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UNA SCIENZA BOLOGNESE? Figure e percorsi nella storiografia della scienza a cura di Annarita Angelini, Marco Beretta, Giuseppe Olmi

L'Alma Mater all'Esposizione Nazionale di Storia della Scienza di Firenze (1929)

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UNA SCIENZA BOLOGNESE?

Figure e percorsi nella storiografia della scienza

a cura di Annarita Angelini, Marco Beretta, Giuseppe Olmi

Bononia University PressVia Farini 3740124 Bolognatel. (+39) 051 232882fax (+39) 051 221019

www.buponline.come-mail: [email protected]

© 2015 Bononia University PressTutti i diritti riservati

ISBN 978-88-6923-008-0

Impaginazione: Sara CeliaIn copertina: P. Caturegli, Ephemerides motuum caelestium ex anno 1833, Bononiae: ex typ. Sassiana, 1832

Stampa: Global Print (Gorgonzola, Milano)Prima edizione: aprile 2015

Bologna 1922: la “Mostra Bibliografica di Storia delle Scienze Mediche e Naturali”

L’Università di Bologna, come già sottolineato nei saggi di Bonòli, Olmi e Pancaldi pubbli-cati in questo volume, gode di una illustre tradizione di esposizioni, temporanee e perma-nenti, attraverso cui sono state celebrate le glorie della scienza locale. Tra queste iniziative c’è una mostra che, più per ragioni contingenti che per un deliberato disegno, ha assunto un significato la cui rilevanza la destinò a varcare i confini della capitale emiliana. La “Mo-stra Bibliografica di Storia delle Scienze Mediche e Naturali”, venne inaugurata nella sala Aldrovandiana e nell’Aula Magna dell’Università il 24 settembre 1922, in concomitanza del II° Congresso della Società per la Storia della Scienze Mediche e Naturali. Si trattava di un’occasione importante perché lo slancio iniziale della Società, fondata nell’ottobre del 1907 da un gruppo di storici della medicina1, si era smorzato con lo scoppio della Grande Guerra al punto da metterne in seria discussione la sopravvivenza. L’evento bolognese si pre-sentò dunque come la prima importante occasione di rilancio della Società e, in non piccola misura, della storia della scienza italiana. Un segnale tangibile dell’entusiasmo generato dal convegno del 1922 è sottolineato dal deciso incremento degli abbonati all’organo ufficiale della società, la “Rivista di storia della scienze mediche e naturali”, che all’anno della sua fondazione (1910) contava solo 100 associati, un numero che quadruplicava nel 19232. In effetti, era proprio a Bologna che Rivista e Società erano state riorganizzate nel loro statuto e assetto organizzativo.

1 Albertotti, Baccelli, Barduzzi, Bellucci, Del Gaizo, Fedeli, Giacosa, Majocchi (l’unico rappresentante dell’Università di Bologna), Novati e Zanetti. Sui primi anni di storia della società si veda Luigi Castaldi, Um-berto Tergolina, Trent’anni di vita della Società italiana di storia delle science mediche e naturali (Ottobre 1907-Ot-tobre 1937), Siena: Stabilimento Tipografico S. Bernardino, 1938.

2 Ivi, pp. 4-8.

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La mostra, allestita dal direttore della Biblioteca universitaria Carlo Frati3, erudito non estraneo agli studi storico-scientifici4, presentava ai convegnisti, agli studenti e, più in generale alla cittadinanza, un ricco percorso espositivo per il quale erano stati selezionati con cura

preziosi tesori scientifici ed artistici, relativi alla Storia della Medicina, posseduti dalle due Biblioteche, dagli Archivi pubblici e privati e dai Musei cittadini; vale a dire codici, pergamene, incunaboli, libri rari, stampe nonché autografi e ritratti di illustri docenti di questo glorioso Studio, di Malpighi, di Arenzio, di Berengario da Carpi, di Valsalva, di Aldrovandi, di Marsili, di Beccari e di tanti altri5.

Come sottolineato dallo stesso Frati, lo spirito dell’iniziativa bolognese si innestava in una “nobile tradizione” nazionale che, in occasione di importanti congressi scientifici aveva pro-mosso l’organizzazione di mostre storico-documentarie.

Ed è tanto più opportuno che ciò avvenga in Italia, la quale possiede nelle sue ricche biblioteche e nei suoi archivi una materiale di studio preziosissimo, in buona parte ancora inesplorato; in Italia, che – non è effetto di fatua auto-esaltazione il proclamar-lo – tiene nel campo della storia delle scienze un posto non meno elevato e glorioso che in quello della storia dell’arte6.

Tra le mostre ricordate da Frati spiccavano per importanza scientifica quelle di storia della medicina di Modena (1882)7 e di Torino (1898)8, modelli a cui Frati si era evidentemente

3 Nella selezione del ricco allestimento Frati venne coadiuvato dal fratello Lodovico, anch’egli impiegato alla Biblioteca Universitaria e responsabile dei manoscritti, Francesco Malaguzzi-Valeri (direttore della Pinaco-teca di Bologna e soprintendente alle Gallerie di Bologna e della Romagna), Guido Fontanelli (giurista esperto dell’opera di Mondino de’ Liuzzi), Lino Sighinolfi (studioso di Mondino de’ Liuzzi e della storia di Bologna) e Albano Sorbelli (direttore della Biblioteca dell’Archiginnasio).

4 Frati si era laureato con Carducci nel 1886 con una tesi intitolata “Saggio di ricerche e studi sulla mitologia bestiaria mistica e sul ‘Physiologus’ nelle letterature europee del medioevo”. Pubblicò poi numerose importanti opere bibliografiche tra cui si segnalano i seguenti titoli: Bibliografia malpighiana: catalogo descrittivo delle opere a stampa di Marcello Malpighi e degli scritti che lo riguardano, in Marcello Malpighi e l’opera sua, Mi-lano, 1897, pp. 280-338 e Ricordi di prigionia: memorie autobiografiche e frammenti poetici di G. Rasori, a cura di C. Frati, Torino: Bocca, 1919.

5 Catalogo della Mostra tenutasi nella Regia Biblioteca Universitaria di Bologna in occasione del II° Congresso della Società per la Storia delle Scienze Mediche e Naturali. Settembre 1922, Roma: Istituto Nazionale Medico Farmacologico, 1924, p. vii.

