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1. Cori, Annunziata, vista da Sud

La forma dell'Annunziata: genesi di un oratorio campestre tardomedievale, in "La Castiglia in Marittima. L'oratorio dell'Annunziata nella Cori del Quattrocento", a cura di C. Ciammaruconi,

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1. Cori, Annunziata, vista da Sud

La forma deLL’annunziata:genesi di un oratorio campestre tardomedievaLemargherita tabanelli

da una posizione terrazzata fuori porta romana, l’oratorio dell’annunziata domina da settentrione il primo tratto della strada che da cori si dirige a cisterna1. Le circostanze della sua fondazione da parte del cardinale pedro fernández de frías, vicario dell’antipapa giovanni XXiii e rettore della provincia di campagna e marittima, sono state chiarite da tempo, il che consente di accostarci al monumento forti di un’ormai sicura datazione dell’avvio del cantiere successiva alla primavera del 14112.a distanza di secoli l’annunziata mantiene ancora un semplice impianto rettangolare che, esclusi i setti murari, misura circa 8 m in lunghezza per 4 in larghezza, secondo un dettato modulare ricorrente nella progettazione di questa categoria di edifici (tav. vii). L’altare si situa nella parete di fondo occidentale, per quanto l’aula non si disponga precisamente rispetto ai punti cardinali, ma secondo un appros-simativo senso ne-so. il mancato orientamento va attribuito alla natura scoscesa del suolo e forse all’esigua disponibilità di spazio, dacché l’oratorio si inseriva a ridosso di una chiesetta preesistente. La prima menzione dell’attiguo s. silvestro risale infatti al 12735 e non si hanno elementi per supporre che sorgesse in un punto diverso dall’attuale. avendo quest’ultimo già sfruttato la zona più idonea per collocarsi sulla direttrice e-o, la costruzione quattrocentesca si è dovuta adattare alla porzione di terreno ancora libera, motivo per cui si presenta disallineata rispetto al più antico oratorio (tavv, ii-v).data la vocazione sepolcrale dell’area in età romana, nulla osta che i resti sfruttati dalla cappella come basamento appartenessero ad un monumento funerario3. Questa piattaforma ospita, al di sotto della zona dell’altare, una piccola cisterna rettangolare coperta a semibotte, che raccoglieva le acque meteo-riche convogliate fin lì da un sistema di tubazioni alloggiato in spessore di muro4. La ridotta navata dell’annunziata è coperta da una volta a botte acuta di profilo alquanto sconnesso, schermata da un tetto a quattro falde frutto di un sopralzo settecentesco che non ha risparmiato la facciata, trasformandone l’ancora leggibile disegno a capanna in una terminazione rettilinea (fig. 1). il prospetto è animato, oltre che dal portale con lunetta centinata (in origine unico accesso all’aula), da un oculo in marmo bianco, otturato preliminarmente all’esecuzione delle pitture della controfac-ciata (fig. 1, p. **). alla destra del portale è murato lo stemma del comune di cori, sovrastato da un frammento di cornice modanata romana sui cui dentelli sono tracciate le lettere orem domvs tva6 (fig. 2, p. ***). Le altre decorazioni della fronte, tutte in marmo bianco ragionevolmente di reimpiego, sono un segmento di cornice liscia con listello inferiore sporgente, collocato subito sopra l’oculo, e, al di sotto di questo, una mensolina che sorregge un piccolo rilievo raffigurante un ramoscello d’ulivo, interpretato come riferimento alla patrona di cori, sant’oliva, e quindi alla città stessa7.accecato l’oculo in facciata, all’oratorio restano soltanto due piccole fonti di illuminazione, poste a distanza ravvicinata sul fianco sud-orientale. si tratta di due finestrelle di forma e dimensioni differenti – una rettangolare e l’altra arcuata – realizzate con conci di marmo bianco e travertino (fig. 1).Le spesse pareti perimetrali in tufo e calcare della cappella erano ulteriormente rinforzate da due coppie di contrafforti a sperone con estremità obliqua, posizionate simmetricamente lungo le fiancate e terminanti sotto la linea di imposta della copertura primitiva. oggi sopravvivono in forme integre soltanto i sostegni del versante sud-orientale, tuttavia sono ancora individuabili le tracce dei due del fianco opposto: quello prossimo al settore presbiteriale è stato inglobato dalla parete di fondo della sacrestia moderna e ne sporge soltanto il lato esterno della base (figg. 2 e 6, p. ***), l’altro invece è stato smontato, forse per evitare che ingombrasse il nuovo locale di servizio, lasciando una vistosa lacuna nella tessitura della cortina8 (fig. 3).

