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94 FIG. 1 Andrea De Leone (qui attribuito), Tobia seppellisce i morti. Olio su tela, cm 178 x 143. Coll. priv.

Due inediti di Andrea de Leone. Nuove riflessioni sul Poussin-Castiglione-De Leone Problem, in Storia dell'Arte 125-126. 2010

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FIG. 1 Andrea De Leone (qui attribuito), Tobia seppellisce i morti. Olio su tela, cm 178 x 143. Coll. priv.

Due inediti di Andrea De Leone. Nuove riflessionisul “Poussin-Castiglione-De Leone problem”*

Miriam Di Penta

Un’affascinante e inedita tela raffigurante Tobiache seppellisce i morti (FIG. 1),1 attribuibile adAndrea De Leone (1610-1685)2 per le evidentianalogie con il dipinto di eguale soggetto con-servato al Metropolitan Museum di New York(FIG. 2),3 offre l’occasione per tornare a rifletteresui rapporti intercorsi tra il pittore napoletano e icoetanei Aniello Falcone (1607-1656) e Gio-vanni Benedetto Castiglione (1609-1664) e sullalezione stilistica e tematica esercitata sui tre arti-sti dalla pittura di Nicolas Poussin (1594-1665).4

Già a partire dai primi anni Trenta, la ricerca anti-quariale e filologica condotta dal maestro francesea Roma in seno alla cerchia di Cassiano dal Pozzo(1588-1657)5 contagia un ristretto, ma rilevantegruppo di artisti accomunati dall’attenzione per unnuovo linguaggio pittorico ispirato al mondo an-tico - l’«antiken manier» di cui parla Sandrart pro-prio nella Vita di Castiglione6 - una pittura colta e“filosofica” elaborata da Poussin con l’aiuto delsuo erudito mentore come nuovo lessico espres-sivo della pittura romana.7 Tale movimento anti-chizzante coinvolgeva a Roma, tra la fine del terzoe per tutto il quarto decennio, un pugno di giovanie brillanti artisti «internazionali» tra cui il franceseJean Lemaire (1597-1659), il lucchese Pietro Testa

(1612-1650), il genovese Giovanni Benedetto Ca-stiglione, come anche il grande scultore fiam-mingo François Duquesnoy (1597-1643); mentretra Napoli e la capitale papale si appassionavanoalla «maniera del Possino» Aniello Falcone, l’al-lievo e amico Andrea De Leone, Domenico Gar-giulo (1609/1610-1675) e, più tardi, il più giovanee meno noto Nicolò De Simone (1636-1677).8

La profonda influenza stilistica e tematica eserci-tata dai Baccanali di Tiziano sulla generazione diartisti che si andava formando in quegli anni a Na-poli - dove le tele già Ludovisi si conservavano fra1633 e 1637 presso il vicerè Monterrey (1588-1653)9 - è stata recentemente sottolineata da V. Fa-rina.10 Pur non discostandomi dalle importanticonclusioni raggiunte dalla studiosa, mi permettodi notare che, accanto ai preziosi originali delsommo maestro veneto, quei giovani pittori parte-nopei conoscevano e guardavano con attenzione levariazioni e le diverse interpretazioni avanzate daPoussin a Roma sin dalla fine degli anni Venti. Neè esempio lampante l’intenso, corrusco dipinto diDe Leone con Venere e Adone emerso di recente incollezione privata francese (FIG. 3),11 il cui riferi-mento più esplicito è proprio la ricca produzione di«boscarecce» dal tema erotico licenziata da Poussin

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* Questo articolo costituisce una prima anticipazione delle novità emerse nel corso del mio dottorato di ricerca pressol’Università «La Sapienza» di Roma, incentrato su Andrea De Leone pittore e disegnatore. Desidero ringraziare i pro-prietari dei due dipinti inediti per averne autorizzata la pubblicazione e tutti coloro che hanno avuto la voglia e l’interessedi discutere con me le stimolanti questioni sollevate dall’intrigante profilo di questo artista. Ringrazio in particolare Fran-cesco Solinas per aver voluto intrattenere con me un proficuo scambio di idee sul tema «Roma 1630» e per avermi ac-compagnato nella stesura di questo testo con consigli e opinioni sempre fertili. Un ringraziamento e un saluto va agli amicie colleghi Mario Epifani, Caterina Volpi e Cristiana Romalli. Sono grata a Keith Christiansen e a Paola D’Agostino perla disponibilità al dialogo e a quest’ultima per avermi illuminato sul soggiorno napoletano del conte di Monterrey.

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nei primissimi anni romani, «favole» offerte sul li-bero mercato e subito avidamente ricercate daiprimi eruditi collezionisti, dal cavalier Marino aCassiano Dal Pozzo, a monsignor Fabio Chigi, poicardinale e quindi papa.12 Un quadro che non credosi possa collocare oltre il 1633-34, momento in cuiandrà ipotizzato un primo viaggio di studio a Romada parte di Andrea, forse accompagnato dal «mae-stro» Aniello. Andrà invece collocata nel decenniosuccessivo la splendida Venere e Adone già in col-lezione Lanfranchi, più matura nel classicismo pie-namente metabolizzato delle pose, nell’eleganzadella composizione, nel paesaggio bagnato di lucedorata, nell’altissima qualità delle nature morte ac-curatamente descritte in primo piano.13

Se nella prima fase della sua formazione De Leonerisulta fortemente ispirato dallo stile di Poussin, lesue camaleontiche capacità di assorbimento si os-servano anche nei confronti della pittura di unaltro artista coetaneo: Giovanni Benedetto Casti-glione. La stretta dipendenza della produzione diAndrea dall’arte del Grechetto è stata, del resto,già approfondita dalla critica grazie agli studi pio-neristici di A. Blunt, A. Percy e M. Newcome.14

La prossimità dei soggetti da loro trattati, come lastrettissima corrispondenza di alcune composi-zioni di Viaggi di Giacobbe e Baccanali, provanola vicinanza dei due pittori, legati da un rapportoin cui il genovese rappresentava l’elemento più ge-niale e creativo e il napoletano ne variava le in-venzioni, sulla base dei disegni dell’amico.Probabilmente entrambi presenti a Roma nei primianni Trenta (Castiglione lo è sin dal 1632),15 il ge-novese e il napoletano - accompagnato dall’amicoFalcone - assieme ad altri giovani artisti (PietroTesta, Jean Lemaire), assistevano ammirati al-l’esplosivo successo della pittura antiquaria ed eru-dita dell’ormai romanizzato Pussino, incensata daprestigiose committenze internazionali. In queglianni di intensa creazione va dunque situata la Ve-nere e Adone sopracitata, contemporaneamente alprimo singolarissimo Viaggio di Giacobbe firmatoe datato 1633 da Giovanni Benedetto,16 cui facevaseguito una tela strettamente correlata di Andrea.17

L’amichevole dipendenza doveva consolidarsi neglianni successivi grazie a reciproche visite fra Romae Napoli, dove Castiglione è documentato nel

1635.18 I dipinti del Grechetto pare suscitassero unnotevole interesse presso la committenza parteno-pea più raffinata: sappiamo, infatti, che il grandecollezionista Gaspar Roomer ne possedeva alcuni19

e che il pittore e intermediario Giacomo de Castrovendeva un suo Cristo che lava i piedi agli Apostolia Napoli nel 1637.20 È dunque probabile che DeLeone mirasse a colmare con la sua produzione di«viaggi» e «boscarecce» un appetito insoddisfattoper tele di questo genere sul mercato napoletano,offerte forse a prezzi più contenuti rispetto a quelliapplicati dal maestro genovese. Come per il rap-porto con Aniello Falcone per i quadri di Storia e leBattaglie, De Leone si mostra in debito nei con-fronti del Grechetto (e di Poussin), esibendo unapersonalità trasformista, capace di assorbire e imi-tare un genere creato da altri rielaborato in una pro-duzione individuale di alta qualità, grazie allapossibilità di accedere ad un ampio repertorio di di-segni e stampe, come se avesse lavorato nelle bot-teghe e fosse poi entrato in società con entrambi icolleghi. Non possiamo, anzi, escludere che, supe-rato un primo periodo di formazione e studio, An-drea non diventasse negli anni Trenta e Quaranta ilperno intorno al quale ruotava un fertile scambiod’invenzioni artistiche fra la bottega di Castiglionea Roma e quella di Falcone a Napoli.21 Nonostantele relazioni professionali fra i tre pittori rimanganoancora da approfondire,22 mi pare necessario riba-dire che i viaggi di Falcone e dell’amico De Leonea Roma - credo, infatti, si debba parlare di più diun’occasione di studio e lavoro - si svolsero nelcorso degli anni Trenta e non certo, come narra DeDominici, dopo la rivolta di Masaniello del 1647.23

