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FERDINANDO OFRIA * Ab. via Roma, 137 98051 Barcellona P.G. (Me) Tel.e fax 090 970.36.45 e-mail: [email protected] (In corso di pubblicazione in Economia e Politica Industriale) DIVARI REGIONALI DI PRODUTTIVITA’ E CONDIZIONI AMBIENTALI: UN CONFRONTO FRA SETTORI NELL’INDUSTRIA MANIFATTURIERA** Abstract REGIONAL DISCREPANCIES OF PRODUCTIVITY AND ENVIRONMENTAL CONDITIONS: A COMPARISON BETWEEN SECTORS IN THE MANUFACTUR- ING INDUSTRY This research has a double objective. First, we analyse the regional discrepancies of productivity for the manufacturing industry. Second, we empirically investigate the hy- pothesis that exists a relationship between regional discrepancies and environmental fac- tors. To calculate the productivity we used data, relative to 1991, sourced from the "Fifth Investigation on the Manufacturing Firms" of the Mediocredito Centrale. The sample considers 3721 firms. These firms are distribute on all Italian national territory. For sectors these firms are follows: 1599 of the traditional sectors, 1310 of the sectors of scale, 711 of the specialized sectors and 101 of the high technology sectors. Our results show that productivity is regionally influenced by environmental conditions. Such an in- fluence results marked in the traditional sectors characterized by the existence of small dimensions firms. * Professore a contratto di un corso integrativo di lezioni di “Economia Politica”, Facoltà Scienze Politiche, Università “Roma Tre”. ** Una versione precedente di questo paper è stata presentata alla XVIII “Conferenza italiana di Scienze Regionali", Siracusa, 8-11 ottobre, 1997.

Divari regionali di produttività e condizioni ambientali: un confronto fra settori nell'industria manifatturiera

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FERDINANDO OFRIA* Ab. via Roma, 137

98051 Barcellona P.G. (Me)

Tel.e fax 090 970.36.45

e-mail: [email protected]

(In corso di pubblicazione in Economia e Politica Industriale)

DIVARI REGIONALI DI PRODUTTIVITA’ E CONDIZIONI AMBIENTALI:

UN CONFRONTO FRA SETTORI NELL’INDUSTRIA MANIFATTURIERA**

Abstract

REGIONAL DISCREPANCIES OF PRODUCTIVITY AND ENVIRONMENTAL

CONDITIONS: A COMPARISON BETWEEN SECTORS IN THE MANUFACTUR-

ING INDUSTRY

This research has a double objective. First, we analyse the regional discrepancies of

productivity for the manufacturing industry. Second, we empirically investigate the hy-

pothesis that exists a relationship between regional discrepancies and environmental fac-

tors. To calculate the productivity we used data, relative to 1991, sourced from the

"Fifth Investigation on the Manufacturing Firms" of the Mediocredito Centrale. The

sample considers 3721 firms. These firms are distribute on all Italian national territory.

For sectors these firms are follows: 1599 of the traditional sectors, 1310 of the sectors of

scale, 711 of the specialized sectors and 101 of the high technology sectors. Our results

show that productivity is regionally influenced by environmental conditions. Such an in-

fluence results marked in the traditional sectors characterized by the existence of small

dimensions firms.

* Professore a contratto di un corso integrativo di lezioni di “Economia Politica”, Facoltà

Scienze Politiche, Università “Roma Tre”.

** Una versione precedente di questo paper è stata presentata alla XVIII “Conferenza

italiana di Scienze Regionali", Siracusa, 8-11 ottobre, 1997.

1

DIVARI REGIONALI DI PRODUTTIVITA’ E CONDIZIONI AMBIENTALI:

UN CONFRONTO FRA SETTORI NELL’INDUSTRIA MANIFATTURIERA

1. Introduzione

In questa ricerca si parte dall’idea che le differenti condizioni socio-ambientali (pre-

senza di criminalità, di malessere sociale e carenza di infrastrutture) e aziendali (capacità

manageriali), tra le regioni italiane, abbiano effetti sulla produttività delle imprese mani-

fatturiere. I settori dell’industria manifatturiera considerati sono: “tradizionale”, “scala”,

“specializzazione” e “alta tecnologia”. Per verificare quanto detto, seguendo una meto-

dologia seguita in precedenti lavori1, si sono utilizzate le seguenti proxies dei fenomeni

socio-ambientali: a) la presenza di criminalità, rappresentata dagli omicidi per mafia, dal

totale delle estorsioni denunciate e dal numero di persone segnalate per usura; b) la pre-

senza di infrastrutture, misurata mediante un indice analogo a quello proposto in Braca-

lente e Di Palma (1985); c) un ulteriore indice di disagio economico costituito dal nume-

ro di protesti. Inoltre, si è tentato di evidenziare fino a che punto la dotazione di risorse

“Organizzativo-Imprenditoriali”, considerata da Fuà (1978, 1980), la cui proxy è indivi-

duata dal “lavoro indiretto” (impiegati, dirigenti, imprenditori), possa condizionare la

produttività globale delle aziende.