6 Catalogo, cit., p. xvii.7 Organizzata in occasione del decimo congresso dell’Associazione medica italiana. Il catalogo della mo-

stra fu pubblicato a cura di Cesare Foucard, con il titolo di Esposizione di documenti storici dall’VIII al XIX secolo e di una speciale raccolta di altri spettanti alla medicina ed alla chirurgia dal XIV al XVIII secolo aperta nell’occasione del X congresso della Associazione medica italiana, Modena: Tip. Sociale, 1882.

8 Organizzata da Pietro Giacosa in occasione dell’Esposizione Nazionale e dedicata alla scuola medica salernitana: Pietro Giacosa, Magistri Salernitani nondum editi: catalogo ragionato della Esposizione di storia della medicina aperta in Torino nel 1898, Torino: Bocca, 1901.

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ispirato al fine di dare uno spessore scientifico duraturo all’iniziativa bolognese. Questa am-bizione veniva facilitata dal fatto che il congresso che aveva dato vita alla mostra era di storia della scienza e il suo principale ispiratore locale, Domenico Majocchi, oltre ad essere un auto-revole docente di medicina si era distinto per i suoi interessi di storia9. La mostra bolognese, di dimensioni come vedremo imponenti, occupava diversi locali dell’ateneo: il Museo Aldrovan-diano, inaugurato 15 anni prima, l’aula magna e alcune stanze della biblioteca universitaria.

Pur animata da uno spiccato spirito municipalista, del resto tipico della storiografia scientifica italiana10, la documentazione esposta e le schede catalografiche pubblicate nel 1924 mettevano bene in luce sia la sterminata ricchezza del patrimonio storico-scientifico bolognese sia le competenze storiche di un gruppo di studiosi che già da molti anni aveva abbracciato con entusiasmo la causa della storia della scienza. L’esposizione era divisa in tre sezioni principali. La prima documentava, attraverso 137 manoscritti e codici ufficiali, la vita scientifica all’alma mater dal XII al XIX secolo. Accanto a preziosissimi manoscritti arabi, ebraici, greci e, i più numerosi, latini i curatori avevano selezionato un’ampia messe di documenti miscellanei come i testamenti di Taddeo Alderotti, Mondino de’ Liuzzi e di Ulisse Aldrovandi, numerosi statuti delle ‘compagnie’ degli speziali, dei barbieri e dei chi-rurghi, l’istruttoria di un processo del 1319 per il disseppellimento di un cadavere di impic-cato, codici illustrati, diplomi miniati di lauree e Insignia11. La seconda sezione della mostra era dedicata agli autografi e alle lettere e, per sottolineare una delle caratteristiche singolari del contesto scientifico bolognese, i curatori mettevano in grande evidenza l’importanza dell’epistolario di Laura Bassi, senza tuttavia rinunciare a esporre un’ampia e significativa selezione di lettere, pubblicate poi con trascrizioni e fac-simili, di illustri docenti bolognesi quali Aldrovandi, Cardano, Malpighi e Marsili, e dei loro principali corrispondenti italiani e, come attestavano gli autografi di Tycho Brahe, Johann Kepler e Carl Linné, stranieri. La terza sezione, dedicata ai libri e opuscoli a stampa, presentava un’ampia collezione di in-cunaboli scientifici (76), alcuni dei quali provenienti dalla biblioteca di Aldrovandi. Anche in questa sezione i curatori selezionarono il materiale da esporre con la massima cura come rivelano la ricca selezione di libri matematici e astronomici stampati da Ratoldt e i rarissi-mi pronostici astronomici di Domenico Maria da Novara, solo recentemente pubblicati12.

9 Nato nel 1849 nei pressi di Viterbo, dopo gli studi a Roma e una lunga fase di insegnamento presso l’Università di Parma, nel 1892 Majocchi fu chiamato a Bologna a ricoprire la cattedra di clinica dermosifilo-patica. Autore di numerosi articoli di storia della medicina (dalla preistoria al Rinascimento), Majocchi avrebbe diretto, dopo il suo pensionamento avvenuto nel 1924, la scuola di Storia della medicina, un’istituzione i cui corsi erano aperti anche agli studenti di lettere. La scuola, fondata nel 1924 venne chiusa, dopo la morte di Majocchi, nel 1929.

10 Su questo si veda Marco Beretta La storiografia sella scienza, in Scienze e cultura dell’Italia unita, a cura di Francesco Cassata, Claudio Pogliano, Torino: Einaudi, 2011, pp. 1011-1037.

11 Ovvero dei codici miniati che, dal 1530 al 1796, contengono i nomi dei Gonfalonieri di Giustizia e degli anziani e che documentano, come è il caso della cerimonia di dottorato di Laura Bassi e della sue prime lezioni, anche eventi singolari della vita accademica.

12 I pronostici di Domenico Maria da Novara, a cura di Fabrizio Bònoli et al., Firenze: Olschki, 2012.

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Infine, nella quarta parte, attingendo dalla ricchissima iconoteca universitaria, i curatori esposero numerosi ritratti dei docenti e degli scienziati più significativi, una selezione di medaglie e alcuni strumenti scientifici. Nel complesso la mostra esibiva 395 lotti, superan-do 1000 reperti esposti. Come detto, l’occasione che aveva dato vita all’allestimento della mostra bolognese era un Congresso di storia della scienza.

Il Congresso, organizzato all’Archiginnasio dalla Società di Storia delle Scienze, vedeva tra i suoi partecipanti numerose personalità di spicco destinate, di lì a pochi anni, ad avere un ruolo non secondario nello sviluppo della disciplina (Fig. 1).