Lo attesta la stretta dipendenza di molta loro pro-duzione dall’opera del primo Poussin romano,come il parallelo percorso poussiniano affrontatodal Grechetto nello stesso decennio.24

Le dimostrative Storie antiche dipinte da Falconee De Leone per la prestigiosa serie del Buen Re-tiro,25 ad esempio, già anticipate dalla Farina al1638-1639 e saldamente collocate entro la finedel quarto decennio,26 andranno arretrate almenodi un paio d’anni (1636-1638), per rientrare entrol’arco di tempo segnato dal soggiorno di Monter-rey a Napoli, responsabile - secondo tutte le fonti- della commissione reale.27 L’analisi stilistica e

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FIG. 2 A. De Leone, Tobia seppellisce i morti. Olio su tela, cm 165,5 x 124,5. New York, Metropolitan Museum of Art

vorrei dire, contestuale di quelle tele - per la cuiprecisazione rimando alla seconda parte di que-sto intervento - viene infatti a coincidere non solocon la fase «neoveneta» all’origine di molte Fa-vole e Baccanali realizzati da Andrea (FIG. 3),28

ma anche con quanto emerge sul piano stilistico,culturale e cronologico dallo studio dello stupe-facente e inedito Tobia (FIG. 1) qui presentato. Come già evidenziato da Blunt, la composizionerealizzata da De Leone nel quadro di provenienzaCzernin oggi al Metropolitan (FIG. 2) - la cui data-zione post 1647 andrà arretrata di circa un decennio- è ispirata ad alcuni disegni di Castiglione ed èquindi messa a punto da Andrea in un foglio pre-paratorio conservato al Victoria and Albert Museum(FIG. 4).29 È in questo contesto che il nuovo Tobiaacquista particolare rilevanza, in quanto momentodi passaggio fra il disegno del Victoria and Albert eil quadro di New York (FIG. 2), del quale costituisce,a mio avviso, una prima e più grande versione.

Di enorme stimolo risulta il gioco incrociato dianalogie e varianti che nel Tobia di collezioneprivata si riscontrano tanto con lo studio di Lon-dra, quanto con la tela del Metropolitan, quantoancora con un noto disegno autografo oggi a Ber-lino30 e con numerose invenzioni su carta di Ca-stiglione non tutte indicate da Blunt.31

Lo sfondo architettonico sul lato sinistro del primoTobia (FIG. 1), ad esempio - con il grande vaso isto-riato in rovina e il tempio che rievoca il Pantheon -dipende dal disegno inglese (FIG. 4), ma si discostadalla composizione dipinta nella tela newyorkese(FIG. 2), dove il vaso e il monumento sono sostituitida un sepolcro e da un arco trionfale. L’arco, in par-ticolare, risulta desunto dagli studi dall’antico con-servati in uno dei taccuini formati dal Marchese delCarpio, già attribuito a Castiglione, ma compostoda più fogli spostati ad Andrea da M. Newcome.32

A sua volta, l’edificio templare d’invenzione pre-sente nel Tobia di collezione privata appare essere

FIG. 3 A. De Leone, Venere e Adone. Olio su tela, cm 116 x 156. Parigi, coll. priv.

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il frutto della sovrapposizione fra l’emiciclo del tea-tro di Marcello osservato in situ e una cupola confacciata timpanata ispirata al Pantheon. Elementiche, assieme all’altare decorato da un rilievo consuovetaurilia, testimoniano di uno studio appro-fondito sui modelli antichi compiuto personalmenteda Andrea nella Città Eterna. Come per il già menzionato baccanale con Veneree Adone (FIG. 3), una più precisa datazione delTobia (FIG. 1) può risolversi osservando l’inci-denza sull’opera di De Leone dei quadri eseguitida Poussin durante il primo decennio a Roma(1625-1634 circa). Il giovane semi-inginocchiatodi profilo che aiuta a deporre il cadavere, ad esem-pio - che ricorre, ribaltato, tanto nel primo Tobia,quanto nella versione di New York33 - ritorna inmolte opere eseguite dal francese alla fine deglianni Venti, dall’Esposizione di Mosé oggi a Dre-sda, al Mosé che addolcisce le acque di Marah diBaltimora, allo splendido Endimione di Detroit,solo per citare gli esempi più precoci.34 Quellastessa figura maschile presenta, inoltre, un evi-

dente riferimento caravaggesco nel piede nudo eimpolverato posto in evidenza in primo piano, «ci-tazione della citazione» a sua volta incorporata daPoussin nella grande pala con la Vergine appare aS. Giacomo Maggiore oggi conservata al Louvre,datata intorno al 1630 ed eseguita, è bene notarlo,per un ignoto committente spagnolo.35 Il colori-smo vigoroso, la monumentalità delle figure, laforza espressiva fusa al classicismo esplicitamenteromano di cui è impregnata questa tela, sono pre-levati da Andrea e traslati nel primo Tobia (FIG.1), mentre appaiono in parte stemperati nella piùtenue versione del Metropolitan (FIG. 2).Nel Tobia di collezione privata il gruppo centraleruota attorno all’anziano protagonista collocato alcentro - illustrato a testa scoperta e non capite ve-lato come nella tela di New York - ed è arricchitodal giovane con la vanga chiaramente ispirato allaposa del Teseo di Poussin oggi al Musée Condé diChantilly.36 Posa isolatamente studiata nel noto fo-glio di Capodimonte,37 poi ripresa e più compiuta-mente sviluppata da Andrea in due bei disegni a san-

FIG. 4 A. De Leone, Tobia seppellisce i morti. Sanguigna, penna e inchiostro marrone, acquerello marrone su carta, mm 257 x 180.Londra, Victoria & Albert Museum

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guigna tradizionalmente assegnati a Castiglione,ma che gli andranno spostati senza ulteriori esita-zioni (FIGG. 5-6).38 Li si confronti, ad esempio, conl’ormai dimenticato foglio autografo della CrockerArt Gallery di Sacramento,39 ma anche con il già ri-cordato studio a Capodimonte, dove la mano diDe Leone è riconoscibile nella linea decisa e ango-losa della sanguigna, che segna il profilo netto,asciutto dei corpi; nei volti puntuti, dal naso dritto,gli occhi tracciati da un singolo tratto obliquo, i ca-pelli caratteristicamente a spazzola; nelle pieghe sti-lizzate del panneggio; nelle mani essenziali, con ledita che paiono artigli; nelle ombreggiature rapide,tracciate per linee oblique e parallele, spesso senzainterventi a guazzo, che illustrano una maniera per-sonalissima, volutamente sintetica, grafica del di-

segno, evidentemente menoricca, libera e pittorica di quellafavorita dal Grechetto. Il repertorio di modelli castiglio-neschi, falconiani, poussinianicui De Leone attinge in pitturaè ben più vasto di quanto finoracompreso ed è astutamente as-semblato e rielaborato in unostile personalissimo. Per restarealla lezione del francese, il ca-davere in camicia dell’uomobarbuto illustrato da Andrea nelTobia del Metropolitan appareessere un’abile fusione fra latesta e il busto di Cristo estra-polati dalla Lamentazione diMonaco (1628-29)40 e la posascorciata della donna che giacemorta seminuda nella Peste diAshdod (1631), un quadro d’in-fluenza normativa nella Roma diquegli anni.41 Ulteriori rapporti didipendenza si notano con l‘Ado-razione dei magi oggi a Dresda,solennemente firmata «Accad:rom. NICOLAVS. PVSIN facie-bat Romae. 1633».42 Una conti-guità che dovrebbe permetteredi ancorare almeno il primoTobia (FIG. 1) in prossimità di

quella data, come sembra confermare anche il musodel cane che si affaccia dal margine destro del di-pinto, suggerendo la contemporaneità di questo qua-dro con la Venere e Adone sopra discussa (FIG. 3),dove si osserva la medesima bestia realizzata confattura identica e cavalcata da un amorino. Gioco so-fisticato, quello di Andrea, di prestiti e varianti daicelebrati modelli di Poussin, condiviso talvolta daicolleghi, amici e concorrenti Castiglione e Falcone,ma mai con la stessa aderenza allo spirito profondodel classicismo erudito coniato dal francese.43