L’analisi si avvale dei dati, per il 1991, della “Quinta Indagine sulle imprese manifattu-

riere” del Mediocredito Centrale. Il campione considera 3721 imprese distribuite su tutto

il territorio nazionale. Per settore queste imprese sono così ripartite: 1599 del “Tradizio-

nale”, 1310 del “Scala”, 711 del “Specializzati” e 101 “Alta Tecnologia”. In particolare,

mediante metodologia econometrica, si sono stimati i divari regionali di produttività per

le imprese appartenenti ad ogni settore e si è cercato di quantificare gli effetti su questi

divari delle variabili ambientali e aziendali. I risultati evidenziano: a) che per tutti i setto-

ri l’influenza del fattore aziendale, cioè il lavoro indiretto (Ir), sulla produttività di ogni

singola impresa è significativa; b) che i fattori socio-ambientali di ogni singola regione

hanno un’influenza più o meno rilevante sulla produttività delle imprese a tale regione

appartenenti; c) che il ruolo per regione delle condizioni socio-ambientali è maggiore per

le imprese appartenenti al settore tradizionale, il quale è caratterizzato da imprese di pic-

cole dimensioni.

Il lavoro è così strutturato. Nel secondo paragrafo sono enunciate le caratteristiche del

campione di imprese considerato; nel terzo è illustrata la metodologia per la misurazione

della produttività delle imprese per regione e settore, nonché l’influenza, su quest’ultima,

del fattore Ir; nel quarto sono riportati i risultati ottenuti a proposito del rapporto tra i di-

vari di produttività tra regioni per settore e i divari nelle variabili ambientali; infine il

quinto paragrafo contiene alcune considerazioni conclusive.

1 Si vedano: Ofria (1997a e 1997b).

2

2. Il campione e caratteristica dei settori

2.1 Il campione

L’indagine è stata condotta dall’Osservatorio sulle piccole e medie imprese del Servi-

zio Studi del Mediocredito centrale in collaborazione del Ministero dell’Industria. Il

campione considera solo le imprese con più di dieci addetti appartenenti all’industria

manifatturiera. L’universo preso in considerazione (64.463 unità) è stato ottenuto sulla

base delle informazioni disponibili al 1992 presso la banca dati Cerved. L’unità di rile-

vazione adottata nell’indagine è la “ditta”, intesa come entità giuridica.

L’indagine è di tipo misto: campionaria per le imprese da 11 a 500 addetti e censuaria

per le imprese con più di 500 addetti. Il campione è stato costruito contemperando

l’esigenza di ottenere una struttura campionaria altamente rappresentativa della popola-

zione con quella di avere un campione mirato sulle imprese di piccole e medie dimen-

sioni. La rilevazione dei dati e delle notizie è stata condotta sulla base di un questionario.

Più precisamente, il piano di campionamento è stato costruito suddividendo l’universo

delle imprese aventi più di dieci addetti in gruppi omogenei (strati), sulla base del grado

di variabilità assunto da un indicatore prescelto. Tale criterio è stato adottato solamente

per le imprese con un numero di addetti non superiore a 500, mentre è stata inclusa nel

campione la totalità delle imprese con oltre 500 addetti. Ciascuno strato è stato indivi-

duato secondo la classe di addetti e di attività economica. Per maggiori approfondimenti

sulla metodologia del campionamento si rinvia al “Quinto rapporto sull’industria italiana

e sulla politica industriale” (Mediocredito, 1994).

2.2 Caratteristica dei settori

Si ritiene opportuno evidenziare, in Tabella 1, le caratteristiche che hanno le imprese

appartenenti a ciascun settore dell’industria manifatturiera.

Tabella 1 Caratteristica dei settori Settori

Caratteristiche

delle imprese

Tradizionali Scala Specializzati Alta Tecnologia

Principali atti-

vità

tessile, abbi-

gliamento,

pelli, cuoio,

calzature e

legno.

acciaio, ve-

tro, autovei-

coli, beni di

consumo

durevole.

beni capitali,

strumenta-

zione, soft-

ware.

Elettronica, far-

maceutica, aero-

spaziale, macchine

elettriche.

Dimensioni

Piccole. Grandi. Medio-

piccole.

Grandi.

Barriere

all’entrata

Marketing,

marchi.

Segretezza

dei processi.

Brevetti, de-

sign.