Qui ci preme ricordare in modo particolare quella di Andrea Corsini. Laureatosi in Medici-na a Firenze nel 1899 Corsini divenne assistente nel 1902 di Giorgio Roster presso l’Ufficio d’Igiene dove prese l’incarico di vice-direttore nel 1906 e ivi svolse tutta la sua carriera fino al grado, raggiunto dopo aver vinto nel 1928 un concorso nazionale, di medico-capo del comune di Firenze13. In tale mansione rimase fino al pensionamento avvenuto nel 1953. Ad

13 Maria Luisa Bonelli, È morto Andrea Corsini, in “La Nazione”, 25 giugno 1961; Lino Agrifoglio, Ricordo di Andrea Corsini, in “Castalia”, 1961, 17, 3 pp. 1-3; In memoria di Andrea Corsini nel primo an-niversario della sua morte, in “Rivista di storia della medicina”, 1962, 6, pp. 3-10; Vincenzo Cappelletti, Federico Di Trocchio, Andrea Corsini, in Dizionario Biografico degli Italiani, Roma: Istituto Enciclopedico Treccani, vol. 29, 1983, ad vocem; Luigi Belloni, Commemorazione di Andrea Corsini, in “Nuncius”, 1989, 4, pp. 177-190; Marco Beretta, Andrea Corsini and the Creation of the Museum of the History of Science in

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affiancare la professione medica si aggiunse, nel 1909, la libera docenza in igiene e polizia medica presso l’Università di Firenze, incarico che Corsini tenne con grande diligenza e che lo portò a pubblicare 80 lavori scientifici dedicati alla batteriologia e all’igiene. Non è chiaro da dove sia venuto l’interesse di Corsini per la storia della medicina, di cui ottenne la libera docenza presso l’Università di Siena nel 1913, anche se già da studente universitario era sta-to uno dei soci fondatori di Pro-Cultura, un’associazione di ispirazione politica apertamente democratica14 tesa, tra le altre cose, anche alla valorizzazione della storia e del patrimo-nio culturale fiorentino. Carattere riservato e figura defilata, Corsini si rese protagonista al congresso bolognese presentando una relazione circa l’“urgenza di assicurare il Patrimonio storico-scientifico italiano e i mezzi per provvedervi”15. Non è improbabile che il discorso di Corsini scaturisse da una riflessione spontanea dopo l’entusiastico accoglimento che la mostra bolognese ebbe tra i partecipanti del convegno. L’appello di Corsini venne fatto proprio in un ordine del giorno nel quale si delegava il senatore Luigi Rava a rivolgere un appello ufficiale al Ministero della Pubblica Istruzione affinché si estendesse la vigente tutela dei beni artistici e archeologici anche alle raccolte storico-scientifiche e, di conseguenza, ve-nissero approntanti inventari delle principali raccolte, predisposte delle politiche per la loro conservazione e disciplinata la loro eventuale vendita. Anche se non maturarono interventi legislativi ad hoc, Il ministro, Giovanni Gentile, diede la seguente risposta:

Questo Ministero […] ogni qual volta viene a conoscenza di raccolte, che hanno tale carattere storico, procede, a norma di legge e per mezzo degli Uffici regionali, a stabi-lire il vincolo sulle medesime; per quanto riguarda antichi manoscritti ed incunaboli, questo Ministero si giova inoltre, per le relative notificazioni, dell’opera dei Direttori delle biblioteche governative, che hanno specifica competenza al riguardo. Per rendere anzi più attiva ed efficace la vigilanza e tutela nel senso accennato dall’On. Interrogan-te [l’On. Silvio Pellerano], verrà diramata una circolare anche ai rettori delle Universi-tà e Direttori degli Istituti Superiori, richiamando la loro attenzione sulla opportunità di segnalare l’interesse storico di raccolte scientifiche che siano a loro conoscenza. Si deve tuttavia notare che non è sempre cosa agevole stabilire che all’interesse scientifico di determinati materiali è congiunto l’interesse storico […]. Si aggiunge infine che nel regolamento universitario, da emanarsi in applicazione del R. D. 30 settembre 1923 N. 2102 concernente l’ordinamento dell’istruzione superiore, verrà inclusa una norma relativa alla tutela delle raccolte di carattere scientifico16.

Florence (1930-1961), in Scientific Instruments on Display, edited by Silke Ackermann, Richard L. Kremer, Mara Miniati, Leiden: Brill, 2014.

14 Secondo Pietro Franceschini, amico di Corsini e storico della medicina, alla fondazione dell’associazio-ne “Corsini fu spinto dai fatti politici italiani, già di per loro stessi drammatici e già forieri del dopo, degli anni ’890-98”. Lettera di Franceschini a Luigi Belloni, del 7 luglio 1962. Archivio IMSS.

15 Per la tutela del patrimonio scientifico nazionale, in “Archivio di storia della scienza”, 1923, 4, pp. 197-199.16 Lettera pubblicata in “Archivio di storia della scienza”, 1924, 5, pp. 87-88.

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All’iniziale interessamento incoraggiante di Gentile, in realtà, non seguirono atti rilievo17, anche se tanto bastò a Corsini per istituire a Firenze, con l’appoggio del fisico Antonio Gar-basso, Podestà di Firenze, e di altre autorevoli personalità scientifiche e politiche fiorentine, il “Gruppo per la tutela del Patrimonio scientifico Nazionale”. Le motivazioni dietro la costituzione del gruppo erano le seguenti:

Non può esservi persona colta che ignori quanto gli italiani abbiano contribuito in ogni tempo all’avanzamento delle scienze e quanta importanza abbiano nel nostro paese le collezioni scientifiche: materiale prezioso, che i nostri vecchi raccolsero ed adoperarono per i loro studi e che rappresenta per noi non solamente un insostitui-bile strumento di indagine ma anche un cospicuo documento del genio e del lavoro italiano e quindi un’affermazione di precipuo valore in confronto alle nazioni civili. […] E come si studiarono provvedimenti per la tutela e la necessaria messa in valore delle opere d’arte e non si bada ai sacrifici che tali provvedimenti importano, perché sappiamo che recano grande vantaggio morale e materiale al paese, così nessuno può trovare fuor di luogo che si pensi, finalmente, a tutelare adeguatamente al loro valore le ricchezze storico-scientifiche che i secoli passati ci tramandarono.Ed alla necessità di provvedere urgentemente, ed in modo efficace di quanto siasi fatto finora, alla conservazione di questo materiale induce il fatto che in tempi precedenti non poca quantità di esso, per deficienza di mezzi e forse talvolta anche per incuria, venne alienato, disperso o distrutto con grave danno morale, scientifico e finanziario. Un gruppo di amici delle scienze ha pensato che sia l’ora di provvedere in proposi-to, affinché più grave detrimento, non debba venirne alla Scienza e alla Nazione, e propone di costituire in Firenze un nucleo di persone colte che sia deciso a compiere in difesa del patrimonio scientifico la stessa azione che già fu vittoriosamente da altri esplicata a vantaggio dell’Arte18.

