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189 Archeologia Medievale XXIX, 2002, pp. 189-207 Jacopo Bruttini – Luisa Dallai – Francesca Grassi – Lorenzo Marasco – Arianna Luna “La fortissima rocca” 1 . Il castello di Montemassi nelle indagini 2000-2002 2 INTRODUZIONE Dopo una interruzione durata alcune stagioni, a partire dal Maggio 2000 il Dipartimento di Archeolo- gia dell’Università di Siena ha ripreso le indagini ar- cheologiche al castello di Montemassi; i nuovi saggi hanno sensibilmente ampliato l’area di scavo già defi- nita dalle campagne avviate a partire dal 1990 e pro- seguite fino al 1994 (Fig. 1). I risultati di quelle prime indagini, pubblicati nell’anno 2000 3 , hanno generato una attesa giustificata per le ulteriori informazioni re- lative alla planimetria interna del castello, all’organiz- zazione funzionale degli spazi, alla fitta sequenza di attività costruttive e di fasi di cantiere conservate nel deposito archeologico, informazioni che si sono am- pliate notevolmente con l’ultimo triennio di scavo. Un interesse altrettanto vivo rivestiva inoltre la definizio- ne, su base archeologica, dell’entità dell’insediamento prima della sua comparsa nella documentazione stori- ca, datata alla seconda metà dell’XI secolo 4 . Per pro- vare a rispondere a questi quesiti, ed insieme per favo- rire una appropriata valorizzazione della rocca, rispet- tosa della sua evoluzione storica, non si poteva pre- scindere da una più ampia comprensione della topo- grafia interna del sito, e dunque da un significativo ampliamento dell’area di indagine. I risultati delle in- dagini 2000-2002, condotte sotto la direzione di Ro- berto Parenti, si sono rivelati da questo punto di vista assai ricchi e, per alcuni aspetti, persino inattesi 5 . Le indagini archeologiche degli ultimi tre anni han- no proseguito sulle linee progettuali e di ricerca scien- tifica delineate fin dal 1990; le priorità sono dunque rimaste la comprensione delle dinamiche evolutive dell’insediamento, le trasformazioni dello stesso in relazione ai mutamenti politici ed economici del terri- torio circostante, lo studio delle diverse tecniche edili- zie riscontrabili sul sito. I dati di scavo ed i documenti storici testimoniano il ruolo eminente ricoperto dal castello rispetto al pa- esaggio circostante ed agli assetti politico/istituzionali ed economici dell’alta val di Bruna. La serie fittissima di attività edilizie evidenziate dallo scavo, relative a distruzioni di elevati, ricostruzioni e nuove edificazio- ni, in buona misura legate ai celebri eventi bellici che interessarono Montemassi in due distinte occasioni, nel 1260 e nel 1328, costituiscono la prova evidente di questa importanza, ed evidenziano al contempo il rilevante investimento di capitali che prima gli Aldo- brandeschi, domini loci fino al 1260, in seguito i Pan- nocchieschi, il comune di Siena e le famiglie magnati- zie senesi destinarono alla rocca. I due assedi sono una prova ulteriore dell’elevato grado di interesse milita- re, economico ed anche simbolico, rivestito dal castel- lo fin dall’XI secolo, prima nella politica espansioni- stica aldobrandesca, poi nei progetti senesi di control- lo della Maremma settentrionale. La posizione del castello di Montemassi, posto su un’altura isolata dominante l’alta val di Bruna, risulta effettivamente strategica sia dal punto di vista militare che viario, ragioni per le quali la rocca rivestì un inte- resse rilevante assai prima della nascita del castello. Tracce dell’uso della sommità databili al periodo elle- nistico sono venute alla luce nel corso dell’ultima cam- pagna di scavo; il rinvenimento di numerosi frammenti di ceramica a vernice nera e ceramica comune, pur in assenza di strutture riferibili alla medesima epoca, te- stimonia la frequentazione del sito in epoca etrusco- romana. L’altura dove sorse Montemassi, d’altra par- te, era al tempo localizzata lungo il confine fra le città etrusche di Roselle e Populonia, le quali, a partire dal VI secolo a.C., espansero il proprio controllo sull’an- tico territorio Vetuloniese fino ad incorporarlo del tut- to. Il confine che è stato ipotizzato passare per questa zona è lo stesso lungo il quale si sarebbero in seguito attestate le future diocesi di Roselle e Populonia, e ri- spetto a questo confine la rocca di Montemassi, con- trollata forse dalla città di Populonia, ne avrebbe co- stituito, così come Pietra e, la stessa Vetulonia, un avam- posto territoriale 6 . 1 Tale era la descrizione che del castello, ormai in avanzato sta- to di degrado, forniva alla metà del ’700 G.A. Pecci, a testimonian- za della valenza strategica e del forte impatto visivo nel contesto paesaggistico di riferimento ancora esercitati dalla rocca nel XVIII secolo. G.A. Pecci, 1758, Memorie storiche, politiche, civili e natu- rali delle città, terre e castella che sono e sono state della città di Siena, A.S.S., Mss. D67-D72. 2 Il presente contributo recepisce le valutazioni e le interpreta- zioni che Roberto Parenti ha espresso nel corso dello scavo, e le valutazioni comuni che sono derivate da una prima analisi dei ri- sultati, per le quali desideriamo esprimergli il nostro ringraziamen- to. 3 I risultati dello scavo, delle indagini condotte sugli elevati e sulle malte, assieme ai dati provenienti dal territorio circostante, ai documenti storici ed all’analisi dell’iconografia del castello sono editi in GUIDERI, PARENTI 2000. 4 Il primo documento in cui si menziona un castrum è un atto risalente al 1075/1076, dal quale si ricava l’esistenza di una chiesa dedicata a Maria, Andrea e Genziano, che con tale atto viene dota- ta da membri della famiglia Aldobrandesca. Documento edito in FARINELLI 2000, pp. 68-70. 5 Le indagini sono state condotte nei mesi di Giugno-Luglio degli anni 2000, 2001, 2002. I materiali dello scavo sono in fase di studio; le periodizzazioni proposte in questo contributo si basano su uno studio preliminare di alcuni contesti particolarmente signi- ficativi. Allo scavo, coordinato dagli scriventi, hanno preso parte studenti delle università di Siena, Lecce, Ravenna Madrid, Segovia e Vitoria. 6 L’analisi dei confini diocesani in relazione ai più antichi terri- tori delle città etrusche, lo sviluppo delle fortezze d’altura, il ruolo di Vetulonia all’interno degli assetti insediativi e di controllo del territorio determinatisi in epoca ellenistica sono trattate in CAMBI 2002.

J. BRUTTINI, L. DALLAI, F. GRASSI, L. MARASCO, A. LUNA, 2002, “La Fortissima Rocca”. Il castello di Montemassi nelle indagini 2000-2002, “Archeologia Medievale”, XXIX, pp

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NOTIZIE PRELIMINARI DALL’ITALIAArcheologia MedievaleXXIX, 2002, pp. 189-207

Jacopo Bruttini – Luisa Dallai – Francesca Grassi – Lorenzo Marasco – Arianna Luna

“La fortissima rocca” 1. Il castello di Montemassi nelle indagini 2000-20022

INTRODUZIONE

Dopo una interruzione durata alcune stagioni, apartire dal Maggio 2000 il Dipartimento di Archeolo-gia dell’Università di Siena ha ripreso le indagini ar-cheologiche al castello di Montemassi; i nuovi saggihanno sensibilmente ampliato l’area di scavo già defi-nita dalle campagne avviate a partire dal 1990 e pro-seguite fino al 1994 (Fig. 1). I risultati di quelle primeindagini, pubblicati nell’anno 2000 3, hanno generatouna attesa giustificata per le ulteriori informazioni re-lative alla planimetria interna del castello, all’organiz-zazione funzionale degli spazi, alla fitta sequenza diattività costruttive e di fasi di cantiere conservate neldeposito archeologico, informazioni che si sono am-pliate notevolmente con l’ultimo triennio di scavo. Uninteresse altrettanto vivo rivestiva inoltre la definizio-ne, su base archeologica, dell’entità dell’insediamentoprima della sua comparsa nella documentazione stori-ca, datata alla seconda metà dell’XI secolo 4. Per pro-vare a rispondere a questi quesiti, ed insieme per favo-rire una appropriata valorizzazione della rocca, rispet-tosa della sua evoluzione storica, non si poteva pre-scindere da una più ampia comprensione della topo-grafia interna del sito, e dunque da un significativoampliamento dell’area di indagine. I risultati delle in-dagini 2000-2002, condotte sotto la direzione di Ro-berto Parenti, si sono rivelati da questo punto di vistaassai ricchi e, per alcuni aspetti, persino inattesi 5.

Le indagini archeologiche degli ultimi tre anni han-no proseguito sulle linee progettuali e di ricerca scien-tifica delineate fin dal 1990; le priorità sono dunquerimaste la comprensione delle dinamiche evolutivedell’insediamento, le trasformazioni dello stesso inrelazione ai mutamenti politici ed economici del terri-torio circostante, lo studio delle diverse tecniche edili-zie riscontrabili sul sito.

I dati di scavo ed i documenti storici testimonianoil ruolo eminente ricoperto dal castello rispetto al pa-esaggio circostante ed agli assetti politico/istituzionalied economici dell’alta val di Bruna. La serie fittissimadi attività edilizie evidenziate dallo scavo, relative adistruzioni di elevati, ricostruzioni e nuove edificazio-ni, in buona misura legate ai celebri eventi bellici cheinteressarono Montemassi in due distinte occasioni,nel 1260 e nel 1328, costituiscono la prova evidentedi questa importanza, ed evidenziano al contempo ilrilevante investimento di capitali che prima gli Aldo-brandeschi, domini loci fino al 1260, in seguito i Pan-nocchieschi, il comune di Siena e le famiglie magnati-zie senesi destinarono alla rocca. I due assedi sono unaprova ulteriore dell’elevato grado di interesse milita-re, economico ed anche simbolico, rivestito dal castel-lo fin dall’XI secolo, prima nella politica espansioni-stica aldobrandesca, poi nei progetti senesi di control-lo della Maremma settentrionale.

La posizione del castello di Montemassi, posto suun’altura isolata dominante l’alta val di Bruna, risultaeffettivamente strategica sia dal punto di vista militareche viario, ragioni per le quali la rocca rivestì un inte-resse rilevante assai prima della nascita del castello.Tracce dell’uso della sommità databili al periodo elle-nistico sono venute alla luce nel corso dell’ultima cam-pagna di scavo; il rinvenimento di numerosi frammentidi ceramica a vernice nera e ceramica comune, pur inassenza di strutture riferibili alla medesima epoca, te-stimonia la frequentazione del sito in epoca etrusco-romana. L’altura dove sorse Montemassi, d’altra par-te, era al tempo localizzata lungo il confine fra le cittàetrusche di Roselle e Populonia, le quali, a partire dalVI secolo a.C., espansero il proprio controllo sull’an-tico territorio Vetuloniese fino ad incorporarlo del tut-to. Il confine che è stato ipotizzato passare per questazona è lo stesso lungo il quale si sarebbero in seguitoattestate le future diocesi di Roselle e Populonia, e ri-spetto a questo confine la rocca di Montemassi, con-trollata forse dalla città di Populonia, ne avrebbe co-stituito, così come Pietra e, la stessa Vetulonia, un avam-posto territoriale 6.