Ricerca&Sviluppo

e brevetti. Fonte: Mediocredito (1994, pp. 8-9)

E’ importante sottolineare, si veda Mediocredito (op.cit., p. 9), che vengono considerate

piccole imprese quelle che non hanno più di 50 addetti, mentre vengono considerate me-

die quelle con non più di 250 addetti. La dimensione media delle imprese del campione

(313 addetti) risulta fortemente influenzata anche dal settore di appartenenza. La dimen-

sione media è infatti pari a 175 addetti nei settori tradizionali, a 246 in quelli specializza-

ti, a 465 nei settori di scala e a 875 in quelli ad alta tecnologia (Mediocredito, op.cit., p.

66).

3

3. Metodologia di calcolo della produttività regionale per settori

In questa analisi, la produttività globale è stimata considerando tre fattori di produzio-

ne: 1) il capitale fisso, dato dalla somma di fabbricati, impianti, macchinari e altre im-

mobilizzazioni; 2) il lavoro diretto, rappresentato dagli operai e dagli apprendisti 3) il la-

voro indiretto, proxy dell’attività organizzativa imprenditoriale, ottenuto dalla somma tra

il numero di impiegati, dirigenti e imprenditori. Per i fattori socio-ambientali, sopra ac-

cennati, non è possibile ottenere elaborazioni a livello aziendale. E’ possibile solo averli

disponibili a livello regionale. Per cogliere quindi gli effetti di questi ultimi sulla produt-

tività è necessario ottenere per ogni regione una misura della componente regionale del-

la produttività globale, e a questo scopo vengono incluse nella regressione, al posto della

costante, delle dummies regionali (Dr). La funzione di produzione stimata utilizzando il

metodo dei minimi quadrati ordinari e specificata come Cobb-Douglas, è così rappre-

sentata2:

Y D N K Ir r [1]

e quindi la produttività per regione sarà:

DY

N K Ir

r

[2]

dove Y è il valore aggiunto, N il lavoro diretto, K il capitale fisso e Ir il lavoro indiretto.

I risultati, in logaritmi3, della [1] per settore sono riportati in Tabella 24.

2 L’eventualità che le stime possano essere affette da endongenità nei regressori ci ha portato a stimare la

Cobb-Douglas con un procedimento a due stadi. Al primo stadio vengono regredite le quantità inpiegate

dei fattori sulle loro produttività. In tale stadio solo il fattore capitale appare signicativamente influenzato

dalle produttività. Quindi, al secondo stadio, cioè nell’equazione [1], il fattore capitale inserito come input

è quello teorico, generato dalla regressione al primo stadio. Per queste stime si è utilizzato il programma

Limdep 6.0 di W.H. Greene. 3 Al campione originario di 4125 imprese sono state tolte le imprese che non permettevano l’utilizzo dei

logaritmi, avendo valori pari a zero del fattore Ir. Si rileva, inoltre, che nel campione considerato mancano

unità istituzionali appartenenti al Molise per i settori “specializzati” e per quelli “Alta Tecnologia”. Per

questi ultimi mancano anche unità istituzionali appartenenti alla Sardegna.

4 Si noti che l’R2 presentato nella Tab.1 (così come in seguito nella Tab. 5) è il valore corretto per il nume-

ro di gradi di libertà; mentre i t-ratio, i cui valori nelle tabelle sono rappresentati tra parentesi, son quelli

corretti per l’eteroschedasticità dei residui secondo la formula di White.

4

Tabella 2 Stima per settore della [1]

Settori Tradizionale Scala Specializzati Alta Tecnol.

0,5539 (26,3)

0,4365 (23,3)

0,4225 (14,4)

0,3126 (4,43)

0,2189 (21,4)

0,2412 (9,63)

0,2222 (10,8)

0,3464 (3,68)

0,4712 (25,0)

0,5683 (29,6)

0,5867 (22,5)

0,6780 (13,4)

Dr (produttività per regione)

Piemonte 2,9275 (30,4)

2,9164 (14,4)

3,1074 (18,1)

1,8855 (1,83)

Valle d’Aosta 2,8141 (30,7)

2,6942 (10,1)

2,9131 (17,5)

3,4360 (4,03)

Lombardia 2,8815 (30,7)

2,9670 (14,2)

3,1256 (17,7)

1,9024 (1,88)

Trentino A. A. 2,8441 (25,4)

2,7972 (12,1)

2,9299 (11,6)

2,5768 (2,60)

Veneto 3,0008 (32,8)

2,9293 (12,9)

3,1240 (19,1)

2,1216 (2,20)

Friuli V.G. 2,9747 (31,7)

2,9575 (14,4)

3,0497 (17,5)

2,1328 (2,22)