A questa risoluzione, proposta in tono sommesso, il gruppo deliberava la costituzione di un agile statuto in 8 articoli nei quali si dava risalto alla necessità di conservare, tutelare, catalo-gare e rendere accessibile al pubblico il patrimonio storico-scientifico. Gli sforzi di Corsini di dare respiro nazionale al Gruppo però non sortirono gli effetti sperati e le principali azio-ni si limitarono a Firenze e alla Toscana. Il 4 marzo 1925 l’assemblea del Gruppo otteneva dall’Università di Firenze l’impegno per il riordino delle collezioni scientifiche conservate presso la Specola e l’apertura al pubblico del Museo degli strumenti antichi. A seguito di queste iniziative, il 7 maggio 1925 veniva inaugurato, sotto direzione di Corsini, l’Istituto di Storia delle Scienze della R. Università di Firenze. Dietro questo nome altisonante si celava in realtà un spazio angusto ospitato in un paio di stanze della Facoltà di Medicina

17 Anche se, con la creazione del Liceo scientifico, la nuova riforma universitaria assegnava un ruolo importante alla storia della scienza nel programma di filosofia, mettendo come argomento di discussione alla maturità Il problema della scienza nella sua storia, cfr. “Archivio di storia della scienza”, 1924, 5, p. 412.

18 Comunicazione di Corsini, “Archivio di Storia della scienza”, 1924, 5, p. 198.

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in via degli Alfani. La crescita era però destinata ad essere rapida. L’Istituto, primo del suo genere in Italia, combinava l’obiettivo di promuovere la storia della scienza con una sensibi-lità nuova verso la raccolta e la valorizzazione di cimeli, strumenti, iconografia e documenti relativi alla scienza italiana.

Senza mai dimenticare la missione ‘nazionale’ del gruppo, Corsini cominciò subito a pensare a una grande esposizione di storia della scienza nella quale potessero confluire rac-colte e collezioni da tutte le città d’Italia19. Sostenuto nell’impresa da Garbasso e dall’im-prenditore fiorentino Piero Ginori Conti, nel maggio del 1927 l’Esposizione riceveva il patronato del re e il favore di Mussolini che ne accettava la presidenza onoraria. Il momento sembrava favorevole. Di lì a poco infatti si sarebbero celebrate a Como le commemorazioni del centenario della morte di Alessandro Volta, un evento contrassegnato dalla presenza attiva della storia della scienza20 e culminato nell’organizzazione del Congresso internazio-nale di fisica, presieduto da Quirino Majorana, professore di fisica sperimentale a Bologna e presidente della Società Italiana di Fisica. Nel 1928 tra l’altro sarebbe stato inaugurato il Tempio Voltiano, un maestoso ed elegante mausoleo dove sarebbero stati esposti al pubbli-co strumenti scientifici e documenti sopravvissuti all’incendio dell’esposizione voltiana del 1899. Al convegno voltiano del 1927 aveva partecipato anche Garbasso e non è dunque improbabile che con la mostra storico-scientifica in progetto a Firenze si volesse emulare e superare il successo dell’iniziativa comasca.

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La mostra fiorentina avrebbe dovuto tenersi nel 1928, ma l’inaspettata ed entusiastica parte-cipazione di enti, musei e scuole di tutte le parti d’Italia resero necessario posporre l’inaugu-razione all’anno successivo. Il dilatarsi delle dimensioni della mostra incominciò a generare delle divergenze su come allestire il materiale e presentarlo al pubblico. Con la definitiva affermazione del Fascismo e il dilagare della retorica nazionalista, l’intendimento iniziale di Corsini, mirante soprattutto al censimento e ad una prima sommaria catalogazione del pa-trimonio storico-scientifico nazionale, dovette scendere a compromessi con una coloritura ideologica, fortemente voluta da Garbasso e Ginori Conti, tesa a rivendicare alla scienza ita-liana un ruolo di primato. Nel progetto delineato nella prima circolare l’esposizione veniva suddivisa nelle sezioni seguenti: 1. Scienze naturali (antropologia, zoologia, botanica, mine-ralogia, geologia ecc.); 2. Scienze mediche e farmaceutiche; 3. Scienze matematiche, fisiche e chimiche; 4. Scienze astronomiche; 5. Tecnologia. Ogni sezione, attraverso l’esposizione

19 Cfr. Francesco Barreca, La Prima Esposizione Nazionale di Storia della Scienza (Firenze, maggio-no-vembre 1929) e la nascita dell’Istituto e Museo di Storia della Scienza di Firenze, Tesi di dottorato in Storia della Scienza, Pisa: Università di Pisa, 2012.

20 Distintosi, tra le altre iniziative, con la pubblicazione dell’edizione nazionale, per i tipi di Hoepli, delle Opere del fisico comasco.

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in ordine cronologico di strumenti, documenti e altri reperti storico-scientifici, avrebbe illustrato i progressi delle singole discipline. Questo assetto, coerente con la storiografia del tempo, era però destinato a scontrarsi con le aspettative degli enti prestatori di vedersi rico-nosciuta la massima visibilità. Per andare incontro a queste esigenze locali, del resto tipiche di un’inveterata tradizione municipalista, il percorso finale della mostra costrinse i visitatori a farsi un’idea storica della scienza italiana passando per delle sale dedicate alle principali città italiane dove avrebbe visto riproporre la stessa cronologia ma da punti di vista diversis-simi, alcuni volti a sottolineare il ruolo primario della creatività scientifica, altri il primato della funzione applicativa della scienza.

