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DIREZIONE DEI MUSEI STATO DELLA CITTÀ DEL VATICANO EDIZIONI MUSEI VATICANI BOLLETTINO DEI MONUMENTI MUSEI E GALLERIE PONTIFICIE XXXII 2014

I due crateri del Gruppo Monaco 2388: un approfondimento

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DIREZIONE DEI MUSEISTATO DELLA CITTÀ DEL VATICANO

EDIZIONI MUSEI VATICANI

BOLLETTINODEI MONUMENTI MUSEI E GALLERIE PONTIFICIEXXXII–2014

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Direzione editoriale

Antonio Paolucci, Arnold Nesselrath, Paolo Nicolini

Comitato scientifico di redazione

Antonio Paolucci, Nicola Mapelli, Arnold Nesselrath, Ulderico Santamaria, Giandomenico Spinola

Periodico a cura di

Cristina Pantanella

Testi

G. Cicala, I. Di Stefano Manzella, M. Erpetti, L. Rice, G. Rocco, M. Sannibale, I. Sgarbozza

Coordinamento editoriale

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Redazione

Valerio Brienza con la collaborazione di Sabrina Moscato e Simona Tarantino

Referenze fotografiche

Foto © Musei Vaticani, Governatorato SCVSelezione: Rosanna Di Pinto, Filippo Petrignani e Gabriele Mattioli Fotografi: Pietro Zigrossi e Alessandro Bracchetti, Giampaolo Capone, Luigi Giordano, Danilo Pivato, Alessandro PrinzivalleTutte le altre referenze sono elencate a pagina 227.

Progetto grafico e impaginazione

Grafica Punto Print, Roma

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Tipografia Vaticana

ISBN 978–88–8271–369–0

© Edizioni Musei Vaticani 2015 Città del Vaticano www.museivaticani.va

I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento totale o parziale, con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm e le copie fotostatiche), sono riservati per tutti i Paesi.

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Maurizio Sannibale

L’Etruria orientalizzante

Maurizio Sannibale

Dall’Etruria pontificia ai Musei di Berlino, tra archeologia e storia contemporanea. Recensione a: Andrea Babbi, Uwe Peltz, La Tomba del Guerriero di Tarquinia

Giulia Rocco

I due crateri del Gruppo Monaco 2388: un approfondimento

Ivan Di Stefano Manzella

Un oscuro epitaffio (mistilingue greco-latino?) dalla catacomba giudaica di Monteverde in Roma: Frey, CII, I, 308. Nuova proposta interpretativa

Giovanna Cicala

L’iscrizione di cava sul fianco dell’ollario ostiense CIL XIV, 393 (Museo Chiaramonti, inv. 1343)

Marco Erpetti

Mosaico con gorgonéion dagli scavi di Ignazio Vescovali a Tor Sapienza nel 1818

Louise Rice

Bernini and the Frame of the Volto Santo

Ilaria Sgarbozza

Riflessioni sui regolamenti dei Musei Pontifici in età di Restaurazione

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Indice

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I due crateri del Gruppo Monaco 2388: un approfondimento

di Giulia Rocco

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AbstractDue crateri attici a figure rosse, uno nella Collezione Astarita nel Museo Gregoriano Etrusco, l’altro nelle Antikensammlungen di Monaco di Baviera, suggeriscono alcuni spunti di riflessione per quanto riguarda i soggetti figurati, le iconografie ed il problema del loro inquadramento nella produzione delle botteghe ateniesi della prima metà del IV secolo a.C. I soggetti figurati evidenziano l’intreccio tra sfera mitica e reale – evocative di una dimensione mitologica ed eroica – che arrivano a sovrapporsi in funzione di un messaggio simbolico, come spesso si osserva nella pittura vascolare del IV secolo a.C. Le iconografie prescelte e alcune particolarità compositive rivelano invece l’ispirazione a modelli rappresentati da sculture associate a santuari dell’Acropoli e delle sue pendici, spesso riproposti anche sui rilievi votivi, dai quali il ceramografo sembra aver derivato alcune formule del linguaggio espressivo per sottolineare il distacco tra il mondo umano e divino.

Two Attic red–figure krateres, one in Astarita’s Collection in the Museo Gregoriano Etrusco, the other in the Antikensammlungen of Munich offer cues to explore some problems about the interpretation of subjects and iconographies and about their attribution in the frame of the production of the Athenian workshop in the first half of the fourth century B.C. The subjects show the intertwining of real and mythical sphere, which come to overlap in terms of a symbolic message, evoking a mythological and heroic dimension, often observed in vase–painting of the fourth century B.C. The iconographies and some peculiarities of their composition reveal the inspiration from models represented by famous sculptures associated with shrines on the Athenian Acropolis and its slopes, often replicated on the votive reliefs from which the painter seems to have derived some conventions of the figurative language to underline the gap between the human and the divine.

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John Davidson Beazley, nel pubblicare la seconda edizione dell’Attic Red–figure Vase–painters nel 1963, premetteva ai capitoli dedicati ai ceramografi di IV secolo a.C. una breve nota1, in cui si evidenziavano le possibili divergenze tra le sue proposte di raggruppamento e quelle formulate da Karl Schefold che, nei due studi dedicati ai vasi dello Stile di Kerc2, aveva tracciato una sequenza delle principali botteghe e gruppi, basata soprattutto sulla sua conoscenza dei materiali attici nelle collezioni della Russia, ed in particolare di San Pietroburgo.

Tra gli esemplari interessati da questi due diversi orientamenti nell’articolazione della produzione vascolare della tarda età classica vi sono due crateri a calice, uno nelle Anti-kensammlungen di Monaco3 (figg. 1–4) l’altro nella Collezione Mario Astarita nel Museo Gregoriano Etrusco in Vaticano4 (figg. 5–9). Lo studio del cratere Astarita ha offerto l’oc-casione di riesamirare anche quello di Monaco, facendo emergere alcune considerazioni in merito sia ai soggetti e alle iconografie prescelte, sia al loro inquadramento nell’ambito delle botteghe operanti nel corso del IV secolo a.C.

Il cratere di Monaco, fu esaminato per primo da Schefold5, che ne rilevò la vicinanza al Pittore di Jena e soprattutto alla produzione del ceramografo da lui denominato Pittore di Elena6. Quest’ultimo non venne tuttavia accolto né come personalità autonoma, né come

Desidero ringraziare, per l’occasione offertami di discutere alcuni aspetti di questo lavoro, Elena Ghiselli-ni, Fernando Gilotta e Maurizio Sannibale. Si ringraziano tutti i Musei e le Istituzioni che hanno concesso il materiale fotografico che si pubblica in questa sede.

1 Beazley 19632, 1406.2 Schefold 1930; Schefold 1934.3 Inv. 2388: H 27, 5–28, 5 cm; diametro orlo 26, 2 cm; diametro piede 12, 1 cm. 4 Ast 495; inv. 35456. H 45,8; diametro orlo 42 cm; diametro piede 16 cm.5 Schefold 1930, pp. 9, 10 ss.; Schefold 1934, p. 28, n. 252, figg. 24–25, p. 88 ss.6 Il corpus delineato da Schefold comprendeva i seguenti esemplari: hydria San Pietroburgo, Ermitage

ST 1924 (370–360 a.C.): Schefold 1930, p. 425, tav. 28; Schefold 1934, p. 20, n° 159, fig. 22; Ghali–Kahil 1955, pp. 171–172, n° 133, tav. 23, 1; Kron 1981c, p. 425, n. 55, tav. 331; Kahil, Icard–Gianolio 1990, p. 519, n. 98, tav. 310; BAPD 6546; hydria London, British Museum E 228: Schefold 1930, pp. 11–12, tavv. 7a, 8a–b; CVA London 6, 1931: III.I.C.8, tavv. 368, 369, 371, 93.3A–C,94.1A–B, 96.1; Metzger 1951, p. 120, n. 30, tav. 11, 4; Schefold 1981, p. 269, fig. 384; Delivorrias et al. 1984, p. 191, tav. 134, n. 1364; Karusu 1984, p. 906, n. 6, tav. 671; Boardman 1989, p. 191, fig. 382; Raftopoulou 1991, p. 274, fig. 18; BAPD 7864; hydria San Pietroburgo, Ermitage B 4125: Schefold 1930, pp. 10 ss., tav. 9, 2; Schefold 1934, p. 22, n° 163;

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Figg. 1-4. Cratere attico

a figure rosse, eponimo

del gruppo Monaco 2388.

München, Antikensammlungen,

inv. 2388

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corpus di attribuzioni da Beazley. Lo studioso oxoniano associò invece il cratere di Monaco a quello Astarita nel gruppo denominato appunto Monaco 23887, che annovera solo queste due opere. Il cratere Astarita è stato datato nella fase avanzata della produzione attica e il Beazley ne propone una cronologia alla metà–terzo quarto del IV secolo a.C. nell’elenco dattiloscritto della collezione da lui redatto, acquisito insieme alla collezione stessa dai Mu-sei Vaticani; l’altro, invece, è datato al 380–370 a.C. John Boardman, riprendendo in parte la proposta di Schefold per le attribuzioni al Pittore di Elena, assegna il cratere di Monaco a quel ceramografo8. Per il resto i due esemplari sono stati solo brevemente trattati in rela-zione ai soggetti figurati, senza ulteriori approfondimenti che, in particolare per quello di Monaco, abbiano chiarito il problema dell’identificazione della scena9.

tav. 9, 2; Metzger 1951, p. 302, n° 12, tav. 40, 3; Boardman 1989, p. 191, fig. 383; BAPD 7018; fr. di chous Tübingen, Eberard–Karls–Universität E 174: CVA Tübingen 4, 1984, tav. 38, 1–8; BAPD 11634 con altra bibl.; fr. di oinochoe da Tebe, Kabirion, Atene Museo Nazionale: Kron 1981b, p. 440, n. 27, tav. 340; BAPD 262. Ad esse si è aggiunto un frammento di cratere a campana da Sardi, avvicinato da N. Ramage al Pittore di Elena, Manisa, Museo Archeologico P68.84.7718: Schaeffer, Ramage, Greenwalt 1997, p. 93, n. 120, tav. 42, 380–350 a.C.; BAPD 29306.

7 Sir J.D. Beazley C.H., Mario Astarita’s Collection; il documento è conservato in Vaticano, presso la Direzione del Museo Gregoriano Etrusco, redatto a cura dello stesso Mario Astarita, dattiloscritto a Napoli in data 8 giugno 1967 (in previsione della donazione della collezione a Papa Paolo VI), ma il cui testo è antecedente alla pubblicazione di Beazley 19632, 1446, 1–2; Carpenter2 1989, 378.