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L’Annunziata e il S. Silvestro dopo il MedioevoLa storia dell’insediamento composto dai due oratori e dalle relative pertinenze non è semplice da ricostruire: la documentazione, di fatto, tace proprio su alcune delle trasformazioni più importanti, quali la sopraelevazione dell’annunziata o la costruzione della casa dell’eremita che l’aveva in custodia e della prima sacrestia. se per una più approfondita ricognizione delle visite pastorali e delle vicende di età moderna si rinvia al contributo di elena scarfò e all’Appendice documentaria, in questa sede è ne-cessario ricapitolare i dati fondamentali, al fine di distinguere le fasi cronologiche responsabili dell’o-dierna configurazione del complesso. dalla lettura delle visite pastorali si desume una lunga sequela di problemi conservativi che affliggevano prevalentemente il s. silvestro, dovuti in particolare all’umidità e a danni alle coperture. La sua maggiore antichità rispetto all’annunziata è certificata dalle lamentele del primo visitatore diocesano, il cardinale alfonso gesualdo. Questi, nel 1595, annotò il grave stato di degrado del s. silvestro ordinandone il restauro, soprattutto del tetto, «quod est pro parte fractum»; dispose, inoltre, di chiudere la porticina nell’angolo entrando a destra, la cui cornice è tuttora visibile nel vano alla base dell’ex torre campanaria9 (fig. 5). Lavori di ristrutturazione si svolsero qualche anno più tardi, come attestano una lettera del 1610 e la coeva tabella murata sul fianco della chiesetta; in particolare, la missiva contiene la richiesta di elemosina al comune da parte dell’eremita fra’ giovanni per aver «fatto buttare a terra un campanile et parte di muro di detta chiesa, perché minacciava ruina et havendo già dato principio a rifarlo»10. allora dovettero essere eseguiti consistenti interventi, in spe-cial modo nel s. silvestro, la cui situazione strutturale sembra migliorare a partire da quel momento. forse appartiene al medesimo lotto di lavori anche la costruzione di una prima sacrestia a servizio di

2-3. Cori, Annunziata: fianco nord-occidentale, (a sinistra) sacrestia, impronta del contrafforte Est, (a destra) resti del contrafforte Ovest

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entrambi i luoghi di culto, poi sostituita dall’attuale che nel 1681 era in via di ultimazione11.L’aspetto del complesso anteriormente ai lavori secenteschi è arduo da definire. certamente, però, la presenza dei due contrafforti sul fianco nord-occidentale dell’annunziata attesta che a inizio Quattro-cento da quel lato non esistevano costruzioni in stretta prossimità e di conseguenza che le dimensioni del s. silvestro dovevano essere analoghe a quelle odierne. tuttavia non è possibile accertare se l’orien-tamento della chiesetta fosse lo stesso o se l’altare si trovasse nella terminazione absidata occidentale, ora forata dall’accesso alla sacrestia. altrettanto vale per la presenza di un portale nella testata opposta, a causa delle forti interpolazioni subite dalla muratura, ma se fosse esistito dovrebbe essere stato elimi-nato prima dell’esecuzione del murale tardogotico con la Crocifissione12.Quanto al campanile, menzionato nel 1610 come in ricostruzione, potrebbe non essere stato ultimato o aver conosciuto un rapido degrado, dal momento che la visita alderano cybo del 1689 riferisce di campane poste sul tetto della casa dell’eremita contigua al s. silvestro, all’epoca già noto come ss. crocifisso13. una torre campanaria, i cui resti sopravvivono presso l’angolo meridionale dell’oratorio più antico, fu certamente eretta intorno al 1727 per volere del camerario pietro prence, il quale finan-ziò a sue spese pure la ristrutturazione della dimora dell’eremita e la recinzione dell’orto di pertinenza14 (fig. 4). stando alla visita marzi, il piede del campanile ospitava una stanzetta ad uso del romito15. Qui alcuni gradini, ora utilizzati come piano di una finestra, dimostrano che il campanile conteneva la scala per l’accesso al piano superiore dell’abitazione, che l’inventario del 1762 descrive formata da due livelli con due ambienti ciascuno16. La presenza della ricordata porticina nell’angolo tra l’altare del ss. crocifisso e la torre – la cui chiusura era stata richiesta nel 1595, ma che nel 1713 era ancora in funzione e collegava l’interno della chiesa alla residenza17 – fa pensare che il campanile insistesse su quell’area da prima del 1727 e che fosse stato in qualche modo inglobato dalla casa, il che spieghereb-be la presenza di campane sul tetto di quest’ultima nel 1689. d’altronde la cornice centinata dell’o-stiolum, costruita da pochi conci lapidei di esecuzione non particolarmente raffinata, difficilmente può valicare il Xv secolo e induce a ritenere che in origine introducesse alla torre demolita nel 1610 (fig. 5). ciò costituirebbe una prova a favore del posizionamento ad ovest dell’altare del s. silvestro, sia per l’inusualità di una porta a così stretto contatto con l’altare maggiore, sia per la più frequente collocazione dei campanili presso le facciate.Il XVIII secolo ha visto l’esecuzione di importanti lavori anche per la SS. Annunziata, la cui copertura fu sopraelevata poco prima del 1764, quando il vescovo Cavalchini vide l’ambiente nel sottotetto destinato a fienile ancora da ultimare18. A questa fase si deve far risalire anche il robusto contrafforte nell’angolo occidentale dell’oratorio, mentre poco prima del 1703 un certo Pietro Romano aveva finanziato l’inserimento lungo il fianco settentrionale del SS. Crocifisso della cappella dedicata a Silve-stro papa, testimonianza della persistente memoria del culto primigenio19.