1 Tale era la descrizione che del castello, ormai in avanzato sta-to di degrado, forniva alla metà del ’700 G.A. Pecci, a testimonian-za della valenza strategica e del forte impatto visivo nel contestopaesaggistico di riferimento ancora esercitati dalla rocca nel XVIIIsecolo. G.A. Pecci, 1758, Memorie storiche, politiche, civili e natu-rali delle città, terre e castella che sono e sono state della città diSiena, A.S.S., Mss. D67-D72.

2 Il presente contributo recepisce le valutazioni e le interpreta-zioni che Roberto Parenti ha espresso nel corso dello scavo, e levalutazioni comuni che sono derivate da una prima analisi dei ri-sultati, per le quali desideriamo esprimergli il nostro ringraziamen-to.

3 I risultati dello scavo, delle indagini condotte sugli elevati esulle malte, assieme ai dati provenienti dal territorio circostante, aidocumenti storici ed all’analisi dell’iconografia del castello sonoediti in GUIDERI, PARENTI 2000.

4 Il primo documento in cui si menziona un castrum è un attorisalente al 1075/1076, dal quale si ricava l’esistenza di una chiesadedicata a Maria, Andrea e Genziano, che con tale atto viene dota-ta da membri della famiglia Aldobrandesca. Documento edito inFARINELLI 2000, pp. 68-70.

5 Le indagini sono state condotte nei mesi di Giugno-Lugliodegli anni 2000, 2001, 2002. I materiali dello scavo sono in fase distudio; le periodizzazioni proposte in questo contributo si basanosu uno studio preliminare di alcuni contesti particolarmente signi-ficativi. Allo scavo, coordinato dagli scriventi, hanno preso partestudenti delle università di Siena, Lecce, Ravenna Madrid, Segoviae Vitoria.

6 L’analisi dei confini diocesani in relazione ai più antichi terri-tori delle città etrusche, lo sviluppo delle fortezze d’altura, il ruolodi Vetulonia all’interno degli assetti insediativi e di controllo delterritorio determinatisi in epoca ellenistica sono trattate in CAMBI

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NOTIZIE SCAVI E LAVORI SUL CAMPO

Nelle aree di confine, a nord con la città di Volter-ra, a sud con Roselle, lungo la costa non meno chesull’isola d’Elba, nel corso del V secolo a.C. Populoniaeresse un numero significativo di fortezze d’altura, at-traverso le quali potè controllare il territorio ed al con-tempo organizzarne gli aspetti economici. Tracce diqueste fortezze sono venute alla luce in molti dei sitistrategici sui quali, a partire dal X secolo, si sviluppe-ranno gli insediamenti fortificati medievali. Evidenzeconsistenti sono emerse a Scarlino (CUCINI 1985, pp.280-286), e a Castel di Pietra (CITTER 1999, p.151),tanto per citare gli esempi territorialmente più vicini,ma elementi altrettanto significativi sono venuti in luceanche più a nord, al confine fra i territori diocesani diPopulonia e Volterra, sotto il castello di Donoratico7.Montemassi rappresenta dunque un ulteriore signifi-cativo esempio di scelta insediativa privilegiata su al-ture strategiche nell’area costiera medio-tirrenica.

Le ragioni della durevole fortuna della rocca lungoi secoli vanno ricercate certamente in una pluralità difattori; oltre a quelli già menzionati uno dei principa-

li, a nostro avviso, è costituito dall’aspetto eminente-mente topografico del sito. Montemassi è localizzatoinfatti lungo una valle, quella del Bruna, che fu neisecoli una via di comunicazione importante fra la co-sta e l’entroterra8. Lungo questa via naturale viaggia-rono le merci prodotte sul litorale, come ad esempio ilsale9, e si attestarono, nel corso del tempo, i tragittidelle lunghe rotte di transumanza, che costituironoforse la ragione ultima della sopravvivenza di alcunifra i castelli di quest’area (si veda il caso di Perolla)sino alle soglie dell’epoca moderna (DALLAI 2001, pp.149-161).

Montemassi fu dunque a lungo un sito chiave per piùragioni, sia economiche che militari e di prestigio; resocelebre dall’iconografia di Simone Martini, lo scavo ar-

Fig. 1 – Ubicazione del sito e localizzazione delle aree scavate.

7 Comunicazione di R. Francovich. Lo scavo del castello diDonoratico è coordinato da G. Bianchi.

8 Sui commerci e le vie di comunicazione lungo la val di Brunasi veda DALLAI, FARINELLI 1998, pp. 49-74.

9 All’inizio del XIII secolo il controllo delle vie del sale era eser-citato dalla comunità locale per conto degli Aldobrandeschi. Nel1203 Ildebrandino VIII Aldobrandeschi impose agli uomini diMontemassi e di Pietra l’impegno a sorvegliare i traffici del salegrossetano che da Grosseto si dirigeva verso il Bruna e poi a Nord,in direzione di Siena. Documento citato in DALLAI, FARINELLI 1998,p. 59.

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NOTIZIE PRELIMINARI DALL’ITALIA

cheologico condotto all’interno del circuito murario, piùmodestamente, ne ha disegnato, anche se in modo anco-ra parziale, la complessa articolazione (vedi Tav. 7).

Di tale articolazione sfuggono alcuni dettagli, inparticolare lungo la porzione settentrionale del circui-to murario, a ridosso della porta di accesso; in que-st’area, per ragioni logistiche, non si sono ancora apertisaggi d’indagine, ma le evidenze in superficie tratteg-giano una partizione dello spazio in più ambienti, deiquali sono oggi visibili esclusivamente e solo parzial-mente i muri divisori.

Lo scavo ha invece indagato esaustivamente il de-posito archeologico in più punti del castello, fino araggiungere la roccia: nell’area a ridosso della torre A(Area 200, ambienti VI, VII), nell’ambiente a ridossodella struttura indicata dallo scavo del 1990-94 come“edificio E” (Area 200, amb. II), e nella metà orientaledel lato sud della cinta muraria (area 3000, amb. III).Sono stati invece indagati quasi completamente lo spa-zio al centro del pianoro (Area 3000, amb. I-IV) e quel-lo a ridosso della cinta sud (Area 3000, amb. II), men-tre solo parzialmente indagato è l’interno del già men-zionato “edificio E” (Area 2000, amb. I-II). In que-st’area centrale la rilevanza e la complessità della stra-tigrafia e delle strutture individuate, rappresentanocertamente uno degli elementi di maggiore interesseper il proseguimento dell’indagine negli anni futuri.

A scopo di maggiore chiarezza ci si è proposti difornire una lettura dall’antico al moderno delle areeinteramente indagate e dell’area centrale, riservandola normale scansione di scavo per i saggi nei quali l’in-dagine in corso non consente ancora una periodizza-zione sicura.

Da quanto fin qui illustrato appare evidente che ilpresente contributo si propone di fornire un quadroaggiornato delle emergenze archeologiche del castelloche tuttavia non può essere ancora considerato defini-tivo. Oltre all’area centrale del pianoro, infatti, anchelo spazio interno al palatium deve ancora essere ap-propriatamente indagato. Nel corso dell’anno 2002 siè provveduto ad effettuare una ripulitura dell’interaarea, che risultava ingombra delle macerie relative alcantiere di restauro che aveva interessato la strutturanegli anni ’60. La ripulitura delle sezioni del saggio hapermesso di accertare che lo spessore delle stesse erapari a circa 60 cm, ed al termine della campagna se neè effettuata l’asportazione integrale a mano, predispo-nendo l’area per il prosieguo delle indagini nella pros-sima stagione.

L.D.

AREA 200, AMBIENTE II (Tav. 1)

L’ambiente II dell’area 200 è situato a ridosso dellaparte centrale del pianoro roccioso su cui sorge il ca-stello. Lo scavo ha preso avvio da una situazione par-zialmente indagata nelle campagne 1990-1994. Ladescrizione della sequenza stratigrafica perciò riman-derà, per le fasi successive alla seconda metà del XIVsecolo, alle precedenti indagini (BIANCHI, DE LUCA,GUIDERI 2000).

Lo scavo dell’area non ha restituito stratigrafie ri-conducibili al periodo più antico documentato per ilcastello, relativo all’edificazione della chiesa nella partecentrale ed alla presenza di una torretta e del borgosullo sperone est dell’altura (Tav. 7). In questo mo-mento infatti lo spazio tra la torretta e la chiesa è inte-

ressato da tagli artificiali effettuati sul banco rocciosoed interpretati come un fossato artificiale che però nonè stato individuato (Idem 2000, p. 128). Dato il pen-dio dell’area dunque non si sono conservati depositidi alcun tipo.

Le prime tracce di frequentazione si collocano trala fine del XII e l’inizio del XIII secolo, successiva-mente alla trasformazione della prima chiesa. In que-sto momento si data l’ampliamento del muro est (US281) dell’edificio che si sovrappone alla chiesa; que-sto determina un nuovo utilizzo dell’area come spazioadibito alle sepolture (Fig. 2). Tutto l’ambiente vienereso utilizzabile attraverso l’asportazione di parti delpiano roccioso (US 1168) in modo da ampliare il pia-no d’uso. Inoltre, per rendere più agevole l’accesso, siscavano nella roccia alcuni gradini di raccordo tra idue livelli (BIANCHI, DE LUCA, GUIDERI 2000, p. 125).L’area assume dunque una valenza fortemente signifi-cativa per il castello, in relazione anche alla presenzadi sepolture in fossa terragna o scavate nella rocciaposte immediatamente a sud (vedi ambiente VI-VII,area 200).

Le sepolture ritrovate si trovavano all’interno di 2tombe in muratura poste lungo il muro 281 e costrui-te in due momenti successivi a formare una sorta digradinata occupata dagli avelli. In fase con l’amplia-mento della muratura dell’edificio viene costruita unaprima struttura tombale (US 1161), a nord, impianta-ta tagliando la roccia e realizzata con bozze di calcarelegate da malta. La struttura è stata ritrovata priva diinumati, dato che fu distrutta dopo poco tempo perl’impianto di una seconda tomba (US 1137) messa inopera come la precedente. Tale costruzione comportòinfatti uno sconvolgimento nella sepoltura contenutain 1161 ed i suoi resti sono stati ritrovati sul fondodella nuova tomba (US 1154).

Nella tomba 1137, al di sopra di questa situazionedi riutilizzo, è stato recuperato un primo riempimentoancora costituito da alcune ossa sparse (US 1148) co-perte da un sottile strato di malta che le sigillava (US1149). Questa fase d’uso della tomba risultava dun-que nettamente divisa da quella successiva, costituitada un inumato in giacitura primaria (US 1145).

L’area sembra essere resa frequentabile dalla crea-zione di un battuto realizzata con malta (US 1158) chene costituiva il calpestio in collegamento alla tomba1137. Relativi alla sistemazione dell’area sono inoltredue tagli circolari ad est dell’edificio (US 1162-1163),effettuati nella roccia e interpretabili come sostegnodi una struttura in materiale deperibile.