8 Boardman 1989, p. 191, fig. 381.9 La definizione del soggetto non è stata chiarita per il cratere Monaco 2388, per i cui dati tecnici v.

nota 3; come bibl. ad esso relativa Metzger 1951, p. 48, n° 24, p. 280 n° 34; Ghali–Kahil 1955, p. 170, n° 131, tav. 22; Beazley 19632, 1447, 2, in cui Beazley esprime dubbi sull’identificazione del suo programma figurativo come le nozze di Paris ed Helene, dubbi accolti da Walter 1959, pp. 29–30, fig. 22 e da Arias,

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Figg. 5-9. Cratere attico a figure rosse

con il mito di Poseidon e Amymone e

Athena ed Herakles. Museo Gregoriano

Etrusco, inv. 35456

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Entrambi provengono da contesti molto probabilmente funerari per via dello stato di conservazione; quello Astarita da Cales10, l’altro da Atene, che in quest’epoca ha restituito un numero ridotto di ceramica di buona qualità, indirizzata prevalentemente verso i mer-cati della Russia meridionale, di Kition, Al Mina, delle isole del Dodecanneso, dell’Africa settentrionale, dell’alto Adriatico e della Puglia, della Gallia meridionale e della Spagna e ancora in parte della Campania e della Beozia11.

I crateri non sono del tutto gemelli nella tettonica, nelle proporzioni e nelle misure (quello di Monaco è alto poco più della metà dell’altro); presentano pareti dall’anda-mento rettilineo in basso, ma accentuatamente svasate immediatamente sotto l’orlo, estroflesso ed appiattito, che solo su quello Astarita è decorato con un fregio di linguette nere all’interno di ovuli contigui; le anse a bastoncello verticali piegate ad angolo hanno i punti di attacco molto ravvicinati. Il cratere Astarita si contraddistingue, tuttavia, per il maggior sviluppo dello stelo e del piede, a sezione tronco–conica e di diametro ridotto a differenza dell’altro, che possiede un diametro maggiore e profilo ad echino. I rapporti tra il diametro ridotto del piede rispetto all’orlo, lo sviluppo in altezza delle pareti dal profilo accentuatamente estroflesso e le anse angolate sono caratteristici dei crateri a calice del primo quarto del IV secolo a.C., epoca in cui si verifica una significativa tra-sformazione della loro tettonica rispetto al secolo precedente12. Se il cratere conservato a Monaco ricorda ancora esemplari del primo quarto del IV secolo a.C., quello Astarita, per le proporzioni che gli conferiscono un aspetto instabile, sembra già richiamare quelli successivi la metà del IV secolo a.C., la cui evoluzione si conclude nel Gruppo L.C.13; vi sono tuttavia già alcuni accenni di questa tendenza intorno alla metà del IV secolo a.C., come rilevato da Martin Robertson in relazione a due crateri da Al Mina14 e da Olynthos, quest’ultimo non posteriore al 348 a.C.15

Su entrambi i crateri la decorazione si sviluppa senza alcuna apparente cesura compo-sitiva tra i due lati, con il distribuirsi delle figure su tutta la parete del vaso; esse non si di-spongono comunque liberamente nello spazio su molteplici livelli, a suggerire l’illusione di una prospettiva, come ancora nella tradizione delle botteghe attiche della fine del V secolo

Hirmer 1960, p. 383, tav. 223; per l’iconografia di alcune figure Delivorrias et al. 1984, p. 91, n. 830, tav. 83, con datazione al 370 a.C.; Kahil, Icard–Gianolio 1990, p. 519, n. 99 con altra bibl.; Carpenter 19892, 378; Ghisellini 1999, p. 65, fig. 68. Per il cratere Astarita Beazley 19632, 1447, 1; Simon 1981, p. 747, n. 63; Vollkommer 1988, p. 47, n. 321; Carpenter 19892, 378; Villing 1992, pp. 48, 116, n° 171; Weiss 1997 p. 936.

10 Petersen 1893, p. 441, n. 39.11 In generale, per la distribuzione della ceramica attica tarda: Sabattini 2000; Fless 2002.12 Isler–Kerényi 1982, pp. 127–149; Campenon 1994, pp. 35 ss.; Moore 1997, pp. 27 ss.; Papanastasiou

2004, pp. 24, 35 ss.13 Beazley 19632, 1456–1460; Beazley 1971, 493–494; Carpenter 19892, 379–380.14 Oxford, Ashmolean Museum inv. 1939.599. Beazley 1939, pp. 35–44, n. 86, tavv. 2–6; Boardman

1989, p. 191; Robertson 1992, pp. 283, nota 113, 289, che sembra orientato a riconoscervi un’opera ancora vicina a quelle del Pittore di Marsia, attribuita ad una personalità denominata Pittore Eleusino.

15 Robinson 1933, pp. 104 ss., n.129, tav. 76.

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a.C., bensì sono collocate su due distinti registri, quelle in basso idealmente in primo piano così da mettere in evidenza i protagonisti, le altre immaginate sullo sfondo, con un ruolo probabilmente secondario16. Sull’esemplare di Monaco vi è inoltre un consistente utilizzo del colore bianco, applicato spesso per completare dettagli a rilievo, come i monili ed il piumaggio delle ali degli eroti.

Il soggetto sul cratere di Monaco è problematico da determinare (figg. 1-4). Karl Sche-fold, Lilly–Ghali Kahil e Henri Metzger avevano proposto l’incontro di Paris ed Helene alla presenza dei Dioskouroi e di ancelle con doni e oggetti per ornarla come nel giorno delle nozze. Sia Enrico Arias che John Beazley si erano tuttavia mostrati scettici riguardo a tale ipotesi. In particolare Arias, riprendendo un’osservazione di Hans Walter, riteneva si fosse voluta permeare di un’atmosfera mitologica una scena reale di incontro tra un giovane e una fanciulla, mentre sul lato opposto Aphrodite potrebbe essere la protagonista. L’icono-grafia e gli attributi di molte figure sono effettivamente generici, prestandosi a differenti identificazioni. Sebbene sia probabile che fossero illustrati soggetti diversi sui due lati, se-condo la prassi generalmente adottata per la decorazione di questa forma vascolare, la loro articolazione senza soluzione di continuità sulla parete del cratere non permette di cogliere una netta cesura. Sul lato B inoltre gli sguardi dei personaggi, pur variamente articolati, sono tutti volti a sinistra, quasi a creare un collegamento ideale con la composizione sul lato opposto, così come le figure in corrispondenza delle anse; sul lato A, sul registro in basso, in realtà una posizione di rilievo non è attribuita solo ai due personaggi nei quali si è proposto di identificare Helene e Paris. Alle spalle della donna, cui sembra riservato un ruolo preminente, vi è infatti un giovane seduto sull’himation posato su una roccia, con i capelli cinti da una tainia. La figura femminile si abbandona languidamente sul klismos, un braccio posato sullo schienale, l’altro proteso verso il personaggio stante, con le gambe incrociate su cui si è posata una colomba; veste un chitone trasparente cinto in vita, che lascia scoperte le spalle, su cui è sovrapposto un himation che le avvolge le gambe, ha lunghi capelli inanellati legati in una coda ed è adorna di orecchini, collana e bracciale. Il giovane stante, con un corto mantello gettato su una spalla, forse una chlamys, e i capelli cinti da un diadema, appare di proporzioni ridotte rispetto sia alla figura femminile che a quella maschile sedute. Sul registro superiore vi sono cinque figure: una donna seduta a sinistra di tre quarti su una roccia, vestita di chiton ed himation, i capelli raccolti in un sakkos, tiene con una mano un timpano, volgendosi verso il centro della scena dove vola un erote, con l’himation panneggiato e la chelys–lyra, volgendo il capo verso il giovane. Seguono una don-na retrospiciente che avanza verso destra, vestita come le compagne di chiton ed himation sollevato per un lembo sulle spalle, agitando un cembalo; accanto un erote volge il capo indietro verso il centro della scena e una figura femminile, di cui rimane la parte inferiore, avanza vivacemente verso sinistra con in mano una fiaccola (?).

Sul lato opposto, in basso, è raffigurata una coppia di donne, una a destra seduta su un ri-salto del terreno, l’altra retrospiciente nell’atto di andarle incontro velocemente; la presenza

16 Questo schema compositivo sarà poi spesso utilizzato per distinguere le figure divine da quelle umane mediante la loro disposizione su due fregi sovrapposti Morard 2009, passim.

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di uno sgabello e di un kibotion suggeriscono un interno domestico. La donna seduta piega un braccio avvicinando la mano al viso; indossa un chiton leggero con l’himation che le avvolge le gambe, scarpe chiuse, orecchini e collana e ha i capelli legati in una coda. La compagna veste un lungo peplo con l’apoptygma privo di cintura, bracciale e collana, i lunghi capelli sciolti sulle spalle scompigliati dalla corsa. Sul registro superiore, interessato da un’ampia lacuna in corrispondenza dell’ansa, rimangono parte dei piedi e delle mani di una figura femminile seduta a sinistra che teneva una colomba, con accanto un Erote nell’atto di accarezzare l’ani-male; al centro una compagna di prospetto volge il capo a sinistra, vestita di peplo con lungo apoptygma cinto in vita, i capelli trattenuti da una sphendone e ornata di orecchini, collana e bracciali, recando un kibotion ed una fascia o cintura; seguono un uccello di grandi dimensio-ni, forse un’oca, ed un personaggio maschile di spalle alla scena, verso cui volge tuttavia lo sguardo, vestito di himation, con i corti capelli ricciuti trattenuti da una tainia sovraddipinta in bianco. In corrispondenza dell’ansa una donna con peplo cinto in vita, i capelli raccolti nel sakkos, collana ed orecchini avanza verso sinistra volgendo indietro il capo e recando una fascia ed una cesto ricolmo di oggetti tondeggianti, forse frutti.

Il punto di raccordo tra le pareti ed il piede del cratere è decorato da un fregio di ele-ganti palmette, nascenti da volute iscritte in archetti e alternate a fiori di loto, racchiuso tra due fregi con ovuli entro guscio a risparmio.

L’unione tra Paris ed Helene diviene il paradigma delle nozze ideali nella pittura vasco-lare attica della seconda metà del V secolo a.C., quando si sviluppa, in parallelo, anche la versione del matrimonio tra Theseus e la Tindaride, connotata da sfumature politiche di diverso orientamento17; tale soggetto continua ad essere attestato nel corso del IV secolo a.C., che pur registra una drastica riduzione, rispetto al precedente, della varietà dei temi mitologici, dei quali sembrano sopravvivere, in forma mutata, il ciclo di Herakles, di Dio-nysos e di Aphrodite. Le scene con Paris ed Helene non hanno tuttavia più un tono dram-matico e l’atmosfera è quella dell’incontro tra amanti, raccolta e sospesa, a rappresentare il momento della decisione dell’eroina; ad Aphrodite, assente, non sembra assegnato il ruolo esplicito di determinarne il destino. Le nozze di Helene con Paris o Theseus presentano in realtà un carattere diverso dalla composizione sul cratere di Monaco, che possiede tratti inusuali: il personaggio maschile non indossa gli abiti esotici e nessuno degli attributi che servono a connotare Paris come straniero ed orientale, quali il berretto frigio, le anaxyrides, la tunica ricamata o candys e sui quali i ceramografi di IV secolo a.C. amano soffermarsi, riproducendoli con dovizia di dettagli e ricchezza barbarica, come sulla hydria Berlino 3768

17 A partire dall’età di Cimone si assiste infatti ad una “atticizzazione” delle origini dell’eroina e ad una idealizzazione della figura di Theseus, mentre negli anni della pace di Nicia (421–414 a.C.) il mito sarebbe stato utilizzato in chiave propagandistica, a celebrare un riavvicinamento tra Atene e Sparta: Shapiro 1986, p. 9 ss.; Bron 1996, pp. 297 ss.; Shapiro 2005, pp. 54 ss. Per una lettura politica del mito delle nozze tra Theseus ed Helene: Shapiro 1992, pp. 232 ss. e pp. 235–235, tav. 50, 6, in cui si propone di identificare in tale soggetto la scena sul lato B del cratere del Pittore di Talos Potenza, Museo, inv. 51534; Servadei 2005, pp. 164–165, 167; Pellegrini 2009, pp. 122 ss. Cfr. l’hydria del Pittore di Pronomos, da Tebe, E 173, in cui si sono volute riconoscere le nozze di Theseus ed Helene, CVA Thebes 1, 2001, tavv. 75–76–77; BAPD 24225.

