22
Rivista semestrale anno VIII, n. 1-2, gennaio-dicembre 2013 c omplessità 1-2 2013 Rivista del Centro Studi di Filosofia della Complessità «Edgar Morin» Dipartimento di Scienze umane e sociali dell’Università degli Studi di Messina in collaborazione con l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici di Napoli e con la Fondazione “Bonino-Pulejo” di Messina Direttore scientifico Giuseppe Gembillo Comitato editoriale Giuseppe Giordano (coordinatore) Annamaria Anselmo (segretario) Maria Rita Abramo Costanza Altavilla Maria Arcidiacono Caterina Basile Antonella Chiofalo Francesco Crapanzano Deborah Donato Adele Foti Edvige Galbo Fabio Gembillo Maria Laura Giacobello Giuliana Gregorio Federica Mazzù Cesare Natoli Giuseppina Noto Letizia Nucara Fabiana Russo Flavia Stramandino Angela Verso Referees Edgar Morin (Parigi) Mauro Ceruti (Bergamo) Emilio Roger Ciurana (Valladolid) Girolamo Cotroneo (Messina) János Kelemen (Budapest) Mauro Maldonato (Napoli) Alfonso Montuori (San Francisco) David D. Roberts (Athens, Georgia) Massimo Verdicchio (Edmonton, Alberta) Gereon Wolters (Costanza) Servizi editoriali Sicania by Gem s.r.l. Messina Stampa Effegieffe Arti Grafiche s.r.l. Messina Le immagini proposte in copertina sono opere di Fabio Gembillo © 2014 – SICANIA by GEM s.r.l. Via Catania, 62 – 98124 Messina www.sicania.me.it [email protected] ISBN 978-88-7268-148-0 N. 15 in attesa di registrazione Finito di stampare nel dicembre 2014

Il concetto di volontà in Benedetto Croce

Embed Size (px)

Citation preview

Rivista semestraleanno VIII, n. 1-2, gennaio-dicembre 2013

complessità 1-22013Rivista del Centro Studi di Filosofia della Complessità «Edgar Morin»Dipartimento di Scienze umane e sociali dell’Università degli Studi di Messinain collaborazione con l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici di Napolie con la Fondazione “Bonino-Pulejo” di Messina

Direttore scientificoGiuseppe Gembillo

Comitato editorialeGiuseppe Giordano (coordinatore)Annamaria Anselmo (segretario)Maria Rita AbramoCostanza AltavillaMaria ArcidiaconoCaterina BasileAntonella ChiofaloFrancesco CrapanzanoDeborah DonatoAdele FotiEdvige GalboFabio GembilloMaria Laura GiacobelloGiuliana GregorioFederica MazzùCesare NatoliGiuseppina NotoLetizia NucaraFabiana RussoFlavia StramandinoAngela Verso

RefereesEdgar Morin (Parigi)Mauro Ceruti (Bergamo)Emilio Roger Ciurana (Valladolid)Girolamo Cotroneo (Messina)János Kelemen (Budapest)Mauro Maldonato (Napoli)Alfonso Montuori (San Francisco)David D. Roberts (Athens, Georgia)Massimo Verdicchio (Edmonton, Alberta)Gereon Wolters (Costanza)

Servizi editorialiSicania by Gem s.r.l.Messina

StampaEffegieffe Arti Grafiche s.r.l.Messina

Le immagini proposte in copertina sono opere diFabio Gembillo

© 2014 – SICANIA by GEM s.r.l.Via Catania, 62 – 98124 [email protected]

ISBN 978-88-7268-148-0

N. 15 in attesa di registrazioneFinito di stampare nel dicembre 2014

Sommario

4 Una lettera di Hegel a Creuzer traduzione di Deborah Donato

Saggi Gereon Wolters 8 Hans Jonas e il razzismo

Annamaria Anselmo 18 Werner Heisenberg e la filosofia kantiana

Nunzio Bombaci 31 La complessità dell’uomo. La urdimbre nel pensiero di Juan Rof Carballo

Franco Bosio 54 Destino della scienza e signoria della tecnica nell’epoca della complessità

Giuseppe Gembillo 72 Giambattista Vico e la matematica. Originalità e attualità di un’interpretazione

Giuseppe Giordano 86 Semplicità della complessità

Giovanni Giuffrè 111 L’armonia della Natura nella relazione tra il Rapporto Aureo e gli anelli di retroazione dell’analisi sistemica

Gaspare Polizzi 133 Imre Toth e Michel Serres. Sulla ricorrente epifania del sapere geometrico

Ivan Pozzoni 151 Il concetto di volontà in Benedetto Croce. Etica e politica

Emidio Spinelli 170 Hans Jonas e gli stoici. Per una neutralizzazione epistemologica della “sorte”

Maria Laura Giacobello 183 Edgar Morin. La riforma del pensiero per una conoscenza pertinente: insegnare la condizione umana

Discussioni Marco Centorrino 198 Dal collettivismo comunitario all’individualismo in rete delle community

Angela Cimato 212 Negare la negazione. Ermeneutica critica del negazionismo

Francesco Crapanzano Iterazioni e co-operazioni nella costruzione delle leggi scientifiche. 223

Edvige Galbo La verità plurale delle Impressioni. 233 Considerazioni intorno alla produzione di Claude Monet

Maria Laura Giacobello L’educazione come autoformazione permanente: 241 Emilio Roger Ciurana e la riforma delle scienze umane

Gaetano Giandoriggio A proposito di una nuova biografia di Benedetto Croce 254

Valeria Maggiore Il sistema vivente: unità e modularità organica 267

Giacomo Tripodi Some archaic toponyms of Middle Eastern origin in Western Europe 280

Recensioni Annamaria Anselmo Eugénie Vegleris, La consultation philosophique 290

Grazia D’Arrigo Bart Kosko, Fuzzy future. From society and science to heaven in a chip 293

Deborah Donato John Gribbin, Erwin Schrödinger. La vita, gli amori e la rivoluzione quantistica 296

Adele Foti Cesare Natoli, Il suono dell’anima 302 Musica e metafisica nella riflessione filosofica e teologica

Fabio Gembillo Edgar Morin, Il mio pensiero 309

Federica Mazzù F. Bonicalzi, P. Mottana, C. Vinti, J. Wunenburger (a cura di) 311 Bachelard e le “provocazioni della materia”

Fabiana Russo Edgar Morin, La mia Parigi, i miei ricordi 316

151

Ivan Pozzoni

Il concetto di volontà in Benedetto Croce.

Etica e politica

La definizione crociana di «spirito pratico», con l’enumerazio-ne dei momenti (economico ed etico) connaturati alla sfera della volontà, subisce l’influenza sostanziosa dell’intero corso esisten-ziale di Croce;1 aldilà della celebre Filosofia della Pratica (1909), con Frammenti di Etica e con Elementi di Politica – riuniti in un unico volume, Etica e Politica,2 nel 1931 – il nostro autore, alla luce della sua reiterata diffidenza verso ogni forma di organizza-zione istituzionale della res publica, consolida la sua riflessione culturale sui nessi tra momento economico e momento etico dello «spirito (pratico)»,3 incentrandola sulla nozione di «volontà». La diffidenza crociana verso ogni attività di gestione delle istituzioni

1. Su ciò cfr. G. Gembillo, Filosofia e scienze nel pensiero di Croce. Genesi di una distinzione, Giannini, Napoli 1984. Per un serrato confronto tra biografia crociana e società storica italiana si consultino: R. Franchini, Note biografiche di Benedetto Croce, E.R.I., Torino 1953; F. Nicolini, Benedetto Croce, U.T.E.T., Torino 1962; V. Stella, Il giudizio su Croce: momenti per una storia delle interpretazioni, Trime-stre, Pescara 1971; I. De Feo, Croce: l’uomo e l’opera, Mondadori, Milano 1975; F. Tessitore, L’eredità di Croce, Guida, Napoli 1986; R. Franchini-G. Lunati-F. Tessitore (a cura di), Il ritorno di Croce nella cultura italiana: atti del Convegno rotariano di Pescasseroli, Rusconi, Milano 1990; M. Mustè, Benedetto Croce, Morano, Napoli 1990; M. Maggi, La filosofia di Benedetto Croce, Bibliopolis, Napoli 1998; R. Viti Cavaliere, Saggi su Croce: riconsiderazioni e confronti, Lucia-no, Napoli 2002; S. Cingari, Benedetto Croce e la crisi della cultura europea, Rubbettino, Soveria Mannelli 2003; R. Viti Cavaliere, Storia e umanità: note e discussioni crociane, Loffredo, Napoli 2006.