Caratteri tecnici dell’oratorio: novità e tradizionecome si ha già avuto modo di accennare, l’oratorio quattrocentesco è dotato di pareti massicce atte a sostenere il peso della botte, che scarica su tutta la lunghezza dei muri. a questa ragione statica va ricondotta la scelta d’ispessire leggermente i fianchi (profondi circa 1 m) rispetto alle testate dell’aula, così come, ovviamente, quella di irrobustire la struttura tramite quattro contrafforti. L’addossamento della sacrestia sostituì la funzione dei rinforzi del lato nord-occidentale, ma i successivi restauratori set-tecenteschi sentirono comunque la necessità di aggiungere una scarpa in prossimità dell’angolo ovest.tornando alle cortine medievali, queste sono dotate di un bell’apparecchio in blocchi piuttosto grossi e ben squadrati di calcare e tufo litoide bruno. i due materiali sono disposti in modo da scompartire l’alzato in uno zoccolo calcareo chiaro e in una più ampia fascia superiore scura, ravvivata dal contrasto con le cornici marmoree delle finestre (fig. 1). Questa veste muraria viene meno in corrispondenza della facciata, realizzata interamente in tufo. La scelta dei due tipi litici è stata chiaramente dettata dalla loro disponibilità in loco, sia che fossero stati appositamente cavati, sia che derivassero dallo smontaggio di precedenti edifici. La disposizione delle due fasce risponde, allo stesso tempo, ad istan-ze estetiche e funzionali, dato che il calcare possiede caratteristiche di maggiore resistenza ai carichi e all’umidità. L’accortezza di migliorare l’isolamento dell’oratorio contrastando, per quanto concesso

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dai materiali locali, il fenomeno della risalita capillare, può facilmente essere messa in relazione con l’inclusione dell’affrescatura già ab origine nel progetto. La bicromia dell’apparecchio non è, peraltro, un fatto isolato nell’edilizia corese e risponde quindi ad un gusto locale consolidato20 (tavv. vii e X).i blocchi di tufo e di calcare hanno dimensioni omogenee soprattutto in altezza, che oscilla preva-lentemente tra i 21 e i 24 cm. più variabile risulta la lunghezza dei conci, ferma restandone la forma rettangolare, benché tendenzialmente più allungata per quelli in tufo. i corsi così definiti misurano, dalla base di una pietra al bordo superiore del giunto di malta soprastante, 25 cm in media. La rego-larità dei filari, ben allineati ed orizzontati, si rispecchia nella buona qualità di lavorazione dei conci, che presentano facce a vista lisce - più marcatamente nel caso del tufo - e angoli piuttosto netti (fig. 6).simili caratteristiche risultano insolite in area romana a quest’altezza cronologica, quando prevalgono formati decisamente più ridotti e apparecchi maggiormente irregolari. dopo l’apice toccato verso la fine del duecento, nel corso del secolo successivo – complice la crisi edilizia alimentata dall’assenza della curia papale – la tecnica a tufelli aveva conosciuto un ridimensionamento qualitativo, sia nell’urbe che nell’im-mediato circondario. tale fenomeno si evolse all’avvio del Quattrocento in due opposte tendenze: da un versante si approdò ad apparecchiature in pezzame nettamente irregolari, dall’altro a cortine in blocchi squadrati di più notevoli dimensioni con massicci cantonali, frequentemente in peperino21. La seconda tipologia si riscontra a roma, nella prima metà del secolo, nel tratto di mura dietro porta del popolo, tradizionalmente attribuito al pontificato di Bonifacio iX, così come nelle torri di martino v e niccolò v del palazzo senatorio22. tuttavia i tufelli qui impiegati, seppure sensibilmente più alti di quelli utiliz-zati nei decenni precedenti, risultano inferiori di quasi 10 cm rispetto ai conci dell’annunziata. a cori, inoltre, non vi è adozione di cantonali, tranne che nel sopralzo settecentesco, dove forse sono reimpiegati nelle angolate blocchi provenienti dalla struttura originale. Limitando l’analisi alla sola cortina in calcare, è possibile individuare casi analoghi in un arco temporale piuttosto ampio tra marittima e campagna. La classificazione proposta da donatella fiorani colloca cronologicamente tra Xi e Xii secolo l’adozione di conci calcarei ben squadrati di altezza superiore ai 25 cm, mentre rileva una discesa delle misure stan-dard al di sotto dei 20 cm nei due secoli successivi23. appena più tarde dell’annunziata, ma con blocchi di misura comparabile, sono infine le murature riferibili ad alcune committenze di papa martino v a genazzano, quali i ruderi di porta san Biagio e la torre nord-occidentale del castello colonna24.