Il cimitero è interessato successivamente da una se-conda fase di sepolture. Vengono costruite due nuovetombe in muratura (US 1132 e 1179) allineate a suddella precedente, lungo il pendio di roccia; la secondatomba viene inoltre riutilizzata per la deposizione diossa in giacitura secondaria (US 1144). Le due nuovetombe sono costruite con materiale misto (pietra e la-terizi) e con alcune pietre di reimpiego legate da mal-ta; è evidente la differenza costruttiva rispetto alle pre-cedenti strutture, in particolare rispetto alla tomba 1137che appare la più curata nella realizzazione. Questenuove tombe contenevano ossa sparse e non sono statirecuperati corpi in giacitura primaria; anche in questocaso non si può escludere un riutilizzo nel tempo dellastessa struttura sepolcrale sino al completo riempimen-to. In particolare l’ultima tomba (US 1179) si trova nellaparte sommitale dell’area, ed è l’unica ad essere stata

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NOTIZIE SCAVI E LAVORI SUL CAMPO

Tav. 1 – Area 200, ambiente II, pianta finale dell’area di scavo.

costruita su una superficie piana di roccia; la sua ubi-cazione molto a sud la rende praticamente contiguaalle sepolture più alte dell’ambiente VI-VII.

Dopo l’assedio del 1260 e le distruzioni tramanda-te dalla documentazione scritta e riconosciute nellestrutture murarie rinvenute, si decide di rendere que-sta parte del pianoro maggiormente difendibile con lacostruzione di una nuova cinta muraria (US 221). L’areacambia così destinazione d’uso e viene inglobata dalla

cinta. Il nuovo muro difensivo unisce l’edificio centra-le alla “torre A”, eretta in sostituzione della torrettadistrutta. Con la chiusura dello spazio tra la torre el’edificio, viene anche obliterata l’area cimiteriale. Èprobabile che gli strati che livellano il pendio siano ilrisultato delle distruzioni dell’assedio posto dai senesi(US 1157, 1141, e 1135): con questa operazione dilivellamento si rialza il piano d’uso di circa oltre 1 mt.L’esigenza di un rialzo di quota così notevole si deve

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collegare non solo alla necessità di rendere piana unazona caratterizzata da un dislivello di circa due metri,ma anche dal bisogno simbolico di creare uno “stac-co” tra il cimitero ed una sistemazione residenziale deglispazi.

Livellato il cimitero dunque si utilizza l’area perimpostare il cantiere per il restauro dell’edificio cen-trale che viene rialzato con un elevato in mattoni (US276). In relazione al rialzamento sono stati indagatialcuni livelli (US 1131, 1130) caratterizzati dalla pre-senza di calce mista a frammenti di laterizi che fannoipotizzare qui la lavorazione e lo stoccaggio del mate-riale da costruzione. Solo in seguito a questi lavori sirealizza un ambiente chiuso di 6×4,50 mt. ca. addos-sato al nuovo edificio centrale e alla cinta muraria. Pertale scopo vengono costruiti due muri legati insiemeche chiudono l’ambiente con la cinta e con il muro281 (US 366, US 1173). Questo nuovo ambiente è resopraticabile dalla gettata di un vespaio (US 1127, 1126)funzionale al pavimento. Quest’ultimo è costituito dauno strato di preparazione in malta (US 1121) e da unpiano in mattoni messi in foglio a corsi paralleli (US1122) (Fig. 3).

Questo assetto si conserva sino al successivo episo-dio bellico che interessò il castello. L’edificio è proba-bilmente quello che si vede addossato alla torre nel-l’affresco di Palazzo Pubblico a Siena. Infatti, dopo ladistruzione dovuta all’assedio del 1328, il muro 366viene rasato e le pietre che ne componevano il para-mento spoliate. Il pavimento in mattoni che ne costi-tuiva il piano d’uso viene in parte asportato (US 1166)e su tutta l’area si hanno numerose tracce di attività difuoco. Inizia un lungo periodo in cui l’area è nuova-mente adibita a cantiere, in modo analogo a quelloche succede nell’area centrale del pianoro. All’internodi questa lunga attività costruttiva sono state ricono-sciute due fasi, una prima costituita da un battuto dimalta bianca (US 1116 e 1115) e dal crollo di un lacer-to del muro 366 (US 1113) nell’angolo sud dell’areaed una seconda in cui si realizzano una fossa ed alcunebuche di palo (US 1117, 1111, 1108 e 1106) funzio-nali al cantiere. Si effettua inoltre un nuovo rialzamentodel piano di calpestio (US 1114 e 1110).

Con l’abbattimento definitivo del muro 366 e conle modifiche successive si crea un lungo ambiente ret-tangolare di servizio fra la torre A e l’edificio centraledelimitato dal nuovo muro US 298 che riprende l’an-damento del precedente 1173. L’area è resa pianeg-giante da un battuto (US 351 = 338) sul quale vienerealizzata una mangiatoia in pietra (US 217) lungo ilmuro di cinta, connotando un nuovo cambiamento didestinazione e trasformando l’ambiente in area adibi-ta a stalla.

F.G., J.B.

AREA 200, AMBIENTE VI-VII (Tav. 2)

In questo saggio l’indagine ha asportato completa-mente il deposito archeologico fino a scoprire il lettodi roccia (US 1427). Considerata la localizzazione del-l’area, a ridosso della torre A, delimitata verso sud dalripido strapiombo della roccia nella porzione in cui lacortina muraria meridionale risulta crollata, il timoreall’avvio della ricerca era quello di rinvenire una stra-tigrafia fortemente compromessa da fenomeni di dila-vamento. Al contrario, appare evidente che la stessapreoccupazione ha condotto anche in antico all’appre-stamento di strutture murarie di contenimento del di-slivello e di regolarizzazione delle asperità rocciose chehanno consentito una buona conservazione del depo-sito archeologico.

L’area in questione è particolarmente interessanteperché contigua al saggio di scavo 1990-1994, dal qualela dividono le più tarde murature US 320, 1173, cheera giunto a mettere in luce la roccia vergine lungo ilnord-orientale del castello, evidenziandone un usoconsistente per l’imposta di strutture di varia natura,delle quali rimangono le tracce nella lavorazione dellaroccia stessa (GUIDERI, PARENTI 2000, pp. 124-127).Quest’ultimo aspetto è risultato altrettanto evidenteanche al termine delle indagini sugli ambienti VI-VII;anche qui sono risultati numerosi i tagli e le regolariz-zazioni del piano, destinate a funzioni differenziate (US1407, 1456, 1463, 1461) e chiaramente leggibili, an-che se difficili da inserire in un quadro cronologicopreciso.

Oltre ad individuare nell’uso diffuso della rocciaper ottenere fosse, gradini e pianetti, un tratto pecu-

Fig. 2 – Area 200, amb. II: al momento della fine dello scavoè ben visibile la lavorazione della roccia e la monumentalità

delle tombe in muratura.

Fig. 3 – Area 200, amb. II: la preparazione del pianopavimentale in mattoni dell’ambiente che oblitera il cimitero

nell’area 200.

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NOTIZIE SCAVI E LAVORI SUL CAMPO

liare della topografia del castello, lo scavo dell’area200 amb. VI-VII era interessante anche per precisarela funzione assolta dallo spazio a ridosso della “torreA”, la cui edificazione è stata datata a dopo le demoli-zioni dell’assedio del 1260, nella fase più antica dellavita dell’insediamento, quando alla “torre A”preesisteva un altro edificio, forse una torretta confunzioni eminentemente militari (scavo 1990-1994, US389, 245) (GUIDERI, PARENTI 2000, p. 127). È forse per-tinente a quest’ultimo edificio un lacerto murario (US1404), parzialmente visibile al di sotto della soglia d’in-gresso alla “torre A”, che rappresenterebbe, assieme aquanto evidenziato dallo scavo del 1990-94, la fasepiù antica di edificazione sul poggio.

Quando furono in uso le strutture precedenti alla“torre A”, dunque prima dell’assedio del 1260, è pro-babile, come è stato già osservato, che si avesse unamaggiore espansione dell’insediamento in direzione est,oltre l’attuale “torre A”, sul pianoro roccioso che ri-sulta attualmente all’esterno del circuito murario10.Dell’entità e dell’articolazione di questo primo inse-diamento sfuggono, allo stato attuale della ricerca, ul-teriori dettagli; tuttavia è ipotizzabile che il baricentroinsediativo potesse essere diverso dall’attuale, compre-so fra la torre ed il palazzo, e che, conseguentemente,l’area ad ovest della “torre A”, caratterizzata da ripidiscoscendimenti, risultasse marginale da un punto divista strettamente insediativo; ciò appare in tutta evi-denza dai dati di scavo (Tav. 7).

Nella fase di vita della torretta, prima del 1260, ilfianco meridionale della rocca era utilizzato come ci-mitero. Alcuni dei tagli nella roccia vergine (US 1456,1461, 1463) furono effettuati per allestire altrettantefosse di inumati, in prevalenza bambini, orientate indirezione est-ovest (Fig. 4). I dati attuali non consen-tono di accertare con sicurezza se esista una relazionefra la fase più antica di uso del cimitero e l’esistenzadella chiesa; tuttavia è lecito supporre un legame fun-zionale fra la destinazione dei due spazi. Le sepoltureandarono progressivamente ad occupare estensivamen-te l’area compresa fra la torretta e la muratura US 281,che chiude l’area in direzione est.

Il muro US 281, che taglia il pianoro in direzionenord-sud ed è costituito da più fasi costruttive, rap-presenta l’altro elemento di rilievo nelle fasi più anti-che di vita dell’insediamento; nella metà meridionaleesso funge semplicemente da limite alle sepolture, chegli si addossano (US 1457, 1459, 1462), mentre nellametà settentrionale allo stesso si appoggiano alcunetombe in muratura, a riprova di una valenza privile-giata assolta dall’edificio sorto al centro dell’altura (giàdefinito dallo scavo 1990-94 come “edificio E”).Dell’edificio, del quale la muratura US 281 potrebbeessere uno dei perimetrali, ad oggi sfugge ancora l’esat-ta planimetria11. Le sepolture hanno lasciato traccia inuna fitta sequenza di interventi di taglio e riempimen-to insistiti su una porzione esigua dello spazio, confosse in successione che hanno progressivamente alte-rato le precedenti inumazioni. Rispetto all’orientamen-to dei corpi va rilevato che la sepoltura US 1464, unadelle più antiche, relativa ad un bambino, è l’unica

Tav. 2 – Area 200, ambiente VI-VII, pianta finale dell’area di scavo.

11 Si veda su questo infra, la sintesi dei dati per le aree 200,Amb. I, e 2000, Amb. I-II.

10 GUIDERI, PARENTI 2001, pp. 124-125. I numerosi segni di re-golarizzazione della roccia visibili sul pianoro esterno al circuitomurario contribuiscono a sostanziare l’idea di un insediamento som-mitale esteso a questo, da identificare forse con il Pogium Boniculiindicato nel documento del 1076 nel quale si menziona anche lachiesa dei santi Maria, Andrea e Genziano.

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orientata nord-sud, ed il corpo in questo caso è statorinvenuto totalmente in connessione. Al di sotto (US1465) altri resti di inumati bambini sono risultati in-vece parzialmente sconvolti, e, come la totalità deglialtri corpi rinvenuti, sono disposti est-ovest.