Tali convincenti raffronti consentono di datare ilprimo Tobia intorno al 1634 e di propendere per unaesecuzione a Roma, dove De Leone e Falcone do-vevano risiedere in preparazione delle tele di Hi-storia Romana per il Casòn del Buen Retiro. La cro-

FIG. 5 A. De Leone (qui attribuito), Uomo ucciso con una lancia. Sanguigna su carta,mm 255 x 196. Londra, Victoria & Albert Museum

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nologia di quei dipinti complessi ed eruditi non do-vrà allontanarsi troppo da quella stabilita per il To-bia. Non a caso, le opere di Falcone e De Leone an-davano generalmente sotto il nome di Pietro Testanella Testamentaria reale del 1701.44 Errore signifi-cativo se pensiamo che quest’artista eclettico e atratti geniale svolse tutta la sua controversa e brevecarriera in un contesto artistico e culturale intrinse-camente legato a Poussin. Nel 1660 il sapore nonsolo romano, ma proprio poussiniano che caratte-rizzava il ciclo spagnolo, saltò all’occhio esperto delcardinal Camillo Massimo (1620-1677), che diPoussin collezionava quadri e disegni e al qualetutta la serie parve del maestro francese.45 Osser-vando quei teloni dipinti dai due napoletani e desti-nati all’educazione e allo svago dell’infante DonBaltasar Carlos (1629-1646), appare evidente comeil giocoso, ironico Trionfo di elefanti nel circo di DeLeone46 reinterpreti, in chiave scanzonata e contratti castiglioneschi, l’Annibale che valica le alpi diPoussin, opera fra le più eruditeeseguita per il protettore Cassianodal Pozzo nel 1625,47 alla vigiliadell’ambasciata in Spagna.48 Allostesso modo, l’Ingresso dei sol-dati romani nel circo realizzatoda Falcone per la serie reale siriallaccia al modello del Saccodel tempio di Gerusalemmme del162649 e più direttamente allaCaccia di Meleagro dipinta daPoussin per il medesimo ciclospagnolo (1634-1637).50 Andrà,inoltre, considerato parte dellostesso progetto il bellissimo fo-glio di Andrea con Scena di lottadavanti a un tempio romano,51

che per l’attinenza del soggettocon le tele realizzate da Lan-franco, Romanelli e altri52 dovràinterpretarsi come uno studio dicomposizione per un quadro mairealizzato o forse assegnato a unaltro pittore. Gli imponenti Lot-tatori nel circo53 - il contributopiù singolare di Aniello a quel-l’impresa - contengono, infine,

un riferimento puntuale al soggiorno romano: lastatua di Flora alla quale sono votate le offerte de-gli atleti. È infatti una citazione della Santa Susannadi Duquesnoy, scultura moderna in tutto somiglianteall’antico collocata nella chiesa di S. Maria di Lo-reto al Foro Traiano nel marzo del 1633.54 Non sap-piamo se il giovane Falcone assistette all’inaugura-zione in prima persona o si recasse ad ammirare lastatua pochi anni dopo per studiarne de visu il pal-pitante spirito antico. Il fatto che Duquesnoy, giàcompagno di Poussin, vivesse allora con Carlo Fi-lippo Spierinck (Bruxelles 1630 ca.-Roma 1639)55

- definito da Blunt «primo imitatore dei Baccanalidi Poussin»56 le cui opere sono state talvolta confusecon quelle di Andrea57 - non fa che confermare ilcoinvolgimento dei due giovani pittori napoletani algrande laboratorio attivo a Roma nel terzo e quartodecennio fra artisti italiani e stranieri uniti dall’inte-resse per il nuovo classicismo antiquario inauguratodal francese. Per queste ragioni, collocherei l’ese-

FIG. 6 A. De Leone (qui attribuito), Uomo ucciso con una lancia. Sanguigna su carta,mm 231 x 210. Londra, British Museum

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FIG. 7 A. De Leone (qui attribuito), Resurrezione di Lazzaro. Olio su tela, cm 178 x 130. Coll. priv.

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cuzione delle tele spagnole non oltre il 1636-1638a seguito di un periodo di formazione romana econtemporaneamente alla datazione stabilita su basidocumentarie e stilistiche per i dipinti realizzati peril Buen Retiro da Lanfranco, Domenichino, Poussin,Romanelli e dalla coppia Gargiulo-Codazzi, comeper i quadri di tema bacchico realizzati per la stessaresidenza da Stanzione, Finoglia, Camassei e altri.58

Le Storie dell’antica Roma andranno considerateconcluse entro l’autunno del 1638 al più tardi,quando il conte di Monterrey rientrava a Madrid se-guito da molti dipinti.59

Per mostrarsi aggiornati e soddisfare le richiestedella committenza reale, Falcone e De Leone si-glano le proprie tele antiquarie con riferimenti chiaried eloquenti a quanto di più «modernamente al-l’antica» si andava realizzando nell’Urbe sotto i loroocchi. Riprese e allusioni mirate ai colti intendentidi pittura, romani, napoletani e spagnoli ai quali iquadri erano in ultima istanza destinati. È anzi pro-babile che fosse proprio l’«antiken manier» sancita

con opere del livello della Morte di Germanico(1627)60 a spingere i nostri pittori a compiere il viag-gio a Roma in vista della realizzazione della seriespagnola, probabilmente su impulso della stessacommittenza vicereale. La contiguità culturale dellaserie del Buen Retiro a contenuti neostoici, già ipo-tizzata dalla critica,61 trova così riscontro nell’am-bito di una più ampia corrente «filosofica» ederudita circolante nell’ambiente frequentato dai no-stri artisti. Dipendenza e debito culturale che risul-tano perciò svincolati dalla presenza di opere delmaestro francese sul suolo napoletano, documen-tata certo, ma cronologicamente più avanzata e aquesto punto non più imprescindibile.62

L’evidente lezione poussiniana palese in operepiù tarde di Falcone testimonia ancora il frutto diquei proficui soggiorni romani. Ci riferiamo, adesempio, agli affreschi nella cappella Firrao in S.Paolo Maggiore (1641-42), o alla decorazionedella villa di Gaspar Roomer a Barra (1643).63

A questa mediazione culturale partecipò attiva-

mente anche il Grechetto, più intrinseco di quantofinora presunto all’ambiente di artisti e intellettualilegati ai Barberini, come sembrano confermare nonsolo la chiara testimonianza di Sandrart, ma ancheuna quantità di disegni di traduzione da Poussin ela sua eccentrica foggia di abbigliarsi «alla Greca»alla quale dovette il soprannome.64

Un altro dipinto inedito raffigurante la Resurre-zione di Lazzaro (FIG. 7)65 riemerso in collezioneprivata con il Tobia che seppellisce i morti (FIG. 1)appare, per identità di grafia, dimensioni, con-gruenza tematica e presenza nella stessa raccoltaalmeno dal primo Ottocento (e probabilmente abantiquo), un più tardo pendant del primo quadro.66