2. Cfr. B. Croce, Etica e Politica, Adelphi, Milano 1994; d’ora in avanti i riferi-menti testuali al volume crociano saranno individuati – a meno di avviso contrario – in base all’edizione curata da G. Galasso (1994), con indicazione EP. Per una recentissima iniziativa collettiva sulla narrazione culturale di Benedetto Croce ci si riferisca al mio I. Pozzoni (a cura di), Benedetto Croce. Teoria e orizzonti, Limina-mentis, Villasanta 2010.

3. Per una ricerca dettagliata sui nessi tra economia ed etica si richiamano i volu-mi: A. Bruno, Economia ed etica nello svolgimento del pensiero crociano, Ciranna, Siracusa 1958; M. Biscione, Etica e politica nel pensiero di Benedetto Croce, in

ivan pozzoni 152

si radica in lui sin dalla fanciullezza: «Se nella mia famiglia mi stavano innanzi esempi di pace, di ordine, di laboriosità indefes-sa, in mio padre sempre chiuso nel suo studio tra le carte di amministrazione, e in mia madre che si levava prima di tutti all’albeggiare, e andava in giro per la casa a metter assetto e a dar mano alle donne di servizio, mancava in essa qualsiasi risonanza di vita pubblica e politica»;4 continuando a rivivere nella sua adolescenza,5 fino a condurlo a un decisivo chiarimento: «A que-ste circostanze della mia fanciullezza attribuisco, almeno in parte, il relativo ritardo dello svolgersi in me dei sentimenti e dell’ideo-logia politica, soverchiati per lungo tratto dall’interessamento letterario-erudito».6

Concluso il trasferimento a casa di Silvio Spaventa,7 successiva-mente al disastro di Casamicciola del 1883, dopo qualche tempo diviene indilazionabile un incontro concreto tra Croce e l’ammini-strazione cittadina nell’assunzione dell’ufficio di commissaria-mento straordinario della città di Napoli: «Ma, dopo essermi riposato alquanto in altre letture e lavori, al ritorno dalla villeg-giatura, quando stavo per raccogliermi in quella storia, accadde che fu sciolta, nel novembre del 1900, in conseguenza di uno scandaloso processo, e sottoposta a inchiesta, la rappresentanza comunale di Napoli, e affidata l’amministrazione a un commissa-

idem, Interpreti di Croce, Giannini, Napoli 1968; G. Pezzino, Il filosofo e la liber-tà. Morale e politica in Benedetto Croce, Edizioni del Prisma, Catania 1988.

4. Cfr. B. Croce, Contributo alla critica di me stesso, Adelphi, Milano 2000, p. 16.

5. Cfr. ivi, cit., pp. 17-18: «Questo ambiente politico che mi fece difetto in fami-glia, mi mancò altresì nel collegio, dove entrai a poco più di nove anni, e che era un collegio cattolico, non gesuitico in verità, anzi di onesta educazione morale e religiosa, senza superstizioni e senza fanatismi, ma, insomma, collegio di preti, con molta clientela aristocratica borbonizzante, e che mostrava l’estremo di sua possa verso l’italianità quando rievocava gli ideali del neoguelfismo, carezzati in gioventù da taluno di quei sacerdoti direttori».

6. Cfr. ivi, cit., 18. L’inclinazione crociana verso l’etica, sin dal suo esordio cultu-rale, è rimarcata da Galasso: «Egli segnala che nel tempo del suo soggiorno roma-no, fra il 1884 e il 1886, si era travagliato, in particolare, “intorno ai concetti del piacere e del dovere, della purità e dell’impurità, delle azioni mosse da attrattiva per la pura idea morale e di quelle che riuscivano ad apparenti effetti morali per associazioni psichiche, per abiti, per impulsi passionali”. Poi addirittura scrive che di questo travaglio sperimentato “sopra me stesso con l’osservarmi e rimproverar-mi” si ebbe una chiarificazione teorica, “tanti anni di poi”, nella Filosofia della Pratica […]» (Cfr. G. Galasso, Croce e lo spirito del suo tempo, Il Saggiatore, Milano 1990, pp. 111-112).

7. Cfr. B. Croce, Contributo alla critica di me stesso, cit., p. 22: «In Roma, rimasi dapprima quasi trasognato, in mezzo a una società così diversa da quella che fin allora mi attorniava, in casa di un uomo politico autorevolissimo, tra deputati e professori e giornalisti che la frequentavano, tra dispute di politica, di diritto, di scienza, e con le prossime ripercussioni dei dibattiti e dei contrasti del Parlamento».

il concetto di volontà in benedetto croce. etica e politica 153

rio straordinario. Invitato, non potei sottrarmi al dovere di coa-diuvare quel commissario, prendendo a reggere l’amministrazione delle scuole elementari e medie del Comune, e passando l’intera giornata in ufficio dalle otto del mattino alle otto di sera».8

L’incontro fu infruttuoso e rafforzò la scelta di Croce di adem-piere efficacemente il proprio dovere dedicandosi esclusivamente agli studi: «Nel lavorare alla Critica, mi si formò la tranquilla coscienza di ritrovarmi al mio posto, di dare il meglio di me, e di compiere opera politica, di politica in senso lato: opera di studioso e di cittadino insieme».9

Tuttavia egli, con massima rassegnazione, aggiungeva: «Se, nonostante tutto, mi è venuto fatto in questi anni di portare molto innanzi il mio lavoro scientifico, impossibile mi è stato tenermi lungi dalle agitazioni della vita pubblica, come, fino a un certo segno, mi era stato concesso nei lunghi anni di pace dei quali la mia generazione ha goduto».10 Pur organizzando un dicastero nell’amministrazione Giolitti11 ed essendo stato chiamato dal Par-tito Liberale, con la caduta del fascismo, a ricostruire lo stato italiano,12 Croce, non è mai riuscito a digerire la subordinazione

8. Cfr. ivi, cit., p. 38.

9. Cfr. ivi, cit., p. 42. Galasso asserisce: «La visione di un Croce impolitico o apolitico non ha alcun fondamento storico. L’esito della “politicizzazione” degli anni novanta fu un altro: fu la presa di coscienza che il proprio modo vocazionale e autentico di fare politica era nel fare cultura, nel determinare attraverso la cultu-ra moti e reazioni della coscienza morale del paese» (Cfr. G. Galasso, Croce e lo spirito del suo tempo, cit., p. 128); Sartori ricostruisce in sintesi tale abbinamento crociano tra «politica» e cultura: «La prima manifestazione della filosofia politica di Croce è già da intravedere nei saggi su Marx […] che si collegano ai rapporti tra Croce e Sorel. Arrivando al 1908, alla Filosofia della Pratica, il Croce che sistema la sfera economica viene a sistemare al tempo stesso la politica. In seguito, in occasione della guerra libica e della guerra 1914-1918, Croce accentua la sua concezione della “politica pura”» (G. Sartori, Studi crociani II, Il Mulino, Bologna 1997, pp. 61-62). Sintomatica è una lettera (7 Maggio 1898) di Croce a Labriola – che l’accusava di essere «animale extra e anti-politico» – messa in risalto da G. Cotroneo (G. Cotroneo, Il liberalismo filosofico di Benedetto Croce, in M. Reale (a cura di), Croce filosofo liberale, Luiss University Press, Roma 2004, p. 51).

10. Cfr. B. Croce, Contributo alla critica di me stesso, cit., p. 81. Montanari conclude: «Si comprende, allora, perché sin dagli inizi del secolo, cioè sin dalla definizione del programma culturale della Critica, l’attenzione di Croce sia rivolta più alle “riforme nel pensiero come la vera riforma generale” e alla formazione delle giovani generazioni che non a un impegno politico immediato» (M. Monta-nari, Saggio sulla filosofia politica di Benedetto Croce, Franco Angeli, Milano 1987, p. 70). Per un’attenta disamina del Croce non maturo: C. Boulay, Benedetto Croce jusqu’en 1911: trente ans de vie intellectuelle, Droz, Geneve 1981.