L’area del cimitero dei bambini è delimitata versosud-ovest da un muro (US 1460), realizzato con pietresolo spaccate e con l’uso di pochissimo legante, che lasepara dall’accentuato pendio e che si è conservato soloper una minima parte. L’apparecchiatura di questomuro, assolutamente irregolare, lascia ipotizzare perla struttura una semplice funzione di retta e regolariz-zazione del dislivello marcato.

Più distante dal grande muro US 281 è stata rinve-nuta una grande fossa che conteneva sei sepolture, dicui quattro adulti e due bambini (US 1434,1432), orien-tate est-ovest. I corpi, ancora in connessione, risulta-vano parzialmente schiacciati dalla pressione esercita-ta dalla stratigrafia superiore sui due muretti (US 1427e 1428), utilizzati come spallette della fossa stessa. Lapresenza contestuale di adulti e bambini ha fatto pen-sare alla sepoltura di un intero nucleo familiare; dalladeposizione sono stati recuperati pochissimi oggetti,fra cui due fibbie di cintura (Fig. 5).

Alle deposizioni si alternano strati di calce, alcunidei quali particolarmente consistenti (US 1433), cheassolvono ad un chiaro scopo sanitario in un’area re-lativamente piccola ed intensamente utilizzata. Le inu-mazioni in questa porzione del castello dovettero es-sere infatti assai numerose, a giudicare dalla quantitàdi ossa frammentarie rinvenute nelle terre di sepol-tura; evidentemente ogni inumazione riutilizzava inparte lo spazio già destinato ad altre (lo si nota benenella sequenza delle fosse degli inumati bambini), di-struggendole in buona parte, e recuperando il terrenorisultante dallo scavo per nuove sepolture.

La fase di cimitero è sigillata definitivamente da stra-ti di calce particolarmente spessi e tenaci (US 1426,1436), che ne decretano l’abbandono a favore di undiverso uso dell’area. Riteniamo che tale cambiamen-to d’uso vada legato al più generale riassetto struttura-le del castello conseguente all’assedio del 1260. Comenoto, l’assedio fu una vera rovina per l’intero insedia-mento; le distruzioni sistematiche degli elevati deter-minarono, nei fatti, una nuova topografia del sito, icui elementi più visibili furono la distruzione della pic-cola torretta e l’edificazione al suo posto della “torreA”, il restauro dell’edificio E effettuato con l’uso dilaterizi, l’edificazione del tratto di cortina murariacompresa fra questi due edifici, e, più a nord, la co-struzione del palazzo e della torre poligonale (GUIDE-RI, PARENTI 2000, pp. 129-145) Alla luce di quantoemerso dalle indagini sull’area 200, amb. VI-VII, nonè affatto improbabile che l’ultima, convulsa serie diinumazioni conservatesi sotto la calce sia da ascrivereproprio alla fase di guerra della metà del XIII secolo.

Le ricostruzioni post 1260 determinarono un pro-fondo cambiamento in quest’area. Abbandonate persempre le funzioni cimiteriali che l’avevano a lungoconnotata, l’area conosce un uso in parte legato allanuova viabilità che si era andata strutturando fra ilpianoro centrale e la “torre A”. Sono indizio di ciò ladistruzione parziale della grande muratura US 281, nel-la quale viene aperto un varco impreziosito da unagrande soglia in calcare (US 1414). La soglia consentela comunicazione fra il grande edificio centrale (edifi-cio E), nel frattempo restaurato, e l’area 200, e fra

questa e la “torre A”. È contemporaneo alla messa inopera della soglia un piano d’uso identificato sull’area(US 1419), forse indizio di una fase in cui questa fuparzialmente coperta.

La cesura netta fra l’antico cimitero e la nuova de-stinazione d’uso dello spazio è resa evidente dagli ul-teriori interventi strutturali effettuati sulla muraturaUS 281, cioè l’apertura di due canalette (verticale edorizzontale, US 1440, 1446, 1443), connesse all’edifi-cazione di una vasca all’interno dell’edificio E (US2103). La canaletta orizzontale, realizzata in laterizi,taglia di netto la stratigrafia del cimitero nella porzio-ne riservata ai neonati ed ai bambini piccolissimi, cioèa ridosso del muro, e sfrutta l’accentuata pendenza dellaroccia per convogliare le acque verso l’esterno.

La vita di questo spazio in connessione all’edificioE e l’uso della soglia è tuttavia abbastanza breve. Ilpiano d’uso US 1419 viene infatti obliterato da unaserie di interventi di butto, e l’intera area risulta in-gombra di macerie e pezzami di pietra mista a malta,che possono essere visti legati alle attività di cantieredispiegate su tutto il castello e particolarmente all’in-terno dell’edificio E (US 1416, 1413, 1409). Conte-stualmente lo spazio in quest’area viene ripensato conl’edificazione di due nuove murature che, assieme almuro US 281, lo chiudono verso nord e verso ovest(US 1173, 320). La funzione dell’area, separata dalresto degli edifici, d’ora in avanti sarà effettivamentemarginale.

Sulle nuove quote d’uso, determinatesi a seguito delbutto di macerie del cantiere, si impostano muratureche riutilizzano come materiale edile anche proiettililapidei relativi all’assedio (US 1006). Nuovi strati dimateriale inerte faranno seguito ai primi (US 1401,1402, 1403, 396, 395, 393), senza che emerga un uti-lizzo specifico dell’area se non come luogo di accumu-lo delle pietre impiegate nelle numerose opere di re-stauro e ricostruzione che caratterizzeranno il castellofino agli inizi del ’400, ed al quale farà seguito l’im-pianto di orti.

L.D.

AREA 2000 (Tav. 3)

L’area 2000 è posta al centro del pianoro rocciososul quale si trova la rocca di Montemassi. Si tratta diun grande settore rettangolare (16×7,5 mt) a ridossodegli ambienti II e VI-VII dell’area 200. I limiti di que-sta area erano al momento di avvio del cantiere giàvisibili sui 4 lati: a nord il limite è costituito dalla cintamuraria US 219, ad est dal muro 281, a sud dalla cintamuraria US 2072, ad ovest infine dai muri 2040 e 2061venuti in luce con l’asportazione degli strati di livella-mento che li obliteravano. Una porzione di stratigra-fia era peraltro già stata oggetto d’indagine nelle cam-pagne 1990-1994 e pubblicata con il nome di edificioE, ambiente III e IV (BIANCHI, DE LUCA, GUIDERI 2000).L’indagine di allora si era arrestata su un livello di cal-ce molto compatto (US 2080), interpretato come pia-no di spegnimento della calce (PARENTI 1996).

La prima fase insediativa in quest’area è relativa almuro absidale di una chiesa che ne occupa la partecentrale. Si tratta di uno degli edifici più antichi pre-senti in elevato nel castello, il cui impianto risale pro-babilmente all’XI-XII secolo (Tavv. 3 e 7). Al momen-to non sono stati scavati depositi relativi alla vita dellachiesa antica, ma le future campagne di scavo permet-

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teranno di indagare la stratigrafia ad essa relativa e dipuntualizzarne la cronologia. Il muro absidale dellachiesa (US 2239) presenta due bracci di circa tre metrie si sviluppa con un andamento E-W; è costruito conblocchi di alberese squadrati e spianati. L’impiantodell’abside presenta la particolarità di essere pensile(Fig. 6). La porzione residua si sviluppa con un anda-mento estroflesso e costituiva la base per l’alloggio del-l’abside. Tutta la chiesa probabilmente utilizzava nellato ovest il banco roccioso che compie in questo pun-to un salto di quota di circa mezzo metro, ma il cuiaspetto era sicuramente meno scosceso di quello odier-no; l’aspetto attuale della roccia, con tagli quasi inverticale, deriva infatti dalla costruzione dell’edificioposteriore. Addossato alla roccia è stato individuato illimite ovest della chiesa (US 2183, 2191) costituito dadue muri in alberese messi in opera con abbondantemalta bianca; entrambe le strutture sono rasate sinoall’ultimo filare e risulta dunque complesso indicarese quella più interna potesse costituire una sorta di“sedile” posto lungo il muro.

I due restanti perimetrali della chiesa non sono almomento individuabili. In particolare quello sud nonpuò essere costituito dal muro 2081, anche se que-st’ultimo è cronologicamente coevo, ma costruttiva-mente diverso e con un andamento convergente con ilmuro absidale. Poichè la struttura absidale è ancoravisibile nel paramento del muro 281, possiamo ipotiz-

zare che il limite est della struttura sia stato distruttoproprio per la costruzione di una porzione di 281.

Addossata al muro di fondo della chiesa, all’inter-no dell’ambiente, è stata infine identificata una picco-la struttura quadrangolare (US 2256), costruita conpietre squadrate di alberese: si tratta forse della baseper l’altare maggiore.

I resti materiali di questa chiesa sono senza dubbiocorrelabili all’esistenza di una ecclesia infra castellumde Montemasso constructa, intitolata alla vergine Ma-ria ed ai santi Andrea e Genziano, citata in un docu-mento del settembre 1076 (FARINELLI 2000, p. 68). Sitratta dunque della prima chiesa, o di un’altra di pocosuccessiva, costruita a Montemassi e dotata di beni damembri della famiglia aldobrandesca, antecedente al-l’attuale chiesa di S. Andrea posta nel borgo.

I confronti che possiamo trovare in Toscana per l’im-pianto di absidi pensili confermano la cronologia alXII secolo. A Pistoia, la cappella di San Niccolò, eret-ta per rialzare la sagrestia di Santo Jacopo all’internodel complesso vescovile, è provvista di un’abside pen-sile in pietra e mattoni (RAUTY 1981, p. 125). Ad Or-vieto, nell’abbazia dei SS. Severo e Martirio la cappel-la privata dell’abate era costruita con un’abside pensi-le, poi inglobata in un edificio successivo più ampio.In entrambi i casi si ribadisce che l’abside pensile è unparticolare architettonico castellano, tipico delle cap-pelle signorili che intendevano così rispettare, anche

Fig 4 – Area 200, amb. VI-VII; fase di scavo relativa allefosse dei bambini.

Fig. 5 – Area 200, amb. VI-VII: la grande fossa di sepolturaal centro dell’area.

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se in scala molto ridotta, lo schema planimetrico tra-dizionale della chiesa medievale. Più in generale, gliinflussi per questo tipo di costruzione sembrerebberoda ricercare nelle tipologie romaniche d’Oltralpe, inFrancia e Spagna (Idem, p. 131).

Nella fase successiva, da collocarsi tra la fine delXII e l’inizio del XIII secolo, la chiesa viene abbando-nata e si intraprende la costruzione di un edificio pri-vilegiato che occupa tutta l’area centrale del pianororoccioso (Tav. 3). Questo edificio si sviluppa da nord asud come la chiesa, ma si caratterizza per uno slitta-mento del proprio asse verso est. La chiesa viene com-pletamente inglobata e obliterata dal vespaio di fon-dazione. Il muro nord del nuovo edificio costituisceuna parte della cinta muraria che chiude il cassero delcastello (US 219); il muro ovest (US 2040, US 2061)viene impostato sul banco roccioso, lavorato e scavato(le scaglie rocciose di risulta verranno poste a costitu-ire un vespaio di livellamento, US 2251-2252, per tut-to l’edificio); il muro est (US 281) viene allungato erialzato assieme alla costruzione di una serie di tombein muratura e con esse lo spazio esterno, a ridosso diquesto limite, diviene area cimiteriale (vedi area 200,ambiente II). La chiusura a sud dell’edificio potrebbeessere rappresentata dal muro US 2081, costruito inun periodo antecedente (probabilmente prima del XIIsecolo) e riutilizzato.