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attribuita al Pittore di Jena e datata al 380–370 a.C.18. Theseus, di aspetto giovanile e ve-stito di chlamys, può a volte confondersi con efebi come quello raffigurato sul cratere, ma risulta spesso riconoscibile da attributi meno generici quali il pilos, il petasos, le armi19. Per il personaggio stante sono state inoltre adottate proporzioni minori, contravvenendo ad una convenzione consueta nella pittura vascolare attica, che vi deroga quando si intende sottolineare l’età infantile20 o una diversità di rango; non sembra comunque possa trattarsi di un errore, come su una hydria attica a figure rosse del 370–360 a.C. (fig. 10), con Aphro-dite seduta sul klismos ed Hippolytos stante, che era stato rappresentato di altezza ridotta nel disegno preparatorio, ma poi corretto secondo le convenzioni correnti21. Il ceramografo adotta infatti queste stesse proporzioni per Herakles davanti ad Athena sul cratere Astari-ta, in cui l’eroe appare ugualmente privo di qualsiasi attributo specifico, ad eccezione della chlamys gettata su una spalla (fig. 8). Un confronto per questa convenzione è offerto dalla classe dei rilievi votivi, sui quali le proporzioni segnalano il ruolo subordinato dei devoti, pari in altezza alle divinità sedute che si accingono ad onorare22, avvolti nell’himation a dichiarare il loro status di cittadini ateniesi.

Il giovane stante e la donna non appaiono inoltre gli unici protagonisti della scena, in quanto il personaggio maschile seduto su un risalto del terreno alle spalle di costei sembra possedere un rango analogo; secondo la lettura che vi riconosceva l’incontro tra il principe troiano e la Tindaride, si era suggerito di identificare in questi e nel giovane sul registro superiore del lato opposto i Dioskouroi, ma esiste una distinzione tra le due scene ed è anche inconsueta la distanza che separerebbe la coppia dei gemelli divini.

L’iconografia della figura femminile seduta sul klismos è quella della “Aphrodite tipo Olympias”, in cui si è proposto di riconoscere non solo la statua di culto della dea in uno dei santuari a lei dedicati ad Atene, ma forse un’altra divinità quale Hygieia23. Il problema è ancora dibattuto e, anche quando ci si è orientati per Aphrodite, sono state avanzate ipotesi divergenti in merito all’identificazione con il suo simulacro nel santuario ipetrale alle pendici settentrionali dell’Acropoli24, che replicava quelli a lei

18 Beazley 19632, 1516, 81, 1697; Beazley 1971, 500; Carpenter 19892, 384; CVA Berlin 9, 2002, pp. 65–67, fig. 17, tavv. 40.1–4, 41.1–3, 42.1–6, 58.12; Fellmuth et al. 1996, p. 28, fig. 20. Per la diffusione di questa iconografia del principe troiano a partire dal 420–410 a.C., cfr. la bibliografia citata in CVA Berlin 9, 2002, Beil. 16–17, pp. 88 ss.; Metzger 1951, pp. 279 ss.

19 Cfr. nota 17 e Servadei 2005, pp. 156–167.20 In generale per le raffigurazioni dei fanciulli e del loro mondo, Shapiro 2003, pp. 85–111. 21 Berlin, Antikensammlung 3166, CVA Berlin 9, 2002, p. 72, fig. 19 in particolare e tavv. 46, 1–4,

47, 1–4, 59.1; BAPD 16082. Attribuita al Pittore di Ippolito, per il cui rapporto con il gruppo delle hydriai Londra E 230 vedi nota 106.

22 Edelmann 1999, pp. 32 ss., 75 ss.23 In generale sul tipo iconografico Vierneisel Schlörb 1979, pp. 108 ss., 114 ss.; Delivorrias et al. 1984,

p. 90, s.v. Aphrodite; Despinis 1988, p. 69 (per la proposta di riconoscervi Hygieia); Maderna Lauter, in Bol 1990, pp. 204 ss., n° 215; Dally 1997, pp. 1 ss.; Gasparri 2000, pp. 3 ss.; Bol 2004, pp. 182–183, figg. 113–a–b; Strocka 2005, pp. 121 ss.

24 Delivorrias 1978, pp. 1 ss., per il collegamento con quel santuario. Per un quadro generale delle varie

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Fig. 10 a-b. Hydria attica a

figure rosse. Berlin, Staatliche

Antikensammlung inv. 3166.

Disegno preparatorio e versione

finale della figura di Hippolytos

tra Aphrodite seduta e Phaidra

(da CVA Deutschland 74, tav.

46, 1)

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I DUE CRATERI DEL GRUPPO MONACO 2388: UN APPROFONDIMENTO Giulia Rocco 93

dedicati lungo l’Ilisso e a Daphni25, oppure del santuario di Aphrodite Pandemos26, il cui culto va localizzato sul versante sud–occidentale, ove possedeva un sacello come pro-tettrice dell’ingresso dell’Acropoli. In quest’ultimo santuario, in cui era onorato anche un personaggio eroico che conosciamo dalle fonti epigrafiche come , si svol-gevano le cerimonie delle Aphrodisia in occasione delle quali venivano offerte colombe; secondo Pausania sarebbe stato fondato da Theseus al suo ritorno da Creta, dopo aver com-piuto il sinecismo cui si doveva la nascita dello stato ateniese. La sua origine va ricercata all’epoca delle riforme di Solone; benché associato alla sfera dell’amore e al matrimonio, tale culto possedeva sia una valenza politica, in relazione alla coesione del Demos, che civile, essendo la dea preposta al passaggio degli efebi all’età adulta27. Il tipo iconografico della “Aphrodite–Olympias” nella seconda metà del V sec. a.C. godrà di grande fortuna, non solo come immagine della dea o di eroine, ma anche di figure femminili in contesti nu-ziali28, con un’ambiguità spesso non risolvibile. Sarà riproposto su varie tipologie di rilievi, sulle stele, sulle loutrophoroi e nella pittura vascolare attica29; nella ceramografia magno greca, in particolare apula, le immagini di defunte sono spesso riprodotte come statue che ricalcano quell’iconografia, riconoscibili come tali per la presenza di una base o di un’edicola30. Nel caso del cratere a Monaco, tuttavia, non vi sono elementi che indizino né un riferimento alla riproduzione di un eidolon, né alla sfera funeraria; la posa reclina-ta e sensuale, diversa da quella che si osserva nell’adattamento del modello in ambito

proposte anche in relazione alla datazione dell’originale Dally 1997, pp. 1 ss.; Rosenzweig 2004, pp. 33 ss., per il dibattito sulla identificazione delle statue. La statua realizzata da Alkamenes per il santuario dell’I-lisso e la replica contemporanea di Daphni erano tuttavia stanti, v. infra nota 26.

25 Delivorrias 1968, pp. 19 ss.; Delivorrias et al. 1984, pp. 30 ss., nn° 193, 200; Kreikenbom 2004, pp. 194 ss.26 Cfr. per un quadro generale Dally 1997. Sul santuario, la sua origine ed i suoi culti, vedi Beschi

1967–68, pp. 517 ss.; Simon 1983, pp. 48 ss.; Holtzmann 2003, p. 211; Rosenzweig 2004, pp. 13 ss. per un quadro riassuntivo sulla tradizione di una sua fondazione da parte di Theseus; Breitenberger 2007, pp. 118 ss.; Smith 2011, pp. 55 ss.

27 Pirenne–Delforge 1988, pp. 142 ss.; Pirenne–Delforge 1994, pp. 26–40. Sulle sue origini orientali, Pirenne–Delforge 1987, pp. 153 ss.

28 Si vedano i molteplici esempi nell’ambito della produzione vascolare del Pittore di Meidias: Burn 1987, pp. 26 ss., 81 ss. ed un fr. di lebete al Louvre, CA 1679, Beazley 19632, 1179, 3; Beazley 1971, 460; BAPD 215618, una oinochoe del Pittore di Schualo a Ferrara T 512 con Polinice ed Eriphyle, Beazley 19632, 1206, 4; Beazley 1971, 463; Carpenter 19892, 344; BAPD 215961 con altra bibl. e cfr. note 21 e 32, rispettivamente per l’hydria con il mito di Ippolytos ed un fr. del Pittore di Kleophon sul quale la presenza dell’iscrizione permette di identificarla con certezza come Aphrodite.

29 Cfr. tra gli esempi più significativi una lekythos attica del Pittore di Sabouroff, Boston MFA 10.220, Beazley 19632, 845, 170; Carpenter 19892, 297; BAPD 212318. Per altri esemplari cfr. in particolare De Cesare 1997, pp. 203 ss., p. 247, nn° 130–132, p. 292, nn° 437–439, p. 296, nn° 462–463, p. 298, nn° 478–480, p 300, n° 491.

30 In questi casi il personaggio stante di fronte alla defunta e gli altri congiunti sono colti nell’atto di tributarle onori funebri, spesso con gesti che richiamano quelli della vita quotidiana, non diversamente da quanto si osserva sulle stele funerarie, De Cesare 1997, pp. 22 ss., 247, nn° 133–135, anche per l’hydria apula del Museo Nazionale di Napoli inv. 82297, attribuita al Pittore di Adolphseck. Per l’eco del tipo nella ceramica apula: Massei 1982, pp. 483 ss., 485, 488, 497 in particolare.