11. Cfr. B. Croce, Contributo alla critica di me stesso, cit., pp. 84 e 85.

12. Cfr. ivi, cit., p. 101.

ivan pozzoni 154

d’ogni momento dell’attività umana alla «politica»,13 e ha conti-nuato a difendere la tesi della diffidenza e della ritrosia: «Ma poiché, come ho detto, quello che io sentivo scosso, sconvolto e traballante era il fondamento di ogni serio concetto e di ogni ele-vata azione politica, la mia migliore opposizione, ossia quella a me più confacente e nella quale potevo dare maggiore rendimento, doveva consistere nella difesa e restaurazione delle necessarie pre-messe intellettuali e morali e nella continuazione resa più intensa della mia opera personale di pensatore e di scrittore».14

Questa irresistibile diffidente ritrosia15 caratterizza l’analisi crociana dei nessi tra economico ed etico nell’intera trattazione di Etica e Politica, e in molti altri scritti coevi, contaminandone enu-cleazione della nozione di «volontà» e considerazione dei nessi tra «teoria» / «pratica» e, nella macro-categoria della «pratica», tra individuale e universale. La definizione di «volontà» come forza idonea a sottrarre l’essere umano dall’annichilimento del-l’«angoscia» esistenziale è affidata ai frammenti Desiderare e volere (1915), Lo spirito sano e lo spirito malato (1915), La Prov-videnza (1920), Politica «in nuce» (1924) e L’individuo e l’opera (1925); l’esame dei nessi tra economia ed etica, con consolidamen-to della teoria dell’«implicazione» tra «volizione» individuale e «volontà» universale è distribuita su diversi testi: I «peccati di

13. Cfr. ivi, cit., p. 83: «Non sbagliavo, come è comprovato da quanto è accaduto dopo la guerra e tuttora è in atto e prende forma persino costituzionale nei cosid-detti “stati totalitari”, cioè nell’asservimento dell’arte, del pensiero, della religione, del costume alla politica, la quale poi, in questa spasmodica sua prepotenza, ben lungi dal potenziarsi, perde la sua ragione di vita e la sua forza»; Pezzino riconosce: «Quando l’individuo soffoca l’uomo, quando cioè la forma economica si chiude in sé stessa e pretende di dominare l’intera attività pratica, allora la soddisfazione edonistica o utilitaria si tramuta inesorabilmente in insoddisfazione» (G. Pezzino, La fondazione dell’etica in Benedetto Croce, C.u.e.c.m., Catania 2008, p. 315).

14. Cfr. B. Croce, Contributo alla critica di me stesso, cit., p. 88. G. Cacciatore scrive: «Ma nella storia dell’opera e dell’attività scientifica si insinua prepotente-mente la storia dell’impegno politico e civile, al quale il “chierico” che vorrebbe restare in disparte nella tranquillità del chiostro del suo lavoro e della sua medita-zione è strappato dalla forza degli eventi […] L’esercizio della critica, la dedizione all’opera e allo studio, così come avevano agito da argine verso le inquietudini e le angosce personali, altrettanto adesso possono fungere da consapevole strumento di opposizione ai tentativi di oppressione della libertà» (G. Cacciatore, Filosofia pratica e filosofia civile nel pensiero di Benedetto Croce, Rubbettino, Soveria Mannelli 2005, pp. 103-104).

15. Cfr. R. Colapietra, Benedetto Croce e la politica italiana, E.C.L., Bari 1969-1970 e A. Galatello Adamo, Benedetto Croce e l’elusione della politica, E.S.I., Napoli 1981. Per una breve indagine sulla nozione di «diffidente ritrosia» si consulti I. Pozzoni, La «diffidente ritrosia» di Benedetto Croce, «Osservatorio Letterario», Ferrara, Osservatorio Letterario, Ferrara e l’Altrove/IdealPrint, XV, nn. 79-80, 2011, pp. 104-106.

il concetto di volontà in benedetto croce. etica e politica 155

pensiero» (1915), Desiderare e volere (1915), La perfezione e l’imperfezione (1917), Lo sdoppiamento (1920), La politica della virtù (1922), Eros (1922) e Politica «in nuce» (1924); nei contri-buti Religione e serenità (1915), Gl’idoli (1915), Cuore e ragione (1916), La perfezione e l’imperfezione (1917) e Politica «in nuce» (1924) è introdotta una accurata analisi delle relazioni tra le due macro-categorie della «ragione» estetico / logica («teoria») e del «cuore» volitivo («pratica»). La dialettica crociana, nei frammen-ti, mostra una valenza circolare molto accentuata, a differenza degli accenni contenuti nelle antecedenti conclusioni della Filoso-fia della Pratica:16 la «ragione» è intesa come area della vita ido-nea a «giovare», a «rasserenare», a «sussidiare», cioè ad affinare un «cuore» umano che, nel suo urgente ufficio di neutralizzazione dell’annichilimento da «angoscia» esistenziale, reinventi, come volontà universale, costanti originali stimoli teoretici al fine dell’attivazione di «pensieri» sempre nuovi.

1. Definizione di «volontà»

Col sistema dialettico crociano la nozione di volontà assume ruolo centrale nella macro-categoria della «pratica»: «Il problema del “che cosa fare?” è il problema pratico, dell’uomo pratico, e perciò del politico e dell’etico-politico. E nondimeno è così facile lo sviamento di questo problema pratico verso la trattazione mera-mente teorica, che conviene battere su cosa che parrebbe ovvia, cioè che esso non consiste in un’indagine o in un filosofema, ma in una deliberazione e in un atto di volontà. Sembra che tanto sia grave la responsabilità di questo atto, e angosciosa la perplessità della deli-berazione, che a più riprese si tenta di trovare scampo da quella

16. Benché G. Galasso, nella sua Nota del Curatore, sostenga: «I Frammenti erano, dunque, presentati quali complementi, quasi “paralipomeni”, della Filoso-fia della Pratica (apparsa nel 1909), in coerenza con il carattere formale e catego-riale dell’etica teorizzata in quel volume, non senza una loro dimensione pedago-gica e sollecitatrice nei riguardi dei lettori e degli studiosi, oltre quella esemplificativa» (B. Croce, Etica e Politica, cit., 434); la netta, e assoluta, domi-nanza del momento «pratico» sul «teorico» è sostenuta dal Croce esordiente, ad esempio nelle Tesi di estetica del 1900 («A questo punto cessa l’analogia fra il teoretico e il pratico; e cessa appunto perché il teoretico è il teoretico, e il pratico il pratico. La scienza ha un limite, che può spostare ma invano si sforza di sorpas-sare, nell’intuitivo o nell’estetico; l’attività morale, che crea il suo mondo, non ha limiti. Essa può e deve trasformare tutte le volizioni umane in volizioni morali […] Di qui la superiorità del pratico sul teoretico») [B. Croce, Tesi di fondamentali di un’estetica come scienza dell’espressione e linguistica generale, in A. Attisani (a cura di), La prima forma dell’Estetica e della Logica, Principato, Messina 1924, pp. 58-59 ]. Per la dialettica crociana si veda: G. Sasso, Benedetto Croce: la ricerca della dialettica, Morano, Napoli 1975.

ivan pozzoni 156

lotta pratica nella teoria e nella scienza»,17 laddove si ammetta ogni forma di «deliberazione» («atto di volontà») ricadere, senza esita-zioni, nell’area «del politico e dell’etico-politico», cioè nella macro-categoria crociana relativa all’«uomo pratico»; l’inclusione della «deliberazione» nella macro-categoria del «pratico», nell’ambito dell’«azione», è risostenuta da Croce in Politica in nuce: «Il mede-simo ufficio di sussidio, e non già di forza determinante, hanno verso la deliberazione volitiva le leggi della scienza empirica della politica, quando vengono atteggiate a precetti e consigli. Sono inu-tili i precetti e i consigli? […] Non si danno affinché siano seguiti, sì appunto come consigli, come possibilità pratiche che si mettono dinanzi allo spirito di chi sta in travaglio di deliberare affinché non le trascuri nella ricerca della soluzione sulla quale sarà per fermarsi. Se non li segue, li avrà pur sempre idealmente ponderati e non senza effetto sulla sua risoluzione; e s’intende bene che, se li segue, il caso non è certo diverso, perché la risoluzione e l’azione solo in apparenza sono identiche al consiglio».18