4. Cori, torre di S. Silvestro, porticina tamponata5-6. Cori, Annunziata, fianco sudorientale: (in alto) dettaglio della muratura; (in basso) basi dei contrafforti

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in definitiva, il regolare apparecchio dell’annunziata sembra da un lato recuperare l’aspetto ed il mo-dulo imponente di monumenti del passato, dall’altro anticipare gli esiti dell’evergetismo papale dei decenni immediatamente successivi, sopravanzandoli talvolta nella qualità di lavorazione.Lo smontaggio del contrafforte prossimo all’angolo orientale consente di trarre alcune valutazioni sul-la modalità di ammorsamento di tali supporti ai perimetrali della cappella. La forma irregolare della lacuna, ora colmata in cemento, mostra come soltanto pochi conci penetrassero nella parete, alcuni dei quali posizionati in senso longitudinale in modo da aumentare la profondità dell’incastro (fig. 3). i contrafforti hanno una particolare forma a sperone, sostanzialmente gotica, con basamento appena più largo del fusto e a questo collegato da un funzionale taglio obliquo (fig. 7). data la massiccia presenza di malta moderna, non è possibile valutare se la loro attuale terminazione smus-sata sia quella originale o se non si concludessero con un più netto piano diagonale, come sembra suggerire l’elemento prossimo all’angolo occidentale (fig. 1).più semplice risulta l’inquadramento formale delle aperture della chiesa. si è detto che le uniche fonti di luce erano costituite da due finestrelle sul fianco sud-orientale e dall’oculo nel prospetto, quest’ultimo precocemente tamponato. entrambe le monofore, per quanto differenti, sono re-alizzate componendo blocchetti di marmo bianco, quasi certamente di recupero (fig. 1). L’arco della finestra di sinistra, però, consta di un unico pezzo di travertino e, molto probabilmente, fu realizzato ad hoc. tale modalità di costruzione delle cornici con piccoli conci squadrati per gli stipiti e architravi monolitici, sagomati o meno, è ampiamente diffusa in tutta la marittima nel tardo medioevo25: esempi accostabili al nostro per prossimità geografica e formale sono le finestre dell’abbazia di valvisciolo e della cappella di s. Bartolomeo in s. maria assunta a sermoneta26.tornando all’oculo, questo fu occluso dopo il 1426 per aumentare la superficie da destinare al murale in controfacciata (fig. 1, p. ***). L’apertura si trova esattamente in corrispondenza del Cristo Giudice e ciò induce quindi alcune riflessioni sul rapporto tra progetto architettonico e progetto pittorico27. come si è visto, la costruzione della cappella tiene conto chiaramente della totale affrescatura dell’in-terno, anche nella parsimoniosa distribuzione delle finestrelle. il ripensamento in merito all’apertura in facciata si deve allora inserire nella folta casistica di accecamenti di finestre richiesti da cantieri pittorici28, che in fondo mediano tra le necessità della decorazione dipinta e quelle della decorazione architettonica del prospetto. non si può comunque escludere del tutto l’eventualità – come proposto per l’analogo caso della s. croce di genazzano29 – che inizialmente si prevedesse di articolare il Giudi-zio finale intorno all’oculo, sfruttando la fonte luminosa come segno della luce divina.

7-8. Sermoneta, S. Maria del Monte negli anni Sessanta del Novecento: (a sinistra) facciata e (a destra) interno

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un discorso a parte merita il portale lunettato (fig.1 p. ***). La cornice è formata da grossi bloc-chi ben squadrati di travertino: due per parte, disposti simmetricamente (anche se non identici) per gli stipiti, un solo lungo pezzo per l’architrave e la soglia. L’arco è invece realizzato in conci regolari di marmo bianco solcati da due incavi concentrici che ospitavano delle tessere musive e può essere inteso come il prodotto di una bottega di marmorari romani, che semplifica modelli di tradizione cosmatesca e maggiore complessità decorativa30. L’ormai celebre iscrizione com-memorativa che si dispone secondo una curvatura molto incerta, come già evidenziato, deve chiaramente essere stata eseguita dopo il montaggio del manufatto31. nell’impostazione generale il portale sembra richiamare prototipi romanici, conosciuti su un vastissimo territorio e ben diffusi nella regione ancora nel Xiii e Xiv secolo in varianti più o meno articolate32. si tratta di una ti-pologia che sopravvive molto a lungo e che riesce, con lievi aggiustamenti, a trovare terreno fertile anche in età moderna, in particolar modo negli edifici sacri di tono minore e, frequentemente, di distretti rurali. non sorprende, quindi, riscontrarne l’impiego in un piccolo oratorio extramuraneo come l’annunziata.ugualmente di matrice cosmatesca sembra essere lo stemma comunale che affianca il portale, per la cui analisi si rimanda al presente contributo di clemente ciammaruconi (fig. 2 p. ***). a sup-porto dell’ipotesi dell’aggiunta dell’insegna intorno al 1426, con l’ingresso del comune di cori nella committenza degli affreschi33, va il suo inserimento nella muratura di facciata tagliandone i conci: ciò è particolarmente evidente osservando il bordo superiore, che si incastra di alcuni centimetri nel corso di tufelli soprastante (fig. 4, p. ***). nel complesso, la facciata dell’oratorio unisce una grande sobrietà e semplicità di impaginazione, ancora di ascendenza romanica, ad un certo gusto per l’esibizione quasi antiquaria degli elementi di reimpiego (la cornice modanata, quella liscia con listello posta in sommità) o antichizzanti (la lastrina con il ramoscello di ulivo entro una sottile cornice tripla) che si potrebbe definire