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funebre o nelle scene di incontro amoroso tra donne sedute e giovani, e la presenza della colomba nell’atto di spiccare il volo dalle sue mani31 sembrerebbero richiamare piuttosto l’immagine della dea. Il nome di Aphrodite compare su un frammento di hydria del 440 ca. a.C. conservato a Tübingen attribuito al Pittore di Kleophon (fig. 11), che ripropone la stessa iconografia32, attestata, oltre che sulla succitata hydria Berlin 3768 (fig. 10 a–b), anche su alcuni rilievi votivi attici che ritraggono la dea33. Per quanto riguarda l’associazione tra il tipo iconografico della figura femminile sul klismos e quella maschile seduta su un risalto del terreno alle sue spalle sul cratere di Monaco, sembra opportuno richiamare una base frammentaria rinvenuta nell’Odeion di Erode Attico ad Atene, su cui già Luigi Beschi34 (fig. 12 a–b) aveva fermato la sua attenzione, riconoscendo nelle figure che compaiono sui due lati conservati rispettivamente Aphrodite Pandemos con l’attributo della colomba ed un personaggio eroico seduto su una roccia, con l’himation panneggiato intorno ai fianchi, identificato con quell’ citato dalle fonti in relazione al santuario alle pendici sud–occidentali ed in cui lo studioso proponeva di riconoscere Egeo35. Da ultimo è stata messa in dubbio l’identità femminile della figura con la colomba, mentre è condivisa la possibilità che la roccia su cui è seduto il personaggio maschile sia un richiamo al suo status divino o eroico36. I suoi tratti maturi lo differenziano dalla figura seduta accanto ad Aphrodite sul cratere, ma altri eroi giovanili, spesso senza nome, e divinità, caratterizzati unicamente da una tainia che cinge loro le tempie, compaiono sui rilievi votivi, stanti o seduti sulle rocce allusive all’Acropoli37: ad esempio la coppia di due eroi, uno seduto, l’altro stante con chlamys e bastone, sul rilievo Atene MN 1460 datato alla fine del V sec. a.C.38 (fig. 13), oppure Asklepios raffigurato accanto ad una divinità femminile seduta sull’esemplare della Collezione Torlonia, messa in relazione con il santuario di Aphrodite , anch’esso alle pendici sud–occidentali dell’Acropoli in prossimità dell’Asklepieion o con quello di Hygieia39. Benché i vari argomenti addotti negli studi sopra menzionati,

31 Per le colombe come attributo di Aphrodite Pandemos: Beschi 1967–1968, pp. 523 ss.; Pirenne–Del-forge 1994, pp. 30 ss.

32 S.10/1232a vedi Beazley 19632, 1147,61; Carpenter 19892, 335; CVA Tübingen 4, 1984, pp. 74–75, tav. 32, 3–4; De Cesare 1997, p. 205, fig. 141.

33 Comella 2002, pp. 56–57, fig. 44, 194, n° 58 (Museo dell’Agorà inv. S 2049); Vikela 1997, pp. 202 ss., tav. 26, 1 (Museo dell’Agorà S 851) e pp. 183 ss., tav. 22, 4 (Akropolis Museum inv. 4700). Cfr. nota 36.

34 Walter 1923, p. 183, n° 390; Beschi 1967–1968, p. 526; Kosmopoulou 2002, pp. 70–71, 176–177, cat. n° 14, figg. 29–30.

35 Elderkin 1941, pp. 381 ss.; Beschi 1967–1968, pp. 517 ss.; Pirenne–Delforge 1987, pp. 153–155; Vi-kela 1997, pp. 198–199.

36 Per l’identificazione come eroi o dei delle figure sedute su una roccia, Carrol–Spillecke 1985, pp. 56–57.

37 Meyer 1989, pp. 187 ss. Sulla categoria degli eroi delle tribù attiche e su quella, altrettanto vasta, de-gli eroi anonimi Kron 1981a; Shapiro 2012, pp. 111 ss. Cfr. ad esempio quello sul rilievo della Collezione Nani al Musée Calvet di Avignone, inv. E 35, Cavalier 1997, pp. 144–147, n° 3, fig. 56.

38 Mitropoulou 1977, p. 73, n° 148, fig. 203.39 Per il culto di Hippolytos associato ad Aphrodite in un santuario anch’esso alle pendici sud–occiden-

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intesi a ricollegare o meno il tipo scultoreo della Olympias di Villa Albani ad Aphrodite e ad uno dei suoi simulacri ad Atene, non siano giunti a risultati concordi, è probabile che sul cratere di Monaco si volesse effettivamente raffigurare quella dea e non una mortale che ad essa si assimila; il giovane sedutole accanto potrebbe allora essere una di quelle figure eroiche associate ad Aphrodite, forse anche dal punto di vista della topografia dei culti, secondo una consuetudine documentata sia nella pittura vascolare della fine del V secolo a.C., che nei rilievi votivi, come mostrano alcuni degli esempi considerati40.

L’assenza di attributi specifici e le proporzioni minori del giovane stante intendono forse indicarne il ruolo differente, non tanto tuttavia di semplice devoto, visto il tipo di abbigliamento; vi si potrebbe riconoscere un eroe ateniese, nell’aspetto sovrapponibile agli efebi di cui è modello, nell’atto di onorare Aphrodite, forse in una delle tappe di passag-gio che conducono dall’età giovanile a quella adulta. Non diversamente viene raffigurato Hippolytos di fronte alla dea sulla hydria Berlino 3166 sopra citata (fig. 10 a-b), con schemi iconografici simili a quelli del cratere di Monaco. Aphrodite e personificazioni che impli-

tali dell’Acropoli, Beschi 1967–1968, pp. 514 ss.; Rosenzweig 2004, pp. 83 ss. con bibl. Per Theseus vedi nota 17. Per Hygieia vedi nota 23; Gasparri 2000, p. 7.

40 Questi riferimenti a culti dell’Acropoli e delle sue vicinanze espressi in forma anche molto elaborata non sono estranei alla pittura vascolare attica della fine del V secolo a.C.: Avramidou 2009, pp. 1 ss.; Shapiro 2009, pp. 261 ss.

Fig. 11. Frammento di hydria con Aphrodite

seduta circondata da fanciulle che giocano

a palla. Tübingen, Antikensammlung des

Archäologischen Instituts der Universität

S.10/1232a (Tübingen, Institut für Klassische

Archäologie Inv. S./10 1632)

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Fig. 12 a-b. Base con Aphrodite (?)

con una colomba e un eroe.

Atene, Museo dell’Acropoli, inv. 3014

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Fig. 13. Rilievo votivo attico con eroi eponimi.

Atene, Museo Archeologico Nazionale, inv. 1460

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cano la sfera nuziale accompagnano spesso nella pittura vascolare della fine del V secolo a.C. giovani la cui identità come mortali (eroizzati?) piuttosto che eroi è stata oggetto di discussione: quando il loro nome è dichiarato da una iscrizione, essa non sembra indicarne l’appartenenza a categorie di eroi noti o divinità. Si è suggerito che rappresentino l’imma-gine dello sposo inserita, come più frequentemente la sposa, in un contesto inteso ad evo-care una condizione di felicità ideale: così Polykles, stante di fronte alla dea che gli porge una collana a manifestargli il suo favore sulla squat–lekythos Londra BM 1846.9–25.12 in compagnia di Pandaisia, Eros, Kale ed Eudaimonia (fig. 14)41 o Chrysippos, seduto accanto ad Aphrodite, Pothos o Eros e Pompe su quella del Metropolitan Museum 1911.213.2 (fig. 15)42, opere entrambe della maniera del Pittore di Meidias. Anche sul cratere di Monaco la pre-senza di Eros è intesa probabilmente a esplicitare la dimensione nuziale43.

La sovrapponibilità dell’immagine del giovane stante con quella degli efebi, dell’Aphro-dite tipo Olympias con donne mortali e del personaggio seduto con figure eroiche sembra espressa in una forma più ambigua di quanto non si registri in altri esempi di pittura vasco-lare del IV secolo a.C., in cui si verifica comunque una tendenza a sfumare la distinzione tra scene mitologiche e vita reale, attribuendo un diverso significato al mito stesso, che di-viene espressione della vita interiore, dei sentimenti e delle aspirazioni dell’uomo. Se nella scena dipinta sul cratere di Monaco non compaiono personificazioni, come frequente negli ultimi decenni del V secolo a.C., si sono tuttavia colti i tratti più propriamente umani, anche negli atteggiamenti, dei protagonisti appartenenti alla sfera divina ed eroica; queste sembrano sovrapporsi al mondo reale nel proporre un modello paradigmatico, che non è tanto quello dell’incontro tra amanti del mito di Helene e Paris, ma tra mondo divino ed umano, come avviene nella classe dei rilievi con cui si sono evidenziati i paralleli.

La scena sul lato B, pur autonoma, è ugualmente riferibile ad una tematica nuziale sul piano delle convenzioni iconografiche e le colombe e gli eroti in volo sul registro superiore rappresentano idealmente un elemento di continuità con il lato opposto, ad evocare la sfera di Aphrodite. Protagoniste sembrano essere la fanciulla seduta, forse la futura sposa, piuttosto che la dea, verso cui si dirige una compagna con i capelli scomposti dalla corsa, quasi a recare un annuncio, secondo una iconografia assai diffusa tra la fine del V e nel cor-so del IV secolo a.C.; completano la composizione oggetti che servono spesso a connotare raffigurazioni nuziali, come i kibotia, cofanetti offerti alla sposa da parte della nympheutria il giorno dell’Epaulia, la cesta ricolma di frutti44, l’oca sacra ad Aphrodite45, mentre lo sgabel-

41 Burn 1987, p. 33, 101, p 1, tav. 20 c–d, con bibl. prec.; Smith 2011, pp. 63, 84 ss., 164, VO 37, fig. 5,12.

42 Burn 1987, p. 111, MM 76, con bibl. prec.; Rosenzweig 2004, pp. 21 ss.; Smith 2011, pp. 84 ss., 86, 165, VP 41, fig. 8.5.

43 Sulle figure di Eroti e le diverse sfumature dal punto di vista del significato che assume il loro mol-tiplicarsi in una stessa scena nella pittura vascolare attica: Greifenhagen 1952; per la loro presenza nelle raffigurazioni di unioni divine e umane: Sutton 1997–1998, pp. 27–48 p 27 s.

44 Deubner 1900, p. 144 ss.; Brümmer 1985, p. 138 ss.; Kaltsas, Shapiro 2008, p. 296. Per i frutti Pfi-sterer–Haas 2003, p. 139 ss.

45 Villing 2008, p. 171 ss.

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Fig. 14 a-c. Squat-lekythos con Aphrodite che offre un monile a Polykles,

circondata da personificazioni legate alla sfera nuziale,

London, The British Museum 1846.9-25.12

Fig. 15 a-c. Squat-lekythos con Aphrodite e Chrysippos circondati

da personificazioni della sfera nuziale,

New York, Metropolitan Museum 1911.213.2

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lo suggerisce un interno domestico; le fiaccole e il cembalo tenuti in mano da alcune delle donne ed il loro movimento vivace evocano non soltanto le feste notturne (pannychis), momento rilevante delle nozze ateniesi, ma anche i culti dionisiaci46. Non è invece possibi-le precisare se nel giovane sul secondo registro, dietro la fanciulla seduta, possa riconoscersi lo sposo o più probabilmente qualche altro personaggio o personificazione che prende parte alla celebrazione nuziale. Come già la scena sul lato opposto, che nelle linee generali po-trebbe richiamare l’incontro tra Paris ed Helene, anche in questa l’atteggiamento pensoso della figura seduta e l’accorrere della compagna, quasi recasse una notizia, sembrerebbero consoni a miti in cui sono protagoniste eroine come Phaidra sull’hydria a Berlino citata con Aphrodite e Hippolytos47 o all’attesa di un avvenimento, piuttosto che ad illustrare le atmosfere idilliache delle scene nuziali della fine del V secolo a.C. Non è dunque possibile stabilire, anche in questo caso, un nesso con un episodio mitologico in particolare, benché si adottino iconografie già collaudate per l’illustrazione di quelle tematiche.