Chiaramente meno dipendente dai modelli di Pous-sin, il Lazzaro sembra realizzato a Napoli sulloscorcio degli anni Quaranta o forse già nei primianni Cinquanta: le figure, slanciate ed eleganti,hanno un accento meno romano e testimonianouna conoscenza dell’opera napoletana di Dome-nico Gargiulo e Johann Schönfeld (1609-1684)67

che ricalibra la perenne impronta castiglionesca

mostrata da Andrea. Nonostante lo sporco che nericopre la superficie, si nota col Tobia un’evidentedifferenza nella materia pittorica, che appare menocorposa, l’impasto meno chiaroscurato, i toni piùlimpidi, con ombre meno risentite; la tavolozza ap-pare più luminosa e un’atmosfera atemporale per-mea la scena. Radicalmente cambiato risulta,inoltre, il rapporto con l’Antico, qui elegantementeevocato, ma non più vissuto in prima persona.Sono evidenti le analogie di questo nuovo Lazzarocon dipinti affiorati sul mercato alla fine del secoloscorso, come l’Ingresso di Cristo a Gerusalemme ela Battaglia di Clavijo,68 o con una Conversione disan Paolo recentemente passata in asta da Doro-theum (dove si ritrova il solito cane)69 e, soprattutto,con una terza variante del Tobia che seppellisce imorti dipinta da Andrea su una vasta lastra di rame(FIG. 8).70 Il rame Chrysler funziona, anzi, da anellodi congiunzione tra le due tele inedite qui pubbli-cate, avvicinandosi al più antico Tobia per tema ecomposizione (FIG. 1), ma richiamando il Lazzaro(FIG. 7) per fisionomie dei personaggi e tonalità,

FIG. 8 A. De Leone, Tobia seppellisce i morti. Olio su rame, cm 115 x 61.5. Coll. Priv. (già the Chrysler Museum at Norfolk)

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tanto da sembrare ad esso coetaneo. Si noti, adesempio, la stringente similitudine della posa delLazzaro seduto sul sepolcro con quella dell’uomoaccovacciato sul basamento nel rame Chrysler;come la somiglianza del Cristo, «colonna portante»al centro del Lazzaro e quasi identico all’uomo bar-buto che nel Tobia Chrysler assiste al seppellimentoordinato dall’anziano protagonista. In entrambi i di-pinti i corpi appaiono allungati e quasi disarticolati;i toni, limpidi e pacati, conferiscono all’immagineun sapore aulico, più che eroico, e si assiste a uncompleto allentarsi della tensione drammatica. Siosserva, inoltre, una totale perdita di monumentalitàdell’arredo antiquario, come evidente nel vaso isto-riato con scena erotica presente nel primo Tobia,che appare ritagliato e privo di peso nel più tardoTobia Chrysler; o anche nella piramide che, asse-condando le figure, assume una consistenza allun-gata ed evanescente.Scandirei perciò i tre Tobia nell’arco di circa unquindicennio, tra quello di collezione privata data-

bile intorno al 1633-1634; quello del Metropolitandi poco successivo (1636-1638); e il rame Chrysler,risalente probabilmente ai primi anni Cinquanta.La serie deleoniana si chiude con un’altra Resurre-zione di Lazzaro, firmata e datata 1666 (FIG. 9),71

versione tarda, ribaltata e con qualche variante delLazzaro qui presentato (FIG. 7). La tela, goffa epriva di qualsiasi vigore, è il prodotto di un artistaormai vecchio, indebolito, che non fa che ripeterecomposizioni trite e svuotate di ogni creatività. Senon fosse firmata, avremmo difficoltà a credere chesi tratti di un’opera eseguita dalla stessa mano re-sponsabile dei monumentali quadri «all’antica» di-scussi in queste pagine. Tuttavia, assieme al Cristoe l’adultera pubblicato da Bréjon e datato 166772 ealla Lotta di Giacobbe e l’angelo del Prado forseaddirittura degli anni Settanta,73 questo secondoLazzaro fornisce un riferimento importante per vi-sualizzare lo stile di Andrea nell’ultima fase dellasua lunghissima carriera, protrattasi sino al 1685,quando il pittore si spense «decrepito» a 75 anni.74

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FIG. 9 A. De Leone (firmata), Resurrezione di Lazzaro. Olio su tela, cm 167 x 126,7. Ubicazione ignota

1 Andrea De Leone (qui attribuito), Tobia seppellisce imorti, olio su tela, cm 178 x 130. Conservato in colle-zione privata e proveniente da un’antica famiglia delRegno di Napoli, il dipinto è sporco e coperto da unaspessa vernice ossidata. La tela originale, a trama fitta esottile è, a mio avviso, romana e reca una foderaturapiuttosto rozza, forse settecentesca, con apposti bolli diceralacca illeggibili. L’autografia di Andrea De Leoneappare evidente e non escluderei che al momento diun’auspicabile pulitura potesse emergere la firma.2 Si è scelta l’onomastica De Leone e non De Lione oDi Lione seguendo U. Prota Giurleo (Pittori Napoletanidel Seicento, Napoli 1953, pp. 63-66), secondo il qualel’artista si sarebbe così firmato in tutti i documenti no-tarili consultati. Le diverse grafie compaiono tuttavia neidipinti firmati. Uno studio esaustivo sull’opera dell’ar-tista è al momento mancante. Per un punto di partenza siveda B. De Dominici, Vite de’ Pittori, Scultori ed Archi-tetti Napoletani, Napoli 1742, III, pp. 80-81; H. Voss, inU. Thieme, F. Becker, Allgemeines Lexikon der bilden-den Kunstler, XXIII, 1929, pp. 261-262; A. Blunt, APoussin-Castiglione problem. Classicism and the Pic-turesque in 17th Century Rome, Journal of the Warburgand Courtauld Institutes, III, 1939-1940, pp. 142-147;M. S. Soria, Andrea De Leone, a master of the bucolicscene, The Art Quarterly, 23, 1960, pp. 23-35; A. Bréjonde Lavergnée, Nouvelles toiles d’Andrea Di Lione. Essaide catalogue, in M. Natale (a cura di), Scritti di storiadell’arte in onore di Federico Zeri, Milano 1984, II, pp.656-680; A. Compagnone, Andrea De Lione (De Leone,Di Lione), in Dizionario Biografico degli Italiani, 36,1988, pp. 651-654, con bibliografia precedente.3 Andrea De Leone, Tobias burying the death, olio sutela, cm 165.5 x 124.5, New York, The Metropolitan Mu-seum of Art, accession n. 1989.225. Tradizionalmente at-tribuito a Poussin, il dipinto fu genialmente riconosciutoda Blunt come opera del maestro napoletano, in base adun appunto di Mariette nel suo Abecedario Pittorico (cfr.Blunt, cit., pp. 145-146). In quel testo fondamentale, Bluntsottolineava la dipendenza della composizione da nu-merosi disegni di Castiglione. Per una scheda recente cfr.A. Brèjon de Lavergnée, in N. Spinosa (a cura di), Ritornoal Barocco. Da Caravaggio a Vanvitelli, cat. della mostradi Napoli (Museo Nazionale di Capodimonte, 12 dicem-bre 2009 - 11 aprile 2010), Napoli 2009, I, n. 1.83.4 Cfr. Blunt, cit.; A. Percy, Giovanni Benedetto Casti-glione. Master Draughtsman of the Italian Baroque, cat.della mostra di Philadelphia (Philadelphia Museum of Art,17 Settembre - 28 Novembre 1971), Philadelphia 1971,pp. 25-26; M. Newcome, A Castiglione-Leone Problem,Master Drawings, XVI, 1978, pp. 163-172; H. Brigstocke,Castiglione: two recently discovered paintings and new