L’esposizione nazionale di storia della scienza di Firenze veniva inaugurata alla presenza del re al Parterre l’8 maggio 1929. Oltre a due interessanti, ma tutt’altro che esaustive, documentazioni fotografiche commissionate agli Alinari21, dell’esposizione ci restano nu-merosi resoconti e una breve guida introduttiva22. Purtroppo il catalogo che avrebbe dovuto documentarne analiticamente i contenuti e suggerirne, con opportuni apparati storico-bio-bibliografici, una lettura critica non venne mai portato a termine23. Di fronte alla massa incontrollata di reperti confluiti nel percorso espositivo l’impresa di un catalogo si era su-bito rivelata velleitaria. Nonostante questo non mancarono iniziative scientifiche di grande rilevanza, prima tra tutte lo studio del padre Giuseppe Boffito dedicato alla storia delle collezioni degli strumenti scientifici medicei e lorenesi24. L’atmosfera generale della mostra venne poi scandita da una serie di conferenze storico-scientifiche tenute da personalità di richiamo, due delle quali legate all’ateneo Bolognese25. Tuttavia, la vera attrazione che in pochi mesi portò il numero dei visitatori a toccare la mirabolante cifra di 100,000 unità era costituita dall’enorme quantità e qualità di oggetti, strumenti, macchine, manoscritti, dipinti che, nel loro insieme, rivelavano un aspetto fino ad allora sconosciuto del patrimo-

21 Ritratti di scienziati. Esposizione di storia della scienza, Firenze 1929, Firenze: Alinari, 1930; Fotografie di apparecchi e strumenti alla Esposizione di storia della scienza, Firenze 1929, Firenze: Alinari, 1930. Entrambi i cataloghi non solo illustrati e offrono solo delle brevi schede delle foto scattate. Una collezione, ancorché incom-pleta, della campagna fotografica Alinari è consultabile presso l’archivio del Museo Galileo.

22 Umberto Repetti, Guida della prima Esposizione nazionale di storia della scienza: Firenze, maggio-ottobre 1929-VII, Palazzo delle esposizioni, Parterre di S. Gallo, Firenze: Ente per le attività toscane, 1929.

23 I materiali preparatori, l’inventario preliminare, le biografie degli scienziati italiani ed altri documenti sono conservati presso l’archivio del Museo Galileo.

24 Giuseppe Boffito, Gli strumenti della scienza e la scienza degli strumenti: con l’illustrazione della Tribuna di Galileo, Firenze: Seeber, 1929.

25 Le conferenze vennero tenute da Silvestro Baglioni (storia della biologia), Ettore Bortolotti di Bologna (sulla storia dell’algebra), Mariano Borgatti (sulla storia della scienza militare), Gaetano Scorza (sulla storia della geometria), Giorgio Abetti (sulla storia dell’astronomia), Antonio Garbasso (sulla storia della fisica), Davide Giordano (sulla storia della chirurgia), Padre Agostino Gemelli (sull’evoluzione storica dei rapporti tra scienza e filosofia), Oreste Mattirolo, già direttore dell’Orto botanico di Bologna (sulla storia della botanica), Raffaele Giacomelli (sulla storia dell’aeronautica), Eugenio De Vito (sulle costruzioni navali) e Roberto Marcologno (su Leonardo da Vinci). I testi delle conferenze, con l’aggiunta di un contributo di Giulio Provenzal dedicato alla chimica italiana, confluirono nel volume L’Italia e la scienza, a cura di Gino Bargagli Petrucci, Firenze: Le Monnier, 1932.

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nio culturale italiano. Come detto, sotto pressione degli enti locali gli organizzatori non riuscirono a dare coerenza al percorso espositivo e il risultato di un bazar di oggetti esposti alla rinfusa fu notato da molti osservatori. Tra questi deve essere riportato il giudizio incisivo ed equilibrato di Giuseppe Montalenti, assistente di Aldo Mieli nella redazione dell’Archivio di storia della scienza:

Quando il progetto della esposizione sì venne delineando nella mente dei suoi patro-cinatori, e specialmente del Prof. CORSINI che ne fu il più entusiasta promotore, certamente esso nacque come l’idea di una esposizione atta a dare veramente un pro-spetto dello sviluppo delle varie discipline, ordinata cioè per materia e cronologica-mente. Sarebbe assurdo pensare altrimenti. Ma ben presto l’esecuzione di un simile piano, dovette presentarsi irta di difficoltà: innanzi tutto occorreva trovare dei compe-tenti profondi, per ogni materia, che fossero in grado di dare tutta la loro attività per l’esposizione, ed era già un ostacolo da far tremare le vene e i polsi; in secondo luogo, come ottennero facilmente che i possessori (privati o enti pubblici) dei vari oggetti o cimeli si disponessero al rischio di inviarli all’Esposizione, senza un evidente vantaggio personale: l’esposizione, si sa, deve essere fatta solleticando un poco l’amor proprio dei singoli espositori, altrimenti avete un bel bussare, e nessuno vi aprirà. Ora gli oggetti disposti in un modo così rigorosamente scientifico, scompaiono quasi nel mare ma-gnum, e gli espositori figurano ben poco. Ecco dunque come si impose la necessità di un ordinamento diverso, cioè a dire per regioni prima di tutto, e poi anche per espo-sitori. Ed ecco le critiche severe o ironiche, aspre o scettiche, piovere da ogni parte. Facili critiche invero! Ogni studente liceale evoluto e cosciente sarebbe stato capace di dimostrarvi la fallacia di quel metodo… Ma gli organizzatori non disarmarono, con-tinuarono la loro opera, costantemente e indefessamente, continuarono a creare co-mitati regionali pingui di ogni più illustre personalità, e non cessarono di tempestarli di lettere di sollecitazioni… e l’Esposizione venne fuori, a dispetto dello critiche […]Consideriamo dunque serenamente l’esito dell’esposizione o i suoi fini. Intanto l’e-sposizione si è fatta, e i vecchi strumenti e i vecchi manoscritti spolverati e ripuliti sono alla portata di tutti. E vi par poco il ricordare al gran pubblico che noi siamo possessori di questo immenso patrimonio di cimeli, testimoni delle glorie della nostra stirpe, e porgergli sotto gli occhi tutta una magnifica raccolta di questi oggetti, e dargli modo di rivivere, senza ricorrere ai mattoni eruditi, di vario calibro, che ci offrono le biblioteche, molta parte di questa nostra gloriosa vita passata! Ricordare che noi siamo i nipoti di LEONARDO, di GALILEI, di REDI, di MALPIGHI, di VOLTA…! Ecco dunque un primo risultato, il cui valore, checché se ne dica, mi pare inestimabile: rinfrescare la memoria del pubblico (intendi del volgo e di quello che volgo non è) richiamare l’attenzione di tutti su queste nostre antiche glorie, e ridestare la passione por i nostri studi.L’esposizione ordinata per materie e cronologicamente, sarebbe stata molto più com-pleta e interessante. D’accordo; ma fino a un certo punto. Innanzi tutto occorre ricor-dare che la scienza non è soltanto italiana, e l’esposizione non poteva essere mondiale, quindi le lacune sarebbero state inevitabili, cospicue, e troppo evidenti. In secondo