Sul cratere di Monaco i riferimenti alla sfera nuziale appaiano quindi molteplici, ma espressi in una forma che suggerisce una voluto intreccio tra la dimensione reale e quella divina o comunque mitologica48. La presenza di schemi iconografici ricorrenti in episodi mitologici, come quello di Paris ed Helene o di Phaidra ed Hippolytos, non è sufficiente a riconoscerli come tali; l’ambiguità nella lettura di queste scene non sembra casuale, ma piuttosto finalizzata a richiamare il valore simbolico di quei miti ed il loro rispecchiarsi nella realtà. Benché documentate in numero minore rispetto a quanto si osserva su altre tipologie vascolari, le tematiche nuziali non sono estranee ad una forma come il cratere, ed in particolare quello a calice49, e ciò forse in ragione del rito di mescere il vino compiuto dagli sposi durante la cerimonia e di berne offrendolo agli astanti50, come ricorda un fram-mento di Saffo, in cui Hermes è il coppiere51.

Sul cratere Astarita, (figg. 5–9) ricomposto da numerosi frammenti e con ampie lacune sulle pareti, la leggibilità è compromessa in parte dallo stato di conservazione; la vernice nera è di colore grigio–verdastro per imperfetta cottura e le superfici a risparmio, coperte da un’ingubbiatura di colore rossiccio, sono assai deteriorate e abrase con la parziale scompar-sa di molti dettagli interni. La decorazione prevede tuttavia una fascia di vernice più spessa intorno alle figure ed originariamente anche alcuni dettagli interni erano indicati con una linea a leggero rilievo, mentre la vernice diluita è utilizzata per i dettagli dell’anatomia, a velatura per rendere il biondo delle capigliature.

46 In generale sui diversi momenti della cerimonia ad Atene Oakley, Sinos 1993, p. 22 ss. Sulle fiaccole nei culti dionisiaci: Paleothodoros 2010, p. 237 ss.

47 Vedi nota 21.48 Couelle 1989, p. 127 ss.49 Cfr. per un esempio in cui i protagonisti non sono divinità o personaggi mitici, il cratere del Pittore

delle Nozze di Atene, Atene MN 1388, Beazley 19632, 1317,1; Beazley 1971, 478; Carpenter 19892, 363; Oakley, Sinos 1983, pp. 99–100, figg. 87–89; BAPD 220526. In generale Huber 2008, p. 61 ss.

50 Magnien 1936, pp. 132, 134.51 Framm. Diehl 135–136.

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La composizione sul lato A (figg. 5–6) illustra in maniera articolata, con tutti i suoi pro-tagonisti, il mito di Amymone, figlia del re Danaos, recatasi alla ricerca di acqua e salvata dalle molestie di un Satiro grazie all’apparizione di Poseidon, che farà scaturire la fonte che da lei prenderà il nome e con cui si unirà, generando Nauplios52. In un paesaggio roccioso, movimentato da alberi frondosi, la Danaide si china a riempire una hydria alla sorgente che il dio ha fatto sgorgare dal masso su cui è seduto, il capo volto indietro verso Amymone, china sotto il peso dell’anfora; la fanciulla ha i capelli legati sulla nuca raccolti in una reti-cella ed indossa un peplo che forma gruppi di spesse pieghe sulle gambe. Tra i due vola Eros, con le braccia protese verso la testa della Danaide, forse per porgere una corona.

Alle spalle di Amymone vi è il Satiro in fuga verso sinistra all’epifania del dio; la creatura è caratterizzata da corna caprine, secondo un’iconografia usuale nel IV secolo a.C., non suf-ficiente tuttavia a creare una sua assimilazione con una figura di Pan dalle gambe umane53. In corrispondenza dell’ansa a sinistra chiudono la composizione due personaggi, uno forse maschile stante con un braccio sollevato, l’altro femminile, vestito di peplo ed himation con i capelli raccolti sulla nuca, seduto su una roccia. Alle spalle di Poseidon una fanciulla, con peplo senza maniche, protende un braccio verso il dio; una seconda figura femminile in corrispondenza dell’ansa siede su una roccia, dando le spalle alla scena, verso cui tuttavia volge il capo, sollevando un braccio con un gesto aggraziato; la veste panneggiata intorno ai fianchi e sulle gambe le lascia il seno scoperto, (fig. 7). Dietro l’ansa, già sul lato B, quasi ad unire idealmente le due scene, una Menade avanza danzando verso sinistra, la testa volta indietro, in mano un tirso; è vestita di un lungo chiton orlato in basso da una fascia scura.

La scena sul lato B, (figg. 8–9), è stata identificata come l’incontro tra Herakles ed Athe-na. La dea, di modulo maggiore, è solennemente seduta su un risalto del terreno su cui è posato lo scudo cui si appoggia con il braccio, tenendo con l’altro la lancia; l’elmo corinzio con alto lophos è sollevato sul suo viso, porta i capelli sciolti sulle spalle e veste il peplo. Accoglie un personaggio maschile imberbe che non supera in altezza la sua spalla; questi ha corti capelli ricciuti, l’himation gettato su un braccio, l’altro sollevato in segno di deferente saluto. Una cornice ad onde correnti a destra, tra fasce a risparmio puntinate bordate da filetti, costituisce la base per il fregio figurato.

Il mito di Poseidon ed Amymone è stato sviluppato dal ceramografo sul lato princi-pale e nello spazio sopra le anse, conferendo una posizione di rilievo, per le proporzioni e per l’aspetto solenne, alle due figure femminili che assistono alla scena, sedute entrambe su rocce, ma diversamente caratterizzate, l’una in una posa composta, vestita di peplo ed himation, l’altra con un atteggiamento sensuale ed il seno scoperto. Aphrodite accompa-gnata da Eros è presente in molte raffigurazioni di questo episodio, ma risulta problema-tico stabilire se sul cratere possa essere identificata con la figura a destra, parzialmente nuda. La dea infatti non compare frequentemente in una posa così sensuale54, benché sia

52 La sorgente era detta anche di Lerna. Escher 1894, coll. 2002–2003; Bürchner 1925, coll. 2086 ss., per un elenco completo delle fonti sul mito e per i culti e le divinità ivi onorate.

53 Beazley 1939, p. 41.54 Si è suggerito di identificare come Aphrodite la figura con l’attributo del fiore accompagnata da Eros

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ritratta con un analogo schema iconografico, ma vestita di chitone, su una lekythos della cerchia del Pittore di Meidias55 riferibile allo stesso episodio mitologico. Tra la fine del V e agli inizi del IV secolo a.C. la dea è spesso raffigurata con il seno scoperto accompa-gnata da Eros, e non si può quindi escludere che il ceramografo abbia prescelto questa soluzione per distinguerla dalle Danaidi; è meno probabile riconoscervi una ninfa, come sul cratere a calice della metà del IV secolo a.C. del Pittore di Atene 14627 che illustra un altro mito56. La giovane seduta sul lato opposto potrebbe allora essere una delle com-pagne di Amymone, una personificazione, oppure una divinità riferibile alla sfera nuziale cui il mito allude.

L’incontro tra Poseidon e Amymone era raffigurato già a partire dalla prima metà del V secolo a.C. come scena di ratto o di inseguimento, di cui il dio e la giovane figlia di Danaos, riconoscibile dall’attributo dell’hydria, erano spesso gli unici protagonisti57. Il loro incontro alla fonte, quasi una composta conversazione, si diffonde dal 440 a.C. con un’articolazione complessa, simile a quella adottata dal ceramografo e che include non solo il Satiro, ma anche Aphrodite, Eros, ninfe e/o Menadi58.

La fortuna che gode tale mito nella ceramografia attica, soprattutto a partire dagli anni 60 del V secolo a.C., è stata messa in rapporto con la trilogia di Eschilo composta da Supplici, Egizi e Danaidi, risultata vincitrice probabilmente nel 463 a.C., che aveva come soggetto la storia di Danaos e delle sue figlie ed era conclusa dal dramma satiresco Amymo-ne59. Proprio al dramma satiresco eschileo60 dovrebbe risalire l’introduzione del Satiro nella narrazione della vicenda; nel racconto tramandato con dovizia di particolari da autori tardi

e da un’altra delle Danaidi sulla pelike del Pittore della Nascita di Athena, Roma, Museo di Villa Giulia 20846, Beazley 19632, 494, 2; Carpenter2 1989, 250.

55 New Haven, Yale University, 1913.152, Beazley 19632, 1325, 53; Carpenter 19892, 364.56 Cfr. il cratere a calice del Pittore di Atene 14627, con due figure nude sedute accanto ad un louterion,

identificate forse come ninfe, in una scena che per la presenza di Poseidon potrebbe far pensare al mito di Amymone: Atene, MN 12252, Beazley 19632, 1451, 1; Carpenter 19892, 379; Simon 1981, p. 750, n. 98, in cui viene rifiutata la possibilità di riconoscere Amymone in una delle due figure; Halm–Tisserant, Siebert 1997, p. 897, n. 72; , n. 72.

57 Metzger 1951, pp. 301 ss., 397; Kaempf–Dimitriadou 1979, pp. 27 ss., 97 ss., nn. 275, 281, 282, 288, 290, 291, 293, 295; Simon 1981, p. 744, nn. 17–23, tavv. 599–600; Schefold 1981, pp. 248 ss., 252–258; Reeder 1995; Giesecke 1999, pp. 69 ss.

58 Simon 1981, pp. 745–746, nn. 40–49. Cfr., solo come esempio, il cratere a campana del “Reverse Group Ferrara T 463”, Paris, Cabinet des Médailles 432; Beazley 19632, 1447, 3, 1694; Carpenter 19892, 378.

59 Brommer 19593, pp. 49 ss., propenso tuttavia a ritenere che le immagini più tarde in cui compaiono i Satiri potessero essere ispirate ad una ripresa del dramma satiresco di Eschilo o ad una rielaborazione di un tema più antico da parte di un poeta successivo.

60 Simon 1981, p. 742: afferma esplicitamente la verosimiglianza di un collegamento diretto già tra le immagini più antiche ed il testo eschileo, diversamente da quanto concluso da Brommer 1938–1939, pp. 171 ss. e in Brommer 19593, pp. 50 ss. Heimberg 1968, pp. 41 ss. pensa ad un’influenza del testo teatrale solo per quelle successive alla metà del V secolo a.C.; Simon 1982, pp. 123 ss.; Krumeich, Pechstein, Seidensticker 1999, pp. 91 ss.