Al suo interno l’edificio presenta una partizione,forse legata alla funzionalità degli spazi, ancora dadefinire. La zona centrale è caratterizzata da un pavi-mento in lastre di pietra (US 2242) di grandi dimen-sioni disposte in modo irregolare che alterna al calca-re grigio lastre in calcare rosso di Gerfalco, probabil-mente ricercando un effetto di bicromia; a sud il pavi-mento è delimitato dalla roccia lavorata e regolarizza-ta in modo da creare un piano (Fig. 7). La complessitàdella muratura 281, costituita da più fasi alcune dellequali ancora obliterate dalla stratigrafia in posto, nonpermette di accertare se il pavimento in questione na-sca con questo edificio o piuttosto non sia stato con-nesso alla chiesa precedente e riutilizzato in seguito.

Nel corso del suo uso la pavimentazione subì alcu-ni restauri, visibili in più parti, dove una o più lastresono mancanti e il vuoto è stato colmato con terracarboniosa compattata o con calce (US 2244, 2245,2247, 2248, 2265). Al centro dell’ambiente il pavi-mento termina a ridosso di due muri (US 2241, US2253), paralleli alla chiusura nord dell’edificio, chelasciano un’apertura al centro dell’ambiente nella qualesono state collocate alcune pietre piatte che servivanoprobabilmente come gradino di accesso. I due muri,con l’eccezione del passaggio, dividono l’edificio indue metà, quella a sud ricoperta dal piano pavimenta-le sopra descritto, quella a nord invece occupata dalbasamento di una muratura (US 2149) non ancora iden-tificata nella sua funzione. Si tratta di una struttura aforma di U, con uno spessore di circa 120 cm, costru-ita con pietre molto grandi e ben rifinite. Di essa siconserva solo un filare, ma è probabile che non fossemolto più sviluppata in elevato poiché non furono re-alizzate fondazioni ma una semplice messa in operadirettamente sul pietrisco che livella il piano dell’edi-ficio, costituito da scaglie di roccia molto incoerenti.Al momento possiamo soltanto ipotizzare che la strut-tura fosse un gradino per accedere alla parte nord del-l’edificio. Lo spazio rimanente tra la struttura 2149 eil muro di cinta nord era occupato dalla rasatura del

muro della chiesa e da strati di livellamento costituitidal suo crollo misto a terreno sciolto (US 2237, 2249).

L’interpretazione di tutto questo ambiente apparecomplessa; la presenza delle tombe in muratura e delcimitero adiacente potrebbero fare ipotizzare un edi-ficio ecclesiastico, ma la mancanza dell’abside ci spin-ge ad essere prudenti ed a considerarlo, al momento,solo come un edificio privilegiato. La cura nella co-struzione è infatti ben evidente: il suo piano pavimen-tale rappresenta un’eccezione per le aree sinora inda-gate ed ugualmente la presenza di materiale di cavaimportato da zone circostanti.

In un momento successivo si ha all’interno dell’edi-ficio una fase di lavori di ristrutturazione, costituitada piani di argilla mista a calce con tracce di bruciatoe da mucchi di sabbie (US 2215, 2219, 2224, 2227,2228, 2235). Le US sembrano da riferire a diverse azio-ni legate al cantiere di obliterazione del sottostantepavimento in lastre, ancora visibile in questa fase. Re-lative al cantiere sono inoltre due buche di palo (US2210, 2211, 2231, 2232) parallele al muro 281 e pro-babilmente funzionali alla costruzione di una tettoia odi una annesso ligneo costruito in appoggio al muro.

Sul cantiere si imposta una nuova organizzazionedegli spazi. È stato infatti messo in luce uno strato spes-so e compatto composto da ciottoli legati con terra;questo vespaio (US 2182, 2188, 2209) costituiva labase per un ulteriore piano di calpestio probabilmentein terra battuta ed era tagliato dall’impianto di unacisterna (vedi infra). Il vespaio segna dunque una nuo-va fase costruttiva ed è il piano di un ambiente delimi-tato a sud ed a ovest dalla roccia e negli altri due latidai muri 281 e 219, entrambi preesistenti. In partico-lare, a nord, il vespaio ha come limite la strutturamuraria 2149, anch’essa preesistente, che in questa faseviene parzialmente distrutta per rispondere alle muta-te esigenze dell’area.

In fase con il vespaio si costruisce un muro US 2175con andamento est-ovest che divide in due parti que-sto edificio. Un’apertura nell’edificio è visibile in cor-rispondenza del muro 281, dove sul vespaio sono si-stemate alcune pietre che formano una soglia (US 2190)e indicano il passaggio verso la torre A.

In una fase successiva l’edificio subisce un riassettoe forse un ridimensionamento, segnato dalla costru-zione nell’angolo nord-est di una cisterna per l’approv-vigionamento idrico. Cronologicamente quest’inter-vento si colloca nella seconda metà del Duecento,momento storico molto importante per lo studio degliassetti insediativi della rocca. Tra gli episodi bellici aiquali Montemassi fu soggetto, infatti, quello del 1260appare dalle fonti scritte il più rovinoso per le sue strut-ture (BIANCHI, DE LUCA, GUIDERI 2000, pp. 129-131):le fortificazioni furono sistematicamente distrutte damaestri di pietra inviati dal Consiglio Generale senesee una norma dello statuto del Comune del 1262 nevietava la ricostruzione (FARINELLI 1997). Nel 1266, inun atto che trasferisce i diritti sul castello al Comunedi Siena, l’area sommitale di Montemassi viene defini-ta come podium, sostanzialmente un’area aperta, pri-va di costruzioni (Idem, p. 50).

La cisterna dunque potrebbe costituire una delleprime strutture ricostruite, forse già nell’ultimo tren-tennio del XIII secolo. Essa è formata da due muri inmattoni e pietra (US 2222, US 2255) alloggiati in taglieffettuati nei crolli delle murature adiacenti (US 2234,2236) e dai muri US 281, US 219: si forma così uno

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spazio rettangolare di 3.80×1.60 m. I perimetrali del-la cisterna 2222 e 2255 sono rivestiti da malta idrauli-ca rosa e cocciopesto; il fondo è ricoperto da una pa-vimentazione di mattoni (US 2246) non disposti rego-larmente e legati sempre con malta idraulica. La por-zione nord della cisterna presenta inoltre un rialza-mento costituito da bozze di trachite, disposte di pia-no (US 2260); potrebbe trattarsi di un gradino funzio-nale all’uso della stessa.

La presenza della cisterna si spiega con la mancan-za di risorse idriche spesso lamentata dagli abitanti diMontemassi nel corso dei secoli e testimoniata da nu-merosi documenti storici (FARINELLI 2000, p. 54). Taleesigenza doveva essere avvertita con maggiore urgenzain conseguenza dell’assedio appena terminato, che ave-va danneggiato tutte le strutture della rocca. Peraltrol’abbandono della cisterna, costituito da numerosi stratiorganici ricchi di resti di pasto (US 2226, 2238, 2243),evidenzia che fu riutilizzata come discarica da coloroche ancora abitavano alcune aree del castello e si accin-gevano a riedificare l’edificio centrale gravemente dan-neggiato.

I resti archeologici relativi a questa fase rappresen-tano dunque il risultato della ricostruzione effettuataalla fine del Duecento. Tutta l’area 2000 subisce unrestauro ed i perimetrali vengono rialzati con l’utiliz-zo di laterizi (US 276). Si forma così un edificio ad-dossato alla cinta muraria nord che viene inoltre prov-vista di una piccola feritoia in mattoni (US 288). A sudil limite dell’edificio è costituito da un muro paralleloalla cinta (US 2132); ad est da un muro preesistenterestaurato con laterizi (US 276) al quale viene addos-sata una struttura muraria simile ad un “sedile”. Que-sto ambiente ha un piano di vita in fase (US 2176)

costituito da terreno molto organico, ricco di carbonie resti di pasto. Coevi alla risistemazione dell’edificiosono una scala (US 2254) ed un muro (US 2250) co-struiti nell’angolo nord-ovest per creare un corridoiodi accesso ad una finestra (US 2112) realizzata semprenella cinta muraria nord.

A sud, verso l’area 3000, in questa fase si crea unazona aperta: indicazioni sulla viabilità ci vengono for-nite da due soglie in pietra, la prima (US 2095) costru-ita per superare il dislivello esistente con l’area 3000,amb. I, la seconda (US 1414) ricavata nel muro 281per permettere il passaggio verso la torre A. Collegatoa questa zona aperta, e di poco posteriore, è l’impian-to di una struttura quadrangolare (US 2103) posta nel-l’angolo sud e costruita in trachite e mattoni, provvi-sta di un canale di scolo verso l’esterno del castello(area 200, ambiente VI-VII). Si tratta di una sistema-zione pubblica, forse una vasca, per l’utilizzo ed il de-flusso delle acque, come evidenziato dal fatto che nel-lo strato di riempimento della canaletta (US 1443) sonostati rinvenuti numerosissimi vetri frammentari. È ipo-tizzabile che questa nuova sistemazione si sia conser-vata sino all’assedio che i senesi, con il condottieroGuidoriccio da Fogliano, posero al castello nel 1328.

Immediatamente dopo tutta l’area è nuovamenteinteressata da un cantiere di ricostruzione: le primeazioni documentabili sono riconducibili all’avvio deilavori o ad un momento, forse successivo all’assedio,in cui si riutilizzano le strutture precedenti, con alcu-ne modifiche, prima di obliterarle definitivamente.

Nel muro 2081 viene creata un’apertura in laterizi,da mettere in relazione con una canaletta (US 2195) inparte scavata sul piano d’uso ed in parte in mattoni,che taglia l’area da nord a sud. Sempre a questa fase

Tav. 3 – Area 2000, pianta finale dell’area di scavo.

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sono da ricondurre alcuni rialzamenti o risistemazioniin mattoni di porzioni di murature preesistenti. Nonsembrerebbe d’altronde di riconoscere alcun uso abi-tativo di quest’area e uno dei muri del grande edificiocentrale, quello a sud, viene tagliato per l’impiantodella canaletta stessa.

Il cantiere vero e proprio è documentabile dagli stra-ti che obliterano le nuove sistemazioni in laterizi, stra-ti fortemente compressi al di sotto di un esteso pianoin calce che occupa interamente l’ambiente I, proba-bilmente l’esito di una serie di cantieri di costruzione,compresa una fossa di spegnimento della calce (US2080).