10. Aguilar de Codés, S. Bartolomé

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proto-umanistico. d’altronde, il semplice prospetto a capanna caratterizzato principalmente da oculo e portale avrà una lunga fortuna, almeno fino al pieno cinquecento, nell’ambito dell’archi-tettura sacra di modesta caratura, specie campestre. un caso analogo, probabilmente di qualche decennio precedente all’annunziata e non molto distante da essa, era costituito dall’oggi semidi-strutta chiesetta di s. maria del monte a sermoneta, anch’essa collocata al di fuori dell’abitato ed affidata alla custodia di un eremita34 (figg. 8-9).resta aperto, purtroppo, il problema dell’originaria copertura dell’oratorio, le cui tracce sono state totalmente cancellate dalla sopraelevazione settecentesca. il sistema più diffuso per le cap-pelle mononave, rurali e non, è quello del tetto a doppia falda, ben compatibile anche con l’im-postazione a capanna della facciata tardogotica. L’esistenza di un sistema di raccolta delle acque meteoriche che, tramite canaletti interni alle murature, convogliava l’acqua fino alla cisterna nel basamento, induce a considerare anche l’ipotesi che potesse essere stata adottata una volta estra-dossata, soluzione peraltro attestata, non lontano, nell’abbazia di valvisciolo e nella cattedrale di sermoneta, dove sono stati pure rinvenuti frammenti dell’astricum di rivestimento35.

Qualche considerazione tipologicaLa semplice struttura a pianta rettangolare e volta a botte dell’annunziata, non certo rara nell’archi-tettura sacra europea, si presta ad alcune valutazioni circa la sua derivazione e le motivazioni della sua adozione nello specifico caso corese. La tipologia trovò la sua maggiore diffusione nel Xiii secolo, quando venne frequentemente prescelta per oratori e altre piccole fondazioni religiose in due contesti molto diversi tra loro. in primo luogo, furono le cappelle palaziali e signorili a conformarsi a questo schema, che consente di ottenere uno spazio raccolto, facilmente inseribile in più ampi contesti archi-tettonici ed atto ad ospitare anche estesi cicli pittorici. celebre è l’esempio romano di s. silvestro ai ss. Quattro coronati, appartenente alla residenza voluta dal cardinale stefano conti negli anni Quaranta del duecento36.allo stesso tempo, però, questa elementare struttura ottenne terreno fertile nel quadro dell’architettura

9. Olloki, S. Adrián

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sacra campestre, basandosi probabilmente sul modello delle cappelle di grangia cistercensi. in questo ambito, la più fre-quente per facilità ed economia di realizzazione è la variante con copertura a capriate lignee, quantunque pure la volta a botte abbia avuto una buona diffusione. restando in un’area non troppo distante da quella in esame, si possono menzio-nare gli analoghi casi dell’oratorio di s. pellegrino a Bomina-co, risalente alla seconda metà del Xiii secolo37, e della ss. annunziata di riofreddo, fondata nel 142238. Quest’ultimo è certamente il più vicino a quello di cori per prossimità cronologica, geografica, rapporti dimensionali (13,37 x 6,84 m), totale affrescatura e dedica. inoltre, condivide un’analoga posizione nei pressi di un’importante strada a livello locale e una committenza “alta” (del signore di riofreddo, antonio colonna), cui si aggiungono funzioni religiose ed assisten-ziali, grazie all’annesso ospedale. a cori quest’ultima finalità sembra assente, mentre va riconosciuto all’oratorio un certo ruolo di controllo dell’accesso al centro murato, come con-fermano i più tardi documenti che riferiscono dell’esazione di gabelle da parte dell’eremita residente39.decisamente meno usuale è la scelta dei contrafforti, scarsa-mente impiegati in questo tipo di struttura e insoliti come forma per il contesto geografico di riferimento. si tratta, in-fatti, di contrafforti a sperone pienamente gotici, che, come si è detto, forse in origine si concludevano con una più accen-tuata inclinazione. simili rinforzi, ma maggiormente robusti e di disegno meno elegante, si trovano più di un secolo prima nella chiesa di s. nicola annessa al complesso del Castrum Caetani sulla via appia40. di proporzioni più vicine al caso corese ma privi del profilo a sperone sono invece gli esem-plari trecenteschi del s. antonio abate di priverno41. non è possibile, però, individuare confronti davvero soddisfacenti sul territorio e ciò induce ad allargare il campo di analisi ad eventuali influssi esterni. data la nazionalità castigliana del