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come Apollodoro61 ed Igino62 viene citata esplicitamente la minaccia del Satiro e l’inter-vento di Poseidon. La sovrapposizione delle caratteristiche peculiari delle figure del Satiro e di Pan è intesa a richiamare non soltanto il mondo del teatro63, ma più in generale la sfera dionisiaca e in modo analogo vanno interpretate le Menadi, una presente anche sul cratere Astarita. Nella pittura vascolare attica di IV secolo a.C. figure femminili più simili a ninfe che a Menadi64 sono contraddistinte dall’attributo del tirso ed associate a Satiri come spettatrici dell’incontro di Poseidon ed Amymone65. Su un gruppo di vasi dell’ultimo ventennio del V secolo a.C. compare la sola Amymone assalita da una schiera di Satiri66 cui si è attribuita una funzione analoga al coro nella dimensione teatrale, pur in assenza di elementi che documentino un nesso tra l’immagine e la versione scenica67.

La riscoperta del mito alla fine del V e nei primi decenni del IV secolo a.C. predilige uno schema iconografico che tende ad assimilare l’episodio a quello di un incontro amoroso tra i due protagonisti e prevede Amymone seduta di fronte a Poseidon, oppure il dio seduto sulle rocce di fronte alla Danaide stante68. Questo secondo schema è documentato su una serie di esemplari di cui fa parte anche quello in esame, che comprende due opere del Pittore di Mele-agro69 ed un cratere a calice ad Atene70. Per le iconografie delle figure e lo sfondo un parallelo

61 Apollod., II, I, 4–5.62 Igino, fab., 169.63 Vedi nota 53. Per Pan, la sfera del teatro ed in generale quella dionisiaca, Weiss 1997, pp. 931, 933

ss., 938–939; Curti 2001, p. 83.64 Per il rapporto originario tra ninfe e Menadi, Carpenter 1986, p. 76 ss.; Hedreen 1994, p. 47 ss.;

Carpenter 1997, p. 85 ss.; Moraw 1998, p. 34 ss., con bibl. prec. per la trasformazione dell’immagine della Menade nel corso dell’età classica. Sarebbe interessante comunque considerare se il ruolo di divinità come Afrodite ed Eros e Satiri e Menadi nelle composizioni che illustrano questo mito possa essere quello di figure simboliche, in virtù del loro legame con la sfera nuziale o con la dimensione scenica, oppure volesse anche suggerire un riferimento ai culti di Afrodite, Eros e dello stesso Dionysos che sappiamo esistere nei pressi di Lerna ove si era svolto tale episodio. V. nota 52.

65 Si vedano i crateri Atene, MN 12596, Metzger 1951, p. 302, tav. 14, 2A, 2B; Brommer 19593, pp. 25 ss., fig. 16; Gasparri 1986, p. 485, n. 748, tav. 387; Aberdeen, University 772, Curti 2001, pp. 112–113, n. 30; Kathariou 2002, p. 216, n. MEL 36 (Pittore di Meleagro). Cfr. anche il cratere del Gruppo G nel mercato antiquario, Beazley 19632, 1470, 165.

66 Simon 1981, p. 743, nn. 12–15, tav. 598.67 Raramente, infatti, si può cogliere un nesso esplicito tra la dimensione scenica e la maniera di ripro-

durre l’episodio nella pittura vascolare, come forse sul cratere Würzburg L 634 da Cales, stesso luogo di origine dell’esemplare in esame, su cui compare un coro di Satiri, Beazley 19632, 1440, 1; Simon 1981, p. 747, n. 69, con bibl. prec.; Carpenter 1989, 378.

68 Simon 1981, p. 747, nn. 60–63, 68–72, tavv. 603–606.69 Per le opere del Pittore di Meleagro vedi l’hydria New York, Metropolitan Museum 56.171.56; Beazley

19632, 1412, 46; Simon 1981, p. 747, n. 60; Carpenter 1989, 374; Curti 2001, p. 120, n. 75; Kathariou 2002, p. 221, MEL 74, tavv. 26–27, ed il cratere Roma, Musei Vaticani 9106, Beazley 19632,, 1410, 15; Simon 1981, p. 747, n. 61; Curti 2001, p. 112, n. 29, tav. 29; Kathariou 2002, p. 216, MEL 35, tav. 15.603, 604.

70 Atene, MN 12196, Simon 1981, p. 747, n. 62; Curti 2001, pp. 110–111, n. 19; Kathariou 2002, p. 236, ERB 5, tav. 60, a (Pittore di Erbach).

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sembra rappresentato anche da un cratere a calice del Pittore di Atene 1462771, sul quale sono raffigurate fanciulle al cospetto di Poseidon, e soprattutto dall’hydria San Pietroburgo B 4125, datata al 370 a.C.72 e menzionata tra le opere del Pittore di Elena. Anche Aphrodite ed Eros73 fanno la loro comparsa tra i protagonisti di questo mito negli ultimi decenni del V secolo a.C., e se da una parte sembrano riflettere lo spirito della composizione teatrale, dall’al-tra manifestano una associazione tra la sfera di Eros e quella di Dionysos che si espliciterà in forma più evidente nella ceramografia del IV secolo a.C.74. Sul cratere Astarita questo nesso è richiamato, oltre che dal Satiro, anche dalla presenza della Menade con l’attributo del tirso sul lato opposto con Herakles ed Athena e dalle altre figure femminili che assistono alla sce-na, forse ninfe, con cui possono ugualmente identificarsi le Danaidi, sorelle di Amymone75.

Alla popolarità di cui gode il mito, pur non attico, nella ceramica attica del V e degli inizi del IV secolo a.C. ha concorso molto probabilmente la fortuna dovuta alla versione scenica, cui senza dubbio vanno ascritti varianti ed arricchimenti dal punto di vista della composizione e dei protagonisti, con un riflesso nella tradizione figurativa. Un ruolo non secondario ha gio-cato anche la sua simbologia nuziale, quale esempio di felice unione tra un dio ed una mortale: in quest’ottica si comprende la speciale attenzione rivolta alla rappresentazione dello sfondo con rocce ed alberi frondosi, che servono a creare non soltanto una ambientazione boschi-va, ma soprattutto a conferire un tono idilliaco all’episodio76, cui concorre la presenza delle compagne di Amymone e soprattutto di Aphrodite come spettatrici dell’evento e l’immagine stessa della Danaide, elegantemente acconciata. Poseidon, in alcune opere che alludono al mito, come una hydria del Pittore di Erbach da Capua77, sembra quasi ascoltare i suggerimenti di Aphrodite ed Eros, che anche sul cratere Astarita affiancano la coppia di protagonisti, il giovane dio nell’atto di protendere le braccia verso Amymone, forse per incoronarla come su un cratere del Pittore di Meleagro78 e poi del Gruppo G con il medesimo soggetto79.

71 Atene, MN 12252, Beazley 19632, 1451, 1; Carpenter 19892, 379; Simon 1981, p. 750, n. 98, che esclude possa trattarsi del mito di Amymone; Halm–Tisserant, Siebert 1997, p. 897, n. 72.

72 Vedi nota 6.73 Metzger 1951, p. 51, per la presenza di Eros nell’incontro tra Poseidon e Amymone; Oakley 1990, p.

27; Pellegrini 2009, pp. 159 ss., p. 161, con bibl., in particolare per il mito di Amymone. In generale per la presenza di Eros nelle raffigurazioni di unioni divine e umane: Sutton 1997–98, pp. 27–48, pp. 27 ss. Cfr. nota 43. Per le corone come dono alla sposa, Oakley, Sinos 1993, pp. 7–8, 18.

74 Per l’associazione di immagini relative alla sfera di Dionysos e di Eros nella ceramografia attica della fine del V e del IV secolo a.C. in connessione con le tematiche nuziali, Bieber 1949, p. 31 ss.; Keuls 1984, pp. 294 ss. Per i culti di Dionysos a Lerna, ove era ambientato il mito, v. nota 52.

75 Per le Danaidi come ninfe o eroine, Keuls 1986, pp. 337 ss.; Larson 2001, pp. 52–53, 180 e cfr. nota 64. 76 Cfr. per questo tipo di ambientazioni Dietrich 2010, in generale pp. 443 ss., 460 ss. e passim.77 New York, Metropolitan Museum 56.171.55, Beazley 19632, 1419, 12; Simon 1981, pp. 748–749, n.

78; Carpenter 19892, 375.78 Atene, MN 12196, cit. a nota 70. Cfr. anche il cratere del Gruppo di Polignoto, Siracusa, Museo Ar-

cheologico Nazionale Paolo Orsi 44291, CVA Siracusa 1, 1941, III.I.10, tavv. 13, 3, 18, 1–2, 19, 1; Beazley 19632, 1041, 9; Carpenter 19892, 319.

79 Mercato Antiquario, Beazley 19632, 1470, 165.

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È stato tuttavia evidenziato come la maggior incidenza dell’attestazione del mito nei decenni 460–40 a.C. e poi alla fine del V secolo a.C. e nel primo quarto del IV secolo a.C. possa essere spiegata in relazione alla situazione politica dell’epoca. La fortuna dell’episodio mitologico, ambientato ad Argo e celebrativo nei confronti delle sue eroine, le Danaidi che vi avevano trovato rifugio80, sarebbe infatti comprensibile nel clima di avvicinamento ed alleanza tra la città peloponnesiaca ed Atene in funzione antispartana negli anni 60 del V secolo a.C., e poi agli inizi del IV secolo a.C., ragioni forse all’origine della sua scelta per la trilogia eschilea e per il relativo dramma satiresco e poi della rinnovata fortuna nella pittura vascolare. Il mito che esaltava Argo come città pia, rifugio delle supplici, metteva anche in evidenza le affinità tra le sue istituzioni e quelle di Atene, a ribadire la loro reci-proca vicinanza sul piano dei principi democratici81. È possibile che questi aspetti possano aver garantito il rinnovarsi della fortuna del mito negli anni che precedono e seguono la pace di Antalcida del 386 a.C., ma nella pittura vascolare di quest’epoca il messaggio sim-bolico, piuttosto che politico, sembra in genere essere preminente.

La scena sul lato B raffigura Herakles di fronte ad Athena seduta su un risalto roccioso, ma senza elementi che possano essere utili per una sua lettura in relazione ad uno specifico episo-dio mitologico, vista anche l’assenza completa di attributi per l’eroe (figg. 8-9); questi, dai tratti giovanili come consueto nella ceramografia di IV secolo a.C. e caratterizzato dal semplice hi-mation gettato su una spalla come gli efebi o gli atleti ateniesi, solleva un braccio verso la dea, forse in un gesto di devozione o saluto82; Athena si contraddistingue per la posa solenne, che evoca nell’iconografia e negli attributi modelli scultorei, ma nessun indizio può far pensare si volesse raffigurare una statua, mancando dettagli quali ad esempio un basamento, che ca-ratterizzano quel tipo di immagini83. Per le sue dimensioni, assai maggiori rispetto a quelle di Herakles, sembra derogare dal generale principio di uniformità nei rapporti proporzionali che regola la loro iconografia nella pittura vascolare e benché esista una tradizione che dipinge l’Alcide basso di statura84, non diversamente viene ritratto il giovane di fronte ad Aphrodite sul cratere gemello Monaco 2388. Anche in questo caso si intendeva probabilmente esplici-tare uno status divino in rapporto a quello di eroi o devoti, come si osserva sui rilievi scultorei. La figura di Athena si ispira alla balaustra del tempio di Athena Nike, esprimendo una nuova concezione della dea vittoriosa; la stessa iconografia si diffonde a partire dall’ultimo decennio del V secolo a.C. sui rilievi di prossenia (fig. 16), ed è accolta poi su quelli votivi, su cui riceve, seduta, gli onori che le spettano85, come mostrano alcuni esemplari da Atene datati tra la

80 Kathariou 2003, pp. 154 ss., in cui si evidenziano anche possibili valenze politiche per la fortuna del mito dalla fine del V secolo a.C.