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luogo, oltre alle difficoltà già esposte, che un simile ordinamento avrebbe incontrato, bisogna pensare ancora: 1° che ogni città, ogni regione, ogni ente, mosso dall’amor proprio, si è adoperato nel miglior modo per far bella figura, con’grande vantaggio dell’esposizione… e dell’interesse locale por gii studi di tal genere; 2° che non è vero che in questo modo la mostra risulti priva di interesse: non è poco l’interesse che pre-senta il vedere organizzato in un quadro sintetico, che parla alla fantasia, lo sviluppo della cultura in un determinato campo, in questa città, o in quella regione: non è certo minore dell’interesse che potrebbe presentare la mostra sistematica e cronologica (pra-ticamente quasi impossibile a farsi) di una data disciplina. E, infine, quante persone avrebbe interessato una mostra di tal genere? Non certo la massa del pubblico, troppo incolta per comprenderne lo spirito, forse gli studiosi… forse, perché vi confesso che se voglio farmi un’idea dello sviluppo di un certo ramo della scienza, non mi salta in mente di andare a visitare un’esposizione, dove, al più, posso farmi un concetto dello sviluppo di quello che della scienza è l’esteriorità, il contingente, quello che poteva anche non essere quale è stato… Se voglio ottenere quello scopo, mi leggo alcuni buoni libri, e, se un’esposizione vi è, tipo Museo di Monaco (e quindi permanente, e possibilmente completa), poi me la vado a visitare.Per tutte queste ragioni, che ho qui esposto in forma polemica, per ribattere tutte quelle critiche che ho udito e che odo continuamente, e anche perché è una specie di documentazione storica della mia… conversione, per tutte queste, ed altre buone ragioni, io ritengo che l’Esposizione di Firenze, sia riuscita, e bene riuscita, nel suo compito, o meglio nei suoi compiti molteplici. Certo poteva essere più completa, più ampia, più armonica, più proporzionata (molte città o regioni hanno troppo limitata-mente contribuito, o troppo disordinatamente), ma bisogna pur considerare la limi-tatezza dei mezzi, e pensare che è questo il primo tentativo di carattere così generale, che si fa in Italia. E quando uno degli scopi dell’esposizione stessa sarà pienamente raggiunto, cioè quando esisterà in Italia la coscienza del valore del nostro patrimonio storico-scientifico, o dell’importanza di questi studi, le mostre di questo genere riusci-ranno certamente molto meglio.Ritengo perciò che ogni studioso appassionato, che abbia un vero interesse e un vero zelo per i nostri studi, debba tributare agli organizzatori della mostra fiorentina, un vivo plauso, diretto particolarmente a chi, come il Prof. CORSINI e pochi altri con lui, si dedicò con infinito amore, e altrettanta fatica all’organizzazione della difficilis-sima impresa. Un poco meno entusiastico invece sarà il plauso alla maggior parte dei singoli comitati regionali. Non tutti hanno funzionato come avrebbero dovuto […].La città che più d’ogni altra ha contribuito, come ben si può pensare, è Firenze. Parte del maraviglioso materiale del museo della Specola, del museo delle Cere, dei vari istituti scientifici, della città che ha si gloriose tradizioni, è bellamente esposta nella grande sala al piano superiore, e nelle numerose sale del piano inferiore.Le altre città d’Italia hanno tutte, o quasi, recato qualche contributo, qual più, qual meno cospicuo. Notevole la sala di Bologna, decorata con gusto sapiente, in cui si ammirano i preziosi cimeli aldrovandiani, e le salette delle piccole città universitarie, che espongono lo gloriose vestigia di una storia illustre: Pisa, Siena, Pavia, Padova ecc. Roma occupa una vasta sala, in cui sono esposti molti calchi in gesso di antiche scul-

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ture romane aventi attinenza con la storia della Scienza, buona parte del ricchissimo Museo Copernicano, che meriterebbe di esser meglio valorizzato, una Mostra lincea e molti altri oggetti, Milano e Torino presentano maggiore interesse soprattutto dal punto di vista della storia della elettrotecnica, dell’aviazione e dell’industria. Nei giar-dini sorgono poi i bellissimi padiglioni dei Ministeri della Marina, dell’Aeronautica, dell’Economia, la cui visita presenta non minore interesse.Ma tratteremo meglio di tutto ciò prossimamente. Intanto consigliamo la visita dell’Esposizione, che rimarrà aperta ancora in autunno, o di cui si sta redigendo un accurato catalogo generale, alla preparazione del quale sovrintende il P. Boffito26.