Fra le diverse fasi di cantiere, proprio al centro del-l’area si è rinvenuto uno strato di colore bianco, dallasingolare forma arrotondata (US 2142), ubicato al disopra della rasatura della struttura us 2149 (US 2150).Tale strato (di cui le US 2148, 2147, 2146 costituisco-no altrettante azioni costruttive), assieme ad un muc-chio residuo di grassello (US 2144), localizzato nel-l’area di Nord Est del saggio, rappresenta ciò che restadi una macchina per la produzione della malta, unapprestamento funzionale alla vita del cantiere, in spe-cial modo di un cantiere lungo ed impegnativo qualefu quello del castello, per la quale tuttavia vi sono po-chissimi confronti editi (Fig. 8). La forma rotonda, odisco, corrisponde alla base della vasca nella quale sieffettuava meccanicamente il mescolamento della maltaed è l’unica parte della macchina riconoscibile in fasedi scavo. La conservazione della stessa, che in taluni

casi si presenta come uno spesso strato compatto e te-nacissimo, nel caso di Montemassi, dove essa non èpiù spessa di pochi centimetri e si presenta di consi-stenza farinosa e tenera forse perché abbandonata osmontata dopo l’ultima preparazione, va ascritta conmolta probabilità alla presenza del piano in calce so-prastante, che ne ha impedito il totale deperimento.

I resti rinvenuti a Montemassi trovano paralleli evi-denti con quanto noto per la torre civica di Pavia (WARDPERKINS 1977, pp. 77-95), per il complesso di San Vin-cenzo al Volturno (HODGES 1993, pp. 206-209), perl’abbazia di San Salvatore al Monte Amiata (DALLAI c.s.)e per numerosi esempi di strutture di produzione del-la malta rinvenute e classificate nella Svizzera tedesca,in Germania e Polonia (GUTCHER 1980, pp. 178-188 ).

La comparazione dei miscelatori di malta rinvenutipresso il monastero di Zurigo, a Lindenhof, Wellin,Schutten, Monchengladblach, Pose, Wisliza, esempi aiquali possiamo aggiungere i due italiani già citati, ed inuovi rinvenimenti di Abbadia e Montemassi, rendeevidente l’esistenza di una precisa tipologia dell’im-pianto, il cui funzionamento è ricostruibile a partiredal piano che è spesso l’unico resto individuabile concertezza.

La struttura prevedeva l’esistenza di una vasca circo-lare e di un palo centrale. I bordi rialzati della vasca,che in genere non si conservano, dovevano essere rea-lizzati con l’uso di argilla e vimini; tracce di questo tipodi materiali sono venute alla luce durante lo scavo dellavasca di San Vincenzo al Volturno (HODGES 1993, pp.).Il palo centrale fungeva da perno di una struttura inlegno costituita da due o quattro pali portanti; attraver-so il movimento circolare si produceva l’azione di me-scolamento delle componenti presenti nella vasca. Ilmescolamento vero e proprio era realizzato medianteuna serie di pali, o denti, che, nei casi meglio conserva-ti, lasciano un’impronta in negativo sul piano di maltasuperstite (è questo il caso di Abbadia San Salvatore).Nel nostro esempio, forse a causa del limitatissimo spes-sore del disco, i segni non sono conservati.

La datazione degli impianti è prevalentemente rife-rita ad un ambito cronologico carolingio-ottoniano,dunque ben più antico di quanto la stratigrafia ed ilcontesto dei materiali rinvenuti a Montemassi ci fan-no proporre. Tuttavia la macchina rinvenuta ad Abbadia

Fig. 6 – Area 2000, amb. I-II: la chiesa di XI-XII secolo.

Fig. 7 – Area 2000, amb. I-II: il pavimento in lastredell’edificio posteriore alla chiesa di XI-XII secolo.

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NOTIZIE SCAVI E LAVORI SUL CAMPO

San Salvatore, datata allo scorcio finale del X secolo,rende evidente che si tratta di una struttura produttivala cui efficacia e semplicità di realizzazione ne ha fa-vorito un impiego protratto nel tempo. I resti docu-mentati a Montemassi rappresentano attualmentel’esempio cronologicamente più avanzato, il solo do-cumentato in un contesto castrense.

L’impianto risulta parzialmente spoliato (US 2143),e tagliato da due fosse (US 2156, 2157), anch’esse in-terpretabili come azioni di asportazione di materialelapideo (Fig. 9). La fossa localizzata al centro dellastruttura (taglio US 2156), probabilmente conseguen-te all’estrazione ed asportazione del perno centraledella vasca, è stata poi riempita con materiali organici(ossa anche di grandi dimensioni, probabile scarto dimacellazione) e carboni, a riprova evidente che la strut-tura era nel frattempo completamente caduta in disu-so, e l’area era parzialmente utilizzata come discarica.

Al di sopra del piano US 2080, che sigilla la fase diuso ed abbandono della macchina per malta e riutiliz-za l’area per lo spegnimento della calce, si depositanoulteriori strati, sempre interpretabili come attività dicantiere. Si tratta di mucchi di calce (US 2077, 2052)e di calcestruzzo (US 2050) e, nell’angolo nord-ovest,di una concentrazione di mattoni (US 2087). Nella metàsud dell’ambiente alcuni strati di terreno nero organi-co, ricco di carboni e resti di pasto (US 2067=2118),sono collegabili alle fasi di vita del cantiere, che ripro-pone anche qui evidenze analoghe alle precedenti, conconcentrazioni di grassello e di “calcestruzzo” alter-nate a zone in cui i noduli della setacciatura della cal-ce stessa erano disposti in mucchi (US 2129). La por-tata delle ristrutturazioni effettuate in questa fase divita dell’insediamento appare in tutta evidenza dal-l’estensione complessiva del cantiere, che occupa tut-ta la parte centrale del sito (circa 12×7 mt.) e sfruttala pendenza naturale dell’area, diretta verso sud-est,cioè verso lo scosceso dirupo a ridosso della “torre A”.

È successivo al cantiere l’intervento costruttivo re-lativo al muro US 279 che divide in due ambienti tuttal’area e crea, insieme al muro 238, un lungo edificio aridosso della cinta muraria che copre l’area 200.

Da adesso, per rendere più agevole la lettura dellasequenza stratigrafica, chiameremo ambiente I questaporzione di area 2000 addossata alla cinta nord edambiente II la parte a sud.

Nell’ambiente I era steso su tutta l’area uno spessostrato di livellamento, costituito da detriti, coppi, mat-toni e numerosi frammenti ceramici (US 2034), inte-ressato da alcuni tagli per impianti ortivi (US 2032,2036, 2048). Lo strato inoltre era tagliato da una fos-sa rettangolare nell’angolo nord-ovest (US 2035), damettersi in relazione con la posa dell’ US 2049, rim-pello del muro di cinta costituito da due filari di bozzedi calcare. Il piano US 2034 sembrerebbe collocarsiagli inizi del XV secolo.

Nell’ambiente II invece sopra il cantiere si trovava-no una serie di crolli livellati (US 2062, 2074, 2082,2083,) composti da conci di recupero dalle muraturecircostanti, malta, frammenti di laterizi e molti reperticeramici e ossei. In relazione vi erano due muri costru-iti contro i crolli; uno al centro dell’area (US 2073) eduno a sud (US 2094), realizzati in calcare e materiale direimpiego (una delle murature conteneva anche un pro-iettile litico), messi in opera senza legante, ed orientatiE-W. Questa fase sembrerebbe legata ad un rialzamentodella quota d’uso mediante la creazione di muri controterra e vespai ottenuti livellando i crolli di varie struttu-re; cronologicamente essa può essere inserita tra la finedel XIV e l’inizio del XV secolo, contemporanea dun-que al piano 2034 dell’ambiente I.

Nella fase successiva si ha la trasformazione dellezone occupate da edifici in aree aperte destinate adorti. I piani di terra ortiva erano presenti in entrambigli ambienti (US 2001, US 2058) e coprivano tutte lecreste dei muri; essi erano interessati da numerosi ta-gli riconducibili all’impianto di frutteti ed altre specievegetali (US 2005, 2007, 2002, 2016, 2019, 2018,2012, 2032, 2025, 2027, 2029, 2023, 2021) ed han-no occupato l’area sommitale dalla fine del XV secoload epoca contemporanea.

L.D., F.G.

AREA 3000, AMBIENTE I (Tav. 4)

Il deposito indagato solo parzialmente in quest’areava riferito alla vita del castello dopo l’assedio del 1328,più in generale ai secoli XIV-XV (Fig. 10). Si trattanella maggior parte dei casi di tracce residue di maltae strati di pietre, posti a contatto diretto con la roccia,che in questa zona centrale affiora in più punti ed èricca di regolarizzazioni, buche e tagli. Il primo strato

Fig. 8 – Area 2000, amb. I-II: il cantiere successivo al 1328,particolare della macchina per la produzione della malta.

Fig. 9 – La muratura su cui si imposta la machina per lamalta.

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NOTIZIE PRELIMINARI DALL’ITALIA

individuato è costituito dall’US 3067 estesa su tuttol’ambiente, tra la roccia e il muro US 3009, formatada terra marrone sabbiosa, di spessore minimo, che inmolte parti copre direttamente la roccia. Su questo stra-to, nella parte E dell’ambiente, sono stati individuatipiani di regolarizzazione ottenuti parte con l’uso dicalce (US 3560, US 3559), parte con l’utilizzo di mat-toni disposti di piatto (US 3519). Sono venute inoltrealla luce una muratura (US 3502), ed una fossa rettan-golare (US 3534, riempimento 3535). Il muro US 3502,rasato all’altezza dell’ultimo filare e legato da terra,ha un andamento E-W, ed è costituito da pietre sboz-zate di dimensioni medio-grandi e da zeppe di laterizi.Esso presenta una messa in opera irregolare ed è damettere in relazione con una sistemazione dell’areaforse come spazio ortivo, avvenuta nel corso del XVsecolo. Tale muro è costruito su uno strato (US 3501)che si estende su tutto l’ambiente, e che in base aimateriali restituiti sembra databile al XV secolo.

L’asportazione di questa stratigrafia ha messo in luceun deposito databile fra il XIV e la metà del XV seco-lo, composto da uno strato di terra giallastra mista agrumi di malta (US 3527), un pianetto in malta (US3510) situato nell’angolo NW dell’ambiente, ed uncrollo di modeste dimensioni (US 3549), interventilegati a una ridefinizione generale degli spazi nella metàsettentrionale del castello. Di particolare rilievo risul-ta il rinvenimento di un terzo strato, composto da ter-ra marrone scuro mista a calce, che ha restituito ossaumane non in giacitura primaria (US 3504).

A S del muro 3508 lo scavo ha interessato un depo-sito databile al XIV secolo: l’elemento più significati-

vo emerso dall’indagine di questa porzione dell’area ècertamente costituito da una scala (US 3554) costruitain fase ai muri 3508 e 3555 che conduce ad una portadi collegamento fra l’area 3000 amb. II ed il pianorocentrale.

A.L.

AREA 3000, AMBIENTE II (Tav. 5)

Lo scavo dell’ambiente II area 3000 è stato effettua-to durante le campagne 2001 e 2002. L’area è posta aridosso del lato sud della cinta del castello, di fronteall’attuale accesso al pianoro; i limiti di scavo sono co-stituiti a sud dalla cinta (US 3027), ad ovest dal muroUS 3802, ad est dal muretto di sostegno del forno dapane (US 3053, vedi area 3000, ambiente III) e a norddai due muri US 3801 e US 3006.