committente, non sembrerebbe imprudente pensare a un’origine iberica per questo elemento, altri-menti raro nel Lazio.pedro fernández de frías, membro di una famiglia dell’alta castiglia, ai confini con la navarra, la rioja e i paesi Baschi, era stato vescovo di osma dal 1379 al 1405, prima di trasferirsi presso la curia avignonese e infine arrivare in italia nel 140942. una ricognizione dell’edilizia sacra nelle sue terre d’origine ha messo in luce il frequente impiego di contrafforti di simile aspetto in diverse tipologie di edifici sacri tra Xii e Xv secolo. La categoria più interessante è costituita da un gruppo piuttosto folto di chiesette rurali del Xii e Xiii secolo, solitamente situate ai margini di borghi o presso le strade di maggiore traffico, che coniugano un impianto mononave voltato a botte - con o senza abside termina-le - con la presenza di rinforzi esterni. Questi esibiscono in quasi tutti i casi una terminazione obliqua e molto frequentemente una conformazione a sperone, come quelli in analisi, e sono spesso collocati in due coppie simmetriche lungo i fianchi. in realtà i contrafforti iberici hanno un più diretto scopo statico rispetto a quelli coresi, perché sono situati in corrispondenza con gli archi trasversi di rinforzo della volta, di norma impostati su mensoloni. si possono citare, ad esempio, s. Bartolomé ad aguilar de codés (fig. 11), s. esteban di alzuza, s. andrés di Bézquiz, s. Juan Bautista di eulate, ss. sebastián e Quiteria di grez, s. adrián di olloki (fig. 10), s. cristóbal di osácar, s. pedro di ozcoidi, s. mar-tín di pereda e s. román di zunzarren43. si tratta di fabbriche ubicate tutte nell’area attraversata dal

11. Berzosilla, S. Vítores, contrafforte

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camino de Santiago e compresa tra Logroño, sangüesa, pamplona e roncisvalle, quindi in una regione di passaggio per chi dalla castiglia avesse dovuto recarsi in francia e in italia, oltre che nel territorio di una diocesi prossima a quella di cui il de frías era stato titolare. a ciò va aggiunto che numerose chiese protogotiche e gotiche poste lungo il percorso per compostela, vuoi in questo settore vuoi in quello castigliano, e nei distretti attigui presentano la stessa tipologia di contrafforte, anche se abbinata a differenti impianti architettonici, come la nuestra señora del manzano a castrojeritz, il s. andrés di Learza, l’abbazia di s. maría de Benevívere a calzada de los molinos, il s. vítores di Berzosilla (fig. 12) o il portico del convento di s. francesco a palencia44. casi analoghi non mancano anche in un raggio di qualche decina di chilometri più ampio e, all’interno della diocesi di osma, va citato il s. pedro di caracena, le cui due coppie simmetriche di sostegni sono particolarmente simili a quelle di cori sia nel basamento che nella terminazione, seppur in scala maggiore45 (fig. 13). Questa tipologia di rinforzo ha avuto nella zona una lunga tradizione, tanto da essere impiegata ancora in piena età moderna, sia in nuove costruzioni che in restauri di edifici più antichi, come avviene nel Xvi secolo nella chiesa della natividad de nuestra señora a ranera, presso frías46.i contrafforti dell’annunziata, confrontati con quelli dei monumenti spagnoli, sembrano quasi una ci-tazione formale che tuttavia, fermo restando il pur valido effetto di controspinta esercitato, fraintende il significato funzionale, data l’assenza di archi di sostegno della volta. si può allora prendere in considera-zione l’ipotesi che la scelta di posizionare le due coppie di rinforzi lungo le pareti del piccolo oratorio sia stata presa direttamente da fernández de frías che, in qualità di committente, poteva certamente aver fornito disposizioni – più o meno dettagliate – sull’aspetto che l’edificio doveva assumere. L’impianto rettangolare voltato, ampiamente diffuso anche in italia, doveva essere ben noto al cardinale di Spagna, perché tipico delle chiese rurali della sua regione di provenienza già dall’età romanica, e potrebbe ugual-mente avergli suggerito di richiedere la presenza di quel particolare tipo di contrafforte a sperone per completare l’assimilazione dell’edificio corese alla propria idea di oratorio campestre.si tratta, ovviamente, di una suggestione scaturita dall’isolamento di questi sostegni all’interno del panorama locale che, in mancanza di documentazione relativa al cantiere, non può essere provata, ma che avvicinerebbe ulteriormente questo piccolo centro dei Lepini alla penisola iberica.