81 Per i rapporti tra Argo ed Atene, Musti 2004, pp. 263 ss.82 Per questo tipo di gesti, che le convenzioni nella resa nella pittura vascolare rendono a volte simili,

Neumann 1965 pp. 41–48, 77 ss.83 De Cesare 1997, p. 35 ss.84 Campus 2005, pp. 201–221.85 Mangold 1983, p. 40 ss.; Ritter 1997, pp. 20 ss. ed in part. pp. 28 ss., 33–34, 37 ss., 43 ss.; Vikela 1997,

pp. 95 ss., 120–125.

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fine del V e gli inizi del IV secolo a.C.86. Nella pittura vascolare tale iconografia è la più comune per la dea, ma non è dimostrabile che ciò avvenga per influsso della scultura, se non quando vi siano corrispondenze in dettagli puntuali, come potrebbero esserlo appun-to, nel caso del cratere in questione, l’impiego di dimensioni “gerarchiche” e l’himation avvolto intorno alle gambe, caratteristico della ceramografia nella seconda metà del V secolo a.C., ma non successivamente, quando tale dettaglio è attestato solo sui rilievi. Dopo il 400 a.C. l’immagine di Athena seduta su un risalto roccioso accanto allo scudo, armata di lancia ed elmo87, si riscontra inoltre esclusivamente in scene che l’associano ad Herakles, come su un gruppo circoscritto di crateri88; Herakles, generalmente contraddi-stinto dalla leonté o dalla clava, è accanto alla dea, seduto in riposo o nell’atto di libare o di essere incoronato, più raramente impegnato in imprese cui ella assiste, dimostrando con il solo apparire il suo favore89. Benché la composizione non possa essere assimilata dal punto di vista compositivo a quelle che prevedono l’ascensione all’Olimpo sul carro o l’eroe assiso tra divinità90, è probabile che sul cratere Astarita il ceramografo abbia scelto la forma di una sacra conversazione tra la dea ed il suo eroe prediletto per suggerirne l’apoteosi: questa è esplicitata da due Nikai in volo che lo incoronano alla presenza di Athena su un cratere del mercato antiquario databile intorno al 400–380 a.C.91 (fig. 17). Sul cratere Astarita, privo degli attributi usuali e nell’aspetto simile ad un efebo, viene accolto da Athena dopo aver superato le prove terrene che lo hanno condotto oltre i limiti della sua natura mortale. Non è escluso che sul cratere Astarita la Menade, che sembra costituire quasi un elemento di continuità con la scena sul lato opposto, alluda ad una conquista dell’immortalità intesa non tanto come ascesa all’Olimpo dell’Alcide, quanto piuttosto come sua partecipazione alla dimensione dionisiaca, in accordo con una tradizione consolidata anche in precedenza nella pittura vascolare, pur con differenti scelte tematiche e formule iconografiche92.

86 Mangold 1983, rispettivamente p. 41 ss., tav. 8, 2 (inv. AM 1330) e p. 45, n° 12, tav. 9, 3 (AM 2439–2967); Meyer 1989, p. 161–162, 271, A 18; Ritter 1997, p. 38.

87 Villing 1992, pp. 48 ss. 88 Cratere Oxford 1925.622, CVA Oxford 1, 1927, tav. 39, 7; Vollkommer 1988, p. 47, n. 318 (400–380

a.C.). Cratere del Gruppo L.C., Boston, Museum of Fine Arts 13.416, Beazley 19632, 1456, 5; Vollkommer 1988, p. 47, n. 325 (360–340 a.C.); Carpenter 19892, 380 (360–340 a.C.). Cratere del Gruppo L.C., S. Pie-troburgo B 2633, Beazley 19632, 1457, 6; Vollkommer 1988, p. 47, n. 326 (360–340 a.C.); Boardman et al. 1990, p. 147, n. 3138, tav. 139. Cfr. in generale per le scene di sacra conversazione e di libagione ospitale, spesso inserite nel contesto dell’apoteosi, che hanno come protagonista l’eroe accompagnato da Athena nel-la ceramica del IV secolo a.C., Metzger 1951, pp. 212 ss.; Boardman et al. 1990, pp. 143 ss., con vari esempi.

89 Cfr. l’elenco di Vollkommer 1988, pp. 46–47, 48, 91–92, in cui è inserito anche l’esemplare in esame, insieme ad altri che raffigurano l’eroe e la dea, spesso entrambi seduti in conversazione, circondati da altre figure divine e non.

90 Metzger 1951, p. 210 ss.; Boardman et al. 1990, pp. 124–125, 132.91 Da Le Curti, Capua, mercato antiquario Greifenhagen 1976, pp. 37–42, n° 21, fig. 36; Vollkommer

1988, p. 41 n° 269; Boardman et al. 1988, p. 806, n° 1406a. Cfr. anche la pelike conservata un tempo a Berlino F 2626, Metzger 1951, p. 213, n° 40, tav. 31, 4; Beazley 19632, 1472,1; Carpenter 19892, 381.

92 Isler–Kerényi 2001, passim. Per il culto di Herakles come eroe e dio in Attica, Shapiro 1989, p. 157 ss.

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Fig. 16. Rilievo di prossenia con

Athena seduta. Atene, Museo

dell’Acropoli, inv. 1330

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Benché rari, vi sono esempi dell’associazione del mito di Amymone con quello di He-rakles nella pittura vascolare di IV secolo a.C. che restituiscono un messaggio più esplicita-mente orientato verso l’apoteosi: ad esempio sul cratere New York, Metropolitan Museum 52.11.1893, secondo un’iconografia che prevede l’eroe sul carro in volo verso l’Olimpo ac-compagnato da Nike, mentre sul cratere a calice del gruppo G egli banchetta insieme a Dionysos94, manifestando il raggiungimento dell’immortalità nella forma di una partecipa-zione alla gioia dionisiaca.

Come si è visto, il particolare favore che gode il mito di Amymone negli anni 60 del V secolo a.C. e tra la fine del V e i primi decenni del IV secolo a.C. potrebbe essere do-vuto alla volontà di celebrare Argo come città pia, rifugio delle supplici, e la comunanza delle istituzioni che legavano le due poleis, mentre la fortuna in quest’epoca delle scene con Athena da sola o con altri dei che sanciscono l’apoteosi di Herakles non chiama ne-cessariamente in causa motivazioni diverse da quelle che lo vedono protagonista in una tradizione consolidata ad Atene, che nel corso del IV secolo a. C. si manifesta con formule iconografiche diverse. A prescindere dalle possibili letture in chiave politica del mito di Amymone, le due tematiche che troviamo associate sul cratere Astarita e su altri esemplari coevi sembrano piuttosto esemplificare il favore concesso dagli dei ai loro protetti, in una prospettiva di gloria e di immortalità cui sono, grazie a ciò, destinati.

Per le scelte tematiche e le soluzioni iconografiche proposte i due crateri sembrano in parte continuare la tradizione della pittura vascolare attica della fine del V secolo a.C., in parte accogliere quelle novità che nel IV segnano rispetto ad essa una netta cesura95.

Sul cratere di Monaco si coglie ancora l’ambiguità tra il ciclo di Aphrodite e le imma-gini che illustrano le diverse fasi del matrimonio, rare nel IV secolo a.C., quando la dea compare in epifania o a colloquio con il solo Eros, la cui figura è ripetuta più volte a tra-sformare un momento di vita reale in un quadro idealizzato. Sul cratere Astarita l’apoteosi di Herakles – che nel corso del IV secolo a.C. prevede l’eroe in compagnia di Athena cir-condato dagli altri dei, oppure onorato con un culto a sancirne la divinizzazione – assume l’aspetto di una sacra conversazione, con una velata allusione alla dimensione dionisiaca, altrimenti espressa in una forma più esplicita96; in maniera analoga è illustrato l’incontro tra Poseidon ed Amymone, soggetto frequente nella coeva pittura vascolare, che predilige gli amori degli dei.

Nelle soluzioni iconografiche adottate si evidenzia lo stretto legame tra la ceramografia di IV secolo a.C. ed i rilievi, in particolare quelli votivi. Benché non si possa presupporre una committenza nella pittura vascolare analoga a quella per i rilievi, e quindi una aderenza a precise iconografie scultoree, è ipotizzabile l’ispirazione da parte dei pittori agli stessi mo-delli utilizzati dagli scultori. Alcuni tratti compositivi caratteristici dei rilievi, piuttosto che della pittura vascolare, vengono adottati su questi due esemplari: Aphrodite ed Athena

93 Simon, Amymone, p. 743, n. 15; Boardman et al. 1990, p. 129, n° 2917.94 Mercato antiquario, Beazley 19632, 1470, 165.95 Su questi aspetti in generale vedi Metzger 1951, p. 370 ss.96 Metzger 1951, p. 374 ss., 405 ss.

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sono infatti immagini di celebri tipi scultorei, che prendono parte alla scena, sedute a rice-vere l’omaggio dei fedeli, ma la distanza tra il mondo umano e divino è segnalata mediante le diverse proporzioni. Su entrambi i crateri le tematiche e le iconografie, pur se adottate con una funzione prevalentemente simbolica, suggeriscono comunque un nesso non ca-suale con miti che richiamano sia particolari momenti storici, sia culti e tradizioni attiche, forse con un riferimento anche a sculture associate ad importanti santuari dell’Acropoli e delle sue pendici97. Questo conferisce alle scene dipinte sui due esemplari un tratto origi-nale rispetto all’apparente sostanziale uniformità che caratterizza il repertorio della pittura vascolare della prima metà del IV secolo a.C.

Nonostante le pessime condizioni di conservazione del cratere Astarita, le parti non completamente cancellate dalla corrosione rivelano la finezza del disegno che contrad-distingue anche l’esemplare di Monaco. A parte alcune differenze nella costruzione delle scene, su entrambi è stata variata l’impostazione dei corpi, ora di prospetto, di profilo o di tre quarti, mentre il viso è invariabilmente di profilo; già dal secondo quarto del IV secolo a.C., e soprattutto dopo la metà dello stesso secolo, tendono invece a diffondersi vedute di tre quarti per i volti, spesso anche di prospetto. Questo dettaglio, così come la costruzione delle figure mediante la linea, con un uso moderato del bianco, non ancora espediente tecnico ricorrente per segnalare i protagonisti principali, sembrerebbero avvalorare una

97 Vedi nota 40. Nel IV secolo a.C. sono frequenti i riferimenti a festività introdotte in quegli anni ad Atene, Metzger 1951, p. 377 ss.