La frequentazione di quest’area inizia fin dal pe-riodo più antico fino ad ora individuato, datato tra XIe prima metà XII secolo. Una serie di tagli sulla roccia(US 3922, 3923, 3924) servivano a regolarizzare ilpendio e a predisporre un accesso mediante una seriedi gradoni (US 3925, 3926), dal lato nord. Lungo illato sud invece fu costruito un muro (US 3930) checreava una barriera sul pendio e permetteva di tratte-nere l’interro. Il lato nord viene in seguito chiuso conl’edificazione di un muro, probabilmente la cinta delcastello (3827, 3006), costruito contro roccia (figura12). È ipotizzabile che l’area risultasse marginale inquesto periodo; difatti si troverebbe all’esterno dellacinta che delimitava uno spazio edificabile sicuramentemeno ampio di quello odierno. La roccia viene scavata

Tav. 4 – Area 3000, ambiente I, pianta finale dell’area di scavo.

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NOTIZIE SCAVI E LAVORI SUL CAMPO

per creare due ambienti: un ambiente centrale, di piùgrandi dimensioni, e un piccolo ambiente di 3×2 m.

Il piano pavimentale dell’ambiente era costituito daun vespaio di pietre (US 3906) che livellava il pendio.In quota con il vespaio sono visibili due incassi trian-golari (US 3927, 3928) posti sulle pareti rocciose ested ovest dell’ambiente, creati probabilmente per l’al-loggio di un assito in legno. Sempre relativo al piccoloambiente è un canale, tagliato nella roccia (US 3929),che separa i due ambienti e serviva per far defluirel’acqua verso l’esterno.

In una fase successiva, per aumentare lo spazio inter-no al castello, si costruisce un muro (US 3889) sullo stes-so allineamento del 3930, ma di più ampie dimensioniche costituisce un tratto della nuova cinta muraria.

L’ambiente centrale più grande, di 6×3 m circa, èinteressato dalla deposizione di alcune sepolture. Nel-la fascia sud di questo ambiente, al di sotto di un disli-vello di quota determinato da un taglio nel banco diroccia in uno strato di terra molto scura, ricca di restiorganici (US 3898) in appoggio alla nuova cinta 3889,vi era una sepoltura in giacitura primaria. Si trattavadi una donna di piccole dimensioni al di sotto dellaquale sono stati ritrovati i corpi, anch’essi in giacituraprimaria, di due bambini. Tutte le sepolture avevanoun orientamento ovest-est.

Quest’area presenta molti tratti in comune con l’al-tra zona di sepolture indagata nella parte sud-est delcastello (area 200, ambiente VI-VII). Le zone cimite-riali sembrerebbero concentrate nella fascia sud delpianoro. Sono caratterizzate da interventi finalizzatial loro utilizzo: viene scavato il pendio roccioso e cre-ato un accesso praticabile, vengono costruiti dei mu-retti di contenimento a valle per poter trattenere l’in-terro e alloggiare così le prime sepolture sistemate adiretto contatto della roccia (Fig. 11). Questa fase ci-miteriale è da mettersi sicuramente in relazione con lapresenza della chiesa che si trova all’interno della cin-ta muraria del castello.

Nel periodo compreso tra la fine del XII secolo edil 1260, l’area cambia destinazione d’uso. Le sepoltu-re vengono obliterate con uno spesso strato di mace-rie (US 3892) che rialza il piano di calpestio.

La parte della cinta più antica costituita dal muro3827 viene rasata alla stessa altezza del nuovo circuito

perimetrale. All’interno dello strato di macerie sonostati rinvenuti dei resti umani relativi a tre corpi ingiacitura secondaria sconvolti da un grosso lacerto dimuratura relativo probabilmente all’abbattimento delmuro US 3827 o dello stesso 3889. Da un primo stu-dio della ceramica possiamo datare questo innalzamen-to del piano di calpestio e l’acquisizione di nuovo spa-zio utile per il castello, tra la seconda metà del XII e laprima metà del XIII sec. Si tratterebbe dunque dellasistemazione di questa area prima dell’assedio del 1260.Da mettere in evidenza è inoltre il ritrovamento di unanotevole quantità di frammenti ceramici residuali dietà classica come vernice nera, ceramica comune e al-cuni frammenti di ceramica a pareti sottili. Questi fram-menti, escludendo la possibilità che si sia sconvolto undeposito antico nelle pianure circostanti, sono la primatestimonianza di un abitato, posto sul pianoro e antece-dente al castello (vedi introduzione). Nel nuovo assettodell’area non è più visibile la separazione in due am-bienti dovuta alla cresta di roccia affiorante. La partepiù alta di quest’ultima è infatti in quota con il livella-mento effettuato e viene sfruttata in parte dal piano dicalpestio. La parte centrale della rocca è raggiungibilein questo momento sfruttando la rasatura del muro3827 che permette di superare il dislivello presente.

Dopo l’assedio del 1260, l’area viene nuovamenteinteressata da un periodo di cantiere (US 3886, 3890).Si effettua un taglio (US 3884) nelle macerie formatesidalla distruzione seguita all’assedio per ritrovare lacresta del muro sud US 3889, completamente ricoper-ta; essa viene riutilizzata come fondazione per innal-zare di 3 m ca. il muro di cinta (US 3027). Contempo-raneamente viene costruito il muro US 3801. Questomuro ha un andamento est-ovest leggermente sfalsatorispetto alla precedente cinta (US 3827), ma spostatoverso nord di circa 1 m in modo da risultare allineatocon l’altro tratto della prima cinta US 3006, ancora inuso e sfruttato insieme al muro 3801 per chiudere l’am-biente a nord. Ad ovest viene costruito il muro US 3802fondato su roccia, con andamento perpendicolare allacinta. Il limite est dell’ambiente non è definibile concertezza a causa dell’impianto in epoca successiva delforno da pane. È probabile comunque che si trovassenella zona in cui fu costruito successivamente il murodi sostegno del forno (US 3053).

Tav. 5 – Area 3000, ambiente II, pianta finale dell’area di scavo.

203

NOTIZIE PRELIMINARI DALL’ITALIA

Viene costruito dunque un ambiente di 12×4 mt.addossato al tratto di mura sud del castello. Nella par-te ovest del muro 3027 viene aperta una finestra strom-bata. Due pilastri di sostegno (US 3813, 3826) costru-iti addossati al muro 3801 e quattro buche per l’allog-gio delle travi di sostegno del solaio testimoniano comel’edificio dovesse avere due o più piani. Il muro 3006viene tagliato per creare lo spazio per una scala co-struita in fase con il muro 3801, che costituiva l’acces-so al piano terreno. Per superare il dislivello con ilpianoro sommitale vengono costruiti sette gradini. Lastruttura ha una larghezza di 1,5 m ca. ed è sistematacon pietre sbozzate, alcune delle quali squadrate e le-gate da malta. La larghezza della pedata è irregolare ein prossimità dello spigolo dei due muri (US 3801,3006) è doppia a causa dello sfruttamento della rasa-tura del muro 3006.

Per costruire il pavimento dell’ambiente si gettanouna serie di vespai (US 3881, 3882, US 3853) che ren-dono pianeggiante il terreno e quindi uno strato dimalta (US 3861) (Fig. 12). Nella fascia nord, la rasatu-ra del muro 3827 viene utilizzata come gradone e resapianeggiante con la gettata di un piano di malta (US3830). Il lungo periodo di vita di questa sistemazioneè testimoniato dal fatto che il pavimento di malta hasubito numerosi restauri, l’ultimo dei quali in terrabattuta (US 3869). Sui due piani vi erano due buchecircolari (US 3861 sul piano 3863; US 3864 sul piano3869) con un diametro di 25 cm ca. e un taglio lungo1 m (US 3879) posto sotto lo scalino in direzione delmuro di cinta e riempito dai resti carbonizzati di unatrave di legno (US 3866). Questo taglio è allineato adun foro di piccole dimensioni sulla cinta 3027 e insie-me costituiscono probabilmente le tracce di un siste-ma di chiusura in legno pertinente alla scala.

Al di sopra del piano pavimentale in malta e terrabattuta è stato scavato il crollo di un solaio in legno(US 3844) che ha restituito una grande quantità di re-perti metallici fra i quali numerose placche di armatu-ra, chiodi da trave, lame, due staffe e una serie di og-getti relativi ai finimenti per cavallo.

La ceramica di questa fase, databile fra gli ultimidecenni del XIII e la prima metà del XIV secolo ciindica che l’edificazione è relativa alla ricostruzioneavvenuta dopo le distruzioni del primo assedio.

Dopo l’assedio del 1328 l’edificio viene abbando-nato e l’area riempita dalle macerie della distruzioneche comportano l’obliterazione della scala di accesso.

Contemporaneamente alla costruzione del forno dapane (vedi a. 3000 amb. III), nell’estremità ovest del-l’area viene ricavato un piccolo ambiente di 6×4 m.Per la realizzazione si costruisce un muro contro terra(US 3803) perpendicolare alla cinta, in corrisponden-za del pilastro 3813, utilizzato per il contenimento dellemacerie.

Nella metà nord era ancora visibile la cresta rasatadel muro 3827. Per superare il salto di quota vienecostruita una scala in pietra. La scala è una costituitada tre gradini e il primo e l’ultimo sono messi in operacon pietre di medie e grandi dimensioni squadrate sudi un lato solo e legate da terra. Il secondo gradinoinvece è stato realizzato sfruttando nuovamente la ra-satura del muro US 3827 per mezzo di un pianetto dimalta e terra battuta (US 3832). Il piano superioredell’ambiente è costituito dai vespai US 3848 e US 3849che si addossavano ad un muretto di contenimento (US3834) parallelo alla cinta.

All’ambiente si accedeva attraverso una soglia po-sta tra il pilastro e la mazzetta in laterizi del muro 3803.La soglia era costituita da quattro pietre sbozzate esistemate con il filo in corrispondenza della mazzetta;la ricopriva un piano di malta compatta conservatosolo fra i due muri, ma che si doveva estendere su tut-to il livello (alcuni frammenti sono stati ritrovati al-l’interno dei vespai US 3848 e US 3849).

La ceramica del deposito stratigrafico relativo alla vitadel piccolo ambiente (US 3836) descrive un arco crono-logico dalla prima metà del XIV agli inizi del XV secolo.

Dopo il crollo della copertura in tegole e delle pa-reti dell’ambiente (US 3824, 3814), l’area viene ab-bandonata definitivamente e usata come zona di scari-co per le macerie delle demolizioni di altre parti delcastello (US 3808, US 3816). Si notano alcuni inter-venti successivi fatti per recuperare delle pietre e perreimpiegarle in altre costruzioni (US 3817), e la co-struzione di un nuovo muro (US 3509-3009), paralle-lo alla cinta sud e quasi coincidente con i muri 3801 e3006. La costruzione del muro us 3509 sembra essererelativa ad un lungo edificio addossato al muro suddella cinta presupponendo anche per questa parte delcastello una sistemazione analoga a quanto si è regi-strato lungo il muro nord con la costruzione del muroUS 279 (vedi a. 2000). Nel XVI secolo l’area vieneobliterata con uno spesso strato ortivo (US 3069) ana-logamente alle altre parti della rocca.

J.B.

Tav. 6 – Area 3000, ambiente III, pianta finale dell’area di scavo.