Liguria 3,0435 (26,1)

2,9316 (13,9)

3,2718 (16,8)

1,9015 (2,01)

Emilia-R. 2,9650 (29,6)

2,9615 (14,0)

3,0920 (18,4)

2,4617 (2,67)

Toscana 3,0291 (32,7)

2,9933 (14,2)

2,9110 (14,0)

1,8026 (1,76)

Umbria 2,9942 (22,8)

2,7505 (11,3)

2,9711 (15,6)

-

Marche 3,0101 (32,1)

3,0417 (14,4)

3,1468 (17,5)

1,7842 (1,91)

Lazio 2,6244 (21,8)

2,8463 (12,7)

3,0516 (14,5)

2,2057 (2,19)

Abruzzo 2,7261 (24,5)

2,9616 (12,7)

3,4524 (11,5)

1,5556 (1,61)

Molise 2,6979 (17,9)

2,9866 (11,6)

- -

Campania 2,7052 (23,0)

2,7217 (11,6)

2,9865 (12,6)

1,7646 (1,80)

Puglia 2,7708 (27,0)

2,6887 (12,2)

3,0134 (15,5)

2,2759 (2,47)

Basilicata 2,6751 (7,21)

2,5489 (9,50)

2,8062 (15,6)

-

Calabria 2,5422 (12,9)

2,5163 (8,20)

3,8307 (26,4)

1,8433 (1,73)

Sicilia 2,8301 (18,4)

2,8696 (11,7)

2,8015 (11,8)

2,1493 (1,98)

Sardegna 2,7736 (19,0)

2,5403 (10,7)

2,7749 (8,41)

-

R2 0,9137 0,9338 0,9239 0,9069

S.E. 0,4081 0,4361 0,4002 0,5151

I risultati delle stime riportate in Tabella 2 evidenziano:

1) l’esistenza di significatività statistica sia per parametri e sia per la diagnostica delle

regressioni;

2) che per tutti i quattro settori la sommatoria di è maggiore di uno (tradizio-

nale=1,24, scala=1,25, specializzati=1,23, alta tecnologia=1,34). Questo risultato fa ipo-

tizzare che per tali settori ci siano rendimenti di scala crescenti;

3) che solo per i settore tradizionale, caratterizzato da piccole imprese, esiste una marca-

ta differenza tra la produttività media stimata nelle aree del Centro-Nord rispetto a quella

5

stimata per le imprese site nel Mezzogiorno, confermando i risultati ottenuti da altre ri-

cerche5. In particolare: i) per il settore “tradizionale” le regioni con i migliori livelli di

produttività globale sono: Liguria, Toscana, Umbria e Marche; mentre quelle con i peg-

giori livelli sono: Calabria, Lazio e Basilicata; ii) per i settori di “scala” le regioni con i

migliori livelli di produttività globale sono: Marche, Toscana e Molise; mentre quelle

con i peggiori livelli sono: Calabria, Sardegna e Basilicata; iii) per i settori “specializza-

ti” le regioni con i migliori livelli di produttività globale sono: Calabria, Abruzzo e Ligu-

ria; mentre quelle con i peggiori livelli sono: Sardegna, Sicilia e Basilicata; iv) per il set-

tore “alta intensità” le regioni con i migliori livelli di produttività globale sono: Valle

d’Aosta, Trentino Alto Adige e Emilia Romagna; mentre quelle con i peggiori livelli so-

no: Abruzzo, Campania e Marche;

4) che il fattore Ir ha un’influenza, di segno atteso, rilevante sulla produttività globale di

ogni singola impresa per tutti i settori.

Rinviamo al prossimo paragrafo il tentativo di dare una spiegazione al fatto che per il

settore tradizionale vi sia maggiore differenza tra la produttività media delle imprese del

Centro-Nord rispetto a quelle del Sud. Ci sembra opportuno, invece, adesso soffermarci

sul fatto che la produttività di ogni singola impresa appaia, dai risultati ottenuti, forte-

mente influenzata dal fattore Ir . Si può dire in sostanza che questo risultato è in linea

con quanto ipotizzato dal “gruppo di Ancona” e cioè che i divari di produttività siano

frutto in particolare di un’insufficiente dotazione di risorse organizzativo-

imprenditoriali. Fuà (1978, pp. 78-9) sostiene infatti che “nelle economie in cui vi è sta-

to un lungo e riuscito processo di crescita quantitativa e di sviluppo qualitativo delle for-

ze imprenditive è presente un ampio fronte di imprese “moderne”, cioè capaci di giocare

su tutta la gamma delle tecnologie offerte dall’attuale patrimonio mondiale di conoscen-

ze”; al contrario, nelle economie che hanno iniziato il loro sviluppo relativamente tardi,

il fronte delle imprese moderne resterà ristretto e potrà assorbire solo una frazione

dell’offerta di lavoro e di capitale. Presupponendo, pertanto, nell’ambito delle economie

“in ritardo”, che la relativa scarsità di risorse organizzativo-imprenditoriali si traduca in

una limitata capacità di gestire le tecnologie più evolute, è lecito immaginare che in tali

sistemi economici esistano marcati differenziali di produttività fra le imprese.