thoughts on his development, The Burlington Magazine,CXXII, 1980, 926, pp. 293-298; M. Newcome, Cas-tiglione in the 1630s, Nuovi Studi, I, 1996, 2, pp. 59-66; IlGenio di Giovanni Benedetto Castiglione, cat. della mostradi Genova (Accademia Ligustica di Belle Arti, 27 gennaio- 1 aprile 1990), Genova 1990, pp. 14-17.5 Cfr. F. Solinas (a cura di), I Segreti di un collezioni-sta. le straordinarie raccolte di Cassiano dal Pozzo1588-1657, cat. della mostra di Roma (Galleria Nazio-nale di Palazzo Barberini, 29 settembre - 26 novembre2000) e Biella (Museo del territorio, 16 dicembre 2001- 16 marzo 2002), Roma 2000-2001.6 Cfr. Percy, cit., p. 26; Brigstocke, cit., p. 293.7 Cfr. F. Solinas, La pittura filosofica e la nascita dello“stile barberini”, in S. Schütze (a cura di), Estetica barocca,Roma, 2004, pp. 241-262; F. Solinas, Lo Stile Barberini, inL. Mochi Onori, S. Schütze, F. Solinas (a cura di), I Barbe-rini e la cultura europea del Seicento, Atti del Convegno(Roma 4 - 11 dicembre 2004), Roma 2007, pp. 205-212.8 Per la lezione di Poussin a Napoli cfr. S. Schütze,Exemplum Romanitatis. Poussin e la pittura napoletanadel Seicento, in Poussin et Rome. Actes du colloque del’Académie de France à Rome, (Roma, Villa Medici, 16- 18 novembre 1994), Parigi 1996, pp. 181-200.9 Don Manuel de Zuniga, Acevedo y Fonseca, conte diMonterrey, risiedette a Roma quale ambasciatore spa-gnolo dal 1629 al 1631. Si trasferì a Napoli in veste di vi-cerè nel maggio di quell’anno, pur ricevendo l’investituradefinitiva solo nell’aprile 1632 (cfr. K. Zimmermann, inJ. L. Colomer [a cura di], España y Napoles. Coleccio-nismo y mecenazgo virreinales en el siglo XVII, Madrid2009, pp. 277-292, in part. p. 291, nota 33). Il suo man-dato scadette nel novembre 1637, ma egli si trattenne aNapoli fino all’agosto del 1638 (J. Brown, J. H. Elliott,A Palace for a King. The Buen Retiro and the Court ofPhilip IV, New Haven and London 2003, p. 124 e oraZimmermann, cit., pp. 287-288 e p. 292, nota 66). PerMonterrey collezionista e mecenate, cfr. anche F. Ha-skell, Patrons and Painters. Art and Society in BaroqueItaly, Londra 1963 (ed. 1980), pp. 171-172; A. Péréz-Sanchez, Las colecciones de pintura del conde de Mon-terrey (1653), Boletìn de la Real Academia de laHistoria, 174, 1977, pp. 417-459; M. Burke, P. Cherry,Spanish Inventories. Collections of Paintings in Madrid1601-1755, Los Angeles 1997, pp. 146-149, 501-520,529-532. Per il suo coinvolgimento nella decorazionedel palazzo del Buen Retiro, cfr. Brown, Elliott, cit., pp.120-130; per la fondazione del convento de las Delscal-zas a Salamanca, alla cui decorazione negli anni Trentacontribuirono molti artisti italiani, cfr. A. Madruga Real,Arquitectura barroca salmantina. Las Agustinas deMonterrey, Salamanca 1983; per i suoi rapporti con il

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Note:

cavalier Fanzago, cfr. P. D’Agostino, Un bronzetto diCosimo Fanzago a New York, Prospettiva, 109, 2003,pp. 83-88; Eadem, «Uno scultore barocco autonomo?»Cosimo Fanzago tra il 1630 e il 1656, Paragone, 71,2007, pp. 43-60; per i suoi probabili rapporti con l’Or-betto, cfr. G. Finaldi, Works by Alessandro Turchi forSpain and an unexpected Vélazquéz connection, TheBurlington Magazine, 149, 2007, pp. 749-758.10 V. Farina, La fortuna napoletana dei ‘Baccanali’ diTiziano, Paragone, 71, 2007, pp. 11-42.11 Andrea De Leone, Venere e Adone, olio su tela, cm116 x 156, coll. priv. Cfr. Galerie Canesso, Tableaux na-politains du naturalisme au baroque, Parigi 2007, pp.24-27; Bréjon de Lavergnée, in Spinosa, cit., I, n. 1.82,dove il quadro è datato agli anni Quaranta.12 Per le affinità più stringenti si veda ad esempio D. Mahon(a cura di), Nicolas Poussin. I primi anni romani, cat. dellamostra di Roma (Palazzo delle Esposizioni, 26 novembre1998 - 1 marzo 1999), Milano 1998, nn. 7, 10, 21 e 31.13 Andrea De Leone, Venere e Adone, olio su tela, cm76 x 102, firmato «Andrea D. Lione F.», coll. priv. Cfr.C. Whitfield, J. Martineau (a cura di), Painting in Naplesfrom Caravaggio to Giordano, cat. della mostra di Lon-dra (Royal Academy of Arts, 2 ottobre - 12 dicembre1982), Londra 1982, pp. 107-108; poi venduto pressoPorro, Milano, 26 maggio 2004, lotto 42.14 Cfr. supra, note 2 e 4.15 Le date dei primi soggiorni di Castiglione a Roma sonofornite da Percy (cit., pp. 21, 25-26). Blunt (cit., p. 147) eNewcome (cit., 1978, p. 168) ipotizzavano, invece, che ilcontatto fra Castiglione e De Leone fosse avvenuto a Romadopo il 1647, seguendo il racconto di De Dominici. Tutta-via lo stesso Blunt, notando l’incongruenza, si chiedevacome mai negli anni Quaranta Castiglione e De Leone si ri-facessero al Poussin degli anni Trenta e non ai quadri ese-guiti dal francese dopo il rientro da Parigi (1642).16 G. B. Castiglione, Viaggio di Gacobbe, olio su tela,cm 99 x 123. New York, coll. priv. Brigstocke (cit., pp.293-294) non mancava di sottolineare l’ascendenzapoussiniana del dipinto a una data (1633) in cui Casti-glione era da poco giunto a Roma. Le opere del Gre-chetto note fino ad allora risalivano tutte alla metà deglianni Quaranta. La formazione romana sotto l’influsso diPoussin era stata, tuttavia, già ipotizzata sia dalla Percy,che dalla Newcome (cfr. supra, note 2, 4).17 Andrea De Leone, Viaggio di Giacobbe, olio su tela,cm 113 x 144,5. Vienna, Kunsthistorisches Museum, inv.6786, siglato A. D. L. (cfr. Soria, cit., p. 23 e fig. 2; Ci-viltà del Seicento a Napoli, cat. della mostra di Napoli[Museo Nazionale di Capodimonte, 24 ottobre 1984 -14 aprile 1985; Museo Pignatelli 6 dicembre 1984 - 14aprile 1985], Napoli 1984, I, n. 2.56).18 Cfr. Percy, cit., p. 25. Grazie al prestigio della commit-tenza vicereale e alla relativa facilità del viaggio, il rapporto