12. Caracena, S. Pedro: veduta della chiesa e dettaglio del basamento di uno dei contrafforti

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1 per la topografia dell’area tra età antica e medioevo ri-mando ai saggi di d. palombi e p.L. de rossi qui editi.2 p.f. pistilli, Una committenza castigliana nella Marit-tima: l’oratorio della SS. Annunziata a Cori, in Architet-tura: processualità e trasformazione, atti del convegno (roma, 24-27 novembre 1999), a cura di m. caperna e g. spagnesi, edito in «Quaderni dell’istituto di storia dell’architettura», n.s., 34-35 (1999-2002), pp. 233-240; p.f. pistilli - s. petrocchi, El oratorio y los frescos de la Anunciación de Cori: un antiguo caso de patrocinio castel-lano en el Agro Romano, in «archivo español de arte» 77 (2004), 305, pp. 35-57; e il contributo dello stesso autore qui presente.3 cfr. ancora palombi.4 La cisterna risultava ancora in funzione nel 1689: asdv, Visita pastorale Alderano Cybo Piazza, 1689-1691, 370, f. 285r.5 pistilli, Una committenza castigliana, pp. 239-240 nota 11.6 cfr. c. ciammaruconi in questo volume.7 pistilli, Una committenza castigliana, p. 238.8 asdv, Visita generale Piazza, 1681, 368, f. 789 e il con-tributo di e. scarfò in questo volume.9 «et est claudendum ostiolum in angulo a latere dextro in ingressu» (asdv, Visita pastorale Gesualdo, 1595, 364, f. 205r).10 asc, pre, Consigli, reg. 19, f. 10v; cfr. pistilli, Una committenza castigliana, p. 238 nota 30, e scarfò in questo volume.11 «sacristia de novo construenda, seu perficienda ex col-lectis populi eleemosynis» (asdv, Visita generale Piazza, 1681, 368, f. 789; inoltre pistilli, Una committenza ca-stigliana, p. 238).12 si rimanda al saggio di d. frapiccini in questo volume.13 «Heremita […] qui inhabitat domum cum horto conti-guam eidem ecclesie, que habet campanam sup(er) tectum ad convocandum populum» (asdv, Visita pastorale Alde-rano Cybo, 1689-1691, 370, f. 285v). La casa dell’eremi-ta viene citata per la prima volta da Laurienti, Historia corana, f. 39v.14 La data 1727, incisa su una delle due campane descritte nel 1762 (asdv, Inventario di tutti i beni, 1764, 394, f. 667v) è confermata dalla visita cavalchini del 1764 (asdv, Visita pastorale Cavalchini, 1764, 388, f. 326v).15asdv, Visita generale Marzi, 1712, 376, f. 329v.16 asdv, Inventario di tutti i beni, 1764, 394, f. 667r.17 «mandavit […] muro claudi portulam existentem in pariete sinistro prope altare s(anctissi)mi crucifixi, per quam indecenter patet aditus ad mansiones, que inhabi-tantur ab eremita» (asdv, Visita generale Marzi, 1712, 376, ff. 430-431). il fatto che si indichi la porticina a sini-stra non deve trarre in inganno, perché la chiesa è descritta dando le spalle all’altare, sicché il sacello di s. silvestro risulta a destra.18 asdv, Visita pastorale Cavalchini, 1764, 388, f. 329r.19 asdv, Visita apostolica Battaglini, 1703, 373, f. 557.20 d. fiorani, Tecniche costruttive murarie medievali. i. Il