4. Relazione fra i divari regionali di produttività per settore e i divari ambientali

Nel paragrafo precedente, si è tentato, per settore, di cogliere, a livello di singola im-

presa, l’influenza del fattore Ir sulla produttività. Adesso, invece, si arricchirà l’analisi

rapportando i divari delle produttività regionali per settore ai divari regionali nelle varia-

bili ambientali. I divari delle produttività regionali per settore sono calcolati nel seguente

modo:

div DD

D

r

naz

( ) [3]

dove il numeratore rappresenta la produttività globale della singola regione, mentre il

denominatore rappresenta la produttività media globale a livello nazionale. I risultati del-

la [3] sono riportati in Tabella 3.

5 Si vedano, fra gli altri: Siracusano e Tresoldi (1990), Giannola (1990), Infante (1992), Giannola e Mara-

ni (1991), Prosperetti e Varetto (1991), Giannola e Sarno (1996).

6

Tabella 3 Divari regionali della produttività

div(dtrad) div(dscal) div(dspe) div(da.tec)

Piemonte 1,0303 1,0302 1,0117 0,8925

Val. d’Aosta 0,9904 0,9519 0,9484 1,6265

Lombardia 1,0141 1,0480 1,0176 0,9005

Trentino.A.A. 1,0009 0,9881 0,9539 1,2198

Veneto 1,0561 1,0347 1,0171 1,0043

Friuli 1,0469 1,0447 0,9929 1,0096

Liguria 1,0711 1,0355 1,0652 0,9001

Emilia Rom. 1,0435 1,0461 1,0066 1,1653

Toscana 1,0660 1,0573 0,9477 0,8533

Umbria 1,0537 0,9716 0,9673 -

Marche 1,0593 1,0744 1,0245 0,8446

Lazio 0,9236 1,0054 0,9935 1,0441

Abruzzo 0,9594 1,0461 1,1240 0,7364

Molise 0,9495 1,0550 - -

Campanania 0,9520 0,9614 0,9723 0,8351

Puglia 0,9751 0,9497 0,9810 1,0773

Basilicata 0,9414 0,9003 0,9136 -

Calabria 0,8947 0,8888 1,2471 0,8726

Sicilia 0,9960 1,0136 0,9121 1,0174

Sardegna 0,9761 0,8973 0,9034 -

Italia 1,0000 1,0000 1,0000 1,0000

Le proxies ambientali utilizzate a questo scopo sono le seguenti:

1) Omicidi volontari per motivi di mafia, camorra o ’ndrangheta su 100.000 abitanti

(OM), tratti dai dati Istat, per il 1991, relativi alle statistiche giudiziarie, ci si attende che

questa variabile abbia un effetto negativo sulla produttività;

2) Persone segnalate per usura su 100.000 abitanti (SU), questo indicatore è stato co-

struito a partire dai dati contenuti in Svimez (1995, p. 463) riferiti al 1994. In effetti, an-

che a motivo del forte allarme sociale che l’usura ha suscitato, si è iniziato solo di recen-

te ad avere una certa conoscenza del fenomeno sulla base delle esperienze giudiziarie e

delle indagini effettuate dalla Commissione parlamentare antimafia, e quindi non è stato

possibile costruire tale indicatore per l’anno 1991, ci si attende un effetto negativo sulla

produttività anche per questa variabile;

3) Totale estorsioni su 100.000 abitanti (TE), tratti dai dati Istat, per il 1991, relativi alle

statistiche giudiziarie, anche per questa variabile ci si attende un effetto negativo sulla

produttività;

4) Dotazione di infrastrutture (IF), indice realizzato per gli anni 1992-93 da De Rosa

(1995)6, ci si attende per questa variabile un effetto positivo sulla produttività;

5) Protesti su 100.000 abitanti (PT), tratti dai dati Istat per il 1991 relativi alle statistiche

giudiziarie, ci si attende per questa variabile un effetto negativo sulla produttività.

I divari regionali delle produttività delle proxy ambientali si otterranno dal rapporto tra il

valore regionale di ogni indice e il relativo livello (medio) nazionale:

div OMOM

OM

r

naz

( ) [4]

6 Questo indice ci è stato gentilmente messo a disposizione dalla dott.ssa Simona De Rosa, la quale,

nell’ambito di una ricerca in corso presso l’Università di Salerno, ha aggiornato gli indicatori proposti in

Bracalente e Di Palma (1985).