L’essere umano, nella sua concretezza esistenziale e storica, vince ogni caso avverso mediante uso della «forza volitiva» («Che cosa manca a tutti costoro? Al primo, si dirà manca la concretez-za, al secondo il coraggio, al terzo il gusto del vivere. Cioè, manca a tutti lo stesso: la forza volitiva, che è concretezza, che è coraggio, che è amore alla vita. E che cosa hanno in cambio? Non hanno nulla, hanno il nulla; e questo è il male, questa la ragione della loro angoscia»)19 caratterizzata dai tratti della a] «concretezza», del b] «coraggio» e del c] «amore alla vita», non cadendo vittima della condizione nichilistica dell’«angoscia»; la volontà, come barriera all’annichilimento dell’«angoscia» e dell’indecisione, come motore di ogni azione umana, è «cuore» dell’uomo, messo in stretta relazione con la «ragione»: «E il medesimo si nota nell’opera morale, in cui più volte il cuore (si dice) consiglia meglio della testa, cioè noi ci asteniamo da cose che le norme che ci siamo prefissi imporrebbero e una più profonda voce vieta di fare o volge al contrario, spesso inducendoci a un’illogica e illuso-ria transazione con le norme riverite».20

Centro sovrano della macro-categoria del «pratico», la volontà emette sentenze, economiche e morali, basate sull’emozione

17. Cfr. B. Croce, Politica in nuce, «La Critica», 22 (1924), p. 143 [EP, 272].

18. Cfr. ivi, cit., [EP, 288/289].

19. Cfr. B. Croce, Desiderare e volere, «La Critica», 13 (1915), p. 65 [EP, 16].

20. Cfr. B. Croce, La Provvidenza, «La Critica», 18 (1920), pp. 125-126 [EP, 137].

il concetto di volontà in benedetto croce. etica e politica 157

(«espressioni passionali»),21 idonee a sollecitare l’azione umana: «Quei giudizi (giudizi di valore), presi nella loro forma che è l’ap-provazione e la rampogna, non sono veri giudizi (giudizi logici), ma espressioni passionali con le quali accompagniamo e quasi aiutiamo lo sforzo del superamento, e ci distacchiamo dal passato per abbracciare il presente, e progrediamo su noi stessi o esortia-mo e pungiamo altri a progredire»;22 lontane dall’essere «giudizi», nel senso logico del termine, e sebbene vuote di senso nel vocabo-lario della vita «teorica», le valutazioni, fondate sui binomi «approvazione» / «rampogna», o «merito» / «demerito», si accen-dono e ardono al calore della vita «pratica», rinvigorendo e rimo-dernando i caratteri della «forza volitiva»: «Il vero è che, nel giudicare secondo la verità, ossia storicamente, bisogna disfarsi del tutto dei concetti di merito e di demerito, i quali non sono criteri di giudizio storico […]. Alla domanda disgiuntiva: “Sono buono o cattivo?” non c’è altra risposta che quella che la nega, affermando e rammentando che ogni uomo è insieme buono e cattivo, che non esistono uomini buoni, non uomini cattivi, che tutti siamo impastati della stessa pasta […]. Ma, quanto vuote teoricamente, altrettanto piene praticamente sono quelle voci di merito e di demerito con cui di continuo ci travagliamo nel nostro fare, e che non accompagnano semplicemente il nostro fare, ma ne formano il vivo dramma».23

Per Croce la nozione di volontà, collocata nella macro-catego-ria della «pratica» è «forza volitiva», «cuore» costantemente rin-vigorito e riammodernato, in grado di sottrarre l’essere umano all’annichilimento tragico dell’«angoscia» esistenziale e, attraver-so i suoi pseudo-«giudizi», a sollecitare costui alla costante nova-zione nell’azione, conseguenza necessaria («implicazione») del «ragionamento», situato nella meta-categoria della «teoria».

21. Per l’emotivismo etico, si consultino i miei: I. Pozzoni, La strada dell’emoti-vismo etico, «Parénklisis», Firenze, Clinamen, fasc. 5 (2007), pp. 99-111; I. Poz-zoni, L’emotivismo etico interiezionista di A.J. Ayer, «Osservatorio Letterario», Ferrara, Osservatorio Letterario, Ferrara e l’Altrove/IdealPrint, XV, 79-80 (2011), pp. 106-108; I. Pozzoni, L’emotivismo etico moderato di C.L. Stevenson, «Osser-vatorio Letterario», Ferrara, Osservatorio Letterario, Ferrara e l’Altrove/Ideal-Print, XV, 81-82 (2011), pp. 66-68; e, infine, I. Pozzoni, I dilemmi linguistici nella riflessione filosofica di Giovanni Vailati e Mario Calderoni, in G. Gallo (a cura di), Scienza e linguaggio nel Novecento italiano, Limina Mentis Editrice, Villasanta 2012, pp. 31-58.

22. Cfr. B. Croce, Lo spirito sano e lo spirito malato, «La Critica», 13 (1915), p. 390 [EP, 63]. Cfr. G. Cotroneo, Questioni crociane e post-crociane, E.S.I., Napoli 1994; «Complessità», 1-2 (2010), Sicania, Messina 2011, numero doppio della Rivista interamente dedicato a Croce.

23. Cfr. B. Croce, L’individuo e l’opera, «La Critica», 23 (1925), pp. 250-251 [EP, 143].

ivan pozzoni 158

2. «Volontà» e desiderio

Nella macro-categoria della «pratica», la distinzione crociana tra «volizione» individuale e «volontà» universale si definisce in base alla nozione di «desiderio». Pur non essendo «contemplazio-ne» o «pensiero», concetti della macro-categoria della «teoria», il desiderio, a detta di Croce, non si identifica totalmente alla voli-zione / volontà: «Questo momento io ho chiamato altra volta quello dei desiderii, definendo il desiderio come volontà dell’im-possibile o (che è lo stesso) volontà impossibile. Il desiderio, che non è più contemplazione o pensiero, non è ancora volontà, anzi sta nel processo volitivo come ciò che non si può e non si deve volere»,24 opponendosi, come «ciò che non si può e non si deve volere», alla volizione economica o alla volontà etica; coll’abituale metodologia dell’«implicazione» intra-categoriale, il nostro auto-re distingue desiderio e volontà: «Il ‘desiderio’ è […] l’opposto della volontà e sta nella volontà effettiva solo come represso o superato»,25 senza trascurare, come d’uso, di considerare deside-rio come elemento costitutivo delle stesse volizione / volontà. La volizione individuale, o «volizione utilitaria», come ambito del-l’«economico» è costituita da una «molteplicità di desiderii» in conflitto («quel che la volizione utilitaria si trova a fronte è appunto la molteplicità dei desiderii, la forza centrifuga»),26 dive-nendo unitaria con la vittoria di un desiderio sui rimanenti orien-tata a formare «una tendenza utilitaria egoistica», idonea a costi-tuire una «volontà del proprio bene o del proprio piacere» (volizione individuale, economica);27 la «volontà del proprio bene o del proprio piacere» è, nella macro-categoria della «pratica», momento antitetico alla volontà etica: «Nella sfera morale, questo momento antitetico del desiderare è ben noto come la tendenza utilitaria, e perciò egoistica, che fronteggia la forza etica e ne è vinta. Ma anche nella sfera utilitaria esso riappare come la passio-ne antieconomica e dannosa, che è vinta dalla volontà del proprio bene o del proprio piacere».28

24. Cfr. B. Croce, Desiderare e volere, cit., [EP, 16].

25. Cfr. B. Croce, I «peccati di pensiero», «La Critica», 13 (1915), p. 67 [EP, 19].

26. Cfr. B. Croce, Desiderare e volere, cit., [EP, 18].

27. Cfr. G. Pezzino, La fondazione dell’etica in Benedetto Croce, cit., 281: «L’atto volitivo, dunque, è la volizione-azione che l’individuo realizza in determinate cir-costanze storiche, lottando e vincendo contro l’angosciosa frantumazione delle molteplici volizioni».

