

5.5 L’accostamento di simboli nei quadranti

La pratica dell’accostamento di simboli all’interno dei quarti di cerchio formati dalla croce, innumismatica, è una pratica relativamente antica: la si ritrova già all’interno delle monete lon-gobarde e dei primi tremissi carolingi, dove la croce potenziata è accantonata da quattro bisanti,uno per ogni angolo, in questo caso con valenza chiaramente decorativa.

L’utilizzo dei bisanti ai quattro angoli della croce si riscontra ancora largamente per tutto ilprimo basso medioevo, e fino a tutto il secolo XII, in special modo sui denari pavesi e veneziani.Nel Duecento, invece, compare l’utilizzo di simboli diversi da accostare alla croce, che proseguonoper tutto il medioevo. Sono interessanti, in questo caso, ad esempio, i provisini romani, cheportano vistosi simboli nei quadranti della croce, i quali probabilmente non sono legati alcunsignificato, derivando forse dalla volontà imitativa nei confronti degli originari provisini francesi.

Completamente diverso è invece il caso di quelle monete in cui alla croce si accostano simboliidentificativi dell’autorità, secondo la formula conclamata “per grazia di Dio”, stando ad indicarel’accondiscenza e il sostegno divino all’autorità che governa e che emette la moneta stessa. Nesono un caso i denari di Raimondo Della Torre (figura 24), patriarca di Aquileia tra il 1273 e il1298, in cui la croce è accantonata da due torri, insegne della sua casata, e da due chiavi, simbolodel potere spirituale e temporale che raccoglieva in sé.6

Di grande interesse sono anche i casi comunali in cui il sostegno divino non è rappresentato inrelazione ad una identità personale, ma ad una impersonale e pubblica, come nel caso dei comuniche affiancano alla croce il proprio simbolo: ne è un esempio il grosso di Massa di Maremma, oggiMassa Marittima, che inserisce appunto le iniziali del toponimo, simbolo della Repubblica, comefanno anche Siena o Perugia, seppure estromettendo la croce.

Meno rilevanti sono, dal punto di vista rivelativo, i casi in cui i simboli nei quadranti rap-presentano variazioni nel valore intrinseco della moneta, come avviene, ad esempio, nel caso dialcuni denari genovesi di fino maggiorato, identificabili grazie alla presenza di un cuneo rispetto

6A. Muratori, Dissertazioni sopra le antichità italiane, Milano, 1836, Vol. 2, p. 254.

TESTA O CROCE 35

Figura 24: Aquileia, Raimondo (1273–1298), Denaro, asta Ranieri 2/2010, lotto 11.

agli altri.

6 Testa o croce

Le due facce della moneta rappresentano, anche nell’immaginario simbolico, i due opposti, i poliche si obiettano, il bianco e il nero, e in effetti spesso è cosí: al dritto è generalmente affidatoil messaggio relativo al potere temporale, che talvolta si concretizza nel ritratto del monarca,mentre al rovescio è lasciato il messaggio spirituale, appunto la croce. Sono particolarmenteemblematiche, a tal proposito, le monete di alcune zecche del meridione italiano. La confusioneinizia soprattutto nel periodo comunale, quando la rappresentazione del popolo, divenuto sovranodi se stesso, avviene anche mediante l’uso delle simbologie: è il caso del giglio fiorentino o dellaS senese, ed è questo il periodo in cui, piú che mai, il messaggio religioso e quello temporale simischiano: le comunità ergono a proprio simbolo, spesso, il proprio santo patrono, che divienecontemporaneamente simbolo del popolo ma anche effige religiosa, mentre la croce mantiene ilsuo ruolo predominante al rovescio: è il caso della quasi totalità dei piccioli e dei grossi centro-settentrionali durante tutto il basso medioevo (figure 25 e 26).

Figura 25: Milano, prima repubblica (1250–1310). Ambrosino, Asta NAC 65/2012, lotto 3440.

Ancor piú emblematico è il caso del denaro di Brindisi, in cui la testolina diademata di FedericoII viene posta al centro della croce, come a sottolineare la santità e la volontà di Dio che si celadietro all’incarico imperiale; su questo tema troviamo analogie anche tra i sigilli, sui quali piúspesso è rappresentato l’imperatore o il monarca mentre regge un globo crucigero, come già erauso consolidato nella monetazione bizantina, e come ancora si ritrova fino alla metà del XIV sec,ad esempio sui gigliati angioini.

36 DATE A DIO QUEL CHE È DI CESARE, LA CROCE E LA MONETA NEL MEDIOEVO

Figura 26: Arezzo, repubblica (post 1240), grosso, Asta NAC 65/2012, lotto 3435.

La religiosità della moneta ha perso la sua finalità divulgativa e quasi pedagogica: il cristiane-simo è la piú forte delle realtà e non ha bisogno di essere legittimato, al contrario sono le autoritàche adesso vi ricorrono per legittimare il proprio potere. All’interno di questo secondo passaggio,che si sviluppa interamente nel periodo medievale, in cui i sovrani o le amministrazioni democra-tiche utilizzano il cristianesimo per affermarsi, i simboli si mescolano fino a rendere impossibilel’individuazione di quelli che sono i simboli cristiani e quelli che sono i simboli temporali, in unmix di simbologie e immaginari entro cui religione e politica sono la stessa realtà, senza alcunapossibilità di distinzione.

Magdi A. M. Nassar, agente commerciale e studente di architettura toscano, studia e colleziona per passionela monetazione medievale; socio della Società Numismatica Italiana, segretario del Circolo Giovani Numi-smatici e utente del forum Lamoneta.it; all’età di sedici anni pubblica il suo primo articolo numismatico, daallora collabora con le maggiori riviste specialistiche italiane ed è impegnato nella schedatura dei materialidi alcuni enti pubblici.