Il documentato commento di Montalenti dunque individuava nella mostra un momento importante per la storia della scienza italiana che, nonostante le croniche ristrettezze finan-ziarie, avrebbe trovato nell’entusiasmo dei suoi protagonisti la linfa necessaria per dare slan-cio al progetto di Corsini di valorizzare al meglio il nostro patrimonio storico-scientifico. L’attenta ricognizione di Montalenti aveva anche colto le differenti sensibilità manifestate in occasione dell’esposizione, sottolineando come il contributo di Bologna fosse risultato tra i più significativi. Alla luce di quando detto relativamente alla mostra storico-scientifica bolognese del 1922 l’apprezzamento non è sorprendente. La continuità tra i due eventi veniva del resto sottolineata dalla composizione del comitato regionale. Istituito nell’estate del 1927 esso era così organizzato27: Domenico Majocchi (presidente), Carlo Frati (diret-tore della Biblioteca universitaria e segretario del rettore), Salvatore Aurigemmi (presiden-te del Consorzio agrario), Mario Betti (direttore dell’Istituto di chimica generale), Luigi Corsini (soprintendente all’Arte medievale e moderna), Umberto Dallari (soprintendente all’Archivio di Stato), Pericle Ducati (direttore del Museo civico), Fabrio Frassetti (Istituto di antropologia), Alessandro Chigi (direttore del Laboratorio di zoologia), Ercole Giaco-mini (direttore del Laboratorio di anatomia comparata), Guido Horn d’Arturo (direttore dell’Osservatorio astronomico), Quirino Majorana (professore di Fisica sperimentale), Gio-vanni Martinotti (direttore dell’Istituto di anatomia patologica), Augusto Morini (direttore dell’Istituto botanico), ing. Agostino Ramponi (presidente della Società di agraria), ing. Cesare Rimini e ing. Giuseppe Sartori (professori di elettrotecnica alla Scuola degli inge-gneri), Francesco Todaro (professore della R. Scuola superiore di agricoltura), Ettore Bor-tolotti (professore di geometria), Giuseppe Tassinari (professore della R. Scuola superiore di agricoltura), Antonio Cugnini (professore della R. Scuola superiore di agricoltura), Dino Zucchini (professore della R. Scuola auperiore di agricoltura), e l’onorevole Peglion (pro-fessore della R. Scuola superiore di agricoltura). Come già accaduto nel 1922, i principali animatori dell’allestimento della sala dedicata a Bologna erano Majocchi e Frati. A seguito

26 Giuseppe Montalenti, La prima esposizione nazionale di storia della scienza a Firenze, in “Archeion – Archivio di storia della scienza”, 1929, 11, pp. 239-245.

27 La partecipazione di Bologna all’Esposizione di Storia della Scienza, in “Il Resto del Carlino”, 9 agosto, 1927. Ritaglio stampa conservato presso l’Archivio del Museo Galileo.

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della scomparsa di Majocchi, deceduto il 7 marzo 1929, Alessandro Chigi assunse l’incarico della presidenza e l’allestimento della sala bolognese venne affidato a una giunta esecutiva tra cui spicca il nome di Ettore Bortolotti che, più di ogni altro membro del comitato, po-teva contare su una consolidata reputazione internazionale negli studi storico-scientifici. Il contributo di Bologna, esposto nella sala 7 del Parterre (Fig. 2), era costituito da 235 oggetti

di cui 139 manoscritti e testi a stampa, 34 ritratti e 6 busti di scienziati, 5 xilografie, 1 miniatura, 23 strumenti di vario tipo, 16 tra reperti e preparati, 2 raccolte fotogra-fiche (per un totale di 6 fotografie), 2 portolani, 2 gruppi di tavole dipinte (3 tavole in totale), 1 raccolta di marchi di cavalli di case italiane e 1 manoscritto di figure dei segni delle razze dei cavalli del regno di Napoli, 3 gruppi di mobili (comprendenti 2 cassapanche, 4 tavolini antichi e 3 librerie ‘stile impero’)28.

La mera registrazione quantitativa dei materiali esposti, pur rivelando un impegno notevo-le da parte del comitato regionale emiliano, non rende giustizia dello sforzo realizzato per caratterizzare scientificamente il contributo storico di Bologna, ed in particolare della sua università, alla scienza italiana. Un altro elemento da sottolineare è costituito dalla presenza di numerosi manoscritti, libri e ritratti che Frati e Majocchi avevano selezionato per la mostra del 1922. Tra questi spiccano le numerose testimonianze aldrovandiane (manoscritti, fossili, matrici xilografiche, volumi dell’erbario secco e ritratto). Tra i documenti della mostra del ’22 venivano esposti i codici anatomici di Mondino de’ Liuzzi, i manoscritti matematici di Luca Pacioli e Raffaele Bombelli, un manoscritto dedicato all’agricoltura di Piero Crescenzi, nume-rosi manoscritti astronomici e pronostici a stampa. Oltre a quella dedicata ad Aldrovandi, gli

28 Barreca, La Prima Esposizione Nazionale di Storia della Scienza, cit., p. 180.

Fig. 2. Sala dell’Alma Mater Studiorum all’E-sposizione Nazionale di Storia della Scienza di Firenze, 1929. Foto Museo Galileo.

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espositori bolognesi avevano allestito delle teche tematiche dedicate a Malpighi e a Marsili29, anch’esse costituite per lo più di documenti e cimeli già presenti nella mostra del ’22. Le novità tuttavia non mancarono e la presenza di rari e importanti strumenti scientifici, in conformità con le raccomandazioni di Corsini e dei commissari nazionali dell’Esposizione, caratterizza-rono anche la sala bolognese. Tra i reperti di maggior rilievo si segnalavano gli strumenti usati da Gian Domenico Cassini, al quale veniva dedicata una teca (Fig. 3), per la costruzione della meridiana di San Petronio. Oltre a numerose lenti per telescopio, tra cui quelle più rare erano quelle di Giuseppe Campani, veniva esposto anche il micrometro di Eustachio Manfredi. Un’altra novità fu l’esposizione del manoscritto del giornale delle esperienze sull’elettricità di Luigi Galvani, un documento che, con la ristampa anastatica e trascrizione30, costituì un contributo scientifico di un certo rilievo nelle celebrazioni del bicentenario della nascita che si tennero, sotto il rettorato di Alessandro Chigi, nel 1937.

Tuttavia, con l’avvento del fascismo non era cambiato solo il clima politico ma anche, e non poco, quello culturale e laddove nel ’22 si esaltavano soprattutto le doti creative e speculative degli scienziati bolognesi, nella nuova temperie ideologica venivano accentuate l’inventività e, soprattutto, i risvolti applicativi della ricerca scientifica felsinea. Infatti, l’im-pronta rivendicazionista che Garbasso aveva voluto dare all’esposizione e l’enfasi con cui si intendeva richiamare l’attenzione sullo primato inventivo degli italiani non lasciò immune la sala bolognese. Per quanto riguarda le scienze applicate, oltre ai manoscritti relativi all’a-

29 Quest’ultima si era arricchita di nuovi documenti grazie soprattutto al lavoro preparatorio di Frati in vista delle imminenti commemorazioni del bicentenario: cfr. Carlo Frati, Catalogo dei manoscritti di Luigi Ferdi-nando Marsili conservati nella Biblioteca universitaria di Bologna, Firenze: Olschki, 1928.