7

div SUSU

SU

r

naz

( ) [5]

div TETE

TE

r

naz

( ) [6]

div PTPT

PT

r

naz

( ) [7]

div IFIF

IF

r

naz

( ) [8]

I divari regionali ottenuti da questa operazione sono riportati in Tabella 4, dove è possi-

bile constatare che le regioni con le peggiori condizioni ambientali sono, in linea genera-

le, quelle del Mezzogiorno.

Tabella 4 Divari regionali delle proxies ambientali

div(OM) div(SU) div(TE) div(PT) div(IF)

Piemonte 0,1774 0,4804 0,8717 0,7930 1,0901

Val. d’A. 0,0000 0,5942 0,5073 0,6142 0,5298

Lombardia 0,0856 0,3002 0,9426 0,8668 1,7523

Tren. A.A. 0,0000 0,0000 0,5095 0,4957 0,6928

Veneto 0,0000 0,1220 0,4375 0,4531 1,4772

Friuli 0,0000 0,3545 0,5550 0,6986 1,3448

Liguria 0,2291 1,1988 0,8039 0,7776 2,3432

Emi. Rom. 0,1944 0,5324 0,6131 0,6020 1,1818

Toscana 0,0000 0,5124 0,7053 0,9234 0,9780

Umbria 0,0000 0,2567 0,3520 0,9924 0,6113

Marche 0,0000 1,4166 0,6236 0,8865 0,9130

Lazio 0,0734 1,6581 0,7927 1,4768 0,7641

Abruzzo 0,0000 2,6282 0,7468 1,3039 1,3753

Molise 0,0000 2,6843 0,8892 1,1844 0,6928

Campania 4,3121 1,7763 1,2632 1,4044 0,4992

Puglia 0,4676 1,0304 3,2789 1,6037 0,8863

Basilicata 0,0000 0,9221 1,4466 1,2080 0,8150

Calabria 7,7111 1,3901 2,0406 1,1290 0,4279

Sicilia 6,7494 1,9019 1,8852 1,4270 0,7844

Sardegna 0,0000 0,2404 0,7298 1,1590 0,7539

Italia 1,0000 1,0000 1,0000 1,0000 1,0000

Ns. elaborazione su dati Istat, solo l’indice div(IF) ha come fonte De Rosa (1995).

A questo punto sarà possibile stimare gli effetti dei divari regionali ambientali su quelli

di produttività per settore. Lo scopo è quello di vedere in quali settori le imprese risento-

no maggiormente degli effetti dovuti alla realtà socio-ambientale in cui esse operano. Si

stima quindi, con il metodo dei minimi quadrati ordinari, la seguente regressione per

settore:

div(Ds) = f [div(OM), div(SU), div(TE), div(PT), div(IF)] [9]

I risultati della [9] sono riportati in Tabella 5. Bisogna premettere, però, che nelle stime

presentate in Tabella 5, allo scopo di non far sorgere problemi di collinearità, saranno

incluse solo quelle variabili che hanno il t-ratio maggiore di uno in valore assoluto. Nel

caso di più variabili con un t-ratio minore di uno in valore assoluto si procederà gra-

dualmente. Cioè, partendo dalla variabile con il t-ratio più basso, si toglieranno una per

una le variabili (a esclusione della costante) con il t ratio basso. Questa procedura conti-

8

nuerà sino a quando tutte le variabili rimaste evidenzieranno un t ratio maggiore di uno

in valore assoluto.

Tabella 5 Stima della [9] .

Settori Tradizionale Scala Specializza-

zione

Alta Tecno-

logia

costante 1,0494

(25,3)

0,9743

(29,2)

0,9979

(13,2)

1,3252

(8,69)

div(OM) -0,0052

(-1,18)

-0,0068

(-1,35)

0,0112

(1,33)

-

div(SU) - 0,0241

(1,77)

0,0558

(1,82)

-0,1436

(-2,17)

div(TE) - -0,0293

(-1,77)

- -

div(PT) -0,0719

(-2,32)

- -0,1039

(-1,50)

-

div(IF) 0,0285

(1,37)

0,0429

(1,98)

0,0389

(1,05)

-0,1816

(-1,59)