fra Roma e Napoli, non solo in termini di scambi politici eculturali, ma anche di continui movimenti di artisti, per-sone e opere, era in quegli anni particolarmente intenso. Siricordino, a tale proposito, i viaggi di Vouet, dello stessoPoussin, di Jean Lemaire e il trasferimento a Napoli neiprimi anni Trenta di personalità quali Artemisia Gentile-schi, Domenichino e Lanfranco, questi ultimi chiamatidallo stesso Monterrey. La già citata presenza di Castiglionea Napoli nel 1635 è per ora l’unica documentata.19 Newcome, cit., p. 168. Sul tema vedi anche R. Ruo-tolo, Mercanti, collezionisti fiamminghi a Napoli: Ga-spare Roomer e i Vandeneyden, Napoli 1982.20 T. Standring, La vita e l’opera di Giovanni BenedettoCastiglione, in Il Genio di Giovanni Benedetto Casti-glione... cit., pp. 13-28, in part. p. 16.21 Il fatto che la moglie risiedesse probabilmente aRoma nel 1648 (cfr. Farina, cit., nota 21, p. 36), lasciapensare che il pittore avesse nell’Urbe una residenza piùstabile di quanto finora creduto. Nel 1656 Andrea ereditòalcune proprietà dal fratello Onofrio a Napoli, presso S.Carlo alle Mortelle, dove morì nel 1685 e volle esseresepolto (cfr. Prota Giurleo, cit., pp. 64-65).22 Le biografie lacunose, la pochezza della documenta-zione archivistica, le conoscenze ancora limitate sull’orga-nizzazione di bottega e le società fra artisti, impediscono dicomprendere fino a che punto De Leone fosse alle dipen-denze degli altri due pittori. Il fatto che avesse a disposi-zione tanti disegni altrui da utilizzare per dipinti proprilascia supporre che attingesse a questo materiale con ilpieno consenso dei colleghi, facendo seguire all’apprendi-stato una sorta di società. Cfr. anche Farina, cit., p. 15.23 De Dominici, cit., pp. 70-80 per Falcone; di DeLeone tramanda solo che dopo la rivolta «gli convenneappartarsi in non so qual Paese» (ibidem, p. 81).24 Cfr. supra, nota 4.25 Falcone realizzò i Lottatori nel circo e i Soldati ro-mani nel circo; De Leone gli Elefanti nel circo (cfr. A.Ubeda de los Cobos, Paintings for the Planet King: Phi-lip IV and the Buen Retiro Palace, cat. della mostra diMadrid [Museo del Prado, 6 luglio - 27 novembre 2005],Londra 2005, cat. n. 39; p. 176, fig. 53; cat. n. 46). I tredipinti recavano un’attribuzione a Pietro Testa nella Te-stamentaria reale del 1701, corretta a favore di Casti-glione nei cataloghi ottocenteschi del Prado. Fu H. Vossa riconoscere nei primi due la mano di Falcone (cfr. A.Pérèz-Sanchez, Pintura italiana del Siglo XVII enEspana, Madrid 1965, pp. 388-389), mentre il terzovenne spostato a De Leone da Soria (Soria, cit., p. 29).26 Farina, cit., pp. 13-16. 27 Cfr. Brown, Elliott, cit, pp. 124-130. Le conoscenzeora più approfondite sullo sviluppo della pittura a Romae a Napoli durante gli anni Trenta consentono, a mio av-viso, di ancorare tutta la serie a questa cronologia (1634-1638), senza la necessità di prolungarne la realizzazione

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agli anni del viceregno di Medina de las Torres (cfr.Ubeda de los Cobos, cit., pp. 169-189 (1640 ca); Civiltàdel Seicento a Napoli... cit., I, nn. 2.55 e 2.75 (1640-43);Farina, cit., pp. 13-15 e p. 36, nota 16, (1638-39). I qua-dri di Falcone e De Leone andranno, dunque, consideraticoevi a quelli realizzati per la stessa serie da Domeni-chino, Lanfranco, Poussin, la coppia Codazzi-Gargiuloe altri (cfr. Ubeda de los Cobos, cit., nn. 35-37, 38, 41-45, 47, 49), escludendo una datazione oltre il 1638,quando Monterrey rientrò finalmente a Madrid (Brown,Elliott, cit., pp. 124 e p. 278, nota 65). Dello stesso av-viso già Péréz-Sanchéz (cit., pp. 388-389 e 401 [1635-40]) e G. Scavizzi (Aniello Falcone, in DizionarioBiografico degli Italiani, 44, 1994, p. 330 [1638]).28 Cfr. anche Farina, cit., pp. 17-28. Il ciclo «antiqua-rio» del Buen Retiro comprendeva anche una sottoserierelativa a feste bacchiche e arcaiche di cui facevanoparte quadri di Poussin, Finoglia, Ribera, Camassei eStanzione (cfr. Ubeda de los Cobos, cit., pp. 170, 176,180-183 e nn. 40 e 50). Il lavoro su tali tematiche avve-niva, dunque, parallelamente alla riscoperta filologica ealla rielaborazione in chiave moderna di un ampissimorepertorio culturale risalente al mondo antico.29 Andrea De Leone, Tobia seppellisce i morti, sangui-gna, penna e inchiostro bruno, acquerello marrone sucarta, mm 180 x 237, Londra, Victoria and Albert Mu-seum, D. 1072-1900 (cfr. Blunt, cit., pp. 144-145, tav. 28;Civiltà del Seicento a Napoli... cit., II, p. 77, n. 3-19).30 Andrea De Leone, Tobia che seppellisce i morti, san-guigna su carta, mm 185 x 220, Berlino, Kupferstichka-binett n. 163, KdZ 24121 (cfr. Newcome, cit., tav. 32;Civiltà del Seicento a Napoli... cit., II, p. 78, n. 3.20).31 Cfr. Blunt, cit.; Percy, cit., nn. 14, 15, 16 (andato di-sperso da Christie’s Londra, 3 luglio 1984, n. 11, conaltri fogli provenienti da Chatsworth), 62, 92, 108; A.Blunt, The Drawings of G. B. Castiglione and Stefanodella Bella at Windsor Castle, London 1954, tavv. 7, 17e 44, solo per citare gli esempi più calzanti.32 Andrea De Leone, An oblique view of the arch of Sep-timius Severus, Christie’s, Londra, 20 marzo 1973, lotto1 (Cfr. Newcome, cit., p. 167, tav. 40). L’interesse di Fal-cone per l’antico è testimoniato da una serie di schizzieseguiti nei Campi Flegrei (cfr. W. Vitzthum, Cento Di-segni Napoletani secoli XVI-XVIII, cat. della mostra, Fi-renze 1967, nn. 59-61; Christie’s, cit., 1973 nn. 28-34,alcuni dei quali esposti in Civiltà del Seicento a Napoli...cit., II, nn. 3.27-3.30; M. Mena Marquez, Disegni ita-liani dei secoli XVII e XVIII della Biblioteca Nazionaledi Madrid, Madrid 1988, nn. 11 e 13). A questi va ag-giunto uno studio recentemente scoperto da A. ForlaniTempesti in Marucelliana e tratto dal tempio di MinervaMedica (BMF, Dis. F. 81). Cfr. S. Prosperi Valenti, C.Goguel (a cura di), Disegni del ‘500 e ‘600 della Bi-blioteca Marucelliana, cat. della mostra di Firenze (Bi-