28. Cfr. B. Croce, Desiderare e volere, cit., [EP, 18]; Nave sintetizza la nozione crociana di «vita pratica»: «[…] azioni meramente economiche, si possono dare solo astrattamente parlando, ma non nell’individuo concretamente operante, la cui

il concetto di volontà in benedetto croce. etica e politica 159

Dalla vittoria della «forza etica» sulla «volontà del proprio bene o del proprio piacere» («forza economica») nasce la volontà etica, lontana dall’ambiente asettico dell’etica kantiana. «L’una forma, nell’atto che si dispiega e afferma, prevale sulle altre e le contiene e le impronta di sé, ma non sì che esse in qualche modo non la segnino di loro, quasi a vendetta o promessa di rivincita […] E, nella vita morale, sono le debolezze, i tentennamenti, i trascorsi oltre il segno, le vanitose compiacenze, le basse voglie, che si ritrovano più o meno, e sia pure come ombre lievi, in ogni azione d’uomo, per buona, per ammirevole che si dica e sia»,29 contaminandosi, nel suo cammino di concretizzazione, della «molteplicità di desiderii»;30 la volontà etica, in Croce, è volontà del «cuore», volontà vissuta e vivente: «Nondimeno, se non fosse questo della politica, della politica verso sé stessi, della politica della virtù, nessun altro modo ci sarebbe di far valere la moralità tra le passioni, con le passioni e sulle passioni […] Dunque biso-gna accettarle. Ma si accetteranno e si lasceranno libere di muo-versi e correre e trottare e galoppare a lor piacimento? […] Dun-que si dovrà accettarle e far che la pura volontà morale le fronteggi e domi, guardandosi dall’immischiarsi con esse, tenen-do le mani ben pulite, tirando sù le falde della sua candida veste per non bruttarle, e aprendosi la strada nella ressa di quelle incomode compagne e, all’uopo, castigandole col frustino? […] Non resta altro partito se non che la morale scenda frammezzo alle passioni, passione tra le passioni, e tratti con le passioni senza pretendere né di sopprimerle né di convellerne la natura, metten-do quando giova le une contro le altre, e combattendo ora le une ora le altre, ora in alleanza con le une ora con le altre. La vera, la seria volontà morale è creatrice e promotrice di vita»,31 in

vita è imprescindibile compresenza di tutti e quattro i gradi di attività che la con-trassegnano nella sua essenza […] nell’individuo concreto opera un unico spirito che, per quanto riguarda l’attività pratica, come è tendenza al bene particolare od utilitario, è anche tendenza al bene universale o morale, e non può sfuggire all’esi-genza di armonizzare le due cose senza rimettere in discussione la sua specifica natura» (A. Nave, Libertà e responsabilità nell’antropologia crociana, Levante, Bari 2000, p. 80).

29. Cfr. B. Croce, La perfezione e l’imperfezione, «La Critica», 15 (1917), p. 326 [EP, 159/160].

30. Cfr. P. Bonetti, Introduzione a Croce, Laterza, Bari 1984, p. 25: «Se un filo conduttore si deve ritrovare nell’arco dell’intera speculazione crociana, questo è certamente la difesa dell’individualità, della realtà effettuale, pur nel quadro gene-rale della filosofia dello spirito».

31. Cfr. B. Croce, La politica della virtù, [EP, 117/118], inserito come inedito nel 1922; Pezzino riassume: «Morale mondana, dunque; che non disdegna l’utile e le passioni per paura di contaminare la sua sterile purezza» (G. Pezzino, La fonda-zione dell’etica in Benedetto Croce, cit., 332)

ivan pozzoni 160

grado di «fronteggiare» o «domare» ogni «passione», scendendo «frammezzo alle passioni, passione tra le passioni», e, senza timore di contaminazione, di divenire «creatrice e promotrice di vita».32 L’incapacità della volontà etica di dominare ogni «passio-ne» è causa dell’anomalo fenomeno ritratto «in molteplici figura-zioni della poesia del secolo decimonono» dello «sdoppiamento della coscienza» volitiva: «Il vero sdoppiamento […] si insinua invece nella cerchia volitiva; e può prendere diverse forme […] come sarebbe quella in cui si viene operando il male con la inter-mittente ma limpida coscienza morale che pronunzia la riprova-zione di quell’operare, il quale non per tanto continua, barcollan-do ma irrefrenabile, per la sua strada. L’uomo, allora, è sdoppiato, ossia è volitivamente debole, analisi e non sintesi, con forze cozzanti che prendono aspetto di forze poderose, laddove sono il contrario, non avendo nessuna di esse la capacità di domi-nare e sottomettere le altre e di creare così l’unità del volere, che è la vera possanza»;33 il ruolo di dominio della volontà etica sulla volizione individuale è ribadita, da Croce, nella nota Eros, con un esempio riferito all’istituzione del matrimonio: «La via regia della composizione del conflitto è […] segnata dall’istituto etico del matrimonio, che […] è la tomba dell’amore selvaggio, meramente naturale. L’efficacia del matrimonio sta nel non contrastare l’inti-ma tendenza dell’amore, che è bisogno di procreazione, ma anzi nel favorirla impedendone lo sviamento e l’isterilimento, e insie-me nell’elevarla e ampliarla, facendola creazione di un consorzio

32. Cfr. B. Croce, La politica della virtù, cit., [EP, 118]: «Noi, in quei casi, guidati da buon senso e da esperienza, prescegliamo di solito rimedi meno violenti, mezzi più miti e più sicuri; e ci trattiamo come fanciulli o malati, e ora ci trastulliamo e svaghiamo affinché le immagini tristi si dissipino o si attenuino, e ora chiamiamo a soccorso della nostra debolezza morale qualche forza che possediamo nei nostri affetti privati, e ora eccitiamo l’amor proprio, e ora ci attacchiamo a immagini confortanti e a illusioni che sappiamo tali e pur nutriamo artificialmente, e ora ci ripromettiamo future gioie quasi a compenso e premio delle noie e fatiche che intanto ci tocca affrontare».

33. Cfr. B. Croce, Lo sdoppiamento, «Giornale critico della filosofia italiana», L, 1920, p. 193 [EP, 179]; Bonetti spiega: «La polemica antiromantica e antidecaden-te, implacabile e talvolta gravemente errata, proprio sul piano estetico, nei suoi bersagli, non è fondata su una semplice questione di gusto, bensì su una lucida e dura diagnosi morale che tende a tradursi, in molti casi e con eccessiva immedia-tezza, in condanna estetica […]. Nella faticosa e dolorosa formazione della moder-na coscienza europea, l’Amleto shakespeariano si è riprodotto e complicato nelle opere dei grandi romantici, per poi disintegrarsi nelle narcisistiche nevrosi degli estetizzanti: la sua condizione naturale è lo “sdoppiamento” volitivo, il suo stato d’animo prevalente è la “noia” e il distacco da ogni forma di operosità; questa tentazione autodistruttiva, che ha attraversato l’intera cultura occidentale degli ultimi due secoli e che ancora la tormenta, non è estranea all’animo crociano, al suo intermittente reimmergersi nel gorgo dell’angoscia» (P. Bonetti, L’etica di Croce, Laterza, Roma-Bari 1991, p. 115).

il concetto di volontà in benedetto croce. etica e politica 161

di vita, la famiglia. Ma appunto perciò il matrimonio non è il solo modo di composizione del conflitto, e ha accanto a sé, suoi sosti-tuti o suoi cooperatori, altri, tutti quelli che sono modi di attività e di creazione, tutte le forme del produrre morale, politico, scien-tifico, artistico, tutte dirette a opere d’amore […] La buona rego-la educativa è questa: non prendere di fronte la naturale tendenza che porta alle follie dell’amore, ma inserire e svolgere negli animi altri interessi spirituali che provvederanno essi a limitare e, se occorre, a domare il primo».34