R2 0,5165 0,3742 0,3842 0,1982

S.E. 0,0408 0,0429 0,0716 0,1876

Come è possibile rilevare dalle stime riportate in Tabella 5 vi è una significativa correla-

zione tra le proxies ambientali e la produttività delle aziende manifatturiere considerate

per regione, dato che i risultati7 delle regressioni per settore sono statisticamente accetta-

bili ad esclusione dei settori ad alta tecnologia. In particolare, dai risultati, si può, dire

che per il settore “tradizionale” in cui le imprese sono di piccole dimensioni i divari am-

bientali spiegano meglio quelli di produttività. Questo risultato potrebbe essere interpre-

tato partendo dall’idea che le imprese di dimensioni più grandi in linea generale fanno

parte di un “gruppo”. Dove per “gruppo” si intende un insieme di società giuridicamente

indipendenti, collegate da legami partecipativi. Tali legami possono essere di controllan-

te e controllata, quando si tratta di due sole imprese e gerarchici quando le imprese sono

tante gerarchicamente ordinate e talvolta la più grande delle imprese è controllata a sua

volta da una holding finanziaria. Dall’analisi Mediocredito (op. cit., 84) il fenomeno

gruppo presenta le seguenti caratteristiche: le imprese dei settori ad alta tecnologia sono

le più integrate (il 52% circa di esse appartiene a gruppi), quelle dei settori tradizionali le

più indipendenti (solo il 20% circa appartiene a gruppi), mentre si collocano in posizione

intermedia i settori di scala (31% circa) e gli specializzati (29% circa). L’appartenenza,

quindi delle imprese ad un gruppo fa si che queste ultime godano di vantaggi significati-

vi rispetto a quelle indipendenti, in termini di attività di ricerca e sviluppo, accordi di

collaborazione con altre imprese estere, acquisizione di brevetti e licenze dall’estero, ac-

cordi tecnico produttivi con altre imprese italiane. Anche per i vantaggi di natura finan-

ziaria, per le imprese appartenenti al gruppo, sono indipendenti dalle condizioni ambien-

tali8 dell’area geografica ove sono allocate. In particolare, si trova scritto su rapporto

Mediocredito (op. cit., p. 89-90): “Il gruppo si conferma come luogo di circuitazione del-

7 Per effettuare le stime si è utilizzato il programma Microfit 3.0 di B. Pesaran e M.H Pesaran. Sono di-

sponibili presso l’autore altri test statistici, oltre quelli rappresentati, che, per alleggerire la trattazione,

non sono qui riportati. 8 L’influenza delle condizioni socio-ambientali sulle performance per regione delle aziende di credito è

stata messa in luce, recentemente, dai seguenti lavori: Ofria (1996a e 1996b) e Centorrino e Ofria (1997).

9

le risorse creditizie, con effetti significativi sia sulla disponibilità sia sul costo medio

dell’indebitamento. Tale effetto si affianca a quello della più favorevole valutazione del

merito del credito da parte degli intermediari, quando si tratta di imprese appartenenti a

gruppi che ricorrono direttamente al credito. Si tratta, nel complesso, di un maggior pre-

mio al rischio che viene pagato dalle imprese che non appartengono a gruppi”. Per com-

pletare il quadro si consideri il fatto che spesso le imprese appartenenti a gruppi vengono

allocate nelle aree più deboli al fine di godere delle agevolazioni fiscali offerte dal go-

verno. Quanto detto ci potrebbe essere di aiuto per trovare una spiegazione al fatto che

le imprese appartenenti ai settori tradizionali, come si è rilevato dai risultati ottenuti, sia-

no più sensibili alle condizioni ambientali ove esse operano, mentre quelle appartenenti

ai settori ad alta tecnologia, caratterizzati da una maggiore percentuale di imprese appar-

tenenti a gruppi, lo siano meno.

In sostanza, questa parte di ricerca mostra che un basso livello di dotazione infrastrut-

turale e di qualità ambientale, presente in principal modo nelle regioni del Sud, conduce

inevitabilmente ad un basso livello di produttività, in particolare per le imprese di picco-

le dimensioni. Questo risultato, in termini teorici, non è nuovo. Per quanto riguarda

l’influenza sulle attività imprenditoriali da parte della qualità dell’ambiente sociale e in

particolare dalla presenza di organizzazioni criminali sul territorio scrive Sylos Labini

(1985, p.15): ”Non si tratta di fenomeni da considerare solo sul piano criminale o civile:

contrariamente a quanto alcuni credono, queste organizzazioni distruggono ricchezza,

giacché, imponendo taglie alle imprese produttive, le costringono a spostarsi in altre

aree; comunque, coloro che intendono impiantare imprese in quelle aree sono scoraggia-

ti”. In riferimento, invece, ai fenomeni dell’usura e delle estorsioni scrivono Donato e