Lazio meridionale, roma 1996, p. 207.21 d. esposito, Tecniche costruttive murarie medievali. ii. Murature “a tufelli” in area romana, roma 1998, pp. 32-33.22 Ivi, pp. 156-162.23 fiorani, Tecniche costruttive, pp. 147-148.24 p.f. pistilli, La rifondazione di Genazzano ai tempi di Martino V, in Martino V. Genazzano, il pontefice, le ideali-tà. Studi in onore di Walter Brandmüller, a cura di p. piatti e r. ronzani, roma 2009, pp. 127-150.25 fiorani, Tecniche costruttive, p. 166.26 m.L. de sanctis, Una fondazione cistercense nel terri-torio di Sermoneta: l’abbazia dei Santi Pietro e Stefano di Valvisciolo, in Sermoneta e i Caetani. Dinamiche politiche, sociali e culturali di un territorio tra medioevo e età moder-na, atti del convegno (roma-sermoneta, 16-19 giugno 1993), a cura di L. fiorani, roma 1999, pp. 441-442; c. Bellanca, La chiesa dell’Assunta a Sermoneta, ivi, pp. 403-419.27 per una più esaustiva trattazione dell’argomento, si rin-via al contributo di g. Quaranta in questo stesso volume.28 g. Quaranta, Il rinnovamento di una iconografia tradi-zionale: temi escatologici per la controfacciata di Santa Croce a Genazzano, in Martino V, pp. 194-195.29 Ivi, pp. 195-196.30 cfr. l’arco del portico della cattedrale di civita castella-na e la finestra di facciata di s. maria di castello a tarqui-nia: p.c. claussen, Magistri doctissimi romani. Die röm-ischen Marmorkünstler des Mittelalters, Wiesbaden 1987, pp. 40-47 e 67-71.31 pistilli, Una committenza castigliana, p. 237, e ora il contributo qui edito.32 si pensi, ad esempio, ai portali del duomo di priver-no (e. angelini, La cattedrale di Priverno, in Cattedrali del Lazio, a cura di r. Lefevre, in «Lunario romano», 16 [1987], pp. 309-324) e del s. antonio abate della stessa città (g. villetti, L’architettura degli ordini mendicanti a Priverno nel Due-Trecento, in «palladio», n.s., vi/11 [1993], pp. 31-32), dell’abbazia di valvisciolo (de san-ctis, Una fondazione cistercense), della badia di s. maria in viano a sgurgola (m. morgia, Sgurgola e la sua Badia, roma 1962, pp. 84-94).33 sulle vicende dell’affrescatura si vedano i saggi di s. pe-trocchi e g. Quaranta in questo volume.34 alcune informazioni sulla chiesetta sono fornite da p. pantanelli, Notizie storiche della Terra di Sermoneta, a cura di L. caetani, roma 1908-1909, i, p. 575, ma sul piccolo edificio a navata unica voltata e abside ottagonale, soggetto a nuovi consistenti crolli nel recente passato, la bibliografia è scarsissima; si rimanda pertanto a p. Longo - f. sassoli, Sermoneta, roma 1992, p. 65, che propongo-no una datazione al Xiv secolo per l’architettura e al Xv per l’affresco della lunetta del portale.35 Bellanca, La chiesa dell’Assunta a Sermoneta, pp. 412-413; de sanctis, Una fondazione cistercense, pp. 443-444.36 g. filippi moretti, Le vicende costruttive dell’Aula goti-

note

La forma dell’Annunziata 65

ca nel complesso dei Santi Quattro Coronati, in a. draghi, Gli affreschi dell’Aula gotica nel Monastero dei Santi Quat-tro Coronati. Una storia ritrovata, ginevra-milano 2006, pp. 391-405; L. Barelli - m. falconi, Il palazzo cardina-lizio dei SS. Quattro Coronati a Roma al tempo di Federico II, in Cultura artistica, città e architettura nell’età federicia-na, atti del convegno (reggia di caserta, 30 novembre - 1 dicembre 1995), a cura di c.d. fonseca, roma 2000, pp. 279-291; p.f. pistilli, L’architettura a Roma nella pri-ma metà del Duecento (1198-1254), in Roma nel Duecento. L’arte nella città dei papi da Innocenzo III a Bonifacio VIII, a cura di a.m. romanini, roma 1991, pp. 59-71.37 Bominaco. L’Oratorio affrescato e la scarsella di San Pel-legrino, a cura di L. arbace, pescara 2012; m. dander, I tesori di Bominaco, terni 1979, pp. 14-21.38 L. di calisto, Devozione per immagini al tempo di Martino V: i murali dell’oratorio dell’Annunziata a Riofred-do, pescara 2012.39 si veda de rossi in questo volume.40 m. righetti, L’architettura tra il 1254 e il 1308, in Roma nel Duecento, pp. 117-127.41 villetti, L’architettura degli ordini mendicanti, p. 36.

42 per un più approfondito profilo biografico del de frías, rinvio al contributo di Quaranta qui edito.43 Enciclopedia del Románico en Navarra, a cura di m.a. garcía guinea - J.m. pérez gonzález, aguilar de campóo 2008, i, pp. 160-164, 193-196, 345-348 e 535-538; ii, pp. 622-626, 953-956, 1001-1004 e 1019-1024; iii, pp. 1547-1552.44 La España gotica: Castilla y León, a cura di s.a. ordax, madrid 1989, pp. 239-243. per una panoramica dell’ar-chitettura di quest’area: a.e. momplet míguez, La Ar-quitectura Románica en Castilla y León, salamanca 1995; J. sainz saiz, El gotico rural en Castilla y León, León 1997, oltre ai volumi dedicati alle varie regioni della castiglia e della navarra in Enciclopedia del Románico, a cura di m.a. garcía guinea - J.m. pérez gonzález, aguilar de campóo 2002-2008.45 Enciclopedia del Románico en Castilla y León: Soria, a cura di m.a. garcía guinea - J.m. pérez gonzález, aguilar de campóo 2002, i, pp. 334-342.46 Enciclopedia del Románico en Castilla y León: Burgos, a cura di m.a. garcía guinea - J.m. pérez gonzález, aguilar de campóo 2002, iii, pp. 1917-1919.