La volontà etica crociana, nella sua urgenza di dominio sulla «volontà del proprio bene o del proprio piacere» è, contra Kant, volontà concreta, mai svincolata dalla «passione» o dal «deside-rio»: «Sarà, a mo’ d’esempio, peccato di desiderio quello di una moglie che, accanto al letto d’infermo del marito tormentato, non tralascia le cure dovute, ma pur carezza dentro di sé l’idea che la morte la libererà da quell’uomo infesto. Ovvero quello dell’aspi-rante al conseguimento di un posto, che gode nel veder capitar male, senza fatto suo, a colui che gli è rivale. E via dicendo. Ora codesti non sono più desiderii (momento dialettico), ma atti. Per-ché nessun moto nostro positivo di volontà, se anche non si tra-duca in quelli che comunemente e grossolanamente si considera-no atti esterni o azioni, manca perciò di attuazione: ha, se non altro, attuazione in noi, disponendoci in certi determinati modi, che a lor volta partoriscono effetti. E quegli atti, che paiono sem-plici vagheggiamenti fantastici, producono, per esempio, l’effetto di farci adempiere freddamente il nostro dovere»;35 e volontà concreta universale, nel suo antikantismo, come «prodotto dialet-tico della concorde discordia degli individui morali»: «L’opinione che all’individuo moralmente operante spetti fare ciò che l’intel-letto oggettivamente assoda e dimostra come il bene storicamente attuabile nelle circostanze date, riduce daccapo a problema teori-co il problema pratico, e per giunta a problema teorico insolubile, perché il bene, di cui si discorre, storicamente attuabile, è il pro-dotto dialettico della concorde discordia degli individui morali, e perciò sarà ma non può essere di presente conosciuto dal singolo che entra a collaborare al mistero del prodursi, come il padre non

34. Cfr. B. Croce, Eros, [EP, 38/39], inserito come inedito nel 1922.

35. Cfr. B. Croce, I «peccati di pensiero», cit., [EP, 20/21]; Pezzino scrive: «Voli-zione e azione sono, dunque, tutt’uno. Sicché non c’è spazio per l’ambigua morale delle mere intenzioni che non trovano rispondenza concreta: dei cosiddetti buoni propositi che non si traducono in azione» (G. Pezzino, La fondazione dell’etica in Benedetto Croce, cit., p. 214).

ivan pozzoni 162

conosce il figlio che concorre a generare».36 Si è dunque lontani dall’individualismo delle morali kantiana e utilitarista.37 La macro-categoria crociana della «pratica» ammette due forme di volontà, in nesso di stretta «implicazione»: volizione individuale, economica, come dominio della «volontà del proprio bene o del proprio piacere» sulla «molteplicità di desiderii»; e volontà uni-versale, etica, come dominio di una «forza etica», concreta e non-individuale, sulla «volontà del proprio bene o del proprio piace-re». La vittoria di una volontà concreta universale (etica), intesa, non temendo contaminazioni col distinto antecedente,38 come «cuore» dell’essere umano, sui desideri, sulle «passioni», sui biso-gni individuali assicura all’uomo affrancamento da ogni tipo di annichilimento esistenziale e costruzione di un’azione non-mala-ta, storica, armoniosa, idonea, a sua volta, a stimolare nuove forme di teoresi.

3. «Volontà» e «ragione»

Nella dialettica crociana c’è un nesso stretto tra macro-catego-rie della «teoria» e della «pratica», benché mai, in nessun brano, il nostro autore disconosca l’autonomia del «pensiero» («Dunque per quale ragione ideale la religione darebbe quella serenità, che la filosofia non può dare? Si risponde: perché essa offre la stabilità della fede. Ma la fede non è niente che sia particolare alla religio-ne: ogni pensiero, pensato che sia, si fa fede, ossia da divenire passa a divenuto, da pensato a non pensato, da dinamico a stabile o statico. E perciò abbiamo la fede dei materialisti, dei positivisti, e di ogni sorta di pensatori»);39 inteso come «puro pensiero» o

36. Cfr. B. Croce, Politica in nuce, cit., [EP, 274]. Il brano nasconde anche una netta dichiarazione di anti-intellettualismo etico, dato che «il bene, di cui si discor-re, storicamente attuabile, è il prodotto dialettico della concorde discordia degli individui morali, e perciò sarà ma non può essere di presente conosciuto dal sin-golo che entra a collaborare al mistero del prodursi».

37. Lo stesso «Spirito» – a detta di C. Ocone – è «l’insieme complesso delle realiz-zazioni umane, ciò che gli uomini hanno oggettivamente realizzato» (C. Ocone, Il liberalismo come concezione della vita, Rubbettino, Soveria Mannelli 2005, p. 13).

38. Cfr. G. Cacciatore, Filosofia pratica e filosofia civile nel pensiero di Benedetto Croce, cit., p. 80: «Non avrebbe alcun senso condannare, sul piano morale, orrori e prepotenze, dolori e affanni, dal momento che senza di essi, senza ciò che ci deriva dalla vita con le sue gioie e i suoi dolori, non si riuscirebbe mai a costruire condizioni di virtù, di progresso e di libertà».

39. Cfr. B. Croce, Religione e serenità, «La Critica», 13 (1915), p. 153 [EP, 29/30]. Per la religiosità crociana si considerino: G. Brescia, Croce e il cristianesi-mo, Istituto Acton, Roma 2003 e A. Di Mauro, Il problema religioso nel pensiero di Benedetto Croce, F. Angeli, Milano 2001.

il concetto di volontà in benedetto croce. etica e politica 163

come «espressione fantastica», il concetto di «pensiero», sintesi tra arte e logica nella macro-categoria crociana della «teoria» (come «azione» è sintesi tra economia ed etica nella macro-cate-goria della «pratica»), è svincolato da ogni mistificazione attivisti-ca, assumendo valore autoctono. Croce riconosce la differenza ontologica tra «pensiero» / «azione», «teoria» / «pratica» o «ragione» / «cuore»: «Perciò la critica, che la filosofia compie della religione, non solo costa travaglio al nostro intelletto, ma sangue al nostro cuore; e la ragione viene maledetta in prosa, e soprattutto in versi, da tante anime straziate per la morte degli dèi, pel distacco dagli idoli […] Il vuoto della morte di una creatura amata potrà essere riempito da una più energica operosità mentale ed etica, dagli studi, dalla politica, dalle cure della famiglia, e magari da altri amori»,40 all’interno di un universo distinto tra le aree del «travaglio al nostro intelletto» e del «sangue al nostro cuore», nelle zone dell’«operosità mentale» e dell’«operosità etica»; nei concreti accadimenti dell’esistenza umana tra «mente» / «intelletto» («ragione») e «cuore» c’è conflittualità, antinomia: «La vostra mente vi dice che le cose stanno in un certo determina-to modo, e la ragione (che è in questo caso la volontà del vero) tien fermo quel modo nella vostra coscienza; ma esso riesce trop-po doloroso al vostro cuore, ossia ai vostri bisogni contingenti, e voi vorreste obumbrare quel vero con le illusioni che il cuore più piccolo suggerisce alla fantasia e il cuore più grande fa smentire dal pensiero».41

Pur se autonoma, e distinta, la «ragione» non deve mai, a detta di Croce, smarrir contatto con l’area del «sentimento», cioè del-l’«azione»: «La volontà superiore di bene, la ragione, può conver-tirsi in complesso di astratte massime e regole di retta vita, e così in certa guisa meccanizzarsi, e, diventata seconda natura, tirar sempre diritto per la propria via […] Ora, perché la ragione ben vinca sul cuore, essa, come si è detto, dev’essere un cuore più gran-de, e perciò capace di risentire a volta a volta i sentimenti stessi ch’è costretta a infrenare, integrare e sintetizzare in un nuovo sentimen-to e atto di volontà, il quale perciò non è qualcosa di freddo e di meccanico, ma ha il calore della commozione e della vita»,42 con-tribuendo al rafforzamento della volontà umana e immergendosi nel «calore della commozione e della vita»; come tra estetica /

40. Cfr. B. Croce, Gli idoli, «La Critica», 17 (1915), p. 68 [EP, 155].

41. Cfr. B. Croce, Cuore e ragione, «La Critica», 14 (1916), p. 151 [EP, 82]. Cfr. G. Gembillo, Croce e il problema del metodo, Pagano, Napoli 1991.