30 Il taccuino di Luigi Galvani: riproduzione in facsimile dell’autografo conservato nella Biblioteca dell’Archi-ginnasio di Bologna a cura del Comitato per la celebrazione del II centenario della nascita di L. Galvani, Bologna: Zanichelli, 1937.

Fig. 3. La teca dedicata a Gian Domenico Cas-sini per l’Esposizione Nazionale di Storia della Scienza di Firenze, 1929. Foto Museo Galileo.

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gricoltura, veniva presentata al pubblico una ricca collezione di trattati di mascalcia equina e di veterinaria. La vera novità rispetto alla mostra del ’22 era però costituita dall’importanza che ora veniva data allo sviluppo delle scienze sperimentali e applicate tra la fine del dician-novesimo e l’inizio e del ventesimo secolo: grande rilievo per esempio era stato attribuito all’esposizione del microscopio con cui Francesco Selmi era giunto nel 1878 alla scoperta delle ptomaine, contribuendo così a fondare la tossicologia forense. Ancora più rilevanti, ai fini del richiamo ai principi dell’ideologia contemporanea, erano le teche dedicate ai lavori di Augusto Righi e di Guglielmo Marconi, l’indiscusso eroe della scienza fascista, di cui venivano presentati diversi strumenti. Una importante rassegna di ritratti e di busti di scienziati bolognesi decorava la sala con un tratto artistico molto più accentuato rispetto alle altre sale dell’Esposizione, dandole tra l’altro una parvenza di omogeneità che nei contenuti era invece venuta a mancare.

Il successo dell’Esposizione, come è noto, diede a Corsini l’opportunità di rendere per-manente, con l’istituzione nel 1930 del Museo di storia delle scienze presso Palazzo Castel-lani, il pubblico accesso alle collezioni fiorentine31. Il destino delle altre migliaia di oggetti esposti è impossibile da determinare con precisione anche se la rinnovata sensibilità per il patrimonio storico-scientifico ne favorì, da nord a sud, la conservazione. Il caso bologne-se, si è visto, fu molto particolare e diverso dalla stragrande maggioranza delle collezio-ni provenienti dalle altre realtà geografiche del paese. La musealizzazione del patrimonio storico-scientifico infatti godeva presso l’ateneo bolognese di un’importante tradizione che raggiunse il suo culmine, sotto il rettorato di Giovanni Capellini, con l’istituzione nel 1907 del Museo aldrovandiano presso Palazzo Poggi32. A questa iniziativa seguì la grande mostra del 1922 che, come abbiamo avuto modo di vedere, diede l’ispirazione a Corsini per il suo innovativo progetto di tutela del patrimonio storico-scientifico nazionale. Tramontata, con l’Esposizione del 1929, la possibilità di creare un comitato nazionale per la tutela del patrimonio, anche le autorità bolognesi ripiegarono su collaudate formule locali che, pur con gli ovvi limiti storiografici e culturali del caso, diedero vita a lungimiranti politiche per la conservazione di importantissime collezioni. Così, con l’avanzo di bilancio risparmiato nell’allestimento della sala Bolognese per l’Esposizione del ’29, fu possibile dare luogo nel 1930 a numerose iniziative per la commemorazione del bicentenario della morte di Luigi Ferdinando Marsili. Anche in questa circostanza il comitato per le celebrazioni si era preoc-cupato per tempo di rendere la commemorazione un evento duraturo: nel 1930 veniva così istituito presso la Biblioteca universitaria il Museo Marsili e, nello stesso periodo, venivano pubblicati diversi volumi con l’edizione di inediti marsiliani, inerenti soprattutto la sua at-tività scientifica33. L’enfasi sul contributo di Marsili alla scienza, piuttosto che il suo profilo

31 Anche se non mancarono piccoli donativi da parte di altri enti regionali e municipali.32 Su questo vedi il saggio di Giuseppe Olmi in questo volume.33 Memorie intorno a Luigi Ferdinando Marsili: pubblicate nel secondo centenario della morte per cura del

Comitato marsiliano, Bologna: Zanichelli, 1930; Scritti inediti di Luigi Ferdinando Marsili: raccolti e pubblicati nel II centenario dalla morte a cura del Comitato Marsiliano, Bologna: Zanichelli, 1930; Luigi Ferdinando Marsi-

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militare, è probabile riecheggiasse gli studi preparatori alla mostra del ’29 e appare piuttosto singolare in momento in cui la retorica del regime già soffiava, con la richiesta di revisione dei trattati di Versailles, sui venti di guerra.

Le mostre commemorative del 1907 e del 1922 e le successive iniziative promosse dai docenti bolognesi per celebrare la storia delle scienze nell’alma mater studiorum, pur spes-so ispirate all’intento di rivendicare il primato dell’ateneo bolognese a livello nazionale, ebbero il non piccolo merito di assicurare a un ricchissimo patrimonio storico-scientifico una prima catalogazione, un’attenzione mirata alla sua conservazione e restauro e alla sua fruizione pubblica. Pur con tutti i suoi limiti, la modalità di celebrare la memoria della scienza musealizzandola costituisce una caratteristica tipica del nostro paese e, diversamen-te da quanto è accaduto in altre parti d’Europa, ha contribuito a salvare e valorizzare un patrimonio che solo di recente è tornato ad essere oggetto di approfondito studio scienti-fico. Ma oltre al merito di rafforzare col proprio contributo questa tradizione nazionale, le iniziative bolognesi rivelarono ai docenti e gli studenti del proprio studio l’importanza culturale che le scienze avevano assolto nello svolgimento della vita universitaria, cittadina e nazionale. Sarebbe facile accanirsi sui difetti e le mancanze che accompagnarono l’opera di questi entusiasti predecessori, ma anche se ci limitassimo a giudicarli con il metro della nostra coscienza storiografica non possiamo fare a meno di stupirci della durevole ricchezza trasmessaci dalla musealizzazione delle collezioni storico-scientifiche.

li, Autobiografia; a cura di Emilio Lovarini, Bologna: Zanichelli, 1930; Celebrazione di Luigi Ferdinando Marsili: nel secondo centenario dalla morte (29-30 novembre 1930): relazione delle cerimonie e discorsi a cura del Comitato ordinatore, Bologna: Zanichelli, 1931.