blioteca Marucelliana, 1 ottobre - 12 novembre 2009),Firenze 2009.33 Per la discussione ralativa al quadro del Metropoli-tan, cfr. Blunt, cit., 1939-40, tav. 29, figg. c-d-e.34 A. Blunt, The Paintings of Nicolas Poussin. A CriticalCatalogue, Londra 1966, nn. 10, 28, 149. Per tavole piùgrandi si può far riferimento a A. Blunt, Nicolas Poussin.The A. W. Mellon Lectures in the Fine Arts, II, Washington1958. Per un’ulteriore ripresa di questa posa, si vedano ilRitrovamento di Mosè del Louvre, l’Attraversamento delMar Rosso di Melbourne, il Mosè che fa scaturire le acquedi Edimburgo e la Presa del tempio di Gerusalemme diVienna (Blunt, cit., 1966, nn. 12, 20, 22, 37).35 Blunt, cit., 1958, I, p. 92, dove si precisa che questo«it’s the only painting by Poussin in which a definetlycaravagesque detail can be found: the dusty feet of thepilgrim»; cfr. Blunt, cit., 1966, n. 102.36 Cfr. Blunt, cit., 1966, n. 182.37 Andrea De Leone, Figura virile togata e inclinata,sanguigna su carta, mm 163 x 120, Napoli, Museo Na-zionale di Capodimonte, Gabinetto dei disegni e dellestampe, inv. 195. Cfr. Disegni napoletani del Sei e delSettecento nel Museo di Capodimonte, cat. della mostradi Napoli (Museo Nazionale di Capodimonte, 19 di-cembre 1966 - 19 febbraio 1967), Napoli 1966; R.Muzii, I grandi disegni italiani nella Collezione delMuseo di Capodimonte a Napoli, Cinisello Balsamo1987, n. 62.38 Londra, Victoria & Albert Museum, D.990.1900, G. B.Castiglione (qui attribuito ad Andrea De Leone), Uomoucciso con una lancia, sanguigna su carta, mm 255 x196 (cfr. P. Ward-Jackson, Italian Drawings at the Vic-toria and Albert Museum, vol. II, Londra 1980, n. 667);Londra, British Museum, Faw 5212-21, G. B. Casti-glione (qui attribuito ad Andrea De Leone), Uomo uc-ciso con una lancia, sanguigna su carta, mm 231 x 210.Già Blunt (cit., 1939, nota 4, p. 147) aveva suggerito lapossibile paternità di Andrea, venendo ripreso dall’al-lieva Percy (cit., p. 52, nota 53), ma senza trovare se-guito nella letteratura successiva. Entrambi i fogli sonoancora catalogati nelle raccolte dei rispettivi musei sottoil nome di G. B. Castiglione.39 Andrea De Leone, A burial scene, sanguigna su carta,mm 272 x 203, inv. 358. Cfr. W. Vitzthum, A Selectionof Italian Drawings from North American Collections,cat. della mostra di Montreal, Montreal 1970, p. 52, n.42; Idem, Master Drawings from Sacramento. Europeanmaster drawings from the collection of Edwin BryantCrocker (1818 - 1875), Sacramento 1971, p. 99, n. 59.40 Blunt, cit., 1966, n. 82. Ma si vedano anche la Veneree Adone di Caen (n. 186) e La Morte di Narciso del Lou-vre (n. 151).41 Blunt, cit., 1966, n. 32. Il dipinto è documentato al 1631(cfr. J. Costello, The twelve pictures ordered by Velazquez

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and the trial of Valguarnera, Journal of the Warburg andCourtauld Institutes, XIII, 1950, pp. 237-284). A confer-mare il congiunto lavoro di De Leone, Falcone e Casti-glione sulle fonti poussiniane, si noti che la stessa figura èpresa a modello in un foglio all’Albertina attribuito allabottega del Grechetto (cfr. V. Birke, J. Kertesz, Die Italie-nischen Zeichnungen der Albertina. General verzeichnis,III, Böhlau 1995, inv. 14423), in un noto schizzo di Casti-glione conservato a Chatsworth (Percy, cit., 1971, n. 14) enel monumentale dipinto di Falcone con San Giacomosconfigge i Mori alla battaglia di Clavijo, dove è citata nelsoldato defunto in basso a sinistra (cfr. Christie’s Londra,10 luglio 1992, n. 63, olio su tela, cm 148,5 x 208,5).42 Blunt, cit., 1966, n. 44.43 Cfr. anche Blunt, cit., 1939, p. 145 a proposito delTobia del Metropolitan.44 Cfr. supra, nota 25. Per Testa, cfr. E. Cropper, The Idealof Painting. Pietro Testa’s Dusseldorf Notebook, Princeton1984; Eadem, Pietro Testa (1612-1650). Prints and Dra-wings, cat. della mostra di Philadelphia (Museum of Art, 5novembre - 31 dicembre 1988), Philadelphia 1988. Inte-ressante notare che molti disegni ora attribuiti a Castiglionerecavano anch’essi antica attribuzione a Pietro Testa. Lapossibile paternità di De Leone per alcuni di essi (Blunt,cit., 1954, p. 28, n. 8), come la complessa questione dellaconfusione di alcuni fogli di ambito romano-napoletanodegli anni Trenta fra le personalità attigue di Testa-Casti-glione-De Leone, ma anche Falcone-Sacchi e il giovaneRosa è oggetto di uno studio in corso.45 Per Massimo cfr. Haskell, cit., p. 115. In una lettera in-viata nell’estate di quell’anno a Bellori, Massimo scrisse:«Il Palazzo del Buen Retiro è tutto adornato di pitture mo-derne, frà quali c’è una grandissima Galleria d’eccellentiopere del S.r Nicolò Pusino» (cfr. Ubeda de los Cobos,cit, p. 187, nota 15; L. Beaven, Reni’s ‘Cupid with a bow’and Guercino’s ‘Cupid spurning riches’ in the Prado: agift from Camillo Massimi to Philip IV of Spain?, TheBurlington Magazine, 142, 2000, pp. 437-441).46 Cfr. Ubeda de los Cobos, cit., n. 46; Spinosa, cit., I, n.1.80. Uno studio a penna e bistro per questo dipinto, re-cante una vecchia attribuzione a G.B. Castiglione, ma cer-tamente di mano di Andrea, si conserva in collezioneprivata inglese (cfr. Firenze, Kunsthistorisches Institut, fo-toteca, negativo n. 377827). Il disegno fu segnalato daPercy (cit., p. 52, nota 52) e poi da Blunt che lo dice in col-lezione Gathorne-Hardy (cfr. A. Blunt, E. Schilling, TheGerman drawings in the collection of her Majesty theQueen at Windsor Castle and supplements to the catalo-gues of italian and french drawings, Londra 1971, p. 91).Passato in asta da Sotheby’s Londra il 24 novembre 1976,questo Trionfo d’Elefanti è stato ora pubblicato da Cri-stiana Romalli (cfr. Spinosa, cit., II, fig. 47 e p. 74). Ne ènota una versione a sanguigna recentemente acquistatadal Louvre (cfr. ibidem, II, n. 3.31). Un bellissimo studio

per un Uomo che suona i cimbali, da mettere in relazionecon il quadro del Prado, venne riconosciuto da Vitzthuma Windsor fra i fogli erroneamente attribuiti a Sacchi (cfr.Blunt, Schilling, cit., p. 91, n. 226, inv. 4279).47 Cfr. Blunt, cit., 1966, p. 115, n. 157; Schütze, cit.,1996, p. 190.48 L’intensificarsi dei rapporti fra la corte di Filippo IVe quella romana, sanciti dalla legazione di FrancescoBarberini a Madrid nel 1626, potrebbero non essere deltutto indipendenti dalla scelta del re di Spagna e del suoambasciatore Monterrey di farsi realizzare per il nuovoCasòn del Buen Retiro una serie di quadri di tema anticoin pieno stile romano-barberiniano. Si spiegherebbe cosìanche il coinvolgimento di due barberiniani “di strettaosservanza” come Andrea Camassei e Giovan France-sco Romanelli, probabilmente in sostituzione dei maestriAndrea Sacchi e Pietro da Cortona.49 Cfr. Mahon, cit., 1997, pp. 45-51.50 Cfr. già Péréz-Sanchéz, cit., 1965, p. 389; Schütze,cit., 1996, p. 192. Per il quadro di Poussin, cfr. Ubedade los Cobos, cit., n. 47.51 Napoli, Museo Nazionale di Capodimonte, inv. 940,sanguigna su carta, mm 244 x 363 (Civiltà del Seicentoa Napoli … cit., II, n. 3.21).52 Ubeda de los Cobos, cit., nn. 43-45, 49; figg. 55-56,p. 179.53 Ubeda de los Cobos, cit., fig. 53, p. 176; Pérez-Sàn-chez, cit., 1965, p. 388-389. Il dipinto è stato erronea-mente attribuito da Bréjon (cit., 1984, p. 679, n. 19) adAndrea De Leone.54 Cfr. M. Boudon-Machuel, François Duquesnoy (1597-1643), Paris 2005, pp. 124-125. Cfr. Civiltà del Seicento aNapoli, Napoli 1984, I, p. 262, senza più esser ripresa dallacritica; e ora S. Sisignano, Nuove osservazioni sugli appa-rati pittorici del Buen Retiro, in Colomer, cit., pp. 229-252(in part. pp. 240-242), dove si suggerisce anche una possi-bile dipendenza dei Lottatori di Falcone dai disegni ese-guiti da Poussin per l’edizione a stampa del Libro di pitturadi Leonardo patrocinata da Cassiano dal Pozzo.55 Per la precisione dal 1632 al 1639 (cfr. G. Hooger-werff, Nederlandsche Kunstenaars te Rome 1600-1725,‘S-Gravenhage 1942, pp. 97, 99-100, 108).56 A. Blunt, Poussin studies X: Karel Philips Spierincks,the first imitator of Poussin’s Bacchanals, The Burlin-gton Magazine, CII, 688, 1960, pp. 308-311. Spierinckaveva sostituito Poussin in casa con Duquesnoy.57 Farina, cit., pp. 28-30 e p. 40, nota 64. Per un impor-tante Sileno ebbro di Spierinck (olio su tela, cm 99,5 x120; Blunt, cit., 1960, fig. 20) recentemente emerso sulmercato, cfr. S. Danesi Squarzina, in Roma luce ed ombra.Due dipinti tra terzo e quarto decennio del Seicento, cat.della mostra Galleria Silvano Lodi e Due, TEFAF Maa-stricht 2008, pp. 44-95, con ricco apparato documentario.Anche Spierinck, come Aniello, intorno al 1635 citava