42. Cfr. ivi, cit., [EP, 84/85].

ivan pozzoni 164

logica od economica / etica, tra «teoria» e «pratica», tra «ragione» e «cuore» sussiste un nesso di «implicazione» dialettica (inter-categoriale): «In effetto, ove per “ragione” si intenda il pensiero ossia la verità, e per “cuore” il sentimento ossia la volontà, contra-sto tra volontà e pensiero non può darsi, perché non è concepibile dissidio tra condizione e condizionato, tra la luce del vero e il calore, in cui essa si trasforma, dell’azione».43

L’influsso della macro-categoria «teoria» è condizione di ogni azione o di ogni manifestazione di volontà umana, nella forma del «sussidio», del sostegno, del rinforzo e della introduttività ad esse («tutte le cognizioni giovano»), senza diritto alcuno di sostituirsi alle medesime nel loro ufficio di annichilimento dell’«angoscia» esistenziale: 1Il problema politico come problema pratico è pro-blema d’intrapresa, d’invenzione, di creazione, e perciò affatto individuale e personale. Tutte le cognizioni giovano; ma nessuna cognizione mi dirà mai che cosa io debba fare, perché questo è unicamente il segreto dell’esser mio e la scoperta della mia volontà»;44 l’introduttività alla volontà è ruolo della «ragione»: «Né è da temere che, con questo rigetto di ogni intellettualismo etico, si lasci campo aperto all’arbitrio, al libito e al capriccio degli individui, perché la coscienza morale vuole che ciascuno, nel risol-versi al fare, discenda nel fondo del proprio essere e, con purezza e umiltà di cuore, interroghi e ascolti la voce che gli parla e gli comanda, e segua poi con animo risoluto e coraggioso la propria “vocazione”»,45 che, non allontanandosi dalla concretezza del-

43. Cfr. ivi, cit., [EP, 81]. Nell’analisi di A. Chielli, invece, con riferimento mag-gioritario alla crociana Filosofia della Pratica «in Croce sembra aprirsi uno iato tra teoria e prassi, l’una e l’altra sono poste senza alcuna mediazione, nessun passag-gio garantisce una qualche forma di continuità tra le due sfere dello spirito» (A. Chielli, La volizione dell’irreale, Pensa MultiMedia, Lecce 2008, p. 16). lo stesso, sempre con riferimento alla Filosofia della Pratica in G. Sartori, Studi crociani I, Il Mulino, Bologna 1997, pp. 155 e 166 («La pratica come volizione-azione rifiuta tutta quella zona di contatto tra conoscere e volere nella quale l’uomo “delibera sul fare”» [155]; «i motivi che spingono Croce ad abbracciare la tesi della voluntas quae non fertur in cognitum si ricapitolano […] 1. Stabilire nettamente l’autono-mia della sfera pratica […] 2. Tonificare con un risoluto volontarismo la vita pratica, spazzando via la irresolutezza […] 3. Infine, soddisfare basilari esigenze di sistema» [166]).

44. Cfr. B. Croce, Politica in nuce, cit., [EP, 273]; Sartori, oltrepassando Filosofia della Pratica, spiega: «Il conoscere che precede e condiziona l’azione è per Croce soltanto quella consapevolezza che è il conoscere storiografico. E la precedenza del giudizio storico mette in questione soltanto questa pacifica constatazione: che l’atto volitivo è una “risposta” alla determinatissima e puntuale situazione in cui mi trovo: e che per essere la risposta a questo hic et nunc situazionale, bisogna pure che la situazione in questione sia nota» (G. Sartori, Studi crociani I, cit., p. 159).

45. Cfr. B. Croce, Politica in nuce, cit. [EP, 275].

il concetto di volontà in benedetto croce. etica e politica 165

l’«azione», diventa «ragione» vivente. La dialettica crociana, in Etica e Politica, è circolare: «La richiesta della perfezione si rivol-ge in primo luogo e direttamente ai nostri atti, e ci sollecita a fare in modo che essi riescano quali, secondo il loro intrinseco fine, vogliono essere: puri pensieri, se quegli atti sono pensieri; pure espressioni fantastiche, se quegli atti sono espressioni artistiche; puri atti di utilità e abilità, se sono azioni economiche; pure azioni indirizzate al bene, se sono atti morali. E poiché un’azione morale in tanto si attua in quanto vince e raffrena le passioni utilitarie e di mero interesse dell’individuo; e un’azione utilitaria, in quanto vince e raffrena la molteplicità degli appetiti nell’unità dell’utile; e un pensiero o giudizio, in quanto domina e discrimina le immagini della fantasia; e una pura fantasia, in quanto rasserena nella con-templazione il tumulto dei desiderii e del pratico operare, – quella richiesta, presa alla lettera, importerebbe che la vittoria in ciascu-na delle rispettive sfere fosse così completa da togliere ogni possa all’avversario, da impedirgli qualsiasi offesa, da soffocargli il più lieve fremito di ribellione».46

Ciò vincola, in «implicazione» vicendevole, «ragione» e «cuore». La «ragione» è vissuta dal nostro autore come area del vivere idonea a «giovare», a «rasserenare», a «sussidiare», cioè ad affinare un «cuore» umano che, nel suo urgente ufficio di neutra-lizzazione dell’annichilimento da «angoscia» esistenziale, reinven-ti, come volontà universale, costanti originali stimoli teoretici al fine dell’attivazione di «pensieri» sempre nuovi.

4. Conclusioni

Nelle relazioni tra macro-categoria della «teoria» e macro-categoria della «pratica» la dialettica di Croce, in ogni modo in cui si intenda la svolgimento della sua filosofia dello «spirito», concede sempre maggiore importanza all’ufficio della «volontà»: «Il ‘primato del fare’ costituisce la bussola di tutta l’opera crocia-na, che è un inno, ancor prima che uno studio, rivolto ai sentimen-ti che si traducono in azione».47

Benché all’esordio della meditazione crociana sull’interazione tra macro-categoria della «teoria» e macro-categoria della «prati-

46. Cfr. B. Croce, La perfezione e l’imperfezione, cit. [EP, 158/159].

47. Cfr. R. Faucci, Croce e la scienza economica: il dialogo con gli economisti italiani, in M. Reale (a cura di), Croce filosofo liberale, cit., pp. 89-90.

ivan pozzoni 166

ca» un’adozione stretta della metodologia dell’«implicazione» tra categorie conducesse il nostro autore a sostenere, in maniera quasi asettica, il «primato» assoluto della «pratica» («La “pratica” è lo Spirito nella sua forma di “non-pensiero”; e in quanto tale è chia-mata a reggere ontologicamente il sistema, ad essere la cosiddetta realtà esterna. La pratica è il dato dal quale il pensiero prende le mosse. In una successione non cronologica ma ideale, il prius è appunto la realtà che si osserva, l’oggetto. Se non c’è “oggetto”, il “soggetto” non ha nulla da conoscere: ha, semmai, da farlo. Donde la formula di Croce: prima si fa, poi si conosce il già fatto. Donde il sostanziale primato della pratica: primato statuito inde-rogabilmente da ragioni metafisico-ontologiche»)48 sulla conoscen-za e la «susseguenza» del «pensiero» («Per il primo rispetto, la conoscenza storica registra e trascrive conoscitivamente il “già fatto pratico”: è dunque un conseguente istituito dal fatto pratico che la precede. E in che senso, invece, è un precedente? Solo nel senso che l’atto pratico nuovo, in fieri, non ancora attuato, è di là da venire: non certo nel senso che lo istituisce. Il sapere non condi-ziona l’ulteriore volizione-azione nel senso di essere implicato all’interno di questa: la sollecita soltanto dall’esterno. Dal che si ricava che il momento teoretico è assai più condizionato (al passi-vo), di quanto non sia condizionante»)49 alla «volizione-azione», col mutare delle circostanze storiche il nostro autore modifica, con estrema e attenta cautela, l’intera lettura della struttura dei nessi tra macro-categoria della «teoria» e macro-categoria della «prati-ca», rafforzando l’assunto della «circolarità»: «La posizione cro-ciana, che dichiarava di essere “teoricamente” un fautore dello Stato-potenza ma “praticamente” un liberale, si riduceva a niente posto che uno Stato-potenza vietasse ogni prassi liberale. Impedita l’azione, non restava che far rifluire il liberalismo dalla sfera prati-ca alla sfera del pensiero: teorizzare la libertà, filosofare sul libera-lismo. Se dunque in un primo tempo la polemica contro Gentile e il fascismo aveva trovato un valido ausilio nella separazione tra teoria e prassi, in un secondo tempo l’argine dei “distinti” finiva per rivelarsi un impaccio più che una difesa. Una volta che il fasci-smo si era consolidato al potere, il problema si invertiva: non era più questione di inficiare le “dimostrazioni filosofiche” del fasci-smo, ma era questione di elaborare una dimostrazione filosofica contraria al fascismo, e tale da indurre all’azione e alla resistenza attiva contro un regime di illibertà. Pertanto, di fronte alla nuova situazione Croce era sollecitato a rivedere il problema in una luce