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NOTIZIE SCAVI E LAVORI SUL CAMPO

AREA 3000, AMBIENTE III (Tav. 6)

Le più antiche tracce di un occupazione di questaparte del sito consistono in una serie piuttosto eviden-te di tagli e asportazioni eseguite direttamente sullaroccia, e perlopiù mirate ad ottenere zone livellate epianeggianti. In questo senso vanno interpretati duelunghi tagli (us 3104 e 3107) con andamento NW-SE,che attraversano tutto l’ambiente, asportando il bancodi roccia e creando una parete verticale ed un pianoorizzontale lungo il limite E.

Sicuramente successivi a questi, sono due tagli fi-nalizzati a definire delle zone più ristrette all’internodell’ambiente. Il taglio US 3105 che delimita un sotto-ambiente quadrangolare di circa 2 m di lato e con pia-no su più livelli, e l’US 3109, taglio ad andamento cir-colare posto all’interno della zona definita dal prece-dente e che produce un evidente piano orizzontale.Benché non sia possibile definire perfettamente la re-lazione tra questi interventi, è certo un loro rapportofunzionale con strutture in materiale deperibile, con-

fermate dalla presenza di due buche quadrangolari negliangoli del taglio US 3109 (US 3115 e 3116), e di altrebuche circolari tagliate nel piano roccioso e in partecollegabili all’US 3105 (US 3106 e 3109).

A questi interventi sono da collegare sul piano fun-zionale l’US 3084, taglio nella roccia relativo ad unacanaletta di circa 10 cm di larghezza che corre conandamento E-W attraverso quasi tutta l’area, e l’US3110, profondo taglio nel bancone di roccia teso acreare un ingresso e uno scalino tra l’ambiente in que-stione e quello adiacente.

Come ultimo intervento ascrivibile alla più anticafase di frequentazione (precedente al 1260), è da indi-care la costruzione dei muri US 3038-2081-2139, fon-dati direttamente sulla roccia, e formanti di fatto i li-miti dell’ambiente e dell’area.

Successiva alla definizione dei limiti dell’ambienteè la costruzione di un muro di cinta, US 3102, postoin diagonale SE-NW, ed emerso per un tratto di circa 2m sotto l’US 2072, all’interno del taglio US 3101. Ilmuro ha conservato solo alcune pietre del primo filare

Tav. 7 – Il castello di Montemassi nelle sue fasi costruttive principali.

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NOTIZIE PRELIMINARI DALL’ITALIA

e parte del livello di fondazione (US 3103), dove siindividua l’uso di una malta bianca molto tenace e dipietre ammassate irregolarmente.

Data la scarsità di paramento conservato è al mo-mento difficile un’analisi dettagliata della tecnica co-struttiva, anche se l’osservazione del suo andamentolo pone esattamente in linea con l’US 3027, muro dicinta che rappresenta il limite W di tutta l’area di sca-vo sul dirupo roccioso sottostante.

Fig. 10 – Area 3000, amb. I: la porzione centrale del pianorooccupato dal castello.

Fig. 11 – Area 3000, amb. II: la roccia con gli evidenti taglieffettuati per il suo sfruttamento.

Fig. 12 – Area 3000, amb. II. Vista generale.

Sul finire di questo periodo avviene il crollo ol’asportazione parziale del muro suddetto, con la co-struzione al disopra di un tratto di muro in terra pres-sata (US 3115), estremamente compatto.

Alla quantità di attività documentate per questa fasepiù antica non fa purtroppo da riscontro una analogaquantità di elementi utili ad un più certo inquadra-mento storico. La datazione alla fase precedente al1260 è pertanto desunta in analogia a quanto emersonelle altre aree del castello sottoposte ad indagine, eparticolarmente nell’area 200.

Una intensa occupazione dell’area caratterizza l’areanella fase di vita immediatamente successiva; una se-rie di interventi costruttivi conferiscono all’ambientein un nuovo aspetto funzionale, forse in parte a carat-tere abitativo. È certamente riusato il muro US 3038-2081-2139. Il muro US 3038, invece, viene tagliatodall’US 3039, per l’inserimento di un grosso forno perla cottura del pane, costituito da una base in pietracon conci di trachite, e un alzato a cupola con mattoniposti di piatto e inclinati all’interno (US 3048 e 3050).Questa struttura si caratterizza principalmente per l’ab-bondante uso di argilla sia come legante che a scopodi isolante. Purtroppo non resta traccia della ricostru-zione del muro US 3038, necessariamente eseguitasubito dopo la costruzione del forno con la funzionedi parete N dell’ambiente (Fig. 13).

Al suo interno, il forno era costituito da due stratiisolanti di base, formati da argilla e pietrisco, ed uti-

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NOTIZIE SCAVI E LAVORI SUL CAMPO

quentazione è da collegare il formarsi di un ulteriorelivello di terra nera, costituita principalmente da ce-nere e carboni disfatti, distribuito su tutta le metà Ndell’area, e da un accrescimento del deposito di cene-re all’interno del focolare. Proprio in relazione all’usodel focolare sono da porre una forma di testo rinvenu-to appoggiato sul piano di cenere e una forma di ollain acroma grezza, anch’essa inserita nel livello di ce-nere, accanto al piano in mattoni. Inserito poi nel li-vello di cenere si è rinvenuto un chiodo di grosse di-mensioni, ma di lunghezza ridotta, probabilmente darelazionare ad una qualche struttura usata per sospen-dere contenitori da cucina sul focolare. Sempre colle-gato all’uso del focolare è da ritenere anche l’avvalla-mento circolare individuato nel centro del piano dicenere, dai bordi cotti dal calore e forse da interpreta-re coma impronta di un grosso contenitore ceramico(Fig. 14).

La fase finale di questo periodo vede l’abbandonodell’area e il crollo dell’intera struttura di coperturadell’ambiente con l’accumulo di uno spesso livello dicalcinacci, laterizi di copertura e pietre. All’interno delcrollo e successivo alla distruzione del tetto è stato in-dividuato il livello di disfacimento dei muretti di mat-toni e argilla formanti l’US 3078.

A seguito dell’abbandono e dal conseguente crollodella copertura e dal crollo o demolizione del muro dicinta, l’ambiente conosce un nuovo momento costrut-tivo, con la riedificazione sulla base di un nuovo orien-tamento del muro di cinta US 2072, impostato in par-te sui resti del primo muro e che si appoggia alla strut-tura del forno.

In occasione del nuovo riassetto viene eseguito unlivellamento di tutto l’ambiente, testo a eliminare e inparte a regolarizzare lo strato di macerie del crollo US3058, mentre l’intera area viene tagliata da valle versoil banco roccioso per la costruzione del muro US 2072.In concomitanza con la costruzione del muro all’inter-no dell’ambiente viene effettuata una gettata di maltamista a pietrisco e pietre per creare un nuovo pianoorizzontale, probabilmente per la costruzione di unpavimento. A quest’epoca la struttura del forno, ben-ché sicuramente non più usata (almeno in maniera si-stematica), era ancora conservata in elevato.

È probabilmente ai primi del XV secolo che l’areaviene nuovamente abbandonata. Viene asportata laquasi totalità del piano di malta bianca, che si con-serva solamente lungo le pareti e negli angoli del-

lizzati come base per il piano orizzontale del forno. Aldi sopra di questo viene steso il piano vero e proprio,formato da lastre di trachite di varie dimensioni, affo-gate nell’argilla stessa e legate con questa e una bassapercentuale di calce. Parte di questo piano si è rinve-nuto conservato lungo i margini circolari della cupo-la.

Legata direttamente all’uso del forno è una concain trachite di forma quadrangolare con angoli smussa-ti (US 3060) rinvenuta all’interno del piano US 3094,appoggiata sopra un cuscinetto di argilla. Il piano delfocolare, invece, vede il progressivo formarsi di unospesso livello di cenere grigio-nera, a tratti addiritturabianca, contenuto all’interno dello scalino in trachitee caratterizzato spesso da una notevole compattezza(US 3074).

Dalla parte opposta del forno, l’ambiente vienedelimitato con il riuso del muro US 2139 e probabil-mente con una sua parziale ricostruzione. A ridosso didetto muro viene costruito un focolare di grosse di-mensioni, circa 1,60×1,80 per la parte conservata,costituito da una base analoga a quella del forno, for-mata da argilla e pietrisco come isolante, e al di soprada un piano di laterizi, posti di piatto e concentratiparticolarmente nell’angolo SW dell’ambiente; il tut-to era definito verso N da un cordolo in pietre di tra-chite, una delle quali lunga più di 1 m, formanti unoscalino EW di divisione dal resto dell’ambiente.

È probabilmente da attribuire a questa fase la for-mazione di una larga canaletta EW, parallela al sud-detto scalino e posta in perfetta corrispondenza con iltaglio dell’apertura effettuato nella fase precedente (US3110). Questa canaletta era delimitata su entrambi latida una fila di mattoni posti di piatto, caratterizzati dauna particolare colorazione gialla per difetto di cottu-ra.

È invece in una più tarda fase d’uso dell’ambienteche si inserisce la costruzione di una struttura in mat-toni e pietre, di forma quadrata, ben delineata e defi-nita, ma dall’incerta funzione. Essa è composta da tremuretti conservati per circa 50 cm, appoggiati allaparete rocciosa ed in parte al muro US 2081, costituitida mattoni posti di piatto, alcuni dei quali di coloregiallo, legati da argilla gialla pressata e con grosse pie-tre angolari. Benché non sia possibile al momento ipo-tizzarne la funzione appare certa una sua relazione conle strutture precedentemente indicate, sia per posizio-ne che per tecniche costruttive. A questa seconda fre-

Fig. 14 – Area 3000, amb. III: il focolare dell’ambiente.Fig. 13 – Area 3000, amb. III: la struttura relativa al forno.

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NOTIZIE PRELIMINARI DALL’ITALIA

l’ambiente, e si deposita un livello eterogeneo dimacerie, concentrato soprattutto nella metà N del-l’ambiente.

A conferma del momento di crisi nella frequenta-zione di questa zona del castello, si assiste al crollo diparte del muro di cinta, esattamente nel punto in cuisi incontravano all’esterno i muri US 2072 e 3027, esu cui dall’interno si era appoggiato il forno (US 3048e 3050). Il collasso strutturale determina il disfacimentoe il crollo di un tratto dei due muri e della volta delforno; quest’ultima si deposita all’interno del vano cir-colare e attraverso la bocca del forno fuoriesce nel-l’ambiente III. Dalla parte opposta, cioè verso l’am-biente II, il crollo investe il muro di delimitazionemeridionale del forno, US 3053.Per quanto non siapossibile stabilire il momento cronologico del crollo,questo è sicuramente da porsi prima del 1449, anno incui viene espressa in un documento la necessità di ri-costruire la cupola del forno con la sua canna fumariae il tetto12. È molto probabile che questo progetto diricostruzione non venne portato a termine, non essen-dosi trovata traccia di alcun restauro né della cupoladel forno né delle altre strutture.

Le ultime tracce di vita riconoscibili sull’area sonoda riferirsi ad un uso ortivo, testimoniato da una seriedi buche circolari e ellittiche allineate e da alcune grossefosse quadrangolari. Nell’ambiente in particolare, vie-ne scavata nel piano di macerie (=US 3003), una lun-ga fossa adiacente al muro US 2072, “rivestita” poisulla parete e con pietre poste a tenuta del terreno cir-costante.

L.M.

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12 Documento edito da Farinelli in GUIDERI, PARENTI 2001, pp.82-84.