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una statua di Duquesnoy (il Bacco Giustiniani) nell’an-gelo della sua Agar oggi a Potsdam (cfr. S. Danesi Squar-zina, A Hagar and the Angel by Carel Philips Spierinck inPotsdam, The Burlington Magazine, CXLI, 1999, 1155,pp 349-351) e nel Bacco, Sileno e Pan del Marchese diNorthampton (cfr. Blunt, cit., 1960, fig. 21).58 Cfr. supra, note 27 e 28.59 Cfr. Brown, Elliot, cit., p. 124 per il rimpatrio di Mon-terrey in agosto; per un invio di quadri da Napoli nel di-cembre 1638, cfr. ibidem, nota 65, p. 278 e Ubeda de losCobos, cit, p. 27, nota 50. Nel luglio 1637 Andrea DeLeone è documentato a Napoli per il battesimo del fi-glio; Falcone lo è nel gennaio del 1638 (cfr. Prota Giur-leo, cit.; Farina, cit., p. 16).60 Blunt, cit., 1966, n. 156, dove si propone che il qua-dro venisse commissionato dal cardinal Francesco Bar-berini non appena rientrato dai viaggi diplomatici inFrancia e Spagna.61 Ubeda de los Cobos, cit, pp. 185-186.62 Cfr. A. Blunt, Poussin Studies VII: Poussin in Nea-politan and Sicilian Collections, The Burlington Maga-zine, 100, 1958, pp. 76-86; Schütze, cit., 1996, pp.182-184, da cui risulta che, ad eccezione dei quadri del«Sign. Gosman mio amicissimo», le altre tele di Poussindocumentate a Napoli vi giunsero negli anni Quaranta.63 Cfr. A. Alabiso, Falcone’s frescoes in the villa of GasparRoomer at Barra, The Burlington Magazine, 131, 1989, pp.31-36. Per ulteriori confronti Blunt, cit., 1966, nn. 20-26.64 Cfr. Percy, cit., pp. 25-26. Castiglione risulta, inoltre,legato alla corte barberiniana per vie erudite (cfr. M.Galli, Fonti per il Grechetto e per Nicolas Poussin. Os-servazioni su alcune pagine erudite di Agostino Ma-scardi, Aprosiana, XVI, 2006, pp. 41-53).65 Andrea De Leone (qui attribuito), Resurrezione diLazzaro, olio su tela, cm 178 x 130, coll. priv.66 G. Labrot (Collections of Paintings in Naples: 1660-1780, Monaco 1992, p. 436) cita nel 1742 nella collezionedi Giuseppe De Dominicis un quadro di De Leone di «palmi7 in circa lunghi» che rappresenta «Lazzaro resuscitato».Poiché dimensioni e tema corrispondono perfettamente, nonpossiamo escludere che si tratti proprio del nostro quadro,tanto più che nella stessa raccolta si trovava una «entrata del

Signore in Gerusalemme di p.mi 6 in ca.», che potrebbecoincidere con il quadro già Matthiesen discusso infra.67 Cfr. C. Michaud, Johann Heinrich Schönfeld: un peintreallemand du XVIIe siècle en Italie, Monaco di Baviera 2006;U. Zeller, M. Waike, H. M. Kaulbach, Johann HeinrichSchönfeld: Welt der Götter, Heiligen und Heldenmythen, cat.della mostra di Friedrichshafen (Zeppelin Museum, 16 ot-tobre 2009 - 7 febbraio 2010), Colonia 2009.68 Cfr. Bréjon de Lavargnée, cit., 1984, figg. 662 e 642.Si notino, in particolare, numerose similitudini fra il no-stro Lazzaro e il primo dei dipinti citati, come ad es.nella fisionomia del Cristo e nel gruppo di astanti chechiude la composizione a sinistra.69 Bréjon de Lavargnée, cit., 1984, fig. 641; DorotheumVienna, cat. Alte Meister, 21 aprile 2010, lotto 15.70 Cfr. The Estate of Walter P. Chrysler Jr. Old Masterand 19th Century Paintings, Sotheby’s, New York, 1giugno 1989, lotto n. 67 (olio su rame, cm 115 x 61,5).Il quadro è stata recentemente esposto alla mostra cu-rata da Spinosa, cit., I, n. 1.84.71 Andrea De Leone, Resurrezione di Lazzaro, olio sutela, cm 126,7 x 167, firmata: «Andrea De Leone F» (cfr.Sotheby’s, Monaco, 22 giugno 1985, n. 121; Christie’s,New York, gennaio 1993, n. 121; Christie’s, New York,12 gennaio 1994, n. 187).72 Cfr. Bréjon de Lavargnée, cit., 1984, fig. 665.73 Cfr. Soria, cit., p. 24, che vi leggeva dubbiosamentela data 1670 o 1676.74 La definizione è di padre Sebastiano Resta, come at-testa l’iscrizione da lui apposta sul verso del celebre Ri-tratto di Masaniello di Falcone oggi a New York,Pierpoint Morgan Library («Era questo disegno in unlibro di disegni ch’io comprai l’anno 1683 in Napoli daAndrea de Leone decrepito, e mi disse, che il detto libroera del Duca di Tarsia vecchio» cfr. Saxl, The battlescene without a hero. Aniello Falcone and his patrons,Journal of the Warburg and Courtauld Institutes, III,1939-1940, pp. 70-87, in part. p. 84, nota 4; per l’iden-tificazione dell’anonimo redattore con Padre Resta, cfr.S. Prosperi Valenti Rodinò, Additions to the drawingscollection of the Marqués del Carpio, Master Drawings,46, 2008, 1, pp. 3-35, con bibliografia precedente).

COMPENDIO

L’autrice attribuisce al napoletano Andrea De Leone due nuovi dipinti da lei rinvenuti in collezione privata. Il primo,Tobia che seppellisce i morti, eseguito nel 1634, ripete il soggetto dell’analogo dipinto conservato nel MetropolitanMuseum di New York, confermandone l’autenticità. Il dipinto trova numerosi riscontri con disegni eseguiti a Romaquando, nel 1634, l’artista insieme all’amico A. Falcone è impegnato nell’esecuzione delle tele di Historia Romana peril Cason del Buen Ritiro di Madrid. Il secondo dipinto, La resurrezione di Lazzaro databile agli anni Cinquanta, sarebbeil pendant del primo. I due inediti offrono all’autrice lo spunto per riesaminare le date dell’intero catalogo dell’artista.