Fig. 17. Disegno del cratere con

Athena ed Herakles da Le Curti,

Capua, mercato antiquario (da

Greifenhagen 1976)

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cronologia non posteriore alla metà del IV secolo a.C. anche per l’esemplare Astarita, co-munque seriore rispetto a quello di Monaco; su quest’ultimo, databile al 370 a.C., il modulo delle figure, il disegno dell’anatomia e dei volti richiamano la tradizione che fa capo alla bottega del Pittore di Jena, come mostra il confronto con l’hydria di Berlino (inv. 3768) attribuita a quel ceramografo98, la cui attività si colloca tra la fine del V e fino almeno agli inizi del secondo quarto del IV secolo a.C.

Per quanto riguarda l’inquadramento dei due crateri nell’ambito dell’articolazione delle botteghe del IV secolo a.C., come si è detto, Beazley li aveva associati semplicemente in un gruppo definito “Monaco 2388”, senza proporre di fatto il nome di un pittore, come invece prospettato dallo studioso oxoniano pur in altri casi in cui, similmente, ci si trovava di fronte ad un numero limitato di opere da attribuire ad una medesima personalità. L’esame dei due esemplari, anche dal punto di vista del disegno dei visi, dell’anatomia delle figure e della resa di panneggi, avvalora comunque una loro attribuzione alla stessa mano; il ter-mine “gruppo” rimane in realtà preferibile nell’ottica del loro inserimento nel contesto di una tradizione di bottega: questa tuttavia non sembra essere rappresentata dalla serie dei pittori e delle officine specializzate nella produzione di crateri, prevalentemente a campa-na, di IV secolo a.C. della sequenza del Beazley99, con cui si riscontrano differenze, sia nelle scelte compositive, sia nelle iconografie, oltre che nello stile del disegno, meno elegante e curato. Fanno eccezione il Pittore di Pourtales ed il Pittore di Atene 12592100, le cui opere presentano alcune affinità con i due crateri. Entrambi i ceramografi sono riconducibili alla sequenza che fa capo al Pittore di Oinomaos, anch’egli autore di crateri e molto vicino per lo stile al Pittore di Jena, tanto da far riflettere Robertson sulla possibilità di ricondurre la loro attività nell’ambito di quella officina, nonostante Beazley li ascrivesse ad una fase più tarda101.

D’altra parte, la proposta di Schefold di avvicinare il cratere di Monaco al gruppo di esemplari riconducibili al Pittore di Elena – ceramografo, come detto, non contemplato dal Beazley102 – che pur si basava su somiglianze spiegabili non tanto con la loro attribuzione ad una stessa mano ma piuttosto a un gruppo di pittori, di fatto li inseriva in un quadro di opere che lo stesso Beazley riconoscerà dovute a personalità diverse da quelle specializzate nella decorazione di crateri ed orientate prevalentemente, ma non esclusivamente, nella produzione di pelikai. In particolare il gruppo di vasi che lo Schefold riuniva intorno al Pittore di Elena era composto quasi soltanto da pelikai ed hydriai e non è forse casuale che i due crateri sembrino trovare riscontri proprio con lo stile di alcuni ceramografi attivi nelle botteghe specializzate in queste forme. Per le figure caratterizzate da un impianto monu-

98 Vedi nota 18 sul Pittore di Jena, per cui si veda anche Paul–Zinserling 1994; Kathariou 2009, pp. 63–72.

99 Beazley 19632, 1446 ss.; Beazley 1971, 492 ss.; Carpenter 1989, 378 ss. 100 Per entrambi, Beazley 19632, 1446–1447; Beazley 1971, 492; Carpenter 19892, 378; Robertson 1992,

pp. 277 ss., 288.101 Beazley 19632, 1440; Beazley 1971, 492; Carpenter 19892, 377; Robertson 1992, p. 278 ss.102 Vedi nota 6.

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mentale che si fonde con la grazia del disegno, elegante e curato, il gusto compositivo e lo spirito originale con cui vengono affrontati alcuni temi, sono infatti affini alle opere che Beazley aveva raccolto intorno al Pittore di Marsia e alla personalità correlata del Pittore Eleusino, che prediligono forme come pelikai, hydriai e lebeti nuziali, dipinti in uno stile ancora basato sulla linea103. Una hydria104 (fig. 18) appartenente al gruppo Londra E 230105 presenta, nella maniera di delineare i volumi delle figure, nel disegno delle mani, dei volti e dei panneggi, somiglianze maggiori con i due crateri di quelle giustificabili in base alla semplice appartenenza ad una medesima corrente stilistica; questo esemplare, insieme a quello eponimo del gruppo, era stato attribuito dallo Schefold ad un pittore, definito “di Ippolito”106 dall’hydria su cui compariva il nome del figlio di Theseus (fig. 10), citata come

103 Beazley 19632, 1474–1477; Beazley 1971, 495; Carpenter 19892, 381; Robertson 1992, p. 280 ss. 104 Dalla Cirenaica, London BM E 229, CVA London 6, 1991, II.I.C 8,9, tav. 97,1; Beazley 19632,

1481, 1; Kahil, Icard–Gianolio 1990, n° 87, tav. 307.105 Carpenter 19892, 1481.106 Schefold 1934, pp.88–90, 159. Alla stessa personalità erano attribuite l’hydria Metropolitan Mu-

seum 06.1021.184, BAPD 9393, la pelike New Haven, Yale University 1913.138, BAPD 14674, l’hydria

Fig. 18. Hydria con scena nuziale,

London, The British Museum inv. E 229

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confronto per la scena sul lato A del cratere di Monaco107. Alla stessa mano lo studioso aveva ascritto altre opere, rimaste poi escluse, insieme alla figura del Pittore, dall’articola-zione proposta da Beazley.

Rispetto alle proposte di Schefold, non è possibile entrare nel merito delle questioni riguardanti le diverse attribuzioni in seguito delineate da Beazley, che coinvolgono indiret-tamente anche i due crateri, poiché questo chiamerebbe in causa un riesame delle opere non accolte nella sequenza di pittori e botteghe di questa fase elaborata dallo studioso oxoniano. Dal confronto con gli esemplari citati, sembra evincersi che il cratere Astarita, ma soprattutto quello di Monaco, per via delle affinità evidenziate con la produzione del Pittore di Jena, si inseriscono in parte nella tradizione di bottega che, attraverso i Pittori di Oinomao, di Pourtales e di Atene 12592, fa capo a quel ceramografo. Questi recepiscono tuttavia anche il gusto per l’impianto monumentale delle figure e la loro costruzione basata sulla linea del disegno, che si osserva in ceramografi come il Pittore di Marsia, il Pittore Eleusino ed in particolare l’autore dell’hydria citata del Gruppo di Londra E 230 (fig. 18).

Nell’illustrazione di tematiche di antica tradizione nella pittura vascolare attica, variate con tratti originali, oltre che per le iconografie ed i caratteri stilistici, i crateri di Monaco e del Vaticano sembrano rivelare la mano di una personalità che riesce a unire formule iconografiche espressione ancora del V secolo a.C. con il nuovo spirito della tarda età classica; a questa diversa sensibilità si deve l’intreccio tra sfera mitica e reale, che arrivano a sovrapporsi in funzione di un messaggio simbolico, con scene evocative di una dimensio-ne mitologica ed eroica, ma senza iscrizioni che, come nella ceramografia della fine del V secolo a.C., sciolgano l’ambiguità.

San Pietroburgo, Hermitage KAB104B, BAPD 32482 e quella Berlino, Antikensammlung F2635, BAPD 242922.

107 Vedi nota 21.

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REFERENZE FOTOGRAFICHE

Foto © Musei Vaticani, Governatorato SCV

Selezione: Rosanna Di Pinto, Filippo Petrignani e Gabriele Mattioli

Fotografi: Pietro Zigrossi e Alessandro Bracchetti, Giampaolo Capone, Luigi Giordano, Danilo Pivato, Alessandro Prinzivalle

Foto Ivan Di Stefano Manzella: pp. 126–128, 138–139, 142

© Musei Vaticani–C.S., foto Marco Erpetti: pp. 161–162, 164–165, 167, 170, 171 (fig. 18)

Ove non altrimenti indicato, la titolarità dei diritti di riproduzione delle immagini pubblicate nel volume è di proprietà dei Musei Vaticani.

© 2015 The J. Paul Getty Trust. All rights reserved: p. 169

© 2015. Image copyright The Metropolitan Museum of Art/Art Resource/Scala, Firenze: p. 99 (fig. 15 a–c)

© Acropolis Museum, photographer Socrates Mavromatis: pp. 96, 106

© Römisch–Germanisches Zentralmuseum, Mainz: p. 62

© The Trustees of the British Museum: pp. 29 (fig. 19), 32, 99 (fig. 14 a–c), 111

Accademia Nazionale dei Lincei (per gentile concessione): p. 43

Archivi Alinari–archivio Anderson, Firenze: p. 168 (fig. 15)

bpk/Antikensammlung, Staatliche Museen zu Berlin/Johannes Laurentius: pp. 63, 65 (fig. 3: neg. 5082), 67, 71, 75–76, 78, 92

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Deutsches Archäologisches Institut, Rom: pp. 109 (Abteilung Rom, Archiv. Serie VII: Stiche, Handzeichnungen, Gemälde, Pläne. Inv. A–VII–64–019), 171 (fig. 20: D–DAI–Rom 6725)

Foto Alessandro Mandolesi, Università degli Studi di Torino (per gentile concessione): p. 37

Giorgio Bretschneider Editore (per gentile concessione): p. 41 (fig. 30)

Istituto Nazionale di Studi Etruschi ed Italici (per gentile concessione): p. 41 (fig. 30)

Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, Direzione Generale Archeologia, So-printendenza Archeologia del Lazio e dell’Etruria Meridionale (per gentile concessione): pp. 23 (fig. 10), 41 (fig. 29), 42 (fig. 32), 49 (fig. 40)

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National Archaeological Museum, Athens (photographer: Dimitrios Yalouris). Copyright © Hellenic Ministry of Culture and Sports/Archaeological Receipts Fund.: p. 97

Per gentile concessione della Fabbrica di San Pietro in Vaticano: pp. 196, 198

Photo ©RMN–Grand Palais (musée du Louvre)/Stéphane Maréchalle: p. 46 (fig. 37)

Staatliche Antikensammlungen und Glyptothek München: pp. 25 (fig. 14), 84–85 (figg. 1–4), photographs by Renate Kühling; p. 171 (fig. 19)

Su concessione della Soprintendenza Archeologia della Toscana – Firenze: pp. 15, 34 (foto MAEC – Museo dell’Accademia Etrusca e della Città di Cortona), 35, 47 (foto Fernando Guer-rini), 48, 49 (fig. 41)

Universität Tübingen: p. 95

L’Editore si dichiara pienamente disponibile a regolare eventuali spettanze per quelle immagini di cui non sia stato possibile identificare e reperire la fonte.

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