48. Cfr. G. Sartori, Studi crociani I, cit., pp. 174-175.

49. Cfr. ivi, cit., 176.

il concetto di volontà in benedetto croce. etica e politica 167

opposta a quella del 1908, del 1914-18 e del 1924-25. Non più dividere teoria e prassi, ma anzi cercare di congiungerle, in modo che una “teoria della libertà” valesse a stimolare ed a sollecitare un’“azione di libertà”. Alle spalle della distinzione di teoria e pra-tica si affaccia il problema dei rapporti tra pensiero e azione: il problema di un pensiero “preparante” all’azione».50 Questo sin dal Breviario di estetica, frutto di una serie di lezioni commissiona-te, nel 1912, dal Rice Institute dell’Università di Houston, Croce si interroga sulla struttura (unidirezionale/circolare) dello svolgimen-to dello «spirito»: «Sembra che non vi sia altro modo di pensare l’indipendenza e dipendenza insieme delle varie attività spirituali che di concepirle nel rapporto di condizione a condizionato, in cui il condizionato superi la condizione presupponendola, e, diventato poi a sua volta condizione, dando luogo a un nuovo condizionato, costituisca una serie di svolgimento. A questa serie non ci sarebbe da imputare altro difetto, se non che il primo di essa sia condizione senza un precedente condizionato, e l’ultimo un condizionato che non diventa a sua volta condizione, con doppia rottura della legge stessa dello svolgimento. Anche questo difetto per altro viene risa-nato, se dell’ultimo si fa la condizione del primo e del primo il condizionato dell’ultimo; cioè se la serie si concepisca in azione reciproca o, per meglio dire (e per abbandonare ogni fraseologia naturalistica), come circolo»,51 arrivando, finalmente, alla conclu-sione definitiva della circolarità, nel sostenere che «il male consiste nell’“insidia all’unità della vita”, vale a dire nel rifiuto della circo-larità e distinzione delle categorie, nel prevalere di una forma fino al soffocamento delle altre. Estetismo, intellettualismo, vitalismo e moralismo […] sono gli eterni peccati dello spirito, la sua imma-nente negatività».52

Definita la «circolarità» dello svolgimento dello «spirito», rimane la centralità della nozione di volontà che, collocata nella macro-categoria della «pratica», è «forza volitiva», «cuore» costantemente rinvigorito e riammodernato, in grado di sottrarre l’essere umano all’annichilimento tragico dell’«angoscia» esisten-ziale e, attraverso i suoi pseudo-«giudizi», a sollecitare costui alla

50. Cfr. G. Sartori, Studi crociani II, cit., p. 34. L’errore sartoriano sta nell’affer-mazione: «Croce era sollecitato a rivedere il problema in una luce opposta a quella del 1908, del 1914-18 e del 1924-25»; sin dal 1920, con il vorticoso e frenetico consolidamento dei Frammenti, Croce si adatta, contro l’avvento del fascismo, a rifiutare ogni netta divisione tra «teoria» e «pratica».

51. Cfr. B. Croce, Breviario di estetica, Laterza, Bari 1972, p. 61.

52. Cfr. P. Bonetti, Introduzione a Croce, cit., pp. 91-92. Su ciò cfr. G. Gembillo, Benedetto Croce filosofo della complessità, Rubbettino, Soveria Mannelli 2006.

ivan pozzoni 168

costante novazione nell’azione, conseguenza necessaria («implica-zione») del «ragionamento», situato nella meta-categoria della «teoria». L’ufficio magistrale della «forza volitiva» è una «[…] redenzione dell’angoscia del vivere»: «Ma è nei Frammenti di etica, che Croce scioglie certe rigidezze sistematiche della sua Filo-sofia della pratica e si apre integralmente al vario, al complesso ambiguo mondo dell’esperienza morale. La limpidezza dei Fram-menti, il loro affascinante “buon senso” velano con suprema civiltà, ma non nascondono, la tragica ricchezza dei motivi ispira-tori, delle concrete situazioni di vita che hanno dato origine alla riflessione. Qui la “religiosità” crociana è davvero integralmente laica, tutta calata nel mondo delle opere, senza più alcuna generi-ca esaltazione dello Spirito universale, di quelle opere in cui l’an-goscia del vivere trova la sua redenzione, sempre possibile ma sempre insidiata dalla potenza ambigua della vita, dalla moltepli-cità dei desideri che cercano la sintesi della volizione, ma possono anche precipitare nel vuoto dell’inerzia e della follia»;53 sottrarre l’essere umano all’annichilimento dell’«angoscia» esistenziale è missione, anche auto-biografica, molto sentita dall’autore abruz-zese: «È, tuttavia, importante notare che, dopo la professione della conseguita vittoria sull’angoscia e la dichiarazione della calma guadagnata con l’età e col lavoro fatto per maturarsi, la “autobiografia mentale” di Croce si chiude con l’immagine dell’angosciata sospensione di un animo sorpreso da eventi gran-diosi e imperscrutabili: “l’animo rimane sospeso; e l’immagine di se medesimo, proiettata nel futuro, balena sconvolta come quella riflessa nello specchio d’un’acqua in tempesta».54

La macro-categoria crociana della «pratica» riconosce due forme di volontà: volizione individuale, economica, come dominio della «volontà del proprio bene o del proprio piacere […]» sulla «[…] molteplicità di desiderii»; e volontà universale, etica, come dominio di una «forza etica», concreta e non-individuale, sulla «volontà del proprio bene o del proprio piacere […]». La vittoria di una volontà concreta universale (etica), come «cuore» dell’essere umano, sui desideri, sulle «passioni», sui bisogni individuali assicu-ra all’uomo affrancamento da ogni tipo di annichilimento esisten-ziale e costruzione di un’azione non-malata, storica, armoniosa, idonea, a sua volta, a stimolare nuove forme di teoresi. La «volontà universale», etica, scende «frammezzo alle passioni, passione tra le passioni», spinta dall’urgenza di dominare la «volontà del proprio

53. Cfr. P. Bonetti, L’etica di Croce, cit., p. 58.

54. Cfr. G. Galasso, Croce e lo spirito del suo tempo, cit., pp. 215-216.

il concetto di volontà in benedetto croce. etica e politica 169

bene o del proprio piacere»: «La volontà è lotta alle passioni […] La volontà è essa stessa passione che vuole vincere le passioni. La critica di Croce si volge, al tempo stesso, sia contro l’“apatismo” (lo sradicamento delle passioni e il dominio di una astratta ragione) sia contro il “polipatismo” (la configurazione della vita pratica come libero sfogo delle passioni). La sintesi pratica è volta dunque non ad annullare l’esistenza delle passioni, bensì al loro “signoreg-giamento”. Si potrebbe, così, dire che il compito di una vita buona sta proprio nella capacità di dominio delle passioni»;55 e, in conclu-sione, «pertanto, alla luce della crociana filosofia della pratica, occorre respingere ogni forma di apatismo, che astrattamente pone il dominio assoluto della volontà sulle passioni e lo sradicamento di queste, come se fosse mai possibile mettere a tacere per un solo istante il tumulto delle passioni, che tenacemente ci assediano e che fanno concreta la volontà proprio nella lotta contro di esse; e, pari-menti, ogni forma di polipatismo, che confonde la volontà con le passioni, che tutto riduce a passioni da lasciare liberamente sfogare […] In verità, solo nel suicidio dell’uomo, solo nella disgregazione, le due astratte dottrine del polipatismo e dell’apatismo potrebbero affermarsi nella realtà».56

La «ragione» è interpretata dal nostro autore come area del vivere idonea a «giovare», a «rasserenare», a «sussidiare», cioè ad affinare un «cuore» umano che, nel suo urgente ufficio di neutra-lizzazione dell’annichilimento da «angoscia» esistenziale, reinven-ti, come volontà universale, costanti originali stimoli teoretici al fine dell’attivazione di «pensieri» sempre nuovi.

55. Cfr. G. Cacciatore, Filosofia pratica e filosofia civile nel pensiero di Benedetto Croce, cit., pp. 234-235.

56. Cfr. G. Pezzino, La fondazione dell’etica in Benedetto Croce, cit., p. 286.