Masciandaro (1995, p.27): “l’usura si inserisce, infatti, agevolmente nel circuito delle di-

verse attività criminali primarie consentendo, da un lato, di riciclare proventi di altre

forme di reato e, dall’altro, unitamente alle estorsioni, di impossessarsi di attività eco-

nomiche legali, ovvero di associarle nel giro delle attività illecite”. Il considerare, infine,

le infrastrutture come fattore che influenzi i livelli di sviluppo di un’area rientra nel filo-

ne di ricerca della “teoria dello sviluppo regionale potenziale”, che vede nel lavoro di

Biehl ed altri (1974) il punto di partenza. L’ipotesi di questa teoria è considerare una re-

gione come un’economia aperta e di piccole dimensioni la cui domanda complessiva va

ritenuta data. Da ciò segue che le possibilità di sviluppo della regione siano legate alla

capacità da parte delle industrie locali di far fronte alla domanda a condizioni competiti-

ve. Ciò è possibile solo se la regione possiede un’adeguata dotazione di infrastrutture che

permetta all’impresa appartenente di ridurre, oltretutto, i tempi e i costi di trasporto9.

Quest’ultima considerazione è patrimonio anche dell’approccio “transazionale” di Coase

(1937)10. Come è noto, questo approccio sostiene che i costi connessi alla specificazione

dei termini del contratto ed al controllo sulla qualità di esecuzione dello stesso crescono

al crescere della distanza fra le imprese interessate, specie per quanto riguarda transazio-

ni basate su attività specifiche. Infatti, le funzioni relative alla specificazione dei contratti

ed al controllo comportano lo spostamento di personale specializzato il cui costo aumen-

ta con la distanza sia in termini di spese effettive che del tempo in cui tale persona non è

utilizzabile per le altre attività d’impresa.

9 Per una recente analisi, per il caso italiano, sul ruolo delle infrastrutture come causa dei divari territoriali

di produttività si vedano Lopes (1996), Mistri (1996) e Picci (1997). 10 Si deve, in particolare, a Williamson (1975, 1986, 1989) lo sviluppo di questo approccio.

10

5. Sintesi conclusiva

In questo lavoro la produttività globale è stata stimata considerando come argomenti

della funzione di produzione il capitale, il lavoro diretto e quello indiretto. L’influenza di

quest’ultimo fattore, proxy dell’attività organizzativa-imprenditoriale, è risultata statisti-

camente significativa. Nelle stime effettuate per il settore “tradizionale”, caratterizzato

da imprese di piccole dimensioni, è possibile rilevare una significativa differenza tra li-

velli medi di produttività globale delle imprese del Nord e quelle del Sud. Minore è tale

differenza per i settori caratterizzati da imprese più grandi. Successivamente, dopo avere

calcolato alcune proxies volte a cogliere gli effetti di alcune condizioni ambientali (pre-

senza di criminalità, ruolo delle infrastrutture, ecc.) per regione, si è proceduto alla stima

degli effetti dei divari regionali di tali proxies ambientali su quelli di produttività. I risul-

tati di queste regressioni confermano l’ipotesi dell’esistenza di influenza da parte delle

variabili ambientali sulla produttività delle imprese manifatturiere. Questa influenza as-

sume maggiore significatività statistica per le imprese appartenenti al settore “tradiziona-

le”. La spiegazione potrebbe essere cercata nel fatto che, rispetto (in media) alle imprese

appartenenti agli altri settori, queste imprese non appartengono a gruppi e quindi risen-

tono con maggiore intensità le influenze dell’ambiente socio-economico circostante.

In conclusione, se si accetta l’ipotesi della recente letteratura11 che i divari territoriali

di produttività siano l’ostacolo principale allo sviluppo economico di un paese, dai risul-

tati di questa ricerca è possibile trarre, in termini schematici, alcune indicazioni di politi-

ca economica per tentare di aggredire le cause dell’esistenza di tali divari. In sostanza, al

fine di rimuovere gli ostacoli per lo sviluppo delle regioni più deboli, le politiche di in-

tervento dovrebbero essere volte: 1) ad intensificare la lotta alla criminalità nelle aree

dove il fenomeno è maggiormente intenso, al fine di generare migliori garanzie sui “di-

ritti di proprietà” per chi in tali aree opera; 2) a favorire la realizzazione, pur con la par-

tecipazione del capitale privato (es. Project Financing), di infrastrutture economiche; 3)

a migliorare le capacità organizzative imprenditoriali in seno alle aziende sia mediante

maggiore cooperazione fra scuola e impresa nella formazione, sia con la riqualificazione

continua dei lavoratori già occupati; 4) a favorire la cooperazione tra imprese apparte-

nenti a diverse aree territoriali, in modo tale che quelle che si trovano ad operare nelle

aree meno agiate si possano rendere maggiormente indipendenti dalla realtà socio-

economica circostante.

11 Si vedano Savona (1991, 1992 e 1993).

11

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